Sei sulla pagina 1di 6

Belmonte uscita EUR 1

Camminando attraverso il quartiere quindi potrebbero esserci alcuni punti, in alcuni punti ci muoveremo
perché ci sono altre presentazioni però se ci sono altre esigenze ci muoviamo perché dobbiamo veramente
percepire questo spazio che è stato costruito per un'esposizione altrimenti saremmo stati in aula.
Partiamo dalla slide successiva al titolo, iniziamo parlando dell'EUR e il parallelo confronto che c'è con
Addis Abeba; il progetto dell'EUR è tra le opere del regime grandi avviate per celebrare la cultura fascista, fu
lo stesso Mussolini a posare la prima pietra del palazzo degli Uffici nel 1938 ma già nel 1940 i lavori si
dovettero fermare poiché l'Italia era ormai scesa in guerra quindi per necessità belliche ovviamente i soldi
andavano dirottati in quel senso. Nello stesso periodo si sviluppa anche un progetto ex novo che andava a
sovrapporsi alla distruzione delle costruzioni preesistenti nella prima città imperiale che a quel momento era
diventata Addis Abeba, la capitale dell'Italia africana, si parla infatti di nuova Roma sia per Addis Abeba che
per Roma e l’E42 la città che dovrà apparire meravigliosa a tutte le genti del mondo quindi chiunque
arrivasse fuori da Roma doveva restare meravigliato a vedere una simile grandiosità proprio perché anche in
questo caso abbiamo l'idea che Mussolini trasmette al progetto che doveva essere anch'essa una propaganda
politica, una promozione poi autoreferenziale. Il progetto fa riferimento al Piacentini come architetto ideatore
ed il suo stile fu quello che impresse maggiormente la sua impronta sull’intera area, appunto con l'ingresso in
guerra dell'Italia 10 giugno 1940 i lavori prima che rallentano vanno via via scemando per il motivo che vi
ho detto prima. Al momento dell'arresto dei lavori sono un palazzo era ultimato, il palazzo degli uffici,
mentre i lavori per la costruzione del palazzo della civiltà italiana, il palazzo dei ristoranti ufficiale e per la
chiesa erano presso a poco conclusi; degli altri 10 edifici restanti tutti erano fermi tra le fondazioni o proprio
al piano rustico, le fondamenta.
Prof: naturalmente quando andremo al palazzo degli Uffici e vedremo anche questi edifici che ci indicherà
passando
Studente: passiamo anche l’edificio del ristorante dove adesso c’è questo bar
Studente: sono ultimati solo quelli perché è l'ingresso all’esposizione, quindi al quartiere
Studente: quindi la parte più monumentale dell’EUR, come oggi la conosciamo, è frutto di una ripresa dei
lavori ma ormai già post bellici, già verso gli anni Cinquanta. Passiamo alla slide in cui parlo della nuova
Roma e il modello coloniale. Così come è stata pensata, l'EUR su un'esposizione innovativa poiché trattava
un tema tipico che era quello della civiltà e installare l'area espositiva come quartiere permanente di una
nuova concezione diversamente dalle solite installazioni effimere rette fino a quel momento per
l'esposizione, il pensiero va per esempio al Crystal Palace, comunque fino a quel momento tutte strutture che
venivano montate per l'occasione e smontate successivamente; da qui emerge il strettissimo legame tra
l'impero e il progetto architettonico e il progetto espositivo. Lo schema delle esposizioni è approvato nel
giugno del ’37, si organizzava in 7 sezioni che si chiameranno “città” la città italiana, la città delle Nazioni,
la città dell'arte, la città della Scienza, la città dell'economia corporativa e la città dell'africa italiana poi degli
svaghi fino a che nel 1938 le città da 7 passano, con l'aggiunta di tre, a 10; il nuovo quartiere dell'EUR è
organizzato secondo la disposizione classica di una città romana quindi con un decumano maggiore che fa da
dorsale e un cardo massimo che attraversa l’aera ove sono sede il palazzo della civiltà e la basilica.
Prof: può indicarli qui perché abbiamo questa immagine che ci aiuta
Studente: siamo qua, al Colosseo quadrato e la basilica è qua quindi un paio di km.
