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DALLA CRITICA DEL MODERNO ALL’HIGH TECH

6. Dalla critica del moderno all’high tech

Marco Canciani

6.1 L’epoca della transizione (1971-1978)

Dalla fine degli anni Sessanta si verificano, nell’ambito della cultura architetto-
nica italiana, degli stravolgimenti, a seguito dei movimenti del ‘68, che produ-
cono, nel campo della rappresentazione, tendenze e modalità d’espressione
grafica assai diverse tra loro. Se, da un lato, esiste un’eredità dei maestri ita-
liani (C. Scarpa, M. Ridolfi, L. Quaroni. A. Samonà, M. Sacripanti, per citarne
alcuni, ma anche di stranieri), che continuano ad operare sino agli anni
Ottanta, producendo degli exempla grafica1 che condizioneranno le genera-
zioni seguenti, dall’altro lato, proprio per l’ingombrante presenza di quest’ere-
dità, nonché per la diffusa contestazione contro l’accademia, si attua un’acce-
sa contrapposizione critica al Movimento Moderno e la ricerca di nuove forme
di espressione, tese al superamento di esso e sotto il comune denominatore
del movimento Post-moderno. A questo si somma un’attenzione verso le
nuove tecnologie, una rivoluzione tecnica data dai nuovi strumenti informatici
ed elettronici, il fenomeno high-tech, e specificatamente in Italia il soft high-
tech, e l’hyper moderno (nel 1971 Renzo Piano, allora 36enne, vince il con-
corso per il centro Pompidou, utilizzando una delle prime rappresentazioni al
computer del progetto, Fig. 1).
Questi atteggiamenti così diversi, tesi, di volta in volta, alla continuazione, al
superamento, allo sperimentalismo, tecnologico e non, producono, a partire
dagli anni Settanta, tre ambiti di ricerca grafica, distinti ma dai contorni non
sempre definibili. Mentre i primi due (il disegno tradizionale e il disegno neo-
moderno), sembrano comunque ricollegarsi alle esperienze del Movimento
Moderno, come contrapposizione, il primo, o come continuazione, il secondo,
il filone high-tech si configura, al primo impatto, come una tendenza nuova,
specifica dell’Era delle macchine e del computer. Non esiste, per ciò, una coin-
cidenza diretta tra le differenti correnti architettoniche e le relative correnti figu-
rative-grafiche, giacché taluni architetti si esprimono con delle raffigurazioni
che sono anche in antitesi con il loro concetto di architettura. Fig. 1. R. Piano, Centre Pompidou, Parigi 1971 –
È necessario allora rileggere le varie componenti della cultura architettonica in disegni di dettaglio.

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Italia, per ritrovare quei sottili fili che legano esperienze e personalità, a volte
distinte e lontane tra loro. Alcuni critici propongono la suddivisione delle recen-
ti tendenze nel campo della rappresentazione secondo grandi linee, che si
relazionano direttamente con la storia dell’architettura, e che si possono sinte-
tizzare in una tendenza di tipo neoclassico, che prende spunto dalle tematiche
rappresentative del passato, sia recente che remoto, e un’altra di tipo neomo-
dernista, che guarda al movimento moderno e, allo stesso tempo, verso le
nuove tecnologie, distinta a sua volta in vari neo-ismi2 (neoliberty, neoraziona-
lismo, neobarocco, neoempirismo, neotecnologismo, etc.). Si propone invece
una differenziazione che è tesa non tanto alla classificazione dei vari autori
quanto all’organizzazione dello studio, secondo tematiche comuni, tra le quali
il disegno in ambito universitario, il disegno Post - moderno, alcune tendenze
eterogenee, il disegno legato alla costruzione e il disegno infornatico

La rifondazione delle discipline del Disegno nell’insegnamento universitario

Alla fine degli anni Sessanta, a seguito dei mutamenti in campo culturale e
sociale, prendono avvio le prime esperienze innovative nell’insegnamento uni-
versitario del Disegno, per opera d’alcuni docenti, che stendono un ponte tra
le tematiche didattiche dei decenni precedenti e le nuove istanze contempora-
nee. Tra questi, si mettono in evidenza le personalità di Luigi Vagnetti a
Genova – cui seguirà Gaspare De Fiore negli anni successivi –, che sottolinea
l’importanza di una storia del disegno per una riforma dell’insegnamento stes-
so, nonché dell’approccio diretto all’architettura attraverso il disegno a mano
libera, e di Maurizio Sacripanti a Roma, che introduce nel corso di Com-
posizione architettonica, dei seminari sul visual design, tenuti da pittori, del
nome di Gastone Novelli e Achille Perilli3. In tutt’altra direzione, invece, si assi-
ste nelle grandi Facoltà di Roma e Milano a un rigetto della pratica rappresen-
tativa4, e a un conseguente ridimensionamento del numero dei corsi di
Disegno.
Negli anni Settanta, superato un periodo di sbandamento, si ha un nuovo inte-
resse nell’atto primario del disegnare che produce, direttamente, un nuovo
modo di intendere l’attività grafica, con un moltiplicarsi di testi e dibattiti critici
sul ruolo del disegno e sugli argomenti ad esso correlati, e indirettamente, una
nuova consapevolezza del ruolo del disegno nella didattica universitaria5.
Sempre nello stesso periodo il dibattito apertosi sul ripristino dei centri storici
ha l’effetto di focalizzare l’attenzione sulle nuove problematiche legate al rilie-
vo architettonico ed urbano, ed alle nuove metodologie, quali il rilevamento
strumentale, e la fotogrammetria6.
Agli inizi degli anni Ottanta, con l’avvio del nuovo ordinamento delle facoltà
(legge 382/80), che istituisce i dipartimenti, e la nascita del Raggruppamento
di Disegno, i docenti delle discipline della Rappresentazione e del
Rilevamento, considerati poco prima “compositori senza speranza”7, hanno la
possibilità di riunirsi in nuove strutture universitarie, per raccogliere e confron-
tare le loro esperienze scientifiche. Anche grazie al rinnovato interesse per la
teoria e la tecnica del disegno, per la storia della rappresentazione e per il rilie- Fig. 2. A. Rossi, Campo nuovo alla Giudecca,
vo, inteso come strumento per comprendere l’edificio, le materie didattiche Venezia 1985.

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relative a tale raggruppamento acquistano quella centralità che veniva da più


parti e da tempo auspicata, provocando un definitivo distaccamento dall’area
prettamente compositiva, e un ampliamento del numero delle materie offerte
agli studenti, con l’attivazione di nuove discipline, come Strumenti e Metodi per
il Rilievo Architettonico, Elementi di Fotogrammetria, Interpretazione
dell’Immagine e Telerilevamento, Cartografia Tematica, e Strumenti e Tecniche
di Comunicazione Visiva. Il rafforzamento del raggruppamento si ha grazie
anche all’attività di elevato livello scientifico e culturale svolta dai vari apparte-
nenti ai singoli Dipartimenti o Istituti, che consentono una autonomia sia teori-
ca che strettamente didattica, nonché un’identificazione e strutturazione dei
distinti filoni di ricerca8. A questo va aggiunta la proliferazione e la consuetudi-
ne di convegni e dibattiti sul tema del disegno (uno per tutti il convegno di S.
Margherita Ligure, prima, e Lerici, poi, svolto annualmente senza interruzioni
a partire dal 1978), nonché l’istituzione, su iniziativa sempre di De Fiore,
dell’Unione Italiana del Disegno, con l’intenzione di definire un’identità dell’a-
rea disciplinare. Un contributo sostanziale viene impresso anche dalla nascita
di riviste specializzate sul disegno, e, in particolare, dalla pubblicazione di
numeri monografici di riviste sul tema del disegno. Fondamentali sono a
riguardo il n° 9 di Rassegna dal titolo ‘Rappresentazioni’ del marzo 1984, e il
n° 10 di XY, Dimensioni del Disegno, del dicembre 1989 dal titolo ‘1968-1988
Vent’anni di architettura disegnata’.
Viene espresso ancora una volta il concetto della funzione primaria dell’inse-
gnamento delle discipline del Disegno, compiutamente definito sia da
Massimo Scolari, in riferimento alla necessità di una rifondazione delle disci-
pline didattiche nelle Facoltà di Architettura9 (Fig. 3), sia da Franco Purini, che
definisce il disegno come “atto fondativo dell’idea”10. Ma anche le stesse riviste
di architettura tradizionali, come Casabella, Lotus, e altre, ospitano architetti,
quali gli stessi Scolari, o Purini, che si occupano spesso di disegno11.
Tra le riviste specializzate nate negli ultimi anni si distingue la già citata “XY,
Dimensioni del disegno”, fondata da R. De Rubertis nel 1984, che si propone
come rassegna critica di studi sulla rappresentazione dell’architettura e sull’u-
so dell’immagine nella scienza, nella tecnica, nell’arte; la collana “Quaderni”,
diretta da Cesare Cundari ed edita a Roma dal 1988, che si interessa delle
tematiche riguardanti la didattica e la ricerca; la rivista Disegnare, Idee,
Immagini, edita sempre a Roma dal 1989 e diretta da Mario Docci, che si
occupa della divulgazione e conoscenza delle attività svolte dalle varie com-
ponenti del raggruppamento disciplinare; la collana “Quaderni di Disegno
come scrittura/lettura”, diretta da Adriana Baculo, ed edita a Napoli dal 1989,
che si interessa di comunicazione visiva, semiologia, semantica; a Palermo La
Collana di pietra, diretta da Margherita De Simone fino al 1990, poi da Rosalia
La Franca, raccoglie gli atti dei Seminari di Primavera, svolti regolarmente sin
dagli anni ’80, e contribuisce alla uscita dall’emarginazione della scuola sicilia-
na. In generale l’attività dei dipartimenti viene resa nota attraverso la fioritura
di quaderni e collane specifiche, edite all’interno dell’università. Non vanno poi
dimenticate le recenti pubblicazioni delle riviste specializzate sul disegno,
quali, Eupalino, e Il Disegno di Architettura, e le opere, pubblicate negli anni
’80 e ’90, d’ampio respiro e fondamentali per la trattazione di argomenti relati- Fig. 3. M. Scolari, Paesaggi teorici, 1976.

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vi al disegno (oltre ai già citati numeri monografici di XY, Dimensioni del


Disegno, e Rassegna), come quelle riguardanti la geometria descrittiva, il
disegno dell’architettura, il rilevamento architettonico, la normativa per il dise-
gno.

6.2 Il disegno in ambito universitario

Si avverte, nella fase a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta, il bisogno della
certezza di modelli rappresentativi riproducibili, e questo produce un nuovo
interesse per l’opera grafica dei maestri dell’architettura italiana, ancora ope-
ranti in quegli anni12, ed una rinnovata attenzione, in ambito universitario, all’in-
segnamento della disciplina, come evidenzia L. Quaroni, in Progettare un edi-
ficio – Otto lezioni di Architettura, come è notato nel precedente capitolo. Egli
esprime, infatti, la necessità di una “rifondazione disciplinare … che porti non
ad un codice preordinato, ma una serie di osservazioni”13.Questa importanza
del fattore geometrico emergerà, di lì a poco, all’interno del quadro comples-
sivo del panorama culturale italiano e di quello specifico del rigorismo geome-
trico.
Lo stesso particolare interesse per il disegno definito geometricamente per-
vade l’attività rappresentativa di Massimo Scolari. Essa si caratterizza per la
notevole carica evocativa, per l’astrazione degli oggetti rappresentati, dovuta
anche alla scelta del tipo di rappresentazione in assonometria-prospettiva. Nei
disegni-pitture, dai titoli evocativi, come Architetture del limite del 1979, Oltre
il cielo del 1982, Architettura lagunare, La visita del 1976 (Fig. 5), Trofeo del
1979, la straordinaria capacità oltreché grafica e tecnica, ma soprattutto
espressiva e comunicativa, viene messa in risalto dalla rigorosa costruzione
geometrica, dai paesaggi luminosi dagli orizzonti sconfinati, dai colori tenui e
caldi14. M. Galdelsonas in Lotus n.11 del 1976, tracciando un ritratto di Scolari,
attraverso la serie di piccoli disegni riquadrati, colorati ad acquerello, dalla
rigorosa e semplice costruzione prospettico – assonometrica, afferma che
essi si sottraggono alla funzione transitiva di evocare l’immagine di un edificio,
attirando l’azione su di sé; contraddizione insita nel fatto che i suoi disegni non
sono rappresentativi di edifici, ma riguardano fantasie visionarie di paesaggi
costruiti. Essi, a guisa di manifesto, esprimono con forza concetti che lo stes-
so Scolari promuove in numerosi scritti e dibattiti sui temi riguardanti la rap-
presentazione15.
Sulla centralità del disegno si orienta anche l’opera di Gaspare De Fiore
(1926-); il disegno, attraverso la sua straordinaria capacità grafica, oltreché il
personale contributo didattico e di ricerca universitaria16, si arricchisce di una
sensibilità particolare, attenta tanto alla dimensione umana e materica dell’ar-
chitettura, quanto alla tecnica rappresentativa. I disegni sono realizzati di
getto, a mano libera, senza alcuna esitazione nel tracciare i segni in una per-
fetta composizione prospettica, con abile cura nel descrivere tutti quegli ele-
menti del progetto, che rendono l’immagine così viva ed affascinante (nel pro-
getto per il teatro di Avellino del 1987, le figure che ravvivano la scena, rigo-
rosamente disegnata senza costruzione, con l’unico ausilio di una squadretta,
Fig. 6, e nel progetto per Ancona del 1993, i riflessi sull’acqua delle barche e Fig. 4. M. Scolari, La visita, 1976.

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Fig. 5. L. Quaroni, Opera di Roma. 1984

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le luci dei fari che si specchiano in essa, Fig. 7).


La stessa costante e paziente applicazione al disegno, la possiamo ritrovare
nelle bellissime immagini d’architettura di Adriano Bentivegna (-1991), archi-
tetto-disegnatore e, allo stesso tempo, docente di disegno17. Egli esprime attra-
verso i disegni, oltre una straordinaria capacità tecnica, che sia matita o acque-
rello, anche, e soprattutto, un’innata sensibilità percettiva per le forme dell’ar-
chitettura, che poi riesce a trasmettere ai suoi studenti, sia attraverso l’esem-
pio grafico, sia attraverso il contatto diretto con essi. “Come il disegno di
Gaspare De Fiore è sensibile e spontaneo, ma sempre volto alla ricerca dei
valori dell’immagine reale e della sintesi figurativa, con assoluta padronanza
dei mezzi che egli usa indifferentemente, con prodigiosa versatilità, così il dise-
gno di Adriano Bentivegna ci appare il frutto di una riflessiva e tenace ricerca Fig. 7. G. De Fiore con C. Mezzetti, M..
dei valori assoluti ed universali dell’architettura, pazientemente ed accurata- Agostinelli, F. Pugnaloni, progetto per il recupero
mente costruiti mediante elaborazioni grafiche”18. dell’area portuale di Ancona, 1993.
Nell’ambito del disegno non vanno dimenticati tutti quei docenti che negli ulti-
mi anni hanno mostrato la loro capacità grafica espressiva attraverso i disegni
di proprio pugno, a supporto di lezioni o interventi a convegni, e che merite-
rebbero ben più ampio spazio, come, ad esempio, Antonio Quistelli o Roberto
Maestro.

Fig. 8. A. Bentivegna, Veduta della cupola di


Sant’Ivo alla Sapienza, Roma 1981.

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6.3 Il disegno Post-moderno

La critica del moderno

Sul piano del dibattito architettonico, negli anni ’70, a un atteggiamento di con-
tinuità con il Movimento Moderno, si contrappone una critica decisa ad esso,
che sfocerà, di lì a poco, nel Post Modern19. Dal punto di vista delle tematiche
legate alla rappresentazione, tale movimento assume una propria espressione
grafica caratterizzata da un ritorno alle forme geometriche pure e astratte, alle
tecniche rappresentative canoniche (l’uso della pittura a olio, a tempera, la fitta
trama con i rapidograph), alla riproposizione della prospettiva centrale in luogo
della visione dinamica accidentale. Assieme a questa e intimamente correlata,
una seconda esperienza particolarmente italiana, quella dell’“architettura di
carta” o “Architettura disegnata” segna un periodo preciso che va dal 1968 fino
alla fine degli anni ’80, attraverso una produzione grafica omogenea, i cui ele-
menti distintivi sono: autoreferenzialità, autonomia del disegno rispetto alla
realtà, qualità espressiva data dal “bel segno”, importanza del significato
comunicativo dell’immagine, vicinanza con le nuove esperienze, quali la
semantica, la semiotica, l’ermeneutica, ecc.. Il Post-modern, prendendo l’avvio
dalla crisi del movimento moderno, coincidente con una crisi del disegno, farà
si che esso si allontani sempre più dalla pratica costruita, andando a ricercare Fig. 9. F. Prati, progetto per la sistemazione del
una propria identità e autonomia espressiva. “Il postmoderno fa proprio la largo Argentina a Roma.

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volontà radicale di ripiegare sullo specifico disciplinare, eleggendo il disegno a


bandiera, a veicolo propagandistico privilegiato”20. I riferimenti storici e artistici,
sono molteplici e possono ritrovarsi all’interno dell’arte moderna, nella pittura
metafisica di De Chirico, e quella silente di I. Sironi, nell’astrazione concettua-
le dei progetti di Boullée e Ledoux, nei modelli grafici dei manuali classicisti
dell’Ottocento, di Soane, Percier e Fontaine, Hope, Schinkel, e anche nella
secessione viennese di Otto Wagner, fino ad arrivare alle recenti immagini del-
l’architettura visionaria e fantastica degli Archigram e della Pop art. Una visio-
ne malinconica, assorta, ispirata direttamente all’arte contemporanea italiana23,
si può rileggere in numerosi disegni degli architetti postmoderni. “Le forme
geometriche sono, all’origine, simboli spaziali; la prospettiva è il sistema con
cui si coordinano geometricamente figure ed oggetti in uno spazio unitario: la
linea diventa regolo di legno, il triangolo una squadra di disegno, la sfera una
palla di gesso o di gomma. Dunque lo spazio si confonde con le cose, il prin-
cipio logico diventa il principio del non-logico, dell’assurdo. Al di là delle figure-
spazio e degli oggetto-spazio, lo spazio è pura figura prospettica, profondità
senza capienza, impraticabile e inalienabile. I colori sono caldi e profondi, ma
duri e come solidificati negli oggetti, la luce è intensa ed immobile, senza vibra-
zioni né raggio”24. Questa critica di Argan a una pittura di Carrà, può aiutarci a
comprendere molti dei disegni, o delle pitture che verranno proposte da archi-
tetti come Rossi, Scolari, Grassi, Cantafora, ecc.25.
Il disegno si caratterizza per la sicura ed efficace tecnica grafica, forse non
esente da autocompiacimento rappresentativo, che porta a un ispessimento
del messaggio narrativo. Proprio quest’aspetto, legato alla comunicazione che
il disegno intende proporre, alla sua efficacia espressiva, insieme al back-
ground culturale cui s’ispira, caratterizza e rende omogenei disegni ed opere
grafiche, altrimenti diverse per tecniche grafiche e metodi rappresentativi.
Già negli anni ’60, come è stato già detto, aveva preso inizio una ricerca gra-
fica, tendente ad esprimere forme visionarie dal sapore fantascientifico, in cui
“il ruolo stesso dell’utopia non era più quello di disegnare alternative al moder-
no, quanto piuttosto di esasperarne le mostruosità”21. In Italia questa tendenza
si traduce nelle immagini visionarie del gruppo Archizoom, alla fine degli anni
’60, e in seguito nella rappresentazione dell’architettura radicale del gruppo fio-
rentino Superstudio22, in cui il tentativo di razionalizzare la realtà traspare evi-
dente negli “istogrammi d’architettura”, basati sulla suddivisione dello spazio in
una griglia tridimensionale modulare cartesiana, che misura tutti gli elementi
da quelli architettonici a quelli d’arredo, ecc., e nelle immagini fanta-naturali-
stiche di E. Sottsass (Fig. 10). .

