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Arte a Firenze 1970-2015 Una città in

prospettiva
Lo spazio Zona e la scena internazionale degli arti st-run spaces: l’orizzontalità nella gesti one
dell’arte e l’archiviazione dell’effi mero (1974-1985)

Lo spazio Zona nasce a Firenze nel dicembre del 1974 in via San Niccolò 119r; “triangolo
urbano”, i cui vertici sono art/tapes/22, aperto l’anno prima da Maria Gloria Bicocchi in via
Ricasoli 22, e la Galleria Schema, attiva già da due anni al primo piano di via della Vigna
Nuova 17  All’interno di questo triangolo Alessandra Pandolfini e Ferruccio Marchi
aprono nel 1970 la libreria del Centro Di

--- > in assenza nel capoluogo toscano di un mercato di riferimento e di un collezionismo


forte, queste tappe consentono alla comunità di giovani artisti attivi a Firenze di fruire della
vitalità di quegli anni  nasce uno spazio autogestito: CENTRO AQUILONE
si apre nel 1967; Il suo obiettivo è quello di coniugare la sperimentazione plastica con le
nuove tecnologie, inaugurando il proprio spazio il 25 giugno 1968 con un’esposizione del
Gruppo Plus di Gand, e realizzando «come proprie edizioni: una cartella di 8 serigrafie ed
il Multibox, entrambi con interventi critici di Achille Bonito Oliva»  questi presenta
nell’estate del 1969 all’Isola d’Elba l’esposizione Latitudine/Longitudine da Firenze,
accompagnata dalla computer music di Pietro Grossi

l’idea di arte propria del gruppo non guardava «tanto alla finitezza certa dell’oggetto creato
ma alla processualità formativa posta in essere dall’artista», in nome di un’«ideologia del
fare» finalizzata a trasgredire «la situazione di insularità culturale, in cui si trova ad
operare la città di Firenze, una città che vive in una situazione di congelamento e di
coniugazione al passato remoto»

l’esigenza di sviluppare nel capoluogo toscano «una dialettica culturale interdisciplinare»,


in grado di relazionarsi con l’ambiente sperimentale nazionale e internazionale è la
premessa per la nascita del collettivo Zona  firmatario di una lettera, datata 30
settembre 1975, indirizzata alle istituzioni, accusate di limitare l’educazione e
l’informazione artistica «a posizioni superate e a situazioni di comodo o di connivenza col
mercato e con i personalismi clientelari»
ZONA = come “zona” alternativa al conformismo culturale delle strutture pubbliche
fiorentine, da un’idea avuta, durante il viaggio di ritorno da Art Basel nel 1974, da Mario
Mariotti, Paolo Masi e Maurizio Nannucci (et al.)
Paolo Masi tornava da New York, città di riferimento già per il Centro Ricerche Estetiche F
Uno, che aveva pubblicato nel 1968 un resoconto dettagliato delle iniziative
dell’organizzazione internazionale EAT (Experiments in Art and Technology)
sul modello del movimento Artists and Writers Protest, nato nel 1965, erano sorti, a cavallo
tra gli anni Sessanta e Settanta, numerosi gruppi di contestazione, ispirati anche alle
teorie di Marshall McLuhan esposte nel 1964 in Understanding Media: The
Extension of Man  il sociologo canadese riflette sul ruolo del medium come
“grammatica”, descrivendone la capacità di incidere silenziosamente, al di là del contenuto
veicolato, nel vivo del sociale  ZONA nasce nel quadro politico della prima metà degli
anni Settanta, come critica alle “grammatiche” istituzionalizzate di produzione e fruizione
del sistema dell’arte, proponendosi come alternativa marginale al circuito ufficiale,
pubblico e privato, degli spazi artistici

