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Il Razionalismo in architettura

Dopo la Prima guerra mondiale, l’Europa si trova a dover ricostruire se stessa e anche quel sistema di valori
e di riferimenti ideali indispensabili per la sopravvivenza e lo sviluppo di una società civile.

Quest’opera lenta e difficile di ripresa morale e umana coinvolge ovviamente anche le arti e in special modo
l’architettura che è da sempre quella più concretamente legata alle esigenze di vita e di
quotidianità della gente.

L’ultima importante esperienza architettonica prebellica era stata quella dell’Art Nouveau, che aveva superato in
modo definitivo il gusto classicista.

E
Partita dalle premesse di Horta, Wagner e Olbrich, l’architettura
art nouveau si era incagliata in un nuovo e vuoto accademismo.

Vediamo una meccanica riproduzione di forme sinuose e floreali.

Del resto, quando le forme sono slegate dai contenuti (che in architettura coincidono con la funzione) non hanno comunque
alcun senso.

Se continua a prevalere una pura logica decorativa, costruire un edificio in stile art nouveau non è assolutamente indice di
maggior modernità.

Già l’architetto austriaco Adolf Loos, infatti, si era scagliato con forza contro l’ornamento fine a se stesso, da lui definito
addirittura un «delitto».

Loos è tra i primi a usare un tipo di architettura razionalista durante la secessione viennese e inoltre nel suo celebre saggio dal
titolo significativo di Ornamento e delitto (1908), egli arriva ad affermare che l’«architettura non è un’arte, poiché
qualsiasi cosa serva a uno scopo va esclusa dalla sfera dell’arte».

In sostanza dice quindi che tutto ciò che deve funzionare in architettura deve essere razionale, che non ci devono essere cose inutili
alla funzione, ma ci devono essere solo cose funzionali: una costruzione più è funzionale, più è bella.

Le case costruite da quest’ultimo, avevamo tutte volumi rettilinei e forme razionali, infatti
Loos è una figura lontana dalla linea curva.

Le riflessioni di Loos rappresentano un punto di svolta per l’architettura europea: nel periodo fra le due guerre si
svilupperanno, diverse forme di sperimentazione, comprese sotto la definizione di Movimento moderno, che – bandito ogni
decorativisimo – faranno della funzionalità e del rigore razionale i propri principali strumenti progettuali.

Nel centro di Parigi possiamo trovare una struttura architettonica di Rogers e Piano, il
cosiddetto Centro Pompidou.

Quello che rende bello l’edificio sono le parti funzionali, che sono le uniche parti
visibili.

La particolarità di questa struttura è che non abbiamo le facciate,


quindi non ci sono elementi che coprono quello che contiene l’edificio,
ma vediamo appunto ogni elemento strutturale.

Posso vedere l’interno della costruzione anche se mi trovo all’esterno.


Il Deutscher Werkbund
L’esperienza razionalista degli anni Venti riparte da Loos e da quei gruppi di avanguardia che, in
Germania, avevano già avviato esperienze di ricerca e di progettazione con l’impiego dei materiali da
costruzione moderni e di nuove tecnologie a essi connesse.


Particolare significato aveva assunto quella del Deutscher Werkbund (Federazione Tedesca del Lavoro).


A
Venne fondata a Monaco di Baviera nel 1907 Hermann Muthesius

Il Werkbund si configura come uno straordinario laboratorio di idee:

all’interno del quale una nuova generazione di architetti e intellettuali si


impegna, insieme ad alcuni rappresentanti più progressisti del mondo
industriale, per sanare la frattura esistente tra arte, artigianato e
industria.

In questo periodo maturano alcune delle personalità artistiche più significative dell’architettura razionalista.

Fra tutti spicca Peter Behrens, architetto e disegner, che nelle sue costruzioni rivoluziona in senso moderno ogni
precedente regola edilizia, tenendo conto già in fase di progetto:
ò
delle esigenze dei committenti;
⑧.
delle finalità funzionali (cioè della destinazione d’uso che ogni edificio doveva avere);
is) dell’ottimizzazione dei costi di realizzazione (cioè della scelta dei migliori materiali e delle più efficienti tecniche
costruttive possibili).

Fabbrica di turbine AEG 1909


-

La Fabbrica di turbine (Turbinenfabrik), è uno dei lavori più


impegnativi di Peter Behrens, figura ch anticipa i tempi e svolgerà il
compito di “consulente di immagine”.

Viene costruita a Berlino per conto della AEG, la più grande industria
elettromeccanica del tempo.

Berhens viene incaricato dalla ditta di creare l’immagine della fabbrica, poster, elementi funzionali e il logo, in pratica tutto ciò
che riguarda la ditta, per farsi pubblicità.

Il suo compito è anche realizzare la sede di produzioni delle turbine, che non è quindi la solita struttura architettonica quale un
tempio o una casa, ma è appunto una fabbrica.

Behrens cerca di dare anche a un manufatto industriale l’imponenza di un tempio: per sottolineare in modo simbolico
l’importanza economica che il processo di industrializzazione sta rivestendo per l’impero tedesco.

A tal fine funzione e decorazione si sposano con sobrietà e armonia e – per la prima volta in Europa – La struttura ha una
l’architettura (intesa come arte) si interessa all’aspetto di una fabbrica (intesa come puro strumento di forma possente e
produzione). maestosa.
Uno dei lati lunghi dell’edificio è scandito da immense vetrate (15 metri) inserite in una struttura
portante d’acciaio, ottenendo così un duplice vantaggio di un’adeguata illuminazione naturale e di
un’estrema velocità di costruzione.

La struttura era inizialmente lunga 100 metri, mentre ad oggi visto che l’hanno ampliata, raggiunge i
200 metri.
L’acciaio è una lega
di ferro e carbonio,
non superiore al
6%; in caso
contrario diventa
ghisa.

Le pareti sono vetrate con nervature in acciaio, materiale principe nelle opere di questo periodo.

Nei due lati corti, invece, Behrens mette in evidenza una sorta di massiccio frontone a profilo
spezzato, che aggetta sulla muratura sottostante creando un significativo gioco di incastri fra
materiali diversi.

