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DIRITTO DELL'UNIONE EUROPEA PARTE SPECIALE ESTRATTO A CURA STROZZI – ED. 2014
INTRODUZIONE
La nozione di mercato interno fu introdotta nel Trattato CEE dall’Atto unico europeo, traendola da alcune
dichiarazioni del Consiglio europeo e dal Libro bianco. La nozione di mercato interno fu aggiunta a quella di
mercato comune già conosciuta.
MERCATO INTERNO: comporta uno spazio senza frontiere interne, nel quale è assicurata la libera
circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali, secondo l’art. 26 par.2;
MERCATO COMUNE: la nozione era molto più ampia, perche comprendeva anche libertà pertinenti
al mercato interno e politiche comuni nei settori considerati dal Trattato.
Il concetto di mercato interno implicò un impulso ad assicurare l’effettività della libera circolazione nei
settori considerati dal mercato interno. L’assenza di una definizione precisa della nozione di mercato
comune favorì la tendenza a non distinguerla da quella di mercato interno e considerare le due nozioni
equivalenti. Infatti la giurisprudenza della Corte di Giustizia utilizzò spesso indifferentemente le due
espressioni; il Trattato di Lisbona inserisce nella parte terza del TFUE il titolo I con la denominazione
‘’Mercato interno’’, che sostituisce l’espressione ‘’mercato comune’’.
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Le regole sull’unione doganale vanno integrate dall’art. 110 che pone obblighi complementari alle norme
sull’unione doganale perché diretti a vietare imposizioni fiscali interne applicate ai prodotti provenienti
dagli altri s.m. .
La Corte di giustizia ha affermato che talune di queste disposizioni producono effetti diretti negli
ordinamenti nazionali; nella sentenza VAN GEND EN LOOS la Corte ha attribuito effetti giuridici all’art.12
CEE, ora art. 30 TFUE che vietava agli s.m. sia di introdurre dazi doganali o tasse equivalenti, sia di
aumentare quelli in vigore; nella sentenza LUTTICKE la Corte ha riconosciuto che il divieto sancito dall’art.
95 CEE (ora 110 TFUE) di imporre tributi interni contrari alla libera circolazione delle merci, produce effetti
diretti in quanto ‘’costiTUEnte un obbligo preciso e incondizionato’’. Con altre sentenze la Corte ha
affermato l’efficacia diretta dell’art.30 CEE (ora art. 34 TFUE) che vieta qualsiasi discriminazione fra cittadini
degli s.m. praticata a mezzo di monopoli nazionali aventi carattere commerciale. Le disposizioni che
producono effetti diretti prevalgono su norme nazionali confliggenti; implica la disapplicazione delle norme
interne contrastanti con le disposizioni della UE.
La giurisprudenza della Corte di giustizia ha contribuito alla ricostruzione delle fonti in materia e ha
enunciato fondamentali principi del diritto UE, come il principio del mutuo riconoscimento; per istaurare la
tariffa doganale comune sono Stati approvati regolamenti da parte del Consiglio e della Commissione e
sono state adottate direttive che hanno soppresso ostacoli fiscali, tecnici e fisici della libera circolazione
delle merci tra Stati.
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• assicurare lo sviluppo della produzione e dei consumi.
L’art. 30 TFUE pone il divieto di dazi doganali all’importazione e all’esportazione e il divieto di tasse
equivalenti; il divieto si riferisce ai dazi doganali riscossi da uno s.m. in ragione del passaggio di una merce
attraverso una frontiera fra Stati della UE; sono vietati anche dazi doganali di carattere fiscale; il divieto è
generale e assoluto e non riguarda solo i dazi imposti sul commercio tra s.m. ma anche quelli
eventualmente vigenti all’interno degli Stati. Passando alle tasse di effetto equivalente, la Corte ha dato
una nozione:
TASSE DI EFFETTO EQUIVALENTE: qualsiasi onere pecuniario imposto unilateralmente a prescindere dalla
sua denominazione e dalla sua struttura, che colpisca le merci in ragione del fatto che esse varcano la
frontiera.
Alcune tipologie di oneri pecuniari percepiti rispetto a merci importate/esportate esulano dall’ambito di
applicazione di questo divieto:
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LA TARIFFA DOGANALE COMUNE E IL REGIME DELLE FRANCHIGIE
Le norme del TFUE sull’unione doganale impongono anche l’adozione di una tariffa doganale comune
applicabile allo scambio di merci con Stati terzi; i dazi della tariffa doganale comune sono stabiliti dal
Consiglio su proposta della Commissione. Questa tariffa doganale comune potrebbe promuovere gli scambi
con Stati terzi e favorire l’approvvigionamento dell’Unione in materie prime e prodotti semilavorati. Il
Consiglio, mediante regolamento, ha adottato norme relative alla tariffa doganale comune e alla
nomenclatura (NC) della merci. Quest’ultima è basata sulla Convenzione internazionale sul sistema
armonizzato di designazione e di codificazione delle merci elaborata dal Consiglio di cooperazione
doganale. La nomenclatura combinata istituisce suddivisioni per voci per le esigenze specifiche dell’Unione;
il regolamento determina le aliquote dei dazi doganali; nomenclatura e aliquote dei dazi possono essere
adeguate con atti del Consiglio o della Commissione per stare al passo con i mutamenti della politica
commerciale dell’Unione; ogni anno la Commissione adotta un regolamento che contiene la versione
completa della nomenclatura combinata e delle quote dei dazi autonomi e convenzionali. Allo scopo di
integrare e codificare tutti i provvedimenti adottati in materia doganale, il regolamento sulla tariffa
doganale prevede che ogni anno la Commissione instauri una tariffa integrata delle Comunità europee
(TARIC) che diventa Tariffa integrata dell’Unione europea. Non produce effetti propri ma rinvia a quelli
prodotti dai singoli atti normativi da essa incorporati. La Taric rappresenta la tariffa doganale comune,
perche incorpora i provvedimenti relativi alle esportazioni.
Allo scopo di riunire in un unico testo le disposizioni disperse, è Stato approvato un codice doganale
comunitario, divenuto codice doganale dell’Unione europea; esso definisce il territorio dogale dell’Unione;
nel secondo titolo stabilisce gli elementi che compongono la tariffa doganale comune, detta i criteri per
definire l’origine delle merci, i criteri per determinare il valore in dogana. Il codice distingue le merci
provenienti da Stati ai quali si applica un regime tariffario preferenziale da quelle che provengono da Stati
che non godono di tale regime. Qualora la merce sia stata prodotta con il contributo di uno o più Stati, essa
è considerata originaria del paese in cui sia avvenuta l’ultima trasformazione sostanziale.
L’accertamento del valore delle merci in dogana costituisce il presupposto dell’applicazione della tariffa
doganale; si deve tener conto del valore di transazione, cioè del prezzo effettivamente pagato o da pagare
per le merci. I restanti titoli del codice doganale stabiliscono regole per definire il momento e il luogo in cui
sorge l’obbligazione doganale, i termini e le modalità di pagamento dei dazi e le zone franche. Nelle
disposizioni finali sono contenute le norme che istituiscono e disciplinano il Comitato del codice doganale a
cui è affidata funzione consultiva e di esame nell’ambito di una procedura speciale.
Un regime speciale di franchigie doganali è Stato istituito dal regolamento del Consiglio; in certe circostanze
vengono esonerate le merci dai dazi cui sarebbero soggette, quando non vi sia interesse della UE ad
applicare misure protettive oppure quando sussista un obbligo stabilito da convenzioni internazionali di cui
siano parti contraenti gli s.m. o alcuni di essi. In questi casi, l’UE si considera vincolata sul piano
internazionale in sostituzione degli s.m. sulla base della propria competenza esclusiva in materia. Le
esenzioni dai dazi doganali stabilite dal regime delle franchigie sono applicabili a specifiche categorie di
beni (beni personali, appartenenti a persone fisiche che trasferiscano la loro residenza normale da un paese
terzo a uno s.m., beni importati in occasione di un matrimonio, beni ricevuti in caso di successione, merci
contenute nel bagaglio di un viaggiatore). Per quanto riguarda oggetti di carattere educativo, scientifico,
culturale è previsto un duplice regime di franchigia: alcuni beni sono ammessi in franchigia dai dazi
all’importazione indipendentemente dalla loro destinazione, altri solo se destinati a istituti o organismi
pubblici o di pubblica utilità.
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LIBERA CIRCOLAZIONE DELLE MERCI E DIVIETO DI RESTRIZIONI QUANTITATIVE TRA STATI
MEMBRI
• Il divieto di praticare restrizioni quantitative: vieta ogni misura che disponga in modo espresso una
preclusione totale o parziale agli scambi di merci tra s.m. ;
• Il divieto di applicare misure di effetto equivalente alle restrizioni quantitative nei confronti di
esportazioni/importazioni.
la finalità dei due obblighi è vietare ogni misura che abbia come oggetto o per effetto di restringere gli
scambi commerciali tra s.m. e di creare una disparità di trattamento tra commercio interno di uno s.m. e
commercio interno all’Unione.
MISURA DI EFFETTO EQUIVALENTE AD UNA RESTRIZIONE QUANTITATIVA: qualsiasi misura che ostacoli
direttamente o indirettamente gli scambi di merci tra s.m.; in questo ambito è ricompreso ogni
comportamento imputabile allo Stato e ogni misura, come una reiterata prassi amministrativa.
Un comportamento di privati che limiti la libera circolazione delle merci è soggetto alle norme UE in tema di
concorrenza.
Per definire le specifiche tipologie di misure, la Corte di giustizia ha considerato separatamente le misure
che si applicano in modo distinto ai prodotti importati o esportati, e le misure che si applicano in modo
indistinto ai prodotti nazionali e a quelli importati o esportati. Le misure distintamente applicabili sono
incompatibili con il divieto di applicare misure di effetto equivalente perche assumono carattere
discriminatorio e rendono impossibili gli scambi di merci. Tra le misure distintamente applicate vanno
inclusi provvedimenti che impongono una autorizzazione o una licenza per le importazioni o per le
esportazioni o che richiedano certificati attestanti la qualità dei prodotti importati, provvedimenti che
impongono controlli sanitari a carattere sistematico sui prodotti importati o esportati. Le misure
indistintamente applicabili alle merci esportate o importate e alle merci nazionali non dovrebbero produrre
effetti equivalenti; ma la Commissione e la Corte di giustizia hanno attribuito anche ad esse effetti restrittivi
qualora presentino alcuni caratteri. La Corte sembra includere nell’ambito delle misure vietate solo quelle
che abbiano la caratteristica di essere indistintamente applicabili ai prodotti nazionali e ai prodotti
importati. Sarebbero escluse le misure applicabili indistintamente ai prodotti nazionali e a quelli esportati
perché ininfluenti sulla libera circolazione delle merci.
La giurisprudenza della Corte ha indicato altre caratteristiche perché alcune misure indistintamente
applicabili possano essere considerate vietate; la Corte ha considerato vietate le disposizioni che
stabiliscano prezzi minimi ad un livello cosi elevato da neutralizzare il vantaggio concorrenziale posseduto
dalla merce importata in ragione dei suoi prezzi inferiori. La Corte di giustizia ha ritenuto che l’applicazione
ai prodotti importati da un altro Stato membro di regole nazionali che limitino/vietino alcune modalità di
vendita non costituisca misura di effetto equivalente a una restrizione quantitativa, purché valgano in egual
misura per tutti gli operatori interessati.
GLI OSTACOLI ALLA LIBERA CIRCOLAZIONE DELLE MERCI DERIVANTI DALLE NORME
TECNICHE NAZIONALI E IL PRINCIPIO DEL MUTUO RICONOSCIMENTO
Nell’ambito delle misure di effetto equivalente indistintamente applicabili ai prodotti nazionali e a quelli
importati, rilevano le norme tecniche sulle caratteristiche dei prodotti. Le regole nazionali che stabiliscono
la composizione di un prodotto/metodi di fabbricazione/metodi di confezione, se applicate indistintamente
alle merci nazionali e a quelle importate, possono produrre effetti restrittivi nei confronti di queste ultime e
possono costituire misure di effetto equivalente. La Commissione del libro bianco sul completamento del
mercato interno adotto due strumenti per sopprimere le barriere tecniche e fiscali: il principio del mutuo
riconoscimento delle norme tecniche nazionali e l’armonizzazione di tali norme.
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PRINCIPIO DEL MUTUO RICONOSCIMENTO: ciascun s.m. ha l’obbligo di ammettere nel proprio territorio le
merci provenienti da un altro s.m. qualora esse siano legalmente prodotte e messe in commercio in
quest’altro Stato, in osservanza delle norme tecniche vigenti. L’applicazione a queste merci della disciplina
tecnica dello Stato importatore costituirebbe misura di effetto equivalente. Questa applicazione può essere
considerata compatibile con il divieto qualora concorrano dei presupposti: l’applicazione delle norme
tecniche nazionali sia necessaria per soddisfare esigenze imperative che perseguano interesse generale; la
normativa tecnica deve essere indistintamente applicabile; che sia proporzionata all’obiettivo; nella
materia regolata da quella normativa non sia stata adottata una disciplina di armonizzazione.
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I criteri interpretativi della Corte potrebbero essere integrati; si potrebbe prospettare l’esigenza che le
misure nazionali rispettino i principi della certezza del diritto e del legittimo affidamento. Occorrerebbe
valorizzare implicazioni degli interessi indicati dall’art. 36. Si può ritenere infatti che lo s.m. debba
perseguire interessi anche della UE, oltre che propri; con riferimento alla moralità pubblica, la Corte di
giustizia ha precisato che uno Stato può stabilire il divieto di importare certe merci, ma a patto che non
esista un commercio lecito delle stesse merci in detto Stato.
Per quanto riguarda la tutela della proprietà industriale e commerciale: i diritti di brevetto, di marchio, i
diritti di autore, di brevetto per modelli industriali e per disegni ornamentali possono implicar una
restrizione alla libera circolazione delle merci; infatti la disciplina conferisce ai rispettivi titolari diritti
esclusivi nell’ambito territoriale pertinente. Il titolare di un marchio potrebbe pretendere di escludere
l’importazione in tale Stato di prodotti provenienti da fuori, aventi marchio confondibile. Si tratta di una
restrizione al commercio fra s.m., ammessa in base all’art. 36.
Per conciliare la regola della libera circolazione delle merci con le eccezioni ammissibili a tutela della
proprietà su beni immateriali, la Corte di giustizia ha elaborato alcuni principi fondamentali: una deroga al
divieto di restrizioni quantitative può essere giustificata dalla tutela della proprietà su questi beni, solo se
sussistono dei requisiti:
• La deroga deve avere lo scopo di proteggere l’oggetto specifico del diritto di proprietà;
• Deve essere indispensabile a tale scopo.
Nel DIRITTO DI BREVETTO, l’oggetto specifico è quello di garantire al titolare il diritto esclusivo di far uso di
un’invenzione ai fini della produzione e della prima immissione in commercio di prodotti; la deroga sarebbe
indispensabile per impedire le importazioni di merci contraffatte.
Nel DIRITTO DI MARCHIO, il titolare ha il diritto esclusivo di utilizzare il marchio per la prima immissione in
commercio e tutelarlo dai concorrenti che volessero sfruttare la posizione dell’impresa e la reputazione del
marchio mediante abuso di questo. Una deroga indispensabile sarebbe una normativa nazionale che
accordasse al suo titolare la facoltà di opporsi alle importazioni di prodotti simili contrassegnati da una
dicitura confondibile con il proprio marchio.
