De Fazio Antonio – Storia e storiografia della musica I
Nel corso del medioevo la musica, oltre ad essere un’arte di altissimo livello a cui pochi aspiravano e ad essere monodica, era riservata solo alla parte ecclesiastica della società: ai monaci dei diversi ordini esistenti all’epoca. La chiesa, grazie alle molteplici composizioni di canto gregoriano scritte in notazioni differenti a seconda del luogo dove venivano scritte, da il via alla musica; la quale poi si evolverà dando vita alla musica moderna. È possibile quindi citare Guido d’Arezzo che grazie ai suoi molteplici metodi per semplificare la musica ai suoi studenti citati nell'Epistola ad Michaelem, introduce il tetragramma e la notazione quadrata rendendo la scrittura dei neumi più simile a quella odierna. In più il monaco benedettino denominò le note partendo dall’inno a San Giovanni, preso in considerazione poiché conosciuto da tutti e poiché ogni emistichio viene intonato a salire, sistemando i suoni su una “mano” creando il sistema della mano guidoniana, definendo poi anche le tre chiavi principali: chiave di sol, di fa e di do. Le diverse celebrazioni ecclesiastiche e i canti gregoriani erano in lingua latina rendendo quindi impossibile la partecipazione del popolo all’interno del mondo religioso. Nasce così l’ufficio drammatico strettamente collegato al dramma liturgico e alle laude. Gli uffici drammatici erano rappresentazioni teatrali religiose medievali, spesso eseguite durante le festività liturgiche, che drammatizzavano eventi sacri come la Passione di Cristo. Queste rappresentazioni erano parte integrante della liturgia e coinvolgevano la partecipazione attiva della comunità. Di conseguenza il dramma liturgico divenne un genere teatrale usato per raccontare al popolo episodi religiosi come la nascita e la morte di Cristo. È possibile prendere in considerazione il presepe, ottimo esempio di dramma liturgico senza però attori. Negli anni successivi la musica viene rivoluzionata da San Francesco d’Assisi, monaco di origini nobili figlio di una cantante, che scrive canzoni religiose in lingua volgare inventando così le laude: composizioni musicali religiose popolari nel Medioevo spesso cantate durante le processioni o le celebrazioni liturgiche che esprimono devozione e lode verso Dio e possono essere eseguite da singoli cantori o da cori. Anche se nei canti gregoriani l’unico strumento utilizzato era la voce, al di fuori della chiesa venivano molto utilizzati. Vennero poi catalogati da Alfonso X el Sabio nel Cantigas de Sancta Maria. Gli strumenti musicali più popolari erano: • il liuto, uno degli strumenti più iconici del Medioevo a corda pizzicata con un corpo a forma di pera e un manico lungo. • la viella, uno strumento a corda suonato con l'arco simile al violino ma con un corpo più arrotondato. • il flauto, del quale esistevano diversi tipi nel medioevo, inclusi flauti traversi e flauti diritti che venivano suonati in varie occasioni; • il corno, poteva essere fatto di legno, metallo o corno animale e veniva utilizzato per produrre suoni potenti e distintivi; • il tamburo, uno strumento a percussione fondamentale utilizzato per fornire ritmo e supporto alle performance musicali; • la ghironda, uno strumento a corda ad arco con una manovella che faceva vibrare le corde producendo un suono simile a quello di una zampogna; • l’arpa, uno strumento a corda molto popolare nel Medioevo con corde pizzicate che venivano suonate con le dita; • l’organetto portativo, uno strumento a fiato simile all'organetto che poteva essere suonato tenendolo in mano, azionando i mantici e suonando le tastiere. Al di fuori del mondo ecclesiastico e delle laude era comunque presente un repertorio musicale profano, il quale però purtroppo non è giunto ai giorni d’oggi poiché la musica non veniva trascritta. Gli artisti di strada dell’epoca erano diffusi in tutta Europa e trattavano temi simili ma si chiamavano diversamente a seconda del Paese: in Italia c’erano i menestrelli e i giullari, mentre in Francia i trovatori e i trovieri. I menestrelli e i giullari erano figure importanti nel contesto culturale e musicale del Medioevo, anche se avevano ruoli leggermente diversi. I menestrelli erano musicisti ambulanti e intrattenitori che si esibivano presso le corti nobiliari e nei mercati medievali. Essi suonavano strumenti musicali, cantavano ballate e recitavano poesie. I giullari, invece, erano simili ai menestrelli ma si distinguevano per il loro approccio più teatrale e comico. Essi intrattenevano il pubblico con acrobazie, giochi di prestigio, e talvolta con la recitazione di poesie o canzoni. I trovatori erano poeti e musicisti provenzali che fiorirono principalmente tra il XII e il XIII secolo nella regione della Provenza, in Francia. Essi componevano e eseguivano poesie e canzoni in lingua d'oc, accompagnandosi spesso con uno strumento musicale come il liuto o l'arpa. I trovieri, invece, erano i corrispettivi della regione settentrionale della Francia, dove si parlava la lingua d'oïl. Come i trovatori, essi componevano poesie e canzoni, ma utilizzavano la lingua della Francia del nord nelle loro opere. In sintesi, i menestrelli e i giullari erano figure più itineranti e generalmente più legate all'intrattenimento e alla diversità delle arti dello spettacolo, mentre i trovatori e i trovieri erano poeti e musicisti che si concentravano principalmente sulla composizione e sull'esecuzione delle loro opere poetiche e musicali presso le corti nobiliari e nei contesti aristocratici. Il nome della canzone assumeva un nome diverso in base al contenuto trattato nel testo: le pastorelle ad esempio erano delle liriche dove si parlava dell’amore tra un cavaliere e una popolana, le albe parlavano di un amore clandestino mentre le ballate erano canzoni accompagnate da un ballo. È possibile citare inoltre la scoperta di un codice scritto in latino chiamato “Carmina Burana” nel 1847 in un monastero a Baviera, riguardante situazioni morali, amore, argomenti conviviali e argomenti religiosi. Il noto musicista Orff poi nel XX secolo, arrangiò i testi a noi pervenuti scrivendo composizioni per orchestra seguendo uno stile medievale, intitolando l’opera “Carmina Burana” che si conclude con il celebre brano “o fortuna”.