Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
La disciplina delle c.d. CONCENTRAZIONI tra imprese non è contenuta nei Trattati ma in
atti di diritto derivato dell’UE: Reg. 139/2004 del Consiglio; Reg. 802/2004 della
Commissione (Reg. di esecuzione del Reg. 139/2004); Comunicazioni della Commissione.
1
ECONOMICO nonché vantaggio per i CONSUMATORI finali (per i riferimenti alla tutela dei
consumatori: art. 101, par. 3, TFUE nello stabilire le condizioni per dichiarare il divieto
inapplicabile prescrive che l’intesa deve riservare “agli utilizzatori una congrua parte dell’utile
che ne deriva”; art. 102, secondo comma, lett. b), considera abusive e vietate le pratiche di
un’impresa dominante consistenti nel “limitare la produzione, gli sbocchi o lo sviluppo
tecnico, a danno dei consumatori”).
AUTORITA’ NAZIONALE
In Italia, L. 287/1990, Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM).
“Se le imprese, invece di competere tra loro, si mettono d’accordo e coordinano i loro
comportamenti sul mercato restringono la concorrenza, danneggiando i consumatori
o gli altri concorrenti. L’Antitrust vigila perché questo non accada e sanziona chi viola la
legge.
L’Autorità interviene anche quando un’azienda abusa del suo potere di mercato,
imponendo ai consumatori prezzi troppo elevati o chiudendo l’accesso ai potenziali
concorrenti o, ancora, attuando politiche che taglino fuori le imprese che competono sullo
stesso mercato.
Quando due aziende si fondono, o un’azienda ne compra un’altra, l’Antitrust verifica
che la nuova impresa non abbia un eccessivo potere di mercato. Se ritiene che
esistano rischi per la competizione può vietare la fusione o imporre misure che mitighino gli
effetti anticoncorrenziali”.
2
Ripartizione delle competenze:
La competenza dell’Unione sussiste nel caso in cui venga posto in essere un
comportamento idoneo a pregiudicare il commercio TRA STATI MEMBRI (stabilire il c.d.
“Mercato Rilevante”).
La competenza dell’Unione lascia intatta la competenza degli STATI MEMBRI in ordine alla
disciplina di quei comportamenti delle IMPRESE che abbiano effetti anticoncorrenziali sul
piano MERAMENTE NAZIONALE, senza coinvolgere gli scambi tra Stati membri.
In via generale, manca un intervento del legislatore ma la Corte sembra aver ammesso
l’applicabilità del principio della “Doppia Barriera”, considerando come le normative
agiscano in ogni caso su due piani diversi.
In tal caso è stato tuttavia precisato, in applicazione del principio del PRIMATO DEL
DIRITTO DELL’UE, che:
- La normativa nazionale non deve in ogni caso impedire l’applicazione uniforme del
diritto UE e il pieno effetto dei suoi provvedimenti
- Le ammende siano in ogni caso “proporzionate” e tengano conto della doppia
applicazione normativa;
- In ogni caso, se una condotta è illecita secondo il diritto dell’UE non può ritenersi
“scriminata” solo perché una normativa nazionale la permette o non la considera
ugualmente illecita.
APPLICABILITA’ EXTRATERRITORIALE
Domanda: E’ possibile applicare le norme dell’UE sulla concorrenza nei confronti di Imprese
appartenenti a Stati terzi?
Tale applicabilità appare ammesso; tuttavia, di discute se, quale CRITERIO DI
COLLEGAMENTO:
a) sia sufficiente che gli effetti della condotta anticoncorrenziale si facciano sentire sul
mercato interno (c.d. TEORIA DEGLI EFFETTI);
b) sia necessaria una certa localizzazione sul territorio UE (es. presenza di filiali o
agenti; c.d. TEORIA DELLA TERRITORIALITA’).
3
Quando ha potuto, la Corte ha fatto riferimento al criterio della territorialità (presenza di filiali
o agenti) per legittimare l’intervento della Commissione (Sentenza 14 luglio 1972, causa
48/69, Imperial Chemical Industries) .
Tale sentenza ha avuto ad oggetto un cartello di prezzi di coloranti realizzato da imprese con
sedi in paesi terzi; la Corte ha rilevato che «valendosi del proprio potere direttivo nei
confronti delle proprie affiliate con sede nella Comunità, la ricorrente è riuscita a far
applicare la sua decisione sul mercato comunitario»
Successivamente, la Corte è in ogni caso ricorsa al criterio dell’attuazione (ha dato cioè
rilevanza al fatto che l’intesa fosse attuata nel territorio dell’UE, anche se conclusa altrove).
Sentenza c.d. Pasta di Legno, la Corte dichiarava contrario al mercato interno un cartello
sui prezzi concluso dai maggiori produttori di pasta di legno con sede in Canada, Stati Uniti,
Finlandia e Svezia (al tempo tutti paesi terzi), che vendevano ad acquirenti dell’UE. La Corte
qui non ha considerato la presenza di filiali o agenti ma solo il fatto che l’intesa fosse stata
attuata sul territorio dell’UE.
Un esplicito riferimento alla teoria degli effetti è stato fatto nella recente sentenza Intel
(sentenza 6 settembre 2017) in cui la Corte ha condannato la società Intel (compagine di
diritto americano) per un serie di condotte, quali «sconti fedeltà» volti a far sì che certe
imprese costruttrici di apparecchiature informatiche (es. Lenovo, HP) acquistassero
microprocessori solo da Intel.
La Corte ha giudicato l’effetto pregiudizievole diretto sul mercato interno (art. 102) che il
comportamento di Intel era suscettibile di produrre secondo il criterio degli “effetti probabili”
ovvero secondo un criterio di “prevedibilità”. L’effetto prodotto era riconducibile alla
indisponibilità sul mercato mondiale, e su quello dell’Unione, di computer portatili
Lenovo dotati di microprocessori forniti da concorrenti di Intel.
4
rispettare l’indipendenza dei membri della Commissione e a non cercare di “influenzarli
nell’esercizio dei loro compiti”.
Ricopre un ruolo di primaria importanza nel garantire lo sviluppo e l’applicazione del diritto
UE della concorrenza in quanto:
- Ha poteri ispettivi e di controllo e vigilanza;
- Adotta annualmente una Relazione sulla Politica di Concorrenza (raccolta di
«prassi»);
- Compie un monitoraggio dei mercati e indagini settoriali per individuare potenziali
problemi di concorrenza, cooperando con le Autorità nazionali (es: AGCM italiana);
- Emana documenti esplicativi (linee guida e comunicazioni).
5
determinate autorizzazione all’esercizio di specifiche attività; In tal caso, ove venga
rimessa la determinazione di tali requisiti ad es. a delle organizzazioni di categoria
senza il vaglio dell’autorità pubblica, e senza che dunque nel caso di specie venga
tutelato l’interesse generale e delle categorie non rappresentate in seno a tali
organismi, ma che con esse hanno rapporti, è probabile che tale pratica venga
considerata illegittima ai sensi degli artt. 101 e 102 TFUE; più in particolare, 101
TFUE).
3) Nel caso in cui misure nazionali IMPONGONO LA CONCLUSIONE di un'intesa
vietata ex art. 101 TFUE.
La Corte in questi casi valuta che l’intesa non persegua in ogni caso un “obiettivo legittimo”
e, secondo un criterio di “proporzionalità”, non vada oltre quanto richiesto per raggiungerlo.
Eventualmente, se tali parametri sono rispettati nei singoli casi di specie, la normativa
nazionale potrebbe essere anche considerata compatibile col mercato interno; si tratta
tuttavia di una valutazione da effettuare caso per caso.
Responsabilità Stati/Imprese:
Occorre poi chiedersi se, in caso di normative nazionali che facilitino o impongono intese
vietate, sussista poi una RESPONSABILITA’ degli Stati membri e delle IMPRESE in ogni
caso.
Nel caso occorre valutare il grado di discrezionalità che l’intervento statale lascia alle
Imprese e il grado di concorrenza che lascia sopravvivere.
Se la normativa nazionale lascia intatto un certo grado di concorrenza, le Imprese saranno
responsabili nel caso in cui concludano accordi che, pur sulla base della normativa
nazionale, violano gli artt. 101 e 102 TFUE (eventualmente l’esistenza di una normativa
nazionale potrebbe influire sulla quantificazione delle ammende, in senso di una loro
attenuazione).