Il diritto esclusivo del titolare della proprietà su beni immateriali è soggetto al principio dell’esaurimento
all’interno dell’Unione: il diritto di esclusiva garantito dalle norme nazionali, in materia di proprietà
industriale e commerciale, esaurisce i suoi effetti nell’insieme dell’UE e non può essere invocato per
opporsi alle importazioni di un prodotto da un altro s.m., qualora questo sia Stato legittimamente realizzato
e posto in commercio nell’altro s.m. dal titolare medesimo o con il suo consenso. Le leggi nazionali in
materia di proprietà industriale e commerciale prevedono che il diritto del titolare non si esaurisca con la
commercializzazione del relativo prodotto in un altro s.m.; esse conferiscono al titolare la facoltà di opporsi
all’importazione di quel prodotto posto in vendita in un altro s.m. e consentono di costituire un ostacolo
alla libera circolazione delle merci; ma questo ostacolo non è ammesso, secondo la Corte, nel caso in cui il
prodotto sia Stato messo in commercio nello s.m. di esportazione dallo stesso titolare del diritto o con il
suo consenso. Nel caso manchi il consenso del titolare, il principio dell’esaurimento all’interno dell’Unione
non si applica: in questo caso, il titolare sarebbe legittimato a opporsi all’importazione nello Stato in cui il
diritto gli appartiene. Questa situazione si può avere quando sia intervenuto un frazionamento di un diritto
originariamente appartenente a un unico titolare (es. licenza obbligatoria di brevetto). In questi casi si
comprometterebbe la tutela dell’oggetto specifico e la funzione del diritto di proprietà industriale.
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CAPITOLO II - LA LIBERTA’ DI CIRCOLAZIONE DELLE PERSONE E LA POLITICA DELL’IMMIGRAZIONE
(ADELINA ADINOLFI)
Qualora un soggetto possieda, oltre alla cittadinanza di uno s.m., anche quella di uno Stato terzo,
egli potrà beneficiare dell’applicazione delle norme della UE sulla libertà di circolazione delle
persone: uno s.m. non può negare l’applicazione delle norme del Trattato a chi possieda una
doppia cittadinanza;
Non può essere impedita l’applicazione delle norme UE, concernenti il trattamento dei cittadini
degli s.m. che esercitano il diritto alla libera circolazione, a un individuo che possieda la cittadinanza
di due o più s.m.;
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Nel caso in cui uno s.m. voglia revocare la propria cittadinanza a un individuo che l’abbia ottenuta
in modo fraudolento, la Corte di giustizia ha chiarito che il giudice nazionale deve rispettare il
principio di proporzionalità e il principio di ragionevolezza. (deve tener conto delle conseguenze
che determinerà la revoca alla situazione dell’interessato).
Il divieto di discriminazione (art. 18 TFUE) vieta le discriminazioni in base alla nazionalità nel campo di
applicazione dei Trattati; il divieto si applica a discriminazioni dirette indirette. Un esempio di
discriminazione indiretta è stata riscontrata dalla Corte in relazione a una normativa britannica che
subordinava alla condizione di previa residenza nel Regno Unito, la possibilità per gli studenti di altri s.m.,
iscritti alle università di tali Stati, di ottenere un prestito agevolato per gli studi. Questa condizione sfavoriva
i cittadini di altri s.m.; un altro esempio di discriminazione indiretta si ha nella legge austriaca che riservava
delle tariffe ridotte per i trasporti solo agli studenti i cui genitori percepivano assegni familiari austriaci. Le
normative nazionali che determinano discriminazioni indirette possono essere ammesse qualora siano
giustificate da esigenze imperative.
Il divieto di discriminazione si applica solo a coloro che esercitino la libertà di circolazione. Anche un’attività
di breve durata è sufficiente per acquisire lo status di cittadino UE che ha esercitato la libertà di circolazione
e per poter beneficiare delle norme UE anche dopo il rientro nello Stato di appartenenza.
Il requisito relativo all’esercizio della libertà di circolazione è divenuto sempre più attenuato: una
giurisprudenza recente ha allargato il presupposto applicativo delle disposizioni del Trattato, affermando
che è sufficiente il trasferimento della residenza in un diverso s.m., anche quando l’attività lavorativa
continui ad essere svolta nello Stato di cittadinanza. Il carattere transnazionale può essere costituito dal
trasferimento della residenza. Ultimamente, la Corte ha ritenuto che, in alcuni casi, si debba prescindere
dal requisito della previa circolazione: i diritti spettanti ai cittadini UE devono essere riconosciuti anche a
coloro che non hanno esercitato la libertà di circolazione, quando ciò sia necessario per evitare che essi
siano privati del godimento effettivo del nucleo essenziale dei diritti conferiti dallo status di cittadino
dell’Unione. Se la normativa UE richieda un trattamento più vantaggioso rispetto a quello stabilito dalla
normativa nazionale può sorgere una discriminazione a rovescio a sfavore di coloro che non abbiano
esercitato il diritto alla libera circolazione.
SOGGIORNO PER UN PERIODO NON SUPERIORE A 3 MESI: è riconosciuto senza alcuna condizione
o formalità, salvo il possesso di un documento di identità (art.6); i cittadini UE beneficiano del
diritto di soggiorno ex art.6 solo finche non diventano un onere eccessivo per il sistema di
assistenza sociale dello s.m. ospitante. Il ricorso al sistema di assistenza sociale non da luogo
automaticamente a un provvedimento di allontanamento.
SOGGIORNO PER UN PERIODO SUPERIORE A 3 MESI: il diritto di soggiorno è riconosciuto al
cittadino di uno s.m. che sia lavoratore subordinato o autonomo nello s.m. ospitante oppure che
segua un corso di studi o di formazione professionale e disponga di un’assicurazione malattia e
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dichiari di avere risorse economiche sufficienti, oppure che sia familiare di un cittadino UE
ammesso al ricongiungimento. Se non ricorre nessuna di queste condizioni, il cittadino beneficia del
diritto al soggiorno solo se disponga di un’assicurazione malattia e di risorse economiche sufficienti.
Le condizioni per l’ingresso e il soggiorno devono essere interpretate in maniera restrittiva in modo da
ostacolare il meno possibile la libertà fondamentale di circolazione.
INGRESSO: gli s.m. devono ammettere nel loro territorio il cittadino UE munito di carta di identità o
di un passaporto in corso di validità; tuttavia nella maggioranza degli s.m. la presentazione del
documento all’ingresso non è più imposta, in seguito all’eliminazione dei controlli alle frontiere
interne; per questo la direttiva non richiede la presentazione del documento alla frontiera.
All’obbligo di ammissione è connesso l’obbligo posto agli s.m. di riconoscere ai propri cittadini il
diritto di uscita dal loro territorio.
SOGGIORNO: la direttiva consente agli s.m. di richiedere al cittadino UE che soggiorni per più di tre
mesi, l’iscrizione presso le autorità competenti; l’atteStato di iscrizione deve essere rilasciato
immediatamente a condizione che il cittadino presenti documento di identità e soggiorna per
motivi di lavoro. È previsto un diritto di soggiorno permanente a coloro che abbiano risieduto
legalmente e in via continuativa nello Stato ospitante per almeno 5 anni e possono soggiornare
senza dover dimostrare il possesso dei requisiti previsti ai fini dell’ottenimento dell’atteStato di
iscrizione.
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territorio dove svolge i suoi studi anche quando non soddisfi i criteri per il soggiorno (reddito sufficiente e
assicurazione sanitaria).
Il familiare ha diritto, per un periodo non superiore a 3 mesi, di accompagnare o raggiungere il cittadino UE
nello Stato in cui questo sia trasferito. Per i soggiorni inferiori a 3 mesi sono escluse formalità; per i
soggiorni di durata superiore a tre mesi si prevede che i familiari cittadini di uno s.m. vengano iscritti
presso le autorità nazionali competenti e ottengano il certificato di iscrizione. La direttiva prevede che ai
familiari cittadini di uno s.m. sia riconosciuto il diritto di soggiorno permanente qualora tale status sia
ottenuto dal cittadino con il quale si sono ricongiunti oppure quando abbiano soggiornato nello s.m.
ospitante per un periodo di almeno 5 anni.
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FAMILIARE CITTADINO UE FAMILIARE CITTADINO DI STATO
TERZO
SOGGIORNO INFERIORE A 3 MESI Sono escluse formalità Sono escluse formalità
SOGGIORNO SUPERIORE A 3 devono iscriversi presso le può essere richiesto il rilascio di
MESI autorità nazionali competenti e un documento detto ‘’carta di
ottenere il certificato di iscrizione soggiorno di familiare di un
cittadino dell’Unione’’, valida 5
anni oppure per la durata del
periodo di soggiorno del cittadino
UE se inferiore a 5 anni.
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ricorso o chiedere la revisione di ogni provvedimento adottato nei suoi confronti per motivi di ordine
pubblico, pubblica sicurezza o sanità pubblica. I mezzi di impugnazione comprendono esame della
legittimità del provvedimento e esame dei fatti e delle circostanze che ne giustificano l’adozione. La
direttiva non richiede che il ricorso produca effetti sospensivi. Se l’impugnazione è accompagnata da una
richiesta di sospensione dell’esecuzione del provvedimento, l’allontanamento non può aver luogo finche
non sia stata adottata una decisione sull’ordinanza provvisoria; la direttiva non impone agli s.m. di
consentire all’interessato di soggiornare durante le more del giudizio ma non possono vietare che presenti
di persona la sua difesa.
Art. 32 direttiva: 1.La persona nei cui confronti sia Stato adottato un provvedimento di divieto d'ingresso
nel territorio per motivi d'ordine pubblico o pubblica sicurezza può presentare una domanda di revoca del
divieto d'ingresso nel territorio nazionale dopo il decorso di un congruo periodo, determinato in funzione
delle circostanze e in ogni modo dopo tre anni a decorrere dall'esecuzione del provvedimento definitivo di
divieto validamente adottato ai sensi del diritto comunitario, nella quale essa deve addurre argomenti
intesi a dimostrare l'avvenuto oggettivo mutamento delle circostanze che hanno motivato la decisione di
vietarne l'ingresso nel territorio. Lo Stato membro interessato si pronuncia in merito a tale nuova domanda
entro sei mesi dalla data di presentazione della stessa. 2. La persona di cui al paragrafo 1 non ha diritto
d'ingresso nel territorio dello Stato membro interessato durante l'esame della sua domanda.
L’autorità competente dovrebbe valutare se sussistano ancora le condizioni di pericolosità che avevano
giustificato l’adozione di provvedimenti fondati sulla tutela dell’ordine pubblico o della pubblica sicurezza.
La distinzione tra lavoratore autonomo e subordinato non è facile e infatti la Corte ha accertato di volta in
volta, a quale ramo appartenga una data attività lavorativa.
La Corte ha affermato che lo spostamento temporaneo in uno s.m. dei lavoratori dipendenti di un’impresa
con sede in un altro, rientra nel campo dell’applicazione delle norme sulla libera prestazione dei servizi; una
direttiva del 1996 ha deciso che le norme sulla libera circolazione dei lavoratori subordinati si applicano
anche a coloro che svolgono temporaneamente la propria attività in un altro s.m. diverso da quello nel
quale essa ha sede; la direttiva riguarda anche il caso del lavoro interinale. La Corte di giustizia ha precisato,
inoltre, che l’esercizio di un’attività sportiva, l’esercizio di un’attività nel settore dei trasporti marittimi,
rientrano nel campo di applicazione delle disposizioni sulla circolazione dei lavoratori subordinati. Il
cittadino UE che abbia cessato di esercitare un’attività lavorativa non perde la qualifica di lavoratore in caso
di malattia o infortunio, disoccupazione involontaria.
L’ACCESSO AL LAVORO
Secondo l’art. 45 TFUE, la libera circolazione comporta l’abolizione di qualsiasi discriminazione, fondata
sulla nazionalità, il diritto a rispondere ad offerte di lavoro effettive in altri s.m.; riguardo l’accesso al lavoro
deve essere garantita una situazione di parità ai lavoratori di un altro s.m. rispetto a quelli nazionali. Il
principio di non discriminazione comporta l’inapplicabilità delle disposizioni di uno s.m. che limitino
l’accesso al lavoro a condizioni non previste per i nazionali; questo divieto si applica anche alle
discriminazioni indirette., dissimulate.
Per favorire la circolazione dei lavoratori, il TFUE prevede il MECCANISMO DI COMPENSAZIONE atto a far
incontrare domanda e offerta di lavoro e facilitarne l’equilibrio. Il meccanismo opera sulla trasmissione di
informazioni relative alla domanda e offerta di impieghi e sul ruolo dell’Ufficio europeo di coordinamento,
incaricato di favorire il contatto tra le domande e le offerte di impiego. La libera circolazione comporta
anche il ‘’diritto a rimanere’’ sul territorio dello s.m. dopo aver occupato un impiego.
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Rispetto ai vantaggi sociali e fiscali, il lavorator migrante gode degli stessi di cui godono i lavoratori
nazionali; anche i lavoratori che esercitano il diritto a rimanere nello Stato in cui hanno preStato un’attività
lavorativa beneficiano della parità di trattamento rispetto ai lavoratori occupati.
VANTAGGI SOCIALI: rientrano in questa definizione tutte le misure di cui i cittadini dello Stato ospitante
risultino i destinatari in virtù della loro condizione generale di lavoratori o della semplice residenza sul
territorio nazionale. Si considera vantaggio sociale l’agevolazione concessa per la nascita di un figlio, il
sussidio di disoccupazione, ecc.
Indennità di disoccupazione: lo s.m. può subordinare questo beneficio a un periodo di residenza che non
deve andare oltre quanto necessario affinché le autorità nazionali possano assicurarsi che l’interessato
cerchi realmente un impiego sul mercato del lavoro nello s.m. ospitante.
Discriminazioni :
• Il principio di parità tra lavoratori migranti e nazionali vieta qualsiasi discriminazione dissimulata;
• la Corte ha ritenuto incompatibili con l’art. 39 del Trattato le normative nazionali che abbiano
l’effetto di dissuadere un cittadino dal recarsi a prestare la propria attività lavorativa in un altro
s.m.;
• la Corte ha deciso che uno s.m. non può subordinare la concessione di un vantaggio sociale alla
condizione che i beneficiari del vantaggio abbiano la loro residenza sul territorio nazionale di tale
Stato.
La Corte, nell’accertare se una normativa dia luogo ad una discriminazione indiretta, valuta se la normativa
che comporta discriminazione possa esser giustificata in ragione di esigenze imperative dello Stato; tra le
esigenze ritenute ammissibili vi sono anche ‘’coerenza del regime fiscale’’ e una politica nazionale volta a
favorire il conseguimento di un titolo di studio da parte dei residenti. Non basta che la Corte ritenga
ammissibile una discriminazione ma deve sottoporla a controllo di proporzionalità al fine di verificare se
l’esigenza dello Stato possa essere tutelata attraverso strumenti che non implichino una discriminazione.
Discriminazioni indirette: la Corte ha considerato la questione del trattamento fiscale dei lavoratori
frontalieri. La Corte ha affermato che le disposizioni sulla libera circolazione dei lavoratori non ostano a
normative nazionali che assoggettino il non residente, che svolga un’attività normativa subordinata sul loro
territorio, ad imposte sul reddito più gravose di quelle previste per il residente che occupi un posto di
lavoro dello stesso tipo. Tuttavia il diritto UE richiede che le agevolazioni fiscali siano accordate anche al
lavoratore non residente. Il principio di parità tra lavoratore non residente e lavoratore nazionale può
operare solo quando il reddito familiare sia in larga parte prodotto nello Stato di occupazione.