Il 4 luglio 1977 Maurizio Nannucci e Fulvio Salvadori presentano il progetto Concorsi


a premi nella rassegna Monografie, a cura di Mario Mariotti, ospitata a
Zona tra il maggio e il settembre del 1977
al centro della questione è la “grammatica” implicita nell’invito ai concorsi provinciali a
premi = metafora di un consumo e di una visione dell’arte volgarizzata perché vittima di un
filtro semplicistico, ostile all’avanguardia cittadina
il sistema dell’arte è suddiviso per i due artisti in zone di consumo, dislocate secondo un
criterio geografico, dal paese alla città, e speculari alla stratificazione del sistema sociale,
una piramide in cui più si scende e più aumentano il controllo ideologico e istituzionale,
circuito di un mercato provinciale dell’arte dominato dagli «attestati di merito» o, appunto,
dai «concorsi a premi»
Il collettivo Zona offre un’alternativa a tali «modalità di apparizione e di presentazione delle
operazioni artistiche», aprendo a Firenze uno spazio volto a contrastare non solo le
grammatiche del sistema artistico provinciale, ma anche quelle delle grandi manifestazioni
d’arte internazionali, «zone» di produzione e consumo borghese dell’arte  «necessità di
interpretare il lavoro dell’artista in maniera diversa», non più come mero produttore, ma
come operatore attivo in «un sistema più agevole per una diffusione più larga delle idee»,
libero «dalla schiavitù del sistema mercantilistico»

si costituisce a Firenze una “zona”, come la battezza Mariotti; o, citando il pieghevole edito
in occasione della mostra Internationale Situationniste del gennaio-febbraio 1977 curata
da Maurizio Nannucci a vent’anni dalla fondazione dell’I.S. (che vede anche l’inattesa
presenza di Guy Debord all’inaugurazione), una “situazione” in cui ciascuno partecipa alle
decisioni collettive del gruppo
 uno «spazio per agire», auto-amministrato e no profit, contrapposto al sistema
commerciale dell’arte fondato su logiche concorrenziali fra gli artisti, e teso invece a
«Il lavoro artistico può esercitare una
rispondere all’interrogativo:
qualche funzione nella formazione della coscienza di classe?»
vige un’organizzazione sostenibile delle risorse, per cui ciascuno contribuisce in una logica
di avanzamento del progetto comune: i fondatori in modo diretto, coprendo le spese dello
spazio; la comunità attraverso il proprio lavoro, come, ad esempio, i fotografi Gianni
Melotti e Luciana Majoni che documentano, alternandosi nella seconda metà degli anni
Settanta, l’attività del collettivo
Zona è simile, in qualche modo, al quartiere che la ospita, San Niccolò, dalla forte
fisionomia popolare  il collettivo condivide infatti con il suo quartiere alcuni aspetti, quali
«marginalità, aggregazionismo politico e desiderio di collettivizzazione delle esperienze»
Il «senso del noi» e del vivere insieme – «che era veramente un vivere insieme», ricorda
Paolo Masi – sono vissuti in una logica di cooperazione e di incoraggiamento reciproci;
secondo una visione dell’altro molto precisa, in una prospettiva di democratizzazione del
sistema dell’arte e degli approcci estetici, che rinuncia alla pura autopromozione in nome
di un’esperienza corale. Il collettivo Zona, che sin dalla sua fondazione nel 1974 svolge
un’attività editoriale “autoprodotta” e auto-sovvenzionata, diventa un anno dopo
anche uno spazio espositivo, attuando così uno spostamento di campo d’intervento dalla
pagina allo spazio architettonico

