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DALLA CARPENTERIA METALLICA ALLE STRUTTURE RETICOLARI SPAZIALI

Excursus storici attraverso l’evoluzione di un genere architettonico

I.4. Dentro e contro il nuovo genere architettonico : gli anni a cavallo del ‘900.

Nel 1880 August Föppl pubblicò la sua “Teoria dei sistemi reticolari” in cui — come anche in
successive pubblicazioni apparse nel 1881 sulle riviste «Eisenbahn» e «Schweizerische
Bauzeitung», e nell’opera intitolata Das Fachwerk in Raume del 1891 — prendeva in esame
tanto le strutture reticolari piane, quanto i fondamenti teorici e pratici delle strutture spaziali, fino
ad allora, mai affrontate, se non raramente e in maniera molto superficiale. Nonostante però i
consensi immediati di alcuni studiosi dell’epoca, questi lavori passarono pressoché inosservati per
diversi anni — se si eccettua l’influenza che potrebbero avere avuto su John Fowler e Benjamin
Baker nell’ideazione del Firth of Forth (1881-1890), di Edimburgo, e su Gustav Eiffel in
occasione dell’ideazione della Tour dell’89 —, e le differenze sostanziali tra strutture reticolari
piane e polidimensionali rimasero ancora nebulose alla maggior parte dei tecnici del tempo.
Tant’è che, per incontrare le prime applicazioni di tali strutture, si dovette attendere l’inizio del
‘900, quando Alexander Graham Bell, occupandosi da autodidatta di aerodinamica e volo,
realizzò diverse strutture composte da unità elementari tridimensionali (tetraedri e semi-ottaedri),
talvolta tirantate “a cavo”, destinate al volo e alla costruzione di strutture leggere smontabili,
come torri panoramiche o tende.

«Nelle costruzioni di pura ingegneria è evidente l’impiego di nuovi ritrovati tecnici più avanzati. Un
esempio significativo sono gli aerostati e gli apparecchi per volare costruiti prima della fine del
secolo [XIX]. Costruzioni a traliccio e sistemi a tensione, produzione in serie di parti complicate e
prefabbricazione degli elementi di costruzione furono subito accettati. Nodi formati da elementi
giacenti in piani diversi, in modo simile ai principi costruttivi della Tour Eiffel, finirono per divenire
forme usuali». (K.WACHSMANN, op.cit., 1959, p.44)

D’altra parte, nel clima di rinnovamento culturale che accompagnò l’estendersi


dell’industrializzazione e il conseguente rafforzamento, economico e di potere, della borghesia si
andò formando uno stile architettonico indicato, oggi, col termine più estensivo di “Modernismo”,
ma che in Francia fu chiamato “Art Nouveau”, in Belgio “Velde Stile” o “Coup de Fouet”, in
Gran-Bretagna “Modern Style”, in Italia “Floreale” o “Liberty”, in Spagna “Modernismo”, in
Germania “Jugendstil”, e in Austria “Sezessionstil”. L’impegno nella progettazione in questo stile
se, per un verso, avrà il merito di incentivare la sperimentazione formale e l’impiego diffuso dei
materiali e dei prodotti industriali, non porterà ad importanti innovazioni nelle tipologie strutturali,
allontanando momentaneamente l’architettura dai progressi dall’ingegneria e dalla meccanica.
Nato in polemica reazione all’accademismo e all’eclettismo ottocenteschi, e, al contempo, in
opposizione allo scadimento del gusto indotto dalla volgarità commerciale dei prodotti seriali,
sulla scia dei principi di “verità” di Violet-le-Duc, questo movimento respinse il ricorso agli stili

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I.4. Dentro e contro un nuovo genere architettonico : i primi decenni del XXI secolo.

