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Esposizione Universale di Bruxelles 1958: Padiglione

Philips, il genio di Le Corbusier, Jannis Xenakis e


Edgar Varese

L’esposizione Universale del 1958, organizzata


Nella città di Bruxelles e fu la prima esposizione
Organizzata dopo la seconda guerra mondiale.

L’area espositiva scelta fu quella dell’Heysel, sette chilometri a

nord-ovest del centro della capitale belga.

Importante attrazione fu il padiglione della Philips, ideato dall’architetto


Le Corbusier e dal greco Jannis Xenakis, singolare figura di
compositore-architetto.

La sua concezione geometrica è evidenziata dalla sequenza di schizzi


che illustrano l’evoluzione delle idee di progetto.
Il padiglione nasce, per la Philips, con la possibilità di esporre e
presentare il campionario dei suoi prodotti elettronici, in particolare
quelli per il Suono e per la Luce.

Le Corbusier concepisce un involucro esprimente la modernità degli


intenti della Philips e, pertanto, decide di utilizzare la tecnologia dei
gusci sospesi, delle volte ondulate.

Una volta ricevuto l’incarico Corbusier disse di non voler fare un edificio
ma un poema elettronico in cui colore, immagini, ritmo, suono e
architettura verrano a fondersi in tal modo che il pubblico resterà del
tutto soggiogato da quanto la Philips propone.

Lo studio analitico del padiglione venne condotto da Yannis Xenakis


che, partendo dalle formulazioni architettoniche di base di Le Corbusier
svolse un attento itinerario di ricerca riguardante la costruzione
geometrica del manufatto.

Seguendo lo schema di una curva disegnata da Le Corbusier, con


entrata e uscita su entrambi i lati, Xenakis propose l'uso di 8 superfici
sviluppabili prodotte dal movimento nello spazio di una linea retta come
generatrice geometrica. Tramite l'uso di pannelli prefabbricati in
cemento si sarebbe ottenuto il rivestimento di tali superfici, che
avrebbero occupato un totale di circa 500 mq.

Xenakis comincia così a pensare ad una struttura ideale, descrivendola così:


“A partire dal quel momento la logica cessa di funzionare. L’intuizione prende
la parola. Nella sequenza
ininterrotta degli schizzi
è descritto l’iter che mi
ha fatto approdare al
primo progetto e al
primo modello. Questo è
costituito da un conoide,
indicato con la lettera E;
da una superficie
composta
principalmente da due
conoidi A e D; dai
paraboloidi iperbolici K e
G; da un cono di
raccordo L e due
triangoli vuoti che
disegnano gli accessi.

In quello schema la terza cuspide, di 11 metri, equilibra plasticamente


l’orientamento brusco delle prime due, di 17 e 13 metri. Produce inoltre la
torsione generale del volume in direzione della prima cuspide” .

Il padiglione “si articola su un sistema di superfici a sella: tre colli le cui


pendici si risolvono armoniosamente le une nelle altre. Le tre sommità sono
alte rispettivamente 20, 18.50 e 13 metri; la larghezza massima del
complesso è di 25 metri. Su una superficie di 500 metri quadrati si raggiunge
una cubatura di circa 4.000 metri cubi. Il metodo di costruzione seguito
rende possibile la copertura dello spazio senza appoggi supplementari
interni”.

Edgar Varese, un capolavoro immortale “Poème Electronique”

Edgar Varese, grande sostenitore delle innovazioni tecnologiche,


partecipò alla realizzazione di questo padiglione, realizzando un’opera
che possiamo
definire
un’anticipazione
del pensiero
multimediale,
realizzando la
musica del
Poème
Electronique.

Lo spazio del
padiglione
simulava l’idea
di uno stomaco
nel quale il
pubblico entrava
per un
passaggio
ristretto.

(sopra la partitura di “Metastasis” di Jannis Xenakis)

Durante questo ingresso veniva diffusa una composizione elettronica di


Xenakis “Metastasis”.

Nello spazio successivo, dove il pubblico poteva soffermarsi, veniva


proiettato un filmato accompagnato dalla musica di Varese che
prevedeva anche un continuo cambiamento di luci e colori.

Importante fu
l’attenzione che Varese
dedicò alla
spazializzazione del
suono all’interno del
padiglione.

Si tratta di una serie di


percorsi, vere e proprie
“strade sonore” che si
sviluppano intorno alla
struttura architettonica,
mediante degli
altoparlanti incastonati
nella struttura.


(sopra la partitura del “Poeme Electronique”)

I vari elementi sonori della composizione musicale s’ispirano alla


concezione della musica concreta (composta su nastro magnetico con
elaborazione di suoni e rumori, materiali sonori non prodotti con mezzi
tecnici, ma registrati e manipolati elettronicamente).

Nella composizione troviamo accanto a strumenti quali campane,


sirene, bongos, rumori come colpi e stridori, veri e propri “oggetti
sonori” quindi che contribuiscono ad ampliare l’ambito delle sonorità
abitualmente ascoltate e a confermare la visione estetica espressa dai
musicisti “concreti”.

FONTI:
-“Architettura e musica. Dall’antica Grecia al Novecento” Federica Comes
-“Alla ricerca del suono” Simonetta Sargenti
-“Spazio sonoro. Musica e architettura tra analogie, riflessi e complicità”

Roberto Favaro

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