L’architettura disegnata e il progetto picto

Dopo il periodo degli anni Sessanta segnato dalle sperimentazioni grafiche


Fig. 10. E. Sottsass. Nelle immagini del 1973, dai
volte all’immagine visionaria o al “bel disegno” la rappresentazione se da un tenui tratti disegnati a matita, la città viene rivisi-
lato acquista quella forza espressiva, data dall’impatto comunicativo, dall’altro tata con l’occhio post-tecnologico, in una visione
lato, perdendo la caratteristica di architettonicità dell’oggetto rappresentato, si pessimistica e antiutopistica del futuro; paesaggi
dove la natura ha il sopravvento, secondo delle
distacca dal proprio esito costruttivo ed acquisisce una propria autonomia che ispirazioni di tipo fumettistico, dedotte dall’arte
la fa proclamare come esclusiva “architettura disegnata” o “architettura di pop, ma anche dagli stessi Archigram.

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carta”26. Entro questa definizione rientrano, allora, anche quelle architetture


disegnate destinate al mondo dei media e dell’effimero, ambienti espositivi,
macchine da festa, etc. Il momento di maggiore visibilità è dato proprio, dalla
mostra della Strada novissima alla Biennale di Venezia del 1980, curata da P.
Portoghesi, in cui i progetti postmoderni di venti autori (tra cui gli italiani Dardi,
Purini, Scolari, Cellini, D’Amato, Grau), pur rimanendo nell’effimero delle fac-
ciate realizzate per la mostra, recuperano una parvenza di realtà costruita (Fig.
11). Sul fronte delle pubblicazioni, la vicenda dell’architettura disegnata trova
la sua cassa di risonanza nel numero monografico di XY, dimensioni del dise-
gno, n.10 del 1989, dal titolo appunto “1968-1988 Vent’anni di architettura
disegnata”. In esso alcuni storici, critici di architettura, docenti delle materie del
disegno, e gli stessi personaggi di tale espressione grafica (F. Dal Co, F. Irace,
F. Moschini, G. Contessi, F. Purini, M. Scolari, A. Cantafora, V. Gregotti, V. Ugo,
P. Nicolin, R. de Rubertis, A. Soletti, L. Sacchi), si confrontano, secondo punti
di vista differenti, sul medesimo tema dell’architettura di carta27. Purini afferma

Fig. 11. Strada novissima, in R. DE FUSCO, Storia


dell’architettura contemporanea, op. cit.

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che “Il progetto è contemporaneamente testo, manifesto, luogo di convergen-


za di veri e propri quadri, o quadro esso stesso, come avviene nelle traiettorie
visionarie dell’architettura della ragione… L’architettura disegnata sottolinea lo
scarto tra la convenzionalità della rappresentazione grafica, nel suo essere
anche segnale della convenzionalità normativa dell’architettura e del suo lin-
guaggio, e la sua possibilità di sottrarsi a questo ordinamento in una casualità
a sua volta ricomposta dalle diverse autonomie dell’espressione grafica”28. Non
tutte le critiche sono di compiacimento per questo filone culturale, che comun-
que, per alcuni, ha prodotto un’occasione per “astrazioni grafiche” e “ludiche
utopie”, da contrapporsi alla realtà dell’oggetto costruito29. A Bologna, a Roma,
a Milano, si susseguono le mostre di disegni di Rossi, Purini, Scolari, Prati,
Cantafora, Passi, mentre si indice un concorso nel 1977-1978 “Roma interrot-
ta”, in cui alcuni architetti, come Dardi o Purini, Rossi e Poertoghesi, tra gli ita-
liani, si addestrano alla pratica dell’architettura della fantasia, sulla base della
pianta di Roma del Nolli. Certo è che il termine “architettura disegnata” rimane
stretto per quell’universo di personalità che in questi venti anni si sono cimen-
tate sulla pratica del disegno, senza arrivare alla realizzazione. In essa,
“approdo e prigione di chi vorrebbe esclamare “e anch’io son Piranesi”, si
ammassano anche pratiche narcisistiche, ma anche appelli ad una totalità di
valori altrimenti inattingibile. Le atmosfere kafkiane di questi talvolta raffinati
universi grafici hanno qualcosa di coerente (di troppo coerente): nel vuoto, si
fanno risuonare parole e si enunciano leggi superflue”30.
Mentre M. Scolari intraprende una ricerca rappresentativa volta a un surreali-
smo fantastico in un ambito prettamente teorico, Arduino Cantafora ricrea delle
visioni silenti, e sospese, in toni di grigio, di ambienti che appartengono alla
realtà e alla consuetudine (Fig.12). La sua architettura è esclusivamente dipinta,
attraverso il quadro rimanda a una visione transfisica della realtà31. “Pittore –
disegnatore”, come lui stesso si definisce, parlando della sua opera, non teme di
dichiarare “In questo clima era evidente che il disegno assumesse un ruolo fon-
damentale. Non rappresentava solo la forma di un contenuto, ma sostanziava se
stesso, perché esso stesso incarnava il contenuto”32. In occasione della mostra
berlinese del 1984 dell’ I.B.A., Cantafora esprime tutte le proprie capacità pittori-
che e rappresentative, attraverso una pittura panoramica che richiama diretta-
mente i grandi dipinti circolari, diffusi dalla fine del ‘70033. Come afferma De
Fusco, “Il disegno è ritornato ad essere il principale mezzo espressivo dell’ar-
chitetto con buona pace di quanti davano per spacciato lo spazio euclideo ed in
particolare la rappresentazione prospettica di quello architettonico”34.
Il fatto che la rappresentazione acquisisca un ruolo preminente e autonomo si
rende evidente anche nei disegni di Franco Purini (1941 -), così minuziosamen-
te curati nella loro grafia tracciata più e più volte. Essi assumono di volta in volta
carattere didattico, composizione d’elementi architettonici, declinazione d’arche-
tipi, espressione filosofica, e solo raramente risultano essere propedeutici alla Fig. 12. A. Cantafora, Studi. In questa pittura ad
olio, di chiara ispirazione metafisica, l’architettura
realizzazione. Questi aspetti sono tanto più evidenti nei disegni che “rimandano” è rappresentata senza nessun’enfasi descrittiva,
a un architettura ipotetica, come quelli dal titolo Ponte con casa galleggiante anzi con severa crudezza e rigore compositivo (si
(1978), Forme nuove per il popolo (1985), Al principio di tutto (1985), Il gratta- veda il taglio della prospettiva nell’asse centrale o
le nette impronte dell’ombra sulle pareti), a dimo-
cielo barbarico, o come quelli che divengono supporto per un insegnamento strazione di un capace impiego dei metodi di rap-
della tecnica grafica compositiva, come per esempio le sedici tavole di Una lezio- presentazione.

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ne sul disegno del 1996 (Fig.15), in cui si precisa il processo genetico della
forma: “Piegare, Accostare, Sovrapporre, Tagliare, … Alternare, Stratificare ...
operazioni intrinseche ad una fase di concepimento che precede quella compo-
sitiva, che da essa è legata e che vale piuttosto come rappresentazione di icone
connotative della figurazione”35. Per Purini è proprio la qualità del disegno stes-
so che lo rende entità autonoma, “pezzo unico”, e quindi espressione incisiva di
un’idea altrettanto caratterizzata; egli si sofferma a volte, con una certa ridon-
danza dei segni, in autocompiaciute operazioni di elaborazione grafica, produ-
cendo tavole dalla bellissima e raffinata grafia,36.

6.4 Tendenze eterogenee

Dal Nuovo Classicismo al Neo Moderno

Abbiamo notato come, dopo il decadimento dell’attività grafica, e dell’insegna-


mento del disegno nelle facoltà italiane, si sia avuto una riappropriazione della
rappresentazione grafica da parte degli architetti, una rivalutazione di una pro-
pria autonomia, ed un ritorno alla pratica del disegno tradizionale, in altre paro-
le, ad un nuovo classicismo, che, in massima parte, possiamo ricondurre alle
tematiche del Post Modern. Portoghesi37, chiarisce il nesso tra Post Modern e
Nuovo classicismo, inteso come ripresa della pratica rappresentativa in senso
tradizionale, affermando che “Il postmoderno in architettura può leggersi com-
plessivamente quindi come riemersione degli archetipi o reintegrazione delle
convenzioni architettoniche e quindi una premessa per la creazione di un’ar-

Fig. 13. F. Purini, Concorso per S. Leucio. Purini


rappresenta splendide architetture con una trama
intrecciata dei materiali, in cui sopra alla consue-
ta tessitura in bianco e nero, compare anche una
velatura dai colori caldi, che mima la matericità
dell’architettura. Viene qui adottata, un’imposta-
zione classica dei metodi di rappresentazione,
della prospettiva esattamente baricentrica rispet-
to agli elementi volumetrici, oppure una sezione
prospettica, sempre centrale, che sottolinea la
continuità tra gli ambienti interni ed esterni.

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Fig. 14. F. Purini, da Disegnare, Idee e Immagini

Fig. 15. F. Purini, Come si agisce. Le sue imma-


gini adottano contemporaneamente visuali diffe-
renti, in prospetto, dalle forti ombreggiature, in
prospettiva centrale, nello spaccato assonometri-
co; varie anche le citazioni che riguardano la sto-
ria dell’architettura tutta, ed i rimandi ad elementi
architettonici che si accostano e si sovrappongo-
no, secondo un ordine-disordine, che viene rego-
lato dalle leggi compositive citate nel testo.

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chitettura della comunicazione, un’architettura dell’immagine nella civiltà del-


l’immagine”.
In questo filone, che propone una rivisitazione dei valori classici e canonici del-
l’architettura, si inserisce, sin dalla fine degli anni ‘60, Aldo Rossi (1931-1996),
che contribuisce alla definizione del movimento della cosiddetta tendenza,
entro la quale si muovono personaggi come lo stesso Scolari, o Cantafora. Il
disegno di Rossi rappresenta negli anni ’70 un “modello da imitare”, nella sua
semplice, quasi ingenua, riproposizione degli elementi archetipi dell’architettu-
ra, quali cilindro-colonna, pilastro, setto, coperture piane, a cupola, a cono. La
sua è una rappresentazione che evoca una serie di precedenti e riferimenti,
che passano indubbiamente per le pitture di Sironi e De Chirico38. I suoi dise-
gni perdono quella caratteristica di perfezione grafico-geometrica in prospetti-
va (che possiamo osservare, per esempio, nei disegni di Scolari), per acquisi-
re una configurazione dettata dalla sovrapposizione, accostamento o sottra-
zione di elementi primari in un caos assolutamente ordinato e razionale, fatto
di accostamenti tra le diverse rappresentazioni, che evidenziano la comples-
sità della città o dell’edificio nel suo naturale evolversi. Disegnati quasi sempre
di getto, a mano libera su supporti cartacei anche occasionali, adottando le Fig. 16. A. Rossi, Casa dello studente a Chieti. I
tecniche grafiche più disparate (dall’inchiostro di china al pastello a cera, dalla disegni di Rossi denotano un carattere comunica-
penna a sfera, alla tecnica ad aereografo), essi rappresentano oggi un tipo tivo importante, la forte espressività data al
rappresentativo ben preciso, uno stile così personale della rappresentazione segno, quasi ad esprimere dei totem dell’architet-
tura.
Fig. 17. A. Rossi, Edifici per abitazioni a Berlino.
Foto del plastico con i disegni sovrapposti. Il dise-
gno delle facciate è riprodotto sul modello, inmo-
do da evidenziare degli edifici, i giochi di colore, e
la trama ripetuta delle finestrature. Il disegno
quindi, ponendosi in piani differenti, acquista la
valenza della tridimensionalità, in continuazione
con i disegni schizzati, in vista assonometrica o
prospettica.
Fig. 18. A. Rossi, Albergo a Fukoka, 1989

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DALLA CRITICA DEL MODERNO ALL’HIGH TECH

architettonica, in cui si sommano il rigore logico con la fantasia, che acquista,


via via, una forza espressiva, dopo gli anni Settanta, anche grazie al succes-
so riscosso in ambito internazionale, per concretizzarsi in una vera e propria
moda grafica “alla Rossi”.
Su un piano diverso, anche se con diverse assonanze con A. Rossi, si pone
l’espressione grafica di Giorgio Grassi (1935 -), improntata ad un maggiore
rigore formale e rappresentativo, ed anche ad un certo minimalismo espressi-
vo. Sebbene, infatti, le ispirazioni ideologiche siano le stesse, ed anche i rife-
rimenti a cui essi si ispirano, Grassi tende a ridurre la rappresentazione a un’u-
nica immagine sintetica, spesso in prospettiva centrale, segnata dai profondi
tagli d’ombra, in cui si realizza la “costruzione logica dell’architettura”, costru-
zione pura, e transfisica. La classicità della rappresentazione è qui spinta sino
all’eccesso, producendo immagini asettiche, quasi impersonali, la cui nota di
colore è data unicamente dai toni caldi della pittura ad acquerello, “ma tanto
più significativi quanto più discreti”39. È lo stesso Grassi che, esprimendo “un
parere sul disegno”, afferma che esso è da lui utilizzato solo nella specifica
funzione strumentale della realizzazione, per anticipare le soluzioni e verifica-
re le soluzioni di progetto, distinguendolo in due tipi: quello realizzato in scala
e non, schizzo preparatorio, spesso a colori che rappresenta soluzioni alter-
native, prove, sovrapposizioni; e poi quello definito “oleografico”, che ha “lo
scopo di anticipare nella forma più verista il risultato architettonico”40.
In riferimento al progetto per un laboratorio a Paullo del 1968, J.J. Lahuerta
afferma che “la rigorosa stilizzazione che la tecnica grafica di Grassi impone
all’immagine, i colori piatti, le linee incrociate, l’eliminazione di sfumature nelle
ombre e l’immediatezza del gesto con cui viene decisa la prospettiva stessa
determinano un’assenza artificiale che non può e non vuole evocare nella
memoria dello spettatore il tempo reale di una forma familiare e conosciuta”41.

Fig. 19. G. Grassi, Recupero di Teora.


Fig. 20. G. Grassi, Museo a Sagunto, 1985. I
migliori esiti rappresentativi sono per Grassi dati
quando egli si confronta con un’architettura
costruita, in cui all’ordine architettonico classico
dell’antico, si affianca un ordine di matrice geo-
metrica, fatto di ricorsi ed allineamenti, del nuovo
(disegni per il restauro del castello di Abbia-
tegrasso del 1970, del castello di Fagnano Olona
e del teatro romano di Sagunto). I disegni sono
sempre realizzati secondo una consuetudine che
stabilisce le tonalità di colore, i tagli delle viste
prospettiche, il tipo d’ombreggiatura.

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DALLA CRITICA DEL MODERNO ALL’HIGH TECH

Sulla stessa tematica si muovono altri architetti dell’area romana, come il grup- Fig. 21. Studio G.R.A.U., Concorso Chambery Le
Haut.
po del G.R.A.U., P. Eroli, e A. Anselmi, al quale inizialmente fanno parte anche
P. Portoghesi, F. Cellini con N. Cosentino. Il G.R.A.U. (Gruppo Romano di
Architettura e Urbanistica) inizia la sua attività nel 1964 e si presenta al pub-
blico in occasione di mostre e concorsi internazionali, con delle immagini –
manifesto dalla ricercata qualità tecnica e grafica e dalla forte capacità comu-
nicativa: caratteri questi, che, abbiamo detto, insieme ad un ritorno alla tradi-
zione iconografica e rappresentativa, contraddistinguono il disegno neoclassi-
co e postmoderno42. La produzione grafica del gruppo è caratterizzata da una
chiara “enfasi geometrica contaminata da emblemi antropomorfici e da illusio-
ni figurative … l’astrazione entra in tensione ambigua con la volontà di ricor-
dare parole ambigue; fra la macchina architettonica e la natura è aperto un
problema irrisolto”43. Le opere prendono dalla cultura classica, sia pittorica che
architettonica, gli spunti per definire atmosfere metafisiche, surreali, attraverso
dei disegni trattati a mano libera a china, dai tratti sottili e ripetuti che si intrec-
ciano a definire forti tonalità di ombreggiatura. Il presunto classicismo architet-
tonico delle tematiche del G.R.A.U., evidente per la loro progettazione, è,
riguardo al disegno, un recupero del disegno “ben costruito”, con una chiara
impostazione geometrica, che rimanda ad una precisa struttura spaziale ordi-
natrice44. Non si tratta di una semplice accostamento di solidi elementari della
geometria euclidea, bensì una composizione figurativa più complessa, data da
intersezioni, compenetrazioni, metamorfosi reciproche45. “La ricerca di valori è
divenuta valore della rappresentazione. Potremo forse dire che, in tale conte-
sto, il simbolo si custodisce nella presenza, ma in realtà esso ci sembra piut-
tosto ridotto a manifesto, a materiale disponibile per infinite manipolazioni…
Essi portano a compimento una raffinata opera di volgarizzazione della cultu-
ra classica, traducendone le forme auliche nelle figure del linguaggio quotidia-
no”46.
Pierluigi Eroli partecipa all’attività del GRAU sin dall’inizio, esibendo una per-
sonalità con una chiara impostazione grafica. “Esso rappresenta il versante più
enigmatico, se non addirittura esoterico, in un passaggio continuo tra la prati-
ca pittorica e quella architettonica”47. La tecnica grafica è spesso al tratto di
china, secondo un’abitudine propria del GRAU prima maniera; il soggetto è
pieno di riferimenti classici, simbolismi, citazioni. L’impostazione è ancora quel-
la canonica della sovrapposizione controllata d’immagini nelle varie proiezioni,
in modo da ampliare il testo descrittivo del progetto.
Nel concorso per la sistemazione del Palazzo Schifanoia a Ferrara del 1973,
le trame delle textures, ad ombreggiare il disegno, ricordano i modelli grafici di
Purini, ma anche le prospettive visionarie di Sacripanti. L’opera grafica più
importante è senz’altro la “Restitutio e Renovatio Urbis Romae”, (Fig. 22), rea-
lizzata con P. Portoghesi, in cui si utilizza ancora l’iconografia tradizionale, con
un mosaico della mappa di Roma e delle idee progettuali, che vengono inseri-
te in una visuale prospettica a volo d’uccello (che appartiene all’iconografia
classica di derivazione seicentesca, vedi Falda per Roma), con un gioco gra-
fico di sovrapposizione del frammento di progetto interposto alla visuale della
città preesistente.
Paolo Portoghesi (1931 -), che con Eroli realizza le belle tavole dei progetti per

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DALLA CRITICA DEL MODERNO ALL’HIGH TECH

Fig. 22. P. Eroli, Restitutio e Renovatio Urbis, - I


progetti sono presentati con una grafia di stampo
ottocentesco, vedute di una città che ritrova attra-
verso la visuale dall’alto, quel composto ordine,
altrimenti incomprensibile. Anche qui i disegni
sono tecnicamente perfetti, puliti, con un tratto a
china leggero; non mancano i giochi grafici, come
il foglio che si arrotola al bordo per distinguere un
disegno dall’altro, le grandi prospettive con le sot-
tili trame delle ombreggiature, personaggi che si
confondono nella trama grafica, tra cui gli autori-
tratti degli stessi autori. Le citazioni, le allegorie
sono infinite: dalle vedute di stile piranesiano, alla
citè industrielle di Garnier, nelle ordinate visuali
dall’alto, alle viste prospettiche del ‘700 della
città, che rimandano alle opere del Falda o
Tempesta.