storici per ispirarsi direttamente alla natura, propendendo per un accentuato linearismo 1, un
carattere metaforico e l’estrema eleganza decorativa, asserviti alla vita e alle necessità dell’uomo.
Pur riallacciandosi all’Arts and Crafts Movement inglese, gli esponenti di questo movimento non
furono ostili alla produzione meccanizzata di serie, ma anzi l’alleanza arte-industria divenne una
parola d’ordine, che sorreggeva l’ideale utopico di poter portare la bellezza nella vita quotidiana
di tutti. Nonostante le riserve di John Ruskin, nuove teorie e nuovi approcci consentivano l’uso di
tutti i materiali disponibili, purché questi ultimi venissero chiaramente indicati e purché il loro
inserimento nell’opera fosse convincente e i particolari fossero risolti stilisticamente.
Punto di forza del Modernismo in campo architettonico fu il concetto di unità progettuale, che si
tradusse in continuità tra interno ed esterno, in coerenza stilistica tra forma, struttura,
decorazione, arredo e oggettistica d’uso quotidiano, insieme alla rivendicazione di una maggiore
libertà ideativa e compositiva rispetto ai canoni della tradizione.

«È il “ferro” come materiale da costruzione che servì più vantaggiosamente alla realizzazione di
questo linguaggio formale negli edifici. Per adattare il duro metallo alle forme floreali ricche di curve
ed arabeschi, combinazioni un po’ astruse per noi di ghisa, di profilati curvi e lamiera tagliata, si
adottò una tecnica verosimilmente ispirata ai bozzetti di Violet-le-Duc per la decorazione delle
costruzioni portanti in “ferro”. I costruttori dell’“Art Nouveau” riprendono un’evoluzione che era
cominciata agli inizi della costruzione in ghisa — con le sale del Royal Pavillon di J.Nash — e che si
era provvisoriamente conclusa verso il 1860 con le facciate di “ferro” a St.Louis».
(F.HART - W.HENN - H.SONTAG, op.cit., 1979, p.16)

La maggior parte degli storici concorda nel constatare che la nascita del Modernismo deve
collocarsi in Belgio tra il 1892 e il 1894.
Victor Horta è considerato il pioniere e padre di un’architettura “disegnata”, che fece ampio uso
decorativo, oltre che statico, del ferro “a vista”. Con la Casa Tassel (1892-1893), in rue de Turin
12, a Bruxelles, caratterizzata dalla flessibilità spaziale e da nuovi motivi decorativi di facciata,
realizzò il manifesto europeo del movimento 2. «Nella casa di Horta il punto di partenza dell’Art

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«Gli stimoli per questo nuovo ornato sviluppato da elementi strutturali e dalle curvature piene di slancio [...] provenivano dalla grafica
dell’epoca. In Francia, Henry de Toulouse-Lautrec creò una cartellonistica di nuovo stile, in Inghilterra, artisti come Arthur Heygate
Mackmurdo e Walter Crane operavano, nel quadro del movimento riformista, un rinnovamento della decorazione dei libri. Non ultimo
occorre citare le fantasie erotico-sublimi di Aubrey Beardsley. Nuovi impulsi formali venivano inoltre dall’iconografia dell’Estremo-Oriente,
che rielaborata in una grafica floreale, ornava le sale e le camere di lavoro di molti contemporanei. Le xilografie a colori del giapponese
Katsushika Hokusai erano accessibili in riproduzioni e i loro motivi ricompaiono in molti lavori Jugendstil».
(P.GÖSSEL - G.LEUTHÄUSER, op.cit., 1991, pp.50-51)

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Horta svuotò la massa dell’edificio introducendovi pozzi di luce e, quindi, luminosità nuove, ottenendo la flessibilità
distributiva e l’indipendenza fra i livelli di calpestio (da cui la possibilità di individuare gli spazi mediante cambi di li vello)
grazie all’uso dello scheletro strutturale in ferro. Il vano scala lascia in vista gradini in legno naturale, pilastri e travi metalliche
ornate, ma non mascherate. Nella facciata, in cui l’uso “sincero” dei materiali contrappone la leggerezza dell’acciaio alla
gravità della pietra, il bow-window — caratteristico delle residenze di Bruxelles — è ricavato piegando a doppia ‘S’ tutta la
superficie, e diventa una parete vetrata curva, intelaiata in ferri a perni ribaditi e colonne di ghisa, come una vetrina, e fusa al

