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TEATRO MUSICALE IN FRANCIA E ITALIA NELL’OTTOCENTO

OPERA FRANCESE

Durante il XIX secolo in Francia si assiste al declino del Secondo Impero di Napoleone III, il quale aveva avviato una
serie di poli che gradualmente più liberali, e all’imposta proclamazione di un governo repubblicano, quello della Terza
Repubblica, conseguente alla guerra Franco-prussiana (1870-1871), e in par colare alla scon a di Sedan (1870).
L’instaurarsi della Terza Repubblica vede l’insorgere di rivolte popolari e instabilità poli ca che tu avia non impedirono
la crescita economica del paese ed un os nato fermento culturale.
In ambito musicale l’an ca tragédie lyrique, fondendo sempre più lo s le francese con contaminazioni italiane e
tedesche, si era trasformata in senso più consono a quello che stava diventando il suo pubblico principale: la ricca
borghesia di una grande e cosmopolita metropoli o ocentesca come Parigi. Nasce così il grand opéra, genere
operis co che diventerà il maggiormente di uso nei primi decenni dell’800, sempre in Francia, il cui nome stesso ne
so olinea la principale cara eris ca: la spe acolare grandiosità. Se la tragédie lyrique ambiva a considerarsi una vera
e propria tragedia le eraria messa in musica, l’azione dramma ca del grand opéra non era più condo a dal testo, che
retrocede ad una semplice funzione di libre o operis co. Tu o il suo potere comunica vo, persa la ducia nella
parola, lo si con da nella pantomima e nei fastosi e e scenogra ci. La drammaturgia del grand opéra dunque si basa
su due principi fondamentali: 1 l’arrestarsi dell’azione su grandi quadri corali (tableaux), 2 interesse dello spe atore è
ravvivato da con nui ed improvvisi colpi di scena.
A cos tuire uno dei primissimi esempi di grand opéra fu il Guillaume Tell (1829) di Gioacchino Rossini (1792-1868),
compositore italiano che dominava la scena del teatro musicale nella penisola, a raverso la coniugazione della
commedia, genere bu o, e della tragedia, genere serio. Altri compositori rappresenta vi di questo genere furono
Daniel-François Auber (1782-1871), Giacomo Mayerbeer (1791-1864), tedesco di nascita ma trasferitosi a Parigi, e
Jacques Halévy (1799-1862).
A orno al 1860, e negli anni successivi, inizia a di ondersi un nuovo genere intermedio l’opera lyrique, cara erizzata
dall’assunzione di tema che amorose e di una vena sen mentale dei contenu so olineata da scelte musicali che
esaltano la melodicità, armonie ricche e ra nate. I maggiori autori di questo genere sono: C. Gounod (Faust), J.
Massenet (Manon), Georges Bizet, 1838-1875, (Carmen).
Con la Carmen (1875) di G. Bizet il realismo musicale irrompe nell’opera. Il capolavoro di G. Bizet, u lizza un eso smo
dramma co ed e cace per ricreare l’ambiente della zingara spagnola protagonista che, libera e mossa dalla passione,
viola le leggi della morale per seguire piacere e desiderio. Con quest’opera si introducono nel teatro musicale
personaggi completamente nuovi e una concezione di amore mai rappresentata prima. La protagonista, Carmen, è un
personaggio an convenzionale, in quanto donna libera, zingara, con un cara ere forte e una sfrontatezza verso il
genere maschile prima inimmaginabile. L’amore che viene ra gurato è un amore scandaloso nella sua sensualità e
nella completa mancanza di senso morale.
La celebre habanera (danza cubana sensuale che simboleggia la componente eso ca dell’opera), esempli ca
perfe amente tu ques aspe : donna libera e sfrontata verso gli uomini che viola le leggi della morale per seguire
passione e desiderio.
La prima rappresentazione della Carmen fu per questo uno scandalo: tra ava temi, popolari, an convenzionali,
avveniva un omicidio in scena e il tu o era fondato su una genuina e provocante carica ero ca che indignava il
pubblico. Solo dopo la precoce morte di Bizet, la Carmen riscosse inaudito successo.

