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Opere di Le Corbusier che hanno

fatto epoca
In genere, il lavoro dell’artista è ben separato da quello del critico o del teorico.
Coglie, quasi divinamente, i sentimenti del suo tempo e riesce ad esprimerli in
maniera visiva, ma raramente sa costruirci una filosofia attorno. Così, molto
spesso gli artisti lasciano che siano le loro opere a parlare per loro, anche
perché loro stessi non saprebbero spiegare del tutto i moventi delle loro
azioni.

Ci sono dei casi in cui, però, il pittore e l’architetto sanno anche illustrare i
motivi delle loro scelte. O, meglio, costruiscono le loro opere sulla base di un
ben preciso dettato teorico, elaborato nel corso degli anni. Quando ciò
avviene, arte e filosofia estetica si fondono, e spesso nascono creazioni capaci
di lasciare un segno profondo. Così è stato anche per Le Corbusier, uno degli
architetti più importanti e famosi del Novecento. Nei suoi lavori si possono
ritrovare le sue convinzioni estetiche, sintetizzate per la prima volta nel
saggio Verso una architettura del 1923 e poi in vari altri scritti
Villa Savoye a Poissy
La teoria di Le Corbusier messa in pratica

La costruzione forse più famosa in


assoluto di Le Corbusier – al secolo Charles-Edouard Jeanneret-Gris – è Villa
Savoye a Poissy, non distante da Parigi. Realizzata tra il 1929 e il 1931, quando
l’architetto svizzero stava cominciando a farsi conoscere sulla scena europea,
enucleava al suo interno tutte le regole del Movimento Moderno. L’edificio fu
costruito su commissione di Pierre Savoye ed è considerato il massimo
esempio del cubismo architettonico. Tanto è vero che, dopo anni di
abbandono, è stato di recente recuperato e aperto al pubblico.

Gli elementi più distintivi si vedono già dall’esterno. Intanto si notano subito
i pilotis, i pilastri, che innalzano la struttura centrale al di sopra del livello del
terreno, cosa che il calcestruzzo armato finalmente permetteva di fare. Il tetto
poi è a terrazza e ospita un giardino, oltre a un solarium. Ci sono poi le finestre
a nastro, mentre la facciata e la pianta sono libere. I committenti, in realtà, non
furono molto contenti del lavoro. Intanto il costo passò dai previsti 500mila
franchi a 800mila. Poi, dopo appena poche villeggiature in quella villa di
campagna, i Savoye cominciarono a scrivere a Le Corbusier, lamentandosi
delle infiltrazioni al soffitto, dagli spifferi alle finestre e dal tremolio dei vetri
del lucernario.
Unité d’Habitation a Marsiglia
Un edificio per l’uomo moderno

Se prima della Seconda guerra mondiale


Le Corbusier pose le basi del suo successo, fu solo dopo il 1945 che cominciò a
cogliere il frutto del suo lavoro. Nella Francia rinata dopo l’occupazione nazista
trovò numerose occasioni di lavoro, potendo sviluppare al meglio le sue idee.
Nel corso degli anni aveva infatti concepito una nuova idea dell’architettura,
che da un lato doveva accordarsi alla moderna società industriale e dall’altro
servire alle esigenze dell’uomo moderno. Nacque così un’architettura quasi “a
catena di montaggio”, i cui elementi dovevano essere facilmente replicabili in
serie. Ma allo stesso tempo un’architettura basata sul modulor, cioè su nuovi
rapporti numerici e più armoniosi. Il più grande esempio di queste idee si
ritrova oggi nell’Unité d’Habitation di Marsiglia, realizzata tra il 1947 e il 1952.
L’idea era quella di costruire delle case per il proletariato e il ceto medio
urbano che potessero essere veramente vivibili. Case in cui si replicasse
infinite volte lo stesso modulo, per appartamenti di 2, 3, 4 o 5 persone. Ma
anche case collegate tra loro non tanto da corridoi, quanto più da strade, ai lati
delle quali sorgessero negozi e luoghi di ritrovo. Il palazzo diventava così una
sorta di città verticale (e infatti è famoso anche col nome di Cité Radieuse).
Mentre i bambini giocavano nel giardino sul tetto, i genitori potevano fare la
spesa, andare in lavanderia, entrare in biblioteca, pur senza mai uscire
dall’edificio. Dopo il successo – pur non senza polemiche – dell’edificio
marsigliese, altre costruzioni simili furono realizzate da Le Corbusier a Rezé, a
Briey, a Firminy e a Berlino Ovest. Abitata ancora oggi, l’Unité d’Habitation
marsigliese è anche monumento storico e tappa obbligata di numerosi
percorsi turistici.

