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Inoltre, era importante associare la musica e la danza nelle giornate di festa e nelle
ore di riposo di tutte le classi sociali. Ad esempio, il sonno dei sovrani era conciliato
dalla musica.
Ciò che non veniva nemmeno diviso dalla musica era la poesia, infatti come nell’antica
Grecia, la poesia veniva composta per essere soprattutto cantata e non recitata. La
poesia comincerà a svincolarsi dalla musica soltanto a partire dal Dolce Stil Novo.
Si distinguono vari tipi di musicisti nel Medioevo, anche se nella storia vengono
considerati letterati piuttosto che musicisti, ossia:
I trovatori;
I trovieri;
I minnesänger.
I trovatori spesso utilizzavano i rotoli di pergamena solo per appuntarvi i testi poetici
(che non sono arrivati fino ai nostri giorni), invece le melodie erano trasmesse
oralmente. Solo successivamente si sentì l’esigenza di fissare sia i testi che le melodie
su un materiale che doveva resistere all’usura del tempo. C’è una sproporzione fra i
manoscritti dei testi e delle melodie pervenute infatti il rapporto è di 2542 contro
264.
I manoscritti che ci sono pervenuti sono ricchi di miniature e questo dimostra che
essi sono stati commissionati da personaggi di alto rango, per i quali il possesso di
questi volumi rappresentava raffinatezza e alta competenza artistica. Su circa 2500
testi poetici pervenuti soltanto la decima parte di essi è provvista di notazione
musicale. Questo avvenne per 2 motivi:
La parola trovatore molto probabilmente deriva dal termine “trobar” che significa
“inventare, trovare” e quindi il trovatore era colui che componeva sia il testo che la
musica. I trovatori operavano soprattutto nel XII secolo e davano vita a delle poesie
(o liriche) in volgare. Essi operavano nella Francia meridionale, in modo particolare
in Aquitania e in Provenza e scrivono le loro liriche in lingua d’oc o occitanica (in cui
la parola oc in provenzale significava sì) e questo tipo di produzione venne chiamata
“produzione trobadorica”. I trovatori erano delle persone che appartenevano alla
nobiltà (re, marchesi, conti, visconti). Il primo trovatore di cui si conosce il nome è
Guglielmo d’Aquitania (ossia Guglielmo IX, Conte di Poitiers e duca di Aquitania).
Altri trovatori famosi sono: Jaufre Rudel, Bertran de Born, Gui Folqueis (un chierico
che divenne papa, ossia papa Clemente IV), Folquet de Marseille e Marcabru (che
viene considerato come un “poeta maledetto” in quanto egli era un giullare e quindi
non un nobile). Oltre ad essi abbiamo anche 7 donne (trovatoresse), tra cui la
contessa di Dia, e anch’esse erano delle nobili.
Sia i giullari che i menestrelli erano delle persone che venivano scelti dal re.
I trovatori essendo dei nobili non potevano suonare o cantare le loro composizioni,
in quanto perdevano il loro status sociale e quindi le loro composizioni venivano
eseguite dai menestrelli e dai giullari (1 o 2 giullari). Di solito l’aristocratico si
metteva accanto a chi eseguiva la sua composizione. Chi suonava o cantava
composizioni non proprie non era considerato un musicista ma un menestrello o
giullare. ?
Quindi i giullari e i menestrelli erano gli interpreti delle liriche sia trobadoriche che
trovieriche.
I giullari venivano considerati dai clerici alla stregua delle prostitute. Riguardo ai
menestrelli possiamo dire che essi venivano considerati come delle “prostitute”, nel
senso che “si vendevano al miglior offerente”, infatti giravano le corti che più gli
convenivano, in quanto essi ricevevano un compenso per il servizio che prestavano.
1. L’ipotesi liturgica;
2. L’ipotesi spagnola.
Secondo l’ipotesi liturgica, molti studiosi hanno ritrovato delle analogie fra la
produzione trobadorica e la musica sacra di quel tempo; infatti a quell’epoca in
Aquitania si utilizzavano i tropi. Ecco che è probabile che la parola trovatore derivi
da “tropatore” oppure la parola vers, che indica i componimenti dei trovatori, derivi
da versus, che era una composizione in latino simile al tropo. Questa ipotesi però
non spiega il contenuto delle liriche dei trovatori, anche se alcuni studiosi hanno
rilevato delle analogie fra l’amor cortese e la devozione alla Vergine Maria.