A tamponamento della facciata vi è un’altra altissima vetrata, anch’essa lievemente


aggettante dal piano della parete, che con la sua trasparenza alleggerisce la
compatta massa muraria del timpano.

Motivo strutturale: viene usato il vetro perché abbiamo il solaio e i pilastri in cemento armato che reggono la
struttura , e il peso non è scaricato nella parete (quindi può essere fatta di vetro).

Motivo ideologico: Con il nazional socialismo le fabbriche diventano un posto molto controllato, visto che sono up il
luogo dove vengono organizzate le rivolte del proletario.

Nei paesi nordici ad esempio, camminando nella strada posso guardare dentro le case, come se fosse un acquario.
Questa non è una cosa casuale, infatti viene fatto in modo che si possa vedere l’interno delle case, per dimostrare che non
hanno niente da nascondere e che la vita che conducono è limpida (trasparenza politica).

Usa il vetro per:


Illuminare
Risparmiare
Far vedere ciò che accadeva dentro la fabbrica

Questa parte più in basso è la parte amministrativa.


Vetrata e timpano, risultando su un unico piano, disegnano una specie di
fungo o, se guardati con occhi più tecnologici, la testa di un’enorme vite.
Il timpano, che solitamente ha forma triangolare, in questo caso appare
come un profilo spezzato, che continua nella vetrata.

La forma stessa, inizialmente imposta da precise esigenze funzionali


quali quelle dell’illuminazione, diventa allora anche un motivo
decorativo e simbolico.

Richiama la forma di una vite: componente principale


delle turbine principale, quindi richiama ciò che viene
composto al suo interno.

Si precisa così in modo ulteriore quella corrispondenza tra forma e funzione che
costituisce il tema distintivo dell’architettura di Behrens e di tutta l’innovativa
esperienza del Deutscher Werkbund.

Le Corbusier
Charles-Édouard Jeanneret-Gris, meglio noto con lo pseudonimo di Le Corbusier ( il corvo), nasce in
Svizzera, anche se la sua vera patria, così come il principale teatro di ogni sua attività critica e progettuale, sarà
la Francia.

La sua formazione, dopo un quinquennio di frequenza alla Scuola di arti applicate della cittadina natale
(1900-1905), è però di ampio respiro europeo.


Dal 1906 al 1914 viaggia per tutto il vecchio continente soggiornando:

a Vienna, dove può entrare in contatto con gli ambienti della Secessione;

a Monaco, ove partecipa a un’esposizione del Deutscher Werkbund;
a Berlino, dove per un breve periodo riesce a frequentare, insieme a due altri allievi d’eccezione quali Gropius e
Mies van der Rohe, il grande studio di Peter Behrens.

Dal 1922 apre uno studio di architettura e da quel momento la sua vulcanica attività progettuale non conoscerà
più soste.

A essa, spaziando dall’architettura all’urbanistica, fino al design, Le Corbusier si dedicherà con costanza,
passione e fantasia inesauribili fino alla morte in Costa Azzurra.

Disegno, pittura e design

Grazie al viaggio in Italia Le Corbusier, apprende dal vero e nel modo più diretto la grande lezione del passato.

I suoi schizzi, dal tratto sempre nitido e sicuro, sono realizzati soprattutto a matita, spesso ripassati anche a penna e poi
velocemente acquerellati.
Nel 1918 dà vita con l’amico pittore Amédée Ozenfant al Purismo.

È un movimento artistico che, pur partendo dalle


posizioni dei Cubisti, ne semplifica alcuni aspetti
introducendo le forme «pure», geometriche e
immediatamente riconoscibili degli oggetti
prodotti dall’industria.

Significativa è l’attività di Le Corbusier come designer.

Gli arredi e gli oggetti d’uso erano da lui intesi come logica prosecuzione dell’attività progettuale di un
architetto che, dopo aver pensato al contenitore (la casa), sentiva quasi naturalmente di dover rivolgere la
propria attenzione anche al contenuto, che doveva quindi avere determinati requisiti di forma e
funzionalità.

È così che nel 1928 realizza la celebre Chaise longue (cioè «sedia a sdraio»), una
poltrona da relax con schienale anatomico rialzato, destinata in seguito a diventare una
delle icone del disegno industriale del Novecento.

E sempre allo stesso anno risale la poltroncina Grand Confort, che presenta una
elementare struttura pressoché cubica, sempre realizzata in tubolare d’acciaio cromato e
lucidato.

I 5 punti dell’architettura

Le Corbusier è uno dei primi teorici dell’architettura moderna e inoltre a lui si deve l’organizzazione del primo
CIAM (Congrès International d’Architecture Moderne, Congresso Internazionale d’Architettura Moderna), tenutosi nel 1928
a La Sarraz, in Svizzera.

Nel 1923 aveva pubblicato “Verso un’architettura”, un fondamentale saggio-manifesto nel quale enunciava quelli che,
secondo lui, sarebbero dovuti essere i cinque punti per la nuova architettura del XX secolo.

Grazie alla sua teoria si ha dato forma alle tendenze


dell’architettura moderna.

Quelli che seguono sono i punti che secondo lui


dovrebbe avere una costruzione moderna per 1. i pilotis;
essere definita tale:
2. il tetto-giardino;

3. la pianta libera;

4. la finestra a nastro;

5. la facciata libera.
I pilotis, termine francese che può tradursi come «palafitte», sono degli
esili ma robustissimi pilastrini in calcestruzzo armato (malta cementizia
+ miscuglio di ghiaia, rinforzato con una rete in acciaio).

Grazie all’utilizzo di questo materiale, i pilastri, possono tenere un


carico enorme e quindi non è necessaria la presenza di pareti portanti
(per cui si potrebbero demolire senza togliere stabilità all’edificio)

Il cemento armato stabilisce la continuità fra il pilastro e la trave


e in questo caso si crea uno scheletro unico, resistente e sottile.

La loro funzione è quella di isolare la residenza sollevandola dal terreno, evitando così i problemi di umidità di
risalita e inoltre rendendo possibile ad esempio il parcheggio dell’auto.