Diversamente, se la normativa nazionale non lascia spazi discrezionali ed elimina ogni
forma di concorrenza, solo gli Stati saranno ritenuti responsabili di tali violazioni.
Soggetti che offrono beni e servizi sul mercato possono costituire “IMPRESA” a
livello comunitario anche se non ricoprono la qualifica di impresa negli ordinamenti
nazionali.
Ai fini della normativa UE della concorrenza sono “imprese”:
- Liberi professionisti (es. avvocato) anche se esercitano attività prevalentemente
intellettuale;
- Federazioni sportive per attività economicamente rilevanti (es. i contratti di
sponsorizzazione);
6
- Ordini professionali, in quanto associazioni tra imprese;
- Gruppo d’imprese, in quanto costituenti un’unità economica sul mercato.
7
Mercato connotato da una concorrenza non falsata dove le imprese, una volta entrate
nell'arena economica, si battono fra loro ad armi pari.
Questa concezione di concorrenza libera è incompatibile con il ricorso a fattori esterni o
contrari al libero gioco del mercato, che vengono solo tollerati, o ammessi in via
eccezionale.
Quando può dirsi configurata una concorrenza libera?
Quando, tendenzialmente, le imprese operano sul mercato in assenza di interferenze idonee
a pregiudicare la libera concorrenza.
Ossia quando non intervengono restrizioni alla facoltà di esercitare le normali funzioni
imprenditoriali.
Ne deriva che le imprese autonomamente determinano le proprie strategie di mercato.
Ad esempio, l’impresa dovrà autonomamente rispondere ai seguenti quesiti:
- Quanto investire in un determinato settore?
- Quanta merce produrre per rifornire quel determinato mercato? –
- Quale prezzo di rivendita applicare?
IL LIBERO ESERCIZIO DI TALI FACOLTÀ È CONSIDERATO UNA CONDIZIONE
NECESSARIA AFFINCHÉ LA CONCORRENZA CONTRIBUISCA AD EFFICIENTARE IL
MERCATO.
Le interferenze possono essere di due macro tipologie:
1) Interventi dello Stato.
Lo Stato si potrebbe sostituire alle decisioni delle imprese (ad es. modificando i
meccanismi di formazione dei prezzi o concedendo aiuti ad imprese inefficienti).
2) Iniziative delle imprese.
Ad es. attuazione di forme di cooperazione fra imprese concorrenti che, limitando
l’autonomia di ciascuna nell’adozione delle scelte strategiche di mercato, restringono
o falsino le condizioni dell’offerta.
- aiuti concessi dagli Stati alle imprese (artt. - lo sfruttamento abusivo, da parte di
107-109 TFUE). un’impresa della posizione dominante che
essa detiene (da sola o congiuntamente ad
altre) sul mercato (art. 102 TFUE).
8
Ogni operatore economico deve autonomamente determinare la condotta che egli intende
seguire sul mercato comune.
➔ Le interferenze vanno escluse a priori? →No.
L’attuazione rigorosa della teoria economica della concorrenza perfetta rischierebbe di
provocare effetti indesiderabili.
➔ Le interferenze vanno escluse a priori?
- Esempio di corretta interferenza dello Stato.
La ricerca della massimizzazione del profitto, fattore predominante in un contesto
economico lasciato alla libera iniziativa imprenditoriale, non garantisce il conseguimento
di alcuni obiettivi che pur rivestono grande rilievo per il benessere della collettività
(occupazione, tutela ambientale, istruzione, pubblica sicurezza-edilizia, gestioni grande
opere civili, investimenti in aree meno favorite etc.).
Pertanto, lo Stato non può esimersi del tutto dall’economia: occorre stabilire il livello
adeguato di intervento/interferenza.
- Esempio di corretta interferenza costituita da cooperazione tra imprese.
L’innovazione, fattore determinante per l’incremento della concorrenza, non può essere
realizzata senza ricerche lunghe, costose e dall’esito incerto.
Se, in riguardo al principio della piena autonomia, non fosse consentito ad un’impresa unire
le proprie forze a quelle di imprese concorrenti, per realizzare congiuntamente programmi di
ricerca e sviluppo (R&S) industriale, verrebbe molto probabilmente scoraggiata questa
fondamentale attività.
9
Per quanto riguarda i due articoli fondamentali in materia antitrust, il divieto delle intese e il
divieto di abuso di posizione dominante, essi sono rimasti immutati nei vari passaggi,
cambiando solo la loro numerazione:
● artt. 85-86 del trattato di Roma;
● artt. 81-82 con la nuova numerazione introdotta dal trattato di Amsterdam (in vigore
dal 01/05/1999)
● artt. 101-102 del trattato TFUE, attualmente in vigore.
«Sono incompatibili con il mercato interno e vietati tutti gli accordi tra imprese, tutte le
decisioni di associazioni di imprese e tutte le pratiche concordate che possano
pregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto o per effetto di
impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all'interno del mercato
interno…...ed in particolare quelli consistenti nel:
a) fissare direttamente o indirettamente i prezzi d'acquisto o di vendita ovvero
altre condizioni di transazione;
b) limitare o controllare la produzione, gli sbocchi, lo sviluppo tecnico o gli
investimenti;
c) ripartire i mercati o le fonti di approvvigionamento;
d) applicare, nei rapporti commerciali con gli altri contraenti, condizioni dissimili per
prestazioni equivalenti, così da determinare per questi ultimi uno svantaggio nella
concorrenza;
e) subordinare la conclusione di contratti all'accettazione da parte degli altri
contraenti di prestazioni supplementari, che, per loro natura o secondo gli usi
commerciali, non abbiano alcun nesso con l'oggetto dei contratti stessi.
Ha chiarito la Corte che le tre tipologie di intese riportate all’art.101 ricomprendono forme di
collusione aventi la medesima natura e che si distinguono solo per la loro intensità e per le
forme in cui si manifestano.
REQUISITI DELL’INTESA
L’intesa presuppone la sussistenza di due soggetti che la realizzino.
Fattispecie limite:
Caso 1: Intese fra società madre e società figlia.
Caso 2: Intese fra concedenti e distributori qualora il rischio di impresa di quest’ultimo sia
supportato dal fornitore.
10
PRINCIPIO UNITA’ ECONOMICA
Per comprendere se le intese fra i soggetti di cui ai casi 1) e 2) debbano ricadere nel divieto
di intese di cui all’art. 101 TFUE è necessario chiamare in causa il principio dell’unità
economica.
Secondo il principio dell’unità economica, manca la plurisoggettività (requisito dell’intesa)
se due imprese indipendenti da un punto di vista giuridico sono, tuttavia, fortemente
collegate tra loro da un punto di vista economico.
A. CASO 1
Oggetto della contestazione
viho – distributore olandese - contestava alla parker – società inglese produttrice di penne- il
fatto di obbligare le proprie filiali a limitare la distribuzione dei prodotti parker a
territori determinati e, pertanto, detta condotta costituiva violazione dell’art. 85, n. 1, del
trattato cee.
Struttura societaria della parker
La parker detiene il 100% del capitale delle proprie filiali; dall’altro, emerge che le attività di
vendita e marketing delle filiali vengono dirette da un ufficio regionale designato dalla
società madre e che controlla, in particolare, gli obiettivi di vendita, gli utili lordi, i costi di
vendita, il cash flow e le giacenze.
Ragionamento della commissione e della corte
La commissione prima e il tribunale poi traggono la conclusione che il gruppo parker è
un’unità economica in cui le filiali non possono stabilire autonomamente la loro
condotta sul mercato. Ai fini dell’applicazione delle norme sulla concorrenza, l’unicità
della condotta sul mercato della società madre e delle proprie filiali prevale sulla
separazione formale tra tali società derivante dalla loro distinta personalità giuridica.
Ne consegue che, in assenza di un concorso di volontà di soggetti economicamente
indipendenti, le relazioni nell’ambito di un’unità economica non possono dar luogo ad un
accordo o una pratica concertata tra imprese, restrittivi della concorrenza ai sensi dell’art.
85, n. 1, del trattato.