L’amore arabo, così come quello greco, era un amore pederasta; ciò indica l’inizio
di una relazione, al di fuori dell’ambito familiare, tra una persona adulta e un
adolescente.
La cultura araba con quella europea hanno delle analogie in ambito letterario, ossia
hanno in comune le kharagiat. Esse sono delle strofe scritte in dialetto spagnolo
che si ritrovano alla fine di alcune composizioni. Inoltre esse costituiscono le prime
poesie sull’amor cortese scritte in lingua volgare, quindi possono considerarsi come
l’antecedente della produzione trobadorica. Anche sul liuto (strumento a corde
pizzicate) possiamo dire che è derivato da quello arabo.
Oggi possediamo le Vidas, che sono le bibliografie sui trovatori, anche se non sono
storicamente attendibili.
Una delle Vidas più famose è quella di Jaufre Rudel; essa narra che Jaufre Rudel
era un uomo nobile e principe di Blaia. Egli si innamorò della contessa di Tripoli
senza conoscerla, soltanto per il bene che di lei sentì raccontare. Così egli per
conoscerla si fece crociato e partì ma sulla nave, mentre era in viaggio, lo colse una
grave malattia. I suoi compagni lo credettero morto e quindi lo portarono in un
albergo a Tripoli e avvisarono la contessa. Ella lo accolse fra le sue braccia e Jaufre
la riconobbe e riprese la parola, l’udito e la vista; così egli lodò e ringraziò Dio per
avergliela fatta incontrare prima di morire. Così Jaufre morì fra le braccia della
contessa ed ella lo fece seppellire onoratamente nella sede dei Templari ed ella il
giorno stesso si fece monaca, a causa del dolore della perdita del suo amato.
I trovieri operano nel XIII secolo nella Francia del Nord. Essi influenzano: i rapporti
commerciali fra nord e sud della Francia, molti giullari viaggiano in diverse terre
straniere e inoltre vi sono numerosi ed importanti matrimoni principeschi, che
comportavano spostamenti di personale al seguito delle spose e quindi causavano
contaminazioni fra culture diverse. Anche i trovieri, come i trovatori, hanno come
argomento prediletto, nelle loro composizioni, quello dell’amor cortese. La loro
produzione viene chiamata produzione trovierica. La più grande differenza fra i
trovieri e i trovatori è quella della lingua, nel senso che i trovieri non utilizzano la
lingua d’oc ma lingua d’oïl; questa lingua successivamente darà origine al francese
moderno e l’affermazione oïl si trasformerà in oui. I principali trovieri sono:
Chrétien de Troyes (il più famoso), il re d’Inghilterra Riccardo I Cuor di Leone e
Adam de la Halle. I principali generi musicali dei trovieri sono:
Chanson, che ha il seguente schema: AB-AB’-CDE. La differenza fra B e B’ è
che B è una cadenza sospensiva, invece B’ è una cadenza conclusiva. A
seconda dell’argomento abbiamo diversi tipi di chanson: chanson
dramatiques, chanson d’ histoire, de danse, d’aube, à boire, ecc.
Lai, che ha carattere narrativo o lirico, religioso o profano e
successivamente divenne polifonico.
Rondeau.
Ballade, e successivamente ha dato vita alla ballade polifonica e italiana.
Jeu-parti, che è incentrato su un dialogo fra 2 personaggi che
alternativamente intonano la stessa melodia.
Nella tipologia più semplice e più comune usata dai trovatori si utilizza la musica di
una cansò, costituita da 2 sole frasi musicali. In ogni strofa, detta cobla, la frase
musicale A è usata per le prime 2 coppie di versi, invece la frase musicale B è
utilizzata per i 2 o 3 versi finali. La forma complessiva di ogni cobla è: AAB.