I pilotis, grazie allo spazio lasciato tra il terreno e la casa, permettono al paesaggio di andare sotto.
Ciò crea una compenetrazione tra paesaggio e casa; il paesaggio non resta solo come sfondo, ma si compenetra con la casa.

si Il tetto giardino è funzionale all’evoluzione delle tecniche


costruttive, per cui non si rendono più necessarie le falde pendenti
per far defluire le acque piovane (grazie al cemento armato) e
quindi predilige il tetto piano, con uno scolo per l’acqua.

Poiché il tetto deve comunque essere impermeabile, Le Corbusier


teorizza una «misura particolare di protezione».

Inizialmente veniva fatto un isolamento della costruzione: per non far filtrare l’acqua metteva delle piastre di
cemento e le poggiava su un letto di sabbia per livellare il tutto ( sabbia materiale drenante).
Tra le piastre veniva seminata l’erba; essa con le radici avrebbe in modo che l’acqua non venisse assorbita
direttamente dal terreno, ma che venisse drenata e scolata.

La vera funzione del tetto sarà sopratutto il fatto di ospitare giardini (se non avevano il verde intorno alla casa,
comunque lo avevano nella parte superiore dell’abitazione).

La pianta libera è resa possibile dall’uso dei solai in


calcestruzzo armato, retti da pochi ed esili pilotis.

Si lascia al progettista la possibilità di organizzare gli


spazi di ogni piano senza ricalcare necessariamente
quelli dei piani sottostanti, com’era necessario fare
negli edifici in muratura tradizionale.

Con il cemento armato non esistono più i muri portanti e non sono costretto a seguire forma di pilastri per costruire le stanze.

Posso creare lo spazio come voglio.


La finestra a nastro rivoluziona l’aspetto delle moderne
facciate.

Il suo sviluppo orizzontale è reso possibile dall’uso dei


solai in calcestruzzo armato e dal conseguente
alleggerimento delle pareti che, non essendo più portanti,
non svolgono alcuna funzione statica.

La finestra a nastro consente altresì una maggior


penetrazione luminosa e l’attraversamento dell’intera
costruzione, vista la mancanza di mura portanti, e inoltre Corbusier prediligerà sempre le finestre orizzontali e
permette una più idonea corrispondenza tra funzione per questo ebbe discussioni con August, suo maestro,
interna e forma esterna. perché per quest’ultimo, la finestra doveva prendere
forma dell’uomo, figura retta e verticale.
Corbusier invece dice che l’andamento paesaggio però
è orizzontale, quindi privilegia questo tipo di finestre.
(la finestra crea continuità tra il dentro e il fuori e
viene ripreso quell’aspetto de cubismo detta
compenetrazione tra interno e esterno).

La facciata libera discende ancora una volta dalla struttura


dei solai e dei pilastri in calcestruzzo armato.

Questi ultimi sono arretrati rispetto alle facciate che, perciò,


possono assumere sempre nuove configurazioni in relazione
alle funzioni degli spazi interni.

Solo così la casa può assumere il ruolo di «macchina Per conoscere ogni facciata, devo girare intorno
per abitare» e l’architetto, grazie alla conoscenza e alla costruzione; quindi dobbiamo introdurre
all’impiego di materiali e tecnologie sempre più l’elemento del tempo, che è necessario
avanzati, deve riuscire a rendere tale macchina assolutamente per fare esperienza.
assolutamente perfetta e funzionale
Villa Savoye È ideata per una casa familiare

Nella Villa Savoye, costruita a Poissy, in Francia, tra il 1929 e il 1931, Le


Corbusier dimostra di avere già messo perfettamente a punto il proprio
innovativo linguaggio progettuale dei cinque punti.

La costruzione di due soli piani fuori terra, ha una pianta quadrata e si


regge su degli esilissimi pilotis a sezione circolare.

-
3 4Y
Partendo dal basso si ha un portico coperto , sotto al quale si può accedere
-

direttamente in automobile.
I
52 Oltre al garage con tre posti macchina, vi sono i servizi di lavanderia e un piccolo
appartamento per l'autista.

-
Dal portico, in diretto contatto con il verde del prato circostante, si accede al primo
piano mediante due rampe inclinate con dolce pendenza e una scala a chiocciola di
servizio dalle linee purissime.

Poiché tutta la struttura è in calcestruzzo armato e sono solo i pilotis che reggono i solai, le pareti possono essere
disposte in piena libertà, secondo le esigenze di progettazione e di organizzazione dello spazio pensate
dall'architetto.

Dal grande soggiorno rettangolare, con ampie finestrature orizzontali a nastro, si accede a una singolare
terrazza a «L», invisibile da fuori in quanto chiusa su entrambi i lati esterni dalle bianche pareti delle facciate.

Un'ulteriore rampa, infine, conduce alla copertura piana del tetto-giardino.

Qui sono ricavati il solarium, lo stenditoio e il giardino pensile vero e


proprio, protetti dagli sguardi indiscreti da un setto di muro sagomato con
morbide forme, generate in pianta dal rigoroso raccordo di cerchi ed ellissi.
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*
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Nel complesso la costruzione appare come un assemblaggio di volumi geometrici puri, assolutamente estraneo
all'ambiente circostante, dal quale emerge con voluta e singolare chiarezza.

La logica progettuale di Le Corbusier, del resto, sta proprio in questo suo creare gli ambienti dall'interno,
plasmandoli sulle esigenze di chi dovrà in seguito fruire, senza interessarsi più di tanto dei rapporti con
l'esterno.

Ciò non significa, comunque, indifferenza a tali rapporti.

L'architetto nutre la precisa consapevolezza che, se un'architettura obbedisce


con rigore razionale a tutte le necessità funzionali a essa connesse, non può
essere in contrasto con l'ambiente e il paesaggio circostanti.

-
L’unita di abitazioni Edificio popolare, ma è come se fosse una città autosufficiente

1946 -
1952 Palestra, scuola,
ristorante, le poste ecc

L’Unità di abitazione è un concetto teorizzato da Le Corbusier fin dal 1944, quando aveva immaginato la
concentrazione di un altissimo numero di alloggi all’interno di un unico e complesso organismo edilizio
polifunzionale.

La prima realizzazione di questo grandioso progetto ha luogo a


Marsiglia e si tratta dell’edificio per civile abitazione più grande fino
ad allora costruito, che Le Corbusier battezza, con grande ottimismo,
Città radiosa.

