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JAMES JOYCE

Nasce a Dublino nel 1882 e muore a Zurigo nel 1941.

Si può affermare che l’Ulisse, per la struttura compositiva e le soluzioni stilistiche, sia il romanzo più innovativo della
letteratura del 900. L’opera racconta una sola giornata in 18 capitoli e la trama si caratterizza per essere divisa in diversi
episodi non riconducibili ad un’unità discorsiva.

L’autore, in linea con l’Odissea, fa vagare i due personaggi principali per Dublino, città simbolo e sintesi materiale e
spirituale del mondo moderno. Uno dei protagonisti è Leopold Bloom riconducibile alla figura di Ulisse, l’altro, Stephen
Dedalus, in cui si può vedere lo stesso Joyce, raffigura il figlio di Ulisse: Telemaco. I due personaggi sono complementari:
Bloom, caratterizzato da emotività sensuale e frivola curiosità, accetta in casa sua Dedalus, inquieto intellettuale, avido
di curiosità.

Bloom cercava infatti una figura che potesse sostituire un figlio che era morto giovane e l’altro cercava un padre nel
quale si potessero equilibrare i suoi scompensi mentali.

Gli avvenimenti che li fanno unire avvengono in una sola giornata, dall’alba alla notte: ogni ora ha il suo episodio che
corrisponde ad un canto dell’Odissea. Ogni episodio, inoltre, ha il centro di sensazioni in una parte del corpo e ognuno
è contraddistinto da un simbolo (erede, cavallo, editore, vergine…)

Nella narrativa non si rintraccia più nulla riconducibile alla narrativa ottocentesca. Si perde la concatenazione logico-
cronologica degli avvenimenti poiché tutti gli eventi passano attraverso la coscienza di vari personaggi. Infatti passato e
presente si mescolano continuamente e il cambiamento dei punti di vista introduce diverse prospettive di giudizio e
osservazione.

Ne risulta un totale relativismo, dove l’unità dell’io è completamente compromessa.

Alla base dell’opera c’è il confronto tra mito e realtà rintracciabile già nel titolo: il nome del poeta omerico le cui
vicissitudini sono vissute da Leopold in chiave moderna. I collegamenti con l’Odissea sono evidenti sia a nella struttura
che nel contenuto. Anche se il moderno Ulisse assomiglia più al personaggio dantesco che progetta il suo viaggio per
conoscere meglio se stesso e le proprie capacità rispetto ai limiti imposti da Dio.

Anche bloom compie un viaggio ma all’interno della sua coscienza, o meglio in quella zona dove si confondono i confini
del conscio e dell’inconscio.

L’autore rivela grande versatilità linguistica, usando in ogni capitolo più narratori e vari tipi di focalizzazione. Vediamo
una massiccia presenza del monologo interiore e la tecnica del flusso di coscienza (stream of consciousness). L’autore
riporta i pensieri del personaggio così come affiorano nella sua mente senza alcun intervento personale o collegamento
strutturale, abbandonando la punteggiatura. Tecnica usata da Joyce per dare voce a ciò che è tra la coscienza e
l’inconscio.

Varietà stilistica caratterizza l’opera. Joyce impiega una serie di stili molto variegati e nel passaggio dal comico al sublime
ogni registro viene reinventato. Attraverso questo sperimentalismo, l’autore sconvolge la struttura e l’idea tradizionale
del romanzo, sottolineando il carattere mutevole dell’esperienza umana.

Nasce quindi un realismo integrale che va oltre le apparenze per cogliere gli aspetti profondi e ambigui delle cose.

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