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Excursus storici attraverso l’evoluzione di un genere architettonico

nouveau diviene palese : è la costruzione in ferro» (S.GIEDION, op.cit., 1941, p.292), trasferita
dall’ambito commerciale e industriale a quello residenziale assai prima che venisse importata dagli
Stati Uniti e tradotta nel Ritz Hotel3 (1904), a Londra, di S.Bylander. Nella facciata curva4 della
Maison du Peuple (1896-1899), a Bruxelles, per il Sindacato dei Lavoratori Socialisti, ferro,
vetro e mattone convivono armonicamente in una composizione in cui struttura e forma si
identificano con perfetta coerenza fra volume dell’edificio e plastica del particolare, mentre,
all’interno, si riaffermano libertà, fluidità e leggerezza spaziali, indotte nell’Auditorium dagli
elementi inarcati della copertura in cui anche i supporti laterali assecondano il profilo inclinato.

«La trave, la colonna, il capitello, il fusto perdono la loro identità di elementi distinti abbandonando
quindi la classificazione di tipo non solamente classicista, ma anche di derivazione ingegneresca, per
ottenere una fusione in un continuum di spazio e contenitore». (M.NERI - M.SOLE, op.cit., 1992, p.23)

Henry van de Velde, fu il teorico della linea pura e di un’arte razionale, contro il decorativismo
eclettico gratuito. Una posizione meno “alla moda” che, insieme a quella di Hendrik Petrus
Berlage, per molti versi, avrebbe avuto seguito nel Movimento Moderno.

«Poco a poco arrivai alla conclusione che la ragione per cui le belle arti erano cadute in un sì
lamentevole stato di decadenza era il fatto di esser sempre più esercitate come fine a se stesse, o
prostituite alla soddisfazione della vanità umana. In forma di “pitture da cavalletto” o di “sculture da
salon” erano esercitate ora senza il minimo riguardo alla loro eventuale destinazione, come ogni altro
genere di beni di consumo». (H.VAN DE VELDE, Die Renaissance im modernen Kunstgewerbe, Leipzig, 1903, p.146)

Dall’adesione alla teoria della “immedesimazione” (Einfühlung), che legava il problema della
configurazione a quello della funzione, e dal principio dell’individualismo derivarono le forme
fluenti e gli andamenti continui delle linee dei suoi mobili “funzionali”, mentre nella Kunstschule
(1904-1911), di Weimar, anticipava già l’impersonale “oggettività” razionalista e, quindi, la crisi
dei propri ideali5.

muro levigato. «[...] Non vi è la minima reminiscenza di alcuno degli stili storici... Nessun dettaglio deriva da alcunché di
esistente. Essa ha il puro fascino di linee, curve, e superfici... ed è affatto personale» (L. HEWESI, «Wiener Tageblatt», 11
novembre 1898).

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Questo edificio fu preceduto dal progetto di grande Magazzino (1895) e dal Magazzino (1896) di mobili in West Heartlepool
di Basil Scott.

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«La sua facciata frontale a doppia curvatura concava-convessa si dipana in un’ossatura metallica evidenziata : solo la gabbia delle scale con
l’entrata principale e le due pareti che separano dagli edifici vicini sono in muratura massiccia. La fila di pilastri metallici è doppiata da
pilastri secondari nei piani, ciò che rende le finestre così sottili da farle inserire esattamente nella muratura.
[...] L’ornamentazione decorativa della struttura della facciata è relativamente discreta per un edificio dello stile 1900 : archi piatti sugli
elementi orizzontali inferiori, “consoles” arrotondate sul balcone dell’ultimo piano». (F.HART - W.HENN - H.SONTAG, op.cit., 1979, p.17)

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«Prima dell’apertura, nel 1908, di questi edifici, van de Velde continuò a tenere il suo Kunstseminar per la formazione culturale degli
apprendisti artigiani. Ma questo momento, il culmine di tutta la sua carriera, fu offuscato da profondi dubbi interiori : egli cominciò a mettere

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In Austria, Otto Wagner insegnò che nuovi principi costruttivi e nuovi materiali dovevano
condurre a nuove forme, in armonia con i bisogni e il piacere umani e in ossequio al principio della
libertà individuale. «Nel 1894 egli profetizzava che “la nuova architettura sarà dominata da
superfici piane lamellari, e da un pronunciato uso dei materiali allo stato naturale”» (Moderne
Architektur, p.136, in S.GIEDION, op.cit., 1941, p.309). Infatti, nel Salone degli sportelli (1905)
della Cassa di Risparmio Postale, a Vienna, rinunciò ad ogni applicazione ornamentale, per
concentrarsi esclusivamente sulla chiarezza delle linee, in una composizione disciplinata nella
quale ferro e vetro furono determinanti nella formazione di semplici schermi lamellari
apparentemente privi di funzione strutturale.