11
1) accordo restrittivo della concorrenza richiesto dal produttore e implicitamente
(tacitamente) accettato dal distributore. si applica l’art. 101.
Esempio Sentenza Sandoz
Sandoz - produttore di prodotti farmaceutici - appone sulle proprie fatture la dicitura
«esportazione vietata».
I distributori, da una parte non hanno contestato l’apposizione di tale dicitura e, dall’altra
parte, hanno proseguito a rifornirsi dal produttore.
Corte: quella dei distributori è una «manifestazione tacita di assenso»
2) Comportamento restrittivo della concorrenza assunto (unilateralmente)dal produttore,
ma non accettato dai distributori. non si applica l’art. 101.
2. PRATICHE CONCORDATE
PRATICA CONCORDATA: “CONSAPEVOLE COLLABORAZIONE”
Definizione: la pratica concordata è « [...] una forma di coordinamento delle imprese che,
senza essere stata spinta fono all’attuazione di un vero e proprio accordo, costituisca in
pratica una consapevole collaborazione fra le imprese a danno della concorrenza,
collaborazione che porti a condizioni di concorrenza non corrispondenti a quelli
normali del mercato».
Regola generale: la Corte sostiene che ogni impresa è tenuta a autodeterminare il proprio
comportamento nel mercato dell’unione europea.
Come va interpretata questa regola generale?
- Impresa può reagire «intelligentemente» al comportamento noto o presunto degli altri
concorrenti.
- Fra le imprese NON possono esserci contatti diretti o indiretti aventi lo scopo di
influire sul comportamento tenuto sul mercato.
12
3. DECISIONI DI ASSOCIAZIONI DI IMPRESE
«Associazione di imprese»: è una forma di aggregazione tra imprese.
Decisione.
Viene adottata una definizione ampia, rientrano nel concetto di «decisione»:
- Raccomandazione obbligatoria proveniente dall’associazione;
- Raccomandazione non vincolante ma accettata dagli associati.
PREGIUDIZIO AL COMMERCIO
L’art. 101 si applica solo agli accordi «che possano pregiudicare il commercio tra Stati
membri» e cioè ad accordi in grado di incidere sul commercio intra-comunitario.
Si sono voluti escludere dall’ambito di applicazione dell’art. 101 gli accordi che
esauriscono i loro effetti all’interno di uno Stato membro e, pertanto, non interessano il
mercato europeo.
Questo non significa in assoluto che le intese nazionali (e cioè tra imprese dello stesso
Stato membro) siano escluse a priori dall’ambito di applicazione dell’art. 101 TFUE.
Anzi, la nozione di «pregiudizio al commercio tra Stati Membri» ha subito un
progressivo ampliamento nella giurisprudenza comunitaria, che consente di coprire un
numero crescente di intese nazionali.
Corte: «qualsiasi intesa e qualsiasi prassi atta ad incidere sulla libertà del commercio
fra Stati membri, in un senso che possa nuocere alla realizzazione degli scopi di un
mercato unico fra gli Stati membri, in particolare isolando i mercati nazionali o
modificando la struttura della concorrenza nel mercato comune».
13
Considerando 78 → organi giurisdizionali comunitari hanno stabilito in diverse sentenze
che gli accordi che si estendono a tutto il territorio di uno Stato membro hanno, per
loro natura, l'effetto di consolidare la compartimentazione dei mercati a livello
nazionale, ostacolando così l'integrazione economica voluta dal trattato.
Le intese c.d. nazionali, aventi per oggetto la disciplina della concorrenza all’interno di un
solo Stato membro, possono pregiudicare il commercio tra Stati, ad es.:
1. se ostacolano l’accesso su tale mercato di imprese di altri Stati membri ;
2. se impediscono ai partecipanti dell’intesa di operare fuori dallo Stato in
questione.
Come individuare le restrizione per oggetto? Non esiste un documento al cui interno si
esaurisce il novero delle restrizioni per oggetto. Tuttavia, la Commissione ha pubblicato una
guida funzionale ad individuare quali devono ritenersi, ad oggi, le restrizioni per oggetto
(Commission staff working document).
14
Questa intesa - accordo che apparentemente non va oltre l'investimento passivo in
un'impresa concorrente e che non mira al controllo di detta impresa - può ritenersi avere
l’effetto di impedire o restringere il gioco della concorrenza?
PROBLEMA → mercato delle sigarette è un mercato stagnante ed oligopolistico, e in
mancanza di vera concorrenza sul piano dei prezzi o della ricerca, la pubblicità e l'acquisto
di imprese costituiscono i principali strumenti per aumentare la quota di mercato di un
operatore economico.
SOLUZIONE → L’intesa non ricade sotto il divieto di cui all’art. 101 TFUE in quanto la sua
attuazione è finalizzata a:
- permettere alla Philip Morris di poter impedire che la Rothmans International cada
sotto il controllo di un'altra impresa concorrente;
- permettere alla Philip Morris di incrementare i propri utili.
PREGIUDIZIO SENSIBILE
Tutte le intese idonee a pregiudicare il commercio tra stati membri e la concorrenza
ricadono nel divieto di cui all’art. 101 tfue? No.
Affinché un’intesa ricada nel divieto di cui all’art. 101 TFUE, questa deve produrre
un’alterazione alla concorrenza e un pregiudizio al commercio di una certa rilevanza (c.d.
pregiudizio sensibile).
Corte: l’art. 101 non si applica «qualora tenuto conto della debole posizione dei
partecipanti sul mercato dei prodotti di cui trattasi, esso non pregiudichi il mercato in misura
rilevante».
Un’intesa vietata ricade nel divieto di cui all’articolo 101 tfue se soddisfa due
condizioni:
1. pregiudica sensibilmente il commercio tra stati membri;
2. restringe (o impedisce) sensibilmente il gioco della concorrenza.
15
Le intese tra piccole e medie imprese con una presenza estremamente debole sul
mercato ben difficilmente possono influenzare il commercio tra stati membri , con la
conseguenza di fare presumere che accordi di tale genere non siano tali da impedire o
restringere sensibilmente la concorrenza e quindi non ricadano nel campo di
applicazione dell’art. 101.1 tfue.
IMPORTANTE!
La comunicazione de minimis prevede che la presunzione di legalità degli accordi (il c.d.
safe harbour) non si applichi a quelle intese che prevedono una restrizione della
concorrenza per oggetto.
Ciò in quanto ogni intesa che prevede una restrizione della concorrenza per «oggetto»
costituisce per sua natura e indipendentemente da ogni effetto concreto una restrizione
sensibile della concorrenza.
16
Per beneficiare dell’esenzione occorre che l’intesa:
a. Contribuisca a migliorare la produzione o la distribuzione dei prodotti o a promuovere
il progresso tecnico o economico;
b. Riservi agli utilizzatori una congrua parte dell'utile che ne deriva.
17
CONDIZIONI PER ACCERTARE ABUSO DI POSIZIONE DOMINANTE
Per stabilire se l’art. 102 TFUE è stato violato è necessario effettuare un’analisi tripartita,
praticata anche dalla Commissione nelle sue decisioni, così come dalla Corte di Giustizia e
dal Tribunale nelle pronunce in materia.
In particolare, occorre:
- individuare il mercato rilevante, cioè il mercato nel quale si ritiene che l’impresa
oggetto di indagine possa detenere una posizione dominante;
- accertare se effettivamente l’impresa detenga una posizione dominante, su tale
“mercato rilevante”;
- accertare se il comportamento dell’impresa in “posizione dominante” possa ritenersi
effettivamente abusivo.
Si tratta in effetti di un’analisi alquanto artificiosa, e che porta a numerosissimi scontri
tra avvocati e Commissione in particolare nella definizione di quello che è il “Relevant
Market”
IL MERCATO RILEVANTE
Prima Fase: individuare il “Relevant Market”, sotto un duplice profilo:
- il Mercato Geografico;
- il Mercato dei Prodotti e Servizi.
MERCATO GEOGRAFICO
In particolare, il mercato geografico corrisponde all’area nella quale “le condizioni
obiettive di concorrenza relativamente al prodotto in questione devono essere le
stesse per tutti gli operatori economici”.