Roma, adotta nei suoi progetti una grafia molto curata, che si arricchisce, in
seguito, di toni e colori per assumere un impatto visivo più accattivante, data
dai tracciati regolatori basati sulle intersezioni di rette e curve. Tutta la ricerca
grafica, sia professionale che accademica, è incentrata al recupero della sto-
ria, dei principi classici, intesi come ordine fondante dell’architettura, cui il pro-
getto deve richiamarsi, attraverso un processo mnemonico. Nelle sue opere
disegnate confluiscono suggestioni eterogenee, dall’eleganza calligrafica
dell’Art Nouveau, ai richiami barocchi di Borromini e Guarini, dalla secessione
al gusto della trasgressione. Le prospettive degli ultimi progetti rilevano una
passione accentuata per il disegno ben eseguito, per l’opera esemplare che
evidenzi più un certo ambiente architettonico, dettato dalla nostalgia, piuttosto
che l’architettura nella sua realtà costruttiva (nei disegni in prospettiva centra-
le della facciata di una casa nel quartiere Tiegle, Berlino del 1984-‘88 ed anche
dell’edificio Borsalino ad Alessandria nel 1987-’91, (Fig. 23), nel salone terma-
le a Montecatini del 1987-’88, le figure filiformi evocano ambienti ancora
Decò).
Mentre Eroli persegue la linea di un’architettura disegnata, alternando l’attività
di pittore con quella più propriamente d’architetto, e Portoghesi si dedica ad
una rappresentazione raffinata e piena di suggestioni, Alessandro Anselmi
(1934 -) invece, dopo la partecipazione al G.R.A.U., si cimenta nell’attività
autonoma, propria dell’architetto-progettista, confrontandosi con i temi proget-
tuali europei, in numerosi concorsi e realizzazioni. Nel concorso per l’archivio Fig. 23. P. Portoghesi, Edificio Borsalino ad
di stato di Firenze del 1973, (realizzato con Eroli), la sicura conformazione Alessandria. Lo sfondo di un cielo “romantico”,
geometrica si relazione con la disposizione in pianta e nella prospettiva, posta segnato da nuvole, risalta in negativo l’edificio,
appena sopra. Una serie infinita di figure umane misura lo spazio architettoni- sui cui vetri si riflettono gli elementi naturali.

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DALLA CRITICA DEL MODERNO ALL’HIGH TECH

co, andando a sovrapporsi con i segni della pianta. “La scomposizione alluci-
nata di stilemi classici si proietta e si dilata anche nelle immagini del proget-
to”48. Il metodo di rappresentazione più efficace è quello della proiezione pro-
spettica: prospettive a matita, colorate con colori tenui, quasi sempre ad osser-
vare l’architettura dall’alto49. I suoi disegni esprimono una straordinaria capa-
cità rappresentativa, che si evince sin dalle prime elaborazioni, come quelli per
Santa Severina, dal 1974 al 198050(Fig. 24), per acquistare con gli anni sicu-
rezza e personalità, attraverso la sperimentazione di nuove tecniche rappre-
sentative. Il segno a volte si rafforza nel tratto a china (Asilo nido a Santa
Severina nel 1981), altre volte si smaterializza nei passaggi sfumati del colore
del cielo e del terreno (chiese di Santomenna nel 1981), altre volte ancora si
esprime esclusivamente con l’intreccio, al tratto nero di china su bianco, delle
tessiture dei materiali (abitazioni a Testaccio nel 1984). Se da un lato per alcu-
ni disegni, come quello della Facoltà di Giurisprudenza di Reggio Calabria del
1987, il segno a china si semplifica per una maggiore chiarezza
esplicativa,dall’altro lato, nel progetto per il restauro del castello Ruffo a Scilla
del 1990, nei disegni per il metrò a Rouen del 1993 (Fig. 25), e per lo Sdo a
Pietralata (Fig. 26), la rappresentazione è giocata sulla contrapposizione di
colori primari e profondi tagli di luce.
Sulla scia del metodo rappresentativo di Anselmi, che guarda alle rappresen-

Fig. 24. A. Anselmi, S. Severina.


Fig. 25. A. Anselmi, Metrò a Ruen del 1993. Nei
progetti del terminal del metrò a Ruen nel 1993 e
per il Municipio di Fiumicino del 1995, il colore
prende forza per evidenziare gli elementi di pro-
getto, con la tecnica dell’acquerello nel primo, e
con colori a tempera su carta colorata, nel secon-
do.

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DALLA CRITICA DEL MODERNO ALL’HIGH TECH

tazioni del passato, ma che si arricchisce di nuove eleganti sfumatura, si pone


anche Francesco Cellini (1944 -), da sempre in collaborazione con Nicoletta
Cosentino, che adotta nei primi disegni di progetto quella grammatica figurati-
va che è propria dell’ambiente architettonico romano degli anni settanta (vedi
i disegni di concorso per il teatro di Forlì del 1976 e per la sistemazione delle
Halles del 1979), per poi acquisire un personale linguaggio rappresentativo,
fatto di segni tracciati a matita e tenui colori a circoscrivere gli elementi del
progetto. Come riporta Portoghesi, “I progetti per il vuoto parigino delle Halles
e per la Lutzow-Platz di Berlino (in collaborazione con Claudio D’Amato) con-
fermano la qualità e l’originalità di un pensiero architettonico” che suggerisce,
oltre una cultura del riflettere anche quella del fare”51. Lo stesso tono pacato e Fig. 26. A. Anselmi, S.D.O. a Pietralata, Roma.
dimesso, una certa ironia narrativa, ed una raffinatezza grafica, caratterizza
l’espressività grafica di Cellini, nel Padiglione Italia alla Biennale del
198852(Fig. 27). Nel progetto per un centro residenziale al Sestriere del 1991,
anch’esso per un concorso vinto, l’immagine adottata è ancora la prospettiva,
questa volta con il punto di vista posto alla quota del terreno, per rinforzare l’i-
dea di verticalità dello strada interna, che, come dice lo stesso Cellini “serve
per garantire l’esattezza della forma ... ed, infine, l’uso di poche matite colora-
te, per tentare d’indagare, senza edulcorarle, le qualità tonali e plastiche”53.
In un intervento tenuto nel 2000, nel corso di Disegno dell’Architettura alla
facoltà di Architettura di Roma Tre, Cellini esprime nel suo modo di utilizzare il
disegno, attraverso una esperienza quotidiana al disegno, la sua lenta modifi-
cazione dello stile, derivato dall’insegnamento del padre, pittore e critico d’ar-

Fig. 27. F. Cellini, Padiglione Italia alla Biennale.


I disegni esprimono efficacemente questa quiete
compositiva, attraverso i colori tenui del bianco,
dei grigi e dei marroni, dati su una carta grezza
(da confrontarsi con i disegni di Anselmi): sono
soprattutto prospettive, con i tratti dati sapiente-
mente a mano libera con le matite dei colori della
natura e dei materiali naturali, in cui la figura
umana partecipa a misurare lo spazio progettato
attraverso una passeggiata ideale nel giardino
fino all’ingresso sotto il grande arco.

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DALLA CRITICA DEL MODERNO ALL’HIGH TECH

Fig. 28 F. Cellini, prospettiva dei Mercati Generali,


Roma 2000

te, la coscienza che la pratica del disegno condiziona, nel suo farsi e modifi-
carsi, il processo progettuale.

Il rigorismo geometrico e il Neo Razionalismo

Una tendenza della rappresentazione si avvia, negli anni ottanta, sulla linea,
dettata da L. Quaroni e da G. Samonà, di equilibrio tra “sintesi e semplicità
razionale”, che può essere definita del“Rigorismo geometrico”.
La rigida volumetria, basata sull’assemblaggio di un tronco di cono e di pira-
mide con un enorme parallelepipedo, per il progetto del teatro di Sciacca di
Samonà del 1975, citato nel precedente paragrafo, rappresenta, infatti, un
primo esempio di rigorosa impostazione geometrica, come matrice del proget-
to. “Purismo figurativo, complessità tipologica, unitarietà morfologica: catalo-
gare simili esperienze con l’etichetta neorazionalista sarebbe errato, oltreché
riduttivo. Tanto più che le tendenze rigoriste, in Italia, trovano ormai un’ecce-
zionale quantità di interpretazioni”54.
È appunto la citazione che attinge dalla cultura architettonica razionalista degli
anni venti-trenta e la rigorosa costruzione geometrica progettuale, che con-
traddistingue l’opera grafica di architetti dell’area romana, come A.
Lambertucci e G. Rosa55. Alfredo Lambertucci (1928-1993) intreccia nella sua
lunga carriera le esperienze della pittura, dell’Università, e della professione.
“Il disegno non è solo mezzo di comunicazione ma anche di precisazione e di
verifica della propria idea in rapporto agli esecutori”56. Nel progetto per il piano
di Zona di Vigne Nuove a Roma del 1972 i semplici ideogrammi, tracciati a
mano, individuano con rigore, gli elementi della composizione. È nel progetto
del Municipio di Artena nel 1980 (Fig. 29), che l’architetto esprime chiaramen-
te questa concezione di ordine geometrico. Fig. 29. A. Lambertucci, Municipio di Artena da
Si può notare la stessa matrice geometrica che informa il progetto, pur con le un’immagine sintetica, in vista assonometrica, del
dovute differenziazioni, in diverse esperienze grafico-progettuali di vari archi- complesso, e dagli studi preliminari, con la stessa
impostazione, si passa ad una lettura delle matri-
tetti: nel rigore astratto di molte elaborazioni grafiche di Giorgio Grassi, da cui ci geometriche che com-pongono le immagini dei
derivano le decise rappresentazioni con tagli netti in bianco-nero di Antonio prospetti, solcati dalle linee tratteggiate corri-
Monestiroli o Franco Stella, nei reticoli tridimensionali di Dardi, nelle forme spondenti alle quote interne.

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DALLA CRITICA DEL MODERNO ALL’HIGH TECH

volumetriche astratte di Gianugo Polesello, nelle rarefatte atmosfere dell’ulti- Fig. 30. C. Dardi, Padiglione Italia alla Biennale di
Venezia, 1984.
mo Vittorio de Feo. Il “dignitoso riserbo formale”, così come definito da Tafuri,
caratterizza gli elaborati d’Antonio Monestiroli, per una casa per anziani pres-
so Novara dell’84 o di Franco Stella, per gli uffici Estel a Thiene, sempre
nell’84. Il disegno è definito attraverso figure nette in bianco-nero, che si stac-
cano dal fondo del foglio in chiaroscuro. Il tracciato regolare, basato sulla geo-
metria del cubo, informa, ancora, i progetti della Biblioteca della Facoltà
d’Architettura di Roma, o il Padiglione della Biennale del 1984 di Costantino
Dardi (1936-1991), Fig. 30, dove la struttura formale del progetto si fonde con
quella costruttiva. Come afferma Dardi, in un parallelo tra le nuove tendenze e
la cultura architettonica razionalista, mentre per quest’ultima l’elemento guida
della progettazione era la composizione razionale degli spazi e delle funzioni,
cui successivamente veniva sovraimposta una matrice geometrico-formale,
nelle nuove tendenze “l’attenzione portata nei confronti della geometria con-
cerne invece proprio il momento della scelta configurazionale ... dall’assunzio-
ne assai generale di una figurazione geometrica elementare, si procede attra-
verso operazioni successive, alla declinazione dell’oggetto ed all’articolazione
del programma funzionale”57. In pratica si afferma un rovesciamento dei termi-
ni della progettazione, in cui la geometria condiziona, da subito, lo spazio
architettonico, piuttosto che supportare l’immagine mentale, non ancora for-
mata geometricamente. Le forme volumetriche decise ed astratte, caratteriz-
zano, ancora, con colori differenti, il progetto del centro direzionale Montedison
di Gianugo Polesello del 1984. Le immagini in prospettiva della scuola ele-
mentare e media a Pesaro di Vittorio De Feo (1928 -) del 1984, esprimono,
ancora, un ordine geometrico ed una razionale impostazione del progetto, che
sulla geometria “metafisica” dei volumi rappresentati, trova fondamento.
Riprendendo il concetto di Tafuri, si può intravedere, nel metodo abbracciato
dai rigoristi, una tendenza alla riduzione della pratica rappresentativa, una pro-
gressiva diminuzione di segni, in favore di una nuova razionalità.
Allo stesso rigore geometrico è improntata l’opera grafica di Paolo Zermani
(1958 -). Il suo disegno descrive non più le tessiture nel piano, bensì articola-
zioni spaziali di volumi, e forme tridimensionali (Fig. 31); le profonde ombreg-
giature mettono in risalto gli elementi del progetto che si dispongono ordinata-
mente nella visuale prospettica, senza nessuna altra connotazione che non sia
quella volumetrica.
Vittorio Gregotti (1927 -), come è stato notato nel procedente capitolo, inizial-
mente suggestionato, nella sua grafica, dalle tendenze neoavanguardiste,
s’indirizza su tematiche espressive del neorazionalismo, denotando un certo
sintetismo rappresentativo, ed una riduzione del linguaggio grafico, in cui una
composizione lineare, preordinata, regola il disegno di progetto58. Ad una
costruzione razionale e rigorosa delle forme, che ricorda il rigorismo formale di
Grassi, si contrappone un ammorbidimento del segno dato dall’uso suggesti-
vo del colore e del chiaroscuro. Un apporto particolare alla rappresentazione
del progetto urbanistico, viene dato da Gregotti attraverso l’utilizzazione di
grandi vedute prospettiche dall’alto, che descrivono il territorio, sia per quel
che attiene gli elementi nuovi di progetto sia per quel che riguarda il preesi- Fig. 31. P. Zermani, Museo delle memorie cimite-
stente paesaggio. Come in un ipotetico volo aereo sulle nuove sistemazioni riali e Famedio, Cimitero di Torino, 1989.

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DALLA CRITICA DEL MODERNO ALL’HIGH TECH

Fig. 32. V. Gregotti, Anello Olimpico a


Barcellona, 1984.

(memore delle visioni suggestive di Le Corbusier), il grafico descrive minuzio-


samente il paesaggio sottostante, a volte disegnato con un tratto lineare ad
esprimere un ordine razionale (sistemazione della zona archeologica del cen-
tro di Roma del 1985, in collaborazione con Benevolo, ma anche per il progetto
dell’Università in Calabria, come notato nel precedente capitolo), altre volte
arricchito di tenui velature di colore (progetto per l’anello olimpico di Barcellona
del 1985) (Fig. 32).

Il minimalismo di Francesco Venezia

Con Francesco Venezia (1944 -) si passa da un rigorismo geometrico ad una


riduzione sempre più marcata del segno, per una maggiore sintesi razionale

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DALLA CRITICA DEL MODERNO ALL’HIGH TECH

della rappresentazione. Il disegno dell’architetto napoletano è sempre asciut- Fig. 33. F. Venezia, Concorso S. Leucio, 1984.
Nel progetto di concorso per San Leucio del
to, parco nei segni riportati sul foglio, così come lo è la sua architettura, essen- 1984, lo schizzo di sintesi rappresenta, con pochi
ziale, in un termine “minimalista”. Come afferma Alvaro Siza, “i suoi occhi con- tratti velocemente schizzati a mano, gli elementi
sumano rapidamente foglie, rami, fusti. Cercano le radici delle cose”.I suoi principali del progetto e del pa-esaggio circostan-
te: l’andamento altimetrico altalenante del terre-
disegni sono quasi sempre schizzi di studio (su carta comune di taccuino, a no, la piscina ipostila e gli archi della Valle. Tenui
volte a quadretti o bucata ai lati per la rilegatura a spirale), riprova di un lento segni di matita colorata, evidenziano la realtà
e costante processo di comprensione – appropriazione del luogo, d’interpreta- degli elementi, il cielo, la terra, l’acqua.
zione grafica e, successivamente, d’elaborazione del progetto. Il suo metodo
così moderato e “non violento” (citando Tafuri), privo d’invettive o voli iperrea-
listici alla moda, si muove pienamente nella modernità, sulla scia tracciata in
ambito europeo dallo stesso Siza, pur mantenendo saldamente una relazione
con il passato, ed in particolare con l’architettura razionalista di A. Libera, cui i
suoi disegni rimandano (vedi Casa Malaparte, riproposta come premessa di
diversi suoi progetti). Come afferma F. Dal Co, i disegni di Venezia sono come
i suoi scritti: brevi, concisi, attenti all’economia dell’espressione59. Essi sono,
infatti, selettivi, separano allo stretto necessario gli elementi che costituiscono
l’idea progettuale, come anche l’elemento caratteristico di un paesaggio.
Questo modo di disegnare ritorna puntuale in tutte le sue esperienze proget-
tuali: nei progetti per Ghibellina (1981-’87), per una casa a Palazzolo Acreide
del 1988 (chiaro il riferimento alla casa Malaparte), e per un teatrino all’aperto
a Salemi (1983). Nei progetti più recenti del Neues Museum di Berlino del
1994 e del Polo Giuridico ed Economico e Biblioteca universitaria di Amiens
del 1993-’97, (Fig. 34) gli schizzi di studio, se è possibile, si fanno ancor più
poveri di segni, delineando, con immagini assai concise, allineamenti in sezio-
ne, impostazioni planimetriche, visuali prospettiche parziali, puntualmente cor-
rispondenti al progetto esecutivo, e, alla fine, concretizzate dalla realizzazione.