Racconta un articolo di «Flash Art» uscito in occasione della rassegna Per Conoscenza
organizzata a Zona nel 1975: «È una piccola stanza bianca + una macchina per
stampare» (tav. ii). Visibile dalla strada, in fondo alla prima stanza rettangolare, una
macchina Offset modello Roto 61229 indica, infatti, una delle finalità dello spazio: quella di
riprodurre pagine e documenti che informino sulla ricerca artistica, così
garantendone la diffusione, l’aggiornamento e una facile accessibilità al pubblico.
«Ogni artista può occupare lo spazio come meglio crede e stampare un foglio che viene
distribuito ai presenti. Alla fine del ciclo, il cui titolo è Per Conoscenza, verrà pubblicato un
libro con tutti gli interventi». Questa rassegna, svoltasi dal 5 maggio al 14 luglio 1975 – sul
cui modello vengono poi curate altre due manifestazioni –, inaugura l’attività espositiva
dello spazio: si susseguono trentacinque serate (il lunedì, il mercoledì e il venerdì),
ciascuna dedicata a uno o, al massimo, tre artisti, per documentare e informare «sulle
ricerche visive di operatori attivi a Firenze»; oltre ai fondatori, espongono anche Lapo
Binazzi e gli Ufo, Adolfo Natalini, Ketty La Rocca, Renato Ranaldi, Verita Monselles,
Lanfranco Baldi e Pier Luigi Tazzi
Il 9 giugno 1975 Bill Viola – a Firenze come collaboratore di Maria Gloria Bicocchi ad art/
tapes/22 – è invitato dal collettivo a partecipare con la video installazione Il Vapore 
durante la rassegna, l’intervento di Paolo Masi e Roberto Marchiori (4 luglio 1975),
intitolato Rilevamenti, misure, appropriazione dello spazio fisico di Zona, dimostra come
alla dimensione dell’informazione sull’arte veicolata dalla carta si unisca la problematica
circa la sua esposizione in un luogo connotato da una specifica morfologia
Le fotografie di Roberto Marchiori documentano ogni dettaglio architettonico e ogni
elemento dello spazio Zona, sia internamente che esternamente  commento fotografico
al testo che, a firma di entrambi gli artisti, descrive i locali misurandone e rilevandone tutte
le componenti  Un intervento che dimostra un’attenzione al problema del doversi
confrontare con un «layout» spaziale definito – come dichiarerà, in seguito, anche
Maurizio Nannucci–, trattandosi di un ambiente caratterizzato da una precisa
configurazione: due stanze, di cui una più stretta; due locali con i servizi; una cantina; e un
«esempio di vetrina-sporto da barberia o latteria periodo 1920/1930» affacciata su via San
Niccolò
Tra il maggio e il settembre del 1977 Mario Mariotti cura una seconda rassegna,
Monografie, che propone ventotto eventi distribuiti in dieci settimane, con interventi singoli
e di gruppo, documentati da Carlo Bertocci con una particolare attenzione al modo in cui
«lo spazio è stato guardato, osservato, visto, indagato, registrato, rilevato, analizzato,
studiato, agito e calpestato»  Come luogo espositivo, Zona deve valutare i problemi
correlati alla sua caratteristica morfologica: l’inclinazione del pavimento dovuta alla
«variazione funzionale che lo spazio ha subito da autorimessa a zona dell’arte». Il
problema espositivo, connesso a questa peculiarità del pavimento inclinato, accomuna lo
spazio di via San Niccolò a quello del Guggenheim Museum di New York –

condividendo con essa la scelta di esporre le opere secondo l’asse «privilegiato della
lettura visiva», quello orizzontale, così contraddicendo però la volontà del collettivo di
trasgredire le convenzioni espositive degli spazi tradizionali dell’arte, quali musei e gallerie
 per ovviare a tale rischio, Zona privilegia «la documentazione come scambio reciproco
e l’informazione come momento di dibattito e di discussione», attribuendo alle due
rassegne Per Conoscenza e Monografie una dimensione di spontaneità estranea a
programmazioni
Gli artisti di Zona, avendo fondato uno spazio alternativo alle istituzioni ufficiali connotate
dalla dimensione espositiva della mostra nella continuità del tempo, interpretano la durata
come un sintomo di «feticizzazione del prodotto artistico»
 rispondono alla contraddizione interna del dover intervenire in un definito contenitore
murario attraverso «l’esposizione del singolo ridotta nel tempo: un singolo artista è,
infatti, invitato ad appropriarsi degli spazi di via san Niccolò nel corso di una sola
serata o poco più  l’allestimento diventa momentaneo più che temporaneo,
coerentemente con la politica dello spazio, le cui caratteristiche devono rispettare i tempi
ridotti di circolazione dell’informazione
A conclusione di entrambe le rassegne emerge, inoltre, il carattere auto-gestionale di
Zona, che dispone, per ovviare ai problemi economici che «hanno spesso minacciato la
sopravvivenza stessa dello spazio […] fuori da interessi privati ed economici», due
vendite al pubblico di multipli e piccole opere degli artisti partecipanti:
il Mercatino di Zona del 20, 22 e 24 ottobre 1975, in cui è «esposta la raccolta in volume
dei fogli stampati a Zona in occasione di Per Conoscenza»;
Il mercato reciproco (mille/diecimila), organizzato l’ultima settimana di settembre del 1977
a chiusura di Monografie, che propone opere il cui prezzo varia dalle mille alle diecimila
lire