Prof: quali sono gli assi viari quindi ce n'è uno e un altro
Studente: se insomma avete fatto archeologia romana sapete che tutto un reticolato a quadrati. Configurata
come una città ideale a sé stante come e più delle altre città di fondazione, Addis Abeba compresa. L’EUR è
collegato a Roma antica idealmente ma anche fisicamente poiché l'estremo dell'EUR, l’estremo Nord è molto
vicino al Terme di Caracalla mentre il 31 ottobre 1937 viene innalzato l'obelisco di Axum che era stato
appena saccheggiato in Etiopia; tra la nuova Roma in costruzione e la Roma esistente ci sono dei
parallelismi: la stessa lunghezza è la distanza che si può percorrere tra piazza Venezia e piazza del Popolo e
una retorica continuità tra l’Antica Roma e la nuova Roma fascista, era un pallino fisso di Mussolino. Una
Roma fuori Roma; al contrario dell’E42 il piano regolatore per Addis Abeba non fu mai realizzato. Un
documento storico può servirci nella ricostruzione di quella che avrebbe dovuto essere Addis Abeba, nella
guida del Touring del ’38 si descrive il piano ispirato dal concetto di creare una nuova città italiana
nettamente separata da quella indigena e costruita secondo un criterio di monumentalità e di grandezza, quali
si addicono alla capitale dell’impero italiano, così i vecchi abitanti saranno condotti nei quartieri indigeni. La
stessa cosa Mussolini mette in pratica qua a Roma quando distrugge la spina di Borgo e sfratta gli abitanti in
una zona un po’ più marginale, come a dire che ci sono cittadini di serie A e cittadini di serie B, anche nel
caso di Addis Abeba l’intento era quello che la popolazione locale doveva vedere la popolazione bianca,
attraverso solo un contatto visivo, che si preferiva non avere contatti tra le due etnie e al contrario l’etnia
bianca non doveva vedere -oggi le chiameremmo favelas-.
Prof: stiamo attenti a fare questa analogia, perché il fatto di scardinare la città è un’analogia però c’è una
bella differenza perché nel momento in cui Mussolini abbatte alcune costruzioni medievali, per lo più a
Roma, c’è un progetto di cambiare la città e comunque si trovano delle situazioni per questi abitanti che
vengono sfrattati ma non c’è una differenza razziale e non c’è una separazione colonialista. Ad Addis Abeba
è una questione razziale di creare una città isolata per i conquistatori, per i colonizzatori e di lasciare ai
margini gli abitanti, gli indigeni, quindi è un discorso molto più aggressivo e complesso. Ancora oggi quando
si crea un quartiere di case popolari, anche semplicemente senza sfrattare le persone comunque si sta
spostando una parte di popolazione verso un’area della città, sono politiche abitative che possono essere
discutibili ma non si tratta di una questione coloniale e di una separazione così netta tra colonizzati e
colonizzatori.
Studente. Perché il pensiero di Mussolini, sei nato su suolo italiano sei sempre figlio della patria
Prof: è proprio un altro discorso, perché è una questione all’interno dell’identità nazionale, e quella è una
questione di conquista. Alla fine potevano esserci diversi classe sociali in Africa, ad Addis Abeba non è che
vivevano i ricchi, potevano esserci diverse classi sociali di italiani che stavano tutti dentro la nuova città e
venivano comunque esclusi gli africani, mentre invece in Italia si tratta di delocalizzazioni di abitanti che a
volte vengono realizzate come per garantire delle abitazioni migliori, quindi è una politica diversa, starei
attenta a fare un’analogia.