Il Neoespressionismo

Ad una riduzione del segno, espressa dal “Rigorismo”, e dal minimalismo


accentuato di Venezia, si contrappone una tendenza, all’opposto, tesa all’am-
plificazione del messaggio rappresentativo, che prende spunto, a piene mani,
da tutti quegli -Ismi che hanno caratterizzato la cultura architettonica dell’ulti-
mo secolo, a partire dall’Espressionismo della corrente Liberty, e che si svi-
luppa in parallelo all’esperienza tipicamente italiana dell’Architettura disegna-
ta. Il disegno si fa più denso, ricco di graficismi, di citazioni e di contaminazio-
ni con le altre arti: la pittura, innanzitutto, ma anche la fotografia, la pubblicità,
l’informatica.
Guido Canella costituisce la figura d’interruzione con la tradizione, indirizzan-
dosi verso un “estremismo figurativo”, che utilizza, in forme ironiche e rivisita-
te, tutti gli elementi propri dell’architettura classica: “possenti colonne di ordine
gigante, trabeazioni dilatate a percorsi aerei, timpani come gigantesche cima-
se di coronamento”60. Nei disegni per il Centro civico di Pieve Emanuele (già
citato), e per il Municipio di Avellino del 1985, i segni si sovrappongono in una
serie infinita di piani multicolore, così come si affollano le citazioni e gli stili
architettonici61. Tafuri descrive le tematiche progettuali di Canella come una Fig. 34. F. Venezia, Università di Amiens, 1993.
“invettiva provocatoria”, che utilizza un “linguaggio sporco, contaminato, fatto

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DALLA CRITICA DEL MODERNO ALL’HIGH TECH

di disarmonici assemblaggi”62.
Con altro spirito si caratterizza la composizione raffinata dell’opera grafica di
Luigi Pellegrin. Il suo disegno è libero dalle necessità di una costruzione tridi-
mensionale, perché nasce e si esprime nella bidimensionalità del foglio. Esso,
come dice A. Bonito Oliva nella prefazione, intitolata “Architettura verginale”
“possiede il ventaglio potenziale tipico della condizione adolescenziale che
non conosce ostacoli e gode dell’illimitata libertà progettuale, fuori dalla neces-
sità della scelta adulta”63. Queste architetture così irreali, quasi oniriche, riman-
dano alle suggestive prospettive curvilinee di Sacripanti, così come, nelle
immagini de “Il progetto che arriva dall’alto” del 1991, gli oggetti simili ad astro-
navi che affollano lo spazio, si percepiscono le ambientazioni fanta-tecnologi-
che di Superstudio o Archizoom.
Sulla scia del disegno dalla forte carica espressiva si pone anche un grande
rappresentatore, come è Carlo Aymonino (1926 -), capace di esprimere con Fig. 35. Pensando Roma, 1984, L. Pellegrin
notevole efficacia le idee di progetto attraverso segni nitidi e decisi: schizzi ini- rappresenta con abilissima tecnica raffigurativa,
pennarello e pastelli in chiaroscuro, e straordina-
ziali programmatici, a mano libera, spesso a penna, perché più incisiva, sezio- ria forza espressiva, un’architettura fluida e mul-
ni prospettiche che ci rappresentano l’uso quotidiano degli ambienti, con campi tiforme, dove gli elementi naturali del paesaggio
colorati così come lo sono le superfici della sua architettura. Certo è che i suoi e quelli antropomorfi di una mano e di una gigan-
tesca testa sezionata si fondono in un “unicum
disegni esprimono la fatica, il costante lavoro di ricerca, i tentativi di trovare architettonico”.
attraverso l’atto pratico del disegnare un ordine razionale delle cose. Gli schiz-
zi a penna in prospettiva accidentale puntualizzano le soluzioni formali del-
l’angolo, rimarcando con profonde ombreggiature l’aggregazione complessa
degli elementi; le sezioni prospettiche ci descrivono l’edificio nel suo interno,
nelle quali la sezione, quasi sempre articolata, ci dà l’idea del sovrapporsi dei
livelli e la prospettiva, invece, ci descrive la compenetrazione degli spazi, e
l’uso che di essi viene fatto (Fig. 36). Il segno è sempre deciso, rafforzato da
un secondo passaggio, e poi un terzo e così via, che riquadra, a volte, campi
di colore con tonalità contrastanti, carico di quell’espressività che poi si riflette
nell’architettura. Efficacia espressiva che ritroviamo nella serie di disegni (ma
potremo definirli come dei quadri, incisioni o qualcos’altro) dai forti chiaroscu-
ri del porticato, in cui Aymonino verifica la propria architettura sotto gli effetti
atmosferici, dai titoli: “Il campus al sole” o “Il campus nella tempesta”64. Altri
disegni indugiano sull’immagine d’effetto, caricandosi di toni chiaroscurali
(spesso tracciati interamente a mano libera, con una fitta trama a china ad evi-
denziare le profondità degli ambienti e le tessiture materiali), come le bellissi-
me tavole per uno spazio espositivo nel Palazzo dei Conservatori a Roma, del
1993, i disegni per il “Laboratorio internazionale di Napoli sotterranea del 1987,
e il “Colosso di Roma” del 1982-’8465(Fig. 37). Nel progetto del centro Benelli
sempre a Pesaro, del 1984, il tratto si fa più asciutto, lineare, pur mantenendo
quella metodologia indagativa dei primi progetti, qui evidenziata dall’accosta-
mento, nello stesso disegno, di più ipotesi. Fig. 36. C. Aymonino, Campus a Pesaro, 1975.
Nel progetto del campus scolastico a Pesaro del
Anche Nicola Pagliara rappresenta i propri progetti con una grafia lineare, ma 1975, gli schizzi iniziali, indagano le necessità
il segno si arricchisce dei riferimenti che provengono dal passato, ed in parti- funzionali, in planimetria ed in sezione, cercando
colare dalla Secessione viennese (si veda a riguardo la prospettiva della Casa di produrre delle soluzioni congrue (come, per
esempio la necessità, sottolineata da un appunto
Gagliardi del 1977, impreziosita da una scritta molto elaborata posta in basso, a lato del disegno, di garantire nelle aule una
che ricorda la grafia di un Loos o Wagner). La sua produzione grafica è carat- doppia ventilazione, risolta attraverso un anda-
terizzata da una certa autoironia, il disegno non è mai enfatico o celebrativo, mento multilivello dei solai).

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DALLA CRITICA DEL MODERNO ALL’HIGH TECH

Fig. 37. C. Aymonino, Colosso di


Roma, 1984.

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DALLA CRITICA DEL MODERNO ALL’HIGH TECH

ma si esprime “sotto il distacco di una grafia virtuosistica che rimuove l’ogget-


to rappresentato dalla fragranza dell’oggi verso le mitiche età d’oro del movi-
mento moderno”66. Nei disegni di studio per degli uffici nel centro direzionale di
Napoli del 1977 e per la Funicolare del Vesuvio del 1988 (Fig. 38), le linee,
tracciate velocemente a mano ad esprimere un certo dinamismo, si sovrap-
pongono a rafforzare i volumi, le percorrenze, gli allineamenti, con un’impo-
stazione della visuale in prospettiva (punto di vista a terra, in posizione acci-
dentale rispetto agli elementi di progetto), che ricorda, in questo caso, le pro-
spettive futuriste di Sant’Elia67.
Su questa tendenza grafica, fortemente espressiva, anche se fatta di pochi se-
gni tracciati ad arte sul foglio, si colloca anche l’opera rappresentativa di Adolfo
Natalini, soprattutto quella dell’ultimo periodo. Proveniente da varie esperien-
ze (si veda, a riguardo l’attività sperimentale di una grafica mista disegno-foto-
grafia del gruppo Superstudio, cui apparteneva), Natalini connota la sua rap-
presentazione con uno stile asciutto e lineare, leggero e riposante, ma allo
stesso tempo, assai comunicativo. Il disegno in prospettiva per il centro di
Groningen del 1991(Fig. 39), descrive efficacemente una vista della strada,
non soffermandosi direttamente sull’edificio di progetto, ma volgendo lo sguar-
do all’intero ambito urbano; le ombre, rinforzate dalla trama con un tratto più
grosso, aiutano a specificare i volumi e farli risaltare nelle dimensioni in profon-

Fig. 38. N. Pagliara, schizzi preparatori per la


Funicolare del Vesuvio, Napoli 1988.

Fig. 39. A. Natalini, progetto per il centro di


Groningen, 1991.

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DALLA CRITICA DEL MODERNO ALL’HIGH TECH

Fig. 40. M. Fuksas, Centro conferenze all’Eur;


conferenza tenuta nell’ambito del corso di
Disegno dell’Architettura presso le nuove aule
dell’ex-Mattatoio della Facoltà di Architettura di
Roma Tre (1999).

dità. Come afferma lo stesso Natalini, è l’assidua frequentazione alla pratica


del disegno che aiuta il progetto ad uscire dalla mente, sono “queste opera-
zioni maniacali a generare le idee e renderle visibili al mondo”68.
Di una carica espressiva ancora più accentuata, che volge lo sguardo alle altre
arti, e in particolare a quella pittorica, si connota la produzione grafica di
Massimiliano Fuksas (1944 -). La sua espressività, nelle rappresentazioni di
progetto, esplode in una varietà di segni e di colori, con esuberanza, in tutte le
direzioni, prendendo come riferimento immagini desunte dalla grafica pubblici-
taria, dall’elaborazione automatica, e, dalla pittura69. Il suo disegno nasce
come racconto informale del progetto al tratto lineare a mano libera, una sorta
di striscia a fumetti, (soprattutto nei primi progetti), e poi si amplia per arrivare
alla rappresentazione pittorica, dove il colore, nelle sue stratificazioni e ispes-
simenti, diviene elemento proprio del progetto. Sintomatica è un’immagine che
ritrae Fuksas con il pennello in mano e colori acrilici, mentre rappresenta su
una grande parete un’immagine in pseudo-prospettiva del progetto per un cen-
tro ad amburgo del 1989.
In un intervento tenuto nel 1999, nel corso di Disegno dell’Architettura alla
facoltà di Architettura di Roma Tre, Fuksas, presentando il progetto per il
nuovo centro congressi all’Eur a Roma, ha espresso proprio quest’energia
dinamica che scaturisce dal disegno e fa sì che “quando nasce lo schizzo, non
si sa mai dove va a finire l’idea” (Fig. 40).
L’architettura, secondo Fuksas, può essere rappresentata nel suo stato geo-
metrico rigoroso, attraverso il modello, tradizionale o informatico, mentre gli
elementi che rimangono variabili, fino alla progettazione esecutiva, possono
essere indicati, appena accennati, dalle figure che s’intrecciano in un miscu- Fig. 41. M. Fuksas, Promenade plantée Bastille-
glio di colori, sulla tela. Si veda, ad esempio, le opere pittoriche, che sono bois de Vincennes, Parigi 1986.

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DALLA CRITICA DEL MODERNO ALL’HIGH TECH

comunque parte integrante delle elaborazioni, relative ai progetti per Parigi del
1986, per una torre a Hèrouville-Saint-Clair del 1987, per la Promenade
plantée Bastille-bois de Vincennes, Parigi 1986 (Fig. 41) e per la ristruttura-
zione del Kurfurstendamm a Berlino del 198870.

6.5 Disegno e materia

Un’altra corrente d’espressione grafica si delinea negli anni Settanta, riallac-


ciandosi direttamente alla pratica del costruire, alla matericità dell’edificio, e
all’insegnamento di grandi rappresentatori del dettaglio come M. Ridolfi, C.
Scarpa o G. Pediconi: quella del disegno costruttivo.
Tanti sono gli architetti che si cimentano nella descrizione del progetto esecu-
tivo, ma sono in un numero ristretto quelli che proprio nello studio della mac-
china costruttiva, nell’approfondimento del dettaglio, trovano il loro modo prin-
cipale d’espressione. La pratica del disegno esecutivo si allontana dai clamori
e dalla pubblicità che investe gli architetti contemporanei, presi nei dibattiti
sulle grandi questioni dell’architettura, per ritagliarsi uno spazio silenzioso,
fatto di costante lavoro che precede e accompagna il cantiere. Forse proprio Fig. 42. G. Valle, Uffici alla Defencè, 1985. La
scelta di un rivestimento in lastre di marmi diver-
perché gli architetti negli anni ’70 costruivano poco, e si occupavano più del si, si esprime nel disegno costruttivo, presentato
disegno della architettura piuttosto che il disegno per l’architettura, si possono nelle sue diverse proiezioni, e reso a matita,
individuare pochi esempi significativi: G. De Carlo, ma anche A. Lambertucci, secondo i colori naturali del rosso scuro e del gri-
gio.
G. Valle, M. Zanuso, ed altri. Per G. De Carlo, il disegno di dettaglio esprime
l’essenza stessa del progetto, in quanto lo relaziona con gli elementi costruiti
(tutti i disegni per le strutture universitarie d’Urbino, infatti, citate nel prece-
dente capitolo, si completano e trovano una ragion d’essere nei dettagli ese-
cutivi). Per A. Lambertucci, invece, il disegno di dettaglio diviene un unicum
con i disegni generali, formando una tavola che rappresenta, in una vista d’in-
sieme, le disposizioni in pianta e prospetto e i riferimenti costruttivi, subito a
fianco.
Gino Valle studia l’elemento di dettaglio quando questo diviene elemento
Fig. 43. M. Carmassi, Teatro Verdi a Pisa, 1986.
essenziale per l’immagine esteriore dell’edificio. I disegni di dettaglio della fac- I dettagli costruttivi rappresentano meglio le qua-
ciata degli edifici per uffici alla Défence a Parigi del 1985, (Fig. 42), esprimono lità grafiche del progetto; nel loro libero disporsi,
efficacemente l’aspetto dell’architettura, nella sua pelle materica, attraverso un all’interno della tavola, disegnata a matita con
leggeri effetti chiaroscurali, essi descrivono tutti
disegno a matita con i colori dei materiali; “il pitturare”, come afferma Valle, non quegli aspetti che rendono il progetto nella sua
corrisponde ad un’esigenza artistica, ma piuttosto alla necessità di sperimen- concretizzazione fisica e materiale (vedi i dettagli
tare un disegno che, nel coprire la materia, traduca gli elementi dalle due alle costruttivi del bar degli artisti e l’interno di un
camerino).
tre dimensioni71.
Anche Massimo Carmassi (1943 -) si occupa del progetto esecutivo, indivi-
duando nelle architetture l’elemento discriminante, dato dal dettaglio costrutti-
vo ben progettato. L’architetto pisano afferma, infatti, che “usualmente il detta-
glio viene inteso alla stregua di una finitura. Ma se i particolari vengono pen-
sati come componenti fondamentali dell’architettura è necessario anche imma-
ginare un rapporto strettissimo tra progetto e pratica costruttiva. Ogni mio pro-
getto si completa durante la costruzione, in cantiere”72. ed ancora, riguardo
all’importanza dell’approccio all’edificio antico, utilizzando un attento rilievo,
dice, della sua attività: “I miei interventi aspirano ad integrare un atteggiamen-
to rigoroso basato sulla conoscenza analitica dei manufatti con modificazioni

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DALLA CRITICA DEL MODERNO ALL’HIGH TECH

Fig. 44. D. Guerri, Cassa Rurale a Jesi, 1977. Nel disegno dei nodi relativi alla struttura in metallo e legno del-
le capriate, dello stesso edificio, i disegni si sovrappongono in un tumultuoso disordine “organizzato”, dove
ogni elemento costruttivo s’incastra, come in un “puzzle”, a definire il sistema costruttivo in tutte le sue parti.

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DALLA CRITICA DEL MODERNO ALL’HIGH TECH

realizzate in maniera raffinata e attuale favorendo l’uso degli edifici senza vio-
larne le qualità materiali e formali”73. La vicinanza con l’architettura costruita la
possiamo scorgere, infatti, già nella sua attenzione data alle elaborazioni di
rilievo dell’edificio (per esempio del camposanto Monumentale di Pisa del
1988 o delle mura medioevali), che divengono propedeutiche per il progetto
finale; i disegni per il restauro di Palazzo Lanfranchi a Pisa del 1976-’80, si
compendiano a vicenda nei grafici di rilievo e in quelli di progetto: uno spiega
l’altro, e viceversa. Nella sezione si legge la trama complessa di vecchio e
nuovo, nella sezione prospettica si comprendono, invece, i sistemi costruttivi e
le conformazioni spaziali degli ambienti, nell’esploso assonometrico si eviden-
ziano gli elementi strutturali che compongono il progetto. I disegni sono puliti,
al tratto, privi di qualsiasi effetto grafico, inutile per la realizzazione. Quando
divengono colorati, essi prendono le tonalità della muratura in mattoni, che
viene studiata sin nei minimi particolari di costruzione, elencati in colorati aba-
chi dei pezzi speciali (ricostruzione del complesso di S. Michele a Borgo del
1979-’91).

Il piacere del dettaglio

Mentre per Carmassi, il dettaglio è solo un aspetto dell’edificio, che comunque


esprime un interesse parziale del progetto, per Danilo Guerri (1939 -) esso
diviene l’espressione che caratterizza profondamente la sua opera grafica,
sviscerato in tutti i suoi componenti, sia formali che intimamente relazionati ai
materiali utilizzati. L’architetto marchigiano fa derivare la sua attenzione quasi
maniacale per il dettaglio dalla frequentazione personale con Ridolfi, da cui
apprende non solo l’interesse per la definizione dei dettagli, e l’attenzione per
i materiali, ma anche quella capacità narrativa del progetto, attraverso il dise-
gno pensato come composizione ragionata di varie rappresentazioni, pianta,
prospetti e sezioni74. Indubbiamente i disegni di Guerri sono di difficile com-
prensione, per le sovrapposizioni ripetute delle varie immagini, ma è vero che
la sua architettura è di per sé complessa nei suoi incastri costruttivi. Nel pro-
getto per la casa Frittelli a Varano del 1976, la composizione della tavola, rela-
tiva ad una finestra, è caratterizzata da una serie di disegni relazionati tra loro
secondo le varie proiezioni di pianta, sezione e prospetto, e con dei riferimen-
ti, indicati con delle lettere, che rimandano dal disegno generale al particolare
più piccolo. Il disegno realizzato con un tratto a china, rigorosamente a mano
libera (è qui evidente la lezione avuta da Ridolfi), assume l’aspetto della verità
costruttiva, mettendo in evidenza, con delle tessiture e con una descrizione
grafica veritiera, i materiali differenti utilizzati. Nel dise-gno della sezione della
Cassa Rurale e Artigiana, del 1977, la rappresentazione si arricchisce di nota-
zioni e d’effetti chiaroscurali che descrivono la superficie dei vari materiali (il
legno delle capriate, o il cemento del solaio), e la plasticità degli elementi
costruiti, visti in sezione75.
Nei disegni di Stefano Cordeschi, si ritrova quest’attenzione per la materia,
come fatto essenziale del progetto, da rendere graficamente anche nei dise- Fig. 45. R. Piano, Menil Collection, 1981. Studio
gni di dettaglio, così che ci lascia immaginare la superficie ruvida della mura- per la definizione della struttura di sostegno delle
tura, o la tessitura delle travi in legno, o i riflessi degli elementi in metallo. Nei “foglie”.

