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ROMANA RES PVBLICA

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M M XX I II
i i · 202 3

PI S A · R O MA
RO MA N A

FABRIZIO SERRA · EDITORE


RES PVB LI C A
AN INTERNATIONAL JOURNAL

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SOMMARIO

Premessa 9

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John Thornton, Sviluppi istituzionali, ritmo della conquista, instabilità degli
equilibri. Le cesure della storia repubblicana nella tradizione storiografica antica 11
Marianne Coudry, La République romaine et les domaines royaux: quels en-

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jeux? 39
Pierre-Luc Brisson, L’impérialisme romain à l’époque médio-républicaine,
historiographie et réflexions théoriques 75
Cristina Soraci, Verso la concessione della cittadinanza romana ai Siciliani: il
ruolo di Gaio Giulio Cesare e della gens Pompeia 103
Andoni Llamazares Martín, La extensión y gestión del ager publicus en Sici-
lia durante la República 137
Catherine Grandjean, À propos des monnaies luculliennes 165
Angelo Colombo, Il nome di Bruto. Prosopografie repubblicane nel «Monitore
di Roma» (1798-1799) 177
VERSO LA CONCESSIONE
DELLA CITTADINANZA ROMANA AI SICILIANI:

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IL RUOLO DI GAIO GIULIO CESARE
E DELLA GENS POMPEIA

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Cristina Soraci
Riassunto · La politica condotta da Gaio Giulio Cesare, Gneo Pompeo Magno e Sesto
Pompeo nei confronti dei Siciliani, seppur diπerente, mostra linee d’intervento comuni.
Cesare elargì a tutti i Siciliani il diritto latino e ad alcuni la cittadinanza romana; la data
della concessione del diritto latino discussa, ma una puntuale ricostruzione degli eventi
consente di aπermare che lo fu nel 45 a.C.; il provvedimento di concessione della cittadi-
nanza romana, invece, attribuito a Cesare da Antonio ma sulla cui eπettiva applicazione
lecito nutrire pi di un dubbio, venne varato nell’aprile del 44 e annullato nel febbraio/
marzo del 43 a.C. D’altro canto, nel corso della sua occupazione dell’isola (43-36 a.C.), Se-
sto Pompeo, che desiderava presentarsi come garante della tradizione nonché degli interessi
della fazione aristocratica, non incentivò, com’è stato ritenuto, la municipalizzazione dei
centri siciliani, ma scelse di perseguire la politica paterna e familiare di concessione della
cittadinanza a singoli individui. Uno spoglio delle testimonianze concernenti la presenza
della gens Pompeia in Sicilia consente di trarre alcune interessanti conclusioni al riguardo.
Parole chiave · Cesare, Pompeo Magno, Sesto Pompeo, Siciliani, cittadinanza.
Abstract · Towards the grant of Roman citizenship to Sicilians: The role of Gaius Julius Cae-
sar and the gens Pompeia · The policies pursued by Gaius Julius Caesar, Gnaeus Pompey
the Great and Sextus Pompey towards the Sicilians, although diπerent, show common
lines of action. Caesar granted Latin rights to all Sicilians and Roman citizenship to some
of them. Although the date of his granting of Latin rights is debated, a precise recon-
struction of events allows us to a√rm that it was in 45 bc. The measure granting Roman
citizenship, on the other hand, attributed to Caesar by Antony but on the eπective ap-
plication of which one can harbour several doubts, was passed in April 44 and annulled
in February/March 43 bc. In contrast, during his occupation of the island (43-36 bc),
Sextus Pompey, who wished to present himself as the guarantor of tradition as well as
of the interests of the aristocratic faction, did not, as has been believed, encourage the
municipalisation of Sicilian centres, but chose to pursue the paternal and familial policy
of granting citizenship to individuals. An analysis of the evidence concerning the presence
of the gens Pompeia in Sicily allows us to draw some interesting conclusions in this regard.
Keywords · Caesar, Pompey the Great, Sextus Pompey, Sicilians, Citizenship.

L e tematiche concernenti la concessione del diritto latino e della cittadinanza


romana ai Siciliani sono state oggetto di rinnovato interesse negli ultimi an-

csoraci@unict.it, Università degli Studi di Catania, Italia.

https://doi.org/@0.@9272/2023@550@005 · «romana res publica», ii, 2023


http :// romanarespublica.libraweb.net

submitted: @.@0.2022 · reviewed: 2.@@.2022


104 cristina soraci
ni, anche ad opera della sottoscritta.1 Nondimeno, permangono non risolte di-
verse questioni, come l’esatta collocazione cronologica degli eventi e il ruolo
eπettivamente giocato da alcuni tra i protagonisti delle intricate vicende politiche
di quegli anni: Gaio Giulio Cesare, Gneo Pompeo Magno e Sesto Pompeo.
Si trattava, infatti, di provvedimenti molto delicati e poco condivisi dall’opi-
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nione pubblica dell’Urbe, soprattutto quella di matrice senatoria, che non amava
concessioni in blocco della condizione privilegiata di cittadini romani specie in una
provincia come la Sicilia che, come acutamente osservò Emilio Gabba, «doveva
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restare soggetta ad un regime provinciale di dipendenza economica».2 D’altro can-


to, gli imperatores della seconda metà del i sec. a.C. avevano bisogno di appoggi
per sostenere la loro più o meno rapida ascesa ai vertici dell’impero: in tale ottica,
era fondamentale conquistarsi il favore dei provinciali che, divenendo cittadini
romani, potevano influire a vario titolo sullo sviluppo degli eventi.
Il presente lavoro focalizza l’attenzione sulla politica condotta da Cesare, Pom-
peo Magno e Sesto Pompeo nei confronti dei Siciliani, che, seppur diπerente,
mostra linee d’intervento comuni.
Cesare, infatti, elargì a tutti i Siciliani il diritto latino e ad alcuni la cittadinanza
romana; il provvedimento di concessione della cittadinanza romana, invece, attri-
buito a Cesare da Antonio ma sulla cui eπettiva applicazione lecito nutrire più di un
dubbio, venne varato nell’aprile del 44 e annullato nel febbraio/marzo del 43 a.C.
D’altro canto, nel corso della sua occupazione dell’isola (43-36 a.C.), Sesto
Pompeo, che desiderava presentarsi come garante della tradizione nonché degli
interessi della fazione aristocratica, non ebbe un ruolo attivo, com’è stato in vario
modo e ripetutamente ritenuto,3 nella municipalizzazione dei centri siciliani, ma
scelse di perseguire la politica paterna e familiare di concessione della cittadinan-
za a singoli individui. Uno spoglio delle testimonianze concernenti la presenza
della gens Pompeia in Sicilia consente di trarre alcune interessanti conclusioni al
riguardo.

1. Le concessioni di Cesare e Antonio


In una lettera scritta ad Attico il 22 aprile del 44 a.C., Cicerone aπermava:
Scis quam diligam Siculos et quam illam clientelam honestam iudicem; multa illis Caesar, neque me
invito; etsi Latinitas erat non ferenda; verum tamen.
Tu sai quanto io sia aπezionato ai Siciliani e quale onore io ritenga sia stato per me l’averli
come clienti; Cesare ha dato loro molte cose e io ero d’accordo, anche se il diritto latino
non doveva essere concesso; tuttavia, lasciamo stare.4

1
Espinosa Espinosa 2018, in partic. pp. 411-413; Sisani 2018, pp. 354-355 e 363; Soraci
2018; Korhonen, Soraci 2019; Soraci 2019. 2
Gabba 1982-1983, p. 522.
3
Cfr. infra, p. 112 e nn. 2-3.
4
Cic. Att. 14.12.1 (Beaujeu 1988). Rostowzew 1910, col. 152 sottolinea, a ragione, che il
provvedimento è riferito da questa sola fonte, abbastanza avara di dettagli.
il ruolo di gaio giulio cesare e della gens pompeia 105

Secondo Cicerone, quindi, Cesare avrebbe accordato ai Siciliani molte cose e le sue
decisioni sarebbero state condivise dallo stesso oratore (neque me invito); in mancan-
za di indicazioni più esplicite, è possibile solo formulare ipotesi sulla precisa natura
delle suddette concessioni: si sarà trattato di favori elargiti ad personam, concernenti

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sia il conferimento della cittadinanza romana, sia agevolazioni di varia natura.
Il conferimento della cittadinanza romana a singoli individui era, certo, un
provvedimento non rivoluzionario e dalla portata molto più limitata rispetto ad

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una concessione generalizzata; per ciò stesso era consentito, quando non addirittura
gradito ad alcuni membri dell’aristocrazia senatoria romana. Cicerone dichiarò la
sua approvazione (neque me invito) anche perché alcuni tra questi favori vennero
da lui stesso esplicitamente richiesti: Gaio Avianio Filosseno, probabilmente un
siciliano in stretti rapporti con Gaio Avianio Flacco, amico di Cicerone, fu racco-
mandato dall’Arpinate prima a Cesare, che nel 59 a.C. lo fece diventare cittadino
di Novum Comum, poi al governatore della Sicilia M. Acilio Canino, in carica tra
il 46 e il 45 a.C.;1 per Publio Cornelio Demetrio Mega Cicerone aveva ottenuto
da Cesare negli ultimi mesi del 46 a.C. la cittadinanza romana mediante il tramite
di Publio Cornelio Dolabella, di cui Mega assunse praenomen e nomen.2 Altri favori
erano stati in precedenza richiesti ad Aulo Allieno, proconsole di Sicilia tra il 47 e
il 46 e uomo fidato di Cesare, per i figli di Gaio Avianio Flacco, Gaio e Marco;
costoro, pur non essendo originari dell’isola, erano in qualche modo a essa legati,
entrambi per ragioni economiche (verosimilmente perché possedevano terre in
questa provincia: ut … rem utriusque defendas, te rogo) e Gaio anche perché si tro-
vava in Sicilia dove evidentemente desiderava rivestire qualche incarico (ut illius di-
gnitatem praesentis ornes […] te rogo).3 Se Allieno aveva ricevuto solo due richieste

1
Cic. fam. 13.35: C. Avianius Philoxenus antiquus est hospes meus et praeter hospitium valde etiam
familiaris, quem Caesar meo beneficio in Novocomenses rettulit; nomen autem Avianii secutus est, quod
homine nullo plus est usus quam Flacco Avianio, meo, quemadmodum te scire abitror, familiarissimo:
quae ego omnia collegi, ut intelligeres non vulgarem esse commendationem hanc meam. Peto igitur abs
te, ut omnibus rebus, quod sine molestia tua facere possis, ei commodes habeasque in numero tuorum
perficiasque, ut intelligat has litteras meas magno sibi usi fuisse: erit id mihi maiorem in modum gratum.
Luraschi 1979, pp. 418-421 e passim. Sull’incarico di M. Acilio come proconsole in Sicilia vedi
Sternkopf 1912, p. 328 e Broughton 1952, pp. 296 e 308.
2
Cic. fam. 13.36 (del 46 a.C.): Cum Demetrio Mega mihi vetustum hospitium est, familiaritas
autem tanta, quanta cum Siculo nullo. Ei Dolabella rogatu meo civitatem a Caesare impetravit, qua
in re ego interfui; itaque nunc P. Cornelius vocatur; quumque propter quosdam sordidos homines, qui
Caesaris beneficia vendebant, tabulam, in qua nomina civitate donatorum incisa essent, revelli iussisset,
eidem Dolabellae me audiente Caesar dixit nihil esse, quod de Mega vereretur, beneficium suum in eo
manere. Hoc te scire volui, ut eum in civium Romanorum numero haberes, ceterisque in rebus tibi eum
ita commendo, ut maiore studio neminem commendarim. Gratissimum mihi feceris, si eum ita tractaris,
ut intelligat meam commendationem magno sibi ornamento fuisse. Sulle raccomandazioni in favore di
Filosseno e di Mega cfr. Deniaux 1993, pp. 311-327.
3
Cic. fam. 13.79 (del 47-46 a.C.): Et te scire arbitror, quanti fecerim C. Avianium Flaccum, et
ego ex ipso audiveram, optimo et gratissimo homine, quam a te liberaliter esset tractatus. Eius filios di-
gnissimos illo patre meosque necessarios, quos ego unice diligo, commendo tibi sic, ut maiore studio nullos
commendare possim. C. Avianius in Sicilia est; Marcus est nobiscum: ut illius dignitatem praesentis
106 cristina soraci
dall’Arpinate in favore di cittadini siciliani o romani, ad Acilio ne vennero indi-
rizzate dieci e a Tito Furfanio Postumo, proconsole designato per il 45, solo una.1
Nel brano della lettera ad Attico sopra citato, a fronte della vaghezza concer-
nente le molte cose concesse da Cesare ai Siciliani, l’unico provvedimento indi-
cato con precisione è la concessione agli isolani della Latinitas, ossia del diritto
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latino.2 La moderna dottrina ha generalmente datato tale evento nel 46;3 tuttavia,
1) poiché questa concessione, se già accordata nel 46 a.C., sarebbe stata proba-
bilmente menzionata da Cicerone almeno nella missiva in favore di Publio Cor-
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nelio Demetrio Mega, avanzata al proconsole Acilio negli ultimi mesi del 46,4