OPERA ITALIANA

La grande tradizione strumentale italiana protagonista del XVII e del XVIII secolo aveva subito un brusco arresto. Una
serie di circostanze collegate tra loro impedì che anche in Italia, come nelle altre nazioni europee, orissero le società
concer s che, facendo invece rimanere il genere operis co uno dei maggiori centri di frequentazione sociale,
culturale e ar s ca della nazione (la musica strumentale era legata ai temi delle più celebri arie). L’unico compositore,
di talento, di rilievo che nell’800 indirizza le sue composizioni e la sua vena crea va verso lo strumentalismo,
rappresentando un’eccezione, è N. Paganini.
Il contesto storico e poli co di questo periodo è essenziale, in quanto principale fa ore che ha permesso la larga
di usione dell’opera in ques anni: sono gli anni del pieno Risorgimento, il nuovo movimento poli co, sociale e
culturale che conduce all’Unità d’Italia e si concre zza nella proclamazione del Regno nel 1861. Prevale un nuovo e
for ssimo sen mento patrio co, un’al ssima tensione unitaria e l’apporto della cultura e delle ar nel proge o
patrio co è fondamentale. L’opera è il genere musicale che riesce a veicolare in modo e cace dei contenu : l’opera è
chiara, ha un testo, un libre o. Si predilige la chiarezza comunica va dei contenu , capace solo a raverso il linguaggio
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verbale, per poter veicolare messaggi di immediata comprensione al ne di di ondere il sen mento patrio co
risorgimentale, respingendo invece, gli aspe più radicali dell’este ca roman ca rispe o all’indeterminatezza
seman ca della musica strumentale. È proprio l’este ca musicale roman ca italiana a privilegiare la musica come
portatrice di contenu chiari.
Leopardi nello Zibaldone di pensieri (diario di vita) dichiara il ri uto della musica tedesca contemporanea giudicandola
elitaria in quanto troppo complicata armonicamente; a ermando che se la musica deve riscoprire delle origini, le
nostre radici, lo deve fare a raverso la musicalità del linguaggio e della melodia picamente italiana.
Nonostante il distacco dal “Roman cismo europeo”, i temi tra a nell’Opera lirica italiana di questo periodo sono
chiaramente di matrice roman ca: personaggi vicini al sen re comune, al popolo, tu o deve emozionare, coinvolgere
emo vamente, essere reale, quanto più vicino alla realtà. Non si deve più solo assistere al bello musicale ma ci si deve
poter immedesimare nei personaggi, protagonis dalle cara eris che più umane e le cui imprese sono più vicine alla
realtà.
La concezione drammaturgica proseguiva lungo un cammino che conduceva dal regno della fantasia a quello della
verità dramma ca. Come precedentemente de o lo spe atore o ocentesco non poneva in primo piano il godimento
este co ma la propria partecipazione emozionale. Tale primato del coinvolgimento emo vo presuppone una buona
dose di verosimiglianza della rappresentazione: i mbri vocali si fanno naturali. Il voler s molare l’emozione
dell’ascoltatore richiede anche una certa elementarità nei cara eri dei personaggi, esagerando oltre ogni limite i
sen men di cui essi sono portatori.
La musica retrocede da ne dello spe acolo, qual essa era nella fruizione este ca dell’opera se ecentesca, a mezzo
per realizzare un dramma coinvolgente, nell’ambito della fruizione emozionale dell’opera o ocentesca.
La progressiva scomparsa del se ecentesco recita vo secco in favore di quello accompagnato, che permise
l’appianamento del tagliente divario tra aria e recita vo e lo scorrimento dell’azione lungo tu a l’opera senza eccessivi
arres del tempo rappresentato, ebbe importan conseguenze. 1 Una dras ca riduzione dei versi da cantare = poiché
la declamazione del recita vo accompagnato dall’orchestra è sensibilmente meno rapida di quella sostenuta dal
semplice basso con nuo, 2 i versi misura prevalsero sui versi sciol = poiché il compositore necessitava di versi
regolarmente misura con distribuzione simile degli accen , in modo da perme ere il canto simultaneo di più
personaggi, 3 si cristallizzò una vero e propria lingua dei libre = in quanto anche il testo dei libre si ada ò al fa o di
essere più “cantato” che “recitato” e si innalzò il suo s le in un linguaggio decisamente più aulico.

