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DALLA CARPENTERIA METALLICA ALLE STRUTTURE RETICOLARI SPAZIALI

Excursus storici attraverso l’evoluzione di un genere architettonico

I.5 Negli anni del Movimento Moderno.

Nel campo infrastrutturale, l’invecchiamento delle strutture e l’aumento del costo del lavoro
— superiore a quello dell’acciaio e del cemento — spinsero : al perfezionamento delle
metodologie di calcolo e dimensionamento, ad una più precisa conoscenza delle capacità e della
resistenza delle strutture ; per i ponti, alla predilezione di travi scatolari (più resistenti alla
torsione), ovvero di soluzioni “a cavi” ; alla prefabbricazione delle strutture d’acciaio mediante
saldatura ad arco elettrico, invece della chiodatura1 ; all’impiego di “chiodi” ad alta resistenza (dal
1948), lavoranti ad attrito, soprattutto nei casi in cui fosse difficile eseguire una saldatura di
qualità2 ; ad un uso assai più diffuso e soddisfacente del calcestruzzo armato, reso più resistente
alla fessurazione mediante tecniche di vibrazione e di precaricamento.
In architettura industriale e civile, i progressi ottenuti con l’impiego dell’acciaio potrebbero
essere sintetizzati nel Capannone (1908-1909) di montaggio della Fabbrica di Turbine della
AEG, ideato da Peter Beherens, a Berlino, in cui la massiccia monumentalità esteriore,
interpretazione complessa di Zeitgeist capitalista e Volksgeist, è trovata mediante una sottile
“pelle” in “cemento”, sostenuta da una struttura portante d’acciaio estesa a tutti gli elementi
costruttivi dell’edificio3, associata all’uso esteso della parete vetrata intelaiata in acciaio — Un
edificio ben lontano dall’essere schiettamente “in ferro e vetro”, ma, piuttosto, un “tempio al
potere industriale” indice della tendenza alla “dematerializzazione” impiegata, qui, in ossequio al
principio de’ “i contrasti si esaltano”.
Nella cupola (1910-1913 — 65 metri di diametro) progettata da Max Berg per lo Jahrunderstelle

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La prima apparizione della saldatura ad arco fu nella ristrutturazione (1923) del Ponte della Voulte, in Francia. I vantaggi
della saldatura furono innanzitutto economici e derivarono dagli enormi risparmi che essa consentiva : per i laminatoi e i
magazzini, sparì la domanda — e il carico — di migliaia di profili di forme e misure differenti ; per gli uffici progetti, si
risparmiò moltissimo del tempo impiegato a studiare e riprodurre i particolari costruttivi e a listare le componenti ; nelle
officine, non più fori da tracciare, non più perni di centratura e calibrature delle parti, non più alesatrici, trapanatrici e
ribaditrici, non più chiodatura temporanea e schiodatura. D’altra parte una struttura saldata nascondeva degli inconvenienti che
imponevano maggior consapevolezza nella progettazione, per esempio : «un ponte chiodato non crollava mai all’improvviso ;
sempre si poteva contare sui chiari avvertimenti che dava della catastrofe imminente. Non così il ponte saldato : con esso non vi
era snervamento plastico che alleviasse l’alta concentrazione di sollecitamento...» (C. SINGER, et alii, op.cit., 1969, vol.VI,
p.192).

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«Il gambo del chiodo non è lavorato all’utensile e il chiodo si una in fori che hanno un diametro di 3 millimetri maggiore di quello del gambo.
Messo in opera con una chiave tarata che consente di serrarlo secondo una tensione predeterminata (che è resa visibile dalla presenza di
“rigonfiamenti” sulla rondella usata sotto il dado), il chiodo ad alta resistenza lavorante per attrito serra le due facce appiattite come in una
morsa. Non può allentasi a seguito di vibrazioni e, contrariamente al rivetto, lo si può usare in modo corretto là dove il gambo del chiodo si
trovi direttamente sotto tensione». (C.SINGER, et alii, op.cit., 1969, vol.VI, pp.193-194)

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Il sistema portante di archi a tre cerniere “a traliccio” con tiranti ha un’altezza alla chiave di volta di 25 metri. All’est erno,
lateralmente, i pilastri si presentano come profili composti ad ‘H’ (con sezione variabile) a tutta altezza spaziati da grandi
pareti vetrate intelaiate in acciaio leggermente inclinate verso l’interno. Il fronte col timpano è affiancato da due piloni
d’angolo rastremati verso l’alto fra cui è posta un’ulteriore parete vetrata.

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I.5 NEGLI ANNI DEL MOVIMENTO MODERNO.

di Breslavia, in cui la struttura determinava l’aspetto della costruzione, la torsione plastica delle
nervature manifestava chiaramente il gusto “espressionista” riscontrabile Fabbrica di prodotti
chimici4 (1911), di Luban, presso Poznan, di Hans Poelzig, e celebrato nel Padiglione di Vetro —
nello spirito delle cattedrali gotiche sul modello del Padiglione di acciaio di Lipsia — per
l’esposizione del Werkbund del 1914, a Colonia, di Bruno Taut. In esso, Taut poté realizzare
concretamente una delle sue forme cristalline, dimostrazione di come “la luce volesse il cristallo” e
il vetro negasse il mattone, accettando soltanto l’acciaio.

