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Dopo la Prima guerra mondiale, l’Europa si trova a dover ricostruire se stessa e anche quel sistema di valori
e di riferimenti ideali indispensabili per la sopravvivenza e lo sviluppo di una società civile.
Quest’opera lenta e difficile di ripresa morale e umana coinvolge ovviamente anche le arti e in special modo
l’architettura che è da sempre quella più concretamente legata alle esigenze di vita e di
quotidianità della gente.
L’ultima importante esperienza architettonica prebellica era stata quella dell’Art Nouveau, che aveva superato in
modo definitivo il gusto classicista.
E
Partita dalle premesse di Horta, Wagner e Olbrich, l’architettura
art nouveau si era incagliata in un nuovo e vuoto accademismo.
Del resto, quando le forme sono slegate dai contenuti (che in architettura coincidono con la funzione) non hanno comunque
alcun senso.
Se continua a prevalere una pura logica decorativa, costruire un edificio in stile art nouveau non è assolutamente indice di
maggior modernità.
Già l’architetto austriaco Adolf Loos, infatti, si era scagliato con forza contro l’ornamento fine a se stesso, da lui definito
addirittura un «delitto».
Loos è tra i primi a usare un tipo di architettura razionalista durante la secessione viennese e inoltre nel suo celebre saggio dal
titolo significativo di Ornamento e delitto (1908), egli arriva ad affermare che l’«architettura non è un’arte, poiché
qualsiasi cosa serva a uno scopo va esclusa dalla sfera dell’arte».
In sostanza dice quindi che tutto ciò che deve funzionare in architettura deve essere razionale, che non ci devono essere cose inutili
alla funzione, ma ci devono essere solo cose funzionali: una costruzione più è funzionale, più è bella.
Le case costruite da quest’ultimo, avevamo tutte volumi rettilinei e forme razionali, infatti
Loos è una figura lontana dalla linea curva.
Le riflessioni di Loos rappresentano un punto di svolta per l’architettura europea: nel periodo fra le due guerre si
svilupperanno, diverse forme di sperimentazione, comprese sotto la definizione di Movimento moderno, che – bandito ogni
decorativisimo – faranno della funzionalità e del rigore razionale i propri principali strumenti progettuali.
Nel centro di Parigi possiamo trovare una struttura architettonica di Rogers e Piano, il
cosiddetto Centro Pompidou.
Quello che rende bello l’edificio sono le parti funzionali, che sono le uniche parti
visibili.
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Particolare significato aveva assunto quella del Deutscher Werkbund (Federazione Tedesca del Lavoro).
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A
Venne fondata a Monaco di Baviera nel 1907 Hermann Muthesius
In questo periodo maturano alcune delle personalità artistiche più significative dell’architettura razionalista.
Fra tutti spicca Peter Behrens, architetto e disegner, che nelle sue costruzioni rivoluziona in senso moderno ogni
precedente regola edilizia, tenendo conto già in fase di progetto:
ò
delle esigenze dei committenti;
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delle finalità funzionali (cioè della destinazione d’uso che ogni edificio doveva avere);
is) dell’ottimizzazione dei costi di realizzazione (cioè della scelta dei migliori materiali e delle più efficienti tecniche
costruttive possibili).
Viene costruita a Berlino per conto della AEG, la più grande industria
elettromeccanica del tempo.
Berhens viene incaricato dalla ditta di creare l’immagine della fabbrica, poster, elementi funzionali e il logo, in pratica tutto ciò
che riguarda la ditta, per farsi pubblicità.
Il suo compito è anche realizzare la sede di produzioni delle turbine, che non è quindi la solita struttura architettonica quale un
tempio o una casa, ma è appunto una fabbrica.
Behrens cerca di dare anche a un manufatto industriale l’imponenza di un tempio: per sottolineare in modo simbolico
l’importanza economica che il processo di industrializzazione sta rivestendo per l’impero tedesco.
A tal fine funzione e decorazione si sposano con sobrietà e armonia e – per la prima volta in Europa – La struttura ha una
l’architettura (intesa come arte) si interessa all’aspetto di una fabbrica (intesa come puro strumento di forma possente e
produzione). maestosa.
Uno dei lati lunghi dell’edificio è scandito da immense vetrate (15 metri) inserite in una struttura
portante d’acciaio, ottenendo così un duplice vantaggio di un’adeguata illuminazione naturale e di
un’estrema velocità di costruzione.
