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contemporanea - Dellapiana,
Montanari
Storia Dell'architettura
Università degli Studi di Milano (UNIMI)
33 pag.
FUTURISMO ITALIANO
Al centro del fermento futuristico viene inserita anche l’architettura attraverso l’opera di Antonio Sant’Elia, il quale
forma con altri il gruppo Nuove Tendenze. Nel 1914 espone a Milano una serie di disegni di architetture per una
città del futuro. I disegni di Sant’Elia promuovono una nuova architettura fatta di visioni affascinanti e fantastiche,
con prospettive vertiginose, viste a volo d’uccello, realizzati a china, carboncino e matita. Propone edifici giganti,
centrali elettriche, fabbriche, dighe, stazioni, aeroporti, dove i mezzi di trasporto si incrociano su più livelli.
Nel 1914 insieme a Marinetti scrive il Manifesto dell’architettura futurista, che denuncia lo stato di confusione
dell’architettura del loro tempo proponendo una visione delle possibilità aperte all’innovazione tecnica e
dall’abbandono della tradizione. Secondo l’architetto l’uso delle nuove risorse tecnologiche rendono inutile la
continuità con il passato attraverso l’uso degli stili storici.
L’architettura futurista deve esprimere la nuova organizzazione sociale e la nuova disponibilità di strumenti
meccanici e conoscenze scientifiche in grado di far progredire l’umanità. Farà uso anche di cartone, fibre tessili e
surrogati di materiali naturali prodotti serialmente → l’architettura futurista ha carattere effimero, ogni generazione
dovrà riprogettare la propria città. Dovranno adottare linee oblique ed ellittiche, dinamiche; si nega l’uso della
decorazione = si mette in campo un rinnovamento radicale dell’architettura.
Quelli di Sant’Elia rimarranno solamente progetti su carta che però influenzeranno in modo significativo le
elaborazioni della modernità.
Si è sempre avvicinato il futurismo al fascismo per quanto riguarda le posizioni reazione e di esaltazione della
guerra, ma la volontà di rompere con il passato e le convenzioni borghesi, lo avvicina maggiormente ai costruttivisti
russi.
Nel dopoguerra il futurismo aderisce al fascismo, ma un gruppo di artisti si oppone al diffuso ritorno all’ordine
dell’epoca dando vita al Secondo Futurismo; tra gli architetti troviamo Luigi Colombo, Chiattore, Fortunato Depero,
Enrico Prampolini, Guido Fiorini, Cesare Poggi, i quali progetteranno architetture super tecnologiche e visioni
urbane affollate di grattacieli → anche questi rimarranno su carta.
NEOPLASTICISMO OLANDESE
Con il Neoplasticismo olandese avviene il tentativo più esplicito di trasferire nell’architettura e nel design le ricerche
astratte delle arti figurative.
LA VICENDA ITALIANA
In arte la reazione alla guerra e alle provocazioni delle avanguardie, provoca il ritorno all’ordine, promosso dalla
rivista Valori plastici e da Margherita Sarfatti come tentativo di tornare alla tradizione. Giovanni Muzio con la Ca’
Brutta esprime la volontà di tornare alle forme del neoclassicismo, reinterpretato secondo le atmosfere della
metafisica pittorica. Novecento, il gruppo milanese che conta Giuseppe De Finetti e Gio Ponti, propone una difesa
della classicità come modello di equilibrio e di originalità italiana contro le insidie dei rivoluzionari e delle novità
estere.
Il nodo di fondo è come elaborare un’architettura che sia italiana e nazionale, ma al tempo stesso moderna e in
sintonia con le nuove esigenze del mondo industriale e dello sviluppo economico. Mussolini è interessato agli
aspetti edilizi e urbanistici ma non impone un indirizzo stilistico univoco.
L’apertura alla ricerca espressa da Mussolini trova riscontro nel manifesta redatto dal Gruppo 7: secondo i giovani
architetti lombardi questo nuovo modo di costruire che si identifica col razionalismo implica il sacrificio del proprio
ego in favore della creazione comune; queste affermazioni non aderiscono del tutto alle istanze perché necessitano
di conservare un’impronta loro, intesa come spirito della tradizione.
I fulcri del dibattito sono soprattutto le grandi città del nord. Primo laboratorio di modernità è la Torino degli anni
venti. La città in questo momento esprime una realtà di ricerca e di contatti internazionali che non ha eguali nel
paese, divisa tra lo slancio dell’industria e l’affermazione di una libertà intellettuale.