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LA SICUREZZA SOCIALE
La normativa UE in tema di sicurezza sociale ha natura funzionale rispetto alla libertà di circolazione dei
lavoratori; questa non potrebbe essere pienamente realizzata se i lavoratori venissero privati dei vantaggi
previdenziali garantiti loro dalla legge di uno s.m.. L’applicazione del principio di parità di trattamento che
opera anche rispetto alla sicurezza sociale non è sufficiente, ma è necessaria una normativa che elimini gli
ostacoli derivanti dalla presenza di regimi distinti di sicurezza sociale nei vari s.m. . Occorre che il lavoratore
possa ottenere il riconoscimento dei diritti a prestazioni previdenziali che abbia maturato esercitando la
sua attività in Stati membri diversi. L’art. 48 TFUE prevede che vengano adottate in materia di sicurezza
sociale le misure necessarie per l’instaurazione della libera circolazione dei lavoratori.
All’attuazione dei principi stabiliti in materia di sicurezza sociale provvede il regolamento 883/2004 relativo
al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale; il regolamento si applica a tutti i cittadini di uno s.m. che
sono o sono Stati soggetti alla legislazione di sicurezza sociale di uno degli s.m.; esso enuncia il principio di
parità di trattamento e stabilisce i criteri per la determinazione della legge applicabile. Sono determinate le
modalità per il cumulo dei periodi assicurativi e per l’erogazione delle prestazioni per ottenere il
coordinamento dei regimi nazionali. Il diritto alle prestazioni non può essere pregiudicato dalla circostanza
che il lavoratore si trasferisca in uno Stato diverso da quello nel quale prestava la sua attività.
Al fine di facilitare l’applicazione delle disposizioni sulla totalizzazione dei periodi contributivi, è stata
prevista dal regolamento l’istituzione di una Commissione con funzioni anche normative composta di
rappresentanti degli s.m., avente il compito di trattare le diverse questioni amministrative o di
interpretazione derivanti dal regolamento stesso, promuovendo la collaborazione tra gli s.m. in materia. La
Corte ha affermato che il sussidio di disoccupazione deve essere versato anche quando il disoccupato sia
iscritto nelle liste di collocamento di un diverso s.m.; inoltre la Corte ha ritenuto che un lavoratore migrante
che benefici di due trattamenti erogati da due s.m. diversi non può ricevere un trattamento meno
favorevole rispetto a un lavoratore che, non essendosi avvalso del diritto alla libera circolazione, goda di
entrambe le prestazioni in base alla normativa di uno stesso s.m. .
La Corte ha precisato che i lavoratori dipendenti di un’impresa di collocamento di lavoro temporaneo
restano iscritti al regime previdenziale dello Stato nel quale l’impresa stessa esercita normalmente la
propria attività anche quando vengano distaccati in un altro s.m.
La Corte ha affermato che il computo (ai fini del pagamento della pensione) di periodi contributivi maturati
all’estero non può essere condizionato al requisito che il beneficiario fosse residente in uno s.m..
LA POLITICA DELL’IMMIGRAZIONE
AREA SCHENGEN: In seguito alla firma della Convenzione da parte di Francia, Benelux e Germania, l’area si
amplia arrivando a comprendere Italia (1990), Spagna e Portogallo (1991), Grecia (1992), Austria (1995),
quindi Danimarca, Finlandia e Svezia (1996). In quanto membri associati, due Stati fuori dell’UE, Norvegia e
Islanda, aderiscono successivamente alla Convenzione. Inclusi nel Trattato di Amsterdam (1 maggio 1999),
essi costituiscono parte integrante del diritto comunitario (tranne che per la presa di decisioni).
Il 21 dicembre 2007, nove nuovi Stati membri dell’UE entrano nell’area Schengen: Estonia, Lettonia,
Lituania, Ungheria, Polonia, Repubblica CECA, Slovenia, Slovacchia e Malta. Stato non membro, la Svizzera
entra a sua volta nell’area Schengen (il 12 dicembre 2008) seguita dal Liechtenstein (il 7 marzo 2011), 26°
Paese e quarto Stato non membro che vi fanno parte.
Per il momento, Cipro non vi aderisce, così come la Romania e la Bulgaria, entrate nell’UE nel 2007. Questi
tre Stati sono però esentati dai visti, in quanto appartenenti all’Unione Europea.
Solo con il Trattato di Amsterdam del 1997 sono state attribuite alla Comunità ampie competenze in
materia di immigrazione.
Questo Trattato ha ricondotto nell’ambito della UE le regole che alcuni s.m. avevano concordato attraverso
la convenzione di Schengen: le disposizioni della convenzione e gli atti adottati sulla sua base (acquis di
schengen) sono Stati trasformati in atti UE, con proprio fondamento all’interno del Trattato.
ACQUIS DI SCHENGEN: (Decisione 20 maggio 1999, n. 435/1999/CE) Insieme delle disposizioni che regolano
i rapporti tra gli Stati che hanno siglato la Convenzione di Schengen. L’acquis di Schengen comprende:
— l’accordo firmato a Schengen il 14 giugno 1985 tra gli Stati del Benelux, Francia e Repubblica federale di
Germania;
— la convenzione di applicazione dell’accordo, firmata a Schengen il 19 giugno 1990 tra Belgio, Repubblica
federale di Germania, Francia, Lussemburgo e Paesi Bassi, nonché l’atto finale e le dichiarazioni;
— i protocolli e gli accordi di adesione all’accordo del 1985 e alla convenzione di applicazione del 1990 con
Italia, Spagna, Portogallo, Grecia, Austria, Danimarca, Finlandia e Svezia;
— le decisioni e le dichiarazioni del Comitato esecutivo istituito dalla Convenzione di Schengen;
— le decisioni per l’attuazione della convenzione adottate dagli organi cui il Comitato esecutivo ha
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conferito poteri decisionali.
Le misure necessarie per eliminare i controlli alle frontiere interne dovevano essere adottate entro 5 anni
dall’entrata in vigore di Amsterdam, cioè entro il 30 aprile 2004. Il Consiglio europeo straordinario di
Tampere (15-16 ottobre 1999) aveva indicato le linee di sviluppo di tale attività normativa. Secondo i
CAPISALDI DI TAMPERE occorreva:
l’equo trattamento dei cittadini dei paesi terzi che soggiornano legalmente in uno s.m. assicurando
loro diritti e obblighi analoghi a quelli dei cittadini UE;
combattere l’immigrazione clandestina, anche attraverso la cooperazione con Stati terzi di
provenienza degli immigrati.
Il Consiglio europeo nel novembre 2004 ha adottato il PROGRAMMA DELL’AIA tendente ad assicurare
pienamente lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia.
Tale politica è in corso di realizzazione e ha portato all’adozione di vari atti normativi. La Commissione ha
presentato una nuova comunicazione che dovrebbe costituire la base sulla quale saranno delineati gli
sviluppi normativi successivi al 2014.
Lo spazio e la cooperazione Schengen si basano sul Trattato di Schengen del 1985. Lo spazio Schengen rappresenta
un territorio dove la libera circolazione delle persone è garantita. Gli Stati firmatari del Trattato hanno abolito tutte le
frontiere interne sostiTUEndole con un'unica frontiera esterna. Entro tale spazio si applicano regole e procedure
comuni in materia di visti, soggiorni brevi, richieste d'asilo e controlli alle frontiere. Contestualmente, per garantire la
sicurezza all'interno dello spazio di Schengen, è stata potenziata la cooperazione e il coordinamento tra i servizi di
polizia e le autorità giudiziarie. La cooperazione Schengen è stata inserita nel quadro legislativo dell'Unione europea
(UE) attraverso il Trattato di Amsterdam del 1997. Tuttavia, non tutti i partecipanti alla cooperazione Schengen sono
membri dello spazio Schengen, perché non desiderano abolire i controlli alle frontiere oppure perché non soddisfano
i requisiti richiesti per l'applicazione dell'acquis di Schengen.
Nel corso degli anni '80 si è aperto un dibattito sul significato di libera circolazione delle persone. Per alcuni Stati
membri, il concetto di libera circolazione doveva applicarsi esclusivamente ai cittadini europei, il che imponeva di
mantenere i controlli alle frontiere per distinguere i cittadini europei da quelli dei paesi terzi. Altri Stati membri
auspicavano invece una libera circolazione per tutti, con la conseguente abolizione di detti controlli alle frontiere.
21
Vista l’impossibilità di giungere a un accordo, Francia, Germania, Belgio, Lussemburgo e Paesi Bassi hanno deciso
nel 1985 di creare fra di essi un territorio senza frontiere, il cosiddetto «spazio Schengen», dal nome della città
lussemburghese nella quale sono Stati firmati i primi accordi. In virtù della firma del Trattato di Amsterdam, tale
cooperazione intergovernativa è stata integrata nell’Unione europea (UE) il 1° maggio 1999.
Lo sviluppo e l'estensione della cooperazione Schengen
Dopo il primo accordo tra i cinque paesi fondatori, firmato il 14 giugno 1985, è stata elaborata una convenzione,
firmata il 19 giugno 1990 ed entrata in vigore nel 1995, che ha permesso di abolire controlli interni tra gli Stati
firmatari e di creare una frontiera esterna unica lungo la quale i controlli all’ingresso nello spazio Schengen vengono
effettuati secondo procedure identiche. Sono state adottate norme comuni in materia di visti, diritto d’asilo e
controllo alle frontiere esterne onde consentire la libera circolazione delle persone all’interno dei paesi firmatari
senza turbare l’ordine pubblico.
Per conciliare libertà e sicurezza, la libera circolazione è stata affiancata dalle cosiddette “misure compensative” volte
a migliorare la cooperazione e il coordinamento fra i servizi di polizia e le autorità giudiziarie al fine di preservare la
sicurezza interna degli Stati membri e segnatamente per lottare in maniera efficace contro la criminalità organizzata.
È in questo contesto che è Stato sviluppato il Sistema d’informazione Schengen (SIS). Il SIS è una base di dati
sofisticata che consente alle competenti autorità degli Stati Schengen di scambiare dati relativi all’identità di
determinate categorie di persone e di beni.
Lo spazio Schengen si è esteso progressivamente a quasi tutti gli Stati membri. Gli accordi sono Stati firmati dall’Italia
il 27 novembre 1990, dalla Spagna e dal Portogallo il 25 giugno 1991, dalla Grecia il 6 novembre 1992, dall’Austria il
28 aprile 1995 e da Danimarca, Finlandia e Svezia il 19 dicembre 1996. Repubblica CECA, Estonia, Lettonia, Lituania,
Ungheria, Malta, Polonia, Slovenia e Slovacchia si sono unite il 21 dicembre 2007 mentre la Svizzera si è associata il
12 dicembre 2008. Bulgaria, Cipro e Romania non sono ancora membri a pieno titolo dello spazio Schengen; i
controlli alle frontiere tra questi e lo spazio Schengen persisteranno fino a quando il Consiglio europeo non deciderà
che le condizioni per l'abolizione dei controlli alle frontiere esterne sono state rispettate. (Per la posizione del Regno
Unito e dell’Irlanda, vedasi in appresso.)
22
la cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale, la lotta contro il narcotraffico e il SIS. La domanda del Regno
Unito è stata approvata con la decisione del Consiglio 2000/365/CE del 29 maggio del 2000.
Nel giugno del 2000 anche l’Irlanda ha chiesto di partecipare ad alcune disposizioni dell’acquis di Schengen, le stesse
disposizioni (ad eccezione di una) di quelle della domanda del Regno Unito. Il Consiglio ha approvato tale domanda
con la decisione 2002/192/CE del 28 febbraio del 2002. La Commissione ha emesso dei pareri su entrambe le
domande ed ha sottolineato che la partecipazione parziale di questi due Stati all’acquis di Schengen non deve
ostacolare la coerenza dell’insieme di disposizioni che costituiscono l’acquis stesso.
Dopo aver valutato le condizioni preliminari relative all’applicazione delle disposizioni in materia di cooperazione
giudiziaria e di polizia, il 22 dicembre 2004 il Consiglio ha adottato la decisione 2004/926/CE riguardante
l’applicazione di queste parti dell’acquis di Schengen da parte del Regno Unito.
Le relazioni con i paesi terzi: principi comuni
La progressiva estensione dello spazio Schengen all'insieme degli Stati membri dell'UE ha portato alcuni paesi terzi
che hanno relazioni specifiche con l’UE a partecipare alla cooperazione Schengen. Il prerequisito che i paesi non UE
devono possedere per associarsi all'acquis di Schengen è la sottoscrizione di un accordo sulla libera circolazione delle
persone tra tali Stati e l'UE (come pattuito dall'accordo sullo Spazio economico europeo nel caso dell'Islanda, della
Norvegia e del Liechtenstein, e dall'accordo sulla libera circolazione delle persone nel caso della Svizzera).
Questa partecipazione consente a tali paesi di:
• essere inclusi nello spazio costituito per l'assenza di controlli alle frontiere interne;
• applicare le disposizioni dell’acquis di Schengen e tutti i testi adottati riguardanti i principi ispiratori (testi
"Schengen relevant");
• essere associati al processo decisionale riguardante i testi "Schengen relevant".
In pratica, tale associazione si avvale di comitati misti che si riuniscono a margine dei gruppi di lavoro del Consiglio
dell'UE. Questi riuniscono rappresentanti dei governi degli Stati membri dell'UE, della Commissione e dei governi dei
paesi terzi. I paesi associati partecipano pertanto alle discussioni sullo sviluppo dell'acquis di Schengen, tuttavia non
partecipano alle votazioni. Sono state definite alcune procedure per la notifica e l'accettazione di misure o di atti
futuri.
Relazioni con Islanda e Norvegia
L’Islanda e la Norvegia appartengono, insieme a Svezia, Finlandia e Danimarca, all’Unione nordica dei passaporti, i cui
membri hanno abolito i controlli alle frontiere comuni. L’Islanda e la Norvegia sono associate allo sviluppo del
Trattato di Schengen dal 19 dicembre 1996. Pur non disponendo di un diritto di voto nel comitato esecutivo di
Schengen, questi paesi potevano esprimere pareri e formulare proposte. Per prorogare tale associazione, il
18 maggio 1999 è Stato sottoscritto l'accordo sull'associazione di Islanda e Norvegia all'attuazione, l'applicazione e lo
sviluppo dell'acquis di Schengen, in base alla decisione del Consiglio 1999/439/CE del 17 maggio 1999, tra Islanda,
Norvegia e Unione europea.
Nei settori dell’acquis di Schengen che si applicano all’Islanda e alla Norvegia, le relazioni fra questi due paesi, da un
lato, e l’Irlanda e il Regno Unito dall’altro, sono regolamentate da un accordo approvato dal Consiglio il
28 giugno 1999 [Gazzetta ufficiale L 15 del 20.1.2000].
La decisione del Consiglio 2000/777/CE del 1° dicembre 2000 stabilisce le modalità di applicazione dell'acquis di
Schengen nei cinque paesi dell'Unione nordica dei passaporti a decorrere dal 25 marzo 2001.
La partecipazione della Svizzera e del Liechtenstein
L'UE ha concluso un accordo con la Svizzera relativo alla sua partecipazione allo spazio di Schengen [Gazzetta ufficiale
L 53 del 27.2.2008]; in seguito a tale accordo la Svizzera si è unita il 12 dicembre 2008. raggiungendo lo stesso status
di associata di Norvegia e Islanda. Un protocollo sulla partecipazione del Liechtenstein nello spazio di Schengen è
Stato sottoscritto il 20 febbraio 2008.