«Per innalzare la nostra cultura ad un livello superiore siamo obbligati, che ci piaccia o no, a
trasformare la nostra architettura. E ciò sarà possibile soltanto se libereremo i locali nei quali
viviamo dal loro carattere di spazio chiuso. Tuttavia, possiamo fare ciò soltanto introducendo una
architettura di vetro, che lasci entrare la luce del sole, della luna e delle stelle nelle stanze, non
soltanto attraverso scarse finestre, ma attraverso il maggior numero possibile di pareti, costituite
interamente di vetro, di vetro colorato». (PAUL SCHEERBART, Glasarchitektur,
1914)

Nel solco creato dall’opera di Auguste Perret e Tony Garnier, dalle avanguardie artistiche
cubiste e futuriste, e, poi, neoplastiche, costruttiviste, suprematiste, ed espressioniste, dall’attività
del Werkbund, progenitore del Bauhaus, in contrapposizione con l’arte organica o con l’arte
come luogo di accumulo di valori storici culturalmente infondati, nacque un linguaggio
“razionale” teso alla semplicità, all’essenzialità, privo di riferimenti simbolici, “purista”,
“elementarista”, “oggettivo”, anonimo e sovranazionale, adatto ad aderire ad una civiltà
tecnologica, caratterizzata da una visione ottimistica dell’industrializzazione e della macchina, e a
favorire una riforma scientifica dell’organizzazione edilizia basata sull’industrializzazione e la
standardizzazione.
L’accettazione razionalista della nuova realtà meccanica e della sua materia prediletta, il metallo,
si manifestò concretamente nel Movimento Moderno in coerenza con l’“esigenza funzionale”,
intesa in senso lato.
Il senso dell’uso del metallo — facilmente reperibile, perfettamente proporzionabile e calcolabile e
economicamente “posabile” da montatori, anziché muratori —, innanzitutto, fu quello di servire
allo “sfondamento della scatola”, alla soluzione pratica della “bucatura” vetrata — connessa ai
principi di “apertura”, “visibilità” e “luminosità” — e, quindi, del rapporto fra “spazio interno” e

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L’imponente impostazione è espressamente la risposta alle esigenze funzionali della costruzione. Tutti i corpi dell’edificio,
adibiti alla produzione presentano una struttura mista a pareti portanti e di tamponamento di un’ossatura portante in elementi
di acciaio piatti, entro la quale i mattoni sono inseriti “di coltello” a formare un “muro a caldaia”, sottile e levigato. Es sendo
abbastanza difficile individuare il telaio metallico nei prospetti, la distinzione tra muri portanti e muri di tamponamento è
possibile facendo attenzione ai diversi tipi di finestre (a telaio metallico) : semicircolari, nei primi, quadrate, nei secondi.

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Excursus storici attraverso l’evoluzione di un genere architettonico

“spazio esterno”, con inevitabili quanto cercati riflessi sull’aspetto dell’edificio moderno.

«Oltre alle ossature di ferro e di acciaio, alle varietà innumerevoli di strutture di cemento armato, fra
le tante applicazioni dei nuovi materiali edili5 alla moderna architettura, il vetro è certamente quello
che possiede più qualità visive atte a conferirle gli aspetti di un mutamento radicale. E poiché la
missione dei modernisti consiste nel mettersi d’accordo con l’orientamento della loro epoca,
collocando l’architettura sul suo vero piano, che è quello economico e sociale, strappandola così allo
sterile dominio delle formule passate, affinché essa, valendosi delle ultime acquisizioni della tecnica e
dell’estetica, soddisfi pienamente le esigenze spirituali, intellettuali e materiali della vita presente, il
funzionalismo europeo crea e analizza mezzi costruttivi con rigore scientifico e in riguardo al valore
pratico ed estetico». (A.SARTORIS, op.cit, 1932, p.33)

In secondo luogo, il metallo, con gli altri “mezzi e materiali costruttivi modernissimi”, che
“consentono rapporti plastici inconsueti, solidità e leggerezza della costruzione, praticità ed agilità
della pianta”, dovette essere favorito dal programma “di estetica aggiornata e di
industrializzazione di arte edilizia” cui facevano riferimento, chi più, chi meno, tutti gli architetti
“moderni” (cfr. A.SARTORIS, op.cit., 1932, p.44)6, anche se, raramente — sarà il caso di Mies —

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Per valutare la presenza e di conseguenza l’importanza, dei metalli — non solo l’acciaio — si noti, nel passo che segue, come
nell’elenco dei materiali “moderni” essi ricorrano nei più diversi impieghi, con prevalenza nel campo dell’arredo e delle
componenti di completamento :