Cappella di Notre-Dame du Haut a Ronchamp


L’architettura religiosa di Le Corbusier

Quasi al confine con la natia Svizzera si


trova un altro degli edifici più famosi di Le Corbusier, la Cappella di Notre-
Dame du Haut. Un edificio che dimostra come i dettami teorici dell’architetto
non si adattavano per forza solo a costruzioni civili, ma potevano lasciare il
segno perfino nell’architettura religiosa. La cappella, che sorge nei dintorni di
Belfort, fu progettata nel 1950 ma realizzata tra il 1954 e il 1955, quando fu
benedetta. È stata però consacrata solo nel 2005, molti anni dopo la morte del
suo ideatore.

La struttura, come si può vedere nella foto qui di fianco, è molto particolare,
ma non tradisce le idee di Le Corbusier. Colpisce subito, sia dall’esterno che
dall’interno, il tetto, creato con una gettata di calcestruzzo che è stato
modellato come a formare una vela rovesciata. Il peso della copertura, però,
non poggia sui muri, ma ancora una volta sui pilastri, che riescono a dare
un’idea di leggerezza al tutto. Le finestre, poi, pur essendo meno ampie di
quelle degli edifici civili, sono però numerosissime e di dimensioni molto
diverse, creando strani effetti di luce all’interno.
Palazzo dell’Assemblea a Chandigarh
Un’intera città da progettare in India

Le Corbusier non fu, però, solo un


architetto. I suoi interessi, anzi, erano molto ampi, e spaziavano in tutti i settori
dell’abitare. Progettò diversi mobili, alcuni dei quali sopravvissuti al suo tempo,
e soprattutto ideò intere città. D’altronde, non era certo il tipo che si
accontentava di disegnare su carta dei singoli edifici: con la mente spaziava, e
aveva l’ambizione di ridisegnare tutto il mondo. Già nel 1922 aveva concepito il
progetto di una Città per Tre Milioni d’Abitanti, rimasto solo su carta. Nel 1933
l’aveva ampliato in quello di una Ville Radieuse.

Fu però solo negli anni ’50 che questi sforzi di teoria urbanistica poterono
trovare un campo d’attuazione. Nel 1951 il primo ministro indiano, Jawaharlal
Nehru, gli chiese di disegnare una nuova città nel nord del paese. La metropoli
si sarebbe chiamata Chandigarh e sarebbe divenuta la capitale di due regioni
del nord. Le Corbusier ebbe praticamente mano libera nel disegnarla,
posizionandovi gli edifici governativi e le zone residenziali.

I due palazzi più belli di quella grande opera sono probabilmente il Palazzo
dell’Assemblea e quello di Giustizia. Il primo, in particolare, è un edificio in cui
ancora una volta la leggerezza della costruzione è assicurata dai pilastri, in cui
è lasciato ampio spazio alle vetrate e in cui si cercano costruzioni ardite nelle
coperture.

Chiesa di Saint-Pierre a Firminy


L’ultimo lavoro di Le Corbusier

L’ultima opera che abbiamo scelto per


concludere la nostra selezione ci consente di ritornare in Francia. In
particolare, nel piccolo comune di Firminy, appena 17mila abitanti non lontano
da Saint-Étienne. Qui a metà anni ’60, ormai anziano, Le Corbusier realizzò vari
edifici, riuniti oggi sotto il nome di Firminy Verde. Tra questi, un’Unité
d’Habitation, uno stadio, una Casa della cultura e la Chiesa di Saint-Pierre, che
è considerata l’ultimo tra i grandi lavori del maestro svizzero. Le Corbusier la
disegnò infatti poco prima di morire, nel 1965. I lavori per la sua costruzione
partirono però solo nel 1971 e sono stati completati di recente, nel 2006.

Un ritardo, quello costruttivo, che non ne ha intaccato però la portata


dirompente. La Chiesa, infatti, negli ultimi anni è stata salutata da molte riviste
di architettura come una delle costruzioni più importanti di questo inizio di
secolo, nonostante sia stata progettata ormai cinquant’anni fa. A completare
l’opera in questo ultimo tratto di lavori è stato l’architetto José Oubrerie, già
allievo di Le Corbusier. Visto che è stata completata con fondi pubblici e in
Francia lo Stato non finanzia edifici religiosi, è oggi usata per eventi culturali.
 

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