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Popolazione
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popolazione attraverso il tempo sono oggetto di studio della demografia. In ecologia e più in generale
in biologia la popolazione è l'insieme degli individui della medesima specie che popolano lo stesso
ecosistema; vedi popolazione biologica.
Indice
Storia
L'agricoltura
La Rivoluzione industriale
Distribuzione non uniforme
Dove la Terra è molto popolata
Dove la Terra è poco popolata
L'Urbanizzazione
Le grandi concentrazioni urbane
La città nei paesi sottosviluppati
Aspetti demografici
Le dinamiche demografiche
Nascite e morti nei paesi ricchi
Nascite e morti nei paesi sottosviluppati
Le politiche demografiche
Note
Bibliografia
Voci correlate
Altri progetti
Collegamenti esterni
Storia
Lo stesso argomento in dettaglio: Popolazione mondiale.
La popolazione del nostro pianeta ha raggiunto i 7 miliardi di abitanti nel 2011 arrivando a 8 miliardi
nel 2022. Non è possibile prevedere con sufficiente precisione quali mutamenti economici, sociali e
culturali si verificheranno nel mondo nel lungo periodo per stabilire future evoluzioni demografiche.
La crescita della popolazione è caratterizzata da ritmi molto elevati negli ultimi due secoli e solo
negli ultimi decenni ha rallentato (o si è quasi arrestata) nei paesi sviluppati e accenna a rallentare
in alcuni fra i paesi meno sviluppati pur rimanendo globalmente ingente. In passato, la crescita è
stata generalmente più lenta, ma ha comunque conosciuto dei cambi di velocità.
Non è facile ricostruire con esattezza la storia della popolazione mondiale. Oggi in quasi tutti i paesi
del mondo si svolgono più o meno regolarmente (in Italia, a partire dal 1861, ogni dieci anni) dei
censimenti della popolazione che i governi organizzano con grande impegno.
Tuttavia, ancora oggi, non dappertutto i censimenti si svolgono con la necessaria regolarità. Per
esempio, ci sono paesi nei quali non vengono eseguiti perché un gruppo dominante religioso, etnico,
linguistico, sociale vuole nascondere il fatto che un altro gruppo è cresciuto di più e potrebbe quindi
avanzare delle rivendicazioni. Ma, soprattutto, il censimento generale della popolazione, eseguito
con metodi scientifici, è uno strumento moderno che si è affermato negli ultimi due secoli (anche se
non mancano illustri precedenti nella Roma antica o nell'impero cinese).
Una decisa ripresa, con l'inizio di un altro balzo, si ebbe verso la fine del Settecento. In poco meno di
due secoli, fra il 1800 e il 1992, la popolazione del mondo si è quasi sestuplicata. Ma la crescita non è
stata uguale per tutti i continenti. In Europa la popolazione è cresciuta di circa tre volte e mezzo
(ma la crescita demografica è cominciata prima ed è stata inizialmente più impetuosa rispetto ad
altri continenti), in Asia di cinque volte, in Africa di più di sei.
Le Americhe fanno storia a sé. Conobbero un pauroso declino demografico fra il Cinquecento e il
Seicento, dopo la conquista europea, quando le popolazioni native vennero sterminate soprattutto
dalle malattie arrivate dall'Europa. Si pensi che la popolazione del Perù raggiunse solo nella prima
metà del Novecento il livello che aveva attorno al 1490. Ancora all'inizio dell'Ottocento, le Americhe
non ospitavano più di 24 milioni di persone. Questa cifra si è moltiplicata per più di 30 in meno di
due secoli a causa dell'arrivo in America di coloni europei e di un tasso di natalità elevato,
accompagnato, in Nord America e in alcune zone del Sud America, da un tasso di mortalità
contenuto o particolarmente basso.
In particolare l'America Latina è passata da 19 milioni di abitanti nel 1800 a 543 nel 2003. La Cina
è uno dei paesi più popolosi al mondo dall'età del bronzo, il suo peso demografico rispetto al totale
mondiale salì a livelli massimi tra il Cinquecento e il Seicento (soprattutto in virtù del crollo della
popolazione di mesoamerica e Perù), oggi però il suo primato va diminuendo, soprattutto per la
crescita esponenziale e incontrollata dei paesi dell'Asia meridionale come India e Pakistan. Inoltre
l'Africa subsahariana era relativamente poco popolata fino al XIX secolo, mentre oggi la percentuale
di africani incide sempre più sul totale mondiale.