Il sistema d’informazione di Schengen della seconda generazione (SIS II)
Mentre il SIS è operativo dal 1995, si sta lavorando su un nuovo sistema dotato di funzionalità progredite e basato su
tecnologie di punta. Questo nuovo sistema (SIS II) è attualmente in fase di test, in cooperazione con gli Stati membri.
In tale prospettiva, il Consiglio ha adottato il 6 dicembre 2001 due strumenti legislativi: il regolamento (CE)
n. 2424/2001 e la decisione2001/886/GAI che delegano la Commissione a sviluppare SIS II. Le spese relative a tale
sviluppo sono a carico del bilancio generale dell’UE. Tali strumenti sono Stati modificati nel 2006 estendendo il
periodo della loro validità al 31 dicembre 2008.
Da parte sua, la Commissione ha pubblicato il 18 dicembre 2001 una comunicazione COM(2001) 720] che esamina le
possibilità di realizzazione e di sviluppo del SIS II. Al termine di studi e dibattiti riguardanti l'architettura e le
funzionalità del futuro sistema, la Commissione ha presentato il 31 maggio 2005 tre proposte di strumenti legislativi
nel 2005. Due degli strumenti di questo pacchetto (Regolamento (CE) n. 1987/2006 sull’istituzione, l’esercizio e l’uso
del SIS II e il Regolamento (CE) n. 1986/2006 sull'accesso al SIS II dei servizi competenti per il rilascio delle carte di
23
circolazione) sono Stati adottati il 20 dicembre 2006.. Il terzo strumento (decisione2007/533/GAI che definisce gli
aspetti del SIS II («3° pilastro») è Stato adottato il 12 giugno 2007.
Il Consiglio Giustizia e affari interni del dicembre 2006 ha dato la sua approvazione al progetto SISone4all (un
progetto degli Stati membri coordinato dal Portogallo). Il SISone4all ha costituito una soluzione temporanea per
collegare 9 paesi membri UE-2004 alla versione esistente del SIS1+,con alcuni adattamenti tecnici., Il riuscito
completamento di SISone4all, insieme alle positive valutazioni di Schengen, hanno permesso di sopprimere i controlli
alle frontiere interne con questi nuovi paesi alla fine del 2007 per quanto riguarda le frontiere terrestri e marittime, e
nel marzo 2008 per quanto riguarda le frontiere aeree.
La soppressione dei controlli alle frontiere interne ha creato le premesse per attuare approcci alternativi e meno
rischiosi nel passaggio dal SIS1+ al SIS II. Avendo richiesto gli Stati membri di avere maggior tempo per testare il
sistema e adottare una strategia meno rischiosa per il passaggio dal vecchio al nuovo sistema, la Commissione ha
presentato delle proposte per una regolamentazione e una decisione che definisce i compiti e le responsabilità delle
varie parti coinvolte nella preparazione per la migrazione al SIS II (compresi i test e qualsiasi altro sviluppo necessario
in questa fase). Queste proposte sono state adottate dal Consiglio il 24 ottobre 2008.
FONTE: EUR LEX http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=uriserv:l33020
• Stabilire le condizioni alle quali è consentito l’ingresso di cittadini di Stati terzi alle frontiere esterne
degli s.m. per i soggiorni di lunga durata;
• Stabilire l’elenco dei paesi terzi in cui i cittadini devono essere in possesso del visto per attraversare
le frontiere esterne;
• Predisporre un modello uniforme di visto
Per quanto riguarda i requisiti per l’ottenimento del visto di ingresso sono state adottate normative che
concernono alcune categorie di stranieri: studenti, lavoratori qualificati, quelli trasferiti temporaneamente
in sedi di altri s.m. della stessa società multinazionale da cui dipendono, lavoratori stagionali, familiari degli
immigrati. Mancano normative di armonizzazione concernenti l’aspetto di maggiore rilevanza, cioè quello
relativo alle condizioni che consentono l’ottenimento di un visto di ingresso per motivi di lavoro.
Direttiva 2003/86/CE: disciplina l’ingresso dei familiari dello straniero che risieda regolarmente in uno s.m.;
riconosce il diritto dello straniero a farsi raggiungere o accompagnare dai propri familiari. Questo diritto è
attribuito al cittadino di uno Stato terzo che sia in possesso di un permesso di soggiorno di durata almeno
annuale e abbia la prospettiva di ottenere il diritto di soggiornare in modo stabile. Gli s.m. possono apporre
ulteriori condizioni: disponibilità di un alloggio, assicurazione malattie, risorse stabili, regolari e sufficienti,
precedente soggiorno nello s.m. in cui risiede. Il familiare può acquisire un titolo autonomo al soggiorno:
dopo un periodo di 5 anni il familiare ha diritto al permesso di soggiorno, indipendentemente dalla persona
col quale si è ricongiunto.
La Corte di giustizia, in una sentenza resa in via pregiudiziale su domanda di un giudice italiano, ha ritenuto
non compatibile con la direttiva una normativa nazionale, la legge italiana sul reato di clandestinità, che
prevedeva la reclusione del cittadino di paese terzo stante sul territorio nazionale in modo irregolare. La
normativa pregiudicava l’obiettivo della direttiva, cioè realizzare una politica efficace di allontanamento e
di rimpatrio dei cittadini di paesi terzi il cui soggiorno sia irregolare.
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IL DIRITTO DI ASILO E GLI ISTITUTI DELLA PROTEZIONE TEMPORANEA E DELLA
PROTEZIONE SUSSIDIARIA
Il TFUE affida alla UE la competenza a sviluppare una politica comune in materia di asilo, protezione
sussidiaria, protezione temporanea. La politica deve esser conforme alla Convenzione di Ginevra del 1951 e
al protocollo del 1967.
La carta dei diritti fondamentali prevede che il diritto di asilo è garantito conformemente alle fonti
internazionali ed enuncia il principio di non-refoulement : nessuno può essere allontanato, espulso,
estradato verso uno Stato in cui esiste un rischio serio di essere sottoposto a pena di morte, tortura, altre
pene o trattamenti inumani o degradanti.
Competenza in materia di asilo: il Consiglio deve adottare le norme per determinare lo Stato competente
ad esaminare le domande di riconoscimento dello status di rifugiato; il Consiglio ha enunciato una serie di
criteri in base ai quali viene determinato lo s.m. responsabile dell’esame della domanda:
Può essere competente lo Stato che abbia già riconosciuto lo status di rifugiato ad un familiare del
richiedente;
Oppure lo Stato che abbia rilasciato al richiedente un permesso di soggiorno o visto di ingresso;
Lo Stato nel quale sia Stato accertato che lo straniero ha fatto irregolarmente ingresso.
Tale responsabilità cessa 12 mesi dopo la data di attraversamento clandestino della frontiera. Si può
derogare ai criteri al fine di garantire il rispetto dell’interesse superiore dei minori che non hanno familiari
negli s.m.; qualora il minore abbia presentato domanda in più s.m., la responsabilità deve essere affidata
allo Stato in cui il minore si trova in modo da consentire una decisione più rapida evitando di trasferirlo in
un altro Stato. È sempre possibile individuare lo Stato responsabile dell’esame di una domanda.
L’art. 78 TFUE attribuisce all’Unione anche la competenza a stabilire norme sull’accoglienza dei richiedenti
asilo e protezione e sulle procedure per l’attribuzione e la revoca dello status di rifugiato.
Riguardo all’asilo sono state adottate 3 direttive che stabilivano, rispettivamente, norme sull’attribuzione
della qualifica di rifugiato o di persona bisognosa di protezione; sull’accoglienza dei richiedenti asilo; sulle
procedure applicate negli s.m. ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato. Queste
direttive sono in fase di progressiva sostituzione da parte di nuove normative.
Il TFUE prevede altre due forme di protezione:
La protezione temporanea deve essere garantita agli sfollati, coloro che non rientrano nella definizione di
rifugiati ma sono meritevoli di protezione in ragione di fenomeni che li costringano a lasciare lo Stato di
appartenenza.
La protezione sussidiaria è una forma di tutela complementare rispetto a quella derivante dal
riconoscimento dello status di rifugiato. Spetta a chi non possiede i requisiti per essere riconosciuto come
rifugiato ma se tornasse nel suo paese, correrebbe un rischio effettivo di subire un grave danno.
Gli oneri di accoglienza dei richiedenti asilo e protezione sono ingenti nei paesi che hanno la responsabilità
di trattare un numero elevato di domande. Il principio di solidarietà ed equa ripartizione degli oneri tra gli
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s.m. ha particolare importanza riguardo all’accoglienza dei richiedenti protezione. Per consentire interventi
più efficaci di sostegno degli s.m. che ricevono maggiori afflussi di stranieri richiedenti protezione, è Stato
istituito il Fondo asilo, migrazione e integrazione.
L’ufficio europeo di sostegno per l’asilo ha sede a Malta, ha iniziato la propria attività nel 2011 e provvede
ad agevolare lo scambio di informazioni e di esperienze fra s.m. e organizzare iniziative comuni di
formazione del personale addetto negli s.m. all’esame delle domande di protezione.
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LA CIRCOLAZIONE DEI LAVORATORI NEGLI ACCORDI DI ASSOCIAZIONE
28
CAPITOLO III - LA LIBERA PRESTAZIONE DEI SERVIZI
(ROBERTO MASTROIANNI)
INTRODUZIONE
Per attuare il programma di integrazione socio-economica dell’art. 3 TUE, l’azione UE comporta la
realizzazione di un mercato interno (spazio senza frontiere interne, nel quale è assicurata la libera
circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali). L’obiettivo è quello di garantire la
circolazione dei fattori produttivi, all’interno del territorio UE, sulla base di condizioni simili a quelle che si
applicano all’interno di un singolo Stato.
Per quanto riguarda l’attività dei lavoratori autonomi e delle imprese nel territorio UE, l’abolizione delle
restrizioni alla loro attività in Stati diversi da quelli di origine si realizza grazie a due componenti:
Gli artt. 56-62 del TFUE trattano della libera prestazione dei servizi. Si consente ai soggetti che rientrano nel
campo di applicazione delle disposizioni di svolgere attività non salariate nel territorio UE non solo
trasferendosi fisicamente in un altro s.m., ma anche mantenendo la residenza o la sede nel proprio Stato,
rivolgendo l’attività a soggetti stabiliti in un diverso s.m. . rimangono fuori dal campo di applicazione le
attività che non comportano alcun attraversamento di frontiere e rimangono interne.
Il presupposto necessario perché una certa attività prestata su territorio UE rientri nella nozione di servizio,
è che questa abbia rilevanza economica. Quindi devono essere prestazioni fornite dietro retribuzione, non
svolte in maniera marginale o accessoria ma in maniera reale ed effettiva.
Sono ESCLUSE le attività che vengono svolte in maniera salariata, non indipendente, esercitate a favore e
sotto la direzione di un altro soggetto. Queste rientrano nel campo di applicazione dedicate ai lavoratori
subordinati. È esclusa l’attività dello Stato svolta per assolvere ai propri obblighi di carattere sociale,
educativo, culturale nei confronti dei cittadini.
Affinché un servizio rientri nel campo di applicazione del Trattato, non è richiesto previo accordo tra
preStatore e destinatario; è sufficiente che il servizio venga fornito previa remunerazione (es. programmi
radiotelevisivi diffusi in s.m. diversi da quello in cui ha sede l’emittente che lo trasmette.
29
Dire che la nozione di servizio ha natura residuale significa che un’attività viene sottoposta alle regole del
TFUE solo se non risultino applicabili le disposizioni in materia di libera circolazione delle merci o dei capitali
ovvero di libertà di stabilimento.
Ma non è sempre facile individuare la linea di demarcazione tra le libertà garantite dagli artt. 56 ss. e quelle
delle disposizioni relative alle altre libertà economiche fondamentali garantite dal TFUE. Il riferimento a
‘’prestazioni’’ contenuto nel testo dell’art. 56, consente di escludere nella nozione di servizi le attività
economiche che consistono nella produzione di beni e quelle attività legate ad essa. Il problema si pone nel
caso di attività che comportino sia la prestazione di un servizio che la fornitura di beni. La Corte sembra
concedere rilevanza alla prestazione principale.
IN SINTESI: la nozione di servizio rilevante per il diritto UE comprende ogni attività economicamente
rilevante che si concreti in un facere e non comporti scambio di beni; il servizio deve soddisfare altri
requisiti: deve trattarsi di attività che coinvolgono soggetti stabiliti nel territorio UE e che vengono svolte
secondo le modalità indicate dai Trattati e dalla giurisprudenza della Corte di giustizia.
a) Primo requisito: compete alle legislazioni statali individuare i requisiti per l’attribuzione della
cittadinanza; il requisito della cittadinanza non è richiesto per il destinatario del servizio che
potrebbe anche essere cittadino di Stato terzo;
b) Secondo requisito: non potrebbe usufruire dell’abolizione delle restrizioni un preStatore di servizi
che, pur cittadino UE, non sia stabilito nel territorio della UE. La motivazione: è una misura di tipo
protezionistico per evitare di aprire i mercati a coloro che non godono di un legame effettivo con il
territorio UE. Infatti l’art. 56 n.2 prevede che i benefici possano essere estesi anche a cittadini di
Stati terzi ma solo se questi siano stabiliti all’interno della UE. La competenza a disciplinare l’attività
di preStatori di servizi cittadini di Stati terzi stabiliti nel territorio UE è oggetto di proposta di
direttiva del Consiglio che estende ai cittadini di un paese terzo stabiliti all’interno della comunità la
libertà di prestare servizi oltre la frontiera, presentata dalla Commissione nel marzo 1999 insieme
alla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle condizioni di trasferta
dei lavoratori dipendenti cittadini di uno Stato terzo nell’ambito di una prestazione di servizi
oltrefrontiera. La prima proposta tende a impedire che un lavoratore autonomo, cittadino di un
paese terzo ma stabilito in uno s.m. dell’Unione, sia costretto a prendere la residenza in un altro
s.m. per poter esercitare la propria attività a titolo di prestazione di servizi. La proposta prevede
l’introduzione di una Carta CE di prestazione di servizi uniforme in tutti gli s.m. di durata limitata nel
tempo (massimo 12 mesi) e non rinnovabile automaticamente che consente al titolare di esercitare
liberamente la propria attività alle stesse condizioni del cittadino comunitario. La carta viene
rilasciata dallo s.m. in cui è stabilito il fornitore di servizi non comunitario e garantisce la regolarità
della sua posizione qualora questo voglia svolgere la propria attività in uno Stato diverso da quello
di stabilimento; la carta garantisce che lo Stato di stabilimento riaccolga il cittadino di Stato terzo al
termine della prestazione. Dobbiamo poi considerare che la liberalizzazione internazionale alla
prestazione di servizi è oggetto di accordo multilaterale GATS (general agreement on trade on
services, accordo generale sugli scambi di servizi), allegato all’Accordo di Marrakech del 1994 che
istituisce l’organizzazione mondiale del commercio (OMC). L’accordo GATS recepisce i risultati dei
negoziati commerciali multilaterali dell’Uruguay Round del Gatt (vedi glossario alla voce URUGUAY
ROUND DEL GATT). Questo accordo richiede agli Stati parti il rispetto di alcuni obblighi riguardanti
la liberalizzazione dei servizi. Tra gli obblighi imposti dall’accordo rientra il rispetto della clausola
della nazione più favorita per cui ciascun membro è tenuto ad accordare ai servizi e ai preStatori di
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servizi di un qualsiasi altro membro, in via immediata e incondizionata, un trattamento non meno
favorevole di quello accordato da analoghi servizi e preStatori di servizi di qualsiasi altro paese.