In linea di principio il mercato da prendere in considerazione dovrebbe essere l’intero
mercato interno (“spazio senza frontiere interne, nel quale è assicurata la libera
circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali”, art. 26 TFUE). Tuttavia, lo
stesso art. 102 TFUE consente che, in alternativa, venga in rilievo un’area più ristretta,
purché di tratti di una parte sostanziale del mercato interno. Ove così con fosse,
troveranno applicazione sole le (eventuali) disposizioni antitrust nazionali.
La Comunicazione della Commissione del 9 dicembre 1997 “sulla definizione del mercato
rilevante ai fini dell’applicazione del diritto comunitario in materia di concorrenza” definisce il
mercato geografico come quell’area “nella quale le imprese in causa forniscono o
acquistano prodotti o servizi, nella quale le condizioni di concorrenza sono
sufficientemente omogenee e che può essere tenuta distinta dalle zone geografiche
contigue perché in queste ultime le condizioni di concorrenza sono sensibilmente diverse”.
Il Mercato Geografico individua l’area in cui le imprese che scambiano beni o servizi,
anche similari o interscambiabili, agiscono; e ciò in quanto, se la loro attività non incide
sulla stessa area geografica, non potranno ritenersi in concorrenza, e non potrà verificarsi se
effettivamente l’impresa ritenuta in “posizione dominante” subisca o meno l’influenza delle
imprese concorrenti su di una determinata area (così, se l’impresa subisce tale influenza,
non si troverà in posizione dominante; se l’impresa non subisce tale influenza, allora si
troverà in posizione dominante; ma un mercato concorrenziale deve esistere). Deve
individuarsi un’area di concorrenza.
18
rispetto a questi un certo grado diintercambiabilità o di sostituibilità reciproca, di modo
che tra i primi e i secondi sussista una certa concorrenza. La nozione di mercato di cui
trattasi (relevant market) implica, in realtà, che vi possa essere concorrenza effettiva tra
prodotti che ne fanno parte, il che presuppone un sufficiente grado di interscambiabilità
per lo stesso uso fra tutti i prodotti che fanno parte dello stesso mercato.
Il Mercato dei Prodotti include tutti i prodotti e/o i servizi che possono essere considerati
interscambiabili o sostituibili dal consumatore, in ragione delle caratteristiche dei
prodotti, dei loro prezzi e dell’uso al quale sono destinati. La finalità ultima è quella di
individuare i beni che, dal punto di vista dei consumatori, soddisfino le medesime esigenze,
e quindi, costituiscano degli adeguati succedanei del bene di riferimento; succedanei che
rappresenterebbero una alternativa per i clienti nel momento in cui l’impresa in “posizione
dominante” decidesse ad es., di aumentare i prezzi dei beni offerti sul mercato.
POSIZIONE DOMINANTE
Seconda Fase: comprendere se l’impresa ha una “posizione dominante”.
Nozione di “posizione dominante” fornita dalla giurisprudenza: “una situazione di potenza
economica grazie alla quale l’impresa che la detiene è in grado di ostacolare la
permanenza di una concorrenza effettiva sul mercato di cui trattasi ed ha la possibilità di
tenere comportamenti alquanto indipendenti nei confronti dei suoi concorrenti, dei
suoi clienti e, in ultima analisi, dei consumatori”.
Differenza con una situazione di monopolio (o quasi-monopolio): la posizione dominante “a
differenza di una situazione di monopolio o di quasi-monopolio, non esclude l’esistenza di
una certa concorrenza, ma pone la ditta che la detiene in grado, se non di decidere,
almeno di influire notevolmente sul modo in cui si svolgerà detta concorrenza e, comunque,
di comportarsi sovente senza doverne tenere conto e senza che, per questo, simile
condotta le arrechi pregiudizio”.
19
determini in modo autonomo la sua linea di condotta sul mercato, ma si attenga, in
sostanza, alle istruzioni che le vengono impartite dalla società controllante.
Posizione Dominante Collettiva: l’art. 102, TFUE, prevede anche l’ipotesi in cui la
posizione dominante sia assunta da “più imprese”. Tale situazione può essere riscontrata
quanto più imprese indipendenti tra loro, sono tuttavia legate da vincoli economici che,
per tale motivo, le porta a detenere una posizione dominante rispetto agli altri operatori del
mercato.
SFRUTTAMENTO ABUSIVO
Terza Fase: appurare se l’impresa in “posizione dominante” abbia o meno SFRUTTATO
ABUSIVAMENTE la posizione dominante da essa detenuta. Per la Corte di Giustizia la
nozione di sfruttamento abusivo “è una nozione oggettiva, che riguarda il comportamento
dell’impresa in posizione dominante atto ad influire sulla struttura del mercato in cui ,
proprio per il fatto che vi opera detta impresa, il grado di concorrenza è già sminuito e
che ha come effetto di ostacolare, ricorrendo a mezzi diversi da quelli su cui si
impernia la concorrenza normale tra prodotti e servizi, fondata sulle prestazioni degli
operatori economici, la conservazione di un grado di concorrenza ancora esistente sul
mercato o lo sviluppo di detta concorrenza”.
L’impresa in “posizione dominante” agisce già in un mercato in cui la concorrenza è
indebolita. Per tale motivo tale impresa assume una particolare responsabilità, volta a
“non compromettere col suo comportamento lo svolgimento di una concorrenza effettiva e
non falsata nel mercato comune”.
La condotta sarà pertanto ILLECITA quando l’impresa si avvalga della sua posizione per
adottare comportamenti idonei a turbare lo svolgimento di una concorrenza effettiva e non
falsata sul mercato di riferimento; comportamenti che essa è in grado di tenere non in
base al proprio livello di efficienza, ma in virtù della posizione di forza detenuta sul
mercato, in grado di ridurre la capacità competitiva degli altri operatori, e conservare o
rafforzare artificialmente la propria posizione di dominanza, ovvero per realizzare
politiche di mercato che si avvalgono dell’assenza o della ridotta concorrenza per
conseguire una rendita monopolistica a danno dei consumatori.
LE PRATICHE ABUSIVE
Le pratiche abusive possono essere distinte, a seconda degli effetti sulla concorrenza, in:
- abusi di sfruttamento, in cui l’impresa dominante intende massimizzare il profitto
che può trarre dalla sua posizione sul mercato, imponendo condizioni che non le
sarebbe altrimenti consentito praticare in un mercato concorrenziale;
- abusi di esclusione, che mirano invece a proteggere o incrementare la posizione
dell’impresa dominante, espellendo dal mercato attuali concorrenti o impedendo
a concorrenti potenziali di entrarvi.
Le pratiche del primo tipo danneggiano direttamente anche gli interessi dei consumatori (es.
prezzi eccessivi) e gli abusi del secondo tipo danneggiano i concorrenti attuali o potenziali
(es. prezzi predatori), influendo negativamente sulla struttura della concorrenza e del
mercato.
20
TIPOLOGIE DI ABUSI
Gli abusi possono essere distinti in base al loro contenuto. L’art. 102, secondo comma,
TFUE contiene un’elencazione che coincide solo in parte con le tipologie riscontrabili nella
pratica.
Le fattispecie più diffuse sono le seguenti:
- PREZZI ECCESSIVI O NON EQUI → si verifica quando l’impresa in posizione
dominate pratica prezzi privi di ogni ragionevolezza in rapporto con il valore
economico della prestazione fornita.
Per accertare se vi sia abuso in tal caso si deve accertare se vi sia un’eccessiva
sproporzione tra il costo effettivamente sostenuto dall’impresa per fornire il
servizio/produrre il bene ed il prezzo effettivamente richiesto dall’impresa in
posizione dominante” e se sia stato imposto un prezzo non equo, sia in assoluto,
sia rispetto ai prodotti concorrenti;
- SCONTI SUI PREZZI → in particolare sono vietati gli “sconti fedeltà” i quali sono
legati all’impegno di un distributore di rifornirsi indipendentemente dal volume
degli acquisti, ovvero al conseguimento di obiettivi minimi di vendita di prodotti
acquistati dall’impresa dominante durante un determinato periodo.