ornes, rem utriusque defendas, te rogo. Hoc mihi gratius in ista provincia facere nihil potes, idque ut
facias te vehementer etiam atque etiam rogo. Avianius era puteolano (Cic. ac. 80), ma i suoi interessi
dovevano essere già da tempo radicati in Sicilia, come testimonia questa epistola e forse, se
T. Titius era legatus in Sicilia, anche Cic. fam. 13.75 (risalente forse al 51 a.C. e per la quale mi
si permetta il rimando a Soraci 2011, p. 138 nn. 17-18, ove bibliografia). È fortemente pro-
babile che tra i mercanti puteolani che Cicerone immagina presenti al giudizio di Verre come
testimoni di diverse angherie subite in Sicilia (Cic. Verr. 2.5.59.154) vi fosse anche Avianius; in
ogni caso, riveste particolare interesse il fatto che siano epigraficamente attestati membri della
gens Aviania a Catania (IG xiv 499 = ISicily 1320), ad Alesa (ISicily 3575), a Messana (IGLM 6
= ISicily 3513) e a Centuripe (CIL x 7006 = ILPalermo 5), in iscrizioni, tuttavia, risalenti al i-ii
sec. d.C. (solo quella di Centuripe non è stata datata, ma per formulario e forma delle lettere
è verosimile che sia coeva alle altre).
1
Le due raccomandazioni indirizzate ad Allieno sono contenute in Cic. fam. 13.78-79; le
dieci raccomandazioni rivolte ad Acilio si trovano in Cic. fam. 13.30-39; tre di queste (30, 35
e 36) concernono questioni legate al diritto di cittadinanza, ottenuto da singoli individui, ri-
spettivamente, nel 90 (con la lex Iulia de civitate), nel 59 (in virtù della lex Vatinia de provinciis
Siciliae) e dopo la fine di settembre del 46 a.C., quando Dolabella poté parlare con Cesare
prima di partire con lui per la Spagna. Tito Furfanio Postumo ricevette da Cicerone una lettera
di raccomandazione in favore di Aulo Cecina nel dicembre del 46, prima ancora di entrare in
carica: fam. 6.9.
2
Ingiustificate le perplessità di Cuntz 1906, p. 468 secondo cui dalle parole di Cicerone non
si sarebbe potuto desumere se Cesare avesse veramente concesso ai Siciliani il diritto latino o
se avesse solo manifestato il proposito di farlo; il contesto in cui è inserita la frase e la stessa
elargizione antoniana della cittadinanza sono un’implicita conferma di un provvedimento non
messo in dubbio da altri studiosi: vedi anche De Martino 1979, p. 446. L’espressione italiana
‘diritto latino‘ non trova, nel linguaggio giuridico e letterario dei Romani, un corrispettivo
unico, persino all’interno di una stessa opera: esso viene chiamato talora Latinitas (Cic. Att.
14.12.1 e Suet. Aug. 47.1), altre volte Latina condicio (Plin. nat. 3.14.91 e Suet. Vesp. 3.1), spesso
Latium, ad indicare la regione che tale privilegio aveva visto nascere (Plin. nat. 3.3.7; 3.4.25 e
30; 3.24.135; 4.35.117; 5.1.20; cfr. anche Tac. hist. 3.55; Plin. paneg. 37.3 e 39.2; si vedano, in
proposito, le osservazioni di Zecchini 1990, p. 141). L’espressione ius Latii, che si è imposta
nella moderna dottrina, non era altrettanto diπusa nel mondo antico: la troviamo in Ascon. in
Pis. 3 (ed. Clark), Tac. ann. 15.32.1 e Gai inst. 1.95 (cfr. anche Interpr. Gai 6-8): sul punto vedi
Le Roux 2014, p. 457. Cfr. Soraci 2020, p. 101 nn. 33-34.
3
Pareti 1955, pp. 194 e 606, seguito da Sartori 1974, p. 248 oscillano tra il 49 e il 46, ma
Sartori opta per quest’ultimo in considerazione del fatto che «ancora in tale anno (…) alcuni
hospites di Cicerone appaiono di condizione peregrina»; Manganaro 1979, p. 447 («intorno al
46 a.C».); Manganaro 1994, p. 163 («verosimilmente nel 46 a.C.»).
4
Cic. fam. 13.36 (v. supra, p. 105 n. 2); l’argumentum ex silentio non può essere, natural-
mente, considerato come definitivo, ma è altamente probabile se si tiene conto della dovizia
di dettagli che Cicerone oπre al governatore Acilio per illustrare il caso di Demetrio Mega.
il ruolo di gaio giulio cesare e della gens pompeia 107
2) poiché l’ultima delle lettere concernenti questioni relative alla cittadinanza ro-
mana accordata a singoli Siciliani è appunto quella in favore di Demetrio Mega e
3) in considerazione del fatto che dalle parole di Cicerone la misura sembra essere
stata presa non molto tempo prima della morte di Cesare,1 è a mio avviso più

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probabile che l’attribuzione del diritto latino ai Siciliani risalga al 45 a.C.2
La concessione del diritto latino agli abitanti dell’isola aveva suscitato il malu-
more di una parte dell’opinione pubblica e in primis dello stesso Cicerone, proba-
bilmente proprio perché si trattava di una concessione in blocco e non nominatim,

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come era avvenuto in precedenza per la cittadinanza romana;3 ma le voci di dis-
senso che vi si accompagnarono furono senza dubbio soπocate dall’indignazione
per quanto, di lì a poco, avrebbe compiuto Antonio. Nel prosieguo della stessa
lettera, infatti, Cicerone aggiungeva:
Ecce autem Antonius, accepta grandi pecunia, fixit legem «a dictatore comitiis latam» qua Siculi
cives Romani; cuius rei vivo illo mentio nulla.
Ma ecco che Antonio, dopo aver ricevuto molto denaro, rese pubblica una legge «presen-
tata ai comizi dal dittatore», in virtù della quale i Siciliani sono diventati cittadini romani;
di ciò non si parlò mai mentre Cesare era in vita.4

Cuntz 1906, p. 468 ritiene che la misura sia posteriore al 46 a.C. perché in quell’anno alcuni
Siciliani vengono chiamati ancora con i loro nomi peregrini (Cic. fam. 13.34, 36 e 37); ma la
concessione del diritto latino non comportava l’automatica acquisizione dell’onomastica ro-
mana. Coloro che rivestivano cariche magistratuali o onorarie (o, per il Latium maius, anche i
decurioni) ottenevano la cittadinanza romana alla fine del loro incarico: Gai inst. 1.96 e Asc.
in Pis. 3 Clark.
1
Ardizzone 1967, p. 166: «verso gli ultimi anni della sua vita (45 a.C.)»; Grant 1946,
p. 189 pensava, invece, al 44 a.C. («it received Latinitas from Caesar in c. 44»), ma in tal caso
sarebbe stato assurdo anche per Antonio far passare come cesariana, appena due-tre mesi dopo,
la concessione della cittadinanza romana. Prudentemente, Sisani 2018, p. 352 data la conces-
sione del diritto latino ai Siciliani nel 46-45 a.C., ma poco più avanti (p. 353) nota come la
testimonianza di Cicerone induca a ritenere il provvedimento «varato da Cesare non molto
tempo prima della morte».
2
Sartori 1954, p. 380-383, seguito da Del Monaco 2003, p. 39, ritiene che Tauromenio
sia divenuta municipio latino nel 45 a.C. Contro la tesi di Tauromenio municipio latino vedi
Ardizzone 1967, pp. 166-167, sebbene il mantenimento della lingua greca non debba essere,
a mio avviso, imputato alla coesistenza dell’ordinamento indigeno accanto a quello romano.
3
Meyer 1957, pp. 95-99. È questa, a mio avviso, la più plausibile delle interpretazioni avan-
zate dalla moderna dottrina a proposito del giudizio negativo con il quale Cicerone stigmatizza
il provvedimento; tali interpretazioni sono riassunte da Sartori 1993 [1983], p. 420.
4
Cic. Att. 14.12.1 che è l’immediata continuazione del passo citato supra p. 104; lo si riporta
qui per intero: Scis quam diligam Siculos et quam illam clientelam honestam iudicem; multa illis
Caesar, neque me invito; etsi Latinitas erat non ferenda; verum tamen. Ecce autem Antonius, accepta
grandi pecunia, fixit legem «a dictatore comitiis latam» qua Siculi cives Romani; cuius rei vivo illo
mentio nulla. Deniaux 2005, p. 219. Per il diritto di cittadinanza che Antonio aveva venduto a
quanti desideravano acquistarlo vd. le espressioni iperboliche di Cicerone che estende a tutte le
province ciò che, come osserva Ramsey 1994, p. 143 n. 51, noi sappiamo solamente essere stato
applicato alla Sicilia: Phil. 1.10.24 (provinciis universis), 2.36.92 (provinciis totis), 3.4.10 (universis
provinciis), 5.4.11; cfr. anche Vell. 2.60.4: actorum eiusdem insertis falsis civitatibus immunitatibusque
corrupti commentarii atque omnia pretio temperatra, vendente rem publicam consule; per Dio 45.23.6
e 45.25.2 gli interventi di Antonio sarebbero avvenuti in un secondo momento: Fezzi 2006,
108 cristina soraci
Si tratta, com’è stato rilevato, della prima accusa di falsificazione dei documenti di
Cesare a carico di Antonio;1 secondo Cicerone, tale legge sarebbe stata promul-
gata da Antonio dopo la morte di Cesare non in ragione di un reale interesse nei
confronti dei Siciliani, ma per ottenere il loro denaro.2 Antonio ritenne, dunque,
di iniziare la sua opera legislativa di erede politico di Cesare varando questo prov-
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vedimento; si tratta di un atto altamente significativo almeno per tre aspetti: il


primo concerne il tentativo di corruzione (perfettamente riuscito) portato avanti
dagli abitanti dell’isola nei riguardi di un uomo che aveva bisogno di conquistarsi
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il favore del maggior numero possibile di persone; in secondo luogo, tale misura è
indice dell’importanza che in Sicilia si annetteva all’acquisizione della cittadinanza
romana; in terzo luogo, un simile atto appariva evidentemente come evoluzione
naturale della politica, perseguita nel corso del i sec. a.C., nei riguardi dei provin-
ciali più prossimi ai territori dell’Urbe.3
Antonio poté a√ggere la legge in Campidoglio4 solo presentandola come atto
che Cesare avrebbe portato all’approvazione dei comizi ma che non era stato an-
cora ratificato:5 poiché il senato aveva approvato, già nel corso della prima seduta
(17 marzo) dopo la morte del dittatore, la ratifica degli atti e delle deliberazioni di
Cesare6 – che avvenne tra l’aprile e il maggio successivi –, questa misura poteva
ritenersi già ratificata solo se considerata promossa da Cesare.
Si trattava, comunque, come ha osservato Carcopino, di un provvedimento che
manifestava la volontà di trincerarsi dietro atti che nessuno aveva visto e intenzioni