A Torino nel 1928 Pagano coordina l’Esposizione nazionale italiani che ospita sia i padiglioni futuristi che quelli
votati alla modernità. Sul successo dell’esposizione, insieme a Levi-Montalcini, Pagano riceve l’incarico per il
palazzo per uffici Gualino, una delle prime opere della modernità italiana. Degli stessi architetti è anche Villa Colli,
precoce tentativo di ibridare modernità con tradizione rurale. La stagione avanguardistica torinese termina presto
nel 1931 a causa del regime.
Pagano è una delle figure più significative dell’architettura italiana; vede nelle posizioni rivoluzionarie del movimento
di Mussolini uno strumento per il rinnovamento dell’architettura; quando però si rende conto dell’impossibilità di
affermare questi ideali si unisce alla Resistenza. La sua produzione teorica non è mai disgiunta dall’impegno
professionale, svolto con l’obiettivo di rendere la sue opere i manifesti concreti delle sue idee. Come nella casa a
struttura in acciaio per la V Triennale del 1933, oppure nel design con l’elletrotreno Breda, o nella sede della
Bocconi con libera disposizione dei volumi, e nel progetto urbanistico Milano verde.
A scala nazionale le proposte dei razionalisti italiani trovano eco nella I Esposizione di architettura razionale a
Roma nel 1928. Il successo della mostra e l’allargarsi del dibattito favorirono la nascita del MIAR (movimento
italiano architetti razionalisti), promotore della II Esposizione di Roma nel 1931,tenutasi presso la galleria di Pietro
Maria Barsi, che sferra un attacco agli architetti della tradizione, con la presentazione del Tavolo degli orrori, un
collage che accosta a vari manufatti di cattivo gusto le opere di architetti legati alla tradizione. L’organizzatore
vorrebbe avere dalla sua parte Mussolini, in modo da legare il fascismo con le ricerche razionaliste, come
rappresentante della modernità.
Il Sindacato nazionale fascista architetti prende le distanze dalle posizioni più avanzate, dichiarando lo stile
razionalista non adatto a rappresentare il regime e sostituisce il MIAR con il RAMI.
Altro protagonista del razionalismo italiano è il comasco Giuseppe Terragni; il suo Novocomum, un edificio per
appartamenti di 5 piani, è considerato il primo esempio di architettura razionalista italiana. Si caratterizza per
l’assenza di decorazioni, per l’inserimento di cilindri vetrati negli angoli che segnano gli ingressi, per la copertura
piana. Segue canoni di essenzialità geometrica che svilupperà nella Casa del fascio di Como.
LA RUSSIA DI STALIN
Con Lenin si cerca di sviluppare anche in architettura un’immagine di modernità che mostri la volontà di condurre il
paese verso un processo di industrializzazione e costruzione della nuova società → la Russia appare come un
terreno fertile per le sperimentazioni architettoniche.
Con la salita al potere di Stalin le istanze rivoluzionarie e gli architetti modernisti vengono emarginati a favore di
raggruppamenti vicini alla tradizione classica, come la VOPRA favorevole al ritorno della monumentalità.
Il processo di mummificazione degli ideali rivoluzionari trova riscontro in architettura nel Mausoleo di Lenin di
Aleksej Scusev. La composizione geometrica e priva di decori risente dell’influenza ancora delle avanguardie, ma il
riferimento allo ziggurat e l’uso di materiali pregiati sono forieri della ricerca di monumentalità e di ritorno alla storia.
Nel corso degli anni trenta gli apparati statali adottano il vocabolario della classicità e monumentalità in sintonia con
la retorica dei piani quinquennali.
Il ruolo crescente di città come Mosca, Leningrado e Kiev giustifica i pianti urbanistici ad ampio respiro. Secondo il
piano moscovita il progetto è quello di isolare la città come centro politico, amministrativo e culturale del paese,
attraverso un processo di integrazione dell’originale forma urbana radiocentrica e una maggiore connessione con la
periferia. Anch’esso improntato alla retorica monumentalità di regime.
Gli esiti spaziano tra espliciti rimandi alla classicità come l’Hotel Moskva, e composizioni più inusuali come il Teatro
dell’armata rossa. Emblematico è anche il Padiglione sovietico all’Esposizione di Parigi del 1937 di Iofan con la
massa a gradoni sormontata dalle grandi sculture del realismo socialista, esprime la retorico monumentale.