Nella casa Batló (1904-1906), a Barcellona, del fabbricante di tessuti Josep Batló y Casanova,
Antonio Gaudí, pur dissimulando la struttura portante nelle forme e dietro a un rivestimento in
pietra, lascia in vista l’acciaio nella scala, drammatizzandone la funzione portante 6.

In Francia, il Modernismo faticò a liberarsi dall’eccessivo formalismo ornamentale — ne è una


dimostrazione lo style Métro o style Guimard di Hector Guimard —, ma quando ciò non
avvenne, il ferro si fece portatore della pulizia formale e dell’elasticità compositiva tipiche della
più moderna architettura in “ferro” europea d’inizio secolo. È il caso del Palazzo “Le Parisien
Libéré” (1903), in rue Réaumur 124, a Parigi — progettato da Georges Chédanne per un
consorzio di setaioli, nella cui facciata spiccano le colonne principali binate e la struttura
secondaria in acciaio, chiodate “a vista”, dove i montanti, biforcati in prossimità dei bow-windows,
si accordano perfettamente coi complementi di facciata, senza lasciare spazio ad alcuna
decorazione al di fuori della linearità della struttura stessa7 —, o dell’Abattoir de la Mouche

in discussione la prerogativa dell’artista di determinare la forma dell’oggetto. Nel 1905 scriveva : “Fino a che punto ho il diritto di imporre al
mondo un gusto e una volontà così personali ? Improvvisamente non vedo più i legami tra il mio ideale e il mondo”».
(K.FRAMPTON, op.cit., 1980, p.106)

Questa crisi si traduce in un edificio, già moderno, dominato da severe finestre che si stendono anche sul tetto con montanti in
acciaio a vista, simili a quelle delle fabbriche e a del Bauhaus (1925-1926) di Gropius. Fra esse la muratura liscia e disadorna
forma pilastri squadrati che terminano senza transizione nel tetto inclinato. Nel risalto centrale i pilastri proseguono fino
all’altezza della gronda. Dove ci si aspetterebbe un architrave, c’è il vuoto.

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«La soletta costituente la scala, composta da due costole metalliche laterali, che sostengono un impalcato laterizio, è supportata alla metà
circa della sua estensione da una mensola di forma inusitata e assolutamente estranea a ogni forma di imitazione macchinista. Tale elemento,
composto di profilati a ‘T’ di acciaio imbullonati a delle piastre per formare una sorta di stella triangolare, è collegato a uno dei sostegni
verticali, inferiormente da una piastra imbullonata e superiormente da due cerchiature metalliche che servono anche ad assicurare l’aderenza
del rivestimento lapideo alla struttura metallica». (M.NERI - M.SOLE, op.cit., 1992, pp.22-23)

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Qui l’Art Nouveau sembra già superata. «Non si tratta più di una facciata in “ferro” ma, può darsi per la prima volta in un
edificio multipiano, di una vera facciata di acciaio. L’elemento strutturale specifico dell’era dell’acciaio, questa putrella ad
anima piena con ali a sbalzo ed anima irrigidita, è compreso qui nelle sue qualità plastiche ed introdotto come mezzo
d’espressione formale, 50 anni prima delle grandi costruzioni della scuola di Mies Van der Rohe» (F.HART - W.HENN -
H.SONTAG, op.cit., 1979, p.17).

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(1906-...), a Lione — ideato da Tony Garnier modificando il sistema portante della Galerie des
Machines del 1889 ad archi a tre cerniere in portali a tre cerniere e riducendo le superfici vetrate,
pur migliorando il passaggio della luce.