p. 8. Giustamente, Vittinghoff 1951, p. 71 n. 4 (cfr. anche Luraschi 1979, p. 392) ritiene


inverosimile che Cesare avesse avuto altri progetti per i Siciliani oltre la concessione del diritto
latino; così anche Brunt 1971, p. 239.
1
Fezzi 2006, p. 16; cfr. Ramsey 1994, pp. 135, n. 19, e 141.
2
Faccio rilevare, per inciso, che, nel rivolgersi ad Allieno, lo stesso Cicerone aveva definito
C. Avianius Flaccus gratissimus homo (Cic. fam. 13.79), facendo intendere la riconoscenza che il
proconsole avrebbe ottenuto da Avianius se ne avesse favorito il figlio, riconoscenza della quale
aveva probabilmente già goduto Cicerone… Ma gli esempi potrebbero continuare: in tutte le
lettere di raccomandazione (si vedano, per rimanere in ambito siciliano, le già citate Cic. fam.
13.78 e 13.30-39) l’Arpinate chiedeva di intervenire in favore dei suoi protetti allo scopo di far
loro capire che la sua intercessione era stata e√cace… Antonio non era, ovviamente, l’unico
ad approfittare della propria posizione.
3
Per le ultime due considerazioni, cfr. quanto scrive Ferrary 2005, pp. 51-52 a proposito
della cittadinanza romana accordata viritim ai Siciliani da Pompeo Magno (vedi infra, p. 113
e nn. 2-3). All’indomani della guerra sociale, Gneo Pompeo Strabone, il padre del Magno,
aveva promosso una politica di inclusione degli abitanti della Transpadania: Ascon. in Pis. 3
(ed. Clark; vedi n. 39).
4
Sull’a√ssione in Campidoglio vedi Cic. Phil. 5.4.12. Secondo quanto aπerma Cic. Phil.
1.1.3 e 2.36.91 e Dio 44.53.4, che da lui dipende) l’a√ssione delle leggi attribuite a Cesare sa-
rebbe stata vietata dal senato per una mozione di Sulpicio; probabilmente, tuttavia, ha ragione
Ramsey 1994, pp. 131-140 nel ritenere che nella mozione era stata vietata solo l’a√ssione dei
decreti di Cesare non sottoposti a una verifica preliminare.
5
Ramsey 1994, pp. 132-133 e 141, il quale osserva che, in quanto lex, la concessione della
cittadinanza romana ai Siciliani non rientrava tra i decreta Caesaris della mozione di Sulpicio.
6
Cic. Phil. 1.7.16-24; 2.39.100; 5.4.10; 10.8.17; App. BC 2.135.563; 3.5.16 e 22.81; Dio
44.53.2-5 e 45.23.5-8. Fezzi 2006, pp. 3-38.
il ruolo di gaio giulio cesare e della gens pompeia 109
delle quali nessuno era a conoscenza.1 È anche vero, comunque, che, nella rico-
struzione delle fonti antiche, Cicerone in primis, si nota la precisa volontà di scre-
ditare gli atti di Antonio mediante ripetuti appelli alla mancanza di legalità e alla
denuncia dell’invalidità amministrativa delle misure da lui promosse; com’è stato

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osservato, di fronte a provvedimenti di carattere popolare, era «più comodo, per
Cicerone, appigliarsi all’accusa di falso»: l’Arpinate «percorse probabilmente una
strada di comodo, ovvero aπermando con insistenza che il console Antonio non
solo si ostinava a non applicare le volontà di Cesare, ma anche tentava di spacciare

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per appunti di Cesare decisioni in realtà proprie».2
I Romani, comunque, non dovettero indignarsi a lungo per una simile conces-
sione: la legge, sulla cui eπettiva applicazione è lecito nutrire più di un dubbio,3
fu annullata insieme con i provvedimenti di Antonio al più tardi i primi di marzo
del 43 a.C.4 Pur non menzionandola espressamente tra le misure antoniane che
vennero abrogate, le fonti testimoniano, infatti, il sistematico smantellamento della
legislazione di Antonio.
Il primo gennaio del 43, davanti al senato, fu pronunciata la Quinta Filippica,
che, nella sua rielaborazione scritta, contiene anche particolari dei due giorni se-
guenti. In essa Cicerone, che si trovava nella necessità di mantenere una posizione
moderata in ragione della presenza in senato di diversi esponenti filoantoniani, si
pronunciò a favore di alcuni tra i provvedimenti presi da Antonio (lex de actis
Caesaris confirmandis, lex de dictatura in perpetuum tollenda, lex de coloniis in agros de-
ducendis), ma ne denunciò l’approvazione tramite irregolarità procedurale e ricorso
alla violenza, ritenendo che queste misure, pur apprezzabili (res bonae), dovessero
essere nuovamente sottoposte a votazione:
Si quam legem de actis Caesaris confirmandis deve dictatura in perpetuum tollenda deve coloniis
in agros deducendis tulisse M. Antonius dicitur, easdem leges de integro ut populum teneant salvis
auspiciis ferri placet. Quamvis enim res bonas vitiose per vimque tulerit, tamen eae leges non sunt
habendae, omnisque audacia gladiatoris amentis auctoritate nostra repudianda est.

1
Carcopino 1947, pp. 58-59. 2
Fezzi 2006, pp. 18 e 31.
3
Holm 1898, p. 197, ritenendo che la concessione della cittadinanza romana dovette essere
revocata, aπerma: «in wie weit das Gesetz zur Vollziehung gelangt ist, lässt sich nicht sagen».
Secondo Mommsen 1883, p. 713, la legge sarebbe rimasta valida per qualche tempo; per Grant
1946, p. 189 «after rescinding all Antony’s enactments in the next winter, Octavian was probably
induced to recognize this one (sc. la civitas) at least in autumn 43», ma la conquista dell’isola da
parte di Sesto Pompeo avrebbe sospeso «the Julian plan», che fu però revocato dallo stesso Ot-
taviano nel 36; Beaujeu 1988, p. 274, sulla scia di Clemente 1979, p. 465, reputa possibile che la
legge sulla cittadinanza abbia avuto un inizio di esecuzione. Contra, vedi Beloch 1886, pp. 326-
327; Pais 1888, pp. 203-204; Goldsberry 1973, pp. 500-501; Huzar 1978, p. 90; Vera 1996, p. 34.
4
Ritengono che la cittadinanza romana sia stata revocata alle città siciliane nello stesso 44 a.C.
Sartori 1974, p. 248 e Manganaro 1979, p. 448; ma l’abrogazione di buona parte della le-
gislazione di Antonio avvenne nel 43 a.C., come si dimostrerà a breve. In ogni caso, non era
Augusto, come riteneva Sherwin-White 19732, pp. 230-231, 341, 365 n. 1, basandosi su D.S.
13.35.3, a dover annullare il provvedimento di Antonio, che era già stato reso nullo. Secondo
Wilson 1990, p. 45, dopo il 36 a.C. Ottaviano avrebbe privato tutte le città siciliane dei pri-
vilegi che erano stati loro precedentemente riconosciuti.
110 cristina soraci

E se qualche legge, come quella sulla convalida degli atti di Cesare o sull’abolizione
definitiva della dittatura o sullo stanziamento di colonie nei campi, è stata presentata da
Antonio, siano nuovamente portate ai voti nel pieno rispetto degli auspici a√nché siano
vincolanti per la popolazione; sebbene, infatti, con irregolarità procedurali e il ricorso alla
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violenza egli abbia fatto votare qualcosa di buono, tuttavia queste non sono da ritenere
leggi e ogni atto impudente di questo folle gladiatore va rigettato dalla nostra autorità.1
Nel corso della seduta del senato tenutasi la seconda settimana di febbraio del 43
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a.C., Cicerone dichiarò che la ratifica degli atti di Cesare sarebbe stata di prossima
approvazione:
Quae enim Caesar egit, ea rata esse non curat: de quibus confirmandis et sanciendis legem comitiis
centuriatis ex auctoritate nostra laturus est.
(Sc. Pansa) non si preoccupa della ratifica degli atti di Cesare: forte della nostra autorità
sta per presentare una legge ai comizi centuriati per confermarli e sancirli.2
Probabilmente contestualmente alla ratifica dei provvedimenti di Cesare, e pre-
cisamente nel corso di un’assemblea dei comizi centuriati svoltasi tra la metà di
febbraio e la metà di marzo del 43 a.C., vennero annullati gli atti di Antonio:
Senatus consulta falsa delata ab eo iudicavimus: num ea vera possumus iudicare? Leges statuimus
per vim et contra auspicia latas eisque nec populum nec plebem teneri: num eas restitui posse cen-
setis?
Abbiamo giudicato false le deliberazioni del senato da lui presentate: forse adesso le pos-
siamo giudicare vere? Abbiamo stabilito che erano state presentate con la forza e contro
gli auspici e che non vi fosse vincolato né il popolo né la plebe: ritenete forse che possano
ricevere nuova validità?3
L’abrogazione delle misure antoniane è ribadita da Cicerone nella seduta del 20
marzo del 43 a.C.:
Non recordamini, per deos immortalis! quas in eos sententias dixeritis? Acta M. Antoni rescidistis;
leges refixistis; per vim et contra auspicia latas decrevistis.
Non ricordate, per gli dei immortali! Quali sono state le vostre decisioni contro di loro?
Avete annullato gli atti di M. Antonio; avete fatto staccare le leggi: avete u√cialmente
stabilito che erano state presentate con la forza e contro gli auspici.4
Gli acta Caesaris furono, dunque, approvati, ma le misure di Antonio abrogate: per
discernere quali fossero state le eπettive volontà di Cesare e quali gli interventi an-
toniani si fece ricorso al criterio della pubblicità degli atti amministrativi e vennero

1
Cic. Phil. 5.4.10. 2
Cic. Phil. 10.8.17. 3
Cic. Phil. 12.5.12.
4
Cic. Phil. 13.3.5. Vedi Broughton 1952, p. 335. Da una lettera contenuta nell’epistolario
di Cicerone apprendiamo che Munazio Planco aπermò, verso il 20 marzo del 43 a.C., di dover
incoraggiare le città che, l’anno precedente, si erano lasciate obbligare da largizioni e conces-
sioni di premi a considerarli vani e a preferire di chiederli a migliori garanti: Cic. fam. 10.8.3
(confirmandae complures civitates, quae superiore anno largitionibus concessionibusque praemiorum erant
obligatae, ut et illa vana putarent et eadem a melioribus auctoribus petenda existimarent).
il ruolo di gaio giulio cesare e della gens pompeia 111
considerate valide solo le decisioni che fossero state rese note mentre Cesare era in
vita. La concessione della cittadinanza romana ai Siciliani fu sicuramente abrogata
perché era stata introdotta da Antonio: il 22 aprile del 44 a.C. Cicerone aπermò
che della legge sulla cittadinanza ai Siciliani «non si era per nulla parlato mentre

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Cesare era in vita (vivo illo (sc. Caesare) mentio nulla)» e il 2 settembre dello stesso
anno ricordò che, all’apertura del testamento, «non si trovava nelle carte di Cesare
niente che non fosse noto a tutti (nihil tum nisi quod erat notum omnibus in C. Caesa-
ris commentariis reperiebatur)»; osservò, inoltre, con una buona dose di sarcasmo, che

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«molti erano ritornati dall’esilio grazie a un morto, la cittadinanza era stata accor-
data non solo a singoli ma a nazioni e a intere province grazie a un morto, le im-
poste erano state condonate in base a innumerevoli immunità grazie a un morto».1
La concessione della cittadinanza romana ai Siciliani durò, quindi, circa un anno
(terminus ante quem: 22 aprile del 44 / terminus post quem non: 20 marzo del 43),
ma sulla sua eπettiva applicazione è lecito nutrire diversi dubbi2 perché, come
si è dimostrato, nel corso del 44 a.C. e nei primi del 43 la validità della legisla-
zione promossa da Antonio fu continuamente oggetto di dibattito; è, pertanto,
improbabile che, in una simile situazione di incertezza, la misura antoniana abbia
avuto eπetti concreti sulla situazione provinciale. Mi sembra che colga nel vero
Scramuzza, il quale scriveva, ormai quasi un secolo fa: «Sicilians […] could not
become Roman citizens de facto, nor organize their cities as municipia while Rome,
Italy and Sicily herself were in the midst of civil war».3
Nei quasi tre anni che intercorsero tra il provvedimento di Cesare (45 a.C.) e
l’occupazione dell’isola da parte di Sesto Pompeo (fine del 43 a.C.), pertanto, i
Siciliani, eccettuati i casi di individui dotati della cittadinanza a titolo personale,
godettero solo del diritto latino.