Un altro tipo di musicisti che trattavano sempre come argomento principale l’amor
cortese nelle loro composizioni poetico-musicali erano i Minnesänger. La parola
minne significa amor cortese e quindi i Minnesänger erano i cantori d’amore. Essi
interessarono l’area austro-tedesca e anch’essi erano dei nobili. I Minnesänger più
famosi sono: Wolfram von Eschenbach e Tannhäuser. I generi musicali utilizzati dai
Minnesänger sono:
Nel Medioevo sono stati composti anche delle composizioni in lingua latina ma che
trattano degli argomenti profani. Essi avevano l’obiettivo di intonare le poesie di
autori classici latini come Boezio, Orazio, Virgilio, Giovenale ma anche alcuni
planctus, ossia dei compianti di personaggi famosi come ad esempio il “Planctus
Karoli”, che è un planctus sulla morte di Carlo Magno.
Nei Carmina Burana sono contenuti i canti goliardici dei clerici vagantes (ossia degli
“studenti vaganti” che appunto vagavano da un’università all’altra). Si tratta di canti
scritti in latino, tedesco o francese. Il termine “Carmina Burana” deriva dal fatto che
questi canti sono stati ritrovati in un abbazia che si chiamava così, presso Monaco di
Baviera.
Le laude sono dei canti devozionali in lingua volgare e hanno carattere strofico,
monodico e sillabico (quindi sono dei canti abbastanza semplici). Esse venivano
trasmesse oralmente e si sono diffuse in Italia fra il XIII e il XVIII secolo.
Il dramma liturgico, invece, erano dei canti in lingua latina. Esso aveva l’obiettivo di
esternalizzare il rito religioso.
Ma questi drammi liturgici non possono essere considerati delle composizioni teatrali,
in quanto i personaggi indossavano paramenti sacri piuttosto che abiti comuni e il
sepolcro era un addobbo presente nelle chiese soltanto durante la Settimana Santa.
Solo successivamente si allestirono dei palcoscenici veri e propri per i drammi
liturgici. Furono prese dalla Bibbia altre scene drammatiche come: la visita dei
pastori al presepe, la strage degli innocenti, l’episodio dei discepoli di Emmaus e il
pianto di Maria sotto la croce (uno di questi è il Planctus Mariae che è contenuto nel
manoscritto dei Carmina Burana).
Mentre i drammi in latino sono imperniati attorno a dei centri monastici ben
determinati come San Marziale di Limoges in Francia, San Gallo in Svizzera e
Winchester in Inghilterra, i drammi in volgare, fondati anch’essi su argomenti sacri,
si diffondono in tutta Europa. Per i drammi in volgare si può parlare di vera e propria
rappresentazione teatrale, in quanto:
i costumi degli attori non sono storicizzati ma erano degli abiti
contemporanei;
il palcoscenico era spesso all’aperto e in piena luce del giorno e senza una
demarcazione netta, al contrario di quello che accade oggi, per lo spazio
riservato al pubblico;
i diversi luoghi in cui si svolge la scena sono rappresentati da elementi
accostati l’uno accanto all’altro (scena multipla).
Mentre i drammi liturgici in latino avevano uno stile modico, i drammi in volgare
erano basati su ampi dialoghi parlati.
San Francesco d’ Assisi ha composto, nel XIII secolo, il Cantico delle creature e
secondo la Leggenda perugina ha composto anche la melodia che ha insegnato ai
suoi compagni ed è stato il primo “compositore” italiano in lingua volgare.
Quello che resta della produzione musicale dei trovatori si trova in 4 manoscritti. Tre
di essi si trovano presso la Biblioteca Nazionale di Parigi e uno presso la Biblioteca
Ambrosiana di Milano. Si tratta però di manoscritti che risalgono ad una redazione
tardiva, in quanto prima il repertorio si tramandava oralmente. Tre di questi codici
provengono dalla Francia settentrionale e uno dall’Italia settentrionale, e quindi
provengono da dei luoghi differenti rispetto alla vera culla della produzione
trobadorica, ossia la Provenza.