Studente: l’idea di monumentalità è un preciso progetto di potere visivo per sovrapporre il potere
rappresentato dal net visivo e quindi dare questa immagine di dominazione fascista. La trasformazione di
Addis Abeba in capitale dell'impero con lo schema precedentemente adottato non è più sufficiente comparata
alle città di fondazione dell'agro pontino o agli sventramenti della Roma mussoliniana; il medesimo principio
di separazione e di monumentalità è ispirato dal giganteggiare in solitudine nel simbolismo imperiale che
abbraccia anche l’E 42 e Addis Abeba. Qui passiamo al piano regolatore dell’E42, il progetto qualcuno ci
racconta che l'idea proviene dal Duce e dai suoi collaboratori così coi caratteri della spontaneità e della
necessità; le idee fin da principio nutrite dal Duce e divenute criterio direttivo degli urbanisti romani per
quanto concerne il futuro sviluppo della capitale; la zona delle tre fontane che è prossima a questa dell'EUR
rispondeva positivamente a maggior numero di complessi requisiti, l'alto comitato direttivo dell'ente per
l'esposizione del ‘42 costituito dal commissario generale Cini, Poco e Bonomi nominava per la redazione del
piano una commissione costituita dagli architetti Piacentini, Pagano, Piccinato, Rossi e Vietti. Nell'immagine
che vedete sulla slide la planimetria generale riproduce la concezione classica fondamentalmente romana, c’è
un grandioso decumano che dovrebbe essere la via imperiale costituito dal tracciato imperiale del territorio
interno alla mostra, e solca longitudinalmente il complesso; ad esso si oppone un ortogonale cardo massimo
che ha per sfondo due dei principali edifici.
Prof: la via principale era questa che adesso si chiama viale della civiltà oppure quella dell’obelisco Marconi
perché quello si chiamava piazzale dell’impero.
Studente: dovrebbe essere quella che collega palazzo della civiltà
Prof: quello con l’obelisco Marconi si chiamava piazzale dell’impero. Questa idea di impero torna
continuamente e soprattutto torna il concetto di civiltà e il concetto di civiltà come abbiamo detto a lezione è
sempre legato, in contrapposizione al concetto di primitivo quindi proprio finta di idea delle gerarchie
razziali, della supremazia dell'Italia rispetto agli altri popoli che dovevano essere conquistati quindi l'Italia
avesse quasi una missione da compiere emerge chiaramente da tutta la retorica dell'EUR anche dalla
toponomastica; quando studiamo l'urbanistica e anche quando studiamo i monumenti, le architettura
dobbiamo sempre stare attenti alla toponomastica perché quando si tratta di questioni coloniali o fasciste di
solito è stata sostituita quindi dobbiamo tornare all'origine, ai nomi originali che sono stati dati alle vie alle
piazze.
Studente: tutti gli altri tracciati nella zona centrale sono fra loro ortogonali e la complessa altimetria della
zona e la diversità di lunghezza delle arterie, i fori monumentali, le piazze alberate, le zone verdi, i belvederi
sullo splendido circostante paese recano altrettanti motivi di feconda parità al complesso, abbiamo anche il
laghetto che fa parte del progetto. Nella slide successiva ho pensato fosse utile parlare delle porte d'ingresso
all'EUR che non sono state realizzate però nel progetto c'erano. L'ingresso principale dell’E42 detto porta
imperiale, questo primo tratto verrà ben sistemato con vaste temperature ed importanti episodi edilizi e sarà
degno di costruire la spina della futura grande espansione sud dell'urbe; la via imperiale attraversa quindi
longitudinalmente l’E 42 ed esce dalla parte opposta ove è la porta del mare con le grandi futuri nuovi edilizi
satellite terminando al mare, in corrispondenza della pineta di Castel Fusano.
Studente: la via imperiale è la Colombo
Studente: quella è la Colombo che da est porta ovest
Prof: quindi questo è da sottolineare anche perché torna con piazzale dell’impero
Studente: con l'arco trionfale
Studente: in teoria questo quartiere nasce con l'idea di fare da raccordo tra il centro, il Campidoglio e il mare
proprio per un'espansione anticoloniale.
Prof: anche la scelta della decorazione a mosaico vedremo che riprende i mosaici di Ostia, perché sono stati
condotti scavi archeologici recentemente e quindi c'è anche l'idea di valorizzare questi scavi, di creare questa
relazione con questo sbocco sul mare che andava proprio nella direzione di rafforzare l'idea dell'Italia come
potenza coloniale e non a caso l'iscrizione parla di “trasmigratori” quindi vedete come c'è un'unica retorica,
tutto un complesso decorativo che comunque lavora tra immagine e testi che tra nomi di vie e titoli dati ai
singoli padiglioni e anche agli espositori; tra l’altro titoli che restano fino ad oggi perché comunque il museo
delle civiltà ora, poi è stato utilizzato il plurale proprio per ricostruire quest'idea di civiltà italiano però
l’origine è quella di rappresentare la civiltà italiana per mettere accanto un museo della civiltà romana e
quindi creare tutta un'articolazione retorica, una narrazione per sostenere questa supremazia italiana rispetto
agli altri popoli.