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DALLA CRITICA DEL MODERNO ALL’HIGH TECH

disegni per il Laboratorio di Cerreto Sannita, del 1989, si percepiscono la vici-


nanza dell’architetto con la pratica costruttiva, oltre ad una capacità rappre-
sentativa, espressa dagli effetti chiaroscurali e materici riportati sui disegni,
con matite colorate su sfondo scuro, in cui la composizione si monta nella con-
sueta vista in sovrapposizione di pianta, prospetto e sezione76.
Per Renzo Piano (1937 -) il dettaglio rappresenta, in alcuni progetti, l’idea ini-
ziale, l’elemento caratteristico dell’edificio. Il progetto di un elemento di detta-
glio prende forma sulla carta, con pochi tratti, sintetici ma esplicativi, resi velo-
cemente a mano libera a penna o pennarello (per esempio, la conformazione
della “foglia”, che cattura la luce, nello spazio espositivo del “Menil Collection”
a Houston del 1981 (Fig. 45), o l’arco della copertura della mostra itinerante
IBM del 1982, costituito da un struttura reticolare in giunti di alluminio ed aste
in legno lamellare, che sorreggono delle piramidi in policarbonato). Dopo di Fig. 46. R. Piano, Menil Collection, 1981. Disegni
costruttivi delle sezioni.
che, l’elemento viene controllato e reso costruttivamente realizzabile, attraver-
so la verifica geomorfologica, strutturale e tecnologica, realizzata al computer.
Tutta l’opera di Piano vive sulla definizione dei dettagli e si caratterizza per l’at-
tento studio che di essi viene fatto, sia attraverso il computer, o la maquette,
sia attraverso l’elaborazione di disegni costruttivi estremamente minuziosi e
particolareggiati, vedi la sezione del centro Schlumberger a Montrouge
(Parigi), del 1981-84 (Fig. 46).
Umberto Riva (1928 -) è un altro maestro nella definizione dei dettagli archi-
tettonici, capacità che gli deriva direttamente dalla pratica del designer di
oggetti d’uso, in particolare di lampade, dal profilo articolato, angolato e sinuo-
so. I suoi disegni dalla prospettiva generale, fino al particolare in scala 1:1,
sono sempre nitidi, precisi con le linee a rimarcare con sicurezza gli elementi
che compongono il progetto; straordinarie prospettive dall’alto (come, per
esempio, la sistemazione dello Sperone del Guasco ad Ancona del 1987), che
descrivono l’architettura con la stessa precisione di segno con cui Riva studia
i dettagli costruttivi, nel progetto costruttivo della scuola Elementare e Media a
Faedis, Udine 1977-’7877, e nei disegni in pianta e sezione sovrapposte di una
fontana (nel progetto di sistemazione della piazza S. Lazaro del 1989, Fig. 47).
In questo progetto di arredo urbano, dove ogni più piccolo dettaglio viene da
Riva studiato sino alla dimensione reale ritroviamo in questa modalità espres-
siva, le suggestioni grafiche dell’opera di C. Scarpa, da cui certamente Riva,
non si sottrae78.
La vicinanza con la realtà e la matericità dell’oggetto costruito, l’attenzione
data al dettaglio costruttivo contraddistinguono, anche, l’opera grafica di Carlo
Mezzetti (1933 -), dalle esperienze passate (edifici di edilizia convenzionata a
Roma del 1978 e risanamento del centro storico di Ancona del 1979), sino a Fig. 47. U. Riva, Piazza S. Lazaro, Milano, 1989 I
suoi disegni sono caratterizzati da una nitidezza
quelle più mature, in cui rinforza e rinnova la propria espressività grafica (nuovi del tratto e l’apparente semplicità con cui gli ele-
spazi per la didattica e la ricerca per la Facoltà di Medicina e Chirurgia di menti sono rappresentati, a volte in pianta e
Ancona del 1988-1996, Fig. 48, e recupero della caserma Villarey, sempre ad sezione sovrapposta, altre volte studiati in asso-
nometria prima, e poi riportati in proiezione orto-
Ancona per la Facoltà di Economia del 1988-98, Fig. 49). “L’analisi del matto- gonale (supportata da un’attenta costruzione
ne, il modulo edilizio archetipo, ha permesso a Mezzetti di approfondire una geometrica delle curve, ellissi, ovali, ecc.), altre
tecnica disegnativa da cui in seguito non si è più allontanato. Una tecnica che volte gli schizzi, in assonometria o in pianta-
sezione, si affollano sul foglio, ad indagare le
tende a mantenere il controllo più completo del manufatto; che non delega ad varie ipotesi di progetto, sino a rimarcare con il
un’altra fase, e perciò forse ad altri, la soluzione definitiva”79. Tale metodica colore quella che sembra la più convincente.

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DALLA CRITICA DEL MODERNO ALL’HIGH TECH

Fig. 48. C. Mezzetti, Facoltà di Medicina e


Chirurgia di Ancona, 1988.

rappresentativa segue una logica compositiva in tutte le sue tavole di proget-


to; come dice De Fiore, presentando le Otto Tavole dei Dettagli d’architettura,
“le tavole di Carlo Mezzetti, architetto e docente, che per l’eleganza della gra-
fia, per la precisione dei dettagli, per la rappresentazione dei materiali sem-
brano tavole di elementi costruttivi, quasi illustrazioni di un antico trattato di
architettura, ci appaiono, dopo un istante, nell’intreccio dei segni, nella varietà
dei colori, nel gioco compositivo delle piante, dei prospetti, e delle sezioni,
nella messa a fuoco dei particolari, nella molteplicità dei punti di vista, nella
varietà delle scale e delle proporzioni, insomma nel loro entusiasmante fuoco
d’artificio, quelle tavole ci appaiono come bei disegni e prima e più di ogni altra
cosa ci parlano e ci raccontano dell’amore per il disegno”80.

6.6 Il disegno informatico

I presupposti

Il periodo degli ultimi venticinque anni del secolo è caratterizzato in tutti i


campi, non solo quello della rappresentazione architettonica, in ambito inter-
nazionale e successivamente in Italia, dall’avvento della tecnologia informati-
ca, e della cultura dell’Informazione. Si ha, infatti, a partire dagli anni ’70 una
rivoluzione, per quel che attiene alla grafica, che riguarda lo sviluppo di pro-
grammi di CAD (Computer Aided Design), in una prima versione applicati uni-
camente nella produzione industriale, e in seguito adattati alla progettazione
Fig. 49. C. Mezzetti, Facoltà di Economia e
architettonica, con i programmi di CAAD (Computer Aided Architectural Commercio, ex caserma Villarey ad Ancona,
Design). Mentre negli anni ’80 la diffusione di tali programmi era limitata ad 1988.

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DALLA CRITICA DEL MODERNO ALL’HIGH TECH

un’élite di studi professionali d’architettura e d’ingegneria, negli anni ’90 tale


metodologia di rappresentazione diventerà, di fatto, uno standard riconosciu-
to. In parallelo a questa rivoluzione, si sviluppa un nuovo “media” della comu-
nicazione, basato sulle reti telematiche, e su Internet in particolare, che diven-
ta uno strumento consueto per lo scambio e la trasmissione dei dati.
Negli ultimi anni ci si è interrogati sull’esistenza di una relazione tra una
“Architettura dell’Età dell’Elettronica”, descritta in vari testi81, ed una conse-
guente rappresentazione di tale architettura, così come si può configurare, ad
esempio, un’architettura futurista in rapporto ad una rappresentazione “futuri-
sta”82. Le implicazioni che derivano da questo processo innovativo di informa- Fig. 50. Studio Ingrami, progetto per l’ampliamen-
tizzazione sulla rappresentazione del progetto sono notevoli, e le opinioni a to dell’Università di Salerno, 1994.
riguardo sono molteplici e contrastanti. Certamente l’uso del computer com-
porta, in qualche modo, una modificazione nel modo di progettare, poiché
introduce nella cultura del progetto sconfinamenti verso geometrie non tradi-
zionali, e anticlassiche, verso la matematica dei frattali o la “fuzzy logic”, le
superfici nurbs, ecc., o verso logiche basate sull’immateriale o il virtuale. Sul
tema delle nuove potenzialità comunicative e rappresentative date degli stru-
menti informatici, T. Maldonado afferma che “ogni civiltà ha un suo sistema di
rappresentazione (come la prospettiva dello spazio tridimensionale da parte di
architetti del Quattrocento), e la nostra ha fatto una scelta precisa: un sistema
che produce su scala planetaria immagini destinate ad essere vissute, secon-
do alcuni, come più reali del reale stesso”83. Il condizionamento è avvenuto
nelle modalità di rappresentazione e si è reso evidente attraverso “il disegno
automatico come attività. Riguardo l’introduzione del computer nella pratica
professionale, P. Coppola Pignatelli si sofferma sull’impatto della scienza e
della tecnologia che ha sostanzialmente modificato l’approccio creativo, facili-
tando e accelerando il processo progettuale (analisi multicriteri, games and
simulation, problem solving, figurabilità del progetto e virtualizzazione del
modello), mettendo in evidenza oltre le potenzialità anche i rischi che l’uso
“edonistico” del computer può provocare84. Questo provocherebbe una cre-
scente astrazione della rappresentazione architettonica ed il rischio della ricer-
ca dell’immagine d’effetto, esteticamente avvincente, o di forme esotiche o Fig. 51. Studio Valle-Capolei, progetto per il ter-
puramente simboliche, come dimostrano alcune immagini di rendering che minal di Yokohama, 1994.
riempiono le riviste di architettura, in cui l’enfasi delle sfumature o il calcolo
preciso delle ombre portate, sembra essere un mero esercizio espressivo e
tecnico.
F. Purini, riguardo il disegno al computer, si preoccupa, in particolare della
scomparsa dell’“originale”, nel momento in cui, attraverso il cad, il disegno,
uscito dalla stampa, diviene riproducibile all’infinito. Egli afferma inoltre che la
caratteristica principale del tratto eseguito all’elaboratore “è il risultato di un
operazione di calcolo per qualche verso invisibile, senza legami apparenti con
quella gestualità che è stata così importante nel disegno storico”85. P.
Martegani pone, invece, l’accento sulle opportunità rappresentative date dalla
nuova tecnica grafica sviluppabile con l’elaboratore86. Sul tema della rappre-
sentazione dell’oggetto architettonico e sulla possibilità di ricreare virtualmen-
te gli spazi architettonici sia di progetto che di rilievo, e sulle implicazioni filo- Fig. 52. Studio Valle-Capolei, progetto per il ter-
logiche e psicologiche che ne derivano, si è aperto in Italia un acceso dibatti- minal di Yokohama, 1994.

32
DALLA CRITICA DEL MODERNO ALL’HIGH TECH

to. A riguardo, T. Maldonado, riferendosi al rapporto tra reale e virtuale, affer-


ma che “Il rapporto tra la realtà e la sua rappresentazione – tra la realtà e la
sua simulazione – sta provocando un rinnovato interesse per questioni già lun-
gamente dibattute e ne sta ponendo di assolutamente inedite ... ciò nonostan-
te gli interrogativi che esso solleva e le opportunità che ne derivano travalica-
no ampiamente i confini della tecnologia”87. L. Prestinenza Puglisi traccia delle
linee guida dell’Architettura informatica a cui si possono ricondurre anche le
relative rappresentazioni, nelle quali le caratteristiche di “Proiezione”,
“Mutazione” e “Simulazione” assumono riguardo il progetto, superiori alla
necessità di perseguire la tendenza del momento88.

Caratteri del disegno informatico

La ricerca nell’ambito del disegno computerizzato, con una propria caratteri-


stica grafica autonoma, si è andata sviluppando, come afferma anche E.
Guglielmi, sin dall’inizio, secondo due canali distinti: il Disegno Automatico
comunemente detto, corrispondente al tradizionale Disegno Tecnico, e la
Computer Graphic, cioè la resa con immagini d’ambientazione del progetto.
L’aspetto positivo che si è determinato con l’uso dell’elaboratore ha riguardato
non l’uso automatizzato di codici grafici tradizionali, come la rappresentazione
in pianta, prospetto e sezione, tipico del disegno tecnico, ma, grazie all’uso di
biblioteche di simboli architettonici, come finestre, porte o scale, ha evidenzia-
to la possibilità di definire una grammatica compositiva, dotata di propri codici

Figg. 53 e 54. F. Frigerio, Convention Hall a Nara,


1991. La compresenza di spazi differenziati, uno
multiforme dedicato alla storia, ed un altro iper-
tecnologico dedicato al futuro, condiziona la rap-
presentazione, che per questo ne risulta diversi-
ficata. Mentre per il primo, in alto, la comunica-
zione dell’idea progettuale è affidata al disegno
tradizionale, evocatore di suggestioni ed emozio-
ni (si nota il riferimento alle prospettive curvilinee
di spazi interni di Sacripanti), per il secondo si è
preferita la rappresentazione al cad. Le traspa-
renze artificiali del disegno in wireframe descrivo-
no ed indagano le relazioni spaziali tra i vari
ambienti, esprimendo una concezione dinamica
degli spazi.

33
DALLA CRITICA DEL MODERNO ALL’HIGH TECH

Fig. 55. F. Purini, edificio per abitazioni a


Ravenna, 1999. Disegno tradizionale a mano.
Fig. 56. F. Purini, edificio per abitazioni a
Ravenna, 1999. Disegno delle geometrie al com-
puter.

iconici “Da questo punto di vista il computer si presenta come un vero e pro-
prio laboratorio linguistico che permette la gestione in tempo reale dei segni
architettonici”89. D’altro canto, nella pratica professionale, lo sviluppo così
repentino ed improvvisato degli studi d’architettura, spesso incalzati dai tempi
di consegna degli elaborati, ha prodotto, di fatto, due aspetti negativi nell’e-
spressione del progetto: il primo determina un impoverimento del disegno tec-
nico, con la scusa di un livello qualitativo standard, il secondo denuncia un tec-
nicismo esasperato delle visuali del progetto, dalla grafica ridondante e spet-
tacolare, ma di fatto sminuito nella costruzione dell’immagine. Comunque il
progettista, anche se acceso sostenitore del disegno tradizionale, con la mati-
ta in mano, deve per necessità insita nel processo produttivo, confrontarsi ed
adeguarsi agli strumenti informatici (a volte è lo stesso committente che richie-
de degli elaborati su supporto informatico). Certo è che, quando non usa per-
sonalmente il computer, demanda ai collaboratori più giovani, tecnicamente
preparati, ma inesperti, la produzione di elaborati, di fatto non controllati diret-
tamente, ma prodotti secondo un processo che non è altro che una mera
riproduzione di un proprio disegno, fatto a mano. Esso è, per questo, privo di
qualsiasi notazione personale, anzi si delinea secondo i canoni del disegno
tecnico tradizionale, nulla aggiungendo, quindi, alla tematica della rappresen-
tazione. Su questa stessa linea E. Guglielmi nota che “La diffusione capillare
della grafica elettronica non sembra, però, aver introdotto sostanziali modifiche
nelle tecniche di rappresentazione e nella Geometria Descrittiva”90.
P. Portoghesi, parlando del suo rapporto con il computer, afferma che all’inizio
(1979) gli sembrava uno strumento “trascurabile”, poi, con l’andare del tempo,
da un uso saltuario si è passati, nel suo studio, ad un uso via via più frequen- Fig. 57. P. Portoghesi aaa.

34
DALLA CRITICA DEL MODERNO ALL’HIGH TECH

Fig. 58. A. Anselmi, Canale Redefossi, 1995.


Fig. 59. A. Anselmi, Canale Redefossi, 1995.
Negli elaborati di alcuni solidi geometrici disposti
nel giardino e all’ingresso in San Donato
Milanese, il computer realizza una rappresenta-
zione dagli effetti grafici nuovi, in cui non esiste la
differenza tra l’oggetto che porta l’ombra e l’om-
bra stessa.

te ed ampio fino a ricoprire una produzione del 70% delle elaborazioni grafi-
che91. L’utilizzo del computer si è andato indirizzando nello studio sia per quan-
to riguarda la verifica del progetto, sia per quel che attiene al processo pro-
gettuale nella generazione di geometrie e forme, sia, ancora, per ciò che si
riferisce alla comunicazione del progetto. Portoghesi denuncia il timore, che
poi è quello della maggioranza dei professionisti della sua generazione, di
essere sopraffatto dallo strumento informatico, mentre invece è il computer,
ovviamente, che deve realizzare quello che il progettista prestabilisce e prefi-
gura.
A. Anselmi utilizza il computer per una necessità meramente produttiva,
andando contro la sua indole di capace rappresentatore a mano libera. Solo in
alcuni casi, come per esempio nel progetto per la copertura del canale
Redefossi a San Donato Milanese (1995), Figg. 58 e 59, lascia lo spazio a
delle invenzioni figurative costruite al computer, evidenti in alcune “simulazio-
ni al computer”, in cui la rappresentazione rarefatta dai colori tenui degli ele-
menti della copertura, rimandano alla memoria di immagini metafisiche ed
irreali (da riferirsi ad alcune pitture di Sironi o De Chirico o le ultime immagini
di architetture di Eisemann)92. M. Fuksas, per il fatto di aver sentito la neces-
sità di dotare il suo studio di uno strumento adeguato con il passo dei tempi,
afferma che “il problema della rapidità d’ideazione e d’esecuzione di un pro-
getto diventa fondamentale, così come il problema di accorciare quella distan-
za che esiste tra la fase ideativa e quella rappresentativa”93.
In sintesi, si può affermare, che le tendenze che abbiano un carattere di inno-
vazione nella rappresentazione al computer, siano da ricondursi a tre aspetti
distinti: il primo, che riguarda la verifica e l’immediata fruizione del modello di
progetto, la costruzione di un ambiente tridimensionale in cui il progettista può
immergersi in un’esperienza virtuale; il secondo che si riferisce alla comunica-
bilità del progetto, all’adeguamento dello stesso ai mezzi espressivi del mondo
moderno, caratterizzati dalla multimedialità e multidimensionalità, nei quali il
computer diviene la piattaforma indispensabile d’interscambio d’informazioni;

35
DALLA CRITICA DEL MODERNO ALL’HIGH TECH

il terzo aspetto, che vede soprattutto entrare il mezzo informatico a pieno tito-
lo nel processo ideativo e progettuale, nel senso che suggerisce e supporta e,
a volte, determina con un processo automatico, spazi e geometrie.
Una tendenza nuova, tesa a elaborare una grafica informatica, con caratteri-
stiche proprie ed innovative rispetto alla pratica professionale, la possiamo
individuare già a partire dagli anni ’70, nei disegni per il concorso per il Centro
Pompidou a Parigi del 1971, di Renzo Piano (in collaborazione con R. Rogers)
(Fig. 60). Il progetto per un centro d’arte e di cultura esprime una concezione
dell’architettura con caratteristiche di multimedialità, e di ipertecnologia, in cui
la rappresentazione del progetto ed il progetto stesso sono in diretta sintonia.
La cultura del passato recente,a cui questi disegni rimandano, deriva dalle
ricerche di Superstudio, dei metabolisti, ma soprattutto del gruppo Archigram,
per i riferimenti alle macrostrutture e alla tecnologia costruttiva, ma questi gra-
fici guardano soprattutto ad una nuova razionalità data dalla logica dell’elabo-
ratore. I disegni di dettaglio delle facciate, al tratto bianco su sfondo blu, sono
diventati subito dei modelli rappresentativi da imitare e dall’indubbio fascino
sugli architetti delle ultime generazioni.