La struttura era inizialmente lunga 100 metri, mentre ad oggi visto che l’hanno ampliata, raggiunge i
200 metri.
L’acciaio è una lega
di ferro e carbonio,
non superiore al
6%; in caso
contrario diventa
ghisa.
Le pareti sono vetrate con nervature in acciaio, materiale principe nelle opere di questo periodo.
Nei due lati corti, invece, Behrens mette in evidenza una sorta di massiccio frontone a profilo
spezzato, che aggetta sulla muratura sottostante creando un significativo gioco di incastri fra
materiali diversi.
Motivo strutturale: viene usato il vetro perché abbiamo il solaio e i pilastri in cemento armato che reggono la
struttura , e il peso non è scaricato nella parete (quindi può essere fatta di vetro).
Motivo ideologico: Con il nazional socialismo le fabbriche diventano un posto molto controllato, visto che sono up il
luogo dove vengono organizzate le rivolte del proletario.
Nei paesi nordici ad esempio, camminando nella strada posso guardare dentro le case, come se fosse un acquario.
Questa non è una cosa casuale, infatti viene fatto in modo che si possa vedere l’interno delle case, per dimostrare che non
hanno niente da nascondere e che la vita che conducono è limpida (trasparenza politica).
Si precisa così in modo ulteriore quella corrispondenza tra forma e funzione che
costituisce il tema distintivo dell’architettura di Behrens e di tutta l’innovativa
esperienza del Deutscher Werkbund.
Le Corbusier
Charles-Édouard Jeanneret-Gris, meglio noto con lo pseudonimo di Le Corbusier ( il corvo), nasce in
Svizzera, anche se la sua vera patria, così come il principale teatro di ogni sua attività critica e progettuale, sarà
la Francia.
La sua formazione, dopo un quinquennio di frequenza alla Scuola di arti applicate della cittadina natale
(1900-1905), è però di ampio respiro europeo.
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Dal 1906 al 1914 viaggia per tutto il vecchio continente soggiornando:
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a Vienna, dove può entrare in contatto con gli ambienti della Secessione;
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a Monaco, ove partecipa a un’esposizione del Deutscher Werkbund;
a Berlino, dove per un breve periodo riesce a frequentare, insieme a due altri allievi d’eccezione quali Gropius e
Mies van der Rohe, il grande studio di Peter Behrens.
Dal 1922 apre uno studio di architettura e da quel momento la sua vulcanica attività progettuale non conoscerà
più soste.
A essa, spaziando dall’architettura all’urbanistica, fino al design, Le Corbusier si dedicherà con costanza,
passione e fantasia inesauribili fino alla morte in Costa Azzurra.
Grazie al viaggio in Italia Le Corbusier, apprende dal vero e nel modo più diretto la grande lezione del passato.
I suoi schizzi, dal tratto sempre nitido e sicuro, sono realizzati soprattutto a matita, spesso ripassati anche a penna e poi
velocemente acquerellati.
Nel 1918 dà vita con l’amico pittore Amédée Ozenfant al Purismo.
Gli arredi e gli oggetti d’uso erano da lui intesi come logica prosecuzione dell’attività progettuale di un
architetto che, dopo aver pensato al contenitore (la casa), sentiva quasi naturalmente di dover rivolgere la
propria attenzione anche al contenuto, che doveva quindi avere determinati requisiti di forma e
funzionalità.
È così che nel 1928 realizza la celebre Chaise longue (cioè «sedia a sdraio»), una
poltrona da relax con schienale anatomico rialzato, destinata in seguito a diventare una
delle icone del disegno industriale del Novecento.
E sempre allo stesso anno risale la poltroncina Grand Confort, che presenta una
elementare struttura pressoché cubica, sempre realizzata in tubolare d’acciaio cromato e
lucidato.
I 5 punti dell’architettura
Le Corbusier è uno dei primi teorici dell’architettura moderna e inoltre a lui si deve l’organizzazione del primo
CIAM (Congrès International d’Architecture Moderne, Congresso Internazionale d’Architettura Moderna), tenutosi nel 1928
a La Sarraz, in Svizzera.
Nel 1923 aveva pubblicato “Verso un’architettura”, un fondamentale saggio-manifesto nel quale enunciava quelli che,
secondo lui, sarebbero dovuti essere i cinque punti per la nuova architettura del XX secolo.