2. Gli anni di Sesto Pompeo:


le concessioni di cittadinanza a singoli individui
Nell’agosto del 43, Sesto Pompeo, il figlio di Pompeo Magno, che ad aprile dello
stesso anno era stato nominato dal senato praefectus classis et orae maritimae,4 apprese
1
Cic. Att. 14.12.1; Phil. 1.1.2; Phil. 1.10.24: De exsilio reducti multi a mortuo, civitas data non
solum singulis sed nationibus et provinciis universis a mortuo, immunitatibus infinitis sublata vectigalia
a mortuo. Cfr. App. BC 3.5.16-17 e l’appellativo di Orcini o di Caronivtai con cui, rispettiva-
mente, Suet. Aug. 35 e Plut. Ant. 15.3 chiamavano coloro che erano stati nominati senatori
da un morto… Fezzi 2006, pp. 7-8 e 10. Secondo Ferenczy 1982, pp. 1024-1025, l’editto di
Cesare doveva essere stato reso pubblico e perciò Antonio non avrebbe potuto modificarlo,
ma si sarebbe limitato a fare ratificare queste decisioni dai comizi (cfr. anche Ferenczy 1983,
p. 216 nota 30); Cicerone, tuttavia, attesta a più riprese, come si è osservato, l’arbitrarietà dei
provvedimenti di Antonio: per quanto fonte di parte, egli pronunciò le sue orazioni di fronte
a un pubblico testimone attento degli eventi narrati ed eventualmente in grado di smentirli; la
versione di Cicerone è, inoltre, confermata da Dio 44.53.2-5 e 45.23.5-8.
2
Vedi supra, p. 109 e n. 3.
3
Scramuzza 1937, p. 343; dello stesso parere anche Sartori 1993 [1983], p. 421.
4
App. BC 3.4.11 e cfr. 4.94.394 e 96.404; Vell. 2.73.2; Dio 46.40.3. La titolatura completa
112 cristina soraci
che il proprio nome era stato inserito nelle liste di proscrizione compilate da An-
tonio, Lepido e Ottaviano; nelle settimane che seguirono egli riuscì ad occupare
la Sicilia sottraendola al controllo del governatore Aulo Pompeo Bitinico e, di
conseguenza, alla sfera di influenza di Ottaviano.1
In mancanza di esplicite conferme delle fonti, sono state avanzate diverse ipotesi
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circa la sorte istituzionale delle città siciliane in questo torno di tempo e sul ruolo
che ebbe Sesto Pompeo nella riorganizzazione amministrativa delle stesse.
Grant, ritenendo che la cittadinanza romana concessa da Antonio avesse com-
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portato l’immediata conseguenza della trasformazione delle principali città siciliane


in municipi, datava parecchie emissioni con indicazione dello stato municipale agli
anni 44-43 a.C., sotto il governo di Ottaviano triumviro; successivamente si sareb-
be dato «completion by Sextus’s agents of Julian enfranchisement plans», sebbene
«at least some cities completed their transformation before the forcible installation
of a new order by Sex. Pompeius».2
Secondo Manganaro, invece, nel corso della sua occupazione dell’isola Sesto
Pompeo avrebbe riconfermato il ius Latii alle città dell’isola,3 atto di cui, tuttavia,
non vi era alcuna necessità, giacché la concessione del diritto latino era una misura
rimontante a Cesare e, dunque, non era stata abrogata. Peraltro, nessuna fonte
attribuisce a Sesto Pompeo il merito di aver incoraggiato il processo di municipa-
lizzazione delle città siciliane;4 d’altro canto, si trattava di una misura suscettibile
di critiche in particolare da parte dell’aristocrazia dell’Urbe e Sesto desiderava
presentarsi come garante della tradizione nonché degli interessi della fazione ari-
stocratica. Sesto aveva già dalla sua l’opinione pubblica romana (molto indicative
le parole di Velleio: crescente in die et classe et fama Pompei)5 e non intendeva minare
la sua reputazione.6

dell’incarico rivestito da Sesto ci è, però, oπerta dalle emissioni monetali: RRC 511. Per la
datazione della nomina a praefectus classis cfr. Broughton 1952, p. 348; Crawford 1974, p. 94.
1
App. BC 4.70.298; 84.352-85.357; Dio 47.12.2-3; 48.17; Liv. perioch. 123; Vell. 2.72.4-5 e
73.3; Flor. 2.18.1-2. Soraci 2016, p. 90.
2
Grant 1946, pp. 30, 189-190 e 192. Per il benevolo trattamento riservato da Sesto alle città
siciliane vedi Stone 2002 [1983], pp. 136-137 e 148; il governo di Sesto avrebbe, invece, giovato
solo in minima parte all’isola secondo Scramuzza 1937, p. 251.
3
Manganaro 1994, p. 163 («Sesto Pompeo […] certamente confermò il ius Latii alle città
dell’isola»); in precedenza lo studioso aveva aπermato: «Sesto Pompeo deve aver accettato il
nuovo stato giuridico delle città» (Manganaro 1979, p. 448).
4
Perplessità circa l’attività di Sesto in favore della riorganizzazione delle costituzioni locali
delle città siciliane esprime anche Goldsberry 1973, pp. 502-503.
5
App. BC 5.25.101; Vell. 2.79.1. Powell 2002, pp. 117-118; Rosillo-López 2020, pp. 188-
189.
6
Il popolo, del resto, era incline a mutare opinione facilmente: App. BC 5.77.328; Rosillo-
López 2020, p. 188. Non accolgo, dunque, l’ipotesi di Vera 1996, p. 34 n. 12, secondo cui
sarebbe ragionevole ritenere «che, se i siciliani avevano corrotto Antonio per ottenere la civitas,
Sesto abbia loro conservato questo privilegio». Nella letteratura successiva, influenzata dalla
propaganda augustea, si registra la tendenza a una sorta di damnatio memoriae di Sesto o, co-
munque, a una valutazione negativa del suo operato: Gowing 2002, pp. 188-190.
il ruolo di gaio giulio cesare e della gens pompeia 113
Se avesse agito promuovendo la trasformazione delle città siciliane secondo
modelli romani, avrebbe in qualche modo imitato e ripreso le disposizioni dei
cesariani e si sarebbe attirato l’astio di quella parte della popolazione che solo poco
tempo prima aveva considerato con indignazione tali provvedimenti. È molto più

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probabile, invece, che Sesto Pompeo si sia limitato a concedere la cittadinanza
romana a singoli individui, come aveva già fatto suo padre (si ricordi, in tal senso,
l’espressione usata da Cicerone a proposito della volontà del Magno di ripetere le
gesta del proprio padre in materia di concessione della cittadinanza: quod denique

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domesticum auctorem patrem suum facere viderat)1 nel corso dei due soggiorni nell’iso-
la, il primo avvenuto tra l’82 e l’81 a.C., il secondo tra il 57 e il 56 a.C.2 Ferrary
giustamente evidenzia la nostra mancanza di informazioni sulle ragioni per le quali
alcuni Siciliani ebbero accordato questo privilegio, sul loro ruolo politico locale
prima e dopo l’ottenimento del nuovo statuto, sui privilegi individuali di cui go-
devano; rileva, al contempo, il fatto che la concessione isolata della cittadinanza
sembra essere stato un fenomeno stranamente non riscontrabile nello stesso periodo
né in Grecia né in Asia e ritiene di poter individuare due cause: 1) i Romani po-
trebbero essersi mostrati più disponibili ad accordare questo privilegio agli abitanti
di una provincia che costituiva quasi un prolungamento dell’Italia; 2) la richiesta
di ottenimento della cittadinanza sarebbe stata più forte in Sicilia che in Asia.3

1
Cic. Balb. 22.51.
2
Pompeo si recò in Sicilia due volte; nel corso della prima (Plut. Pomp. 10), ossia tra la
fine del’82 e l’81 a.C. (Fezzi 2019, pp. 36-37), ricevettero da lui la cittadinanza: Gneo Pompeo
Teodoro (Cic. Verr. 2.2.42.102), Sesto Pompeo Cloro (2.2.7.23 e 42.102), i Pompei Percenni e
Gneo Pompeo Basilisco di Messana (2.4.11.25; ma i Percenni potrebbero averla ricevuta nel 72
a.C.: Badian 1958, pp. 281-282 nn. 6 e 304; Amela Valverde 2006, p. 203), Gneo Pompeo
Filone di Tindari (2.4.22.48); Balb. 22.51 (Mamertini Ovii). Badian 1958, pp. 270-271 e 304;
Sherwin-White 19732, pp. 306-307; Manganaro 2012, p. 74; Soraci 2016, p. 84; Amela
Valverde 2020, pp. 240-241. È probabile che analogamente si sia comportato nel corso della
sua seconda permanenza nell’isola, avvenuta tra il 57 e il 56 a.C. (Fezzi 2019, pp. 120-122),
quando aveva ricevuto l’incarico della cura annonae: Plut. Pomp. 50.1-3 e App. Mithr. 95.434-
436, su cui vedi Soraci 2016, pp. 86-87. Nel 72 a.C. la lex Gellia Cornelia aveva autorizzato
Pompeo a eπettuare concessioni individuali di cittadinanza: Cic. Balb. 5.11, 8.19, 14.32-33 e
17.38. Lamberti 2010, p. 50. Da Pompeo Magno, console designato per il 70 a.C., si erano
recati Siculi e negotiatores Siciliae per richiedere protezione in qualità di patronus: Cic. Verr.
2.3.18.45. Brunt 1980.
3
Ferrary 2005, pp. 51-52. Prima del 70 a.C. sappiamo da Cicerone che avevano ricevuto la
cittadinanza romana Marco Cassio di Messana (Balb. 23.52), Quinto Cecilio Dione di Halaesa
(Verr. 2.2.7.20), forse Quinto Cecilio Nigro e suo fratello Marco (se si vuol dare credito, come
fa Badian 1958, p. 304, a Plut. Cic. 7.5; ma Cicerone non ne fa cenno, come già osservava
anche Sherwin-White 19732, pp. 306-307 n. 2), Aulo Claudio Apollonio di Drepana (Verr.
2.4.17.37), Quinto Lutazio Diodoro di Lilybaeum (Verr. 2.4.17.37), gli Ovii di Messana (Balb.
22.51), ma probabilmente, in base all’onomastica, anche il Gaio Eio più volte citato (Verr.
2.2.5.13; 2.4.2.3, 7.15-9.19; Sherwin-White 19732, pp. 306-307 n. 2); a questi vanno aggiunti i
summenzionati (n. 38) Pompeii: Pompeo Filone, Gneo Pompeo Teodoro, Sesto Pompeo Cloro
(secondo Badian 1958, p. 304 proveniente da Alesa), Gneo Pompeo Basilisco e i Pompeii Per-
cenni di Messana; Badian 1958, pp. 302-305 aggiunge anche Sesto Clodio (Suet. gramm. 29),
dotato di cittadinanza entro il 44 a.C. (cfr. Cic. Phil. 2.17.43).
114 cristina soraci
La concessione della cittadinanza romana viritim, unitamente ai vantaggi eco-
nomici derivanti dal suo governo,1 riuscì a guadagnare a Sesto il consenso di cui
aveva bisogno in Sicilia. D’altro canto, imitando il proprio padre, Pompeo Magno,
al quale si richiamava anche in nome della pietas,2 e non Cesare e Marco Antonio,
Sesto rimase nel solco della tradizione aristocratica romana e poté attirare a sé i
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membri delle più importanti famiglie senatorie, come quella di Tiberio Claudio
Nerone.3
Un indizio della concessione della cittadinanza romana a singoli individui da
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parte di Sesto potrebbe essere costituito dalle testimonianze relative alla presenza
di alcuni Sextii Pompei, specialmente in centri, come Lipari, che parteggiarono per
Sesto negli anni della guerra. Pur nella di√coltà di ascrivere, in assenza di esplicite
indicazioni, l’iniziativa di tali provvedimenti a un Pompeius specifico, queste ipotesi
appaiono, tuttavia, in linea con la politica condotta dalla gens Pompeia nel i sec.
a.C.,4 che elargì la cittadinanza a un numero significativo ma, in termini assoluti,
relativamente ristretto di casi.