Studente: c'è proprio l'idea del continuum che però viaggia su più livelli archeologico, coloniale, politico,
sociale e quindi ha senso proprio che questo sia il raccordo e che poi sfocia nel mare e di base verso il
Mediterraneo.
prof: due dissertazioni utili per la tesina: 1. Attenzione alla toponomastica, quindi come è cambiata la
toponomastica magari quando sono state nominate, questo può essere interessante e poi tenere conto del fatto
che per il progetto dell’EUR erano stati presentati anche altri progetti che furono bocciati, quindi c'è un bel
libro scritto da 23.34, non ricordo il titolo, ma parla di tutti i progetti bocciati, quindi pensare l’EUR come
poteva essere se questi progetti non fossero stati bocciati, quindi sarebbe interessante almeno tenere conto di
ciò che è stato eliminato per poi dar vita a questa propaganda, agli edifici, ai progetti che erano che erano più
confacenti con la propaganda fascista. Possiamo tornare un attimo alla foto del complesso per riprendere il
discorso della via del mare, possiamo adesso far riconoscere gli assi viari. Quindi questo è l'obelisco
Marconi, e in origine si chiamava piazzale dell’impero, qui è la via che adesso si chiama via della civiltà del
lavoro, è stato aggiunto questo elemento per spostare l’attenzione sul lavoro; un altro elemento che torna
sempre all'interno di questo quartiere è quello del genio italiano che viene ripreso spesso da Fendi. Adesso la
sede centrale di Fendi è a palazzo della civiltà italiana, spesso nelle campagne promozionali torna questa idea
di genio.
Studente: tra l'altro ha chiamato proprio quartiere generale
Prof: quindi possiamo riconoscere anche una continuità, in realtà tornano così tante cose però siamo così
abituati perché non sempre c'è la consapevolezza di quando questi concetti sono stati coniati, perché
proposti. Quindi poi Palazzo dei Congressi e poi tutta la zona del museo delle civiltà e poi la chiesa.
Studente: una curiosità che mi sta venendo in mente adesso allora è importante forse sapere quando sono nati
questi nomi delle vie però è importante sapere anche quando sono spariti
Prof: consideriamo che l’EUR, la maggior parte degli edifici è stata completata tra gli anni Cinquanta e gli
anni Sessanta, con le Olimpiadi furono fatti i lavori dei lavori in diverse zone della città e anche all'EUR
palasport quindi dobbiamo vedere da una parte -adesso vedremo camminando- che in alcuni casi pur di
utilizzare edifici o di utilizzare anche la statuaria, la monumentalità del quartiere sono stati avviati i processi
di camouflage per conservare gli oggetti, non abbatterli ma decostruire il significato fascista che non era più
accettabile quindi veramente qui all'EUR è possibile capire anche questa transazione dal fascismo alla
Repubblica fino alla costruzione di un quartiere moderno che oggi ospita uffici, è percepito come un’area
importante della città, non è più marginale, è diventato quasi centrale.
Studente: cioè secondo me è importante vivere però che lo stile dell'EUR non è lo stile fascista cioè si pensa
a un progetto specifico che vuole essere chiamato proprio stile del XX secolo stile, dell’E 42 quindi forse
anche questo ha contribuito a far sì che poi potesse essere rimodulato e riletto
Prof: perché esiste uno stile fascista secondo lei? qual è lo stile fascista?
Studente: un’architettura fascista più codificata.