Sarà la Biblioteca Lenin a costituire il modello ricorrente per l’espressione ufficiale dell’architettura in Unione
Sovietica. Su questi modelli si costruiranno le principali opere del regime nel dopoguerra, come l’Hotel Ucraina.
Da tutto ciò si legge quanto sia pervasiva la permanenza della tradizione nel secolo dell’affermazione del MM e
come il neoclassicismo si presti anche ad essere interpretato nelle dittature come strumento di esaltazione del
potere.
Il Movimento Moderno alla prova nel Dopoguerra: ricostruzione e città di nuova fondazione
Durante l’opera di ricostruzione post bellica il dibattito ruota intorno ad alcune linee da seguire: da quella del
ricostruire com’era a quella di utilizzare le distruzioni come punto di partenza per costruire qualcosa di nuovo e
ridefinire la città. Entrambe sono accomunate da uno spirito fiducioso in un miglioramento sociale. In questo periodo
RICERCHE DALL’ALTRA PARTE DEL MONDO: AUSTRALIA E GIAPPONE TRA ECOLOGIA E TRADIZIONE
L’australiano Glenn Marcutt sottolinea la ricchezza e la forza della natura. I suoi riferimenti più diretti si rintracciano
nei ripari temporanei in foglie e corteccia di alberi aborigeni e nelle costruzioni rurali dei coloni australiani. Il suo
metodo progettuale è chiamato FUNZIONALISMO ECOLOGICO e si basa sull’uso di tecnologie povere e materiali
semplici. Pone l’attenzione ai fattori ambientali utilizzati per evitare l’uso di tecnologie inutili e progettare in funzione
del risparmio energetico. L’architetto è l’espressione ante litteram della ricerca che verrà definita
BIOARCHITETTURA, filone del progetto che persegue la sostenibilità ambientale, con l’obiettivo di arrivare a
progettare edifici passivi, con bilancio energetico nullo o addirittura positivo. Marcutt sviluppa anche la pratica
dell’autocostruzione.
Le opere di volta in volta si adattano e rapportano alla vegetazione a alla fauna del luogo, alle esigenze del
committente, adottando spesso una tipologia a padiglione longitudinale. I suoi edifici si prestano ad essere
modificati nel tempo a seconda delle esigenze. Esprime consapevolezza nei confronti dei problemi del mondo
globalizzato, mal al tempo stesso afferma la necessità dell’impegno personale per il miglioramento delle condizioni
di vita a partire da scala locale.
Casa Marie Short: recupera un edificio preesistente smontando e riutilizzando alcune parti in legno locale e
proponendo una copertura in lamiera tipica dei granai.
Casa Magney: affaccio sull’oceano Pacifico.
Casa presso le Blue Mountains: si rinchiude alla vista dell’esterno per creare un ambiente intimo richiesto dalla
committenza.
- Giappone: paese dove paesaggio e natura rivestono un ruolo importante, ma dove è operante anche la
persistenza di antiche tradizioni, in dialettica con violenti processi di modernizzazione → l’opera di Tadao Ando si
presta ad essere letta come un ponte ideale tra tradizione e attualità, sullo sfondo del dialogo tra occidente e
oriente.
Le influenze reciproche tra MM e architettura giapponese sono note: i maestri del MM erano affascinati dalla
semplicità e dall’essenzialità della casa tradizione giapponese, le cui proporzioni sono regolate in piante e in alzato
dalla misura del tatami: quasi totale assenza di arredi, possibilità di variare gli spazi attraverso porte scorrevole in
legno e carta, giardino zen (villa imperiale di Katsura, XVIII sec).
Ando mette a punto una propria poetica basata sull’essenzialità delle forme e sull’uso del calcestruzzo armato.
Complesso residenziale Rokko di Kobe: rapporto con contesto naturale.
Edifici di culto con obiettivo di creare spazi di meditazione in sintonia con il creato: cappella sull’acqua (si affaccia
su un piccolo lago circondato dalla foresta. La sala delle funzioni è in contatto con il paesaggio naturale e con le
sue varianti stagionali); chiesa della luce (spoglia scatola in calcestruzzo dove i tagli della muratura disegnano una
croce come un fascio di luce); tempio sull’acqua (per culto buddista. Realizzato sotto invaso d’acqua costellato di
fiori di loto).