«Nei mezzi e nei materiali dell’architettura razionalista vi è un senso di signorilità ovunque diffuso. E tutto ciò avvolto da un’atmosfera alla
volta serena e dinamica che attenua le asprezze, ottunde le angolosità e armonizza vivacemente i contrasti. Vediamo i prodotti-tipo
standardizzati fornirci i tubi metallici, gli utensili di Cromargan, i metalli leggeri di grande resistenza specifica quali l’Elektron, il Dural, il
Lautal e l’Avional (leghe di alluminio), i tramezzati di Heraklith, i soffitti praticabili in vetro, le pareti in lamiera forata o in Gunite, i tavoli
tubolari, le paste opache e traslucide, i pavimenti ed i tappeti in linoleum e linoleum-sughero, i metalli edilizi in tubo ed in lamina, le carte da
parati Salubra, i modili d’acciaio, le cortine a molla, le intelaiature metalliche per le sedie nichelate, le piastre murali in maiolica, le varie
superfici vetrate, le lastre cromate e le lastre di Trolit per i mobili, gli scaffali ed i rivestimenti murali di alluminio, i caucciù microporosi, gli
arredamenti in Duralit, gli zoccoli di pareti in linoleum-celotex, le zoccolature di Insulite per i rivestimenti interni di Trolit, i complessi
architettonici in griglie Tezett, i rivestimenti e le tendine di tela cerata, il Birmabright per le costruzioni subacquee, gli ascensori interni ed
esterni in acciaio nichelato, le spalline di alluminio, i sedili tubolari con imbottite di gomma o cinghiati con pelle naturale di maiale, le porte-
paravento di legno cerusato, i rivestimenti murali formati di cristalli e lastre di vetro rugoso, le cortine in foglie di caucciù, gli scaffali di
lastre di vetro greggio, i mobili di cemento, i tappeti sanitari di gomma, le pareti scorrevoli, quelle di legno, cartone, Celotex o metallo, i
rivestimenti murali in linoleum repoussé, in Chintz colorito od in alluminio su lastre Enso, i sedili in Rotang tessuto, i sedili in lame
flessibili, i mobili in legno e rame con impiallacciature di sughero e rivestiti di lavagna o lastre di vetro nero, i letti in tubo nichelato e lamiera
smaltata, i mobili di sedie in legno od in metallo e Trolit, gli acciai resistenti all’usura, all’urto e alla corrosione quali gli acciai di
manganese, al nichel-croma, al molibdeno, o al vanadium, per i rivestimenti esterni dei grattacieli, i mobili in lamiera forata, tubo nichelato e
intrecciature di caucciù, i mobili in tubo di metallo, in Trolit od in metallo vetro e Trolit, gli arredamenti da cucina in acciaio, i tavoli in
lamiera smaltata, le porte d’acciaio o di lamiera e le poltrone metalliche inclinabili a piacere, le lastre di acciaio inossidabile, gli armadi di
Anticorodal o di ferro cromato, le finestre di duralluminio, i vetri ingabbiati in sottili reticoli di cemento armato, i rivestimenti di maiolica, le
piastre metalliche ed infiniti altri materiali, come le pareti di fibro-cemento e le ossature architettoniche in Farco-metallo, le strutture e i muri
di alluminio e di latta di rame, le arricciature di Neutrolit, gli intonaci moderni ed i cementi cellulari come l’Aérocrète.
Dobbiamo ammettere che nell’epoca della pubblicità normalizzata questi mezzi e materiali della nuova architettura sono un sicuro processo
di analisi, di controllo e di organizzazione della idea plastica e tecnica del nostro tempo : esperienze indispensabili per il progresso del
funzionalismo contemporaneo». (A.SARTORIS, op.cit., 1932, pp.43-44)

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«Costruite su palafitte di cemento armato, ferro o acciaio, i punti di appoggio sono localizzati, l’ossatura metallica può essere composta, per
esempio di una struttura tubolare saldata e di altri elementi standardizzati. I pavimenti cono rivestiti parte di linoleum-sughero e parte di un
impiancito di Eubölith senza connessure, mentre il giardino pensile è lastrato di cemento e munito dei relativi punti di dilatazione. Per la

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I.5 NEGLI ANNI DEL MOVIMENTO MODERNO.

assumerà un evidente ruolo di coprotagonismo 7.

«L’impiego moderno dei materiali da costruzione, i perfezionamenti costanti delle diverse finiture, i
progressi della tecnica e della scienza edilizi per dare materiali omogenei e resistenti, solidi e leggeri,
concedono allo scheletro funzionalista una importanza di primo piano nella nuova architettura.
[...] Il materiale moderno non crea l’architettura moderna poiché sarebbe un assurdo che porterebbe
l’arte di costruire nel campo dell’incongruenza, ma giustifica pienamente i portati dello spirito
nuovo, nel quale vien temprata la fantasia costruttiva dell’architetto funzionalista. Mezzi e materiali
moderni adoperati modernamente rispondono efficacemente alle esigenze architettoniche della civiltà
meccanica che trova radici non soltanto nella tradizione (quella che ha carattere universale), ma
specialmente nei motivi d’indole sociale, economica e tecnica, severamente ligi alla sensibilità
plastica dell’uomo novecentista ed ai rigorosi dettami delle tendenze contemporanee dell’arte».
(A.SARTORIS, op.cit., 1932, pp.44-45)

Vista, però, la logica compositiva dominante — basata sull’ortogonalità di una maglia cellulare a
misura d’uomo —, la predilezione per elementi costruttivi lineari standardizzati e a basso costo, e
le dimensioni ridotte della maggior parte degli edifici, il sistema reticolare si produsse in strutture
“a telaio” e grigliati piani a modulo quadrilatero che finirono col dominare sui sistemi “a traliccio”
e su quelli ad elementi tridimensionali. Sebbene la proposta di un sistema geodetico da parte di
Buckminster Fuller del 1923 e la pubblicazione degli studi sui “sistemi reticolari” tridimensionali
di Robert Le Ricolais nel ’39 testimonino la vitalità delle strutture spaziali, queste ultime, nei

costruzione dei muri perimetrali e dei tramezzi interni si adopera il Bimsbeton con camera d’aria e il Solomithe in pannelli rettangolari di buona
acustica. Internamente, l’intonaco delle pareti è fatto a stucco metallizzato e l’illuminazione è ottenuta mediante l’impiego di tubi luminosi ;
esternamente l’intonaco è di Cement-Gun proiettato con l’aria compressa, economico ed impermeabile. Le facciate esterne (come quelle interne
d’altronde) possono essere dipinte, adoperando i colori secondo le nuove teorie della fisica, ed in più pellicolizzate. Di acciaio nichelato sono le
ringhiere tubolari e le finestre doppie scorrevoli ; le porte, pure scorrevoli, di tipo Ronéo. Oltre i mobili speciali, sono anche adoperati mobili di
cemento e casellari-standard. Questi materiali appariscenti costituiscono l’eleganza somma dell’architettura funzionalista che si diffonde in una
spiritualità più intensa. I materiali moderni rinnovano la casa e l’edificio in genere, come rinnovano le città, i giardini e le strade».
(A.SARTORIS, op.cit, Stucchi, Milano, 1932, p.44)