Differente fu la posizione dell’olandese Hendrik Petrus Berlage, il cui stile volle esprimere una
protesta non solo contro l’eclettismo e il formalismo ottocenteschi, ma anche contro gli eccessi
modernisti. «L’uso logico dei materiali da costruzione e la regola di rivelare all’esterno la
funzione e la pianta dell’edificio sono i presupposti delle sue opere, caratterizzate da un marchio
di austerità» (V.GANDOLFI, op.cit., 1980, p.32). La Borsa (1898-1903) di Amsterdam,
recuperando le forme dell’architettura romanica, con la grave semplicità dei volumi e
nell’austerità della superficie piana, del cotto, della pietra e del ferro colorato “a vista” fungerà da
concreto richiamo alla moralità costruttiva e all’equilibrio stilistico, alla corrispondenza tra forme
e contenuti caratteristici della Scuola di Amsterdam.

In questi stessi anni si faceva strada in Europa l’uso del cemento armato 8. Anche per questo

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Anche se non è il caso di sviluppare una trattazione storica sul cemento armato, si ritiene opportuno fare qualche cenno alle
sue origini. Possiamo dire che il cemento artificiale fu scoperto (1796) da James Parker di Northfleet, cui si deve il brevetto del
cemento “Romano”. Dopo le esperienze (1811) condotte sui cementi idraulici da James Frost e il cemento “Britannico” (1822)
di Louis J.Vicat, all’inglese John Aspdin, di Leeds, si deve il brevetto (1824) del cemento “Portland” — perfezionato, a
Swanscombe, nel Kent, da Charles Johnson nel 1845 — in grado di proteggere i ferri dalle infiltrazioni d’acqua.
Se si eccettuano le prime applicazioni di sistemi simili al cemento armato — di cui si è fatto cenno nelle pagine precedenti — e
i primi studi, esperimenti (1750) ed utilizzi (Faro di Eddystone, del 1774, al largo del porto di Plymouth — con la
collaborazione di William Jessop) di John Smeaton di conglomerati di calce viva, argilla, sabbia e scorie di ferro compresse, i
primi esperimenti d’associazione del calcestruzzo col ferro, per migliorare la resistenza a trazione del primo, furono fatti da un
certo Dr.Fox, che elaborò un sistema per costruire solai in calcestruzzo, usando il calcestruzzo come materiale di riempiment o
fra travi di ferro.
Verso la metà del XIX secolo, parallelamente alla diffusione del cemento Portland e alla sua produzione industriale, si
tentarono le prime applicazioni costruttive del sistema Fox (brevettato nel 1844) — nel 1847 F.Coignet progettò la prima
copertura in cemento colato e armato (brevettata nel 1861) ; nel 1848 l’ingegnere francese J.L.Lambot progettò una
imbarcazione in cemento armato con rete metallica, come farà Joseph Monier, un giardiniere, nel 1849 per i suoi serbatoi e le
sue “cassette da fiori” (brevettate nel 1855), le tubazioni (brevettate nel 1868) e i pannelli (brevettati nel 1869). Monier non
sospettò l’importanza dell’esatta posizione dei ferri e quindi della dstribuzione delle forze entro il c.a. Ciò nonostante i suoi
brevetti si rivelarono un affare remunerativo.
Il primo impiego su larga scala del calcestruzzo fu nei solai dei piani sotterranei del Restaurant dell’Esposizione di Parigi del
1867, mentre i primi brevetti per elementi strutturali (ponti, 1873 ; scale, 1875 ; pilastri e travi, 1878 ; coperture, 1880-1881)
furono successivi e si dovettero ancora a Monier — poi ceduti in Germania a Conrad Freytag, nello stesso anno, per la
germania meridionale, e a G.A.Wayss di Francoforte, nel1885, per la Germania settentrionale (i risultati delle prove di carico
furono pubblicati nel 1887).
Dopo la pubblicazione (1877) dei risultati degli studi di Thaddeus Hyatt sul comportamento strutturale degli elementi
costruttivi in c.a., nell’80, esordì François Hennebique studiando pilastri, travi e solai in cemento armato a ferri tondi
(“tondini” d’acciaio a superficie dentellata), valorizzati principalmente per la loro resistenza al fuoco e ai vapori aggress ivi, e
costruendo il primo solaio “monolitico” nel 1888 a Lombardtzyde, in Belgio — la sua attività si intensificherà dopo il ’90 e la
costruzione della sua Villa (1890) a Bourg-la-Reine. Fra l’85 e il ’90 altri contributi all’evoluzione del sistema vennero