Sono delle case costruite dallo stato per le persone con un reddito
basso, così da pagare un affitto ragionevole in base alle loro entrate.
Anche perché in quel periodo stiamo uscendo dalla situazione
complessa per i bombardamenti sulle città, che sono state rese al
suolo, quindi si deve dare una casa a chi non ha più nulla.

*
È disposta nell’asse Nord-Sud. Molti ambienti comuni
per favorire la socialità
L’asse Sud-Ovest-Est sono decorati, mentre l’asse Nord no (perché
l’esposizione a nord è quello meno favorevole perché il sole non batte).
Interfono interno all’edificio
Lo fa perché vuole garantire a tutti la stessa illuminazione. così da far comunicare le
persone al proprio interno

Esterno con un percorso per


favorire il movimento

Composto da diciassette piani – un’eccezionalità,


nel panorama edilizio europeo del tempo –,
poggia su poderosi pilotis in calcestruzzo armato che
ne rendono agibile il piano terreno.
Al suo interno è percorso da varie strade coperte con funzione di corridoi
comuni, a loro volta interconnesse da scale e blocchi di ascensori, che servono
337 appartamenti di vari tagli per un numero massimo di circa 1500 abitanti.

Sono appartamenti fatti ad L, che si


incastrano tra loro, così da avere la stessa luce

Quasi tutte le cellule abitative sono del tipo duplex, cioè


disposte su due diversi livelli accessibili
mediante una scala interna.

Ciò dovrebbe consentire, secondo gli intenti di Le


Corbusier, di creare spazi più liberi e mossi e, in
quanto tali, meglio rispondenti alle esigenze
dell’abitare quotidiano.

Ci sono 13 tipi di stanze, comunque le Corbusier deve trovare un sistema per far vivere bene tutti.

La concezione della produzione industriale e dello standard, vuol dire trovare la soluzione per MOLTI.

Sul tetto – in pratica un’enorme terrazza praticabile – è stata ricavata una


serie di ben articolati volumi tecnici e di spazi collettivi e ricreativi a uso degli
abitanti, con l’intento di rendere la gran macchina per abitare anche
piacevole e attrattiva.

Alla prova dei fatti, però, l’Unità di abitazione dimostra i limiti di un’operazione ancora troppo intellettuale
per poter essere compresa dal grande pubblico dei fruitori.

Molti degli inquilini, infatti, si trovarono a disagio dietro le ampie superfici vetrate previste
dall’architetto, dimostrando in tal modo che le soluzioni progettuali proposte erano ancora
molto distanti rispetto alle abitudini di coloro che vi andavano realmente a vivere.
Open space con Loos; qui abbiamo lo stesso tipo di Dopo questo, gli chiederanno di costruire una città
rapporto, infatti la cucina e il salotto sono completamente da zero Chandigarh, in India
comunicati, ma ci lavora Charlotte Perriand

Si controllano i bambini
simultaneamente e simultaneamente si
utilizza la cucina

Il modulor

I
L’esperienza di Marsiglia si colloca comunque in una Pensare un insieme di più Unità d’abitazione significa
scala progettuale a cavallo tra quella architettonica e infatti immaginare delle vere e proprie città, sviluppate
quella urbanistica. per punti emergenti (le unità, appunto) e in quanto tali
non sparpagliate disordinatamente sul territorio.

Nel 1947, al fine di armonizzare al meglio le proprie esigenze


progettuali con le reali necessità abitative, l’architetto elabora
il cosiddetto Modulor:

* Esso individua – sulla base delle proporzioni


umane – una serie di multipli e sottomultipli
È la crasi tra module (modulo) e or (section d’or) geometrici in base ai quali dimensionare le
costruzioni.
Modulo: l'unità di misura alla quale sono
rapportate le misure di tutti gli elementi di una
composizione. Per esempio, nell'architettura
greca, il modulo era la misura del raggio della Affinché gli spazi siano i più funzionali possibile
colonna del tempio. e meglio rispondenti a tutte le esigenze del
vivere quotidiano.
Sezione aurea: sistema di misure; 1,618
Rapporto tra i numeri che si sommano
e più si va avanti con questo rapporto
più si definisce precisamente e origina
la forma che conosciamo. Questi elementi gli servono per creare un sistema che
ha come riferimento ideale il canone di Policleto (il
sistema con cui lo scultore utilizza delle dimensioni
standard per rappresentare l’essere umano)
Stabilisce che la persona media era alta 1.93
Con la mano alzata raggiunge i 2.26 (considera l’uomo con la mano alzata perché
comunque deve tenere conto di tutto l’arredamento).

Le altezze che ricava, che sono una via di mezzo tra la sezione aurea e il modulo, gli
permettono di trovare qualsiasi cosa

Il modulor, frutto di un quinquennio di studi e


sperimentazioni, è in un certo senso la
reinterpretazione in chiave razionale del canone Anche Albert Einstein mostrò di apprezzarlo scrivendo
policleteo e dei molti studi rinascimentali sulle che «si tratta di un sistema dimensionale che
proporzioni. rende difficile il male e facile il bene».

In breve il Modulor diventa lo strumento progettuale portante


di Le Corbusier, tanto da costituirne quasi la firma, come nel
grande rilievo impresso alla base dell’Unità di abitazione di
Marsiglia.

Cappella di Notre-Dame-du-Haut Nostra signora delle altezze

Le Corbusier abbandona i cinque punti dell’architettura Non essendo un’abitazione, si possono


non usare quegli elementi che invece
Tranne forse la facciata libera, in quanto le facciate dovevano essere utilizzati per rendere
appaiono tutte diverse. agibile e comoda una struttura.

Ci troviamo presso Ronchamp, presso Belfort, in Francia e questa chiesa


Siamo negli stessi anni in cui Le Corbusier sta
viene realizzata tra il 1950 e il 1955. realizzando L’Unità di abitazione.

Considerando il fatto che Le Corbusier fosse ateo, è comunque una


commissione di un certo tipo.
Inizialmente non vuole accettare, poi in realtà cambia idea perché gli Deve ricostruire una chiesa distrutta dai
lasciano libertà assoluta sul progetto. bombardamenti nel 1944.
È entusiasta perché può creare una struttura simile ad una costruzione che
È una chiesa che appartiene a un piccolo paesino
gli piaceva moltissimo, il Pordenone (una struttura sopra un colle).