1
In primo luogo, attraverso una particolare attenzione alla produzione cerealicola: Stone
2002 [1983]; Soraci 2016, pp. 92 e 94. Anche in questo caso, Sesto si muoveva sul solco della
tradizione paterna.
2
In questo contesto, significativa appare la coniazione delle monete con ra√gurazione dei
pii fratres catanesi che celebravano la pietas di Sesto nei confronti del padre: RRC 511/3. Perassi
1994, pp. 59-87; Franzoni 1995, pp. 209-227; Cresci Marrone 1998, pp. 7-20; Powell 2002,
pp. 118-129; Zarrow 2003, pp. 123-35; Hollstein 2020, pp. 142-155. Sull’imitazione del Ma-
gno da parte di Sesto vedi Powell 2002, pp. 107-110.
3
App. BC 4.36.150-153; cfr. anche 5.143.597. Sull’ospitalità oπerta da Sesto a Tiberio
Claudio Nerone vd. Vell. 2.76.3; Dio 48.15.3-4; Soraci 2016, p. 91; Rosillo-López 2020,
pp. 190-191. I membri delle famiglie senatorie più importanti lo abbandoneranno solo negli
anni successivi; gli ultimi lo fecero quando egli si mostrò ostinato nel voler perseguire la guerra
contro Antonio (App. BC 5.139.579) e d’altronde, com’è stato osservato, «Octavian outplayed
Sextus politically» (Strauss 2020, p. 137).
4
Com’è stato osservato, dal proconsole della Macedonia nel 119 a.C., Sextus Pompeius,
discendono due rami indipendenti tra loro: da un lato, quello di Pompeo Magno, nipote del
proconsole della Macedonia, dall’altro diversi Pompei che ottennero il consolato rispettiva-
mente nel 35 (PIR2 P 583) e nel 31 a.C. (PIR2 P 577) e nel 14 d.C. (PIR2 P 584). Un discendente
del Magno (Suet. Cal. 35.1) venne privato del cognomen Magnus al tempo di Caligola, che poi
gli fu ripristinato da Claudio: Dio 60.5.8-9. Cfr. Lindsay 2002, pp. 168 e 173-174. Diversi
Pompeii, ma soprattutto il ramo del Magno, sembrano essere stati responsabili della conces-
sione della cittadinanza ai provinciali; si pensi al notissimo caso di Gneo Pompeo Strabone,
padre del Magno, che nell’89 a.C. attribuì la cittadinanza ad alcuni cavalieri spagnoli (CIL i
109) come ricompensa per il servizio prestato durante la guerra sociale e trasformò le città della
Transpadania in colonie latine ‘fittizie‘, giacché non istituì colonie ex novo ma concesse il diritto
latino agli abitanti che rimanevano in loco: Ascon. in Pis. 3 Clark, su cui vedi le limpide pagine
di Luraschi 1979, pp. 218-220; cfr. anche Kremer 2006, pp. 9-45 e passim; Barbati 2013;
Sisani 2018, pp. 332-333 e passim, Cresci Marrone c.d.s. Cfr. Cic. Balb. 22.51, citato in n. 38.
Sebbene altamente probabili, comunque, è necessario valutare i legami tra la gens Pompeia e i
nomi attestati nelle varie province, tra cui la Sicilia, con una certa cautela: vedi, in proposito,
le osservazioni di Pina Polo 2015, che sottolinea, tra l’altro, la possibilità per gli individui che
ricevevano la cittadinanza romana di scegliere i loro nomi e non di derivarli automaticamente
da chi concedeva loro questo privilegio.
il ruolo di gaio giulio cesare e della gens pompeia 115

3. Membri appartenenti
alla gens Pompeia
attestati in Sicilia

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Le epigrafi e una moneta pro-
venienti dalle città della Sicilia
attestano l’esistenza di diversi ap-
partenenti alla gens (intesa eviden-

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temente nel suo senso più ampio
di individui che si riconoscevano
in un gentilizio comune) Pompeia. Fig. 1. Timbro d’anfora
Nelle pagine che seguono ne illu- proveniente da Pantelleria
strerò le testimonianze, divise per (da Baldassari, Fontana 2002, p. 977).
città,1 dedicando maggiore atten-
zione a quelle che ritengo più significative ai fini della presente ricerca.
Inizio col ricordare un prodotto d’importazione e per ciò stesso da me non
incluso tra le testimonianze prodotte in Sicilia che illustrerò più avanti: il tim-
bro dell’anfora, vinaria e forse riconducibile al Magno, ritrovata nel corso delle
campagne di ricognizione eπettuate sull’isola Pantelleria2 (Fig. 1): le lettere chia-
ramente visibili sono NP•MAG, interpretate come [C]N(AEVS) P(OMPEIVS)
MAG(NVS); la presenza di due ligature, NP e MA, è tipica di alcuni bolli, sebbene
sia discutibile l’unione della parte finale del praenomen con quella iniziale del nomen.
Qualora l’attribuzione a Pompeo Magno colga nel vero, mi chiedo se quest’an-
fora piena di vino e realizzata in Campania, nell’area vesuviana, sia stata portata,
insieme ad altre, da Pompeo nel Mediterraneo e in Sicilia per essere al ritorno, se
si fosse mantenuta integra, riempita dei cereali necessari all’Urbe, nel corso dell’in-
carico della cura annonae a√dato al Magno tra il 57 e il 56 a.C. L’anfora avrebbe,
quindi, contenuto il vino campano venduto da un privato, in questo caso più che
illustre e rivestito di un incarico eccezionale, agli abitanti di una provincia come
la Sicilia, dal canto suo tradizionale risorsa cerealicola di Roma soprattutto in oc-
casione delle penurie alimentari.3
1
Per questa ricerca mi sono avvalsa delle banche dati presenti sul web (EDCS, EDR, HD,
ISicily, PHI), esaminate attraverso controlli incrociati; nessuna di esse, tuttavia, presenta un dos-
sier completo e le eπettive occorrenze potrebbero essere più numerose di quelle analizzate in que-
sta sede. Cfr., per esempio, il [P]o≥mphvio~ di IG xiv.955: Korhonen, Soraci 2019, pp. 102-103.
2
EDCS 68300024. Baldassari, Fontana 2002, pp. 976-978; Amela Valverde 2011, p. 195.
3
Sulla base di quanto osservato da Rougé 1966, p. 78 a commento del notissimo brano
D. 19.2.31, in cui si parla di triticum trasportato sfuso, in ceste o in barili (Mastino 1991, p. 226, che
lo cita, considera solo un’ipotesi la possibilità che il trasporto dei cereali avvenisse in «cesti, vasi,
sacchi di pelle», «tutti materiali che l’indagine archeologica non ha potuto naturalmente ritrovare»
e giunge ad aπermare recisamente che «il grano doveva essere stivato per il trasporto marittimo
senza speciali contenitori»), Casson 1971, p. 200 e De Salvo 1992, pp. 173 n. 551, 181 nn. 315 e 322
ritengono che il grano potesse essere messo anche «sfuso nella stiva per equilibrare la nave». Il caso
prospettato da Alfeno Varo nel summenzionato passo dei Digesta (per cui vedi Salido Domínguez
116 cristina soraci
Una fugace menzione meritano M. Pompeius Macrinus e Q. Pompeius Balbus, pro-
consoli in Sicilia nel ii sec. d.C., ma che non dovevano essere originari dell’isola.1
Come si noterà, Sexti Pompeii sono attestati a Messina, Lipari, Centuripe e
Palermo; negli altri centri, invece, appaiono documentati solo membri della gens
Pompeia che non portavano il praenomen di Sextus.
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3. 1. Messina
Messana, che pure inizialmente aveva tentato di resistergli in obbedienza ai co-
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mandi del governatore Bitinico e che perciò fu dal figlio di Pompeo privata di
armi e denaro,2 venne successivamente scelta da Sesto come ricovero della flotta e
come porto dal quale partire quando fu cacciato dall’isola;3 qui è attestato, in un’e-
pigrafe non più conservata, un liberto della gens Pompeia, Sextos Pompeios Phoibos,
che si dichiara proveniente da Roma, «probabilmente in quanto si voleva mettere
in evidenza la sua situazione di passaggio nella città dello Stretto».4

3. 2. Lipari e Panarea
Gli abitanti di Lipari, dal canto loro, erano inclini a passare ai pompeiani già dopo
la distruzione della flotta avvenuta nel 38 a.C. e perciò erano stati trasferiti da Ot-
taviano in Campania;5 nel 36 a.C. la città appare saldamente nelle mani di Sesto.6
Nelle tombe liparitane sono state ritrovate alcune epigrafi che riportano il nome
di Sesto Pompeo forse perché gli individui così chiamati avevano ricevuto da lui
la cittadinanza romana.7