L’effetto anticoncorrenziale consiste nel fatto che, attraverso la promessa di un
vantaggio che non è basato su alcuna controprestazione economica, viene
soppressa o limitata la possibilità dell’acquirente finale di scegliere la fonte di
rifornimento, cosicché si chiude l’accesso del mercato ai concorrenti, rafforzando la
posizione dominante. Non sarebbero vietati gli “sconti quantitativi”, legati al volume
di acquisti.
21
parte di un’impresa dominante di vendere i propri prodotti o servizi a chi ne faccia
richiesta.
L’abuso è grave se l’impresa richiedente era abituale cliente dell’impresa
dominante.
IL PREGIUDIZIO AL MERCATO
Ultimo elemento essenziale: perché l’abuso sia vietato è necessario che si produca un
PREGIUDIZIO al commercio tra Stati membri.
Non è necessario che l’abuso abbia per effetto o oggetto di restringere la concorrenza
(come per art. 101 TFUE) in quanto la concorrenza in tali casi è già indebolita.
E’ sufficiente accertare una potenzialita’ abusiva della condotta; irrilevanti sono gli effetti
concreti da un punto di vista anticoncorrenziale e non è rilevante che il fatto che si siano
prodotti effettivi vantaggi economici o competitivi per l’impresa dominate.
Il divieto è inoltre ASSOLUTO, e non è possibile alcuna dichiarazione di inapplicabilità
o esenzione.
La violazione va accertata in maniera OGGETTIVA, indipendentemente dall’elemento
soggettivo tipico dell’illecito (colpa o dolo).
RATIO
Le imprese possono aumentare il proprio potere di mercato non solo mediante un processo
di crescita interno ma anche tramite un processo di crescita esterno, integrandosi con altre
imprese.
22
Una eccessiva concentrazione potrebbe tuttavia ridurre eccessivamente il numero di
concorrenti in un dato mercato o far sorgere una posizione dominante.
Proprio in ragione di questi potenziali effetti distorsivi si spiega il controllo esercitato dall’UE
tramite la Commissione.
Non sussiste in ogni caso un divieto generale di “Concentrazioni”. La disciplina è volta
esclusivamente a garantire un controllo preventivo, volto a stabilire se l’operazione come
progettata può creare dei pericoli per il mercato interno.
DEFINIZIONE DI CONCENTRAZIONE
Articolo 3, par. 1, reg. cit.:
1. “Si ha una concentrazione quando si produce una modifica duratura del controllo a
seguito:
a. della fusione di due o più imprese precedentemente indipendenti o parti di imprese;
oppure
b. dell'acquisizione, da parte di una o più persone che già detengono il controllo di
almeno un'altra impresa, o da parte di una o più imprese, sia tramite acquisto di
partecipazioni nel capitale o di elementi del patrimonio, sia tramite contratto o
qualsiasi altro mezzo, del controllo diretto o indiretto dell'insieme o di parti di una
o più altre imprese”.
2. “Si ha controllo in presenza di diritti, contratti o altri mezzi che conferiscono, da soli o
congiuntamente, e tenuto conto delle circostanze di fatto o di diritto, la possibilità di
esercitare un'influenza determinante sull'attività di un’impresa; trattasi in particolare di:
a. diritti di proprietà o di godimento sulla totalità o su parti del patrimonio di
un'impresa;
b. diritti o contratti che conferiscono un'influenza determinante sulla composizione,
sulle deliberazioni o sulle decisioni degli organi di un'impresa”.
E’ essenziale affinché ci sia una concentrazione, che ricada nell’ambito di applicabilità della
norma che, vi sia l’assunzione del “controllo” di un’impresa su di un’altra (o la creazione di
un’impresa comune) che conferisca ad una impresa, per diritto, per contratto o con ogni
altro mezzo, il potere di esercitare un’influenza dominante in seno ad altra impresa.
23
della creazione o del rafforzamento di una posizione dominante, sono dichiarate
compatibili con il mercato comune.
3. Le concentrazioni che ostacolino in modo significativo una concorrenza effettiva nel
mercato comune o in una parte sostanziale di esso, in particolare a causa della
creazione o del rafforzamento di una posizione dominante, sono dichiarate
incompatibili con il mercato comune”.
Il focus è sull’”ostacolo significativo alla concorrenza” (anche se la concentrazione non
genera o non rafforza una posizione dominante, questo non è sufficiente).
In ogni caso, deve decidere entro 25 giorni dalla notifica, altrimenti la concentrazione è
ritenuta compatibile col mercato comune.
Se avviato l’esame formale, lo stesso deve concludersi entro 90 giorni, altrimenti la
concentrazione è da ritenersi compatibile col mercato comune.
Nel corso dell’esame formale la Commissione può richiedere informazioni e avvalersi delle
autorità nazionali per compiere ispezioni presso le imprese coinvolte (conformemente alla
legge nazionale di ogni paese).
24
incompatibilità. Le prime possono arrivare sino ad un 10% del fatturato totale realizzato da
tutte le imprese interessate.
La Commissione potrà anche imporre misure di deconcentrazione volte a ripristinare lo
status quo ante.
OPERAZIONI DI M&A
Esempio di clausola contrattuale tipica in operazioni di M&A.
Condizione Sospensiva all’efficacia del Contratto Definitivo di Cessione di Partecipazioni
Societarie (“Share Purchase Agreement”).
FONTI PRINCIPALI
Reg (CEE) n. 17/62;
1. sistema “accentrato” sul ruolo della Commissione (competenza prevalente);
2. il potere delle autorità nazionali veniva meno nel momento in cui la Commissione
dava inizio ad una procedura di contestazione degli artt. 101 o 102;
3. i giudici nazionali erano tenuti a rispettare eventuali decisioni già adottate dalla
Commissione sulla medesima fattispecie (giudici inviati inoltre, dalla Corte, a
sospendere i procedimenti interni in caso di procedimento parallelo da parte della
Commissione);
4. solo la Commissione era competente ad adottare a favore di un’intesa una
decisione individuale d’inapplicabilità (o esenzione individuale) ai sensi dell’art.
101, par. 3, TFUE.
25
- di propria iniziativa (d’ufficio): sulla base di elementi raccolti a vario titolo, ad
esempio, tramite denunce e segnalazioni anche anonime, documenti trasmessi dalle
autorità nazionali, notizie di stampa, interrogazioni di membri del Parlamento
europeo;
- su denuncia di parte: ai sensi del reg. n. 1/2003 la denuncia può essere presentata
da persone fisiche o giuridiche che abbiano un legittimo interesse o da Stati membri
(art. 7, par.2).
Secondo la giurisprudenza coloro che presentano una denuncia non hanno un vero e
proprio diritto a che la Commissione adotti una decisione definitiva, salvo che il caso rientri
nella competenza esclusiva della Commissione.
La Commissione può attribuire un diverso grado di priorità alle denunce che le vengono
presentate, selezionando quelle che, sulla base di una sua valutazione discrezionale,
richiedono un intervento.
Una denuncia può essere rigettata, sia perché infondata, ma anche perché non sussiste un
“interesse comunitario” all’istruzione del caso (a titolo esemplificativo, in quanto sono state
già adite le autorità nazionali o le parti hanno in ogni caso la possibilità di farlo; l’indagine
sarebbe troppo complessa e con poca probabilità di dimostrare l’infrazione).
In ogni caso la Commissione:
1. deve esaminare tutti gli aspetti di fatto e di diritto;
2. deve consentire ai denuncianti di presentare osservazioni scritte;
3. deve adeguatamente motivare una decisione di rigetto, che altrimenti può essere
oggetto di impugnazione ai sensi dell’art. 263, quarto comma, TFUE (controllo
giurisdizionale di legittimità; ricorso d’annullamento).
26
Tale comunicazione deve consentire “agli interessati di prendere atto dei comportamenti di
cui la Commissione fa loro carico” fornendo loro “tutti gli elementi necessari per provvedere
utilmente alla propria difesa”.
27
applicherebbe il regolamento di esenzione ha effetti incompatibili con l’art. 101, par.
3, TFUE.
In conclusione, la Commissione gode di un potere istruttorio e decisionale molto ampio.
28
INTERVENTO DEI GIUDICI NAZIONALI: COMPETENZA
I giudici nazionali possono applicare direttamente gli artt. 101 e 102 TFUE (norme dotate di
efficacia “diretta”; si veda anche art. 6, reg. n. 1/2003).