Talvolta le chiese moderne non appaiono come qualcosa di soddisfacente agli occhi, rispetto ovviamente a quelle antiche,
invece l’architettura di Le Corbusier è capace di farsi anche monumentale.

È la prima volta che la tipologia dell’edificio sacro viene rivisitata in chiave veramente moderna, con
l’impiego di un materiale nuovo e di per sé brutale quale il calcestruzzo armato.
È una chiesa dalle piccole dimensioni, contenente tre cappelle di preghiera: una principale, una del mattino e una della sera.

La parte più particolare è sicuramente la copertura, Forma : guscio


realizzata con un’unica gettata di calcestruzzo, svuotato di un
modellata come se si trattasse di una grande e morbida granchio
vela rovesciata.

Per aumentare il senso di suggestiva leggerezza


dell’insieme, la copertura, che conserva il caratteristico
colore grigiastro del cemento, non appoggia
direttamente sulle pareti ma su corti pilastrini
affogati nella muratura delle medesime.

Questo ovviamente crea un senso di leggerezza

In questo modo, osservando il soffitto dall’interno, si percepisce una lama


di luce che penetra tra i muri e la vela in calcestruzzo, come se essa
potesse quasi volar via, improvvisamente, strappata dal vento.

La luce, del resto, entra all’interno da decine di aperture delle più varie
forme e da varie inclinazioni.

Feritoie, finestre, vetrate e frangisole determinano suggestivi effetti di


luce, ulteriormente valorizzati dal netto contrasto tra il bianco calcinato
dell’intonaco e il grigio sporco del cemento.
Contrasto che si ripropone anche all’esterno, dove i portali di accesso
sono decorati con vivacissimi motivi variopinti.

Le Corbusier, crea una condizione luminosa particolare, dato anche dal fatto che ci doveva essere un’atmosfera che
trasmettesse sacralità, e questo con le finestre a nastro non sarebbe stato possibile.

Per preservare la bellezza estetica è quella di disporre il tutto secondo la sezione aurea.

La morbida sinuosità di queste strutture non contraddice il rigore razionalista della consueta produzione di Le
Corbusier, soprattutto se si considera che le forme continuano a essere lo specchio fedele delle funzioni che si svolgono
al loro interno e che, in questo caso, sono ulteriormente complicate dal bisogno di intimità e di preghiera che il luogo
sacro richiede.

La chiesa inoltre è considerata reversibile, in quanto


funziona sia per le piccole folle, considerando appunto lo Vi è una teca che contiene la statua della vergine, anche
spazio interno ridotto, sia per le grandi folle, quali i grandi conosciuta come nostra signora delle altezze, che viene
pellegrinaggi per i quali si può celebrare il tutto all’esterno. girata da dentro a fuori in base alla situazione.

È importante dire che la chiesa è una chiesa di pellegrinaggi.

Lo scolo dell’acqua è reso possibile dall’andamento del tetto e dal fatto che ci sia una piccola fontana
Si nota un linguaggio meno rettilineo, per prediligere un linguaggio
organico, più ispirato al mondo naturale che al mondo geometrico.

La chiesa, inoltre, non ha una facciata privilegiata e dunque è un


qualcosa da scoprire girandole attorno, vivendola nei suoi
spazi, nei suoi percorsi e nei suoi materiali.

La meravigliosa macchina per abitare del grande architetto, in conclusione, non cessa di
funzionare anche se all’angolo retto si sostituisce la curva.
Frank Lloyd Wright
Wright nasce nel Wisconsin e muore più che novantenne a Phoenix.

Dopo un biennio di studi architettonici a livello universitario, si trasferisce a Chicago dove lavora nello
studio di Louis Henry Sullivan

Uno degli architetti allora più impegnati nella realizzazione di


grattacieli e grandi strutture, nelle cui forme sapeva far
magistralmente coesistere nuove tecnologie e decorativismo.

Wright recupera nella sua progettazione l’antico linguaggio costruttivo dei pionieri.

Nelle loro prime case di legno, egli vede un’importante


adesione all’ambiente dell’America rurale, dove ognuno
È importante considerare il contesto americano. si costruisce ciò di cui ha bisogno, secondo le proprie
esigenze personali e pratiche, in rapporto ai materiali
In termini architettonici gli Stati Uniti hanno delle disponibili e alle caratteristiche climatiche del luogo e
posizioni particolari, in quanto la storia, prima legata non si ha bisogno di figure professionali quali gli
ai popoli nativi, successivamente si collegherà a quello architetti.
che è il modello europeo.

Si parlerà di architettura vernacolare, cioè quel tipo di


architettura specifica di un luogo. Negli Stati Uniti l’architettura vernacolare è
rappresentata dalle costruzioni in legno.

Wright entra così in contatto con le problematiche dell’architettura contemporanea, della quale studia
approfonditamente i materiali e le possibilità applicative.

Matura fin dall’inizio una visione personalissima del rapporto tra ambiente naturale e ambiente
costruito, gettando le basi per quella che, in seguito, sarà la sua teoria sull’architettura organica.

L’architettura – secondo Wright – deve essere pensata e realizzata seguendo i suggerimenti naturali, biologici
(organici, appunto), che scaturiscono dall’attenta osservazione della natura e della realtà.

Fino a tutto l’Ottocento negli Stati Uniti si erano continuati a


utilizzare stili e tipologie edilizie di indiscussa provenienza europea.

Per gli edifici pubblici più rappresentativi, in particolare,


vennero adottati soprattutto modelli neoclassici o neo-palladiani

Abbiamo quindi due stili:


- classico per gli edifici istituzionali o strutture quali banche, più
GALE
in generale tutto ciò che rientrava nel centro città.
Come materiale principe viene utilizzata la pietra.
HOUSE

- gotico, stile ovviamente di importazione europea, per la campagna.


Il materiale principe in questo caso è il legno.

Simile alla città di Carcassone


L’edilizia residenziale si sviluppa in orizzontale soprattutto fuori dai centri urbani, perché si fonde meglio
con il paesaggio.