• L’eventuale trattamento più favorevole riconosciuto al preStatore stabilito in uno s.m. diverso da
quello in cui il servizio verrà effettuato provocherà discriminazioni al rovescio a danno dei soggetti
stabiliti nello Stato stesso che non potrebbero avvalersi dei benefici. Questa situazione si
risolverebbe sulla base del diritto interno, grazie all’estensione, in favore dei soggetti stabiliti, del
trattamento più favorevole che i Trattati garantiscono ai preStatori di servizi. la Corte
costituzionale, in Italia, pronuncia l’illegittimità costituzionale della legge interna che produce gli
svantaggi, con la conseguenza di estendere i benefici anche alle fattispecie interne.
• Qualora le restrizioni allo svolgimento di una certa attività siano lecitamente applicabili sia a
soggetti stabiliti che a quelli che operano in regime di prestazione di servizi, le distorsioni del
mercato comune causate dalla disparità delle legislazioni nazionali relative a detta attività potranno
essere rimosse con un intervento legislativo di armonizzazione delle legislazioni.
Perché una certa attività possa usufruire della liberalizzazione voluta dai Trattati, è che questa si svolga con
un passaggio di frontiera: la prestazione deve coinvolgere almeno due s.m.; il TFUE non richiede che il
servizio sia preStato in maniera occasionale o temporanea, se non qualora il servizio si realizzi attraverso
una delle modalità possibili, quella che vede il preStatore svolgere attività sul territorio dello Stato in cui è
stabilito il destinatario (es. il professionista che si reca in uno s.m. diverso da quello di stabilimento per
svolgervi occasionalmente un’attività professionale). Il requisito della occasionalità si richiede anche per le
ipotesi in cui sia il destinatario a recarsi nello Stato di prestazione del servizio.
L’art. 57 n.3 vuole estendere al preStatore del servizio la stessa garanzia del trattamento nazionale che il
Trattato prevede in favore del soggetto stabilito. Questa norma è stata interpretata nel senso di escludere
che al soggetto che si reca in un altro s.m. in regime di prestazione di servizi possano essere applicate tutte
le prescrizioni che, nello Stato di destinazione, regolano l’attività di chi è stabilito in maniera permanente in
quello stesso Stato. La giurisprudenza evolutiva tende a facilitare la prestazione dei servizi, evitando di
sottoporre allo stesso trattamento il soggetto stabilito e quello che si trova sono occasionalmente ad essere
in contatto con la comunità territoriale del primo Stato.
Il servizio essenziale per il Trattato può svolgersi anche secondo altre modalità, non tutte inquadrabili nella
definizione generale ex art.56; la regola generale concerne l’ipotesi in cui servizio si realizzi senza
spostamenti fisici dei soggetti coinvolti, nel senso che è la stessa attività ad attraversare le frontiere di due
Stati UE. Per questo tipo di attività il Trattato non richiede il requisito della occasionalità, potendo essere
prestata in maniera continuativa e con un unico atto materiale: es. un emittente televisiva ch indirizza via
satellite i propri programmi in più s.m. dell’UE. Inoltre il Trattato non richiede che l’attività in cui i
concretizza il servizio venga allo stesso tempo rivolta anche a destinatari stabiliti nello s.m. di origine,
potendo essene esclusivamente rivolta a destinatari stabiliti in s.m. diversi da quello che si trova il
preStatore di servizio. La definizione dell’art. 56 copre anche le attività che vengono effettuate con lo
spostamento fisico del destinatario del servizio nello Stato in cui è stabilito il preStatore. Secondo la Corte,
per consentire l’esecuzione delle prestazioni di servizio, può aversi uno spostamento sia del preStatore
(verso lo s.m. in cui è stabilito il destinatario), sia del destinatario (verso lo s.m. in cui è stabilito il
preStatore); quindi può rientrare nell’applicazione del Trattato qualsiasi fattispecie che ha come
presupposto lo spostamento fisico di un cittadino UE in uno Stato diverso da quello di stabilimento.
La Corte ha esteso la nozione di prestazione di servizi rilevante per i Trattati anche ad attività svolte
secondo ulteriori modalità.
31
Rispetto alla disciplina internazionale dei servizi, va notato che all’art. 1 GATS si precisa che per scambio di
servizi si intende la fornitura di un servizio:
33
La Corte inoltre dice che l’art. 56 impone l’eliminazione di qualsiasi restrizione alla libera prestazione dei
servizi anche quando essa si applichi indistintamente dai preStatori nazionali e a quelli degli altri s.m.,
quando sia tale da vietare/ostacolare le attività del preStatore stabilito in un altro s.m..
La Corte considera vietate dagli artt 56 ss. non solo le disposizioni nazionali discriminatorie ma anche quelle
misure restrittive della libertà, pur non formalmente discriminatorie, che pongono il preStatore del servizio
in posizione sfavorevole. Quindi il principio della parità di trattamento vieta anche qualsiasi altra forma di
discriminazione dissimulata.
In mancanza di armonizzazione delle legislazioni nazionali, la libertà di prestazione di servizi, può trovare
ostacoli nell’applicazione di normative nazionali che subordinano lo svolgimento di attività di servizi al
rispetto o al compimento di certe formalità legali. Le condizioni imposte dallo Stato di destinazione del
servizio non dovrebbero aggiungersi a quelle richieste nello Stato di stabilimento dell’impresa. Si vuole
facilitare lo svolgimento di attività economiche in regime di prestazione di servizi evitando che un soggetto
che effettua dette attività nel territorio UE, si possa veder imporre il rispetto di regole diverse nei paesi
membri in cui opera.
LA DIRETTIVA SERVIZI
Nonostante il comparto dei servizi sia importantissimo nell’economia, i servizi sono circolati poco,
contribuendo solo per il 20% agli scambi intracomunitari. Secondo un rapporto della Commissione del
2002, negli s.m. continuavano a esserci restrizioni normative, procedure amministrative gravose e
incertezza giuridica, ostacoli che resistevano nonostante l’efficacia diretta di cui godono gli artt. 49 e 56
TFUE in materia di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi. Allora si è pensato di risolvere
questa situazione ricorrendo a una direttiva: il 12 dicembre 2006 Parlamento europeo e Consiglio hanno
adottato la DIRETTIVA SERVIZI, detta anche Bolkestein, destinata a dare impulso alla realizzazione del
mercato interno dei servizi. Oggetto della dir. 2006/123 è la fissazione di disposizioni generali atte a
agevolare l’esercizio della libertà di stabilimento e la libera circolazione dei servizi. La direttiva adotta un
approccio orizzontale, applicandosi a un’ampia gamma di settori. Sono esclusi dall’applicazione della
direttiva: i servizi finanziari compresi quelli assicurativi, i servizi di telecomunicazioni, di trasporto, i servizi
delle agenzie di lavoro interinale, i servizi sanitari, i servizi audio televisivi, attività connesse all’esercizio di
pubblici poteri, servizi sociali, servizi privati di sicurezza.
La direttiva si occupa anche di servizi in senso generale, cioè attività non salariate svolte nel territorio di
uno s.m. sia a titolo di stabilimento, sia a titolo di prestazione di servizi.
34
La versione definitiva della direttiva stabilisce che gli Stati possono opporre al preStatore solo ostacoli che
attengono all’ordine pubblico, pubblica sicurezza, sanità pubblica, tutela dell’ambiente.
Lo schema generale della direttiva si completa con misure di semplificazione e cooperazione amm.va tra
s.m.; tra le vari proposte accolte vi è quella di istituire sportelli unici a cui il preStatore potrà rivolgersi per
espletare tutte le formalità e le procedure necessarie.
La direttiva sancisce un obbligo di reciproca assistenza e cooperazione tra gli s.m. al fine di garantire il
controllo dei preStatori e dei loro servizi. È prevista, allo scopo di agevolare lo scambio di comunicazioni tra
s.m., l’istituzione di un sistema informatico comunitario: IMI (internal market information system) in cui
dovrebbero convergere tutte le domande da porre alle autorità competenti degli s.m.
La direttiva è entrata in vigore il 28 dicembre 2006 e gli s.m. avrebbero dovuto recepirla entro li 28
dicembre 2009; in Italia, l’attuazione è avvenuta con d.lgs. n.59/2010.
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CAPITOLO IV - LE POLITICHE DI CONCORRENZA
(ENZO CANNIZZARO E LORENZO FEDERICO PACE)
GENERALITA’
I SETTORI SOTTOPOSTI A REGOLE DI CONCORRENZA
La disciplina delle politiche di concorrenza è regolata dal TFUE;
art. 3 par. 3 TUE: L'Unione instaura un mercato interno. Si adopera per lo sviluppo sostenibile
dell'Europa, basato su una crescita economica equilibrata e sulla stabilità dei prezzi, su un'economia sociale
di mercato
fortemente competitiva, che mira alla piena occupazione e al progresso sociale, e su un elevato livello di
tutela e di miglioramento della qualità dell'ambiente. Essa promuove il progresso scientifico e tecnologico.
Nel protocollo n.27 (protocollo sul mercato interno e la concorrenza) si legge che ‘’le alte parti contraenti,
considerando che il mercato interno comprende un sistema che assicura che la concorrenza non sia falsata,
hanno convenuto che a tal fine l’Unione adotta misure in base alle disposizione dei Trattativi, ivi compreso
lìart. 352 TFUE. Il presente protocollo è allegato al TUE e al TFUE.’’
Gli artt. 101 e 102 TFUE disciplinano i comportamenti di imprese private sul mercato suscettibili di alterare
il libero gioco della concorrenza. Le due norme hanno applicazione generale. Nel sistema del Trattato sono
sottoposti alla disciplina della concorrenza tutti i settori economici con la parziale esclusione
dell’agricoltura.
Regole particolari valgono per il settore delle assicurazioni e dei trasporti. Il Trattato ammetto che gli s.m.
possano limitare l’applicazione delle regole di concorrenze ad imprese alle quali riconoscano diritti speciali
al fine di realizzare obiettivi di carattere generale. Limitazioni sensibili alla concorrenza possono derivare da
comportamenti di imprese, pubbliche e private, che si inseriscano nel quadro delle altre politiche della UE.
IL CONCETTO DI IMPRESA
È impresa qualsiasi soggetto che svolga un’attività economica, capace di incidere sulla concorrenza a
prescindere dalla natura giuridica, dalle modalità di organizzazione e di finanziamento.
Il concetto di impresa è Stato interpretato con una certa ampiezza e comprende tutti i soggetti che offrono
beni e servizi su un determinato mercato, anche se non hanno la qualifica di impresa nell’ambito di
ordinamenti nazionali.
Un’altra connotazione dell’impresa affinché sia sottoposta agli artt. 101 e 102, è l’autonomia con cui svolge
la propria attività: autonomia concreta e operativa.
Articolo 101
(ex articolo 81 del TCE)
1. Sono incompatibili con il mercato interno e vietati tutti gli accordi tra imprese, tutte le
decisioni di associazioni di imprese e tutte le pratiche concordate che possano pregiudicare il
commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o
falsare il gioco della concorrenza all'interno del mercato interno ed in particolare quelli consistenti
nel:
a) fissare direttamente o indirettamente i prezzi d'acquisto o di vendita ovvero altre condizioni di
transazione;
b) limitare o controllare la produzione, gli sbocchi, lo sviluppo tecnico o gli investimenti;
c) ripartire i mercati o le fonti di approvvigionamento;
d) applicare, nei rapporti commerciali con gli altri contraenti, condizioni dissimili per prestazioni
equivalenti, così da determinare per questi ultimi uno svantaggio nella concorrenza;
e) subordinare la conclusione di contratti all'accettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni
supplementari, che, per loro natura o secondo gli usi commerciali, non abbiano alcun nesso con
l'oggetto dei contratti stessi.
36
2. Gli accordi o decisioni, vietati in virtù del presente articolo, sono nulli di pieno diritto.
3. Tuttavia, le disposizioni del paragrafo 1 possono essere dichiarate inapplicabili:
— a qualsiasi accordo o categoria di accordi fra imprese,
— a qualsiasi decisione o categoria di decisioni di associazioni di imprese, e
C 326/88 IT Gazzetta ufficiale dell’Unione europea 26.10.2012
— a qualsiasi pratica concordata o categoria di pratiche concordate,
che contribuiscano a migliorare la produzione o la distribuzione dei prodotti o a promuovere il
progresso tecnico o economico, pur riservando agli utilizzatori una congrua parte dell'utile che ne
deriva, ed evitando di:
a) imporre alle imprese interessate restrizioni che non siano indispensabili per raggiungere tali
obiettivi;
b) dare a tali imprese la possibilità di eliminare la concorrenza per una parte sostanziale dei prodotti
di cui trattasi.
Articolo 102
(ex articolo 82 del TCE)
È incompatibile con il mercato interno e vietato, nella misura in cui possa essere pregiudizievole al
commercio tra Stati membri, lo sfruttamento abusivo da parte di una o più imprese di una posizione
dominante sul mercato interno o su una parte sostanziale di questo.
Tali pratiche abusive possono consistere in particolare:
a) nell'imporre direttamente od indirettamente prezzi d'acquisto, di vendita od altre condizioni di
transazione non eque;
b) nel limitare la produzione, gli sbocchi o lo sviluppo tecnico, a danno dei consumatori;
c) nell'applicare nei rapporti commerciali con gli altri contraenti condizioni dissimili per prestazioni
equivalenti, determinando così per questi ultimi uno svantaggio per la concorrenza;
d) nel subordinare la conclusione di contratti all'accettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni
supplementari, che, per loro natura o secondo gli usi commerciali, non abbiano alcun
nesso con l'oggetto dei contratti stessi.
1. Sono incompatibili con il mercato interno e vietati tutti gli accordi tra imprese, tutte le
decisioni di associazioni di imprese e tutte le pratiche concordate che possano pregiudicare il
commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o
falsare il gioco della concorrenza all'interno del mercato interno ed in particolare quelli consistenti
nel:
a) fissare direttamente o indirettamente i prezzi d'acquisto o di vendita ovvero altre condizioni di
transazione;
b) limitare o controllare la produzione, gli sbocchi, lo sviluppo tecnico o gli investimenti;
c) ripartire i mercati o le fonti di approvvigionamento;
d) applicare, nei rapporti commerciali con gli altri contraenti, condizioni dissimili per prestazioni
equivalenti, così da determinare per questi ultimi uno svantaggio nella concorrenza;
e) subordinare la conclusione di contratti all'accettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni
supplementari, che, per loro natura o secondo gli usi commerciali, non abbiano alcun nesso con
l'oggetto dei contratti stessi.
LE ESENZIONI
PROFILI GENERALI
Il par. 3 dell’art. 101 consente di esentare alcuni tipi di accordi astrattamente distorsivi della concorrenza in
ragione degli effetti positivi che essi sono suscettibili di realizzare sul processo di produzione:
3. Tuttavia, le disposizioni del paragrafo 1 possono essere dichiarate inapplicabili:
— a qualsiasi accordo o categoria di accordi fra imprese,
— a qualsiasi decisione o categoria di decisioni di associazioni di imprese, e
C 326/88 IT Gazzetta ufficiale dell’Unione europea 26.10.2012
— a qualsiasi pratica concordata o categoria di pratiche concordate,
che contribuiscano a migliorare la produzione o la distribuzione dei prodotti o a promuovere il
progresso tecnico o economico, pur riservando agli utilizzatori una congrua parte dell'utile che ne
deriva, ed evitando di:
a) imporre alle imprese interessate restrizioni che non siano indispensabili per raggiungere tali
obiettivi;
b) dare a tali imprese la possibilità di eliminare la concorrenza per una parte sostanziale dei prodotti
di cui trattasi.