Gaetano DONIZETTI (1797-1848)

Gaetano Donize fu uno dei maggiori compositori di musica operis ca italiana e precursore del dramma musicale di
Giuseppe Verdi.
Donize nacque a Bergamo il 29 novembre 1797, da una famiglia molto povera e umili, quinto di sei gli. A 9 anni fu
ammesso alla Scuola Caritatevole di musica di Bergamo (l’odierno Conservatorio Gaetano Donize di Bergamo), e con
il suo maestro Simon Mayr, personaggio di fondamentale importanza per Donize , colui che gli permise di raggiungere
il successo, poté conoscere non solo l’opera francese, ma anche e sopra u o la musica strumentale del Classicismo
viennese, dalla quale apprese l’elaborazione mo vico-tema ca. Con nuò gli studi musicali con il celebre
contrappun sta padre Ma ei (già insegnante di Rossini) a Bologna, munendosi così una solida formazione culturale e
ar s ca.
Il compositore raggiunse la notorietà nel carnevale 1822 a Roma, con la scri ura della “Zoraida di Granata”, ci à in cui
risiede e dal 1821 al 1828. In seguito, si recò a Napoli, dove rimase no al 1838, dove diventò dire ore del Teatro
Nuovo e insegnante di composizione al Conservatorio.
I toli che lo portarono realmente alla ribalta anche europea furono compos nel successivo periodo che il
compositore trascorse a Milano, a par re dal 1830: con l’”Anna Bolena” Donize ebbe il primo grande successo
internazionale, dimostrando piena maturità ar s ca.
Dopo anni funesta , in seguito alla morte del padre, madre, gli e della moglie Virginia Vasselli, nel 1838 (quasi
contemporaneamente a Bellini), decise di trasferirsi a Parigi. Qui in pochissimo tempo conquistò il massimo tempio
della musica teatrale parigina, ovvero l’Opéra; le sue opere furono rappresentate ovunque, sia in traduzione sia in
lingua originale, iniziando ad essere considerato, in tu a Europa, tra i massimi compositori dell’epoca.
La carriera teatrale di Donize si concluse nel 1843 sui palcoscenici parigini con l’opera bu a in italiano “Don
Pasquale” e il grand opéra in francese “Don Sébas en”. Da questo momento in poi le conseguenze della si lide,
mala a venerea da cui era a e o da anni, divennero gravissimi: inizialmente venne ricoverato in una casa di cura
vicino a Parigi, e poi fu trasportato a Bergamo, dove morì l’8 aprile 1848. Ancora oggi è sepolto nella basilica di Santa
Maria Maggiore a Bergamo.
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Produzione e s le

Il suo catalogo di produzione si compone di un numero approssima vo di circa 65 opere liriche (melodrammi tra i quali
si includono opere incompiute, perdute o rappresentate postume), sia di genere serio che bu o, oltre a numerose
composizioni di musica vocale, sacra (si ricorda la Messa da Requiem per i funerali di Bellini, 1835) e strumentale da
camera (si ricordano i 18/19 quarte per archi).