La crescita demografica degli ultimi 300 anni è un fenomeno senza precedenti, la cui portata e i cui
effetti sfuggono in buona parte alla nostra attuale comprensione. L'ambiente naturale della terra ne
è risultato completamente trasformato, ampi territori che mai avevano conosciuto l'aratro sono
stati non solo trasformati in zone coltivate, ma colonizzati e urbanizzati, completamente trasformati
dall'azione umana e occupati dalla nostra specie come luogo di residenza, svago, produzione
industriale o alimentare. Si pensi che, probabilmente, la maggioranza dell'umanità è vissuta tra il
1700 e il 2010 piuttosto che nei 140 000 anni precedenti.
L'agricoltura
Fra i 7 000 e gli 11 000 anni fa venne fatta una delle più rivoluzionarie invenzioni: l'agricoltura. Per
coltivare i campi, gli uomini abbandonarono il nomadismo e divennero sedentari. A causa
dell'agricoltura e dell'allevamento fu possibile garantire una base alimentare a un maggior numero
di persone e la popolazione della Terra raggiunse, duemila anni fa, i 200 milioni di abitanti. Lo
sviluppo dell'agricoltura permise anche la nascita delle prime città, la cui sopravvivenza era
garantita proprio dalle risorse agricole.
La Rivoluzione industriale
Nei secoli successivi la popolazione della Terra ebbe oscillazioni dovute all'alternarsi di periodi di
benessere e periodi di carestia. Fame, pestilenze, e guerre avevano decimato le popolazioni. Ma
intorno alla metà del Settecento la situazione cambiò radicalmente perché allo sviluppo
dell'agricoltura si unì la Rivoluzione industriale.
In Europa e nell'America Settentrionale, pur tra molte disparità sociali, i progressi dell'industria
migliorarono le condizioni di vita delle famiglie: le abitazioni diventarono più calde e igieniche,
l'alimentazione più varia e completa, le carestie più rare. In seguito, la medicina fece passi da
gigante e diminuì la mortalità, sia quella assoluta sia quella durante il primo anno di vita. Fino agli
anni recenti, la crescita della popolazione è avvenuta nei paesi in cui lo sviluppo economico era
maggiore.
Infine, gli insediamenti dipendono dalle risorse che ogni ambiente offre e che gli uomini sono in
grado di sfruttare. In effetti, le steppe aride, i terreni gelati, i luoghi desertici e privi di vie d'acqua, i
territori scarsi di risorse alimentari hanno in passato respinto gli uomini. Oggi il popolamento
dipende, per le diverse forme che assume, anche dal grado di sviluppo economico delle varie aree
del mondo.
Si può dire che il mondo sia diviso da una linea immaginaria, orizzontale, che separa le nazioni ricche
ed evolute nel Nord e quelle povere e in via di sviluppo nel Sud della Terra. Le differenze nel livello
di vita generano flussi migratori dai luoghi più miseri verso quelli più ricchi. Questo fenomeno
accade anche all'interno di ogni stato, ricco o povero: le popolazioni tendono in genere a concentrarsi
nelle aree urbane, abbandonando così le campagne.
La seconda area con elevate densità abitative è l'Europa, e in particolar modo l'Europa occidentale.
La zona può includere anche la Turchia, a volte considerata parte dell'Europa a volte no, ma in
questo caso facente parte di quest'area a elevata densità abitativa; area che passa gli 800 milioni di
abitanti. Una terza area fittamente abitata è l'America Settentrionale, in particolar modo la parte
orientale della stessa, dove, oltre che per il clima temperato e le favorevoli risorse ambientali, la
popolazione è cresciuta per motivi storici derivanti sia dall'immigrazione europea sia dallo sviluppo
industriale e urbano. Non comparabile comunque la densità abitativa di quest'area alle prime due.
Le zone aride e desertiche hanno piogge così scarse che i lunghi periodi di siccità rendono quasi
impossibile l'agricoltura. Anche qui, tuttavia, sono riusciti a vivere popoli in grado di sfruttare le
misere coltivazioni delle oasi e popoli nomadi, dediti alla pastorizia e al commercio (come i Tuareg
del Sahara). Le zone montane offrono un habitat adatto all'uomo solo alle quote inferiori ai 2000
metri. Vi sono però popoli che vivono sull'altopiano del Tibet, in Asia, a più di 5000 metri di quota,
testimoni, con i loro templi, di civiltà antichissime; inoltre, le popolazioni andine abitano gli altopiani
della Cordigliera delle Ande a oltre 4000 metri di altezza. Gli immensi spazi glaciali dell'Artide e
dell'Antartide, fondamentali per la regolazione del clima della Terra, sono inospitali, anche se nelle
regioni artiche del Canada, dell'Europa e della Groenlandia vivono le popolazioni Inuit e lappone,
organizzate in piccole comunità dedite alla caccia e alla pesca.