3. la pianta libera;
4. la finestra a nastro;
5. la facciata libera.
I pilotis, termine francese che può tradursi come «palafitte», sono degli
esili ma robustissimi pilastrini in calcestruzzo armato (malta cementizia
+ miscuglio di ghiaia, rinforzato con una rete in acciaio).
La loro funzione è quella di isolare la residenza sollevandola dal terreno, evitando così i problemi di umidità di
risalita e inoltre rendendo possibile ad esempio il parcheggio dell’auto.
I pilotis, grazie allo spazio lasciato tra il terreno e la casa, permettono al paesaggio di andare sotto.
Ciò crea una compenetrazione tra paesaggio e casa; il paesaggio non resta solo come sfondo, ma si compenetra con la casa.
Inizialmente veniva fatto un isolamento della costruzione: per non far filtrare l’acqua metteva delle piastre di
cemento e le poggiava su un letto di sabbia per livellare il tutto ( sabbia materiale drenante).
Tra le piastre veniva seminata l’erba; essa con le radici avrebbe in modo che l’acqua non venisse assorbita
direttamente dal terreno, ma che venisse drenata e scolata.
La vera funzione del tetto sarà sopratutto il fatto di ospitare giardini (se non avevano il verde intorno alla casa,
comunque lo avevano nella parte superiore dell’abitazione).
Con il cemento armato non esistono più i muri portanti e non sono costretto a seguire forma di pilastri per costruire le stanze.
Solo così la casa può assumere il ruolo di «macchina Per conoscere ogni facciata, devo girare intorno
per abitare» e l’architetto, grazie alla conoscenza e alla costruzione; quindi dobbiamo introdurre
all’impiego di materiali e tecnologie sempre più l’elemento del tempo, che è necessario
avanzati, deve riuscire a rendere tale macchina assolutamente per fare esperienza.
assolutamente perfetta e funzionale
Villa Savoye È ideata per una casa familiare
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Partendo dal basso si ha un portico coperto , sotto al quale si può accedere
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direttamente in automobile.
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52 Oltre al garage con tre posti macchina, vi sono i servizi di lavanderia e un piccolo
appartamento per l'autista.
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Dal portico, in diretto contatto con il verde del prato circostante, si accede al primo
piano mediante due rampe inclinate con dolce pendenza e una scala a chiocciola di
servizio dalle linee purissime.
Poiché tutta la struttura è in calcestruzzo armato e sono solo i pilotis che reggono i solai, le pareti possono essere
disposte in piena libertà, secondo le esigenze di progettazione e di organizzazione dello spazio pensate
dall'architetto.
Dal grande soggiorno rettangolare, con ampie finestrature orizzontali a nastro, si accede a una singolare
terrazza a «L», invisibile da fuori in quanto chiusa su entrambi i lati esterni dalle bianche pareti delle facciate.
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Nel complesso la costruzione appare come un assemblaggio di volumi geometrici puri, assolutamente estraneo
all'ambiente circostante, dal quale emerge con voluta e singolare chiarezza.
La logica progettuale di Le Corbusier, del resto, sta proprio in questo suo creare gli ambienti dall'interno,
plasmandoli sulle esigenze di chi dovrà in seguito fruire, senza interessarsi più di tanto dei rapporti con
l'esterno.
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L’unita di abitazioni Edificio popolare, ma è come se fosse una città autosufficiente
1946 -
1952 Palestra, scuola,
ristorante, le poste ecc
L’Unità di abitazione è un concetto teorizzato da Le Corbusier fin dal 1944, quando aveva immaginato la
concentrazione di un altissimo numero di alloggi all’interno di un unico e complesso organismo edilizio
polifunzionale.
Sono delle case costruite dallo stato per le persone con un reddito
basso, così da pagare un affitto ragionevole in base alle loro entrate.
Anche perché in quel periodo stiamo uscendo dalla situazione
complessa per i bombardamenti sulle città, che sono state rese al
suolo, quindi si deve dare una casa a chi non ha più nulla.
*
È disposta nell’asse Nord-Sud. Molti ambienti comuni
per favorire la socialità
L’asse Sud-Ovest-Est sono decorati, mentre l’asse Nord no (perché
l’esposizione a nord è quello meno favorevole perché il sole non batte).