I soggetti “interessati” possono dunque invocare la violazione degli artt. 101 e 102 TFUE
innanzi al proprio giudice nazionale.
I giudizi possono essere i più vari e possono avere ad oggetto, a titolo esemplificativo:
- azione di nullità di un contratto stipulato in violazione dell’art. 101 TFUE;
- azione di risarcimento del danno derivante da una pratica vietata ex art. 101 o 102
TFUE.
Le controversie possono sorgere a seguito di una decisione della Commissione o
dell’Autorità Nazionale della Concorrenza competente (azioni c.d. follow on) oppure possono
essere proposte autonomamente prima che le predette intervengano (azioni c.d. stand
alone).
29
Quadro normativo di riferimento: le norme di rango primario
- art. 107 tfue: principio di incompatibilita’ degli aiuti con il mercato comune, salvo
deroghe ed esenzioni;
- art. 108 tfue: procedura di controllo affidata alla commissione ed eccezionalmente al
consiglio;
- art. 109 tfue: potere del consiglio di stabilire, su proposta della commissione e previa
consultazione del parlamento europeo, tutti i regolamenti utili all’applicazione gli artt.
107.
30
Primo criterio: finanziamento di origine pubblica
In relazione ad esso l’art. 107 distingue due diverse ipotesi:
- gli aiuti concessi dagli Stati membri;
- quelli concessi mediante risorse statali.
Secondo la Corte di giustizia tale distinzione è volta a “ricomprendere nella nozione di aiuti
non solo quelli concessi dagli Stati ma anche quelli concessi da enti pubblici o privati
designati o istituiti dagli Stati”; tale può essere quindi anche l’aiuto che viene erogato quindi
da un’autorità non statale come gli enti pubblici territoriali o economici o le società
controllate dallo Stato o da enti incaricati dalla legge di gestire fondi provenienti da depositi
pubblici o privati.
Aiuti concessi mediante risorse statali → giurisprudenza costante ritiene che affinché si
possano ritenere tali, è necessario che il vantaggio accordato all’impresa beneficiaria,
qualunque ne sia la forma, corrisponda a un onere finanziario a carico dell’ente
erogatore.
Non necessaria una corrispondenza esatta in termini quantitativi, ma “è sufficiente che vi sia
un nesso sufficientemente diretto tra, da un lato, il vantaggio accordato al beneficiario e,
dall’altro, una riduzione del bilancio statale o un rischio economico sufficientemente concreto
di oneri gravanti su tale bilancio”.
L’aiuto si considera concesso mediante risorse statali anche quando le risorse utilizzate per
erogarlo provengano da contributi obbligatori o tasse parafiscali riscosse da un ente
pubblico a carico delle imprese di un certo settore e utilizzate a favore di alcune di
queste.
Aiuti indiretti
Il vantaggio ai beneficiari derivante dall’aiuto può essere anche indiretto, nel senso che
l’erogazione di risorse pubbliche non è destinata ai beneficiari stessi ma ai loro
clienti.
31
Aiuti sotto forma di rinuncia a introiti da parte di autorità pubbliche
Rientrano in questa categoria anzitutto le agevolazioni fiscali, sotto forma di esoneri o di
riduzioni di imposte, tasse o contributi concessi a determinate imprese nazionali.
Altri esempi sono la Fissazione di prezzi di favore per determinati beni pubblici: es.
fornitura di combustibili di proprietà statale a prezzi inferiori rispetto a quelli praticati agli altri
utenti; o ancora l’assistenza logistica e commerciale fornita a prezzi inferiori a quelli di
mercato da parte di un’impresa pubblica alle proprie filiali che operavano in settori aperti alla
libera concorrenza.
Gli aiuti concessi nel quadro di un regime di aiuti non sono aiuti individuali: non
devono essere notificati alla Commissione, né sono oggetto dell’obbligo di standstill;
le decisioni che ritengono compatibile un regime di aiuti in genere prescrivono che le
singole applicazioni del regime siano semplicemente comunicate alla Commissione.
Terzo e quarto criterio: pregiudizio al commercio tra stati membri e pregiudizio alla
concorrenza
Stessi criteri che l’art. 101 TFUE pone riguardo alle intese vietate: spesso la giurisprudenza
esamina queste condizioni congiuntamente, per cui non è facile distinguerle nella pratica e
questo rende molto difficile contestarne l’esistenza.
La Corte ritiene che “allorché un aiuto finanziario concesso dallo Stato rafforza la
posizione di un’impresa nei confronti di altre imprese concorrenti negli scambi
intracomunitari, questi sono da considerarsi influenzati dall’aiuto”.
32
Terzo e quarto criterio: pregiudizio agli scambi tra stati membri e
pregiudizio alla concorrenza
E’ SUFFICIENTE DIMOSTRARE:
a. che l’aiuto provochi il rafforzamento della posizione dell’impresa beneficiaria
rispetto ai suoi concorrenti;
b. che l’impresa operi in un mercato aperto agli scambi tra Stati membri, nel
senso che in tale mercato sono presenti imprese di più Stati.
La giurisprudenza ha chiarito che per escludere la sussistenza di tali condizioni non basta
sostenere che l’aiuto è rivolto ad un’impresa operante soltanto sul mercato nazionale,
perché il rafforzamento di tale impresa può comunque determinare una maggiore difficoltà di
penetrazione sul mercato interno da parte di imprese di altri Stati membri.
Nemmeno è sufficiente sostenere che l’aiuto è destinato ad un’impresa operante soprattutto
sul mercato di Paesi terzi, poiché data l’interdipendenza tra i mercati, non si può escludere
che un aiuto del genere possa alterare la concorrenza intracomunitaria.
Il principio de minimis
Come per gli accordi anticoncorrenziali, anche per gli aiuti è richiesto che il pregiudizio alla
concorrenza e agli scambi tra Stati sia rilevante: ciò non si verifica quando gli aiuti sono di
importanza minore, ovvero il loro importo complessivo non supera, per una stessa
impresa, la SOMMA DI 200.000 euro nell’arco di tre esercizi finanziari.
Non è chiaro se sotto la soglia di importanza non si debba considerare aiuto ai sensi dell’art.
107 TFUE par. 1 (come accade per le intese di minore importanza, considerate non
rientranti nell’ambito di applicazione dell’art. 101 TFUE) oppure se tale caratteristica
comporti soltanto che l’aiuto si presume compatibile con il mercato interno ai sensi del
paragrafo 3 del medesimo articolo: si propende per la prima alternativa.
La valutazione di compatibilità spetta però non agli Stati bensì alla Commissione e quindi si
può dire che non c’è un divieto generale di aiuti ma un divieto assoluto di istituire aiuti
che non siano stati autorizzati dalla commissione o che non soddisfino le condizioni
previste da un regolamento di esenzione per categoria.
33
Aiuti potenzialmente compatibili: art. 107 par. 3 TFUE
Poteri di scelta più ampi sono invece riconosciuti alle istituzioni riguardo agli aiuti rientranti
nelle quattro categorie previste dal paragrafo 3, il quale stabilisce soltanto che “essi
possono considerarsi compatibili” con il mercato interno. Spetta alla Commissione e,
eccezionalmente al Consiglio, decidere se il singolo aiuto vada o meno autorizzato.
34
Gli aiuti esistenti sono sottoposti ad un esame permanente della Commissione ai
sensi dell’art. 108 par. 1 e 2 TFUE, qualora all’esito di tale esame si convinca che l’aiuto in
questione non è compatibile con il mercato interno apre la procedura di indagine formale,
che prevede:
a. intimazione agli interessati di presentare le loro osservazioni;
b. adozione di una decisione con cui la Commissione ordina allo Stato interessato di
sopprimere o modificare l’aiuto nel termine da essa fissato;
c. qualora lo Stato non si conformi alla decisione entro il termine, ricorso diretto alla
Corte di Giustizia.
35
a. decisione che dichiara che la misura notificata non costituisce un aiuto (attestazione
negativa);
b. decisione che dichiara l’aiuto compatibile con il mercato interno (decisione
positiva);
c. decisione che dichiara l’aiuto compatibile con il mercato interno, subordinatamente al
rispetto di determinati obblighi e condizioni (decisione condizionale);
d. decisione che dichiara che all’aiuto non può essere data esecuzione (decisione
negativa).