Prof: glielo chiedo perché c’è un dibattito in corso internazionale su questa concezione dello stile spesso
proprio il fatto di dire “ah ma no perché questo non è uno stile fascista, quindi abbiamo potuto mantenere
queste architetture” è stata una giustificazione per poi lasciare anche l'iscrizione che è chiaramente fascista,
lasciare la monumentalità per cui lasciare tutto in realtà perché l’exvilla anche semplicemente tutto quel
rilievo monumentale direi che è fascista, anche se ovviamente ha dei codici visivi e presenta proprio una
narrazione visiva che è più dichiarata. Ora la questione arte fascista, cosa è e cosa non è fascista è chiaro che
l’architettura fascista dialogava con quella che era la l’architettura internazionale, lo stile internazionale e
infatti veniva promossa l'attività di sperimentazione degli architetti però è difficile e forse impossibile
definire che cos'è un addirittura fascista. Avete in mente cos’è un’architettura fascista? Cos'è che possiamo
considerare architettura fascista? A livello di stile? Il fascismo non ha mai proposto una […]
Studente: le fonti, ho letto che cerca di definirla architettura del XX secolo;
Prof: anche quando Sironi fa il manifesto della pittura murale, dice “vogliamo comunque un'arte moderna
italiana poi anche fascista” perché in quel momento c'era il fascismo cioè il discorso è che Io credo che
l'architettura sia fascista quando è stata l’immediato prodotto di una commissione da parte del regime,
quando è stata scelta dal regime in maniera molto controllata poi è chiaro che il regime fascista ha avuto
sempre l’intelligenza di accogliere contesti diversi quindi garantire anche sperimentazione, per esempio ci
sono stati finanziamenti per gli artisti, per gli architetti però questo non significa né se dobbiamo distruggere
le opere ma non dobbiamo neanche fingere che siccome sono artisti e architetti, loro sempre liberi, non sono
stati strettamente legati al regime perché questo è stato un discorso storiografico che è stato portato avanti
per motivi che sono anche validi perché dobbiamo sempre contestualizzare le fonti nel contesto storico.
Negli anni Cinquanta c’è stato un momento in cui c’è stata la damnatio memoriae di tutti gli artisti che
avevano lavorato con il regime, alcuni di loro riuscivano ad avere ancora delle commissioni, altri sono dovuti
proprio espatriare, cambiare lavoro ecc, e poi era proprio il momento di rottura cioè quindi per esempio
l’affresco di Sironi viene coperto con una carta incollata; poi c'è un momento in cui gli storici dell’arte,
dell’architettura hanno potuto in qualche modo togliere questo imbarazzo rispetto a questi oggetti, dicendo
“però adesso non marchiamo soltanto per il fatto di essere stati fascisti, studiamoli, sono comunque un
documento storico artistico”, e questa è stata la logica che si è seguita, anche dagli intellettuali di sinistra,
fino agli anni Ottanta, perché tutte le opere fasciste compivano 50 anni e al complimento di cinquant'anni
proprio la legge fascista di tutela dei beni culturali dice che comunque un'opera può essere sottoposta a
vincolo e quindi può essere considerata bene culturale, quindi entravano davvero a far parte come beni
culturali e quindi in quel momento c’è una riscoperta nel senso anche di studio, per esempio viene fatta
un’importante mostra nell’87 che si chiama 32.39, e quello fa parte proprio di questo processo anche il
catalogo dobbiamo leggere all’interno di questo processo. quindi da storici dell’arte questo passato, lo
analizziamo e togliamo questo imbarazzo e da qui possiamo capire che ancora oggi quindi in quest'ottica di
tutela, un bene tutelato non puoi toccarlo, non puoi fare dei cambiamenti e quindi possiamo capire perché
l'EUR è stato conservato in questa maniera perché è stata conservata l'iscrizione. Quindi quel processo
faceva parte di un momento storico in cui bisognava poter studiare almeno queste opere, ci sono state mostre
in cui addirittura si è fatto una ricognizione, ad esempio Ragghianti in questa mostra a Firenze a Palazzo
Pitti, scrive a tutti i collezionisti, anche ai musei stranieri “ per favore mi dite quali sono le opere dei decenni
dal 1915 al 1935 perché sono completamente disperse”, contatta ad esempio gli eredi di Balla, degli artisti
perché fare una ricognizione e ritrovare queste opere che sono andate disperse perché a un certo punto era
imbarazzante collezionare e o tenere nelle collezioni pubbliche artisti che avevano avuto a che fare con il
regime. Questo processo è da contestualizzare in quel contesto storico però oggi noi abbiamo la possibilità e
quindi in questa fase probabilmente c'è una nuova esigenza che non è quella “torniamo agli anni Cinquanta e
li ricopriamo”, non abbiamo più bisogno di difendere queste opere perché altrimenti potrebbero essere
coperte o abbandonate, adesso possiamo guardare in faccia anche le problematiche, la storia più complessa e
dire “ non abbiamo bisogno di distruggere questa architettura perché è fascista ma possiamo dire che è
fascista, se è stata commissionata dal regime, risponde a tutta la retorica del regime” quindi richiamo al
Colosseo, il richiamo alla romanità però in chiave moderna, rappresentare la modernità il genio italico, si
chiama Palazzo delle civiltà ha quell’iscrizione e poi tutto il complesso monumentale ha quel significato.