Occorre precisare che quando si parla di acciaio si intende preferibilmente l’acciaio inossidabile, in virtù della sua resist enza e
durezza, che consentiva un calcolo parsimonioso di tutti gli elementi.
L’alluminio veniva usato di preferenza per la sua leggerezza, lucentezza e inalterabilità, non soltanto per gli impieghi già
elencati, ma anche per elementi impermeabilizzanti (feltri bitumati armati con lamina di alluminio — 1939), telai delle larghe
finestre a nastro, per i corpi scaldanti, i corpi illuminanti, e gli elementi dei sistemi di ventilazione.

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«La struttura in acciaio è stata considerata come una base adatta per un semplice, sincero rivestimento di materiale plasmabile, che svolge in
modo ideale il proprio compito, senza pretese strutturali. Questo principio è stato finalmente riconosciuto in architettura...». (F.LLOYD
WRIGHT, in E.KAUFMANN - B.ROEBURN, Frank Lloyd Wright : Writings and Buildings, Meridian Books, World Publshing Company,
Cleveland-New York, 1969, p.66)

Da questa affermazione deduciamo un modo di fare caratteristico di moltissimi edifici “moderni” testimoniato dalle
illustrazioni qui riportate : l’acquisire il telaio in acciaio a struttura portante nascondendolo dentro getti formati in calcestruzzo.
Questo atteggiamento concorrerà a far si che l’importanza dell’acciaio cada in secondo piano rispetto a quella del calcestruzzo e
del calcestruzzo armato.

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Excursus storici attraverso l’evoluzione di un genere architettonico

primi decenni del ‘900, troveranno applicazione soprattutto nel settore industriale, in quello
infrastrutturale e in quello dei trasporti, fuori dall’attenzione del pubblico e dei dibattiti politico-
culturali.
Walter Gropius assimilò i risultati tecnici di coloro che lo avevano preceduto, li integrò
armonicamente in una sintesi architettonica priva d’influenze figurative tradizionali, e li ripulì di
ogni gratuità.
Seppur tra i primi ad usare il cemento armato rigorosamente per significative innovazioni
compositive, nella Fabbrica Fagus (1910-1914) di forme per scarpe, ad Alfied/Leine, prima,
nell’Esposizione di Colonia (1914), e nella sede del Bauhaus (1926), a Dessau, poi, sopprimendo
il pilastro d’angolo della struttura portante, rientrata rispetto alla superficie di facciata, lasciò
spazio all’effetto espressivo dei montanti sospesi d’acciaio e del vetro estesi su quasi tutti i
prospetti8, inaugurando un genere architettonico “neo-realista” che potremmo definire anche
“pelle e ossa”, nella quale, per la prima volta, assume grande importanza la “cortina di vetro” e il
predominio dei pieni sui vuoti.
Gropius sarà anche tra i padri della sintassi “universale” sachlich (oggettiva), e ad impiegare
senza mascheramenti elementi di completamento ed elementi modulari di partizione interna a
telaio metallico e, insieme a Marcel Breuer, a diffondere l’uso dell’arredo in acciaio cromato,
come testimoniano gli spazi abitativi realizzati in occasione dell’Esposizione del Deutscher
Werkbund a Parigi, nel 1930. In questo modo, lo spazio veniva concepito per la prima volta in
modo unitario e totale, ed è singolare che l’accordo fra struttura, completamenti ed arredo sia
stato conseguito attraverso l’impiego dell’acciaio, spesso accompagnato dal vetro.
L’opera più schiettamente Neue Sacchlichkeit sarà rappresentata dal Teatro Totale (1927),
progettato per il Volksbühne di Erwin Piscator, a Berlino : l’auditorium era costituito da un
involucro di vetro, attraverso il quale si poteva facilmente percepire la struttura portante
fondamentale, mentre la struttura a traliccio della copertura ovoidale si riallacciava ai pilastri
mediante una trave ad anello ellittica .
Se già lo scheletro e i montanti d’acciaio, insieme al vetro, e la “pianta libera” caratterizzavano
fortemente i progetti dei Grattacielo per i concorsi del 1919 e del 1920-1921 di Mies Van der
Rohe, sui medesimi elementi, reinterpretati e perfezionati, realizzerà il Padiglione9 tedesco

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In realtà, alcune realizzazioni, assai precedenti a quelle di Gropius, testimoniano come soprattutto le sue soluzioni di facciata
non fossero effettivamente originali, ma derivassero dalla conoscenza dell’architettura industriale, architettura sulla quale ,
però, Gropius intervenne con “volontà creativa” alla volta della conciliazione tra “forma estetica” e “forma tecnica”.
È esemplare, a questo proposito, la Fabbrica della Margarete Steiff GmbH (1903), realizzata da Eisenwerk München AG, a
Giengen/Brenz, nella quale una parete vetrata a doppio guscio riveste completamente i tre piani dell’edificio est. L’involucr o
esterno è appeso davanti alla struttura portante, mentre quello interno va dal pavimento al soffitto.

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La struttura presenta pilastri cruciformi in acciaio rivestiti in lamiera nichelata.