L'Urbanizzazione
La crescita delle città costituisce uno dei fenomeni più importanti della nostra epoca: in tutto il
mondo la popolazione tende a concentrarsi negli insediamenti urbani e già oggi più della metà degli
abitanti della Terra vive nelle città, mentre all'inizio dell'Ottocento i cittadini erano solo 5 persone
ogni 100.
Nei paesi sottosviluppati, la popolazione urbana cresce a un ritmo tre volte superiore rispetto ai
paesi sviluppati. C'è però una grande differenza tra quanto accade nei paesi ricchi e in quelli poveri.
Nei paesi ricchi l'urbanizzazione è frutto dello sviluppo: le città offrono posti di lavoro e un modo di
vita per molti più interessante. Dove la società è più ricca ed evoluta si sta anzi delineando una
tendenza contraria: attività industriali, aree commerciali e zone residenziali si spostano dalla città
verso altri luoghi. È il decentramento urbano. Numerose fabbriche sono sorte in zone agricole,
perché le reti telematiche e i trasporti veloci tendono ad annullare le distanze. In aree extraurbane,
talvolta in aperta campagna, sono sorti grandi centri commerciali e insediamenti residenziali. Nei
paesi poveri, invece, le grandi masse che si accalcano nelle sterminate periferie delle città,
inseguono solo la speranza, spesso solo illusoria, di migliorare la propria esistenza.
Diversa dalla metropoli è la conurbazione, che si è realizzata dove i centri urbani, con le proprie
cinture di città satelliti, si sono congiunti senza perdere la propria identità e autonomia. La
conurbazione è una configurazione territoriale più vasta e complessa di una singola città. Nelle
regioni in cui diverse conurbazioni si sono saldate, si sono formate le megalopoli, costituite da serie
di città di varie dimensioni, tra cui si allargano anche aree non edificate ricoperte di boschi e parchi,
zone agricole dove si coltivano ortaggi e frutta destinati al consumo degli abitanti. Il territorio della
megalopoli è molto articolato e alterna aree urbane a spazi agricoli, industriali, ricreativi.
La più grande megalopoli si è formata nel Nord-Est degli Stati Uniti, sulla costa atlantica, lungo
l'asse Washington - Boston. Essa è lunga circa 600 chilometri, larga circa 200. Conta circa 50 milioni
di abitanti, con una densità media di 300 persone per chilometro quadrato. Comprende altre
importanti città come New York, Filadelfia, Baltimora: in totale 30 aree urbane. La megalopoli
chiamata "San San" da San Francisco a San Diego, si affaccia per 800 chilometri di lunghezza sulla
costa dell'Oceano Pacifico, in California. La megalopoli di ChiPitts, da Chicago a Pittsburgh, è
disposta invece lungo i grandi laghi centrali. Una grande megalopoli è quella del Tōkaidō, in
Giappone; anch'essa è sorta lungo il mare e si sviluppa per circa 300 chilometri.
In Italia si parla ancora, talvolta, della possibilità di "fondere" in una maniera comparabile con
quella descritta sopra le città di Torino e Milano, che rappresentano due delle aree più
industrializzate e più ricche di servizi del Paese. Infatti, in entrambe le città è in corso un processo
di decentralizzazione, che porta gli abitanti dei due capoluoghi di regione a spostarsi verso le aree
più periferiche, e in particolare verso i comuni limitrofi che ormai costituiscono nella maggior parte
dei casi un unicum con il comune cittadino; fatto che non si verifica invece, per esempio, con la città
di Roma, i cui confini comunali corrispondono ai confini dell'agglomerato urbano in maniera molto
più spiccata che nel caso delle due città del nord.
Tuttavia, la consistente distanza che separa le due realtà (più di 100 chilometri), sebbene per di sé
potrebbe non costituire una limitazione, unita al fatto che gran parte del territorio compreso tra
esse sia adibito ancora principalmente ad un uso agricolo più tradizionale, seppur con tutti i vantaggi
della modernizzazione delle rispettive tecniche di utilizzo (si pensi alle risaie vercellesi), con piccole
realtà comunali posizionate in ordine relativamente sparso per la pianura, ma senza grandi centri
urbani e senza un sistematico piano di organizzazione del territorio, rendono questa possibilità più
un progetto sulla carta che una possibile realtà sostanziale, perlomeno nel breve e nel medio
termine. D'altro canto la stessa fattibilità del progetto, così come la sua sostenibilità ecologica e la
sua convenienza anche al di là dell'aspetto economico, possono essere argomento di discussione.