1. Fase provvisoria
Prima particolarità: potere della Commissione di intimare allo Stato membro, con decisione
provvisoria, la sospensione immediata dell’applicazione dell’aiuto; in caso di
inosservanza la Commissione può presentare ricorso alla Corte di giustizia ai sensi dell’art.
108 par. 2 TFUE.
La Commissione può ordinare allo Stato membro di “recuperare a titolo provvisorio”
l’aiuto concesso illegalmente, a due condizioni:
- non devono sussistere dubbi circa il carattere di aiuto della misura in questione in
base ad una pratica consolidata;
- deve trattarsi di una situazione di emergenza;
- esiste un grave rischio di danno consistente e irreparabile ad un concorrente.
2. Indagine formale
Dopo la fase provvisoria, a meno che non voglia adottare la decisione di non
sollevare obiezioni, la Commissione deve seguire il procedimento di indagine formale
già descritto e non può esimersi dal prendere in considerazione eventuali motivi che
possono giustificare una deroga ai sensi del par. 3 dell’art. 108 TFUE: la violazione
dell’obbligo di standstill non comporta di per sé che l’aiuto sia incompatibile con il mercato
comune.
36
decisione della Commissione”: vale il principio dell’autonomia processuale degli
Stati membri, rispettando tuttavia anche quello di effettività e dell’equivalenza.
In materia di recupero di aiuti illegali e incompatibili, l’Italia si è dotata di una legge ad hoc, la
l. 234/2012: il provvedimento di recupero deve essere adottato dall’ente responsabile;
qualora l’aiuto sia stato concesso dallo Stato, il ministro competente adotta entro due mesi
dalla notifica della decisione di recupero un decreto immediatamente esecutivo.
37
I giudici nazionali hanno un ruolo marginale in materia di aiuti; solo nell’ambito degli aiuti
illegali è stato loro riconosciuto un ruolo importante: la Corte ha affermato l’efficacia
diretta dell’art. 108 par. 3 TFUE nella parte in cui prevede l’obbligo di standstill.
Se il giudice nazionale constata che effettivamente si tratta di un aiuto nuovo non notificato,
potrà annullare i provvedimenti interni di concessione dell’aiuto, nonché ordinare allo
Stato di recuperare gli importi già erogati.
La Commissione in generale spinge affinché i soggetti interessati si rivolgano ai giudici
nazionali (PRIVATE ENFORCEMENT): tutela più rapida ed efficace, potendo concedere
provvedimenti provvisori di recupero in condizioni più ampie.
I giudici nazionali sono i soli a poter accordare ai concorrenti dei beneficiari di un aiuto
illegale il risarcimento danni: la domanda di risarcimento davanti solitamente è rivolta
contro lo Stato, in quanto autore della violazione di cui all’art. 108 par. 3 TFUE; non è
tuttavia escluso che l’impresa concorrente possa promuovere l’azione nei confronti della
stessa impresa beneficiaria degli aiuti.
Novità del reg. 1589/2015 è la cooperazione tra giudici nazionali e commissione: art. 29,
possibilità di richiedere informazioni alla Commissione e per la Commissione di presentare
osservazioni nei giudizi interni.
Art. 26 TFUE
1. L'Unione adotta le misure destinate all'instaurazione o al funzionamento del mercato
interno, conformemente alle disposizioni pertinenti dei trattati.
2. Il mercato interno comporta uno spazio senza frontiere interne, nel quale è assicurata
la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali secondo le
disposizioni dei trattati.
38
LIBERTÀ CIRCOLAZIONE MERCI
Articolo 28 TFUE – Libera circolazione delle merci
L'Unione comprende un'unione doganale che si estende al complesso degli scambi di
merci e comporta il divieto, fra gli Stati membri, dei dazi doganali all'importazione e
all'esportazione e di qualsiasi tassa di effetto equivalente, come pure l'adozione di una
tariffa doganale comune nei loro rapporti con i paesi terzi.
39
un passaporto in corso di validità e i suoi familiari non aventi la cittadinanza di
uno Stato membro e muniti di passaporto in corso di validità hanno il diritto di
lasciare il territorio di uno Stato membro per recarsi in un altro Stato membro;
- Nessun visto di uscita né alcuna formalità equivalente possono essere prescritti
DIRITTO DI SOGGIORNO
Articolo 6 - Diritto di soggiorno sino a tre mesi
1. Diritto cittadini UE di soggiornare nel territorio di un altro Stato membro per un periodo
non superiore a tre mesi senza alcuna condizione o formalità (salvo documento di
identità).
2. Applicabilità anche a familiari non cittadini UE che accompagnino o raggiungano il
cittadino UE.
40
Art. 49 TFUE – STABILIMENTO Artt. 56-57 SERVIZI
Articolo 53 - stabilimento
Al fine di agevolare l'accesso alle attività autonome e l'esercizio di queste, il Parlamento
europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria, stabiliscono
direttive intese al reciproco riconoscimento dei diplomi, certificati ed altri titoli e al
coordinamento delle disposizioni legislative‚ regolamentari e amministrative degli Stati
membri relative all'accesso alle attività autonome e all'esercizio di queste.
41
Capo VIII - disposizioni finali
42
Art. 10: In ogni caso valutazione su autorizzazione vincolata da criteri non discriminatori,
giustificati, commisurati all’obiettivo, chiari, oggettivi, noti preventivamente, trasparenti e
accessibili.
Sez. II – Requisiti
Art. 14: Requisiti vietati per accesso o esercizio servizi:
- Cittadinanza o residenza
- Divieto di avere stabilimenti in più di uno Stato membro
- Restrizioni della libertà di scelta per il prestatore
- Obbligo condizioni di reciprocità
- Obblighi di garanzie finanziarie o assicurative
Art. 15: Requisiti da valutare (gli Stati membri sono tenuti a adeguare requisiti esistenti nei
loro ordinamenti alle indicazioni europee).
Effetti del riconoscimento (art. 4): Attribuzione del diritto di accedere nello Stato
ospitante alla corrispondente professione e di esercitarla alle stesse condizioni dei
cittadini di tale Stato.
43
Disciplina relativa esclusivamente all’esercizio temporaneo e occasionale della
professione, valutato caso per caso (durata della prestazione, frequenza, periodicità e
continuità)
➔ Articolo 5
Divieto limitazioni libera prestazione di servizi per ragioni attinenti alle qualifiche
professionali, se il prestatore ha esercitato la professione nello Stato membro di stabilimento
per almeno due anni nel corso dei dieci anni che precedono la prestazione di servizi (salvo
professioni regolamentate).
➔ Articolo 6
Prestatori di servizi stabiliti in un altro Stato membro sono dispensati dai requisiti riguardanti:
a) l'autorizzazione, l'iscrizione o l'adesione a un'organizzazione professionale
b) l'iscrizione a un ente di previdenza sociale.
44
- Attribuzione degli "stessi effetti" prodotti dai corrispondenti titoli di formazione
nazionali , ai fini dell'accesso alle attività professionali e del relativo esercizio.
RISPETTO E VIGILANZA
★ Cosa succede se gli Stati membri non rispettano i diritti derivanti dalle fonti di diritto
primario e secondario?
- infrazione - (rinvio pregiudiziale)
★ Cosa succede se le Istituzioni dell’UE non rispettano i diritti derivanti dalle fonti di
diritto primario e secondario?
- annullamento - carenza
45
Art. 5: Diritto di ingresso
Diritto ad essere ammessi nel territorio nazionale (fatti salvi i controlli dei documenti di
viaggio alla frontiera) spettante:
- al cittadino UE (con documento d'identità valido per l'espatrio);
- ai suoi familiari non aventi la cittadinanza UE (con passaporto e obbligo visto
d'ingresso o carta di soggiorno art. 10, la quale esclude necessità apposizione
timbri di ingresso o di uscita nel passaporto del familiare).
QUALIFICA DI LAVORATORE
Interpretazione autonoma (NO riferimenti a definizioni ordinamenti nazionali).
Viene dato rilievo a «obiettivi di ordine economico», unitamente alla considerazione del
lavoratore come persona umana (Carta Nizza)
Lavoratori - 3 criteri:
- Vincolo di subordinazione;
- Durata prolungata;
- Remunerazione.