-chiusura, nel 1968, di La Cedille qui sourit a Villefranche Robert Filliou annuncia la
nascita del progetto The Eternal Network: desiderio utopico di generare una comunità
internazionale di artisti costantemente connessa, che guardi al sistema delle
comunicazioni di massa, non tanto per il «semplice uso dei mezzi di registrazione da parte
degli artisti», quanto per la «rete di comunicazione» a cui potersi ispirare  nascita, tra la
fine degli anni Sessanta e l’inizio dei Settanta, di numerosi gruppi di operatori, che
costituiscono, insieme a Zona, un «circuito dell’informazione» in opposizione a quello
mercantilistico e istituzionale
Questi collettivi sono tra loro in comunicazione grazie a «un mezzo povero»  la posta,
uno strumento «per dare un’informazione corretta e veloce» sulle proprie ricerche
Racconta Maurizio Nannucci a Fulvio Salvadori nella già citata intervista del 1979: «Si
spedivano degli originali di cui non si richiedeva la restituzione. […] Il fatto di spedire
lavori era naturalmente anche una maniera di collegarsi. Automaticamente si creava
una catena: chi riceveva si metteva in contatto, usava il tuo indirizzo facendolo circolare»
 cartografie di catene postali internazionali, in cui il mezzo determina una trasformazione
nel modo di lavorare degli artisti: «la riduzione degli elementi, una sempre maggiore
semplificazione, una decantazione fino alla essenzialità»  critica istituzionale propria di
queste realtà alternative, i cui lavori intervengono «in maniera ridotta nello spazio»,
incrementando la «frattura tra una struttura ufficiale e un nuovo modo di concepire il lavoro
artistico»
Si costituisce una comunità internazionale di artisti, fondata su valori quali la
solidarietà, lo scambio di idee e la cooperazione in nome di un obiettivo condiviso:
quello di utilizzare le scarse risorse disponibili per raggiungere obiettivi comuni
l’appartenenza a un artist-run space presuppone dei concreti benefici in termini di visibilità
e informazione sul proprio  in tale logica di economia delle risorse, vige la regola del
reciproco scambio su diversi piani, quali la spedizione postale di materiali informativi sulle
proprie attività, la pubblicazione di libri d’artista e multipli, l’esposizione, e dunque l’invito a
esporre nei rispettivi spazi
In una dimensione come quella fiorentina, piuttosto localista, la presenza di Zona
all’interno di questo circuito internazionale di contatti offre una possibilità di
evasione ai suoi artisti, facendoli partecipare a situazioni «che avvenivano in
località lontane»  come in occasione di Zona Artists’ Film, un ciclo di film d’artista
curato da Andrea Granchi e Maurizio Nannucci nell’aprile del 1976, che vede la
partecipazione di alcune delle più importanti figure della scena artistica contemporanea,
quali Joseph Beuys, Gordon Matta-Clark, Walter De Maria, Dan Graham, Vito Acconci,
John Baldessari, Bruce Nauman, Lawrence Weiner e James Lee Byars (quest’ultimo già
presente l’anno prima con le sue performances)