Quindi nel dibattito sull’architettura fascista che è così complesso dobbiamo ragionare in maniera lucida e
dirci “ma allora qual è l’architettura fascista?” forse non c'è neanche bisogno di definire qual è uno stile
fascista quale non lo sia.
Studente: mi sembra un discorso che rimanga sempre nella comunità accademica universitaria, poi però per
comunicarlo a un pubblico più ampio perché oggi devo ad esempio c’era questo evento e vediamo tantissime
persone entrare, in qualche modo entrando in un edificio del genere si è influenzati anche inconsciamente da
determinati spazi, scritte simboli eccetera e quindi mi domando qual è il modo migliore per comunicare a un
pubblico che non è specializzato nel settore che però nel momento in cui vede un quartiere del genere, una
monumentalità
Prof: il problema del passato legato alle dittature è un problema che non riguarda solo l’Italia ma tanti paesi e
si sta discutendo di questo, ci sono tutta una serie di studi che si chiamano “critycal heritage studies” che
studiano il patrimonio ma non soltanto nella conservazione ma si chiedono proprio un monumento che ruolo
ha avuto, come è stato ripensato, quante volte ha cambiato significato e quante volte ancora deve cambiarlo
perché comunque utilizziamo gli stessi spazi, utilizziamo le stesse architetture ma abbiamo esigenze diverse
e quindi questa è una scelta discutibile; alla fine dare a Fendi il palazzo e poi vedere che comunque gioca con
questa continuità, poi tra l'altro c’è una sorta di orgoglio italiano a volte anche senza la consapevolezza delle
sue origini. Spesso per esempio ho visto menzionare questa frase sui social come una frase che loda agli
italiani, io non so quanta consapevolezza ci sia e quindi il ruolo delle istituzioni, dell'università è quello
comunque di creare spirito critico, però il ruolo che poi della situazioni che sono istituzioni pubbliche cioè
deve esserci consapevolezza a livello istituzionale dovrebbe essere invece quello di prendere le distanze
magari attraverso dei segni che non significa censurare ma essere consapevoli di dichiarare che questo ha
fatto parte della nostra storia, è stato un capitolo ma noi prendiamo le distanze da questo capitolo della nostra
storia e ci possono essere i metodi diversi, ci sono gli interventi di arte contemporanea per esempio si fanno
mostre di arte contemporanea però non ho mai visto una mostra critica nei confronti di questa retorica.
Studente: sarà banale ma secondo me più per la somiglianza al Colosseo, per il simbolo riconosciuto in tutto
il mondo che per il significato storico stesso; lavorando con gli stranieri nessuno sa che cos'è, non sanno
neanche il fascismo, potrebbe essere più la sto buttando lì non lo so il discorso che dal punto di vista
architettonico può rimandare al Colosseo rispetto al discorso questo avvalora ancora di più il fatto comunque
che siano gestite da non italiani, la comunicazione sia gestita magari italiani non li conosco però potrebbe
essere anche questo perché ormai si sta tutto banalizzando poi alla fine c'è una grande banalizzazione.
Prof: concetto di continuità, si crea questa correlazione con questa Roma moderna perché immaginatevi
questa zona è uno spazio bianco di Roma sulla quale è stata costruita ex novo una città.

Potrebbero piacerti anche