Le case, in genere unifamiliari, non superano i due piani e utilizzano in larga misura il legno sia per la struttura
portante sia per le pareti, secondo una tecnica di assemblaggio (balloon frame) brevettata da George Washington
Snow (1797-1870).

Nel cuore amministrativo dei grandi agglomerati urbani inizia a delinearsi una nuova tipologia edilizia: quella del
grattacielo.

Il grattacielo è la risposta pragmatica americana al vertiginoso


aumento dei prezzi dei terreni nelle aree centrali.

Lo sviluppo in verticale degli edifici è reso possibile dall’uso


combinato di nuovi materiali, quali il calcestruzzo armato e il vetro,
-
WRIGHT SI CONSIDERERÀ
ma soprattutto dall’acciaio, ormai prodotto in grande quantità e a LONTANO DA CHI
costi relativamente bassi negli Stati del Nord del Paese. REALIZZAVA I GRATTECELI

Si parla di stile eclettico già con Gaudi, visto che l’artista decide di unire l’architettura gotica e la tradizione
araba; è considerato un movimento architettonico nel quale si mischiano diversi stili, più quelli antichi per avere
una resa migliore che appunto estrapoli il meglio da ogni stile per creare un tipo di architettura perfetta.

Con Loos, Sant’Elia e Le Corbusier vediamo degli architetti


che rinunciano a ogni tipo di decorazione.
Con Wright invece vediamo l’opposto.

Quest’ultimo realizza una casa, la Ennis House, che


viene realizzata completamente con delle decorazioni.

È fatta da blocchi di calcestruzzo in stile tessile.

Si era diffuso un libro in quel periodo, il libro di Owen


intitolato “the grammar of ornament”, dove
erano presenti tutti i disegni di ornamenti di civiltà
dalle pre colombiane alle classiche rinascimentali, che
Wright usava come ispirazione per i decori nelle sue
abitazioni.

Dopo anni di tirocinio presso lo studio di Sullivan, il giovane e un promettente architetto e apre un proprio studio privato.
Lavorerà sempre da solo, realizzando oltre trecento edifici, progettandone più del doppio e mettendo a punto in modo
-

sempre più completo e articolato la propria teoria sull’architettura organica.

Nel 1905 Wright è in Giappone, dove si recherà più volte, fino al 1922, rimanendo affascinato dalle architetture abitative di
quel Paese e diventando anche uno dei maggiori collezionisti americani di stampe giapponesi.

Nei setti murari leggeri e mobili, egli trova importanti conferme alle proprie teorie, secondo le quali l’architettura non deve
essere un contenitore indifferenziato, ma un ambiente vivo, sempre in contatto con l’esterno.
Wright arriverà a un tipo di architettura che Ciò significa che la casa è un organismo e come tale si sviluppa
prenderà il nome di architettura organica. dall’interno verso l’esterno.

Il centro sarà il focolare domestico, luogo dell’unione familiare


È la sua vera e propria invenzione e simbolo dell’abitazione stessa (il nido pascoliano).

La casa deve essere funzionale e adattabile alle condizioni in


cui si vive.

Ambiente e edificio devono diventare un tutt’uno

Crea quella che oggi chiameremo


architettura sostenibile ed ecologica
Cemento armato fondamentale anche per Wright

I 6 punti dell’architettura
I sei punti dell’architettura di Wright, non sono punti strutturali come quelli di Le Corbusier, ma sono più che altro dei
punti filosofici.

Inoltre i sei punti di Wright saranno pubblicati in una rivista di architettura“in the cause of architecture ”, circa 15 anni
prima rispetto a quelli del secondo artista citato.

1. Semplicità ( eliminazione di ogni elemento superfluo).

Wright riteneva inutili le pareti divisorie nella case, perché si potevano usare delle pareti
mobili per ridisegnare gli interni di un’abitazione, come si fa nell’architettura giapponese.

2. Tanti stili di case quanti sono gli stili di vita

È il contrario dell’unità di abitazione di Marsiglia, perché qui invece si dice espressamente che per ogni
esigenza si deve realizzare una casa diversa.

Wright non realizzerà mai edifici per tante persone, proprio perché era un cultore dell’abitazione e del
vivere non sociale, ma del vivere a contatto con la natura e non con gli esseri umani.

3. Il rapporto armonico tra edificio e ambienti

Fusione della casa e dell’ambiente in cui viene costruita e ciò si vede in modo particolare nella casa sulla
cascata
4. La scelta dei colori in armonia con il paesaggio.

Se devo realizzare un paesaggio arido, ovviamente userò delle tonalità che richiameranno i colori dell’orca o
del giallo; altrimenti si possono usare dei toni accesi laddove ci sono dei colori autunnali.

5. Valorizzare i materiali ed il sistema costruttivo.

Wright userà sopratutto materiali trovati e tipici del luogo in cui costruisce, molto spesso usa legno e mattoni

6. L’integrità spirituale dell’edificio, i suoi valori morali

Per Wright un edificio era onesto e moralmente corretto quando non seguiva la moda, ma rispondeva
a esigenze di chi ci viveva.
In questo modo rispondo in modo giusto perché non penso alla sola estetica.

L’architettura classica però imponeva delle regole, che non posso non rispettare.

In linea di massima quindi gli ordini architettonici vengono messi da parte

Wright sviluppa il tema delle prairie houses (case della


prateria), nella cui realizzazione l’architetto statunitense
recupera molti elementi dalla tradizione costruttiva dei
pionieri.

Si tratta di ville unifamiliari che – a dispetto del nome –


non sorgono quasi mai in aperta campagna ma piuttosto
sono zone in cui non erano presenti molte costruzioni.

Vengono vendute come della case progettate per gli


abitanti del Mid-West, un’area legata agli spazi aperti,
ampi e pianeggianti.
Era venduta appunto come una casa rifugio, per ripararsi
dalla società ma anche come un luogo che avesse un
contatto con la natura.

Ci troviamo nei sobborghi e nei tipici quartieri


residenziali, anche perché le prairie houses,
presuppongono un’agiata committenza borghese.

Contrariamente ai razionalisti europei, infatti, Wright non


vede nell’abitare un’attività sociale (dunque soggetta a
precisi condizionamenti economici), ma piuttosto
un’attività organica (quindi obbediente alle sole leggi
della natura).