Tra le opere liriche oggi più conosciute si annoverano l’opera bu a “L’elisir d’amore” (1832) e l’opera seria “Lucia di
Lammermoor” (1835). Signi ca ve e ampiamente rappresentate oggigiorno sono anche le opere: Don Pasquale, La
Fille du régiment, La favorite, Anna Bolena, Maria Stuarda, Roberto Devereux e Lucrezia Borgia.

Il suo contributo in campo operis co fu fondamentale tanto nell’ambito del melodramma italiano quanto in quello
dell’opera francese (compose un opéra-comique e tre grands-opéras).

Sua cara eris ca è quella molto frequente di smembrare le opere: prendere arie e cabale e da un’opera e inserirle in
un’altra, revisionare dopo anni dalla prima edizione, aggiungere un a o o cambiare libre o (anche per mo vi di
censura).

Donize lavora in fre a vessato da scadenze e dagli impresari, li gando con la censura, le prime donne protagoniste
ed i teatri. La sua fre a tu avia è anche glia dire a del suo talento: aveva la capacità di predisporre con straordinaria
immediatezza la tessitura dell’opera e le cara eris che psicologiche e vocali dei personaggi.

Donize , come Bellini, dove e fare i con con l’eredità rossiniana, la cui in uenza era avver bile non tanto dal punto
di vista drammaturgico, quanto sopra u o dal punto di vista tecnico-musicale. Debu ò nel teatro musicale con opere
ancora in uenzate dallo s le rossiniano, ma con cara eri già personali, quali l'a enzione alla psicologia dei personaggi
e il maggiore impegno dramma co e pate co nello svolgimento delle situazioni.

Il suo contributo nel panorama operis co o ocentesco permise di riformare l’impianto dramma co delle opere, nelle
quali emergono scultorei e nuovi personaggi de ni integralmente, dilania e contrasta e perfe amente
corrisponden alle in uenze roman che.
Anche lo spostamento radicale degli scenari d’ambientazione delle sue opere, l’abbandono del sole apollineo del
mediterraneo per le brughiere nebbiose, la natura sublime, del nord Europa, denotano un allontanamento non
insigni cante dall’Italia neoclassica.

Nell’opera bu a è interessan ssima l’evoluzione dell’avvicendarsi narra vo. In Rossini era dis nguibile un complesso
intreccio della trama, che in Donize non c’è; la vicenda si sussegue in modo chiaro.

Signi ca vo dal punto di vista musicale è l’enorme partecipazione da parte dell’orchestra, ad esempio nei recita vi che
diventano sempre accompagna . Era unica la sua capacità di alternare con nue idee musicali capaci di aprire evoca vi
squarci su mondi dal cara ere in mo che prima non si conoscevano.

A par re dal 1830 con l’opera lirica “Anna Bolena” si ha un sostanziale rinnovo rispe o alla tradizione operis ca
precedente. È chiara l’ardente ispirazione dramma ca e una nuova sensibilità musicale lirica e malinconica che posero
le basi per un nuovo modello di dramma lirico roman co.

Sempre con “Anna Bolena” vi si realizza una “riforma” vocale grazie alla quale si impone una melodia estremamente
più acca vante e suadente, la quale riduce, o per meglio dire, piega gli abbellimen , le oriture e le colorature ad una
valenza non esclusivamente tecnico-virtuosis ca ma ad una nalità “roman camente” espressiva.

L’aria donize niana è più stro ca e simmetrica, tu o più tradizionale.

Il contrasto tra uomo e natura, l’esaltazione del popolo, il dissidio lacerante dei sen men e le visione dell’uomo come
eroe, ovvero i nuovi canoni del Roman cismo, non saranno cara eris ci della gura di Donize (non incarna
l’emblema puro dell’ar sta roman co), nonostante le in uenze che questa nuova sensibilità, di usasi radicalmente
oltralpe, ebbe sulla sua produzione e sul suo s le.
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La sua laboriosità gli ha permesso di eccellere tanto nel genere bu o quanto nel genere serio (avviando una certa
mescolanza tra i due generei), fondando una teatralità nuova, squisitamente e de ni vamente o ocententesca che si
apre ad una dimensione più sfacce ata ed europea.