In queste versioni si ritrovano delle varianti che sono delle aggiunte a una melodia
di fondo. Questo ci fa capire l’abitudine della pratica dei trovatori (come tutte le
pratiche fondate sulla trasmissione orale) che era quella in cui il cantore
personalizzava la composizione, nel senso che l’esecutore era fedele alla
composizione originale ma apportava delle variazioni, modifiche o aggiunte al
momento dell’esecuzione. Il risultato era quello di avere più tradizioni parallele e
indipendenti della stessa intonazione. Inizialmente tutto era fondato sulla
trasmissione orale ma successivamente si giunge alla redazione scritta. E’ probabile
che anche le composizioni che ci sono pervenute abbiano subito delle modifiche o
delle aggiunte anche dopo la redazione scritta. E’ insensato chiedersi chi sia il primo
autore della prima versione, in quanto non esiste nel Medioevo la versione ufficiale
perché i testi sono tutti anonimi in quanto tutti trattano la stessa musica
(composizione), a meno che l’ ”autore” non lasciava il proprio nome sul testo.
Un altro problema era rappresentato dal ritmo. Questo problema è tuttora irrisolto.
A quell’epoca esisteva la notazione diastematica, nel senso che i neumi venivano
trascritti sul tetragramma, utilizzando la notazione quadrata, ma erano aritmici (cioè
privi di ritmo). Ecco che si cercano diverse soluzioni:
si pensava che il ritmo fosse desunto dalla struttura accentuativa del verso;
Hendrik van der Werf inventò il “ritmo libero”; questo significava che il ritmo
veniva desunto dal fluire e dal significato del testo, nel senso che si poteva
utilizzare lo stesso ritmo usato in una poesia declamata senza musica. Quindi
significava che il ritmo veniva desunto dal testo (ad esempio dalla
punteggiatura).
Flauti;
Arpe;
Tamburi;
Cornamuse;
Salteri (strumenti a corde pizzicate);
Vielle (strumenti ad arco dell’epoca).
Nei manoscritti sono contenute poche immagini riguardo l’esecuzione delle liriche
trobadoriche in pubblico, in quanto i miniatori preferivano raffigurare altro.
Gli strumenti erano utili per arricchire ma venivano utilizzati sempre in secondo
piano. Spesso gli strumenti sono raffigurati a coppia, quindi si preferiva un tipo di
esecuzione che noi potremmo oggi definire cameristico. Si preferiva anche
un’estensione grave e quindi si è ipotizzato che una delle modalità esecutive era
quella di intonare una melodia su un bordone strumentale. Agli strumenti si poteva
anche affidare la funzione di raddoppio della voce, brevi episodi di introduzione o di
epilogo, postludio o di interludio fra una cobla e l’altra. Infine alcuni strumenti,
come la viella, potevano eseguire una melodia essenziale che contemporaneamente
l’esecutore variava con l’introduzione di alcuni melismi.
Adam de la Halle è stato un troviere che ha scritto non solo musica monodica ma
anche polifonica.
La base di qualsiasi cosa era il Canto Gregoriano infatti la polifonia nasce da esso.
La prima forma di polifonia fu l’organum.
1. La diafonia;
2. L’organum parallelo;
3. Il discanto;
4. L’eterofonia;
5. L’organum melismatico;
6. Il bordone;
7. I tropi simultanei.
Non ci sono ipotesi su colui che per primo ha utilizzato questo tipo di canto.
La tecnica del discanto è l’arte di improvvisare una nuova melodia con un canto
preesistente (punctum contra punctum = contrappunto, infatti da qui nasce il
contrappunto) e in essa vengono invertite le voci, nel senso che la vox principalis è
messa nella parte inferiore invece la vox organalis è messa nella parte superiore. In
questa tecnica tra le note simultanee intercorrono intervalli di quarta, quinta,
ottava o unisono e si riscontra una prevalenza (non unicità) del moto contrario (una
parte sale e l’altra scende e viceversa) rispetto al moto retto (le 2 parti si muovono
nello stesso modo). Non si deve credere che nella tecnica del discanto si escluda
l’improvvisazione al momento dell’esecuzione da parte del cantore.
L’Organa laetitiae e l’Organa Benedicamus domino sono dei tropi simultanei, in cui
si avevano 2 testi differenti cantati simultaneamente.
Johannes Cotto risale al XII secolo (1100) ed è il primo teorico sugli organa.