2013, pp. 151-152, in cui l’autore presenta due diverse traduzioni dei termini tabulis e heronibus,
che sarebbero, rispettivamente, ‘scaπali‘ e ‘paratie‘ o ‘paratie‘ e ‘ceste‘) si riferisce, tuttavia, al gra-
no a√dato all’armatore Saufeio da commercianti privati; di certo occorreva evitare che il grano
statale, oggetto di continui controlli non solo quantitativi, ma anche qualitativi (Geraci 2004),
fosse mescolato. In ogni caso, il parere di Alfeno sembra indicare che, per evitare problemi come
quello occorso ai mercanti che si erano serviti della nave di Saufeio, era preferibile che anche il
grano dei privati fosse caricato sulle navi separato da tavole o in contenitori chiusi, come i sacchi,
in modo che non potessero insorgere equivoci circa la proprietà: Purpura 2014. Tuttavia, recenti
ricerche hanno potuto appurare che i cereali venivano trasportati anche nelle anfore, specie durante
i viaggi di ritorno dopo che erano state svuotate del loro carico: Salido Domínguez 2013, pp. 141
e, soprattutto, 154. Sul ruolo della Sicilia nell’approvvigionamento di Roma vedi Soraci 2011.
1
Vedi, rispettivamente, IG v,2 151 (Soraci 1974, pp. 59-60, che data il suo proconsolato
siciliano tra il 110 e il 114 d.C.; PIR2 P 628) e CIL viii 954 = EDCS 17700446 = HD 51857 (PIR2
P 593: già Eck ha supposto che la sua origine fosse africana). Su entrambi vedi Thomasson
1984, nn. 16 e 35; Manganaro 1988, p. 87. 2
Dio 48.16.4-6.
3
Str. 6.2.3, C 268; App. BC 5.97.405.
4
Bitto in IGLM, p. 15. IG xiv 413 = CIG iii 5635 = IGRR 487 = EDCS 39101605 = PHI
140725 = ISicily 1240: Sevxto~ Pom/phvio~ Foi`bo~/ ajpo; ÔRwvmh~/ ejnqavde kei`/tai («Qui giace Sesto
Pompeo Febo, da Roma»). Manganaro 1988, p. 50 lo registra erroneamente come K. Pomphvio~.
5
Dio 48.48.6. Manganaro 2012, p. 94 n. 6.
6
App. BC 5.97.405, non considerato da Manganaro 2012, p. 94 n. 6, a detta del quale nel
36 a.C. «delle Eolie soltanto Hierà (Vulcano) risulta controllata da Pompeo».
7
In merito alla datazione di queste epigrafi, Manganaro 1999, p. 428 non condivide l’ipotesi
il ruolo di gaio giulio cesare e della gens pompeia 117
La più antica, in base alla paleografia e all’onomastica che presenta ancora il
cognomen grecanico Apros Palakos (“Apro~ Pavlako~), potrebbe essere quella con-
tenuta nel volume xiv delle IG, in cui si riconoscono, come ha ben osservato la
Piraino, le mani di due scalpellini diversi, intervenuti sulla pietra a distanza di non

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più di cinquant’anni (Fig. 2):
SEXTOU
POMPHIOU
APROU

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PALAKOU
vac.
POMPHIAS
[ SEXTI ] OU

Fig. 2. Epitafio di Sextos Pompeios Apros Palacos e di Pompeia


(da Manni Piraino 1967, tav. xxx Figg. 1 e 2).

di Bernabò Brea, Cavalier 1991a, p. 100 secondo cui soprattutto le stele con gentilizi romani
sarebbero state realizzate dopo il 36 a.C.; è anche vero, tuttavia, che alla pagina precedente (p.
99) gli studiosi osservano che sono state riutilizzate anche stele «con nomi familiari romani, che
di√cilmente possono risalire al di sopra del i sec. a.C.». Dunque, si può osservare a Lipari una
compresenza di stele funerarie del i sec. a.C. con altre dei secoli successivi.
118 cristina soraci
L’epigrafe recita: «Di Sesto Pompeo Apro Palaco – Di Pompeia, figlia di Sesto».
Sextos Pompeios potrebbe essere vissuto nella seconda metà del i sec. a.C. e aver
ricevuto la cittadinanza tra il 43 e il 36 a.C.; se così fosse, sua figlia Pompeia sarebbe
morta agli inizi del i sec. d.C.1
In un’altra tomba è stata ritrovata la seguente iscrizione:
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SEXTOU
POMPHIOU
NUSASERBILIA
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Fig. 3. Epitafio di Sextos Pompeios e Nysa Servilia. Lipari, Museo archeologico


(foto C. Soraci).

Tale iscrizione è stata interpretata in duplice maniera; secondo Campagna, essa


ricorderebbe individui morti in momenti diversi tra loro, un Sextos Pompeios e una
Nysa Serbilia («Di Sesto Pompeo – Nisa Servilia»): le diπerenze nel ductus epigra-
fico, nonché l’uso del genitivo nelle prime due righe, del nominativo nella ter-
za richiamerebbero l’epigrafe appena ricordata e confermerebbero questa ipotesi;

1
IG xiv 395 (cfr. anche 396, che contiene il solo cognomen Palavkou) = ILGLL 723 = EDR
39101586 = PHI 140706, 140707, 334831. Dubitativamente al i sec. a.C. è datata anche in ISicily
807. Manni Piraino 1967, pp. 200-201 n. 4 osserva le diπerenze nella forma delle lettere (alfa
a sbarra spezzata ed epsilon quadrato / alfa regolare ed epsilon lunato) tra la prima e la seconda
parte dell’iscrizione e le attribuisce alla stesura più tarda («non più di 50 anni») della seconda
rispetto alla prima.
il ruolo di gaio giulio cesare e della gens pompeia 119
Manganaro, invece, ritiene che Nysa sia il cognomen grecanico di Sextos (Fig. 3).1
Poiché, secondo Bernabò Brea e Cavalier, la tomba sarebbe stata riutilizzata nel ii
sec. d.C., a quest’ultimo secolo dovrebbe risalire la morte di Nysa Serbilia, mentre
quella di Sextos Pompeios deve necessariamente essere precedente: per paleografia e

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onomastica, questa prima iscrizione appartiene forse al i d.C.
È, naturalmente, possibile che gli individui con il nome di Sesto Pompeo fossero,
invece, liberti di altri Sextii Pompeii, come per esempio il consul suπectus del 14 d.C.;
costui era proprietario di parecchie terre in Sicilia: per questo motivo l’isola venne

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definita tua Trinacria nella lettera in versi che Ovidio gli dedicò dal Ponto.2 Mi
sembra più probabile, tuttavia, che, in ragione dei rapporti intercorsi tra la città di
Lipari e il figlio di Pompeo Magno, la concessione della cittadinanza vada ascritta
a quest’ultimo, che intese così accattivarsi il favore di alcuni abitanti; un’iscrizione
di Panarea, posta in memoria di Gnaios Pompeios Klaros («di Gneo Pompeo Claro»;
Fig. 4), potrebbe essere traccia di una cittadinanza concessa proprio dal Magno:3

NAIIOS
POMPHIOS
KLAROS

Fig. 4. Epitafio di Gnaios Pompeios Klaros (da Giustolisi 1995, Fig. 21 p. 95).

1
ILGLL 726 = SEG 51.1369 = PHI 334834 = ISicily 4252; Manganaro 1999, pp. 433-434.
L’epigrafe presenta l’epsylon quadrato e l’alfa regolare. Bernabò Brea, Cavalier, Villard
2001, p. 342 (tomba 944, inv. 9577) data il riutilizzo della tomba nel ii sec. d.C.
2
Ov. Pont. 4.15, v. 15. Manganaro 1988, p. 29. Il suo incarico di consul suπectus è testimo-
niato anche dai fasti di Taormina: InscrIt. 13.2.60 = AE 1988, 625 e 626 = AE 1991, 894 e 895
= AE 1996, 788 = AE 2008, 84.
3
ILGLL 725 = SEG 45.1388 = EDCS 71000721 = PHI 334833 = ISicily 2725. Giustolisi 1995,
p. 15 che, in virtù dei caratteri epigrafici, ne propone una datazione tra i sec. a.C.-i d.C. e pre-
cisa: «l’unico problema il gamma iniziale, non percepibile nella fotografia ma bene evidenziato
se osservato con un’altra incidenza di luce»; Manganaro 1999, pp. 433-434, che non menziona
il volume di Giustolisi, legge Nai`o~ e lo interpreta come Gnai`o~. Anche nelle coeve Res Gestae
18 Cnaeus è reso in greco con Nai`o~. Se l’ipotesi formulata nel testo relativa al collegamento
con il Magno coglie nel vero, l’epigrafe potrebbe risalire alla seconda metà del i a.C.
120 cristina soraci

Altri liparitani che portano semplicemente il nomen della gens potrebbero essere di-
scendenti di individui che avevano già ricevuto la cittadinanza da Pompeo Magno
o da rami diversi dei Pompei: cfr. le iscrizioni di Pompeios Arcandros («di Pompeo
Arcandro») e di Pompeios Philomenos («di Pompeo Filomeno»; Fig. 5), datate tra il
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i sec. a.C. e il i d.C., e quella di Pompeios Papos («di Pompeo Papo»):

POMPHIOU
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ARCANDROU1

POMPHIOU
FILOUMENOU2

POMPHI
OU PAPOU3

Fig. 5. Epitafio di Pompeo Filomeno


(da Bernabò Brea, Cavalier 1994, tav. cxxxiv nr. 104).

Altre due donne portano il nome di Pompeia: Pompeia Neike (Fig. 6),4 morta tra il
i e il ii sec. d.C., e Pompeia Ekale.5
A Lipari e Panarea, dunque, sono attestati in tutto nove appartenenti alla gens
Pompeia: due Sextii, un Cnaeus, tre Pompeii senza alcuna indicazione di praenomina
e tre donne.

1
ILGLL 724 = SEG 51.1367 = PHI 334832 = ISicily 4251. Bernabò Brea, Cavalier, Vil-
lard 2001, pp. 212-213 (tomba 1446 inv. 10937) datano alla fine del i sec. d.C. la tomba, che
conteneva oltre a questa altre epigrafi; è quantomeno suggestivo che, dei sette defunti in essa
sepolti, i tre (M. Allienos Elikon, Screibonia Filoko e Pompeios Archandros appunto) che appaiono
dotati di cittadinanza romana siano appartenenti a gentes (Alliena, Scribonia e Pompeia) alcuni
esponenti delle quali (Aulo Allieno, Lucio Scribonio Libo e i Pompeii padre e figlio) erano ben
attivi nell’isola e in Sicilia alla fine del i sec. a.C.
2
ILGLL 728 = SEG 45.1381, 104 = PHI 334836 = ISicily 2873 la data genericamente al i sec.
a.C.; Bernabò Brea, Cavalier 1994, p. 167 nr. 104.
3
ILGLL 727 = PHI 334835 = ISicily 4253. L’epigrafe, oggi perduta, non è stata datata, ma
potrebbe risalire, come le altre, all’arco di tempo compreso tra il i sec. a.C. e il i d.C.
4
ILGLL 730 = SEG 41.817 = PHI 334828 = ISicily 3062. Secondo Bernabò Brea, Cavalier
1991, pp. 176 e 183, la tomba 2179, che conteneva questa e altre epigrafi, potrebbe essere datata
tra la fine del i e il ii sec. d.C. grazie alla presenza di una lucerna Dressel 20.
5
ILGLL 729 = PHI 334837 = ISicily 4254; trattandosi di un “rinvenimento sporadico”, la
datazione non è precisata.
il ruolo di gaio giulio cesare e della gens pompeia 121

3. 3. Centuripe
Nonostante, come narra Strabone,1
Centuripe avesse molto contribuito al-

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la sconfitta di Sesto, che evidentemente
non contava in questa città un nume-
ro su√ciente di sostenitori, il nomen di
Pompeius sembra aver conosciuto una

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discreta fortuna nel centro, forse in ra-
gione di una concessione di cittadinanza
risalente a Pompeo Magno, di cui il fi-
glio non riuscì, in questo caso, a rac-
cogliere l’eredità.2 Avendo goduto del
diritto latino ininterrottamente – se la
mia ricostruzione è esatta – dal 45 a.C.,
Centuripe presenta un processo di ro- Fig. 6. Stele di Pompeia Neike
manizzazione che in età augustea si tro- (da Bernabò Brea, Cavalier 1991b,
va già in uno stadio avanzato. tav. xxv, Fig. 334).
Alcuni piombi mercantili di età au-
gustea ritrovati in territorio di Centuripe riportano il nome di Grosphus; Pompeius
Grosphus, proprietario di greggi e buoi, è destinatario di un’ode oraziana ed è stato
a ragione ritenuto discendente del centuripino Eubulidas Grosphus menzionato da
Cicerone.3 Se Pompeius Grosphus non ha ottenuto la cittadinanza sotto Cesare,
come ha ipotizzato Manganaro,4 potrebbe averla ricevuta da Pompeo Magno nel
corso del suo seppur breve secondo soggiorno nell’isola (57-56 a.C.) o anche da
Sesto. Ciò non esclude la possibilità che Ottaviano abbia deciso di non punire
Grosphus, ma, al contrario, di mostrare, anche in questo caso, la sua magnanimità
nei confronti di un personaggio appartenente all’entourage di un suo avversario
politico.5
Tra il i e il ii sec. d.C. è databile una lacunosa epigrafe, giunta frammentaria
e oggi conservata presso il Museo Paolo Orsi, innalzata in memoria di un Cnaeus
Pompeius, figlio di Cnaeus, cittadino romano iscritto nella tribù Quirina.6

