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CENTRE GEORGES POMPIDOU

Il Centro Pompidou (1971-77) un'opera di grande


importanza, non soltanto per Renzo Piano, Richard
Rogers e il resto dei progettisti che hanno
partecipato alla sua elaborazione, ma soprattutto
per l'architettura del suo tempo.
Il concorso internazionale stato indetto nel 1971
dal Ministero della Cultura francese.
Il bando prevedeva la creazione di unistituzione
culturale interdisciplinare, in cui all'arte moderna e
contemporanea si affiancassero anche letteratura,
design, musica e cinema
L'impatto scioccante e perentorio della struttura ha
un'immediata forza dimostrativa.
Il centro si erge, con i suoi sette piani vicino al
vecchio quartiere parigino del Marais, come un'ode
all'uso delle tecnologie industriali in campo
architettonico. Esso sostituisce con un gigantesco
contenitore tecnologico, che esibisce all'esterno le
strutture statiche e gli impianti dagli sgargianti
colori, un preesistente tessuto edilizio demolito,
collocato proprio nel centro di Parigi.
La struttura costituita da 14 portici con 13
campate, ognuno con una portata di 48 metri, e
interasse 12.8 metri. Allestremit superiore dei
pilastri in acciaio, ad ogni piano, ci sono delle
mensole in acciaio pressofuse di 8 metri di
lunghezza e 10 tonnellate di peso.
Le travi lunghe 45 metri sono poggiate alle
mensole, che trasferiscono gli sforzi lungo i pilastri
e sono bilanciate da tiranti e croci di
controventamento.
La gerarchia strutturale chiaramente leggibile:
ogni sezione dei profili in acciaio risponde agli
sforzi a cui sottoposta.
L'edificio un palazzo adibito ad ospitare mostre
d'arte contemporanea, che Piano & Rogers
interpretano in modo tale che l'oggetto estetico
torni ad essere oggetto di mercato, alimentando
flussi di visitatori a ciclo continuo.
Nel Centro Pompidou, secondo un principio
basilare del linguaggio High Tech, i piani interni
sono completamente svuotati da qualsiasi
ingombro strutturale, rendendo in tal modo del tutto
flessibile e continuo il succedersi dei diversi
allestimenti: le grandi dimensioni dell'edificio sono
dovute all'esigenza di disporre di spazi liberi e
flessibili, per accogliere simultaneamente diversi
eventi artistici; le grandi piastre che costituiscono
ogni piano, sono sostenute da una struttura
metallica esibita all'esterno, cosicch l'edificio
assume l'immagine di una macchina tecnologica,
anche se in realt tutti i componenti sono costruiti e
montati artigianalmente. Gli impianti si collocano
lungo la facciata ovest, contrassegnati da colori
differenti (blu per laria, verde per lacqua, giallo per
lelettricit e rosso per le circolazioni verticali).
Ascensori e scale mobili sono posti sulla struttura
portante, lungo la facciata, in modo che il pubblico
sia indirizzato verso canali di scorrimento
totalmente trasparenti.
I percorsi che collegano i vari ambienti diventano
quindi l'elemento fondamentale della degustazione
estetica: la scala mobile, che percorre quasi
interamente i 166 metri della facciata ovest,
protetta da volte trasparenti, appesa all'esterno
della facciata e costituisce da sola un oggetto di
attrazione del Beaubourg.
A pi di cent'anni di distanza si riprende il discorso
lasciato interrotto dal Crystal Palace, inserendo nel
tessuto ottocentesco di Parigi un elemento
architettonico nettamente contrastante col contesto
circostante, simbolo del linguaggio High Tech: vale
a dire un modo di costruire che irrompe nel
panorama architettonico a partire dagli anni '70,
utilizzando le tecniche pi evolute del cemento
armato, ma soprattutto dell'acciaio e del vetro
strutturale, impiegando alcuni metodi dell'industria
pi avanzata e l'utilizzo di software specializzati.
Il rapporto col contesto risolto invece attraverso
la realizzazione di spazi pubblici di fondamentale
importanza: la piazza antistante il Centre
Pompidou si rivelata uno dei luoghi pi animati di
Parigi, un vero museo a cielo aperto per gli artisti
della strada.
Negli anni '90 Renzo Piano ritorn per essere
sovrintendente alla ristrutturazione del centro,
spogliando la struttura delle aggiunte
eccessivamente sfarzose introdotte negli interni da
altri designer, per restituirla quasi totalmente alla
trasparenza ed apertura del progetto originario. Di
questa ristrutturazione si pu dire decisamente che
rese armonico l'insieme discordante di forme
meccaniche che aveva alterato l'articolazione delle
gallerie e di altri spazi interni, dal 1977 in poi.
Lo stesso Piano considera l'edificio una doppia
provocazione: da una parte una sfida al
formalismo, dall'altra una parodia dell'immaginario
tecnologico dell'epoca, la cui ostentazione di tubi e
metallo dai colori vivaci assolve una funzione
urbana espressiva e simbolica, dovuta al forte
impatto rispetto all'intorno.

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