Nannucci organizza, inoltre, due eventi in cui invita realtà a loro volta geograficamente
isolate, ma progettualmente affini:
 il primo, nel dicembre del 1979, è una mostra del collettivo della Gallery Sudurgata
7 – che due mesi prima aveva ospitato il suo lavoro –, aperta nell’aprile del 1977 a
Reykjavík e impegnata nella pubblicazione di libri d’artista e della rivista «Svart á
Hvítu»57
 tra il maggio e il luglio del 1983 Judith Blackall è invece invitata a organizzare una
mostra di aggiornamento sulle ricerche sperimentali nate in Australia, ancora «an
isolated continent» nel panorama artistico internazionale, riunendo a Zona la
produzione di realtà autogestite tra cui il collettivo Media Space di Perth

 prospettiva di reciprocità fra artist-run spaces distanti geograficamente: l’editoria,


al pari dell’esposizione, diventa quindi uno strumento di mutuo aggiornamento
sul modello di Something Else Press (1964- 1974) di Dick Higgins, contro l’industria
editoriale intesa come strumento di condizionamento dell’opinione pubblica fondato sul
rapporto merceologico tra editore e autore, si afferma la piccola stampa, che attiva nuovi
canali di produzione e distribuzione di multipli ed edizioni d’arte nella rete internazionale
dei collettivi  ottica Fluxus e Intermedia, che porta alla creazione di una serie di oggetti
facilmente riproducibili da distribuire nel circuito dei piccoli editori, assecondando così il già
citato fenomeno di “riduzione” del prodotto artistico come forma di critica all’istituzione e
alle sue convenzioni espositive

tutto ciò stimola una riflessione collettiva attraverso pratiche marginali, quali il libro
d’artista, i lavori audio, la cartolina, il timbro, e gli ephemera, prodotti e distribuiti grazie
agli strumenti della piccola stampa e della spedizione postale. AA Bronson, fondatore con
Felix Partz e Jorge Zontal nel 1969 del collettivo General Idea e quattro anni dopo
dell’artist-run center Art Metropole a Toronto, così commenta il ruolo dell’editoria
marginale all’interno del circuito degli spazi auogestiti:
«Artists’ publications became a connective tissue allowing us to see ourselves as existing,
as an existing art scene with real artists you could take picture of»
 tra il dicembre del 1975 e il febbraio successivo, Zona propone la mostra Small Press
Scene/Documents of Alternatives in the Press, a cura di Maurizio Nannucci, interamente
dedicata alla piccola stampa, nazionale e internazionale, per la prima volta in rassegna
come categoria autonoma, escludendo il libro d’artista, la stampa underground e le
edizioni di letteratura critica
Il «requisito essenziale per far parte della piccola stampa è non solo la produzione in
proprio», erede delle tecniche d’informazione più dirette e a basso costo della
contestazione, ma anche la distribuzione attraverso il mezzo postale, così creando
«un genere di produzione artistica che si autodefinisce, non senza orgoglio,
marginale rispetto ai grandi circuiti della fama e del denaro» – come illustrato dalla
recensione pubblicata nel febbraio del 1976 su «Paese Sera-Il Nuovo Corriere»
Il catalogo della rassegna, oltre a proporre un inventario di più di duecentocinquanta riviste
di piccola stampa, è descritto in un articolo su «L’Unità» come «uno strumento di lavoro e
di collegamento per chi volesse operare nel settore, essendo completo di tutti gli indirizzi e
nomi dei collaboratori»
Il testo introduttivo di Maurizio Nannucci illustra il proposito dell’iniziativa, volto a
legittimare una categoria che rappresenta «uno dei rari momenti di sincronia tra creatività
e comunicazione», in grado di offrire agli artisti più sperimentali la possibilità «di evitare
ogni tipo di mediazione esterna e di disporre di uno strumento autonomo per la
divulgazione del proprio lavoro e delle proprie idee»
Tra le realtà editoriali rappresentate, oltre a quella nepalese e jugoslava, accanto alle
edizioni Exempla (casa editrice fondata nel 1968 da Mario Mariotti, Maurizio Nannucci e
Claudio Parmiggiani) e Zona, sono presenti le numerose pubblicazioni prodotte e
distribuite nel circuito degli artist-run spaces, tra cui: «Art-Language», Banana
Productions, Ecart Publications, «File», Giorno Poetry System, La Mamelle e
«The Fox»  quest’ultima rivista, pubblicata in tre numeri (1975-1976) a New York da
Art & Language, è presentata a Zona l’8 novembre 1978 dal suo co-editore Joseph Kosuth
e da Sarah Charlesworth, entrambi già ospiti dello spazio fiorentino in due diversi
appuntamenti: il 4 settembre 1978 lei, con una parte del suo progetto Modern History,
intitolata Second Reading (Lago Duchessa, 20 aprile 1978); quattro giorni dopo, lui, con
Testo/Contesto (Zona Firenze)
la ricerca nei fondi archivistici degli spazi autogestiti Art Metropole (1974-1994, Toronto),
Ecart (1969-1982, Ginevra) e Franklin Furnace (1976-1997, New York), confrontata con la
documentazione dell’archivio Zona, custodito da Maurizio Nannucci a Firenze, ha
permesso di ricostruire le ricche interazioni dello spazio fiorentino con alcuni collettivi attivi
sulla scena internazionale negli anni Settanta impegnati in attività editoriali di piccola
stampa
l’indiscussa centralità di Nannucci come figura chiave per la presenza del collettivo
fiorentino sulla scena cosmopolita, grazie all’impegno profuso personalmente in un’attenta
tessitura di contatti con i membri delle realtà autogestite sopra elencate