1
Str. 6.2.4, C 272.
2
In ogni caso, le attestazioni sicure di Pompeii che ricevettero la cittadinanza romana dal
Magno sembrano essere circoscritte all’area nord-orientale dell’isola (Messana e Tindari): cfr.
supra, p. 113 n. 2.
3
Hor. carm. 2.16, vv. 7 e 33-34; cfr. epist. 1.12, vv. 22-23; Cic. Verr. 2.3.23.56 (nella mag-
gior parte dei manoscritti è attestata la variante non aspirata del nome, ma nel Parisinus 7776
è riportata quella corretta: ed. H. de La Ville de Mirmont, ad loc.). Salmeri 1984, pp. 22-23;
Manganaro 1992, pp. 459-464; Patané 2011, pp. 82-83; Barbera 2012, pp. 64-65.
4
Manganaro 1988, p. 51 n. 255.
5
Così sembra aver fatto pure a Lipari: Bitto, Caliri 2019 pp. 37-38.
6
I.Sicily 3335. Nella tribù Quirina era iscritto anche il centuripino Marcus Roscius (EDCS
122 cristina soraci
Certamente al ii sec. d.C. risale, invece, la ben nota epigrafe eretta da Quintus
Pompeius Sosius Priscus (console nel 149 d.C.) al proprio zio, Quintus Pompeius Pri-
scus figlio di Sextus Pompeius Priscus (Fig. 7):1
Q(uinto) · Pompeio Sex(ti) · f(ilio) ·
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Quir(ina) Pri[s]co
Sosius [Pr]iscus pa[truo]
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Fig. 7. Epigrafe in onore di Quintus Pompeius Priscus (foto C. Soraci).

L’epigrafe recita: «A Quinto Pompeo Prisco, figlio di Sesto, della tribù Quirina.
Sosio Prisco (pose l’epigrafe) in onore dell’avo».
Il praenomen dell’avo, Sextus, potrebbe far pensare a una discendenza clientelare
da Sesto Pompeo: dunque, un avo di Sextus Pompeius Priscus, vissuto nella secon-
da metà del i sec. d.C., il capostipite più antico della gens cui le testimonianze
epigrafiche consentono di risalire, potrebbe aver ottenuto la cittadinanza da Sesto
Pompeo, figlio del Magno.2
Rivela parentela con i Pompeii anche la Clodia Faconilla madre di Q. Pompeius
Falco, consul suπectus nel 108 d.C. e nonna di Q. Pompeius Sosius Priscus,3 il quale,
quindi, pose a Centuripe epigrafi sia alla nonna che allo zio paterni; un frammento
epigrafico pubblicato da Paolo Orsi venne, invece, dedicato a un Sosius o una Sosia
appartenente alla medesima gens dei Pompeii.4

57100026 = I.Sicily 3203). Prag 2010, p. 308. Pompeii dal praenomen Caius sono C. Pompeius
Longus Gallus, console nel 49 d.C. (PIR2 P 624) e C. Pompeius Planta (PIR2 P 637) dell’età di
Traiano.
1
AE 1993, 829 = AE 1996, 790 = EDCS 3700329 = ISicily 656. Eck 1996, pp. 114-128. Sul
console del 149 vedi PIR2 P 656; sullo zio di lui PIR2 P 639.
2
Patané 2011, p. 68 pensa che questa famiglia, di antiche origini locali, avesse ricevuto la
cittadinanza direttamente da Pompeo Magno. Uno studio su di essa, di prossima pubblicazio-
ne, è stato condotto da François Chausson, dell’Université Paris 1 Panthéon-Sorbonne, che ha
tenuto un seminario all’Università di Catania nell’aprile del 2022 nell’ambito del corso di Storia
della Sicilia antica a me a√dato.
3
EDCS 3700328 = ISicily 655; Eck 1996, pp. 114-128.
4
Orsi 1900, p. 49 n. 17. Eck 1996, p. 118 ritiene impossibile stabilire se il personaggio
onorato nell’epigrafe sarebbe stato un Sosius o una Sosia, mentre Barbera 2012, pp. 65-66
propende decisamente per Pompeia Sosia Falconilla.
il ruolo di gaio giulio cesare e della gens pompeia 123
Qui di seguito propongo lo stemma familiare nella versione elaborata da Wer-
ner Eck:1

[Sex. Pompeius Priscus] ∞ Clodia P. f. Falconilla

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Q. Pompeius Pr[iscus] Q. Pompeius Falco ∞ Sosia Polla (suπ. 108)

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Q. Pompeius Sosius Priscus (ord. 149)

Non è improbabile che al gruppo


statuario fossero, inoltre, connes-
si i due frammenti relativi a una
grande iscrizione architettonica
ritrovati in città, uno dei quali
presenta la scritta ]mpei.2
Un Quintus Pompeius è noto
da un’iscrizione frammentaria,
databile nel ii sec. d.C., adesso
conservata a Catania nel Museo
di Archeologia dell’Università
(Fig. 8), ma di provenienza in- Fig. 8. Epigrafe in onore di Quintus Pompeius
(foto C. Soraci).
certa; come ha potuto appurare
il collega del cnr, dott. Giacomo
Biondi, che ho consultato in proposito e che ringrazio per la consueta disponibi-
lità, i frammenti in questione entrarono a far parte della collezione del suddetto
Museo dopo il 1957 e non appartengono, quindi, alla collezione dell’archeolo-
go Guido Libertini. L’iscrizione presenta notevoli a√nità per materiale, ductus
epigrafico e formulario con quelle dei Pompei centuripini.3 Più che ad Agira,
come riportava dubitativamente l’indicazione annessa al frammento più piccolo,
è possibile che anche questa sia stata realizzata a Centuripe; tale provenienza è,
d’altro canto, indicata con certezza nella didascalia dello stesso Museo.

1
Uno stemma più completo si trova in PIR2 P p. 265.
2
ISicily 3398. Patané 2011, p. 47.
3
ISicily 4344, basandosi su Biondi, Buscemi Felici, Tortorici 2014, p. 170 n. 233, riporta la
provenienza incerta. Come mi ha scritto G. Biondi, Giacomo Manganaro fotografò l’iscrizione
ma non la pubblicò.
124 cristina soraci

3. 4. Palermo
Un altro Sextus Pompeius è attestato a Palermo da un’epigrafe oggi perduta; egli
ricoprì la carica di Augustalis verosimilmente nel i sec. d.C.:1
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Aram Victoriae
Sex(tus) Pompeius Mer
cator VIvir Aug(ustalis)
praeter summ[a]m
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pro honore
d(onum) d(edit)
p(ecunia) s(ua) p(osuit).
«Sesto Pompeo Mercator, sevir augustale, donò l’ara della vittoria oltre a una
somma in ringraziamento dell’onore ricevuto. Realizzò (l’opera) a proprie spe-
se».
Palermo ha restituito un’altra epigrafe, anch’essa oggi perduta, commissionata
da una Pompeia Atticilla per il figlio Marcus Virginius Pompeius, morto venticin-
quenne.2

3. 5. Termini
Nell’antica Thermae vissero in età imperiale una Pompeia Rodia (Fig. 9) e una
Pompeia Victoria (Fig. 10).3

Figg. 9-10. Epitafi di Pompeia Rodia e Pompeia Victoria


(da EDCS 22100131 e 22100132, foto E. Costa).

1
CIL x 7269 = EDCS 22000855 = EDR 138301 = ISicily 545 (datazione al i sec. d.C.). Man-
ganaro 1988, p. 47.
2
CIL x 7322 = EDCS 22100024 = EDR 138361 = ISicily 572.
3
Cfr., rispettivamente, CIL x 7429 = ILLMT 129 = EDCS 22100131 = EDR 126998 = ISicily
206 e CIL x 7430 = ILLMT 130 = EDCS 22100132 = EDR 127468 = ISicily 207.
il ruolo di gaio giulio cesare e della gens pompeia 125

3. 6. Catania
Conosciamo cinque appartenenti alla
gens Pompeia grazie alle epigrafi in qual-

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che modo connesse con la città di Ca-
tania. Nel i sec. d.C. vissero un Caius
Pompeius Felix (forse non a caso legato a
una Scribonia Restituta, con la quale fu

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sepolto)1 e la Pompeia Epictesis che eres-
se l’epitafio per Publicius Nicon;2 nel ii
d.C. un membro della gens, forse la So-
sia Falconilla figlia di Q. Pompeius Sosius
Priscus è celebrato in una lacunosissima Fig. 11. Epitafio di Q. Pompeio So-
epigrafe catanese;3 nel iii d.C. morì un sio Clementiano (da http://epicum.
bimbetto di sette mesi e ventotto gior- istc.cnr.it/EPICUM/imageWindowZ.
ni dal nome di Quintus Pompeius Sosius html?immagini/Ursino224/Ursino224-
Clementianus (Fig. 11).4 Infine, sono stati scale.dzi?EpiCUM224_Foto_con_scala_
ritrovati due bolli laterizi già menzionati metrica).
dal Mommsen e recanti, rispettivamente,
le scritte CN POMP A e CN P A,5 diverse, quindi, da quella sul bordo dell’anfora
([C]NP MAG) proveniente da Pantelleria, che si richiama probabilmente al Magno.6
In assenza di ulteriori precisazioni o di rinvenimenti analoghi, non è possibile ricava-
re nessuna informazione sulla tipologia di bolli o sul luogo esatto di ritrovamento.

3. 7. Cefalù
Un’epigrafe in greco, conservata nel Museo Mandralisca di Cefalù, attesta l’esistenza
di una Pompeia figlia di Rufo Mega;7 Manganaro ha supposto che il Dekomos Lailios
Mega di un’altra epigrafe fosse liberto di Decimo Lelio, amico di Pompeo Magno.8

1
CIL x 7084 = IMCC 119 = EDCS 21900406 = EDR 139166 = ISicily 366. Come rileva
Korhonen, la connessione tra Pompeii e Scribonii osservabile in questa epigrafe oπre una coinci-
denza interessante con i matrimoni tra i senatori appartenenti alle due gentes.
2
CIL x 7086 = IMCC 121 = EDCS 21900408 = EDR 139163 = ISicily 368; l’epigrafe è più
precisamente datata nella seconda metà del i sec. d.C.
3
CIL x 7021 = IMCC 14 = EDCS 21900340 = EDR 81504 = ISicily 305; l’epigrafe risalirebbe
alla seconda metà del ii sec. d.C. Cfr. soprattutto Eck 1996, pp. 114-128.
4
CIL vi 24510 e x 1088, 282 = IMCC 13 = EDCS 13800758 = EDR 121001. Mommsen ha
supposto che l’epigrafe, databile tra la seconda metà del ii e gli inizi del iii sec. d.C., fosse di
provenienza urbana; contra, cfr. Korhonen (IMCC 13).
5
CIL x 8045, 17a e b = EDCS 22901774 e 22901775.
6
EDCS 68300024. Vedi supra, p. 115 e n. 2.
7
EDCS 55702040 = EDR 108342 = PHI 332345 = ISicily 2951; l’epigrafe è datata, in base
all’onomastica, nella seconda metà del i sec. a.C.
8
EDCS 64400392 = EDR 108677 = PHI 331407 = ISicily 2952; Manganaro 1965, p. 201; in
base a questa supposizione l’epigrafe è stata datata nel i sec. a.C.
126 cristina soraci

3. 8. Corleone
Nel CIL Mommsen ricorda che non
molti anni prima era stata ritrovata
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nel territorio di Corleone una lapide


con la menzione di Pompeo.1 Chiara-
mente non è possibile formulare ipo-
tesi di nessun tipo al riguardo.
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3. 9. Siracusa
A Syracusae morì il ventiquattrenne
Kuintos Pompeios Elpistos, come testi-
monia l’epigrafe conservata nei ma-
gazzini del Museo Paolo Orsi.2

3. 10. Morgantina
Fig. 12. Epitafio di Pompeius Marcellus
(da Manganaro 1989, Fig. 79). Morgantina ha restituito il nome di
un Pompeius Marcellus, come recitava
un’epigrafe donata al prof. Manganaro da un cittadino di Aidone (Fig. 12).3

3. 11. Attestazioni numismatiche


Per quanto concerne le attestazioni numismatiche, l’unica moneta che riporta il
nome dei Pompeii venne emessa a Tindari; grazie ad essa conosciamo l’esistenza in
Sicilia di un Aulus Pompeius,4 duoviro della città insieme al collega M. Vipsanius,5
senz’altro databili tra il 36 a.C. e il 14 d.C.