Interfono interno all’edificio
Lo fa perché vuole garantire a tutti la stessa illuminazione. così da far comunicare le
persone al proprio interno
Ci sono 13 tipi di stanze, comunque le Corbusier deve trovare un sistema per far vivere bene tutti.
La concezione della produzione industriale e dello standard, vuol dire trovare la soluzione per MOLTI.
Alla prova dei fatti, però, l’Unità di abitazione dimostra i limiti di un’operazione ancora troppo intellettuale
per poter essere compresa dal grande pubblico dei fruitori.
Molti degli inquilini, infatti, si trovarono a disagio dietro le ampie superfici vetrate previste
dall’architetto, dimostrando in tal modo che le soluzioni progettuali proposte erano ancora
molto distanti rispetto alle abitudini di coloro che vi andavano realmente a vivere.
Open space con Loos; qui abbiamo lo stesso tipo di Dopo questo, gli chiederanno di costruire una città
rapporto, infatti la cucina e il salotto sono completamente da zero Chandigarh, in India
comunicati, ma ci lavora Charlotte Perriand
Si controllano i bambini
simultaneamente e simultaneamente si
utilizza la cucina
Il modulor
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L’esperienza di Marsiglia si colloca comunque in una Pensare un insieme di più Unità d’abitazione significa
scala progettuale a cavallo tra quella architettonica e infatti immaginare delle vere e proprie città, sviluppate
quella urbanistica. per punti emergenti (le unità, appunto) e in quanto tali
non sparpagliate disordinatamente sul territorio.
Le altezze che ricava, che sono una via di mezzo tra la sezione aurea e il modulo, gli
permettono di trovare qualsiasi cosa
Talvolta le chiese moderne non appaiono come qualcosa di soddisfacente agli occhi, rispetto ovviamente a quelle antiche,
invece l’architettura di Le Corbusier è capace di farsi anche monumentale.
È la prima volta che la tipologia dell’edificio sacro viene rivisitata in chiave veramente moderna, con
l’impiego di un materiale nuovo e di per sé brutale quale il calcestruzzo armato.
È una chiesa dalle piccole dimensioni, contenente tre cappelle di preghiera: una principale, una del mattino e una della sera.
La luce, del resto, entra all’interno da decine di aperture delle più varie
forme e da varie inclinazioni.
Le Corbusier, crea una condizione luminosa particolare, dato anche dal fatto che ci doveva essere un’atmosfera che
trasmettesse sacralità, e questo con le finestre a nastro non sarebbe stato possibile.
Per preservare la bellezza estetica è quella di disporre il tutto secondo la sezione aurea.
La morbida sinuosità di queste strutture non contraddice il rigore razionalista della consueta produzione di Le
Corbusier, soprattutto se si considera che le forme continuano a essere lo specchio fedele delle funzioni che si svolgono
al loro interno e che, in questo caso, sono ulteriormente complicate dal bisogno di intimità e di preghiera che il luogo
sacro richiede.
Lo scolo dell’acqua è reso possibile dall’andamento del tetto e dal fatto che ci sia una piccola fontana
Si nota un linguaggio meno rettilineo, per prediligere un linguaggio
organico, più ispirato al mondo naturale che al mondo geometrico.
La meravigliosa macchina per abitare del grande architetto, in conclusione, non cessa di
funzionare anche se all’angolo retto si sostituisce la curva.
Frank Lloyd Wright
Wright nasce nel Wisconsin e muore più che novantenne a Phoenix.
Dopo un biennio di studi architettonici a livello universitario, si trasferisce a Chicago dove lavora nello
studio di Louis Henry Sullivan
Wright recupera nella sua progettazione l’antico linguaggio costruttivo dei pionieri.
Wright entra così in contatto con le problematiche dell’architettura contemporanea, della quale studia
approfonditamente i materiali e le possibilità applicative.
Matura fin dall’inizio una visione personalissima del rapporto tra ambiente naturale e ambiente
costruito, gettando le basi per quella che, in seguito, sarà la sua teoria sull’architettura organica.
L’architettura – secondo Wright – deve essere pensata e realizzata seguendo i suggerimenti naturali, biologici
(organici, appunto), che scaturiscono dall’attenta osservazione della natura e della realtà.
Le case, in genere unifamiliari, non superano i due piani e utilizzano in larga misura il legno sia per la struttura
portante sia per le pareti, secondo una tecnica di assemblaggio (balloon frame) brevettata da George Washington
Snow (1797-1870).