N. pubblica, dal 1976 al 1981, i cinque numeri di «Mèla a/per/ iodico di scrittura e immagini
da Marciana, Isola d’Elba», dall’antico nome dell’isola toscana dove il foglio è stampato, e
vi riunisce inediti contributi di artisti, musicisti e poeti, raccolti durante l’anno per
corrispondenza, applicando il principio alla base delle riviste edite dagli artist-run spaces,
per cui «quaderni e fascicoli di rado nascono in loco, più spesso, si arricchiscono di
contributi arrivati su richiesta e non, da tante parti del mondo […] con le pagine
affidate una per una a qualche operatore che vive in qualche parte […] e poi messe
insieme e spedite agli indirizzi del “giro”»
La struttura della rivista, un manifesto suddiviso in rettangoli formatopagina contenenti un
intervento ciascuno, sottolinea graficamente la genesi postale, così significativa, del suo
assembramento
Oltre a Sarah Charlesworth e Joseph Kosuth, che partecipano al secondo, terzo e quarto
numero della rivista, anche il collettivo General Idea contribuisce all’iniziativa con l’opera
…Our…, edita nel primo numero
Lo spazio autogestito Art Metropole, da questi aperto a Toronto, appare, inoltre, nella lista
delle realtà autogestite dove è possibile acquistare «Mèla», insieme ad altre, quali la
ginevrina Ecart e la già citata «The Fox», dato che Zona è a sua volta un luogo
di «distribution of art magazines», tra cui la rivista fondata nel 1972 dal
collettivo canadese, «File» (1972-1989)
Anche in questo caso un espediente grafico ne sottolinea l’“antagonismo”, anagrammando
ironicamente il logo della rivista «Life», uno dei simboli dell’industria editoriale statunitense
Oltre a ospitare «the publicity of Zona», «File» presenta contributi di Nannucci (il cui lavoro
è inoltre pubblicizzato nell’ottavo catalogo di Art Metropole), ed è stampata a Firenze in
un’edizione speciale, con i dieci numeri riuniti in trenta volumi, in occasione della mostra
del gruppo di Toronto a Zona il 10 marzo 1978
Una preziosa corrispondenza, dal maggio 1974 al gennaio 1982, tra Nannucci e AA
Bronson, conosciutisi – come ricorda quest’ultimo – alla Fiera di Bologna nel 1974,
ricostruisce le relazioni tra i due spazi, e dimostra un aggiornamento reciproco costante:
«Maurizio’s activities, under the name “Zona”, with a group of like-minded friends in
Florence, did not escape us»
Nel corso degli anni Settanta i due si inviano per posta edizioni di piccola stampa e libri
d’artista: «Don’t forget to send to Zona and to me informations of your work, General Idea,
Art Metropole, catalogues, etc.», scrive, infatti, Maurizio Nannucci il 3 aprile 1980