Giuseppe VERDI (1813-1901)


formazione Milano, a ermazione nazionale e internazionale, esperienza poli ca, rapporto con A. Boito.

Giuseppe Verdi nacque il 9 o il 10 o obre 1813 da una modes ssima famiglia a Le Roncole, frazione di Busseto
(provincia di Parma). Trasferitosi all’età di undici anni a Busseto, oltre a frequentare il ginnasio, egli gode e della
paterna protezione, specialmente economica, di un agiato commerciante e dile ante di musica, Antonio Barezzi,
ricevendo una buona educazione musicale da Ferdinando Provesi, dire ore della locale scuola di musica e della
Società Filarmonica. Compiu i dicio o anni, nel 1832, Verdi proseguì i suoi studi a Milano come allievo privato di
Vincenzo Lavigna, non potè frequentare il Conservatorio di Milano in quanto straniero, proveniente dal Ducato di
Parma.
La sua è una dedizione quasi esclusiva verso il teatro musicale. Esordì con l’opera Oberto, conte di San Bonifacio nel
1839 al Teatro alla Scala di Milano; anno in cui si trasferì de ni vamente con la famiglia a Milano (nel 1836 aveva
sposato la glia maggiore di Barezzi , Margherita).
La sua vita fu funestata da diverse tragedie come la morte della moglie (1840 l’anno più terribile della sua vita) e dei
due gli na nel fra empo. Se l’avvio della sua carriera coincise con un discreto successo, fu proprio dopo ques anni
molto duri che iniziò il periodo delle opere centrali principalmente su sogge o storico, le quale hanno come sfondo il
Risorgimento o che rimandano alla situazione della penisola italica. Si aprirono così gli anno che lui de nirà “anni di
galera” (1839-1849) nei quali si dedicò anima e corpo alla composizione con un ritmo di lavoro quasi frene co.
Le sue opere composte no agli anni intorno al 1848 possiedono una comune atmosfera di fondo: la scelta delle trame
dei libre . Il compositore ins lla nelle sue opere un fervoroso o mismo, debitore anche al suo solido senso morale.
Verdi dunque costruisce la sua drammaturgia puntando sul perfe o incastro di una storia che dve proseguire a grande
energia sino alla ne.
La musica del primo Verdi fornisce una ne a impressione di grande slancio: l’arcata melodica non si innalza
gradualmente, ma spesso parte subito con estrema vitalità e con un andamento a frecciate successive, sostenuto da
un supporto armonico semplice e chiaro, senza ambiguità croma che. La fraseologia è quadrata e regolare; il ritmo,
impetuoso e travolgente.
Gli s li teatrali da cui Verdi subisce l’in uenza sono essenzialmente due, oltre al melodramma italiano dell’epoca: il
grand opéra con la sua concezione operis ca a grandi blocchi contrappos , monumentali e potenzialmente sta ci, e il
teatro parlato francese contemporaneo dalla concezione del dramma come organismo compa o unitario, tu o teso
verso la meta senza diversioni o indugi di sorta.
Il 1848, anno di profonda crisi poli co-sociale in tu a Europa, portò anche grandi cambiamen non solo nel mercato
operis co quanto nella vita e nella drammaturgia dello stesso Verdi. Gli interven delle censura di inasprirono. La crisi
economica poi avviò al tramonto il sistema impresariale n allora vigente, facendo sorgere una nuova gura
dominante: l’editore.
Il ritmo di produzione di Verdi iniziò gradualmente a rallentare, sia perché ormai era un compositore a ermato e aveva
raggiunto una solida agiatezza economica, sia perché stava cambiando la sua stessa concezione drammaturgica.
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Possiamo raggruppare il catalogo in:

Lavori giovanili = anni di esordio operis co ma già intriso dei valori risorgimentali
La trilogia popolare = “Il Rigole o” ,”Il Trovatore” e “La Traviata”
I successi internazionali
Otello e Falsta

“Don Carlos” e “Aida” sue due opere monumentali.