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I.5 NEGLI ANNI DEL MOVIMENTO MODERNO.

all’Esposizione di Barcellona, del 1929 — preludio alla Casa Tugendhat di Brno, del 1930, o alla
Casa modello della Mostra della Costruzione di Berlino, del 1931, più che alla Casa ad
appartamenti del quartiere sperimentale Weißenhof di Stoccarda, del 1927 — in cui protagonista
è lo “spazio continuo”, ispirato dall’idea che “nel meno vi è il più”, e reso possibile dall’esilità dei
montanti in acciaio e dalle capacità strutturali delle intelaiature metalliche — necessari elementi
primi ordinatori e unificatori che, nella loro “nudità”, non occupano il ruolo di predominante
fattore espressivo10, se non in elementi d’arredo come la Poltrona Barcelona (1929).
Il lavoro di Mies, tra il ’33 e i primi anni ’50, continuerà ad oscillare tra «tecnica come invenzione
e monumentalizzazione della tecnica come forma», seconda posizione di cui la Reichsbanck di
Berlino del 1933 e, ancor più, l’Illinois Institute of Technology di Chicago, del 1939, con il loro
curtain-walls estesi e neutrali cadenzati dallo scheletro metallico, sono espressione.

«L’articolazione del sistema dei pilastri di connessione con il piano vetrato diventa sempre più
idealizzata e monumentale in ogni successivo edificio. Questa progressiva idealizzazione deriva
dalla sostituzione della generica sezione cruciforme del pilastro di Mies dei primi anni Trenta con la
trave a doppia T standardizzata in uso in America. [...] La sua preferenza, a partire dalla
Reichsbank in poi, per un unico asse di simmetria favoriva l’articolazione delle facciate secondo
l’asse direzionale della trave a doppia T. Lo sviluppo di questa linea di lavoro presso l’IIT, a partire
dal Minerals and Metal Research Building e dalla Biblioteca, del 1942, fino all’Alumni Memorial
Hall, del 1945, si svolge in direzione dell’idealizzazione del pilastro con trave a doppia T, che

«Il particolare dei pilastri realizzati non è uguale a quello reso famoso da molte pubblicazioni. In realtà al posto dell’elemento a T fu inserita
una piattina d’acciaio di collegamento degli angoli e le grembialine nichelate furono avvitate su listelli di legno sistemati nella zona
terminale. [...] Il sistema cruciforme doveva servire ad incastrare, in corrispondenza delle strutture del coperto, delle piattabande per la
saldatura delle travi di acciaio a doppio T che formano l’orditura bidimensionale del coperto stesso.
[...] È chiaro, dai disegni eseguiti da Ruegenberg, che sia l’intradosso che l’estradosso del solaio erano costituiti da un tavolato avvitato sulle
travi d’acciaio. È una soluzione statica molto intelligente perché consente un buon irrigidimento della lastra di copertura che permette di non
tener conto degli effetti torsionali sulle travi. Una rete metallica ancorata alla struttura principale fungeva da supporto all’intonaco
dell’intradosso
[...] Esistevano nel padiglione anche alcuni altri pilastrini (scatolari di 8 cm di lato) nascosti all’interno della parete perimetrale in marmo
verde antico. Tale artificio non pregiudica a nostro avviso l’importanza del padiglione quale prototipo di edificio in cui si realizza una
separazione tra elementi strutturali ed elementi di definizione dello spazio (tamponamenti)». (M.CIAMMITTI - G.Di GIOVE, a cura di, Studi e
ricerche sul Padiglione «Barcelona» (1929) di Ludwig Mies Van der Rohe, «OIKOS», A.2.9., Catalogo della mostra — S.A.I.E. 83, 22-
29 ottobre 1983, Bologna)

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«Al giorno d’oggi il fattore economico rende obbligatorie la razionalizzazione e la standardizzazione nella residenza in affitto. D’altra parte,
la crescente complessità delle nostre esigenze richiede flessibilità. In futuro si dovrà fare i conti con entrambi gli aspetti. A questo fine la
struttura a scheletro è il sistema costruttivo più adatto. Esso infatti rende possibile l’impiego di metodi costruttivi razionali e consente la
libera suddivisione degli interni». (MIES VAN DER ROHE, 1927, in K.FRAMPTON, op.cit., 1980, p.187)

«Il sostegno continuo in acciaio non è, in definitiva, una difficoltà per l’estetica. Si può concedere che attraversi quietamente lo spazio. Allo
stesso modo che le colonne di un’architettura antica danno allo spettatore un senso di sicurezza in grazia del loro ordinato giuoco di pesi e
sostegni, così il pilastro continuo in acciaio o cemento dà allo spettatore contemporaneo un’impressione di energia dinamica che corre
uniformemente attraverso la casa. La colonna libera in vista acquista in questo modo una nuova qualità espressiva distinta dal suo obiettivo
valore strutturale». (S.GIEDION, op.cit., 1941, p.547)

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Excursus storici attraverso l’evoluzione di un genere architettonico

culminerà nei pilastri quadrati, in acciaio ricoperto di calcestruzzo, dell’Alumni Memorial Hall.
[...] Mentre la Biblioteca anticipava il tipo successivo a un piano e a un’unica campata (formulato
per la prima volta con chiarezza nel suo progetto per un ristorante drive-in del 1946), l’Alumni
Memorial Hall anticipava la sua tipica lamella multipiana, in cui il vetro, i montanti e la struttura
del muro esterno contribuvano a creare una facciata articolata». (K.FRAMPTON, op.cit., 1980, pp.275-276)