+ partecipano con contributi alle iniziative dei rispettivi spazi, tra cui, nell’ottobre del 1976,
la rassegna internazionale Inbound/Outbound. Documentation of Alternative in Art
curata a Zona da Nannucci
Il 25 settembre 1981, in occasione della serata di Mario Merz, il collettivo canadese è
nuovamente di passaggio a Firenze portando con sé il numero di «File» in cui sono
pubblicizzate le attività di Zona, e Mèla Postcard Book. A Collection of Artists’ Postcards, a
cui il trio aveva partecipato con un contributo
Nella lista degli artist-run spaces in cui è possibile acquistare «Mèla» sono citati anche i
newyorkesi Printed Matter e Franklin Furnace  Printed Matter, fondato nel 1976 da Lucy
Lippard e Sol LeWitt, è invitato a partecipare al Festival Parola & Suono, dedicato ai lavori
audio, curato a Zona nel gennaio 1978 da Maurizio Nannucci, Paolo Masi e Massimo
Nannucci
Martha Wilson istituisce invece, sempre nel 1976, lo spazio Franklin Furnace, ed è ospite
di Zona l’8 marzo 1980 per tenere una lecture, intitolata The First Alternative Space Was
Made of Paper, in cui discute «on artists’ publishing of the last decade, concentrating on
works in the collection of Franklin Furnace archive», presentando alcune immagini di
Franklin Furnace insieme al suo programma di mostre e performances
Maurizio Nannucci è in contatto epistolare con la Wilson nel corso degli anni Ottanta,
sempre con la precisa finalità di aggiornarsi reciprocamente mediante spedizioni di multipli
e libri
il 19 dicembre 1980 le invia, infatti, una presentazione di Zona: Dear Martha, don’t forget
to send to Zona all F.F. informations
1) Zona is a collective of 10 artists, for contacts: Maurizio Nannucci/Visual art, intermedia,
small press, artists’ books; Albert Mayr/Music; Gianni Pettena/ Architecture; Andrea
Granchi/Films
2) We have a big archive, also of small press, of artists’ books (one of the most important
in Italy). We sell and distribute artists’ books to archives and collectors, museums, libraries
3) We publish artists’ books and catalogues
In Europa, invece, Zona è in contatto con due importanti spazi autogestiti, a loro volta
realtà editoriali indipendenti: l’olandese Other Books and So e il ginevrino Ecart
 Il primo è aperto ad Amsterdam il 15 aprile 1975, come libreria specializzata in libri
d’artista e piccola stampa, dal messicano Ulises Carrión, ospite di Zona l’11 giugno 1979
con la performance Phone Book. Van Gogh. Lección de español. Hamlet. Revolutions per
Minute. To Be or Not to Be, durante la quale presenta, oltre ai lavori audio, la sua rivista
«Ephemera. A Monthly Journal of Mail and Ephemeral Works» (1977- 1978)
Secondo il principio del reciproco aggiornamento, non solo attraverso interventi nello
spazio espositivo ma anche in quello editoriale della pagina, Maurizio Nannucci collabora,
nel luglio del 1978, al nono numero della rivista olandese con Poetry as Social
Environment, avendo già pubblicato in aprile il libro Art as Social Environment, co-edito da
Other Books and So e da Exit Editions di Alvaro Becattini
«Mèla» ospita invece, nell’autunno-inverno del 1978, un intervento di John Armleder
intitolato Solar Eclipse, oltre a includere il suo artist-run space Ecart nella lista dei punti
vendita della rivista
L’artista fonda questo collettivo a Ginevra nel 1969 con Patrick Lucchini e Claude Richner,
per poi aprire nel 1973 la Galerie Ecart, e due anni dopo una libreria omonima  la
galleria svolge un’intensa attività editoriale come Ecart Publications, rappresentando
senz’altro, in quanto spazio espositivo, casa editrice, libreria e archivio, una delle realtà più
vicine a Zona, sulle cui attività è costantemente aggiornata nel corso degli anni Settanta
grazie alla corrispondenza tra Armleder e Maurizio Nannucci
 Questi curano insieme, nel marzo del 1975, con Adelina von Fürstenberg e Am Here
Books, presso la Salle Simon I Patiño di Ginevra, la mostra «non-exhaustive de la
modification du support poétique depuis la création de la poésie concrète dans les années
’50» intitolata Poésie(s) concrète(s) & d’autres. Exposition de livres, gravures, documents
+ tra il marzo e l’aprile del 1975, la Galerie Ecart ospita la personale dell’artista fiorentino,
Creare l’artista creativo, in cui vengono esposti due neon (Corner e Creare l’artista
creativo), alcuni Dattilogrammi e diverse edizioni
e
lo stesso anno le Edizioni Ecart pubblicano due libri d’artista e un “catalogo” di Nannucci:
Provisoire et Définitif in marzo (nella collana Double Sphinx Série), Rose aux. Enveloppe
avec 17 documents in aprile, e Creare l’artista creativo/Écritures, documents, éditions
È significativo che Rose aux. Enveloppe avec 17 documents, il “catalogo”, raccolga in una
busta per corrispondenza i contributi di altri artisti, alcuni attivi nel circuito dei collettivi, e
rechi stampata all’esterno una lista con i nomi di tutti gli autori invitati a partecipare al
progetto, sottolineando sia il carattere collettivo dell’impresa che la sua originale
diffusione postale