La comunicazione multimediale del progetto

Com’è stato sottolineato da G. Schmitt in Information Architecture94, l’informa-


zione, proprio per il suo carattere multimediale e multidirezionale può essere
considerata, a tutti gli effetti, la quinta dimensione dell’architettura, notando
che “La tecnologia informatica sta alla società dell’informazione come la tec-
nologia industriale stava alla società industriale”. Egli rileva, con questo para-
gone, la diretta connessione tra gli strumenti che sono a disposizione della Fig. 60. R. Piano, Centre Pompidou, Parigi 1971.

Fig. 61. M. Fuksas, immagine di rendering per il


concorso del Wienerbergstrasse, Vienna 1995.

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DALLA CRITICA DEL MODERNO ALL’HIGH TECH

Fig. 62. Di.P.S.A, vista planivolumetrica del


modello 3d relativo al progetto urbano Ostiense
Marconi, Roma, 2000.

società e la natura stessa della società. La comunicazione del progetto assu-


me nei moderni sistemi della rappresentazione un’importanza centrale e deter-
minante anche ai fini del successo di qualsiasi proposta progettuale.
Quest’aspetto, fondamentale, si riscontra non solo nelle immagini presentate
ai concorsi d’architettura (d’esempi a riguardo ce ne sono moltissimi, ...) ma si

37
DALLA CRITICA DEL MODERNO ALL’HIGH TECH

Fig. 63. C. Aymonino, Lungomare a Catanzaro,


1994.

evidenzia, anche, nella diversa fruizione del progetto da parte dell’utente fina-
le. La multimedialità investe dunque il campo proprio della rappresentazione di
progetto, caratterizzandolo con delle qualità che sono tipiche della pubblicità o
dei media audio televisivi95. A supporto della rappresentazione, si sono svilup-
pati, inoltre, altre forme di scrittura del progetto, definite ipertestuali, caratteriz-
zate da un’informazione strutturata ad albero con grafici, di tipo testuale, video
o grafico, relazionate tra loro con collegamenti logici. L’ipertesto è un’espres-
sione tipica del computer, in quanto permette di integrare le immagini singole
di un progetto, come anche di qualsiasi evento, in modo interattivo, con riferi-
menti ad altre immagini di supporto, o didascalie scritto-grafiche su particolari
elementi, attraverso dei links evidenziati a video. Tale linguaggio nasce dalla
necessità di navigare in Internet attraverso dei programmi di visualizzazione
grafica, cosiddetti browsers, in grado di leggere le pagine dei vari siti secondo
la codifica dell’ipertesto in formato HTML (Hyper Text Markup Language). Il
racconto del progetto può quindi realizzarsi metaforicamente, con una naviga-
zione guidata attraverso le immagini di piante, prospetti o sezioni, in cui a
video risultano delle aree sensibili, dalle quali, cliccando con il mouse, si può
approfondire l’argomento, a cui il link si riferisce.
C. Aymonino utilizza per il progetto di riqualificazione del Lungomare di
Catanzaro Lido del 1994 (Fig. 63), un’illustrazione multimediale, spiegando
che “La scelta di un ipertesto è stata dettata dalla necessità di esporre in una
conferenza un progetto per la cui redazione erano stati prodotti elaborati di
diverso tipo su supporti disomogenei (foto, disegni, modelli 3d, animazioni)”96.
L’uso del linguaggio HTML e delle mappe sensibili, messo a punto per il lin-
guaggio ipertestuale delle pagine Web, presenta delle potenzialità non margi-
nali per la rappresentazione moderna, e quindi multimediale, del progetto. In
alcuni casi, la scelta di strutturare dei propri siti in Internet da parte di alcuni
progettisti, come Fuksas o Piano, per esempio, determina necessariamente
una modalità di presentazione delle proprie realizzazioni, basata sull’interatti- Fig. 64. Pagine web Piano.

38
DALLA CRITICA DEL MODERNO ALL’HIGH TECH

vità possibile tra navigatore e dati. Tali siti in Internet (Renzo Piano Workshop
Foundation, all’indirizzo http://www.RPWF.org/, (Fig. 64) e MiddleAge
Massimiliano Fuksas, http://art.dada.it/FUKSAS/97), (Fig. 65), sono strutturati
per permettere una navigazione attraverso i vari elaborati di progetto, dagli
schizzi iniziali, passando attraverso i disegni tradizionali in proiezione ortogo-
nale, sino ad arrivare alle immagini di sintesi in rendering ed alle foto della rea-
lizzazione. Il nuovo modo di espressione del progetto modifica certamente l’a-
spetto comunicativo di esso, ma anche il progetto negli elementi costitutivi. M.
Fuksas afferma, infatti, che la contaminazione con altre forme di linguaggio
come la storia del luogo, la comunicazione, l’informazione, l’immagine, rap-
presenta la caratteristica dominante dei suoi progetti; la realizzazione architet-
tonica diviene essa stessa veicolo d’informazione.
Nel 1997, nel convegno tenutosi a Roma, sulla “Multimedialità per la didattica
in Architettura”, si è cercato di tirare le somme di un processo, ancora in atto, Fig. 65. Pagine web Fuksas.
riguardo “La multimedialità nella costruzione e comunicazione del progetto
d’architettura”, con apporti scientifici provenienti da diverse aree disciplinari,
che possono essere sintetizzati in tre filoni principali: “Il primo gruppo affronta
la questione della comunicazione del progetto .. una rivoluzione della semioti-
ca della comunicazione indotta dalle immagini virtuali, o, come dice T.
Maldonado, di una Nuova Semiotica dell’Immagine e della Percezione; il
secondo gruppo di interventi può essere raccolto sotto la dizione: comunica-
zione di conoscenze per l’elaborazione del progetto e per la formazione del-
l’architetto – vengono presentati alcuni lavori multimediali curati da A. M.
Marinelli e R. Belibani; il terzo gruppo riguarda l’accesso e l’organizzazione di
dati – a questo argomento si riferisce lo studio dell’attività per i Paesi in via di
sviluppo, attivato sulle pagine Web da P. Martegani e l’Atlante Tipologico del-
l’architettura del ‘600 di Luitprandi98.

La verifica virtuale del progetto e la ricostruzione virtuale

La realtà virtuale è argomento assai dibattuto ed investe i diversi campi della


raffigurazione del progetto; essa definisce la relazione che fa corrispondere la
realtà con la sua simulazione al computer. Maldonado, nel testo “Reale e vir-
tuale”, individua una caratteristica specifica del disegno al computer, in quan-
to disegno per la modellazione dell’oggetto progettato. Il modello, nell’acce-
zione di plastico informatico, acquista una valenza iconica e non-iconica allo
stesso tempo99. Dunque la rappresentazione al computer si carica di valenze
che vanno al di là della sola componente tecnico rappresentativa, certo impor-
tante, ma che investono campi assai diversificati, quali quelli della semiologia
della comunicazione, della tematica del “Virtual spaces” o del “Cyber spa-
ces”100. La definizione del modello informatico passa per due fasi distinte, che
sono, innanzi tutto, quella tecnico-pratica, cioè quella della definizione al cad
di un modello tridimensionale; in secondo luogo quella rappresentativa - comu-
nicativa di tale modello attraverso sistemi multimediali diversificati, caratteriz-
zati dalla fruizione dinamica, in movimento, delle visuali e dei dati. La possibi- Fig. 66 e 67. Ripetitore telefonico a Roma: imma-
gine fotografica ante operam e immagine di ren-
lità di costruire virtualmente l’ipotesi progettuale, sostiene il progetto verso gli dering post operam con l’inserimento del manu-
utenti finali, accelerando le decisioni, dato che l’immagine di sintesi diviene un fatto.

39
DALLA CRITICA DEL MODERNO ALL’HIGH TECH

forte elemento di convinzione. “La stessa forza di suggestione dell’immagine


che tanto preoccupa gli antropologi e gli educatori in quanto strumento di faci-
le manipolazione”101. La modellizzazione del progetto, può, quindi, risultare par-
ticolarmente utile per la valutazione dell’impatto che il nuovo oggetto costruito
può provocare nell’ambiente circostante, Per questo, diversi progetti d’inter-
venti di grandi dimensioni (infrastrutture viarie o ferroviarie, stadi, nuovi inse-
diamenti urbanistici), per cui è stabilita per legge una V.i.a. (Valutazione di
impatto ambientale), utilizzano le immagini ante e post operam, realizzate
attraverso il rendering del progetto. (vedi, ad esempio, i progetti per le centra-
li della Telecom a Roma Fig. 66 e 67, o le strutture ferroviarie a Firenze102).
Una diversa applicazione della realtà virtuale, di notevole interesse, si può
riscontrare nella ricostruzione storica di monumenti antichi e d’ambienti urba-
ni: si veda, a riguardo, la ricostruzione della piazza dei Cavalieri a Pisa, Fig.
68, di alcuni tra i principali monumenti a Roma, della Basilica d’Assisi, delle
stanze di Raffaello al Vaticano, e molte altre ancora103. Si è andata sviluppan-
do, negli ultimi anni, un codice per i dati in formato tridimensionale per la pre-
sentazione di ambienti urbani ed architettonici, sia antichi che di progetto, da
immettere in Internet secondo un linguaggio VRML (Virtual Reality Modeling
Language), che permette la navigazione dinamica interattiva entro questi
spazi. Le applicazioni tridimensionali realizzate sulla rete in VRML si stanno
moltiplicando, soprattutto per quel che riguarda il design e l’architettura, in rife-
rimento alla progettazione ed alla comunicazione di spazi e di oggetti. Molto
interessanti risultano i siti con l’ambientazione tridimensionale di Santa Maria
Novella a Firenze, Fig. 69, o di musei come gli Uffizi o quelli Vaticani104.
Il progetto assistito

Fig. 68. Ricostruzione virtuale in WRML della


piazza dei cavalieri a Pisa.
Fig. 69. Ricostruzione virtuale in WRML della
chiesa di Santa Maria Novella a Firenze.

40
DALLA CRITICA DEL MODERNO ALL’HIGH TECH

Un ultimo aspetto, ma non meno importante, della progettazione realizzata con


l’ausilio del computer, è quello della cosiddetta “progettazione assistita”, attra-
verso la quale si ha la possibilità di sintetizzare il processo progettuale per
mezzo di un iter automatizzato. Anche se sono ancora in via sperimentale,
questi progetti suscitano grande interesse, ma allo stesso tempo, il timore che
procedure pre-determinate, basate su una logica automatica, producano un
asetticità nel processo creativo. Tali “modelli decisionali” possono partecipare
al progetto nella fase della verifica (per esempio nella valutazione dell’impatto
ambientale dell’ex zona industriale Ostiense, sperimentata dal Dipartimento di
Progettazione e Scienze e dell’Architettura di Roma attraverso il metodo
C.A.V.I.A., Computer Impact Visual Analysis105), nella scelta delle varie ipotesi
iniziali (interessante, a proposito, l’applicazione di “Strategic choice” per il pro-
getto urbano di Venezia del gruppo Gregotti106), oppure nella costruzione for-
male del progetto (il software “Basilica” adotta una logica progettuale in modo
da generare una serie di scenari in automatico, dettati da regole compositive
prestabilite107).

La sofisticazione della grafica informatica

Renzo Piano, sin dall’inizio della sua attività, sviluppa delle procedure di pro-
getto che prevedono l’uso del computer, sia come strumento di rappresenta-
zione dettagliata e precisa, sia come mezzo di verifica. Anche se lo spunto ini-
Fig. 70. Software “Basilica”.
ziale rimane sempre quello tracciato dalla mano libera, attraverso bellissimi
sketches dalla forte carica sintetica ed espressiva, possiamo leggere una cor-

Fig. 71. R. Piano, Aeroporto di Osaka, 1990. La


forma generale dell’aero-stazione assume la
conformazione di un’aliante, le cui ali affusolate
sono il frutto di una regola rigorosa (la geometria
di un toroide).

41
DALLA CRITICA DEL MODERNO ALL’HIGH TECH

relazione diretta tra l’architettura, definita su vari testi “Immateriale”, “multime- Fig. 72. R. Piano, Auditorium a Roma, 1994.
diale”, e la rappresentazione realizzata al cad. Nel metodo progettuale di
Renzo Piano, il computer viene utilizzato da subito per la definizione delle
forme che si configurano quasi sempre secondo una regola numerico-geome-
trica generale, una funzione di calcolo che dimensiona organicamente il pro-
getto, come è nel caso dell’aereoporto Kansai di Osaka (1990-1994), Fig. 71108.
L’architetto genovese “non progetta con il computer”, ma lo utilizza da subito
per definire con rigore scientifico le forme da lui pensate per poi tradurle in
entità concrete da costruire. Nella seconda fase, cioè quella della definizione
in pianta, prospetto e sezione, i disegnatori dello suo studio, utilizzano rego-
larmente il computer, ma solo per una maggiore speditezza ed efficacia nel
sistema produttivo del progetto. I disegni dello studio di Piano (certamente non
suoi direttamente, ma realizzati dai suoi collaboratori informatizzati), eviden-
ziano l’intento, da una parte, di raffigurare un’architettura viva e coinvolgente,
“non fredda” (come spesso appare il disegno al cad), pieni di figure animate
nelle varie attività relative agli ambienti e la presenza d’elementi del verde
(vedi le sezioni del Menil Collection in U.S.A. del 1982 o il centro culturale J.M.
Tjibaou del 1991 in nuova Caledonia), dall’altra parte di verificare le nuove
soluzioni tecnologiche, come per esempio, le rispondenze acustiche di un
auditorium, o la verifica dell’illuminazione in un museo (Auditorium a Roma,
1994, Fig. 72, Design Center della Mercedes Benz in Germania del 1993, la
Ristrutturazione del Lingotto a Torino del 1988). In qualche caso sembra che
la stessa forma architettonica sia condizionata da una costruzione geometrica
generata direttamente dall’elaboratore (lo stesso aeroporto di Osaka, il centro
commerciale a Bercy del 1987, il Ponte di collegamento a Kumamoto, il Centro

42
DALLA CRITICA DEL MODERNO ALL’HIGH TECH

nazionale della Scienza ad Amsterdam, l’Arena polifunzionale a Saitama). I


disegni di Piano costituiscono un esempio grafico di raffinatezza e chiarezza
nell’uso del computer, senza che questi eccedano nelle fantastiche immagini
di sintesi iperrealistiche, che affollano le riviste d’architettura. Non possiamo
dimenticare, comunque, che accanto ai disegni di progetto realizzati al cad.
Tra gli architetti del panorama architettonico italiano che utilizzano il computer
per la rappresentazione del progetto, Italo Rota (1953 -) sembra essere quel-
lo che accetta la sfida del nuovo strumento, amplificandone le possibilità, a
volte non espresse, e producendo delle immagini che subiscono le contami-
nazioni di vari campi, non solo quello strettamente grafico, ma anche quello
della comunicazione, della fotografia, della pubblicità, dei cartoon. “La sua gra-
fia passa facilmente dalla rappresentazione alla scrittura ... E poi, con l’elet-
tronica, trasforma la parola in calligramma tipografico”109. Le immagini di Rota
riprendono evidentemente spunto dalla grafica pubblicitaria, per far risaltare il
messaggio comunicativo insito nel progetto, ed evocativo degli spazi che si
prefigurano, secondo un modo tipico dei media moderni (progetto della Casa
italiana a New York del 1991, Fig. 73, e Padiglione espositivo Stet a Ginevra
del 1995, Fig. 74). Esse si basano spesso sul medesimo spartito, secondo
un’impaginazione chiaramente leggibile: le retinature con toni di grigio o di
colore tese ad evidenziare elementi particolari di ambientazione, come albera-
ture o zone di verde (nella “veduta piano-prospettica” del Centro urbano di
Nancy del 1991); le sfumature chiaroscurali, utilizzate per risaltare le rotondità
delle pareti degli edifici; la contrapposizione tra elementi a wire frame ed altri
con un riempimento di colore, posta per focalizzare una zona del disegno,
come per esempio gli ambienti interni, visti in trasparenza nel progetto del

Fig. 73. I. Rota, Casa Italiana a New York, 1991.


Nella sezione arricchita da elementi d’arredo in
tonalità di grigio e figure in movimento, che risal-
tano, in negativo, su una grafia dell’architettura
molto semplice, al tratto lineare.

Fig. 74. Padiglione Stet una gabbia reticolare a fil


di ferro racchiude una serie di volumi identificati
nelle varie funzioni di una forma geometrica
distinta e da un colore che copre le varie superfi-
ci.

43
DALLA CRITICA DEL MODERNO ALL’HIGH TECH

Fig. 75 M. Fuksas, Saint Exupery, 1990.

Padiglione d’Arte Contemporanea a Pescara del 1996.


Nel metodo progettuale di Massimiliano Fuksas, il modello tridimensionale rea-
lizzato al computer, viene accostato a quello tradizionale, come ulteriore veri-
fica del progetto. Ma, mentre la maquette (il plastico realizzato a mano è
immancabile in ogni sua esperienza progettuale), permette “un rapporto sen-
suale con gli spazi (esterni), più tattile e concreto ... il modello 3d permette di
entrare negli spazi con una rapidità e con angolazioni che ad un qualsiasi
modello sono negate, quindi ci consente di spingere al limite la verifica media-
ta del processo progettuale”110.
Anche riguardo la capacità del computer di comunicare il progetto, Fuksas
dimostra un atteggiamento antitradizionale, dato che proprio la sua architettu-
ra diviene una miscela di contaminazioni non solo strettamente architettoniche,
perché “il progetto nasce e vive in un contesto che è storia del luogo, che è
comunicazione, informazione, immagine”. Certamente l’uso del computer aiuta
a risolvere certi aspetti problematici del progetto nonché offre la possibilità di
“inoltrarsi in campi di sperimentazione anche estremamente complessi che
prima ponevano delle difficoltà anche solo di rappresentazione e quindi di
visualizzazione concreta”; pensiamo, ad esempio, ai frattali o alle superfici
nurbs. Infatti sia per il progetto del College Saint Exupery a Noisy Le Grand del
1990, Fig. 75, sia per quello del Centre Regional de la Musique e la Voix ad
Argenteuil in Francia del 1990, Fig. 76, la forma degli edifici dalle complesse
curvature – una sorta di chiave musicale che lega i vari blocchi, nel primo caso,
e una copertura formata da strisce di solaio che si piagano, ognuna con un
moto ondulatorio diverso – , viene realizzato al computer.