La “lamella multipiana”, dall’aspetto monolitico, rivestita con una “pelle” resa «come un tessuto
lavorato a telaio» (K.FRAMPTON, op.cit., 1980, p.277), dove, in facciata, la struttura portante
integra la finestra, si perfezionerà nei Lake Shore Drive Apartments11 (1948-1951), a Chicago, e
nel Seagram Building (1958), a New York ; mentre, la soluzione “a un’unica campata” troverà la
sua espressione più monumentale nella Convention Hall (1953-1954), per Chicago, con una
mega-struttura in acciaio “a traliccio”, e la Casa Farnsworth12 (1946-1951), a Fox River (Plano),
in Illinois, rappresenterà l’apoteosi dell’espressione miesiana “beinahe nichts”, che troverà un
primo seguito nella Glass House (1949) di Philip Johnson, a New Canaan, nel Connecticut.
In Le Corbusier, specialista del béton armé, l’acciaio interviene nell’estetica “macchinista” come
materiale strutturale per elementi dalla forte valenza compositiva che assecondano il principio di
“indipendenza funzionale dell’ossatura e del muro” — quindi il principio della “facciata libera” e
del “plan libre” —, ovvero, come materiale funzionale al principio purista negli objet-types
d’arredo.
Nel 1927 realizza a Stoccarda, nel quartiere Weißenhof, la prima Casa con strutture in acciaio, i
pilotis, a vista, progenitrice della più nota ed evoluta Villa Savoye (1929-1931), a Poissy. Ma è
nella Maison Clarté (1930-1932), a Ginevra, nel Pavillon Suisse (1930-1932), alla Città
Universitaria di Parigi, e nella Cité de Refuge (1929-1933), dell’Esercito della Salvezza di Parigi,
che l’acciaio, insieme al vetro, occupa un ruolo determinante nella puntualizzazione e nella
conclusione dello spazio : nella prima — che anticipa il primo progetto dell’Unité d’Habitation di
Marsiglia, poi realizzata in beton brut —, la struttura è in carpenteria metallica saldata, in profili
normalizzati e una trama rigidamente modulare, dotata di due scale interne interamente in metallo

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I pilastri portanti della carpenteria metallica sono disposti su di una trama quadrata di 6,40 metri. Al fine di conferire
ugualmente ai pilastri di facciata il ritmo di base e di rendere evidente la carpenteria metallica in facciata Mies ricorse ad un
artificio : i pilastri in acciaio con sezione ad ‘H’ ad ali larghe sono racchiusi in una sezione quadrata in cemento circondata da
un cassero perso in lamiere d’acciaio zincato saldate, che, costituendo un rivestimento metallico, producono, con il nucleo di
cemento, un effetto misto che contribuisce all’irrigidimento dell’ossatura e riduce le oscillazioni dell’edificio per effetto del
vento. I pannelli del solaio sono egualmente rivestiti di lamiere d’acciaio. A questa struttura di base si aggiunge un secondo
sistema costituito da elementi verticali, pilastri secondari o a crociera, “mullions” profilati ad ‘H’, continui su tutti i piani e
liberi alle estremità. Quattro pilastri a criciera si incontrano su un pilastro principale, la cui spaziatura è il modulo per
determinare la larghezza delle finestre e la distanza dei tramezzi interni.

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Anche qui l’effetto è ottenuto grazie al metallo : otto pilastri d’acciaio, verniciati di bianco, sostengono le lastre del
pavimento e del soffitto e tengono sollevata la casa e, parzialmente, la piattaforma di accesso dal terreno, il resto è tutto vetro,
salvo il blocco centrale dei servizi rivestito di legno.

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I.5 NEGLI ANNI DEL MOVIMENTO MODERNO.

e vetro, illuminate dall’alto, e caratterizzata in facciata da montanti scanalati a vista e grandi


superfici vetrate cadenzate orizzontalmente dall’allineamento dei balconi con parapetti metallici e
dalla libera disposizione dei frangisole regolabili ; nel secondo, sopra una soletta basamentale
rialzata su sei paia di colonne in cemento armato, si elevavano quattro piani in carpenteria
metallica “a vista”, riempita in facciata con pannelli a vetrate scorrevoli ; nella terza, dal cubo
d’ingresso, definito dal pilotis d’angolo, si accede ad un’area di accoglienza e sosta interamente
sostenuta da colonne metalliche, per poi passare all'edificio dei locali comuni e dei dormitori
dominati, sull’esterno, da una facciata di acciaio e vetro ermeticamente chiusa.

«Quando egli si accingeva a studiare la concezione delle abitazioni in acciaio che gli erano state
commissionate con un contratto che l’industriale Wanner aveva ottenuto per lui, Le Corbusier fu
fortemente impressionato da una piccola opera un po’ singolare, ma che merita di essere ricordata
nella storia della costruzione metallica.
È la casa del dr. Dalsace in rue Guillaume a Parigi, realizzata nel 1929/31 da P.Charreau, un
architetto di interni che aveva lavorato fino ad allora in uno stile assai convenzionale. Egli aveva
costruito là una casa interamente in vetro ed acciaio, fino ai gradini delle scale ed ai tramezzi mobili
internied ai mobili incorporati. Era insomma una versione di lusso, eseguita con un rigore sportivoed
un gusto raffinato, della “macchina per abitare” come Le Corbusier la suggeriva dal 1922 nel suo
libro “Verso una architettura”». (F.HART - W.HENN - H.SONTAG, op.cit., 1979, p.19)