VERDI e il RISORGIMENTO

Alcune grandi personalità giungono a incarnare il sen re di un’epoca, i sogni di un intero popolo e Giuseppe Verdi è
assurto a simbolo dell’iden tà culturale dell’Italia unita. Le opere che il musicista compose durante la sua lunga
carriera, quali il Nabucco o il Don Carlos, fecero la loro comparsa sullo sfondo dei mo rivoluzionari che agitarono la
Penisola nel corso dell’O ocento e divennero l’emblema dell’Italia del Risorgimento. Anche se il compositore di
Busseto non era certamente un rivoluzionario come Mazzini o Garibaldi, riuscì a trasporre nella musica l’anelito alla
libertà degli italiani, in ammando il loro patrio smo con l’energia e la forte carica emo va delle sue opere.
Nacque nel 1813 nel piccolo Ducato di Parma, all’epoca incluso tra i possedimen napoleonici, e morì nel 1901 a
Milano, che era già la capitale economica dell’Italia. Pochi ar s furono tanto esalta in vita dai loro compatrio come
lui. Fama e successo lo raggiunsero presto, se già nel 1846, quando aveva solo 33 anni, lo scri ore Benede o Bermani
pubblicò una biogra a su di lui: Schizzi sulla vita e sulle opere del maestro Giuseppe Verdi. Curiosamente, soltanto sei
anni prima la situazione appariva diametralmente opposta. Il secondo lavoro di Verdi, Un giorno di regno, presentato
alla Scala di Milano nel se embre del 1840, si era rivelato un clamoroso insuccesso. D’altronde, nell’arco di due anni
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egli aveva perso i due gliole e la giovane moglie, così portato a termine l’opera in condizioni psicologiche disastrose
solo per rispe are il contra o. Conscio dei limi del suo lavoro e oppresso dal dolore, Verdi aveva giurato di non
scrivere mai più una nota.
Tu avia, come narra lo stesso compositore nella sua Autobiogra a epistolare, in una sera d’inverno del 1841
l’impresario della Scala Bartolomeo Merelli insiste e perché musicasse un libre o del poeta Temistocle Solera,
Nabucodonosor. Il dramma su libre o di Solera narrava le vicissitudini degli ebrei, schiaccia dal potere dispo co del
sovrano babilonese Nabucodonosor. Ogni italiano avrebbe potuto riconoscere le proprie sventure in quelle del popolo
ebraico: Nabuccodonosor non era che un simbolo dell’oppressore austriaco. Colpito da tale opera, Verdi, fervente
patriota e strenuo sostenitore degli ideali liberali che serpeggiavano in Europa, accantonò la tristezza, pronto a
rime ere in gioco il proprio talento.
Un anno dopo, il 9 marzo del 1842, il Nabucco (contrazione dell’originario Nabucodonosor) venne messo in scena per
la prima volta al Teatro alla Scala ed ebbe un successo straordinario, tanto da essere rappresentato 64 volte nel suo
primo anno di esecuzione. Fu sopra u o il coro degli ebrei in schiavitù del terzo a o a in ammare l’animo degli
spe atori. Gli emozionan versi del Va’ pensiero, la sua invocazione nostalgica: “Oh, mia patria sì bella e perduta!”
sarebbero rimas scolpi nell’immaginario colle vo. Il coro del Nabucco subì un processo di mi zzazione senza pari
che lo trasformò in un potente inno nazionalista, fa o proprio dai patrio italiani.
Dopo la rappresentazione del Nabucco, Verdi vide i suoi incarichi aumentare, così come gli interven della censura. Il
compositore, peraltro, poteva contare sulla protezione della contessa Clara Ma ei, che ges va a Milano un salo o
culturale, punto di riferimento per gli oppositori liberali. L’opera I Lombardi alla prima crociata (1843), composta da
Verdi subito dopo il Nabucco, segnò il suo primo incontro con la censura austriaca. L’arcivescovo di Milano Carlo
Gaetano di Gaisruk, preoccupato da quella mescolanza di sacro e profano si rivolse al capo della polizia Torresani,
chiedendo la proibizione della rappresentazione e minacciando, in caso contrario, di scrivere all’imperatore d’Austria
Ferdinando I. L'opera andò in scena comunque con piccole modi che al testo.
Verdi, in ogni caso, con nuò a me ere in musica i temi della rannia e della rivolta in opere come l’A la (1846), che
narra la discesa nei territori italiani del temuto esercito unno, o il Macbeth (1847), dove, all’inizio dell’ul mo a o, i
profughi scozzesi piangono le sor della loro “Patria oppressa”. Con il Don Carlos il compositore aveva inteso invece
a rontare un tema di sco ante a ualità per l’epoca: il con i o tra Stato e Chiesa. La conquista dell’ul mo baluardo
che impediva la piena uni cazione dell’Italia, lo Stato Pon cio, sarebbe avvenuta solo tre anni dopo, con la presa di
Roma, il 20 se embre del 1870. L’impegno civile e l’apporto del musicista alla causa dell’Unità fu riconosciuto dalle
personalità poli che del nuovo Stato italiano, tanto che nel 1874 il re Vi orio Emanuele II lo nominò senatore a vita,
carica che, peraltro, sarà per Verdi poco più che onori ca. Quando il compositore morì a Milano, il 27 gennaio 1901, le
persone che a migliaia accompagnarono la sua salma all’ul ma dimora intonarono il Va’ pensiero, salutando così uno
dei massimi protagonis del Risorgimento.