Alberto Ponis progetta ville in Costa Smeralda, un tipo di


architettura perfettamente organica; non cerca di separare la casa
dal contesto in cui la costruisce, anzi la integra.
Robie House

La Robie House è la casa simbolo della prima fase.

La villa è stata costruita a Chicago nel 1909, su incarico


della facoltosa famiglia Robie.

Gli fanno una commissione particolare, infatti il


proprietario vuole un altissimo livello di privacy
specificando che volesse una casa con cui potesse
osservare i suoi vicini senza essere visto da questi
ultimi.

Un’altra esigenza sarà la sala per il biliardo e una


sala per i bambini.

L’intero edificio, a tre piani sfalsati, ed è organizzato intorno a un grande


camino centrale come avveniva nelle case dei pionieri.
Wright rinuncia al piano seminterrato,
quindi non abbiamo livelli che si
trovano sotto il livello del terreno Il focolare rappresenta il vero e proprio cuore pulsante della casa, in quanto il
fuoco è da sempre simbolo di calore, di intimità familiare e di benessere.

In questo caso il camino, oltre a essere il fulcro della progettazione, incorpora


anche il blocco scala che conduce alle camere del piano superiore e al
sottostante piano dei servizi.

Le diverse funzioni dei locali appaiono differenziate e riconoscibili (per forma, dimensioni e collocazione) non solo in
pianta ma anche in prospetto, dove il gioco dei dislivelli diventa estremamente complesso e raffinato.

Si crea così un suggestivo incastro di volumi sfalsati, collegati tra loro da rampe e scalette che assecondano l’andamento del
terreno.

Le ampie coperture quasi piane, infine, si protendono, come squadrate lame orizzontali, a formare delle tettoie che
prolungano ulteriormente lo spazio vetrato del grande soggiorno verso il rigoglioso giardino circostante

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Per aumentare l’orizzontalità, quando Wright fa fare i rivestimenti in


mattoni, fa segnare le fughe un orizzontale, in modo marcato.
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opium
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- latericium
La casa si sviluppa in orizzontale e la pianta viene impostata in modo tale che si ripeta sul primo e sul
secondo piano.

In ognuno dei piano si creano due diverse ali, una privata e una pubblica, dedicata a ricevere ospiti.

Vediamo un rapporto di diagonali all’interno dell’abitazione

- Ingresso Locale caldaia Domestici

Play room Biliardo

Stanze da letto

- Cucina Stanza ospiti Locali tecnici

I Terrazza Living room Sala da pranzo

È un grande spazio aperto, costellato da vetrate, che siano porte e


finestre.

Le finestra hanno un andamento verticale.

Vi sono i vetri e si notano pure i disegni per le vetrate, sempre con


decori geometri. the grammar of or nament

Vediamo poi il contro soffitto, realizzato per far passare i cavi


per alimentare le lanterne giapponesi.

Il legno ovviamente è il materiale prevalente

Queste sono case studiate per la zona del Mid West, una zona fredda, caratterizzata dal paesaggio pianeggiante e aperto.

Wright era legato a questo tipo di estetica.

Ennis House
Si sposta a lavorare il California e costruisce
questa casa a Beverly Hills.

È uno stile costruttivo diverso.


Sono presenti più volumi orizzontali che
verticali, anche se la costruzione richiama gli
edifici sud americani, quali le piramidi Maya.

Ovviamente Wright tiene conto dell’ambiente in cui sta andando a costruire, perché la casa ha la forma di una fortezza con
aperture molto piccole che fanno entrare molta meno luce all’interno rispetto alle altre; l’ingresso di troppa luce
renderebbe invivibile stare all’interno e quindi si crea una specie di isolamento termico.

Wright si reinventa attraverso i blocchi di cemento armato con una decorazione particolare che lui chiama textile block
houses, che sarebbero dei blocchi tessili che servono a dare forma alla casa, a decorarla e ad isolarla termicamente.
Falling Water House

Costruita a Bear Run, in Pennsylvania nel 1936, la


Casa sulla cascata è l’opera più notevole (e conosciuta)
fra tutte quelle realizzate da Wright nel corso di un
settantennio di ininterrotta attività progettuale.

Viene commissionata da Edgar Jonas Kaufmann, in


quanto vuole che venga realizzata la casa di campagna
della famiglia.

Chiedono all’artista che vorrebbero la casa in posizione tale da


vedere la cascata, attrazione principale del luogo

Wright per il sopralluogo studia la costruzione e a sorpresa


per i committenti, costruisce la casa sopra la cascata.

La villa si trova immersa nella natura, all’interno di un


bosco e sorge direttamente su uno sperone di roccia, nel
punto in cui il torrentello Bear precipita per alcuni
metri creando una suggestiva cascata naturale, in un
contesto assai simile a quello ammirato da Wright in
varie stampe giapponesi.

Inizialmente si era scettici per la buona riuscita della


costruzione, in quanto sarebbe potuta succedere
qualsiasi cosa durante la realizzazione.

Quando si ritrovano a dover disarmare i piani orizzontali che sporgono


rispetto al ruscello, gli operai si rifiutano in quanto pensano che crollerà
tutto, ma Wright convinto del suo progetto, decide di mettersi sotto la
struttura per tutto il tempo in cui doveva attuarsi il disarmo.

Per questo era anche nota come Rimane pur sempre una casa con grandi problemi strutturali, visto
“la casa dei sette secchi”, che ha molte infiltrazioni d’acqua sia superiormente che
perché vi era un secchio inferiormente.
praticamente è in ogni punto
della casa.
La costruzione è realizzata utilizzando i semplici materiali del luogo
(soprattutto pietra per le strutture e legno per gli interni).

Con questo cerca di armonizzare l’esterno con l’interno

Questo inserimento nell’ambiente risulta armonioso, in quanto la struttura, nel suo


complesso, non si presenta come un corpo estraneo, ma mette in evidenza una serie di
piani che si intersecano e si accavallano nello spazio, protendendosi nel vuoto, sopra la
cascata e fra la vegetazione circostante, come una sorta di inedito organismo vivente.

Secondo le regole dell’architettura organica, gli spazi interni sono


estremamente liberi.