Nel sistema del Trattato, queste sono le sole ipotesi che possano giustificare comportamenti posti in essere
da soggetti privati lesivi delle regole di concorrenza.
38
il vantaggio dato dall’accordo anticoncorrenziale non è sempre sufficiente a garantire una esenzione:
occorre che l’accordo provveda ad assicurare dei vantaggi per i consumatori e che le restrizioni siano
necessarie. Inoltre l’accordo non deve escludere la concorrenza sul mercato.
LE ESENZIONI INDIVIDUALI
La formulazione letterale dell’art. 101 par.3 e la prassi delle istituzioni distingue fra esenzioni individuali e
esenzioni per categorie.
ESENZIONI INDIVIDUALI: riguardano singoli accordi che rientrano nel divieto dell’art. 101 TFUE par.1, ma
che soddisfano le condizioni previste al par. 3.
Secondo il sistema vigente prima del regolamento n.1/2003, gli accordi andavano notificati alla
Commissione e bisognava attendere l’autorizzazione da parte dell’organo della UE per poter spiegare i
propri effetti lecitamente. Con il nuovo regolamento, la norma ex art. 101 par 3 è applicabile non solo dalla
Commissione ma anche da parte dei giudici nazionali e dalle autorità antitrust nazionali, senza previa
autorizzazione della Commissione. Non era necessaria la notifica. Ne risulta un sistema di controllo a
posteriori nel quale le imprese hanno l’onere di compiere una autovalutazione dei propri accordi. Le
esenzioni individuali passano da un regime di autorizzazioni ex ante a un regime di eccezione legale. In tali
procedimenti le imprese avranno l’onere di dimostrare l’esistenza delle condizioni di esenzione.
La Commissione si riserva il compito di sorvegliare l’applicazione dell’art. 101 par. 3 da parte degli
organismi nazionali. La Commissione assolve al suo ruolo guida attraverso un’attività di collaborazione con
le autorità garanti della concorrenza degli s.m. come previsto dagli artt. 11 e 12 del nuovo regolamento.
L’art. 15 regola il rapporto con le giurisdizioni nazionali insieme alla successiva comunicazione della
Commissione. La Commissione ha emanato il 29 aprile 2009 una relazione al Parlamento europeo ai sensi
dell’art. 44 sul funzionamento del nuovo regime.
39
LE CONDIZIONI DI ESENTABILITA’ DEGLI ACCORDI VERTICALI
Il regolamento n.2790/1999 della Commissione del 22 dicembre 1999 (sostituito poi con il regolamento
n.330/2010) è il primo regolamento che ha recepito i nuovi criteri della Commissione stabilendo una
presunzione di liceità per gli accordi verticali che non presentino clausole espressamente vietate (clausole
nere) e rispettino la quota di mercato limite.
Gli accordi verticali sono considerati con un certo favore perché avrebbero la funzione di migliorare la
distribuzione e la presentazione e l’assistenza al consumatore; in certe situazioni sarebbero perfino
essenziali per il buon funzionamento del mercato. La clausola di esclusiva può risultare fondamentale per la
conclusione di un accordo di distribuzione che altrimenti il distributore non sottoscriverebbe perche non
salvaguardato nei propri investimenti commerciali dall’azione di altri distributori.
Il regolamento n.330/2010 prevede un regime legale di esenzione per tutti gli accordi verticali qualora il
potere di mercato sia del fornitore che dell’acquirente non sia superiore al 30% del mercato. Entro questi
limiti, la Commissione considera probabile che gli effetti pro-concorrenziali prevalgano sugli effetti anti-
concorrenziali. Comunque può essere possibile una revoca quando la Commissione dimostri che gli effetti
saranno anti-concorrenziali.
L’esenzione non copre quegli accordi che contengono clausole con effetti penalizzanti per la concorrenza
(restrizioni fondamentali).
CLAUSOLE GRIGIE: sono clausole, il cui inserimento nell’accordo, non determina la perdita dell’esenzione di
categoria per l’intero accordo, ma per la parte di esso che contiene queste clausole.
Per gli accordi che non rientrano nell’ambito del meccanismo di esenzione, permane la facoltà di avvalersi
di un’esenzione individuale.
40
IL MERCATO RILEVANTE
L’esistenza di una posizione dominante presuppone la previa definizione di mercato rilevante, che consiste
nel determinare il mercato in cui opera l’impresa. Una posizione può apparire dominante se si considera un
mercato ristretto; tende a scomparire se si considera un mercato ampio. Esempio: un’impresa può
detenere una posizione dominante sul mercato delle banane, ma potrebbe non avere posizione dominante
se si prende in considerazione l’intero mercato complessivo della frutta.
Il metodo di determinazione del mercato rilevante è indicato nella comunicazione della Commissione del
1997 che distingue tra mercato geografico e mercato del prodotto:
MERCATO DEL PRODOTTO: comprende tutti i prodotti dotati di un certo grado di sostituibilità, dal punto di
vista del consumatore, con il prodotto dell’impresa in questione. Esempio: se, in seguito a un aumento di
prezzo del prodotto in questione, i consumatori spostano la loro preferenza su un altro prodotto, i due
prodotti sono considerati interscambiabili, appartenenti allo stesso mercato. Un mercato del prodotto può
essere autonomo solo per certe categorie di consumatori o per realtà sociali particolari (es. prodotti per
l’infanzia). Ulteriore criterio nella definizione del mercato rilevante è la sostituibilità del prodotto dal lato
dell’offerta: la capacità di altre imprese ad offrire il prodotto in questione in risposta ad un aumento di
prezzo operato dall’impresa in posizione dominante.
MERCATO GEOGRAFICO: è individuato nell’area dove le condizioni di concorrenza dei prodotti considerati
sono omogenee e tali da distinguere tale zona da aree contigue caratterizzate da condizioni di concorrenza
diverse. Criterio determinante è la sostituibilità dell’offerta: se in presenza di una variazione del prezzo di
un certo prodotto, si verifica la tendenza a rivolgersi a fornitori di zone contigue e la capacità degli stessi
fornitori di soddisfare questa domanda, questa zona dovrà essere ricompresa nel mercato geografico
rilevante.
L’area geografica di un mercato è più ristretta quanto più presenti sono i fattori che limitano la capacità
delle imprese appartenenti a diverse aree geografiche di soddisfare le domande del prodotto considerato:
caratteristiche del prodotto, esistenza di barriere all’entrata di un mercato, le preferenze tradizionali del
consumatore.
LO SFRUTTAMENTO ABUSIVO
L’art. 102 contiene un elenco di comportamenti che rappresentano abuso di posizione dominante.
Nella prassi delle liberalizzazioni dei mercati ha assunto rilievo l’obbligo posto in capo al soggetto in
posizione dominante di consentire l’utilizzazione delle essential facilities a tutti i concorrenti. Le essential
facilities sono infrastrutture essenziali per l’esercizio di determinate attività.
41
I PROCEDIMENTI DI APPLICAZIONE DEL DIRITTI EUROPEO DELLA CONCORRENZA
Il regolamento CE n. 1/2003 ha portato innovazioni: ha realizzato un ampio decentramento.
L’applicazione del diritto antri trust è resa complessa dalla coesistenza di vari procedimenti, a livello
nazionale e europeo, ad opera di autorità sia amm.ve che giudiziarie. Queste procedure applicative hanno
interferito l’una con l’altra.
42
L’APPLICAZIONE DECENTRATA DA PARTE DELLE AUTORITA’ ANTITRUST NAZIONALI
La disciplina antitrust comunitaria trova applicazione grazie alla autorità garanti della concorrenza di
ciascuno s.m. .
• Queste autorità tutelano il pubblico interesse per una concorrenza non falsata e non sono preposte
alla garanzia dei diritti dei singoli lesi da una violazione del diritto antitrust.
• Il regolamento 1/2003 ha affidato alle autorità garanti l’attuazione della disciplina artt. 101 e 102.
• Questi organi nazionali devono poter adottare, d’ufficio o su richiesta, decisioni analoghe a quelle
emanabili dalla Commissione (l’ordine di cessazione dell’infrazione, la previsione di misure
cautelari, l’accettazione di impegni, la disposizione di ammende e sanzioni).
• Le autorità nazionali possono revocare il beneficio di un regolamento di esenzione di categoria dal
divieto dell’art. 101
• La competenza dell’autorità garante per la concorrenza di applicare gli artt.101 e 102, nel nostro
ordinamento, trova fondamento nella l. n. 52/1996 e l. n. 133/2008.
• Nel nostro ordinamento nazionale possono sorgere difficoltà di coordinamento tra competenze del
giudice ordinario e giudice amministrativo, visto che a questo è affidata la competenza esclusiva
per il controllo giurisdizionale dei provvedimento dell’Autorità Garante della concorrenza e del
mercato.
L’APPLICAZIONE GIUDIZIALE
Le norme sulla concorrenza aventi effetti diretti possono essere applicate nei giudizi interni; le procedure
giudiziarie offrono la possibilità di tutelare posizioni di natura privatistica: nullità del contratto, risarcimento
danno, refusione delle spese, ecc.; i giudizi nazionali non possono però pronunciare sanzioni di carattere
amministrativo. Inoltre, secondo il par. 3 dell’art. 101, le autorità giudiziarie nazionali non godono del
potere di revoca dell’esenzione di categoria. I giudici nazionali sono vincolati al rispetto dei precedenti della
Corte di giustizia e del tribunale di primo grado oltre che dei regolamenti di esenzione comunitaria.
Nell’attuazione del diritto europeo antitrust i giudici nazionali applicano la propria normativa processuale:
vige il principio dell’autonomia processuale degli s.m.; la procedura civile nazionale non deve rendere
difficoltosa la tutela delle posizioni soggettive conferite ai singoli dal diritto europeo.
44
L’AMBITO DI APPLICAZIONE DEL DIRITTO EUROPEO DELLA CONCORRENZA
LA DELIMITAZIONE TERRITORIALE
Sia nel nostro che in altri ordinamenti, si è posto il problema di limitare l’applicazione extraterritoriale del
diritto della concorrenza.
Nell’ambito europeo, con la sentenza Woodpulp, la Corte ha corretto il criterio degli effetti e ha richiesto,
al fine di consentire l’applicazione del diritto europeo antitrust, che le intese che provocano alterazione
della concorrenza, siano applicate sul territorio della comunità attraverso filiali e rivenditori delle imprese
che le avevano stipulate. Si è arrivati a un criterio che ha riguardo al luogo di attuazione dell’intesa vietata.
Il criterio appare idoneo a sanzionare l’esistenza di cartelli di esportazione, tradizionalmente tollerati dalle
legislazioni interne perché trasferiscono l’effetto discorsivo sul territorio di un diverso Stato.
La Commissione sembra allargare la propria competenza, facendovi rientrare violazioni antri trust
extraterritoriali che spieghino effetti anticoncorrenziali all’interno del territorio UE. In questo senso,
recentemente, la comunicazione sul pregiudizio al commercio inter-statale ha dichiarato sufficiente, ai fini
dell’applicazione del diritto europeo della concorrenza, la capacità delle intese e pratiche abusive a
pregiudicare attività economica transfrontaliera all’interno della comunità, anche se la sede delle parti sia
fuori dal territorio europeo.
Un ruolo cardine è svolto dagli accordi bilaterali fra autorità antitrust, che hanno il compito di avviare
consultazioni tra Istituzioni, scambiarsi informazioni.. questi accordi lasciano libere le autorità di agire.
Inoltre gli accordi di seconda generazione cercano di risolvere i conflitti negativi di competenza attraverso
l’istituto della positive comity: l’autorità antitrust di uno Stato può sollecitare l’intervento dell’autorità di un
altro Stato. Questi accordi hanno fatto accrescere la fiducia reciproca e ha stimolato la collaborazione fra
autorità antitrust. Concernono però attività di tipo amministrativo.
45
IL DIRITTO DELLA CONCORRENZA IN MATERIA DI CONCENTRAZIONI FRA IMPRESE
PROFILI GENERALI
Nell’ambito delle politiche di concorrenza troviamo l’attività delle istituzioni della UE relative al controllo
delle concentrazioni. Nella disciplina originaria, il fenomeno delle concentrazioni non era menzionato,
probabilmente per non impedire processi di riaggregazione delle industrie europee in pieno sviluppo nel
dopoguerra.
Ma la Commissione aveva qualificato come abuso di posizione dominante un’operazione nella quale
un’impresa, già in possesso di posizione dominante, aveva rafforzato questa grazie all’acquisizione di una
impresa concorrente. Nel 1989 il Consiglio ha adottato il regolamento n. 4064/89/CE sostituito dal
regolamento n. 139/2004.
46
PARTE II – LA POLITICA DI CONCORRENZA RIVOLTA AGLI STATI MEMBRI
Il Trattato non vieta agli Stati di possedere o gestire imprese, anzi l’art. 345 TFUE sancisce la neutralità
rispetto a un determinato regime proprietario.
Tali imprese sono soggette al diritto europeo della concorrenza, tuttavia sono immuni sono immuni
dall’applicazione delle norme antri trust, in qualità dell’interesse pubblico che perseguono.
L’art. 106 è formata da tre norme:
• La prima vieta agli s.m. di emanare nei confronti di imprese pubbliche misure contrarie al Trattato e
norme sulla concorrenza;
• La seconda concerne l’applicabilità delle regole di concorrenza alle imprese in monopolio legale;
• La terza stabilisce un potere normativo della Commissione la quale può anche emanare direttive.
Il regime stabilito dall’art. 106 ha trovato ampia applicazione; è apparso ragionevole consentire, attraverso
l’intervento degli Stati, ad un’impresa vincolata a garantire un certo servizio, anche in situazioni di non
redditività, di finanziare tali prestazioni con profitti collegati alla titolarità di diritti esclusivi e monopoli
legali.
L’ordinamento delle istituzioni della UE si è evoluto e sembra segnare una tendenza a favore della
separazione fra la gestione in regime di monopolio di attività di interesse pubblico e la gestione in regime di
concorrenza di attività economiche che non assolvono ad interessi di natura universale.
È un problema determinare come le regole di concorrenza possano orientare anche le scelte delle
amministrazioni pubbliche nell’affidamento della gestione di servizi pubblici in regime di concessione. Sono
numerosi i settori nei quali la soddisfazione di interessi pubblici è affidata ad attività di privati che operano
su concessione pubblica.
47
La disposizione dell’art. 106 non è necessariamente connessa al comportamento di imprese; può sussistere
violazione dell’art. 106 ogni volta che uno Stato scelga di sottrarre alla concorrenza un dato settore senza
che tale scelta sia giustificata da motivi a carattere generale.
La valutazione della compatibilità della misura statale (che ha sottratto al regime di concorrenza un certo
settore) con il Trattato, è fondata sul bilanciamento di interessi: l’interesse ad assicurare lo svolgimento di
un certo servizio d’interesse generale e l’esigenza di non alterare il libero gioco della concorrenza. Una
deroga alle norme sulla concorrenza è lecita solo in quanto necessaria a garantire lo svolgimento di un
interesse pubblico e sia rispettato un principio di proporzionalità fra realizzazione dell’interesse generale e
alterazione della concorrenza sul mercato. Tali valutazioni appaiono difficili.