Quando maggior fortuna ebbero i profili chiusi, a sezione tonda e quadrilatera, l’uso del pilastro
metallico “a vista” a sezione ad ‘H’, nell’accezione lecorbusieriana, non mancò di trovare sviluppo
in architetture come la Healt House (1927-1929) per Philip Lovell, a Los Angeles, di Richard
Neutra, o la Casa Truus Schröder-Schräder (1924), di Rietveld — cui accenneremo —, o il
Ristorante (1930) della Mostra di Stoccolma, di Gunar A.Asplund, o, ancora, la Villa Schminke
(1933), a Löbau, in Sassonia, di Hans Scharoun ; mentre la sezione cruciforme ritornerà in
architetture come la Casa d’abitazione (1932), a Barcellona, di José Louis Sert.
Nel frattempo, intorno al 1930, le industrie siderurgiche e metallurgiche fondavano le prime
associazioni per promuovere la cultura e l’impiego diffuso del metallo, contro l’invadente ondata
del diffusione del cemento armato. Nascevano, così, istituzioni quali il Centre Belgo-
Luxembougeois d’Information de l’Acier, a Bruxelles, il Beratungsstelle für Stahlverwendung, a
Düsseldorf, e l’O.T.U.A. (Office Technique pour lUtilisation de l’Acier), a Parigi.
Fra le due guerre, l’Olanda fu certamente uno dei paesi in cui venne costruito il maggior numero
di costruzioni “in metallo”. Pieter Oud fu il pioniere dell’architettura neoplastica, la cui estetica si
fondò, fra l’altro, sulla purezza della linea e della superficie, purezza che si concretizzò anche
grazie all’uso dei materiali siderurgici.
Sulla stessa linea si mosse Gerrit T.Rietveld, che nel restauro dell’Oreficeria (1922) di
Amsterdam, prima, e nella Casa Truus Schröder-Schräder (1924), a Utrecht, realizzò una
composizione tridimensionale “centrifuga” in cui i vari volumi trasparenti ed opachi vengono
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DALLA CARPENTERIA METALLICA ALLE STRUTTURE RETICOLARI SPAZIALI
Excursus storici attraverso l’evoluzione di un genere architettonico

incastrati e ripartiti sfruttando la linearità e la “leggerezza” delle strutture portanti, delle cornici e
dei complementi d’acciaio, che concorrevano a dare all’architettura «un aspetto più o meno
fluttuante, che contrasta, per così dire, la forza di gravità della natura» (U.CONRADS, in
K.FRAMPTON, op.cit., 1980, p.166).
Sempre in quest’area geografica, non va, poi, trascurata la Fabbrica di Tabacco Van Nelle (1926-
1930), a Rotterdam, di Johannes A.Brikmann e Leendert C.Van der Vlugt, e il blocco residenziale
Bergpolder (1933-1934), a Rotterdam, e sempre di Brikmann insieme a Willem Van Tijen : nella
prima, la struttura d’acciaio, arretrata rispetto alle facciate trasparenti, minutamente articolate, in
vetro-specchio e in “torfoleum”, era volutamente lasciata a vista ed esternata insieme ai sistemi di
circolazione per favorire la partecipazione ad ogni fase dell’attività umana ; nel secondo, gli
alloggi si aprono sulle logge cadenzate dalla struttura portante principale in acciaio e sono serviti
da due blocchi distributivi verticali “di testa”, l’uno completamente vetrato, l’altro aperto
sull’esterno, ancora una volta per assecondare una “sensibilità per l’azione collettiva”.
Entrambi i casi rivelano l’influenza delle avanguardie russe nella cui ottica s’inscrivono
costruzioni, tipicamente costruttiviste, come il Padiglione Sovietico (1925), all’Exposition
Internationale des Arts Décoratifs et Industriels Modernes, di Parigi, di Konstantin Melnikov, e il
progetto per la Petersschule (1926), a Basilea, di Hannes Meyer e Hans Wittwer, visibilmente
caratterizzati dall’impiego dei metalli in modo da rivelare l’“estetica della macchina”13.
In Italia il Razionalismo arrivò con un certo ritardo, ed entrò presto in crisi. Nonostante gli sforzi
di Giuseppe Pagano sulla rivista «Casabella»14 e il completamento del quadro dei prodotti italiani
in acciaio con l’avvio della produzione di profilati per finestre dell’I.L.V.A. (1930), l’acciaio
rimase un materiale poco usato in architettura, e fece la sua sporadica apparizione soltanto
saltuariamente e in via sperimentale con la Casa di Giuseppe Pagano e con la Casa di Luigi
C.Daneri alla V Triennale del 1933. Ciò dipese dal fatto che il materiale era carissimo, e la sua
produzione quasi completamente assorbita dal regime per scopi di armamento.

Tutto sommato, se si inserisce il quadro sin qui descritto nel proprio contesto, «il ruolo della

13
L’estetica macchinista è resa al massimo grado nel progetto della Torre (1919-1920) della Terza Internazionale, di Vladimir
Tatlin. La metafora macchinista si concretizza in una costruzione costituita da un intreccio di due spirali a traliccio d’ acciaio
che raggiungono un ‘altezza di 400 metri e dai solidi vitrei in rotazione meccanica.

«Lo stesso Tatlin afferma che il ferro e il vetro sono i materiali dell’arte moderna in quanto prodotti del fuoco, cioè della trasformazione
industrale. Tale atteggiamento di esaltazione della tecnica produce grande influenza sulla cultura sovietica del tempo, in special modo
all’interno dei Vkhutemas, che erano centri di formazione artistica, diretti da Nikolai Ladovsky». (M.NERI - M.SOLE, op.cit., 1992, pp.20-
21)

14
Nel 1933 la rivista «Costruzioni Casabella dedica un numero monografico all’“impiego dell’acciaio nell’architettura”, in
esso viene fatto il punto sulle realizzazioni di edifici ad ossatura in acciaio in Italia sulla base della diffusione della n uova
tecnica di saldatura in sostituzione di quella tradizionale della chiodatura degli elementi.