Fig. 76. M. Fuksas, Centre de la Musique a la


Voix, 1

44
DALLA CRITICA DEL MODERNO ALL’HIGH TECH

Note unificati nel corso di ‘Disegno e Rilievo’. prospettiva gesuita in Cina, in “Casabella”, n.
Roberto de Rubertis, in ‘Progetto e percezio- 505, Milano 1985; F. PURINI, Il fattore D, in
1
Tali exempla grafica (i progetti del ciclo delle ne’, analizzò l’incidenza dei fenomeni percetti- “Casabella”, n. 479, Milano 1982.
Marmore di Ridolfi, 1971-1983; il progetto per vi sulla progettazione così come Margherita 12
Tra gli architetti ancora presenti sulla scena
casa Ottolenghi di Carlo Scarpa, 1974-; il con- De Simone, in ‘Percezione e Disegno, pre- italiana, ricordiamo, tra gli altri, Scarpa, Ridolfi,
corso per la camera dei deputati di Maurizio sentò i più recenti studi sulla teoria della for- Samonà, De Carlo, Pellegrin, Fiorentino.
Sacripanti, 1967; il progetto per il teatro popo- ma…Marcello Petrignani (ad Ingegneria) nel 13
L. QUARONI, Progettare un edificio Otto lezio-
lare di Sciacca di Giuseppe Samonà, 1974), testo Disegno e Progettazione rivalutò il dise- ni di architettura, Mazzotta, Milano 1977.
che valgono certamente per una storia della gno come strumento per comunicare e proget- 14
“I disegni di Scolari non sono tradizionali
rappresentazione, non coincidono con quelli tare… Un’altra pubblicazione che propose un disegni architettonici. Essi non sono né la raf-
riportati da M. TAFURI, Storia dell’architettura approccio interdisciplinare allo studio del dise- figurazione di un edificio o di uno spazio esi-
italiana 1944-1985, op. cit., e che riguardano gno fu redatta da Carlo Mezzetti, Giorgio Buc- stenti, né la prefigurazione di un edificio o spa-
la parallela storia dell’architettura. ciarelli e Luciano Lunazzi, docenti alla facoltà zio da materializzare ‘a posteriori’. Il disegno
2
Si veda, a riguardo, le ultime pagine in G. DE di Ingegneria di Ancona, in cui davano impor- non è neppure il mediatore trasparente tra l’i-
FIORE (a cura di), Storia del Disegno, 1997; L. tanza all’evoluzione storica della rappresenta- dea di un edificio e la sua ‘realtà’. Esso ha per-
SACCHI, L’idea di rappresentazione, Kappa, zione grafica e allo stretto rapporto tra rilievo e duto il suo ruolo tradizionale di neutra comuni-
Roma 1994. progetto”, in in M. DOCCI, D. MAESTRI, Storia del cazione di una immagine. È diventato opaco,
3
“Durante i polemici anni Sessanta Vagnetti rilevamento urbano e architettonico, op. cit. produzione materiale di forme, corposa propo-
comprese l’importanza della storia per rifor- 6
“Il rinnovato interesse per il rilievo architetto- sta di immagini, complesso condensato di
mare l’insegnamento del Disegno. Le se rac- nico, verificatosi dal 1975 in poi, ha ritrovato i significati. Essi dicono soprattutto qualcosa
colte di materiali iconografici e bibliografici suoi fondamenti nella for mulazione più o sull’architettura come elaborazione e trasfor-
sulla storia della rappresentazione introdusse- meno esplicita di alcuni intendimenti di carat- mazione di paesaggi. I disegni di Scolari rime-
ro un nuovo indirizzo di ricerca che diede ini- tere generale, che si possono sintetizzare: scolano e trasformano i particolari paesaggi di
zio ad una lenta ridefinizione della disciplina superamento del concetto di rilevamento, inte- cui si è interessata la nostra architettura: la
all’interno delle università italiane”, in M. BOL- so come studio di un singolo edificio, disanco- natura, il corpo umano, edifici e geometria.
GHERINI, I testi per l’insegnamento del Disegno. rato dal contesto urbano, ricerca di una più Un’attività essenzialmente gestuale e rituale si
Note sulla situazione in Italia dal dopoguerra a stretta e pertinente relazione tra figurazione e manifesta attraverso selezioni, découpages,
oggi, in AA.VV, Teorie e metodi del Disegno, organismo architettonico, uso controllato delle obliterazioni, trasformazioni di frammenti di
Città Studi, Torino 1994. nuove tecnologie, sia per il prelievo delle misu- questi paesaggi attraverso una sofisticata con-
4
Come afferma M. Docci, “La riforma dell’ordi- re, sia per la rappresentazione; codificazione fusione di regole; le regole naturali vengono
namento delle facoltà di Architettura del di convenzioni e simboli grafici”, in M. DOCCI, applicate al paesaggio geometrico o architet-
1969,… costituì il momento più critico della D. MAESTRI, Storia del rilevamento urbano e tonico; le regole architettoniche sono applicate
storia di questa disciplina, non solo a livello architettonico, op. cit. ai paesaggi naturali o geometrici”, in M.
didattico, ma anche per l’attività di ricerca. Il 7
M. SCOLARI, Che il disegno sia al centro nelle GALDELSONAS, Massimo Scolari - Paesaggi
dibattito subito apertosi sull’argomento, nel scuole di Architettura, in AA.VV., 1968-1988 teorici, in “Lotus” n. 11, Milano 1976, p.
periodo di crisi, portò, però, alle formulazioni di Vent’anni di architettura disegnata, in “XY, 15
Cfr. M. SCOLARI, Per una breve storia del-
nuovi intendimenti, di nuove proposte alterna- Dimensioni del disegno”, n.10, Roma 1989, p. l’axonometria, op. cit.; La prospettiva gesuita
tive, di nuove metodologie di studio”, in M. 57. in Cina, op. cit, p.
DOCCI D. MAESTRI, Storia del rilevamento urba- 8
La sperimentazione delle nuove metodologie 16
Docente Universitario in Disegno alla Facoltà
no e architettonico, Laterza, Roma-Bari 1993. nel campo del rilevamento architettonico ed di architettura di Genova per decenni, De
... ed ancora “alla metà degli anni ’60, mentre urbano, ha portato contributi degni di nota dai Fiore ha contribuito al dibattito sul Disegno
Portoghesi a Milano spezzava la matita in vari raggruppamenti: a Roma R. de Rubertis, con numerosi scritti, tra cui La figurazione
segno di liberazione dalla schiavitù del segno C. Cundari, M. Docci, R. Migliari, ad Ancona, dello spazio architettonico, Genova 1967,
e del disegno, … il prof. Zevi a Roma aveva C. Mezzetti, M. Agostinelli, a Genova, G. De Dizionario del disegno, Brescia 1967, Storia
coniato l’equazione: architetto che sa disegna- Fiore (ereditando le esperienze di L. Vagnetti), del disegno, Torino 1997, attivandosi, inoltre,
re = architetto somaro. In queste scie e sotto a Torino, A. Cavallari Murat prima, e S. Coppo, in numerose iniziative volte a promuovere
queste spinte, si arrivò, alla fine degli anni ’60 dopo, e a Palermo, M. De Simone e R. Filosto, l’ampliamento dell’area del Disegno.
alla Riforma della Facoltà di Architettura che solo per citarne alcuni. 17
L’attività universitaria di Bentivegna inizia dal
portò questo gruppo di discipline da sei, che 9
L’articolo di M. SCOLARI, La questione del lontano 1957, collaborando con Vagnetti nel
erano, a due sole, con la sola permanenza di disegno in “Casabella” n. 486/1982; in AA.VV., corso di Disegno dal Vero II° a Roma, e si con-
‘Applicazioni di Geometria descrittiva’ e con la 1968-1988 Vent’anni di architettura disegnata, solida propria negli anni Settanta, nel nascen-
coniazione di una nuova disciplina, ‘Disegno e in “XY, Dimensioni del disegno”, op. cit., diven- te Dipartimento di Rappresentazione e Rilievo,
Rilievo’,… che in qualche modo doveva esse- terà “un manifesto per quanti credevano e al quale egli ha contribuito con la sua attenta e
re un contenitore”, in M. DOCCI, Il rilievo nelle volevano un rinnovamento del ruolo del dise- rigorosa ricerca sulle tematiche del disegno, e
Scuole e nelle Istituzioni, in “XY, Dimensioni gno”. la sua appassionata didattica.
del disegno” n. 11-12, p. 21, Officina, Roma 10
F. PURINI, Una lezione sul disegno, Gangemi, 18
M. DOCCI, A. GURGONE, I disegni e la didatti-
1986. Roma 1996. ca di Adriano Bentivegna, in “Disegnare, idee
5
“L’analisi dei fenomeni percettivi trovò uno 11
M. SCOLARI, Per una breve storia dell’axono- e immagini”, n. 13, Roma 1996.
spazio ancora più ampio nei corsi di disegno,.. metria, in “Casabella”, n. 500, Milano 1985; La 19
In esso si ritroveranno, con specificità diver-

45
DALLA CRITICA DEL MODERNO ALL’HIGH TECH

se, tanti architetti con tematiche che spaziano di un fenomeno antico, ma che ha assunto forse l’unico, proprio come architetto, ad aver
dal Postmodern all’architettura disegnata. Il recentemente nuovi e significativi effetti tanto sviluppato una poetica ed un linguaggio pitto-
Movimento postmoderno si puntualizza in da porsi come un genere comprendente più rici, la cui forma, il cui rigore ed il cui pathos
Italia attraverso gli scritti di P. PORTOGHESI, specie: quella dei progetti intenzionalmente derivino da una concreta sensibilità topologi-
Dopo L’architettura moderna e Postmodern, e fantastici; quella delle opere contestatrici; ca”, in G. CONTESSI, Dalla rappresentazione
di A. ROSSI, La città analoga del 1976, e viene quella degli elaborati miranti a modificare il alla formazione, in AA.VV., 1968-1988
presentato al pubblico nella “strada novissima” preesistente …L’architettura di carta include Vent’anni di architettura disegnata, op. cit., p.
alla Biennale di Venezia del 1980, curata dallo altresì edifici e strutture realizzate al prevalen- 43.
stesso Portoghesi. te fine della comunicazione, della pubblicità, 32
A. CANTAFORA, Note sparse, in AA.VV., 1968-
20
R. DE RUBERTIS, Il disegno dell’architettura, soprattutto della promozione”, in R. DE FUSCO, 1988 Vent’anni di architettura disegnata, op.
N.I.S., Roma 1994. “Negli anni Settanta il dise- Storia dell’architettura contemporanea, op. cit, cit., p. 68.
gno di architettura propone dei modelli più ele- p. 33
“Il soggetto del dipinto non sarebbe stata la
vati di ricerca sul linguaggio. Sotto la spinta del 27
Si tenta, inoltre, con questi scritti, di fare un riproduzione di un luogo reale, ma la composi-
rinato formalismo degli anni Sessanta ispirato consuntivo di questo periodo, attraverso una zione di frammenti, episodi, figure sedimenta-
dalla reazione autonomista interpretata e pro- cronologia ragionata dei vari episodi e opere te nella memoria della esperienza della città: i
pagandata da ‘Controspazio’, dai movimenti che hanno caratterizzato quel ventennio. muri ciechi tagliafuoco, le stazioni della metro-
del ’68, l’architettura scopre nel disegno la via Vengono inoltre riprodotti moltissimi disegni di politana sopraelevata, le corti delle case d’af-
più diretta e teoricamente incisiva per liberarsi architetture, costruite e non, che sono acco- fitto, le fabbriche, l’acqua e la sabbia dei suoli
dei detriti tematici del postfunzionalismo e munate dai notevoli effetti grafici, del “bel dise- su cui sorge Berlino …Il confronto con la città
dello stile internazionale… L’architettura dise- gno”, dalla riproposizione e recupero dei siste- analoga dipinta nel 1973 spiega la natura di
gnata torna alle origini della città moderna. Il mi di rappresentazione tradizionale, dalla forte questo lavoro di Cantafora. Lì l’impianto pro-
suo luogo concettuale è infatti l’originario, il carica espressiva: bellissime dunque le varie spettico centrale disponeva nella scena tripar-
nativo”, in F. PURINI in AA.VV., 1968-1988 immagini, fatte di quadri ad olio, acquerelli, tita classica gli elementi dimostrativi di un pro-
Vent’anni di architettura disegnata, in “XY, pastelli, disegni a china e calcografie, pur nella getto tendenzioso. Ciascun edificio riprodotto
Dimensioni del disegno”, n. 10 Roma 1989, p. loro personale specificità, di G. Dardia, A. era immediatamente riconoscibile e doveva la
50. Rossi, F. Prati, A. Pernici, G.R.A.U., M. Scolari, propria presenza alla selezione precisa com-
21
G. MOSCHINI, Il disegno tra utopia e teoria: le D. Passi, L. Scacchetti, M. Beccu, A. piuta in nome di una esplicita strategia di
linee portanti della ricerca in AA.VV., 1968- Cantafora, G. Grassi, B. Minardi, A. Anselmi, architettura urbana”, in M. DE MICHELIS, L’altra
1988 Vent’anni di architettura disegnata, in E. Dardi, F. Purini. città, Il panorama di Berlino di Arduino
“XY, Dimensioni del disegno”, n. 10 Roma 28
Ibidem. Cantafora, 1984, in “Lotus” n. 43, Milano 1984.
1989, p. 50. 29
Come viene riferito da un articolo di Ludovico 34
R. DE FUSCO, Storia dell’architettura contem-
22
Vedi i capitoli precedenti. Quaroni su “Parametro”, n. 64-65; nel n. 501 di poranea, op. cit., p.
23
Si veda, come riferimento, in G.C. ARGAN, “Casabella” del 1984, lo stesso Quaroni, affer- 35
Purini riafferma la centralità del disegno,
L’arte moderna 1770/1970, Sansoni, Firenze ma che in quel periodo “è mancato un senso dicendo che “il disegno è pensiero esso stes-
1981, IX edizione: le pitture di I. Sironi, come logico del disegno, il disegno come strumento so, è la forma – pensiero fondamentale dell’ar-
Gazometro, 1943, visione storicizzata della per la costruzione. Oggi si parla tanto del chitetto, il luogo elettivo nel quale la forma
moderna periferia industriale, G. DE CHIRICO in disegno, ma se ne parla in modo astratto. appare, e nella sua essenza più pura e dure-
La malattia del generale, 1914, Piazza d’Italia, L’architettura disegnata è stata un’importazio- vole”; ed ancora “il disegno di architettura è
Malinconia autunnale, 1915, C. CARRÀ, in ne dannosa, una lettura romana del fenomeno proprio il luogo nel quale il pensiero formale si
Dopo il tramonto, 1927 Rossi”. rende manifesto, è quindi il luogo esclusivo
24
Ibidem. 30
F. PURINI in AA.VV., 1968-1988 Vent’anni di della sua esistenza… bisogno che è allora,
25
Riguardo le opere grafico-pittoriche di M. architettura disegnata, op. cit., p. nell’ordine, pensiero, comunicazione, memo-
Scolari, G. Contessi afferma che “il discorso 31
“Più disegnatore, Arduino Cantafora non ria … Il simulacro di un edificio futuro è infatti,
vale anche per A. Cantafora e per A. Rossi, teme di dichiarare che disegno analitico e contemporaneamente un’assenza e una pre-
maestro diretto o indiretto per entrambi … il scientifico in architettura è non solo il tracciato senza. È un’assenza perché testimonia della
retroterra, il gusto, le frequentazioni culturali di esatto – geometricamente esatto – che la gra- lontananza e della diversità, dell’oggetto reale
questi architetti-pittori (o disegnatori) sono fite e il pennino descrivono sulla superficie del di cui è proiezione virtuale, è una presenza
legati alla tradizione, ottocentesca o novecen- foglio, ma anche la capacità narrativa che perché esso stesso è un oggetto reale che rin-
tesca, ed escludono contatti con l’iconografia esso ha di comunicare il pathos dei luoghi che via a se stesso”, in F. PURINI, Una lezione sul
delle avanguardie astrattiste, ovvero costrutti- viene configurando. E, estensione non discipli- disegno, Gangemi, Roma 1996, p.
viste”, in G. CONTESSI, Dalla rappresentazione nare del disegno di architettura sono le pagine 36
M. Docci afferma che “la sapienza di Purini
alla formazione, in AA.VV., 1968-1988 scritte dall’architetto, ancora una volta in fun- nel creare queste composizioni ha raggiunto
Vent’anni di architettura disegnata, op. cit., p. zione della possibile definizione terminale del livelli qualitativi pari a quelli che si raggiunge-
43. luogo designato, che si produrrà in luogo vano in altre epoche, il suo modo di curare il
26
Nella definizione di De Fusco, essa “include costruito, e, forse, abitato o almeno osserva- tratto può essere assimilato al modo in cui un
anzitutto quella puramente disegnata, per vo- to…. la posizione di Cantafora è singolare, artigiano lavorava il legno o un incisore il
cazione degli autori oppure che, per il concor- perché contemporaneamente molto esterna e rame, i suoi recenti disegni rimandano con il
so di varie circostanze, è destinata a rimanere molto interna alla disciplina. Questo artista agi- pensiero a Piranesi”, in F. PURINI, Una parete
allo stato di progetto. Si tratta evidentemente sce da pittore ma pensa da architetto: Ed è per disegnare, in “Disegnare, idee, immagini”,