Per prima cosa, bisogna stabilire il rilievo da assegnare all’interesse pubblico perseguito dallo Stato, per poi
comparare le esigenze di carattere pubblico con l’esigenza di assicurare il libero gioco della concorrenza sul
mercato. Queste valutazioni comportano un margine di discrezionalità.
Il problema di determinare in quali casi l’esigenza generale giustifica un regime di esclusività di una
determinata prestazione sul mercato comporta delle considerazioni di natura politica: come ad esempio le
misure statali che pongono obblighi di contrarre o regimi preferenziali o esclusivi ispirati da esigenze di tipo
occupazionale. Un indice di valutazione è offerto dall’art. 106: il secondo paragrafo dice che bisogna
considerare se gli scambi commerciali siano compromessi in misura contraria all’interesse della comunità.
48
MISURE STATALI E NORMATIVA COMUNITARIA SULLA CONCORRENZA
49
GLOSSARIO
ABUSI DI SFRUTTAMENTO: comportamenti diretti dall’impresa in posizione dominante verso i clienti (abusi
verticali). La pratica di abuso più evidente è la fissazione di prezzi o condizioni di transazioni iniqui o
discriminatori, diversi anche se applicati a prestazioni equivalenti.
ACCORDI DI ASSOCIAZIONE: regolano il trattamento dei lavoratori degli Stati associati prevedendo che ad
essi debba essere applicato un regime non discriminatorio rispetto a condizioni e retribuzioni. Le norme che
enunciano il principio di non discriminazione hanno effetti diretti e possono essere invocate davanti ai
giudici nazionali. Possono essere invocate anche nei confronti di privati e hanno effetti diretti orizzontali.
ACCORDI ORIZZONTALI: sono accordi tra imprese poste allo stesso livello nel ciclo economico; sono accordi
che fissano prezzi o spartiscono mercati fra imprese direttamente concorrenti.
ACCORDI VERTICALI: sono accordi fra imprese poste a un diverso livello nel ciclo economico e che non sono
direttamente in concorrenza ma la cui cooperazione appare essenziale per il coordinamento delle attività
produttive.
AGENZIA PER LE FRONTIERE ESTERNE (FRONTEX): ha la funzione di coordinare l’attività di controllo degli
s.m. organizzando operazioni comuni fornendo una cooperazione operativa. Istituita dal codice frontiere
Schengen.
BENI CULTURALI: beni del patrimonio nazionale aventi un valore artistico, storico, archeologico; si
intendono usciti illegalmente da uno s.m. nel caso in cui vengano esportati in violazione della sua
legislazione o di un regolamento relativo all’esportazione di beni culturali verso Stati terzi.
CLAUSOLE GRIGIE: sono clausole, il cui inserimento nell’accordo, non determina la perdita dell’esenzione di
categoria per l’intero accordo, ma per la parte di esso che contiene queste clausole.
CONCENTRAZIONE: questo termine racchiude le operazioni di fusione, di acquisizione, di controllo di
un’altra impresa.
DIRETTIVA 2003/86/CE: direttiva che disciplina l’ingresso dei familiari dello straniero che risiede
regolarmente nello s.m. che riconosce il diritto dello straniero a farsi raggiungere o accompagnare dai
propri familiari. Questo diritto è attribuito al cittadino di uno Stato terzo che sia in possesso di un
permesso di soggiorno di durata almeno annuale e abbia la prospettiva di ottenere il diritto di soggiornare
in modo stabile. Gli s.m. possono apporre ulteriori condizioni: disponibilità di un alloggio, assicurazione
malattie, risorse stabili, regolari e sufficienti, precedente soggiorno nello s.m. in cui risiede. Il familiare può
acquisire un titolo autonomo al soggiorno: dopo un periodo di 5 anni il familiare ha diritto al permesso di
soggiorno, indipendentemente dalla persona col quale si è ricongiunto.
DIRETTIVA 2004/38/CE: è il principale degli atti relativa al diritto dei cittadini UE e dei loro familiari di
circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli s.m.; doveva essere attuata dagli s.m. entro il 1
maggio 2006; da questa data sono Stati abrogati vari atti che in precedenza regolavano ingresso e
soggiorno di lavoratori, studenti ecc e dei loro familiari. La direttiva ha riunito in un unico strumento
normativo tutte le regole concernenti la libertà di circolazione dei cittadini UE. In questa direttiva ci sono
anche i principi espressi dalla Corte di giustizia nelle varie sentenze rese nell’interpretazione delle
disposizioni contenute nel Trattato CE e nelle normative previgenti.
DIRITTO DI STABILIMENTO: artt. 43-48 Trattato CE S’intende per diritto di stabilimento la libertà, garantita
ai cittadini comunitari, di stabilirsi in uno Stato membro diverso dal proprio per esercitarvi un’attività non
salariata.
La libertà di stabilimento importa quindi:
— l’accesso alle attività non salariate e al loro esercizio sia per le persone fisiche che per quelle giuridiche
(liberi professionisti, imprenditori, società);
— l’applicazione delle stesse condizioni definite dalla legislazione del paese di stabilimento nei confronti dei
propri cittadini (art. 43 Trattato CE).
ESENZIONI INDIVIDUALI: riguardano singoli accordi che rientrano nel divieto dell’art. 101 TFUE par.1, ma
che soddisfano le condizioni previste al par. 3.
EXTRACOMUNITARI: termine che indica coloro ai quali non è riconosciuta la libertà di circolazione conferita
dal diritto UE, poiché privi della cittadinanza di uno s.m. ; tuttavia, secondo la Carta dei diritti fondamentali,
la libertà di circolazione può essere accordata, conformemente ai Trattati, ai cittadini dei paesi terzi che
risiedano legalmente nel territorio di uno s.m. .
50
FONDO ASILO, MIGRAZIONE, INTEGRAZIONE: ha sostituito il fondo europeo per i rifugiati, dovrebbe
consentire maggior sostegno ai paesi che ricevono maggior flusso di stranieri che richiedono protezione.
GATS: general agreement on trade on services, accordo generale sugli scambi di servizi.
GATT: Il General Agreement on Tariffs and Trade (Accordo Generale sulle Tariffe ed il Commercio) è un
accordo internazionale, firmato il 30 ottobre 1947 a Ginevra da 23 paesi, per stabilire le basi per un sistema
multilaterale di relazioni commerciali con lo scopo di favorire la liberalizzazione del commercio mondiale.
IMPRESA: È impresa qualsiasi soggetto che svolga un’attività economica, capace di incidere sulla
concorrenza a prescindere dalla natura giuridica, dalle modalità di organizzazione e di finanziamento.
LAVORATORI FRONTALIERI: lavoratori che risiedono in uno Stato membro e prestano attività lavorativa in
LAVORO SUBORDINATO: si ha quando una persona compie, durante un certo tempo, a favore di un’altra e
sotto la direzione di questa, prestazioni in corrispettivo delle quali le spetta la retribuzione. (definizione Corte di
giustizia)
LIBRO BIANCO 1985: i Libri bianchi sono documenti che contengono proposte di azione comunitaria in un
settore specifico. Talvolta fanno seguito a un libro verde pubblicato per promuovere una consultazione a
livello europeo. Mentre i libri verdi espongono una gamma di idee ai fini di un dibattito pubblico, i libri
bianchi contengono una raccolta ufficiale di proposte in settori politici specifici e costituiscono lo strumento
per la loro realizzazione (definizione dell’UE);
MECCANISMO DI COMPENSAZIONE: atto a far incontrare domanda e offerta di lavoro e facilitarne
l’equilibrio. Il meccanismo opera sulla trasmissione di informazioni relative alla domanda e offerta di
impieghi e sul ruolo dell’Ufficio europeo di coordinamento, incaricato di favorire il contatto tra le domande
e le offerte di impiego.
MERCATO COMUNE: la nozione era molto più ampia di quella di mercato comune, perche comprendeva
anche libertà pertinenti al mercato interno e politiche comuni nei settori considerati dal Trattato. Dal
Trattato di Lisbona questa espressione non viene più utilizzata.
MERCATO INTERNO: comporta uno spazio senza frontiere interne, nel quale è assicurata la libera
circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali.
MERCI: prodotti pecuniariamente valutabili, atti a costituire oggetto di negozi commerciali. (definizione Corte di
giustizia)
MISURA DI EFFETTO EQUIVALENTE AD UNA RESTRIZIONE QUANTITATIVA: qualsiasi misura che ostacoli
direttamente o indirettamente gli scambi di merci tra s.m.; in questo ambito è ricompreso ogni
comportamento imputabile allo Stato e ogni misura, come una reiterata prassi amministrativa.
OMC: organizzazione mondiale del commercio, istituita dall’Accordo di Marrakech 15 aprile 1994.
POSIZIONE DOMINANTE COLLETTIVA: esiste quando si verifica una situazione di paritario potere di
mercato da parte di poche imprese.
POSIZIONE DOMINANTE SUL MERCATO: indica l’esistenza di un notevole grado di indipendenza di cui gode
un operatore economico, che può determinare le proprie strategie sul mercato, senza tener conto dei
comportamenti di altri operatori. La posizione dominante è ottenuta dall’impresa che detenga una quota di
mercato superiore al 40%.
PRINCIPIO DEL MUTUO RICONOSCIMENTO: La Commissione del libro bianco sul completamento del
mercato interno adotto due strumenti per sopprimere le barriere tecniche e fiscali: il principio del mutuo
riconoscimento delle norme tecniche nazionali e l’armonizzazione di tali norme. Il principio del mutuo
riconoscimento prevede che ciascun s.m. ha l’obbligo di ammettere nel proprio territorio le merci
provenienti da un altro s.m. qualora esse siano legalmente prodotte e messe in commercio in quest’altro
Stato, in osservanza delle norme tecniche vigenti. L’applicazione a queste merci della disciplina tecnica
dello Stato importatore costituirebbe misura di effetto equivalente.
PRINCIPIO DEL NON-REFOULEMENT : nessuno può essere allontanato, espulso, estradato verso uno Stato
in cui esiste un rischio serio di essere sottoposto a pena di morte, tortura, altre pene o trattamenti inumani
o degradanti.
PRINCIPIO DELL’ESAURIMENTO ALL’INTERNO DELL’UNIONE: il diritto di esclusiva garantito dalle norme
nazionali, in materia di proprietà industriale e commerciale, esaurisce i suoi effetti nell’insieme dell’UE e
non può essere invocato per opporsi alle importazioni di un prodotto da un altro s.m., qualora questo sia
51
Stato legittimamente realizzato e posto in commercio nell’altro s.m. dal titolare medesimo o con il suo
consenso.
PROFUGO: chi si è allontanato dal proprio paese di origine per motivi di persecuzione o guerra.
PROTEZIONE SUSSIDIARIA: forma di tutela complementare rispetto a quella derivante dal riconoscimento
dello status di rifugiato.
REGOLAMENTI DI ESENZIONI PER CATEGORIA: hanno lo scopo di precisare, rispetto al settore considerato,
le condizioni che, se osservate, consentono la non applicazione dell’art. 101 par.1 all’accordo.
Tradizionalmente contenevano un elenco di clausole vietate, la cui presenza nell’accordo ne avrebbe
escluso l’esentabilità (clausole nere) e un elenco di quelle ammesse (clausole bianche). I regolamenti più
recenti hanno adottato un approccio economico: essi prevedono che la valutazione circa l’esentabilità vada
compiuta in concreto con riferimento al potere di mercato detenuto dalle imprese partecipanti all’intesa.
REGOLAZIONE: tendenza degli s.m. a disciplinare con proprie regole mercati nei quali è forte la presenza di
interessi di carattere sociale, evitando interventi aventi una connotazione dirigista nell’economia nazionale.
Tramite la regolazione, gli s.m. dovrebbero condurre certi settori verso una apertura alla concorrenza,
anche rispettando esigenze di carattere sociale e politico.
RIFUGIATO: colui che, temendo di essere perseguitato per motivi di razza/religione/nazionalità/ecc, si trovi
fuori dal paese di cui è cittadino e non vuole avvalersi della protezione di questo paese; oppure colui che,
non avendo cittadinanza e trovandosi fuori dal paese in cui aveva residenza abituale, non vuole tornarvi per
i motivi di cui sopra. (definizione convenzione di Ginevra)
SERVIZI RILEVANTI PER IL DIRITTO UE: (art. 57 n.1 TFUE) prestazioni normalmente fornite dietro
retribuzione, non regolate dalle disposizioni relative alla libera circolazione delle merci, capitali, persone.
Nell’articolo vengono elencate alcune materie ma l’elenco non è esaustivo. la nozione di servizio rilevante
per il diritto UE comprende ogni attività economicamente rilevante che si concreti in un facere e non
comporti scambio di beni; il servizio deve soddisfare altri requisiti: deve trattarsi di attività che coinvolgono
soggetti stabiliti nel territorio UE e che vengono svolte secondo le modalità indicate dai Trattati e dalla
giurisprudenza della Corte di giustizia.
SFOLLATO: colui che non rientra nella definizione di rifugiato ma è meritevole di protezione in ragione di
fenomeni che lo costringano a lasciare lo Stato di appartenenza.
TARIC: Allo scopo di integrare e codificare tutti i provvedimenti adottati in materia doganale, il
regolamento sulla tariffa doganale prevede che ogni anno la Commissione instauri una tariffa integrata
delle Comunità europee (TARIC) che diventa Tariffa integrata dell’Unione europea. La Taric rappresenta la
tariffa doganale comune, perche incorpora i provvedimenti relativi alle esportazioni.
TASSE DI EFFETTO EQUIVALENTE: qualsiasi onere pecuniario imposto unilateralmente a prescindere dalla
sua denominazione e dalla sua struttura, che colpisca le merci in ragione del fatto che esse varcano la
frontiera. (definizione Corte di giustizia)
UFFICIO EUROPEO DI SOSTEGNO PER L’ASILO: ha sede a Malta, ha iniziato la propria attività nel 2011 e
provvede ad agevolare lo scambio di informazioni e di esperienze fra s.m. e organizzare iniziative comuni di
formazione del personale addetto negli s.m. all’esame delle domande di protezione.
un altro.