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struttura metallica, dopo gli entusiasmi suscitati da alcune celebri costruzioni dell’Ottocento,
sembrava aver perso il suo mordente per ridursi a compiti meno stimolanti, ma pur sempre
importantissimi, consentiti dalle sue doti di eccezionale resistenza» (L.VAGNETTI, op.cit., 1980,
p.649). Infatti, in questo periodo, la struttura metallica è legata alla storia del grattacielo, la cui
realizzazione non sarebbe stata possibile senza il suo impiego e il suo sviluppo, e, tanto meno, si
sarebbe potuta avere la “corsa verso le massime altezze” che dura tutt’oggi.
Dopo l’episodio proto-moderno della Scuola di Chicago, una tappa fondamentale nell’evoluzione
del tipo fu il concorso (1922-1923) per la sede del Chicago Tribune, a Chicago. Nel periodo di
tempo intercorrente fra i due fenomeni «un’educazione architettonica scolastica strappò gli uomini
più giovani ai principi della Scuola di Chicago, e distrusse anche la loro individualità. Rimasti
isolati, i membri sopravvissuti della Scuola di Chicago caddero nello scoraggiamento, e molti
smarrirono la forza di cui avevano dato prova in un periodo più favorevole» (S.GIEDION, op.cit.,
1941, p.380), lasciando campo aperto al ritorno di un eclettismo storicizzante in bilico fra revivals
classici, medievali e rinascimentali.
Vincitore del concorso, naturalmente, sarà un progetto eclettico, quello di Raymond Hood e John
Mead Howells (realizzazione : 1923-1925), che, nonostante tutto, ha il merito di proporre un
edificio intenzionalmente strutturato verso l’esterno. Il progetto di Eliel Saarinen, classificatosi
secondo, pur condividendo col primo un’articolazione verticale ottenuta con l’esternazione dei
pilastri e delle lesene, perde ogni reminiscenza gotica. Ma , la novità dovettero essere i progetti
(1922) di Walter Gropius, con Adolf Meyer, di Max Taut e di Ludwig Hilberseimer, prismatici e
caratterizzati da una disadorna ossatura periferica a griglia ortogonale interamente colmata con
finestre del tipo “Chicago”.
Con la chiusura del concorso morì la seconda generazione di grattacieli. Il notevole aumento del
numero di piani consentito dalle strutture “a telaio” metallico controventate, ormai ampiamente
collaudate, per la terza generazione di grattacieli, impose la sostituzione del modello del palazzo15
con quello del campanile, ove l’equilibrio fra il piede e l’elevazione dell’edificio eccede in favore
di quest’ultima.
L’abbandono del campanile fu accompagnato da tre fattori : la progressiva scomparsa della
decorazione “pesante”, cui si preferirono interventi superficiali uniformi di tipo grafico-allusivo
sempre più proteso verso l’inorganico meccanico-tecnologico ; l’emergere del gusto per i volumi
unitari, vagamente tellurici, le cosiddette “montagne” déco ; l’introduzione di materiali edilizi

15
Si fa riferimento alle distinzioni tipologiche su base stilistica riferite da Mario Panizza (Mister Grattacielo, Laterza, Roma-
Bari, 1987), che, semplificando, sostiene che la prima generazione di grattacieli — nell’America della seconda metà del XIX
secolo —, in prima istanza, ebbe come modello per la definizione dell’immagine e l’adeguamento tipologico-distributivo, il
palazzo rinascimentale, distribuito a galleria e dotato, talvolta, di una torre in facciata, e variato nelle soluzioni “a blocco con
corte aperta”, “a blocco rettangolare intorno ad un cortile centrale”, e “a blocco isolato senza pertinenza”. Di questo model lo si
andò via via trasformando l’immagine classica, morfologicamente connotata, in ossequio all’imperativo funzionale,
coerentemente con l’uso commerciale e con l’avanzare della ricerca di uno stile caratteristico.

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Excursus storici attraverso l’evoluzione di un genere architettonico

nuovi sospinti dall’ottica “macchinista”. Le facciate si semplificano in articolazioni di superfici in


rilievo e in arretrato, per le quali si diffonde l’uso di pannelli piani disposti in modo da mettere in
evidenza l’ossatura metallica. È il caso emblematico del Philadelphia Saving Funds Building
(1932), a Philadelphia, di G.Howe e W.Lascaze.
Il grattacielo divenne, quindi, un’esibizione spettacolare delle possibilità tecniche e materiali
dell’epoca al servizio delle esigenze commerciali celebrative. L’intera vicenda si compie nella
quarta generazione di grattacieli, e può essere letta in pochi esempi newyorkesi : il Chrysler
Bulding (1930), di W.Van Alen, l’Empire State Building (1931), della società Shreve-Lamb-
Harmon, e il Rockefeller Center (1931-1940), del team composto da A.L.Reinhard &
H.Hofmeister - W.H.Harrison & W.H.Mac Murray - R.Hood - F.A.Godley & J.A.Fouilhoux -
H.Wiley Corbett.
In Europa, al di fuori del dibattito tipologico condotto nell’ambito del Movimento Moderno per
l’abitazione di massa, l’edificio “a torre” venne utilizzato più che altro con una precisa funzione di
fulcro della composizione urbanistica, o come elemento eversivo di variazione dell’immagine
urbana in virtù della caratteristica di negare qualsiasi rapporto dialettico col contesto, spezzando,
quindi, la continuità spazio-temporale.

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