46
DALLA CRITICA DEL MODERNO ALL’HIGH TECH

Roma 1992, p. M. Martini, G. Milani, F. Montuori, P. Nicolosi, 1944- 1985, op. cit.
37
Portoghesi, si è fatto promotore di questo G. Patrizi, F. Pierluisi, C. Placidi. 55
Il disegno per Giancarlo Rosa è sempre deci-
movimento attraverso la pubblicazione dei 43
M. TAFURI, Storia dell’architettura italiana samente rigoroso e lineare, arricchito dalle te-
testi “Dopo l’architettura moderna”, 1944-1985, Einaudi, Torino 1988, p. xtures dei materiali e delle ombreggiature, rea-
“Postmodern”, e della rivista “Eupalino”, sulle 44
“Lo strumento prospettico, recuperato e rin- lizzate con fitti tratteggi, anche sovrapposti,
cui pagine, dal 1984 al 1987, trovano spazio i novato attraverso il disegno e la pittura, diven- che rivelano le profondità dell’architettura;
raffinatissimi disegni, anche ben riprodotti, dei ta la base per un ripensamento della eredità piante, sezioni, e prospetti sono relazionate tra
vari Passi, Cantafora, Cellini, D’Amato, architettonica occidentale, una messa a con- loro, in modo da avere una visuale complessi-
Anselmi, Semerani, Dardi, Priori, Portoghesi, fronto di quanto rimane valido della lezione del va dell’oggetto architettonico. Nel cimitero di
Purini e Thermes, Quaroni, Eroli. movimento moderno e di quanto, nella nozio- Voltabarozzo a Padova del 1982-’83, il proget-
38
“Ribadita l’autonomia ed il senso di gioia tra- ne di classicismo, rimane patrimonio comune to si fonda su un’impostazione rigorosamente
smesso dalle scene colorate e disinibite, esse e inalienabile della nostra civiltà”, in P. geometrica, anche complessa, che partendo
presentano più di uno spunto utilizzato poi in PORTOGHESI, Postmodern, Electa, Milano dalle citazioni evidenti del Danteum di Terragni
architettura; il gusto dei forti chiaroscuri, otte- 1982. e della cappella nel bosco di Asplund, trova nel
nuti con macchie d’inchiostro apparentemente 45
Vedi P. PORTOGHESI , Dopo l’architettura tracciato regolatore, e nelle rotazioni degli ele-
casuali, si ritrova nell’ombra dei colonnati e moderna, Laterza, Bari 1994. menti principali (la cappella coperta a cupola,
delle teorie dei pilastri; la decisione di traccia- 46
G. MOSCHINI, Il disegno tra utopia e teoria: le ruotata rispetto all’involucro prismatico, ed il
re linee ed angoli, benché nell’imprecisione linee portanti della ricerca in AA.VV., 1968- sistema degli accessi) una logica oltreché for-
della tecnica a mano libera, anticipa i tagli netti 1988 Vent’anni di architettura disegnata, in male e figurativa, anche funzionale e distribu-
nell’elementare volumetria delle architetture; “XY, Dimensioni del disegno”, Cedis, n.10, tiva.
perfino quella insistenza in alcuni disegni sui Roma 1989, p. 34. 56
Come afferma G. Rosa in Realtà, disegno,
brevi tratti lineari che si affollano e si incrocia- 47
Da P. EROLI, Racconti di Architettura progetti forma Architetture di Alfredo Lambertucci,
no preannunziano strutture metalliche e trava- e pitture dal 1981 al 1984, Kappa, Roma 1985, Kappa, Roma 1983, p.
ture reticolari. Insomma le immagini pittoriche p. 57
DOVE
preludono e talvolta addirittura prevalgono sui 48
M. TAFURI, Storia dell’architettura italiana 58
Come avviene nel progetto, già citato,
segni della conformazione architettonica” 1944-1985, op. cit., p. dell’Università della Calabria del 1973, in M.
come afferma R. DE FUSCO, in Storia dell’ar- 49
“Non stupisce che Anselmi faccia ricorso TAFURI, Vittorio Gregotti Progetti e architetture,
chitettura contemporanea, Laterza, Roma quasi esclusivamente al disegno prospettico Electa, Milano 1982.
1996, quinta edizione, p. per rappresentare i suoi progetti e che solo in 59
“mirano a cogliere solo le linee di demarca-
39
R. DE FUSCO, Storia dell'architettura contem- via del tutto eccezionale faccia appello all’as- zione dei problemi che interrogano: ai mede-
poranea, op. cit., p. sonometria, a qualcosa che presuppone che simi limiti aderiscono i progetti. Gli schizzi, a
40
Grassi afferma che “essi sono di proposito l’occhio dello spettatore sia portato all’infinito, volte gomitoli di fili tracciati senza staccare la
un surrogato banale dell’architettura che prefi- cioè ‘non situato”, Ibidem. penna dal foglio, sono sintetici quanto la scrit-
gurano…si tratta per così dire di tavole stan- 50
L’esuberanza figurativa ricorre come segno tura e dichiarano ancor più esplicitamente
dard: in cui la tecnica di rappresentazione e distintivo nelle sue prove grafiche, come affer- un’inclinazione aforistica. E ancor più della
anche – nel caso delle vedute prospettiche – i ma C. Conforti, “non si tratta di assecondare scrittura lo schizzo agisce selettivamente:
tagli, le angolazioni e i punti di vista sono quasi con una grafica mirabolante compiacimenti sepa-ra un ordine, individua le gerarchie da
sempre gli stessi in modo che si stabilisca una decorativi e ridondanze simboliche. Attraverso cui il progetto prende le mosse... lo studio
relazione e un confronto anche tra diversi, i progetti e i disegni che li illustrano, Anselmi dell’Architettura e il progetto sono per Venezia
successivi progetti. Per questo tipo di disegni, intende rappresentare la molteplicità e l’unità esercizi eminentemente selettivi”, in F.
che faccio ormai sempre uguali da una decina inestricabile della realtà ... egli ha elaborato VENEZIA, Francesco Venezia - l’architettura, gli
di anni, ho cercato più che altro di mettere uno ‘stile’ che è grafico, compositivo e cultura- scritti, la critica, Electa, Milano 1998, p.
appunto una tecnica di rappresentazione sem- le insieme, che corrisponde alla sua epistemo- 60
A. BELLUZZI C. CONFORTI, Architettura Italiana
plice ed efficace, tale da poter essere applica- logia, dove coesistono e si incontrano livelli 1944-1994, Laterza, Roma 1994, p.
ta da chiunque; in questo caso l’uso dei colori, figurativi alti e bassi – dalla scultura classica al 61
“Canella coltiva dalla metà degli anni Ottanta
le partiture, le diverse tonalità e trasparenze geroglifico, al fumetto – estratti dagli ambiti più anche un versante compositivo mercuriale e
sono in funzione di quell’illusionismo nella rap- eterogenei. I procedimenti grafici e progettuali bizzarro, che si rivela nelle volumetrie turgide,
presentazione: specificatamente nel senso di di Anselmi rinviano frequentemente alle tecni- quasi caricaturali, del progetto per il centro
riprodurre l’apparenza della materia, quasi la che figurative e di montaggio cinematografi- polifunzionale di Fidenza (1986) e nella fanta-
traccia dell’esecuzione, di prevedere l’effetto co”, in C. CONFORTI e J. LUCAN, Alessandro siosa ristrutturazione del palazzetto milanese
dei materiali diversi, della loro applicazione e Anselmi architetto, Milano 1998. di via Palla (1985); esso trova la versione più
così via”, in G. CRESPI e S. PIERINI (a cura di), 51
P. PORTOGHESI , I grandi architetti del lirica nella scagliosa e tumultuante figurazione
Giorgio Grassi - I progetti, le opere, gli scritti, Novecento, Newton & Compton, Roma 1994. del Padiglione Italia (1988) per la Biennale di
Electa, Milano 1996, p. 52
J.-L. COHEN, Dodici progetti per il Padiglione Venezia”, Ibidem.
41
Ibidem, p. Italia alla Biennale di Venezia, in “Casabella”, 62
M. TAFURI, Storia dell’architettura italiana
42
Cfr. G.R.A.U., isti mirant stella - Architetture n. 551, Milano 1988. 1944-1985, op. cit., p.
1964-1980, Kappa, Roma 1981; i partecipanti 53
F. CELLINI, Una strada, in “Disegnare, idee, 63
L. PELLEGRIN, Alle porte dell’Architettura,
del gruppo sono, oltre Anselmi ed Eroli, G. immagini”, n. 8, Roma 1994. Rotoeffe, Roma 1992.
Colucci, A. di Noto, F. Genovese, R. Mariotti, 54
M. TAFURI, Storia dell’architettura italiana 64
F. MOSCHINI (a cura di), Campus scolastico a

47
DALLA CRITICA DEL MODERNO ALL’HIGH TECH

Pesaro, Carlo Aymonino, Kappa, Roma 1980. Carlo Mezzetti, itinerario di un architetto d’og- 1997.
65
Architectural Monographs, n. 45, Academy gi, Kappa, Roma 1979, p. 87
Vedi T. MALDONADO, Reale e Virtuale, op. cit.;
Edition, Londra 1996. 80
In C. MEZZETTI, Disegni di dettaglio di archi- Il futuro della modernità, Feltrinelli, Milano
66
P. tettura, Kappa, Roma 1995, questa grande 1987; Critica della Ragione informatica,
67
P. PORTOGHESI, I grandi architetti del passione per il dettaglio costruttivo si esprime Feltrinelli, Milano 1997.
Novecento, Newton & Compton, Roma 1998. a piena forza, nella vivacità dei colori delle bel- 88
Cfr. L. PRESTINENZA PUGLISI,
68
A. NATALINI, Sul disegno, in “Disegnare, idee lissime otto tavole, in cui “Il dettaglio non può HyperArchitecture, Spazi nell’età dell’elettroni-
e immagini”, n. 13, Roma 1996. non essere concepito al di fuori di un continuo ca, op. cit.
69
“La sua è un’idea espressa al pennello, tante sensibile confronto con il generale, integran- 89
R. MONTENEGRO, Il segno di una cosa, in
volte adoperato quando era da Giorgio De dolo conseguentemente con l’insieme globale “Archimedia” n. 4, op. cit., p.
Chirico, assistente nell’atelier dell’artista, che dell’opera architettonica, in una dimensione in 90
P.
ha continuato ad utilizzare nei suoi studi d’ar- cui esso stesso diventa strumento principale
91
R. MONTENEGRO, “Io e il computer” intervista
chitettura di Roma, Parigi, Salisburgo, in del fare architettura”. con Paolo Portoghesi, in “Microcomputer” n.
maniera dirompente e dissonante, sempre 81
Cfr. L. PRESTINENZA PUGLISI , 169, Roma 1997, p.
teso a far affiorare nuove idee, a se stesso e HyperArchitecture, Spazi nell’età dell’elettroni-
92
C. CONFORTI, J. LUCAN, Alessandro Anselmi
ai suoi collaboratori. Questo nobile sfogo cro- ca, Testo & Immagine, Torino 1998. architetto, Electa, Milano 1999.
matico è, per sua natura, ricco di errori nella 82
E. Guglielmi, stabilendo una prima distinzio-
93
P.
descrizione di un’idea e tale imprecisione ini- ne tra Computer Graphic e Disegno Elettroni-
94
L’informazione può essere distinta in quattro
ziale, è un bene prezioso, perché lascia intra- co, a riguardo, afferma che “I pionieri del categorie: “le informazioni presenti nella
vedere quello che non c’è, contribuendo a Disegno Elettronico avevano tentato di defini- mente del progettista, che influenzano in par-
creare un’atmosfera di piacevole collaborazio- re negli anni Settanta una nuova e più signifi- tenza il disegno; le informazioni provenienti
ne”, in R. LENCI, Massimiliano Fuksas Oscil- cativa relazione tra rappresentazione e proget- dall’esterno, ossia i riferimenti formali esterni;
lazioni e sconfinamenti, Testo & Immagine, To- tazione cercando d’individuare un processo informazioni generatesi durante il processo di
rino 1996. decisionale più complesso che fosse in grado progettazione e costruzione; le informazioni
70
P. Goulet, Fuksas, Carte Segrete, Roma di sfruttare le enormi possibilità di analisi e di che vengono alla luce nel corso della vita di un
1992. confronto dei dati che l’elaborazione automati- edificio”, in G. SCHMITT, Information Archite-
71
G. VALLE, Edifici per uffici alla Défence a ca offriva”, in E. GUGLIELMI, Computer Grafica cture, Testo & Immagine, Torino 1998, p.
Parigi, in “Casabella”, n. 519, Arnoldo o Disegno Elettronico?, in “Archimedia” n. 4,
95
Come afferma G. Fano “È pur vero, tuttavia,
Mondadori, Milano 1985. Roma 1994, p. che il mondo della rappresentazione semiolo-
72
M. CARMASSI, Massimo Carmassi, 83
P. gica si sta’ velocemente orientando verso le
Architettura della semplicità, Electa, Milano 84
“In questo processo gli strumenti di simula- immagini di sintesi. Si trasforma così anche il
1992, p. zione e di animazione assumono un’importan- progetto architettonico, per la cui presentazio-
73
Ibidem. za straordinaria se ben guidati, non foss’altro ne si diffondono sempre più i diversi supporti
74
Ridolfi, come racconta lo stesso Guerri, in per la pluralità di rappresentazioni che con- digitali... È possibile esplorare il progetto e
una visita alla casa Frittelli, gli disse che “era sentono e per la riduzione dei tempi di elabo- ricevere informazioni da esso e su di esso al
troppo complicato, addirittura più di lui stesso”. razione.. Ma l’immagine virtuale, animata o solo tocco di zone sensibili sullo schermo”, in
Come afferma Rosa, “Ridolfi è un riferimento meno, è sempre una semplificazione, una G. FANO, Dal progetto cad al “visual project”, in
sicuro per Danilo Guerri, lo attesta lo stile del riduzione, certo più asettica del disegno “Archimedia” n. 4, op. cit., p.
disegno a mano libera, il modo di vederne il manuale, dell’impatto coinvolgente del
96
C. AYMONINO, Per la riqualificazione del
Lungomare di Catanzaro lido, in “Archimedia”
mestiere, la pratica costruttiva, ma sbagliereb- reale...un eccesso di semplificazione anche se
n. 4, op. cit., p.
be chi non riuscisse a scorgerne in-sieme l’in- ad alta definizione tecnologica può essere 97
In Internet è possibile visitare diversi siti che
dubbia autonomia”, Ibidem. letale per il progetto”, in P. COPPOLA PIGNATELLI,
riguardano l’architettura, ed in particolare quel-
75
Come si afferma in M. CASCIATO e G. Necessità e rischi della multimedialità nel pro-
la italiana, facendo una semplice interrogazio-
MURATORE, Annali dell’architettura Italiana con- getto architettonico, in “Archimedia” n. 1, Mge
ne nei motori di ricerca più aggiornati, come
temporanea, Officina, Roma 1985, in riferi- Communication, Roma 1994.
www.Arianna.it.
mento ai disegni per la banca di D. Guerri, “si 85
F. PURINI, Una lezione sul disegno, op. cit. 98
P.C. PIGNATELLI, Multimedialità per la didatti-
assiste alla ricomposizione ed alla sintesi di un 86
“Come in passato la diffusione del tecnigrafo,
ca, in “Microcomputer” n. 172, Roma 1997.
metodo di progettazione e di un lessico assai con la facilità di tracciare angoli multipli di 15 99
“I modelli informatici sono in grado di coprire,
specifici, fortemente influenzati dal vocabola- gradi, ha influenzato senz’altro la progettazio- in un unico sistema di rappresentazione, la
rio architettonico di Mario Ridolfi”. ne... così allo stato attuale, la velocità con cui totalità dell’arco delle modellazioni possibili: da
76
F. IRACE, Quasi un autodafè, in AA.VV., 1968- il computer consente rotazioni nel piano e un lato, di fornire le medesime prestazioni dei
1988 Vent’anni di architettura disegnata, op. nello spazio di intere porzioni di progetto, sicu- classici modelli iconici, dall’altro di quelli non
cit., p. 57. ramente favorisce lo sviluppo della tendenza iconici (modelli diagrammatici e matematici).
77
U. RIVA, Umberto Riva, Gustavo Gili S.A., decostruttivista in architettura, mentre i pro- Detto altrimenti, i plastici informatici si presen-
Barcellona 1993. grammi di morphing stanno portando visibili tano come la grande sintesi dei più svariati tipi
78
M. TARSETTI e M. TURCHI (a cura di), Umberto conseguenze sulla forma arrotondata, conti- di modellazione finora praticati”, in T.
Riva, Sistemazioni urbane, Officina, Roma nua, fluida”, in P. MARTEGANI, Progettare con i MALDONADO, Reale e virtuale, op. cit.
1993. maestri: Ronchamp virtuale, in 100
Sull’argomento della Cybernetica, cfr. T.
79
In F. MARIANO, G. MILELLI, Progetto e Disegno. “Microcomputer” n. 170, Tecnimedia, Roma

48
DALLA CRITICA DEL MODERNO ALL’HIGH TECH

MALDONADO, Reale e virtuale, op. cit. ter aiuta a disegnare figure complesse, il che
101
Come afferma Coppola Pignatelli, “Il nuovo non significa ottenere qualche geometria
strumento facilita all’architetto l’ispezione e la decostruttiva digitando banalmente rotate e
verifica dell’idea-immagine visualizzando sul stretch. Infatti lui evita deliberatamente l’uso di
monitor lo spazio in via di progettazione, muo- software per la progettazione architettonica,
vendocisi all’interno, controllandone la lumino- mentre predilige programmi per il disegno, la
sità e le sequenze, verificando attraverso i grafica e l’illustrazione”, in M. Lupano, (a cura
modelli matematici la performatività degli spazi di), Italo Rota, Il teatro dell’architettura, Motta
e dei movimenti”, in P. COPPOLA PIGNATELLI, architettura, Milano 1997.
Comunicare l’architettura da Pico della 110
“In questo senso l’uso del computer diventa
Mirandola al Window, in “Ipervisibile l’urbani- un elemento basilare sia nella fase ideativa
stica e i territori della virtualità”, Dedalo, Roma per la contemporaneità con cui riesce a svi-
1995, in occasione del convegno svoltosi nel luppare più opzioni diverse, sia nella comples-
1994 a Firenze. sa fase di gestione di un progetto fino alla sua
102
Per il progetto dell’alta velocità, in costruzione. Questo strumento ad esempio
“Archimedia” n. 4, op. cit.; per le centrali della offre la possibilità di scandire i tempi e i modi
Telecom, cfr. il cd-rom “Archimedia” n. 1, della difficile dialettica che coinvolge la com-
Roma 1995. mittenza, impresa e progettista”, in R.
103
Cfr. “Archimedia” n. 3 del 1994 e n. 1 del Montenegro, L’architettura tra contaminazione
1994, op. cit. e multimedialità intervista a Massimiliano
104
R. MONTENEGRO, Architettura in Internet: è il Fuksas, in “Archimedia” n. 3, Roma 1994.
tempo del WRML, in “Microcomputer” n. 175,
Roma 1997.
105
E. FANTACONE, Modelli decisionali e compati-
bilità ambientale, in “Archimedia” n. 3, op. cit.
106
L. GRAZIANO, Analisi di una proposta per il
porto di Venezia, Ibidem.
107
E. COLABELLA, Logica e progetto il software
“basilica”, in “Archimedia” n. 4, op. cit.
108
Piano afferma che, “concettualmente, le ali
rappresentano la parte superiore di un anello
di sedicimilaottocento metri, con il raggio incli-
nato di sessantotto gradi rispetto l’orizzonte,
che passa attraverso la terra ed emerge sull’i-
sola”. Questo progetto rappresenta bene la
dimensione sovrascalare delle opere di Piano,
che difficilmente possono essere disegnate
con i normali strumenti tradizionali, mentre al
computer, avendo un ambiente grafico con
una piena libertà di scala, possono essere
disegnate in chilometri, come in millimetri, con
la stessa precisione.
109
“Dalla sequenza dei disegni progettuali salta
agli occhi il forte carattere illustrativo ... Ne
risultano: vedute prospettiche animate e colo-
ratissime, immagini simbolo delle idee proget-
tuali; esplosi assonometrici che descrivono il
funzionamento del progetto come le istruzioni
di un kit di montaggio; sezioni che sembrano lo
spaccato di una casa delle bambole. Questi
espedienti smitizzano la specificità del disegno
architettonico e persuadono che anche per
l’architettura è possibile una comunicazione
larga, diretta e colloquiale, e nello stesso
tempo ricca, colta e problematica ... (Rota) si
avvantaggia dei nuovi strumenti offerti dalla
tecnologia elettronica. Usa il computer come
un utensile domestico, come il ‘robot positroni-
co’ descritto da Isaac Asimov. Certo il compu-

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DALLA CRITICA DEL MODERNO ALL’HIGH TECH

Bibliogra fia Arnoldo Mondadori, Milano 1982 Roma 1996


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