URUGUAY ROUND DEL GATT: L’ultimo e più importante di tali negoziati, l’Uruguay Round (il nome di tale
"round" deriva dal fatto che i negoziati iniziarono, il 20 settembre 1986, a Punta del Este in Uruguay) è
Stato una vera e propria maratona di Trattative che ha coinvolto 123 paesi ed è durata sette anni e mezzo
(tra il 1986 ed il 1994), terminando con la firma degli accordi di Marrakech, il 15 aprile 1994, con la
creazione del WTO (OMC in italiano) e la ratifica di tre accordi principali: GATT (General Agreement on
Tariffs and Trade) Accordo generale sulle tariffe doganali ed il commercio; GATS (General Agreement on
Trade in Services)Accordo generale sul commercio dei servizi; TRIPS (Trade-Related Aspects of Intellectual
Property Rights) Aspetti commerciali dei diritti di proprietà intellettuale. Tali accordi contengono le
definizioni e i principi generali, rispettivamente, nei campi del commercio e delle tariffe (sui prodotti), dei
servizi e della proprietà intellettuale (brevetti,marchi, copyright ed invenzioni industriali). A seguito dei
negoziati sono poi Stati ratificati, tra i paesi partecipanti, diversi altri accordi (una cinquantina) legati a
settori specifici e sono Stati stabiliti gli impegni dei singoli paesi per permettere ai prodotti stranieri di
accedere ai rispettivi mercati: nell'ambito del GATT si tratta di impegni vincolanti (binding commitments)
52
sulle tariffe doganali delle merci, per i prodotti agricoli gli accordi hanno riguardato le limitazioni relative
ai prezzi ed alle quote di importazione, mentre nell'ambito del GATS, gli impegni riguardano una lista di
eccezioni, cioè di servizi per i quali i paesi dichiarano di non applicare il principio di non discriminazione
della "nazione più favorita". Mentre nell'ambito dell'accordo GATT del 1947 era contemplata l'esistenza di
un complesso sistema di quote di import-export e di sussidi, con la nascita del WTO e l'entrata in vigore
della nuova serie di accordi tali "distorsioni" al libero mercato sono state eliminate: la nuova normativa
introdotta con l'Uruguay Round impone, infatti, come unica limitazione possibile quella tariffaria, nonché la
graduale riduzione di tutti i sussidi alla produzione interna ed all’esportazione. Riguardo ai brevetti sono
Stati approvati, in particolare, due articoli, rispettivamente relativi all'importazione forzata ed alla
registrazione parallela che affermano il diritto dei paesi privi di copertura finanziaria ad autorizzare
l'importazione senza il pagamento di copyright o, in caso di rifiuto dei detentori del brevetto, a produrre in
deroga (senza il pagamento di royalties) i prodotti o servizi ritenuti necessari: tale secondo articolo è Stato
invocato per la produzione di farmaci costosi e coperti da brevetto (soprattutto vaccini) che non erano nelle
possibilità economiche di alcuni paesi.
VANTAGGI SOCIALI: rientrano in questa definizione tutte le misure di cui i cittadini dello Stato ospitante
risultino i destinatari in virtù della loro condizione generale di lavoratori o della semplice residenza sul
territorio nazionale. Si considera vantaggio sociale l’agevolazione concessa per la nascita di un figlio, il
sussidio di disoccupazione, ecc.
53
Presidenti attuali delle Istituzioni UE
presiede e anima i lavori del Consiglio europeo per stabilire gli orientamenti politici generali e le
priorità dell'UE, in cooperazione con la Commissione
promuove la coesione e il consenso in seno al Consiglio europeo
assicura la rappresentanza esterna dell'UE per quanto riguarda le questioni di politica estera e di
sicurezza.
54
CAPITOLO I - LA LIBERA CIRCOLAZIONE DELLE MERCI ...................................................................................... 2
INTRODUZIONE.................................................................................................................................................. 2
MERCATO INTERNO E LIBERA CIRCOLAZIONE DELLE MERCI......................................................................... 2
LE FONTI DELLA DISCIPLINA GIURIDICA DELLA LIBERA CIRCOLAZIONE DELLE MERCI .................................. 2
L’AMBITO DI APPLICAZIONE DELLE NORME DELL’UNIONE EUROPEA SULLA LIBERA CIRCOLAZIONE DELLE
MERCI ............................................................................................................................................................ 3
LIBERA CIRCOLAZIONE DELLE MERCI E UNIONE DOGANALE ............................................................................ 3
IL DIVIETO DI DAZI DOGANALI E DELLE TASSE DI EFFETTO EQUIVALENTE .................................................... 3
LA SOPPRESSIONE DEI CONTROLLI FISCALI ALLE FRONTIERE TRA STATI MEMBRI ....................................... 4
LE IMPOSIZIONI FISCALI INTERNE .................................................................................................................. 4
IL DIRITTO AL RIMBORSO DEI TRIBUTI RISCOSSI DA UNO STATO MEMBRO IN VIOLAZIONE DEL DIRITTO
DELL’UNIONE EUROPEA ................................................................................................................................ 4
LA TARIFFA DOGANALE COMUNE E IL REGIME DELLE FRANCHIGIE ............................................................. 5
LIBERA CIRCOLAZIONE DELLE MERCI E DIVIETO DI RESTRIZIONI QUANTITATIVE TRA STATI MEMBRI ............. 6
IL DIVIETO DI RESTRIZIONI QUANTITATIVE E DELLE MISURE DI EFFETTO EQUIVALENTE ............................. 6
GLI OSTACOLI ALLA LIBERA CIRCOLAZIONE DELLE MERCI DERIVANTI DALLE NORME TECNICHE NAZIONALI
E IL PRINCIPIO DEL MUTUO RICONOSCIMENTO ........................................................................................... 6
L’ARMONIZZAZIONE DELLE LEGISLAZIONI NAZIONALI .................................................................................. 7
LE DEROGHE AL DIVIETO DELLE RESTRIZIONI QUANTITATIVE E DELLE MISURE DI EFFETTO EQUIVALENTE 7
(SEGUE) LA LIBERA CIRCOLAZIONE DEI BENI CULTURALI .............................................................................. 8
I MONOPOLI COMMERCIALI E LA LIBERA CIRCOLAZIONE DELLE MERCI ....................................................... 9
CAPITOLO II - LA LIBERTA’ DI CIRCOLAZIONE DELLE PERSONE E LA POLITICA DELL’IMMIGRAZIONE ............. 10
LA LIBERTA’ DI CIRCOLAZIONE DEI CITTADINI DEGLI STATI MEMBRI.............................................................. 10
DALLA LIBERTA’ DI CIRCOLAZIONE DEI LAVORATORI A QUELLA DEI CITTADINI DELL’UNIONE EUROPEA .. 10
CITTADINANZA DELL’UNIONE EUROPEA E LIBERTA’ DI CIRCOLAZIONE ...................................................... 10
L’AMBITO DI APPLICAZIONE DELLA NORMATIVA SULLA LIBERA CIRCOLAZIONE DEI CITTADINI
DELL’UNIONE ............................................................................................................................................... 11
LE CONDIZIONI PER LA CIRCOLAZIONE E IL SOGGIORNO DEI CITTADINI DELL’UNIONE EUROPEA ............. 11
LE PROCEDURE RELATIVE ALL’INGRESSO E IL SOGGIORNO DEI CITTADINI DELL’UNIONE .......................... 12
IL DIRITTO AL RICONGIUNGIMENTO FAMILIARE ......................................................................................... 12
(SEGUE) IL RICONGIUNGIMENTO CON I FAMILIARI CHE NON SONO CITTADINI DI UNO STATO MEMBRO 13
I LIMITI ALL’INGRESSO E AL SOGGIORNO DEI CITTADINI DELL’UNIONE ..................................................... 14
LE GARANZIE E I MEZZI DI RICORSO NEI CONFRONTI DI PROVVEDIMENTI RESTRITTIVI DELL’INGRESSO E
DEL SOGGIORNO.......................................................................................................................................... 14
LA CIRCOLAZIONE E IL TRATTAMENTO DEI LAVORATORI SUBORDINATI CITTADINI DI STATI MEMBRI ......... 15
LE DISPOSIZIONI DEL TRATTATO E LA NORMATIVA DERIVATA IN TEMA DI CIRCOLAZIONE DEI LAVORATORI
SUBORDINATI .............................................................................................................................................. 15
(SEGUE) LA NOZIONE DI LAVORATORE DIPENDENTE.................................................................................. 15
L’ACCESSO AL LAVORO ................................................................................................................................ 16
LA SITUAZIONE DELLE PERSONE IN CERCA DI OCCUPAZIONE ..................................................................... 16
I LIMITI ALL’ACCESSO AL LAVORO: L’ECCEZIONE DEGLI IMPIEGHI NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE . 17
(SEGUE) IL REQUISITO DELLE CONOSCENZE LINGUISTICHE ........................................................................ 17
IL TRATTAMENTO DEI LAVORATORI ............................................................................................................ 17
IL TRATTAMENTO DEI FAMILIARI DEL LAVORATORE .................................................................................. 18
LA SICUREZZA SOCIALE ................................................................................................................................ 19
LA POLITICA DELL’IMMIGRAZIONE .................................................................................................................. 19
LO SVILUPPO DELLA POLITICA DELL’IMMIGRAZIONE E LA ELIMINAZIONE DEI CONTROLLI ALLE FRONTIERE
INTERNE ....................................................................................................................................................... 19
55
L’ARMONIZZAZIONE DEI CONTROLLI ALLE FRONTIERE ESTERNE ................................................................ 21
IL REGIME APPLICABILE AI CITTADINI DI STATI TERZI.................................................................................. 24
LA NORMATIVA SULL’INGRESSO ................................................................................................................. 24
LA NORMATIVA SUL SOGGIORNO ............................................................................................................... 24
LA NORMATIVA SUL TRATTAMENTO DEI LAVORATORI DI STATI TERZI ...................................................... 25
LA NORMATIVA SUL RIMPATRIO ................................................................................................................. 25
IL DIRITTO DI ASILO E GLI ISTITUTI DELLA PROTEZIONE TEMPORANEA E DELLA PROTEZIONE SUSSIDIARIA
..................................................................................................................................................................... 26
LA NATURA E L’ESTENSIONE DELLA COMPETENZA DELL’UNIONE IN MATERIA DI IMMIGRAZIONE .......... 27
LA CONVENZIONE DI SCHENGEN E LA SUA INTEGRAZIONE NELL’UNIONE EUROPEA ................................ 27
LA CIRCOLAZIONE DEI LAVORATORI NEGLI ACCORDI DI ASSOCIAZIONE ........................................................ 28
IL PRINCIPIO DI NON DISCRIMINAZIONE ..................................................................................................... 28
LA CIRCOLAZIONE DEI LAVORATORI ............................................................................................................ 28
CAPITOLO III - LA LIBERA PRESTAZIONE DEI SERVIZI ....................................................................................... 29
INTRODUZIONE............................................................................................................................................ 29
L’AMBITO DI APPLICAZIONE SOSTANZIALE E LE MATERIE ESCLUSE ........................................................... 29
L’AMBITO DI APPLICAZIONE RATIONE PERSONARUM: I SOGGETTI TUTELATI............................................ 30
LE MODALITA’ DI SVOLGIMENTO DELLA PRESTAZIONE DI SERVIZI: IL CARATTERE ‘’TRANSFRONTALIERO’’
DELL’ATTIVITA’............................................................................................................................................. 31
IL REGIME DELLA LIBERTA’ DI PRESTAZIONE DI SERVIZI: DAL TRATTAMENTO NAZIONALE AL ‘’MUTUO
RICONOSCIMENTO’’ DELLE NORMATIVE NAZIONALI .................................................................................. 32
L’EFFETTO DIRETTO DELLE DISPOSIZIONI DEL TFUE E IL DIVIETO DI DISCRIMINAZIONI SULLA BASE DELLA
CITTADINANZA............................................................................................................................................. 32
LE MISURE DISCRIMINATORIE CONSENTITE DAL TRATTATO ...................................................................... 33
IL DIVIETO DI DISCRIMINAZIONI INDIRETTE: LE MISURE INDISTINTAMENTE APPLICABILI ......................... 33
DEROGHE AL DIVIETO DI DISCRIMINAZIONI INDIRETTE: LE MISURE INDISTINTAMENTE APPLICABILI
CONSENTITE SECONDO LA CORTE DI GIUSTIZIA ......................................................................................... 34
LA DIRETTIVA SERVIZI .................................................................................................................................. 34
CAPITOLO IV - LE POLITICHE DI CONCORRENZA.............................................................................................. 36
PARTE I – LA POLITICA DI CONCORRENZA RIVOLTA ALLE IMPRESE PRIVATE.............................................. 36
GENERALITA’................................................................................................................................................ 36
I SETTORI SOTTOPOSTI A REGOLE DI CONCORRENZA ................................................................................. 36
IL CONCETTO DI IMPRESA............................................................................................................................ 36
LE INTESE VIETATE DALL’ART. 101............................................................................................................... 37
I COMPORTAMENTI VIETATI DALL’ART. 101 ............................................................................................... 37
(SEGUE) ACCORDI ORIZZONTALI E ACCORDI VERTICALI.............................................................................. 38
LA NULLITA’ DELLE INTESE VIETATE ............................................................................................................ 38
LE ESENZIONI ............................................................................................................................................... 38
PROFILI GENERALI........................................................................................................................................ 38
LE ESENZIONI INDIVIDUALI .......................................................................................................................... 39
LE ESENZIONI PER CATEGORIA .................................................................................................................... 39
LE CONDIZIONI DI ESENTABILITA’ DEGLI ACCORDI VERTICALI .................................................................... 40
L’ABUSO DI POSIZIONE DOMINANTE VIETATO DALL’ART. 102 ................................................................... 40
L’ESISTENZA DI UNA POSIZIONE DOMINANTE ............................................................................................ 40
LA POSIZIONE DOMINANTE COLLETTIVA .................................................................................................... 40
IL MERCATO RILEVANTE .............................................................................................................................. 41
LO SFRUTTAMENTO ABUSIVO ..................................................................................................................... 41
I PROCEDIMENTI DI APPLICAZIONE DEL DIRITTI EUROPEO DELLA CONCORRENZA .................................... 42
L’APPLICAZIONE AD OPERA DELLA COMMISSIONE ..................................................................................... 42
L’APPLICAZIONE DECENTRATA DA PARTE DELLE AUTORITA’ ANTITRUST NAZIONALI ................................ 43
56
L’APPLICAZIONE GIUDIZIALE........................................................................................................................ 43
IL COORDINAMENTO TRA LE AUTORITA’ COMPETENTI ALL’APPLICAZIONE DEL DIRITTO EUROPEO DELLA
CONCORRENZA ............................................................................................................................................ 43
IL COORDINAMENTO TRA COMMISSIONE E AUTORITA’ GARANTI NAZIONALI .......................................... 43
IL COORDINAMENTO TRA LA COMMISSIONE E LE AUTORITA’ GIUDIZIARIE DEGLI STATI MEMBRI .......... 44
L’AMBITO DI APPLICAZIONE DEL DIRITTO EUROPEO DELLA CONCORRENZA ............................................. 45
IL PREGIUDIZIO AL COMMERCIO INTER-STATALE E L’ALTERAZIONE SENSIBILE DELLA CONCORRENZA..... 45
IL RAPPORTI TRA DIRITTO EUROPEO E DIRITTO NAZIONALE ANTITRUST ................................................... 45
LA DELIMITAZIONE TERRITORIALE............................................................................................................... 45
IL DIRITTO DELLA CONCORRENZA IN MATERIA DI CONCENTRAZIONI FRA IMPRESE.................................. 46
PROFILI GENERALI........................................................................................................................................ 46
LA DISCIPLINA DELLE CONCENTRAZIONI NEL REGOLAMENTO N. 139/2004 .............................................. 46
PARTE II – LA POLITICA DI CONCORRENZA RIVOLTA AGLI STATI MEMBRI.................................................. 47
LA DISCIPLINA DEI COMPORTAMENTI SUL MERCATO DI IMPRESE PUBBLICHE O INCARICATE DELLA
GESTIONE DI SERVIZI DI INTERESSE PUBBLICO............................................................................................ 47
LA STRUTTURA DELL’ART. 106 ..................................................................................................................... 47
L’AMBITO DI APPLICAZIONE DELL’ART. 106 ................................................................................................ 47
IL CRITERIO APPLICATIVO DEI LIMITI POSTI AGLI STATI MEMBRI ............................................................... 47
LE DUE FASI DELL’APPLICAZIONE DELL’ART. 106 ........................................................................................ 48
MISURE STATALI E NORMATIVA COMUNITARIA SULLA CONCORRENZA .................................................... 49
LA NORMA DEDOTTA DAGLI ARTT. 101 E 102 TUE ..................................................................................... 49
GLOSSARIO ...................................................................................................................................................... 50
Presidenti attuali delle Istituzioni UE .............................................................................................................. 54
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