IL LINGUAGGIO MUSICALE VERDIANO

La drammaturgia verdiana Verdi fu oltre che compositore un uomo di teatro. Oltre a scegliere con oculatezza i sogge
delle opere, intervenne spesso anche sui libre , modi cando l’organizzazione narra va e la parola scenica, perché
convinto che il testo des nato al canto operis co richieda una speci cità individuata nell’immediatezza chiara e
semplice dei contenu seman ci lega al testo narra vo. Verdi resta fedele al primato della vocalità operis ca di
tradizione italiana, ma sa a ribuire una potente cara erizzazione sonora ai personaggi singoli e colle vi.

I pro li melodici prediligono il procedimento per grado congiunto, con l’inserimento di sal espressivi che
intensi cano la melodia. Verdi u lizza spesso l’intervallo di sesta maggiore e minore

Le stru ure ritmiche sono molto vigorose e riecheggiano spesso s lemi popolareggian di danza e di marcia.
Verdi sfru a tu e le risorse espressive della vocalità solis ca, dal virtuosismo d’agilità al recita vo dramma co. Non ci
sono dubbi che l'ispirazione di Verdi sia essenzialmente melodica, nel senso più italiano del termine. I cori propongono
spesso ampi passaggi omoritmici e all’unisono che ra orzano il signi cato colle vo del gruppo rappresentato.

L’armonia si basa su un impianto tradizionale, generalmente consonante e arricchito talvolta da alterazioni croma che
(frequentemente abbassa il II e il VI grado). Il lessico armonico si arricchisce sopra u o nelle ul me opere, grazie
all’in uenza wagneriana.

L’orchestrazione è sempre densa e curata, ma Verdi non a ribuisce autonomia sinfonica alla scri ura strumentale,
conservando la centralità della voce.
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Le forme musicali tendono ad ampliarsi in unità narra ve che prevedono più recita vi, arie, episodi d’insieme e cori
tra loro collega senza interruzioni.
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