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Università degli studi di Cagliari

Lezione di: Linguistica italiana

Lezioni tenute dal docente: Maurizio Trifone

Appunti di lezione
28/03/2018


Le differenze tra ALTERAZIONE e SUFFISSAZIONE sono molteplici:

1. DIFFERENZA SEMANTICA

Il significato della parola di base non cambia nella sostanza, ma negli aspetti del referente:
grandezza, qualità, e modo in cui il parlante attribuisce un valore al significato.

2. TRANSCATEGORIZZAZIONE DELLA SUFFISSAZIONE

La suffissazione cambia la categoria grammaticale, mentre l’alterazione NO. L’unico caso di


suffissazione in cui non vi è un cambio è da NOME a NOME. Mentre solamente l’alterazione agisce
su aggettivi e verbi.
3. SUFFISSI

Nell’alterazione si possono avere un cumulo di suffissi, mentre nella suffissazione solo UNO. Inoltre,
nell’alterazione è possibile la combinazione INTERFISSO + UN SUFFISSO.
Due interfissi principali sono:
IC (che può essere raddoppiato: libriccino)

Es.: campicello (interfisso ic + suffisso ello)


OL

Es.: sassolino (interfisso ol + suffisso ino)

Ci sono anche casi di DOPPIO SUFFISSO:


Es.: giovanotto -> giovanott+ino

4. DIFFERENZA FORMALE

L’alterazione non è predicibile e prevedibile, perché non ci sono regole, soltanto l’uso dice che un
certo alterato sarà legato ad una base.

Es.:

-ino -etto

Muso musino musetto

Muro X muretto
Caro carino X



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5. REGOLA SEMANTICA

L’alterato vero non deve avere i suffissi uguali all’alterato lessicalizzato.

6. REGOLA FONETICA

Quando la terminazione della parola coincide con il suffisso, quel suffisso non può essere usato
per formare l’alterato.

Es.: tetto (participio passato del latino -> coperto)


polpetta -> polpettina

contadino -> contadinello

collina -> collinetta


I suffissi alterativi per nomi ed aggettivi sono:
-ino -> patatina; è il più produttivo ed è particolarmente diffuso in area toscana.

Manzoni aveva sostituito tutto i vari -ETTO e -ELLO con il suffisso -INO e inoltre, quest’ultimo è il
suffisso più usato dai bambini e dagli adulti che parlano con i bambini.
-etto -> pargoletto; è il secondo più produttivo ed è diffuso a Roma.
-ello -> asinello; è il terzo più produttivo ed è diffuso soprattutto nel meridione e nella zona
di Napoli.
-accio -> ha un valore oggettivo peggiorativo, ma nel meridione, in famiglia, si usa con tono
affettuoso (ANTIFRASI: quando si usa il suffisso peggiorativo in modo affettuoso). Può avere
inoltre un tono di commiserazione (povero -> poveraccio).
-uccio -> valore vezzeggiativo positivo o negativo.
-one -> cosa grande. Si usa anche con i nomi femminili, a cui cambia il genere (tromba ->
trombone). Ha un valore oggettivo, ossia non si usa con valore connotativo, tranne alcune
volte (casermone -> valore spregiativo).
-astro -> senso spregiativo

Es.: figliastro, che però è diventato un ALTERATO LESSICALIZZATO, anche se non


si utilizza più perché ha ancora un valore negativo.

-Astro si usa anche per i colori ed ha una funzione attenuativa (grigiastro -> che tende al grigio).
-olo -> diminutivo (sedia -> sediola).
-otto -> unito al nome di animale, indica il piccolo della specie (tigre -> tigrotto), mentre se
viene unito all’aggettivo, ha un valore attenuativo (vecchio -> vecchiotto).
-acchio -> si unisce ad altri suffissi.
-iciattolo -> valore vagamente spregiativo (fiume -> fiumiciattolo).
-occio -> valore attenuativo.
-uncolo -> valore spregiativo.
-ognolo -> valore attenuativo.
-iccio -> valore attenuativo per i colori (bianco -> bianchiccio).
-icchio -> valore spregiativo (uomo -> ominiccio; avvocato -> avvocaticchio; governo ->
governicchio).



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-icciolo -> valore diminutivo.


-uola -> valore diminutivo (faccenda -> faccenduola).

Mentre il suffisso -aldo non è alterativo, ma derivazionale, di origine longobarda.

I suffissi alterativi per i verbi sono:


-icchiare -> lavoricchiare
-ucchiare -> mangiucchiare
-ottare -> parlottare
-erellare -> giocherellare
-acchiare -> ridacchiare
-ettare -> fischiettare

I suffissi verbali alterativi indicano un’azione ripetuta ed attenuata e vengono chiamati VERBI
FREQUENTATIVI o ITERATIVI.

Al contrario -eggiare non è un suffisso alterativo, ma un semplice suffisso che forma verbi da nomi
o aggettivi.


PROCESSO DI LESSICALIZZAZIONE

Non riguarda solo gli alterati, ma anche altre parole e innanzitutto dobbiamo partire dalla
differenza tra elementi lessicali e grammaticali. Gli elementi del gruppo lessicale fanno parte di un
gruppo aperto che può accogliere nuove parole, mentre il gruppo grammaticale è un gruppo
chiuso. Gli elementi grammaticali possono diventare elementi lessicali tramite il processo di
LESSICALIZZAZIONE, viceversa gli elementi lessicali possono diventare elementi grammaticali
tramite il processo di GRAMMATICALIZZAZIONE.
Con la LESSICALIZZAZIONE abbiamo più parole, ma un unico lessema:
cantante (non lessicalizzazione, ma CONVERSIONE) prima era un participio, ossia una forma
verbale, poi è diventato un sostantivo.
participi passati -> sostantivi.
Infiniti verbali -> sostantivi
Gerundi -> sostantivi (es.: crescendo)
ü Es.: REPULISTI, che vuol dire piazza pulita, è la seconda persona verbo latino al perfetto
(passato remoto) e vuol dire ‘respingesti’. Deriva dall’infinito repellere ed era contenuto in
un Salmo (‘Quare me repulisti?’ -> ‘Perché mi respingesti?’). Questa è una paraetimologia.
La parola “repulisti” è stata collegata alla parola “ripulire”. Il significato non è più quello di
respingere.

Vengono inoltre utilizzati i suffissi:


-trice, perde il valore morfologico, grammaticale ed assume un valore semantico (lavatrice
à mitragliatrice, ecc.).
-ismo, che viene utilizzato per formare vocaboli astratti che indicano dottrine, movimenti
religiosi, filosofici, politici, sociali, artistico-letterari; ha un valore polemico e/o spregiativo.



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Di punto in bianco -> quattro parole che corrispondono a una sola parola e vuol dire
improvvisamente. È un lessema, ossia un insieme di parole che corrisponde ad un’unica parola
nella lingua italiana, che chiamiamo (unità) POLIREMATICA o SINTAGMA LESSICALIZZATO o UNITÁ
LESSICALE SUPERIORE.

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