Nel cuore amministrativo dei grandi agglomerati urbani inizia a delinearsi una nuova tipologia edilizia: quella del
grattacielo.
Si parla di stile eclettico già con Gaudi, visto che l’artista decide di unire l’architettura gotica e la tradizione
araba; è considerato un movimento architettonico nel quale si mischiano diversi stili, più quelli antichi per avere
una resa migliore che appunto estrapoli il meglio da ogni stile per creare un tipo di architettura perfetta.
Dopo anni di tirocinio presso lo studio di Sullivan, il giovane e un promettente architetto e apre un proprio studio privato.
Lavorerà sempre da solo, realizzando oltre trecento edifici, progettandone più del doppio e mettendo a punto in modo
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Nel 1905 Wright è in Giappone, dove si recherà più volte, fino al 1922, rimanendo affascinato dalle architetture abitative di
quel Paese e diventando anche uno dei maggiori collezionisti americani di stampe giapponesi.
Nei setti murari leggeri e mobili, egli trova importanti conferme alle proprie teorie, secondo le quali l’architettura non deve
essere un contenitore indifferenziato, ma un ambiente vivo, sempre in contatto con l’esterno.
Wright arriverà a un tipo di architettura che Ciò significa che la casa è un organismo e come tale si sviluppa
prenderà il nome di architettura organica. dall’interno verso l’esterno.
I 6 punti dell’architettura
I sei punti dell’architettura di Wright, non sono punti strutturali come quelli di Le Corbusier, ma sono più che altro dei
punti filosofici.
Inoltre i sei punti di Wright saranno pubblicati in una rivista di architettura“in the cause of architecture ”, circa 15 anni
prima rispetto a quelli del secondo artista citato.
Wright riteneva inutili le pareti divisorie nella case, perché si potevano usare delle pareti
mobili per ridisegnare gli interni di un’abitazione, come si fa nell’architettura giapponese.
È il contrario dell’unità di abitazione di Marsiglia, perché qui invece si dice espressamente che per ogni
esigenza si deve realizzare una casa diversa.
Wright non realizzerà mai edifici per tante persone, proprio perché era un cultore dell’abitazione e del
vivere non sociale, ma del vivere a contatto con la natura e non con gli esseri umani.
Fusione della casa e dell’ambiente in cui viene costruita e ciò si vede in modo particolare nella casa sulla
cascata
4. La scelta dei colori in armonia con il paesaggio.
Se devo realizzare un paesaggio arido, ovviamente userò delle tonalità che richiameranno i colori dell’orca o
del giallo; altrimenti si possono usare dei toni accesi laddove ci sono dei colori autunnali.
Wright userà sopratutto materiali trovati e tipici del luogo in cui costruisce, molto spesso usa legno e mattoni
Per Wright un edificio era onesto e moralmente corretto quando non seguiva la moda, ma rispondeva
a esigenze di chi ci viveva.
In questo modo rispondo in modo giusto perché non penso alla sola estetica.
L’architettura classica però imponeva delle regole, che non posso non rispettare.
Le diverse funzioni dei locali appaiono differenziate e riconoscibili (per forma, dimensioni e collocazione) non solo in
pianta ma anche in prospetto, dove il gioco dei dislivelli diventa estremamente complesso e raffinato.
Si crea così un suggestivo incastro di volumi sfalsati, collegati tra loro da rampe e scalette che assecondano l’andamento del
terreno.
Le ampie coperture quasi piane, infine, si protendono, come squadrate lame orizzontali, a formare delle tettoie che
prolungano ulteriormente lo spazio vetrato del grande soggiorno verso il rigoglioso giardino circostante
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opium
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- latericium
La casa si sviluppa in orizzontale e la pianta viene impostata in modo tale che si ripeta sul primo e sul
secondo piano.
In ognuno dei piano si creano due diverse ali, una privata e una pubblica, dedicata a ricevere ospiti.
Stanze da letto
Queste sono case studiate per la zona del Mid West, una zona fredda, caratterizzata dal paesaggio pianeggiante e aperto.
Ennis House
Si sposta a lavorare il California e costruisce
questa casa a Beverly Hills.