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nuovo materiale l’acciaio fu essenziale, nonostante la sua presenza fosse nascosta. Infatti, per la
sua stessa natura il cemento armato si adatta ad assumere la forma che l’architetto vuole
attribuirgli grazie alla collaborazione tra acciaio e calcestruzzo, riuscendo in questo modo a
risolvere i problemi statici relativi ad essa e all’uso dei materiali separatamente. Ma, mentre la
statica della costruzione metallica era abbastanza arretrata — si dimensionavano separatamente
trave, pilastro e solaio, e tutti i collegamenti venivano considerati “cerniere” —, la costruzione in
cemento armato era stata obbligata sin da principio a seguire la strada della statica dell’insieme,
della continuità e dell’“incastro”. Fu, quindi, anche in questa direzione che si produsse
l’evoluzione della struttura d’acciaio, grazie al miglioramento delle soluzioni di collegamento ed al
passaggio dai chiodi ai nodi saldati e ai giunti con bulloni ad alta resistenza.

dall’America (Ward, Hyatt e Ransonne), dove il materiale divenne di uso comune innanzitutto nelle real izzazioni dell’inglese
Ernest Leslie Ransome. Attorno al 1890 E.Coignet ottenne vari brevetti per la costruzione di acquedotti con tubi in cemento e
realizzò nel 1891 il primo solaio con travi prefabbricate a Biarritz.
Il primo caso notevole di applicazione di un’ossatura in cemento armato “senza travestimenti”, seppur rivestito, è rappresentato
dalla Casa d’affitto (1903), in rue Franklin 25bis, a Parigi, di Auguste Perret con-titolare della A.&G.Perret Architects.

«Il tetto piano, come in parecchi esempi della progettata “Cité Industrielle” di Tony Garnier, è adattato a rudimentale giardino pensile ; il
cavedio fu eliminato, e i muri della scala sono costruiti in mattoni di vetro, che lasciano liberamente passare la luce del giorno.
[...] Ma Perret diede il suo maggior contributo alla più giovane generazione di architetti con l’impostazione flessibile della pianta. Nel legare
i pilastri di cemento armato indipendenti, le partizioni sono introdotte con assoluta libertà. [...] Ogni piano è concepito quale unità
indipendente». (S.GIEDION, op.cit., 1941, pp.319-320)

Nel 1904 Anatole De Baudot, allievo di Labrouste e Violet-le-Duc, costruì la chiesa di Saint-Jean di Montmartre secondo i
modelli gotici, lasciando in vista lo scheletro portante in cemento armato. Seppur più economico del metallo, col quale poteva
rivaleggiare in termini di sicurezza, il nuovo materiale composito non permetteva altrettanta disponibilità all’applicazione
artistica e a soluzioni estetiche soddisfacenti.
Nel 1905 l’ingegnere svizzero Robert Maillart giunse alla forma caratteristica dei suoi ponti : un arco a tre cerniere a sezione
scatolare svuotato lungo i fianchi. Nel 1912 Maillart portò a termine il primo solaio “a lastra” senza travi (con armatura
bidirezionale) d’Europa, riprendendo la tipologia “a fungo” (con armatura quadri-direzionale) sviluppata dall’ingegnere
americano C.A.P.Turner e alleggerendone il sistema. Tra il 1916 e il 1924, l’ingegnere francese Eugène Freyssinet, futuro
(1928) padre del calcestruzzo precompresso moderno, negli Hangars gemelli di Orly concretizzo uno dei primi tentativi, dopo
Baudot, di progettare strutture monolitiche i cui elementi, montati insieme, fossero in grado di reggersi da soli» (K. FRAMPTON,
op.cit., 1980, p.36). In questo caso funzione e forma, come qualità del materiale ed economia di cantiere, erano concepite e
realizzate come unità.
Fu così che il cemento armato, «fra il 1910 e il 1920, diventò quasi la marca di fabbrica della nuova architettura» (S. GIEDION,
op.cit., 1941, p.311).

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