Per quanto riguarda l'Italia meridionale si osservano importanti conurbazioni come quella di Napoli
per la Campania e quella di Catania per la Sicilia, in cui le due città hanno di gran lunga superato i
confini comunali per inglobare parecchie cittadine limitrofe.
Nel settore tradizionale della città, invece, le case sono malandate, pullulano gli artigiani, i
lustrascarpe, i piccoli commercianti adagiati sugli scalini di qualche casa. Colori, odori, oggetti di ogni
tipo si mescolano e la confusione è sempre grandissima. La pulizia delle strade è scarsa e le auto
circolanti sono vecchie e malandate. La maggior parte della popolazione vive negli insediamenti
abusivi che circondano l'area edificata centrale. Si tratta di costruzioni temporanee, innalzate dagli
abitanti stessi e fatte con mezzi di fortuna: lamiere ondulate, cartone, legno, ferro, taniche di
plastica.
Mancano l'acqua corrente, le fognature, la scuola, i negozi alimentari; può essere invece
rimarchevole il fatto che, molto più spesso, è presente almeno un televisore, segno che l'impatto
della telecomunicazione che caratterizza la realtà moderna inizia a essere presente anche nelle
realtà meno agiate. Sono le baraccopoli che prendono nomi suggestivi: favelas in Brasile, villas
miseria in Argentina, bustess in India. Queste periferie brulicanti sono estesissime e ospitano più di
metà della popolazione urbana dei paesi sottosviluppati.
Aspetti demografici
Le dinamiche demografiche
La Terra non è sempre stata popolata come oggi. All'inizio del 1900, il nostro pianeta aveva circa un
miliardo e seicento milioni di abitanti. La popolazione mondiale per migliaia di anni era rimasta
stazionaria: poi si è avviata una lenta crescita proseguita con alti e bassi fino al 1700. In seguito è
diventata sempre più intensa e oggi esiste il problema della crescita eccessiva. Normalmente la
popolazione cresce di più dove le risorse sono abbondanti e dove l'economia più sviluppata ha
migliorato le condizioni di vita. Infatti, nel corso della storia i grandi mutamenti hanno avuto
profonde conseguenze sul movimento demografico.
L'incremento demografico nei paesi poveri deriva dalle mancate rivoluzioni e cambiamenti culturali
e sociali o anche solamente politiche degli stati atte a diminuire il numero della prole (vedasi la
politica del figlio unico in Cina) che hanno provocato nei paesi più sviluppati un forte declino della
natalità. Per i paesi in via di sviluppo è stato più facile importare medicinali dai paesi sviluppati che
trasformare i propri modelli di vita legati a precise culture. Di notevole importanza politica è
l'aumento della popolazione nei paesi poveri in quanto potrebbe portare a futuri conflitti per
appropriarsi delle riserve idriche o alimentari (la situazione dei paesi che si affacciano sul [Lago
Vittoria] è particolarmente critica, in questo senso).
Tuttavia l'aumento della popolazione nei paesi in via di sviluppo non è necessariamente un
problema: il caso dell'India, che possiede la manodopera più giovane del mondo, ne è l'esempio, con
tassi di crescita economica del 9,4% nel 2007. In un complesso mondiale comunque, nascono 3
individui ogni secondo e ne muoiono circa 2,6.
Le politiche demografiche
Lo stesso argomento in dettaglio: Politica del figlio unico.
Note
Bibliografia
Mesthene, Brennan, MacDonald, Halaby, Pierce, Malone, Oettinger, De Sola Pool, De Carlo,
Scarlott, Gale Johnson, Hauser, Kahn e Wiener, Roger Revelle. Il mondo tra 50 anni, (titolo
originale: Toward the Year 2018), Traduzione di Franco Caposio, Milano, Ed. Etas Kompass,
1969
Susan George, Come muore l'altra metà del mondo - Le vere ragioni della fame mondiale, tr. di
Luca Trevisani, Milano, Feltrinelli, 1978
Antonio Saltini, Popolazione e alimenti. Esercizi di aritmetica malthusiana, in Spazio Rurale,
n.5, maggio 2005
Maristella Bergaglio. Geografia della Popolazione, Milano, Guerini, 2004.
Voci correlate
Stati per popolazione
Sovrappopolazione
Urbanizzazione
Deme (biologia)
Mondo occidentale
Sud del Mondo
Altri progetti
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Collegamenti esterni
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