Ovviamente Wright tiene conto dell’ambiente in cui sta andando a costruire, perché la casa ha la forma di una fortezza con
aperture molto piccole che fanno entrare molta meno luce all’interno rispetto alle altre; l’ingresso di troppa luce
renderebbe invivibile stare all’interno e quindi si crea una specie di isolamento termico.
Wright si reinventa attraverso i blocchi di cemento armato con una decorazione particolare che lui chiama textile block
houses, che sarebbero dei blocchi tessili che servono a dare forma alla casa, a decorarla e ad isolarla termicamente.
Falling Water House
Per questo era anche nota come Rimane pur sempre una casa con grandi problemi strutturali, visto
“la casa dei sette secchi”, che ha molte infiltrazioni d’acqua sia superiormente che
perché vi era un secchio inferiormente.
praticamente è in ogni punto
della casa.
La costruzione è realizzata utilizzando i semplici materiali del luogo
(soprattutto pietra per le strutture e legno per gli interni).
Centro organizzatore dell’intero edificio è l’enorme soggiorno vetrato che, tramite scale, affacci e
vetrate, si apre verso il bosco e verso la cascata in un abbraccio naturale.
I pilastri portanti sono rivestiti in pietra del luogo, e in pietra e legno sono anche
le panche e i sedili che circondano perimetralmente il soggiorno, così come di
legno naturale sono il finto lucernario del soffitto e buona parte degli infissi.
Era contro i grattacieli, ma alla fine cade anche lui nell’idea di realizzarli
Gunnenheim Museum
Ecco che il tema caro a Wright non è disatteso nemmeno questa volta.
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È l’unica opera caratterizzata da una forma curva.
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La spirale, infatti, è una forma semplice e complessa al
tempo stesso:
Wright pensa di realizzare una costruzione che ospiti opere d’arte; forse è il primo museo per opere di arte moderna
e nasce per essere proprio un museo, non è un palazzo storico adibito a ospitare opere d’arte.
L’artista lavora in un ambiente urbano e crea un edificio che appare poi quasi chiuso a riccio, appare in questo modo perché
non sono presenti finestre, quindi è impossibile che l’edificio riesca a fondersi con l’esterno
Il museo è costruito intorno a una grande rampa elicoidale che, partendo dal basso, si
avvita verso il cielo dilatandosi contemporaneamente fino a sbocciare in un’ampia,
luminosa cupola vetrata.
Questo perché Wright impone che se dalla casa vi è un brutto paesaggio, questo influenza
in modo negativo la vita della persona; visto che all’artista non piace l’ambiente urbano,
perché lo ritiene qualcosa di lontano dall’ambiente naturale, decide di collegare quindi
l’unico spiraglio di luce, all’unico elemento naturale che può essere raggiunto.
Un altro motivo per il quale non ci sono le finestre è perché quando si crea un museo, le luci devono essere regolate.
Il museo è un luogo dove le opere devono potersi conservare; sono presenti un termometro a parete che indica la temperatura,
(le opere devono stare in una sala con un certo tipo di temperatura) e a volte è presente anche un sismografo.
La spirale sembra espandersi dall’interno verso l’esterno, proiettandosi in uno spazio che progressivamente si dilata
mano a mano che si sale, crescendo allo stesso modo di come, secondo lo stesso Wright, «lo spirito cresce verso
l’alto e verso l’esterno».
La forma richiama un cono rovesciato, cono che poi appunti si allarga verso l’alto.
Percorrendo la rampa si ha la sensazione di staccarsi progressivamente dal suolo per accedere a una dimensione sospesa,
in un percorso lungo il quale si è accompagnati da varie presenze artistiche.
La struttura dell’edificio è poi divisa in due ale: da una abbiamo (?), mentre quella a destra è l’area espositiva
L’arte espositiva vera e propria fatti, si snoda lungo le pareti spiraliformi perimetrali, alle quali sono appesi i vari dipinti.
Essa avviene sia in modo diretto, attraverso i dodici spicchi di vetro della grande cupola, sia in modo indiretto,
tramite le suggestive fessure che le spirali superiori della struttura creano sporgendo progressivamente verso
l’esterno su quelle inferiori.
Nel suo insieme il Guggenheim Museum rappresenta il testamento artistico e umano di Wright.
Vinta ogni costrizione formale, polverizzate le pareti che riducevano gli spazi a scatole chiuse, superati gli obblighi imposti
dalla tradizione, il fondatore dell’architettura organica traccia la strada per una nuova arte del costruire.