Centro organizzatore dell’intero edificio è l’enorme soggiorno vetrato che, tramite scale, affacci e
vetrate, si apre verso il bosco e verso la cascata in un abbraccio naturale.

Le sporgenze e le rientranze, inoltre, sono millimetricamente determinate dalla preesistenza di un


albero che non si voleva abbattere, nonché dalla necessità di affacciarsi sul torrente con una certa
angolazione, per meglio ammirarne il corso.

In questo modo natura e manufatto architettonico


si integrano senza mai scontrarsi.

Nell’interno anche gli arredi sembrano sorgere dalla struttura stessa.

Il pavimento è della medesima pietra dello sperone di roccia esterno e appare


come allagato per il semplice fatto che siano state usate delle resine trasparenti
per bloccare il materiale (sempre un materiale che si trova nel luogo, in
particolare nel ruscello).

I pilastri portanti sono rivestiti in pietra del luogo, e in pietra e legno sono anche
le panche e i sedili che circondano perimetralmente il soggiorno, così come di
legno naturale sono il finto lucernario del soffitto e buona parte degli infissi.

Proposta di grattacielo : non si farà mai

Era contro i grattacieli, ma alla fine cade anche lui nell’idea di realizzarli
Gunnenheim Museum

Si tratta del Solomon R. Gunnenheim Museum, costruito


lungo la Fifth Avenue, nel cuore della New York residenziale,
proprio di fronte a Central Park.

Non è la solita costruzione di Wright, anche


perché ci troviamo in un ambiente urbano -
Ma dobbiamo pensare che il museo sia la casa dell’arte e la
città sia la natura artificiale costruita dagli uomini

Ecco che il tema caro a Wright non è disatteso nemmeno questa volta.

Il museo, realizzato tra il 1943 e il 1959, fu


commissionato dal collezionista e mecenate statunitense
di origine svizzera Solomon Robert Guggenheim.
Il cognome “Guggenheim” non è nuovo, anche perché
l’abbiamo già visto nella produzione di Venezia.
Infatti la famiglia ha vari musei sparsi per il mondo.

Wright morì prima di vederlo ultimato

Nel progettare l’edificio, Wright, si mosse


verosimilmente dall’osservazione di una conchiglia o,
comunque, di un altro organismo naturale di tipo
spiraliforme.

I
È l’unica opera caratterizzata da una forma curva.

Richiama quindi una forma organica

I
La spirale, infatti, è una forma semplice e complessa al
tempo stesso:

semplice in quanto è costituita da un unico piano che si


ritorce su se stesso;

complessa perché suggerisce un percorso pressoché


infinito, senza un inizio e una fine precisi.
Oltre la forma curva, si nota un’altezza importante, differente rispetto alle altre costruzioni di Wright.

Wright pensa di realizzare una costruzione che ospiti opere d’arte; forse è il primo museo per opere di arte moderna
e nasce per essere proprio un museo, non è un palazzo storico adibito a ospitare opere d’arte.

L’artista lavora in un ambiente urbano e crea un edificio che appare poi quasi chiuso a riccio, appare in questo modo perché
non sono presenti finestre, quindi è impossibile che l’edificio riesca a fondersi con l’esterno

Wright fa questo perché prova una sorta di


ripudio verso quello che è l’ambiente urbano.

Il museo è costruito intorno a una grande rampa elicoidale che, partendo dal basso, si
avvita verso il cielo dilatandosi contemporaneamente fino a sbocciare in un’ampia,
luminosa cupola vetrata.

Abbiamo un’unica fonte di luce naturale.

Questo perché Wright impone che se dalla casa vi è un brutto paesaggio, questo influenza
in modo negativo la vita della persona; visto che all’artista non piace l’ambiente urbano,
perché lo ritiene qualcosa di lontano dall’ambiente naturale, decide di collegare quindi
l’unico spiraglio di luce, all’unico elemento naturale che può essere raggiunto.

Un altro motivo per il quale non ci sono le finestre è perché quando si crea un museo, le luci devono essere regolate.

Il museo è un luogo dove le opere devono potersi conservare; sono presenti un termometro a parete che indica la temperatura,
(le opere devono stare in una sala con un certo tipo di temperatura) e a volte è presente anche un sismografo.

La spirale sembra espandersi dall’interno verso l’esterno, proiettandosi in uno spazio che progressivamente si dilata
mano a mano che si sale, crescendo allo stesso modo di come, secondo lo stesso Wright, «lo spirito cresce verso
l’alto e verso l’esterno».

La forma richiama un cono rovesciato, cono che poi appunti si allarga verso l’alto.

Percorrendo la rampa si ha la sensazione di staccarsi progressivamente dal suolo per accedere a una dimensione sospesa,
in un percorso lungo il quale si è accompagnati da varie presenze artistiche.

La struttura dell’edificio è poi divisa in due ale: da una abbiamo (?), mentre quella a destra è l’area espositiva

L’arte espositiva vera e propria fatti, si snoda lungo le pareti spiraliformi perimetrali, alle quali sono appesi i vari dipinti.

È un modo nuovo e rivoluzionario di essere museo:


non più un insieme indifferenziato di sale squadrate e anonime, ma un itinerario d’arte che si percepisce solo percorrendolo,
in discesa, in quanto l’itinerario espositivo si snoda dall’alto (ove si arriva mediante gli ascensori) verso il basso.

L’esperienza artistica diventa pertanto globale:


contenuto e contenitore interagiscono, ciascuno per la propria parte, ponendosi in continuo rapporto tra loro.
La penetrazione luminosa è parte non secondaria dell’interscambio tra forma (contenitore) e contenuto (opere esposte).

Essa avviene sia in modo diretto, attraverso i dodici spicchi di vetro della grande cupola, sia in modo indiretto,
tramite le suggestive fessure che le spirali superiori della struttura creano sporgendo progressivamente verso
l’esterno su quelle inferiori.

Nel suo insieme il Guggenheim Museum rappresenta il testamento artistico e umano di Wright.

Vinta ogni costrizione formale, polverizzate le pareti che riducevano gli spazi a scatole chiuse, superati gli obblighi imposti
dalla tradizione, il fondatore dell’architettura organica traccia la strada per una nuova arte del costruire.

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