46
b) disoccupazione involontaria debitamente comprovata dopo aver esercitato attività
lavorativa per almeno un anno ed è iscritto al Centro per l'impiego, oppure ha la
dichiarazione che attesti l'immediata disponibilita' allo svolgimento di attività
lavorativa;
c) disoccupazione involontaria debitamente comprovata dopo contratto di lavoro di
determinato inferiore ad un anno (oppure si è trovato in tale stato durante i primi
dodici mesi di soggiorno) ed è iscritto al Centro per l'impiego oppure ha reso la
dichiarazione che attesti l'immediata disponibilità allo svolgimento di attività
lavorativa. La qualità di lavoratore subordinato è conservata per un un anno;
d) Svolgimento corso di formazione professionale collegato con l'attività
professionale precedentemente svolta.
Art. 9 Dlgs 30/2007, COMMA 2: L’iscrizione anagrafica del cittadino UE e dei suoi familiari
non cittadini UE deve comunque essere richiesta trascorsi tre mesi dall'ingresso.
Rilasciata immediatamente attestazione con indicazione del nome, della dimora del
richiedente e la data della richiesta.
47
★ Comprovabile anche attraverso dichiarazione ex artt. 46 e 47, DPR 28 dicembre
2000, n. 445 (Dichiarazioni sostitutive di certificazioni e Dichiarazioni sostitutive
dell'atto di notorietà)
Validità: cinque anni dalla data del rilascio, perdurante anche in caso di:
- assenze temporanee del titolare non superiori a sei mesi all'anno,
- assenze di durata superiore fino a dodici mesi consecutivi in caso di rilevanti
motivi (obblighi militari, gravidanza, maternità, malattia grave, studi o formazione
professionale, distacco per motivi di lavoro)
Onere di esibire la documentazione comprovante i fatti che consentono la perduranza di
validità.
DECESSO cittadino UE NON comporta perdita diritto di soggiorno familiari non aventi la
cittadinanza UE, a condizione che:
48
➢ essi abbiano soggiornato nel territorio nazionale per almeno un anno prima del
decesso
➢ abbiano acquisito il diritto di soggiorno permanente o dimostrino di esercitare
un'attività lavorativa subordinata od autonoma o di disporre per se' e per i
familiari di risorse sufficienti,
➢ Dispongano di una assicurazione sanitaria che copra tutti i rischi nello Stato
DECESSO o PARTENZA cittadino UE NON incidono sul diritto di soggiorno dei figli o del
genitore che ne ha l'affidamento, indipendentemente dal requisito della cittadinanza, a
condizione che:
➔ essi risiedono nello Stato
➔ sono iscritti in un istituto scolastico per seguirvi gli studi, fino al termine degli
studi.
SOGGIORNO PERMANENTE
Art. 14 – Diritto di soggiorno permanente del CITTADINO UE
Spetta al cittadino UE che abbia soggiornato nel territorio nazionale:
❖ legalmente
❖ in via continuativa per cinque anni
❖ non più subordinato alle condizioni degli artt. 7, 11, 12 e 13
Spetta al familiare senza cittadinanza UE che abbia soggiornato nel territorio nazionale
❖ unitamente al cittadino dell'Unione
❖ legalmente
❖ in via continuativa per cinque anni
49
Continuità non pregiudicata da:
❖ assenze temporanee non superiori a sei mesi all'anno,
❖ assenze di durata superiore, fino a dodici mesi consecutivi, in caso di rilevanti
motivi (obblighi militari, gravidanza, maternità, malattia grave, studi o formazione
professionale, distacco per motivi di lavoro)
DEROGHE ART. 14
Art. 15 - Deroghe a favore dei lavoratori che hanno cessato la loro attività' nello Stato
membro ospitante e dei loro familiari.
In deroga all'articolo 14 ha diritto di soggiorno permanente nello Stato PRIMA della
maturazione di un periodo continuativo di cinque anni di soggiorno :
1. il lavoratore subordinato o autonomo
a) che ha raggiunto l'età per pensione di vecchiaia
b) per incapacità lavorativa permanente, sopravvenuta dopo soggiorno
continuativo nello Stato per oltre due anni
Cittadini UE e familiari, non godono del diritto a prestazioni d'assistenza sociale durante
i primi tre mesi di soggiorno, salvo che tale diritto sia attribuito autonomamente in virtù
dell'attività esercitata o da altre disposizioni di legge
50
LIMITAZIONI DIRITTO INGRESSO E SOGGIORNO
Art. 20 DLGS 30/2007
1. diritto di ingresso e soggiorno dei cittadini UE e dei loro familiari limitabile solo per:
- motivi di sicurezza dello Stato (ad es.: atti sovversivi, coinvolgimento in
azioni di terrorismo, condanne per delitti contro la personalità internazionale
dello Stato di cui libro II, titolo I, c.p., ecc...)
- motivi imperativi di pubblica sicurezza (ad es.: minacce concrete, effettive
e gravi ai diritti fondamentali della persona o all'incolumità pubblica, condanne
per delitti non colposi contro la vita o l'incolumita' della persona o per altri
reati gravi, ecc...)
- altri motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza.
ALLONTANAMENTO
Può essere disposto nelle ipotesi di:
Art. 20, commi 4 ss.: Circostanze previste dall’art. 20, commi 1-2-3 (sicurezza Stato,
pubblica sicurezza, ordine pubblico)
Art. 21: Allontanamento per cessazione delle condizioni che determinano il diritto di
soggiorno
ALLONTANAMENTO ART. 20
Allontanamento ex art. 20 (sicurezza Stato, pubblica sicurezza, ordine pubblico)
I provvedimenti di allontanamento ex art. 20 sono adottati:
- dal Ministro dell'interno (per motivi imperativi di pubblica sicurezza, per motivi di
sicurezza dello Stato) e negli altri casi dal prefetto del luogo di residenza o dimora
del destinatario.
- rispetto principio di proporzionalità (criteri: durata del soggiorno, età, situazione
familiare e economica, stato di salute, integrazione sociale e culturale, importanza
dei legami con il Paese di origine, eventuali segnalazioni motivate del sindaco del
luogo di residenza o di dimora)
- obbligo motivazione del provvedimento (salvo motivi attinenti alla sicurezza dello
Stato) ed eventuale traduzione in lingua comprensibile dall'interessato
- No per motivazioni di ordine economico, o ragioni estranee ai comportamenti
individuali dell'interessato che rappresentino una minaccia concreta, effettiva e
sufficientemente grave all'ordine pubblico o alla pubblica sicurezza (esistenza di
condanne non giustifica di per sé l‘allontanamento.
- Indicazione del termine per lasciare il territorio (almeno un mese dalla notifica,
riducibile nei casi di comprovata urgenza a dieci giorni), della durata del divieto di
reingresso (non superiore a dieci anni nei casi di allontanamento per i motivi di
sicurezza dello Stato o a cinque anni negli altri casi) e delle modalità di ricorso.
- Esecuzione del provvedimento a cura del questore
REVOCA divieto di reingresso: può essere richiesta dal destinatario del provvedimento di
allontanamento dopo il decorso della metà della durata del divieto e in ogni caso non
prima di tre anni. Sulla domanda decide entro sei mesi l'autorità che ha emanato il
provvedimento di allontanamento.
ALLONTANAMENTO ART. 21
Allontanamento ex art. 21 (cessazione condizioni che determinano il diritto di soggiorno)
51
I provvedimenti di allontanamento ex art. 21 sono adottati:
❖ dal prefetto territorialmente competente secondo la residenza o dimora del
destinatario.
❖ Obbligo motivazione del provvedimento con eventuale traduzione
❖ Tenendo conto di: eventuali segnalazioni motivate del sindaco del luogo di
residenza o dimora, durata del soggiorno, età, salute, integrazione sociale e
culturale, legami con il Paese di origine.
❖ Indicazione del termine per lasciare il territorio nazionale (non inferiore ad un
mese) e delle modalità di ricorso
❖ attestazione di obbligo di adempimento dell'allontanamento consegnata
unitamente al provvedimento.
❖ Allontanamento ex art. 21 non può prevedere un divieto di reingresso.
52