Un altro fondatore di Zona, Giuseppe Chiari, membro di Fluxus = figura centrale


nel panorama internazionale, è in contatto con lo spazio di Ginevra: egli fa parte, infatti,
dell’Ecart Performance Group, fondato nel 1974 da Ken Friedman, e organizza un
proprio concerto alla Galerie Ecart il 22 settembre 1976, a cui segue una sua mostra di
registrazioni, video e materiali fotografici, intitolata Livres, aperta fino al 13 ottobre 1976
Nel 1977, in occasione delle due mostre retrospettive di Ecart, rispettivamente a La
Mamelle Center di San Francisco e al Laica di Los Angeles, Paul McCarthy invita il gruppo
Ecart a curare un mese di programmi radiofonici ogni giovedì alle 22.00 su Close Radio
KPKF; il 6 ottobre, questi trasmettono Colours di Nannucci (1977) e Concert à Ecart di
Chiari (1976)
Infine, il 25 gennaio 1978, John Armleder figura tra gli artisti invitati a Zona in occasione di
Parola & Suono, e partecipa, tra il dicembre del 1978 e il gennaio del 1979, insieme a
Patrick Lucchini, alla mostra del collettivo Zona a Palazzo Strozzi Artists’ Books, cento libri
d’artista cento

CONCLUSIONE
A metà degli anni Ottanta lo spazio Zona è chiuso
Il circuito creatosi con gli altri artist-run spaces, più agevole per la diffusione delle idee
rispetto a quello istituzionale, aveva prodotto e fatto circolare una notevole quantità
d’informazioni, in forma di cartoline, inviti, foto e registrazioni, che, per esigenze di
esposizione e di catalogazione, avrebbero acquisito in seguito precise nomenclature, quali
mail art, audioworks, videotape, artist film, etc.
La diffusione internazionale di questi documenti, attuata per vie così ingegnose ed
efficienti, si era rivelata un potente strumento per collegarsi a realtà artistiche lontane
con scambi reciproci fecondi e vitali
In questi quarant’anni dalla nascita del collettivo fiorentino, dopo la chiusura dello spazio
condiviso di via San Niccolò, Maurizio Nannucci ha continuato il suo impegno memoriale e
documentario in forma privata con Zona Archives, a cui si è aggiunta anche un’intensa
attività editoriale che ha come scopo lo stesso obiettivo perseguito dalle raccolte Art
Metropole, Printed Matter e Western Front, tuttora operative e già legate a Zona, dal 1978,
come «Art Archives»104, nella
comune missione, non solo di
produzione e diffusione, ma anche di conservazione
dell’informazione sulla ricerca

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