1
CIL x 7199 = EDCS 21900540 = ISicily 480.
2
IG xiv 45a = PHI 140340 = ISicily 3380. Manganaro 1988, p. 50. La presenza del praeno-
men e il contesto del ritrovamento (cfr. Fiorelli 1884, pp. 163-164) mi farebbe supporre una
datazione anteriore al iv.
3
EDCS 6100290 = EDR 81540 = ISicily 761. Manganaro 1988, p. 6 n. 8 la data tra il ii e il i
sec. a.C.; Manganaro 1989, p. 187 (Fig. 79) ribadisce la data del i a.C., ma in nota 102 ipotizza
che l’iscrizione possa essere imperiale; in eπetti, in base all’onomastica mi sembra preferibile
ritenere che l’iscrizione risalga al ii sec. d.C.
4
RPC i 670A (Tindari): A POMP A f L. I Pompeii dal praenomen Aulus non erano molto diπusi,
almeno stando alle fonti in nostro possesso; si conosce un tribuno della plebe nel 102 a.C. (D.S.
36.13.2 Walton [= 36.4 Goukowsky]; Plut. Mar. 17.10: Broughton 1951, p. 568), uno vissuto
alla fine della Repubblica e attestato in Umbria (CIL xi 4213 = ILLRP 364 = ILS 6629 = EDCS
21500132, su cui vd. PIR2 P 576), uno al tempo di Nerone (PIR2 P 633: Aulus Pompeius Paulinus),
uno citato da Plinio il Vecchio (nat. 7.54.182), uno (il cui praenomen è però incerto) al tempo di
Antonino Pio (PIR2 P 660: Aulus Pompeius Vopiscus), uno romano di più incerta datazione (CIL vi
1824 = ILS 1894 = EDCS 18100636).
5
Sulla «troublante» a√nità tra il M VIPSEN DOS dell’emissione tindaritana (RPC i 670A) e il
M. Vipsanus Athenaeus (RPC i 648) o il M VIPS DOS (RPC i 650) di altre emissioni attribuite
a Segesta o a Tindari vedi Villemur 2015a, pp. 19-20 e Villemur 2015b, pp. 29-30 n. 15.
il ruolo di gaio giulio cesare e della gens pompeia 127

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Fig. 13 (da https://rpc.ashmus.ox.ac.uk/coins/1/670A).

3. 12. Tabelle riassuntive


Le tabelle seguenti (Tab. 1 e 2) aiutano a riassumere i risultati della presente ricer-
ca; in corsivo ho indicato le datazioni da me proposte.

Tab. 1. Uomini appartenenti alla gens Pompeia attestati in Sicilia.

Praenomen Nomen Cognomen Città Datazione Fonte


(latinizzato)

1 Pompeius Archandrus Lipara i d.C. ILGLL 724 = SEG


51.1367 =
ISicily 4251

2 Pompeius Philomenus Lipara i a.C. ILGLL 728 = SEG


45.1381, 104 =
ISicily 2873

3 Pompeius Papus Lipara i a.C.-i d.C. ILGLL 727 =


ISicily 4253

4 Pompeius Grosphus Centuripae i a.C. Hor. carm. 2.16,


vv. 7 e 33-34; cfr.
epist. 1.12, vv. 22-23

5 Pompeius Falco Centuripae ii d.C. ISicily 655 = EDCS


3700328

6 Pompeius Sosius Priscus Catina ii d.C. CIL x 7021 =


IMCC 14 = EDCS
21900340 = EDR
81504 = ISicily 305
128 cristina soraci
Praenomen Nomen Cognomen Città Datazione Fonte
(latinizzato)

7 Pompeii in territorio
di Corleone
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8 Pompeius Marcellus ii d.C. EDR 81540 =


ISicily 761 = EDCS
6100290
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9 ? (Cnaei?) Pompeii Percenni Messana 82-81 a.C. o 72 a.C. Cic. Verr. 2.4.11.25

10 Aulus Pompeius L. Tyndaris 36 a.C.-14 d.C. RPC i 670A

11 Caius Pompeius Felix Catina i d.C. CIL x 7084 =


IMCC 119 = EDCS
21900406 = EDR
139166

12 Cnaeus Pompeius Theodorus ? 82-81 a.C. Cic. Verr.


2.2.42.102

13 Cnaeus Pompeius Basiliscus Messana 82-81 a.C. Cic. Verr. 2.4.11.25

14 Cnaeus Pompeius Philo Tyndaris 82-81 a.C. Cic. Verr. 2.4.22.48

15 Cnaeus Pompeius Clarus Euonymus i a.C.-i d.C. ILGLL 725 = SEG


45.1388 = ISicily
2725

16 Cnaeus Pompeius Centuripae i-ii d.C. ISicily 3335

17 Quintus Pompeius Sosius Priscus Centuripae ii d.C. AE 1993, 829 = AE


1996, 790 = ISicily
656

18 Quintus Pompeius Priscus Centuripae ii d.C. AE 1993, 829 = AE


1996, 790 = EDCS
3700329 = ISicily
656

19 Quintus Pompeius Centuripae? ii d.C. ISicily 4344

20 Quintus Pompeius Elpistus Syracusae i-iii d.C. IG xiv 45a = PHI


140340 = ISicily
3380

21 Quintus Pompeius Sosius Clementianus Catina o ii-iii d.C. CIL vi 24510 e


Roma x 1088, 282 =
IMCC 13 = EDCS
13800758 = EDR
121001

22 Sextus Pompeius Chlorus Halaesa? 82-81 a.C. Cic. Verr. 2.2.7.23 e


42.102
23 Sextus Pompeius Phoibus Originario i sec. d.C. IG xiv 413 = CIG
di Roma, 3.5635 = IGRR 487
ma morto a = ISicily 1240
Messana
il ruolo di gaio giulio cesare e della gens pompeia 129
Praenomen Nomen Cognomen Città Datazione Fonte
(latinizzato)

24 Sextus Pompeius Aprus Palakus Lipara i a.C. IG xiv 395 e 396 =


ILGLL 723

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25 Sextus Pompeius Lipara i d.C. ILGLL 726 = SEG
51.1369 = ISicily
4252

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26 Sextus Pompeius Priscus Centuripae ii d.C. AE 1993, 829 = AE
1996, 790 = ISicily
656

27 Sextus Pompeius Mercator Panhormus i d.C. CIL x 7269 =


EDCS 22000855 =
ISicily 545

Tab. 2. Donne appartenenti alla gens Pompeia attestate in Sicilia.


Praenomen Cognomen Figlia di Città Datazione Fonte

1 Pompeia Sextus Lipara Inizi i sec. d.C. IG xiv 395 =


ILGLL 723

2 Pompeia Rufus Mega Cephaloedium Seconda metà del i a.C. ISicily 2951

3 Pompeia Atticilla Panhormus Età imperiale CIL x 7322 = EDR


138361 = EDCS
22100024 =
ISicily 572

4 Pompeia Ekale Lipara ? ILipara 729 = PHI


334837

5 Pompeia Epictesis Catina Seconda metà del i d.C. CIL x 7086 =


IMCC 121 = EDCS
21900408 = EDR
139163

6 Pompeia Neike Lipara i-ii d.C. ILGLL 730 = SEG


41.817 = ISicily 3062

7 Pompeia Rodia Thermae Età imperiale CIL x 7429 =


ILLMT 129 = EDR
126998 = ISicily 206
= EDCS 22100131

8 Pompeia Victoria Thermae Età imperiale CIL x 7430 =


ILLMT 130 = EDR
127468 = ISicily 207
= EDCS 22100132

Come si può notare da quanto fin qui osservato, la gens Pompeia è attestata in Sici-
lia tra il i sec. a.C. e il ii/iii d.C. Con le sue trentacinque occorrenze, fu senz’altro
ben presente nell’isola, sebbene non dovette essere una delle più diπuse. L’abbon-
130 cristina soraci
danza di Pompeii a Lipari è dovuta anche al numero di iscrizioni qui ritrovate, ma
è comunque innegabile che, se si eccettua il caso di Sextus Pompeius Mercator e la
testimonianza relativa ai Pompeii di Corleone, gli appartenenti a questa gens sem-
brano essere soprattutto localizzati nel triangolo nord-orientale dell’isola, una zona
dove l’attività di Sesto Pompeo risultò essersi maggiormente concentrata e dove
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anche Pompeo Magno aveva concesso la cittadinanza romana a diversi individui.


Dei cinque membri della gens con il nome di Cnaeus, tre (Gneo Pompeo Teodo-
ro, Gneo Pompeo Basilisco e Gneo Pompeo Filone), i cui nomi ci sono trasmessi
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da Cicerone, ottennero la cittadinanza romana grazie a Pompeo Magno; il quarto,


Gneo Pompeo Claro di Panarea, e il quinto, Gneo Pompeo di Centuripe, potreb-
bero essere stati discendenti di Siciliani dotati di cittadinanza da Pompeo padre o
da altri membri di questa numerosa e importante famiglia.
Se gli appartenenti alla gens Pompeia che portavano il praenomen di Sextus e oggi at-
testati in Sicilia sono solo sei, uno di essi (Sesto Pompeo Cloro) ricevette la cittadinan-
za probabilmente al tempo della prima venuta del Magno in Sicilia e un altro (Sesto
Pompeo Febo) si dichiara proveniente da Roma; gli altri quattro potrebbero aver otte-
nuto la cittadinanza grazie a Sesto Pompeo. Ci troviamo chiaramente nel campo delle
ipotesi, sulla cui utilità per il progresso della ricerca non è, però, il caso di dubitare.
Isolate, invece, le attestazioni dei membri della gens che portavano i praenomina
di Aulus e di Caius, testimonianze di una storia che ha ancora per noi moderni
molti lati oscuri.

4. Conclusioni
L’attività condotta da Sesto Pompeo in favore dei Siciliani nel corso della sua per-
manenza nell’isola tra il 43 e il 36 a.C. si espletò, dunque, in linea con la politica
paterna e dovette tradursi in assegnazioni della cittadinanza a singoli individui. Il
significato e le conseguenze di siπatte determinazioni sono evidenti: durante le
guerre civili era divenuto indispensabile assicurarsi il sostegno di fette di popola-
zione più ampie possibile, su cui poter contare per contrastare i propri avversari;
la politica di promozione giuridica di alcuni provinciali, e specialmente di quanti
appartenevano alle élites cittadine, assicurava a Cesare e ai Pompei l’appoggio di
un nucleo significativo di persone fidate che potessero incidere sulle sorti della Re-
pubblica accordando il proprio voto o una qualche forma di supporto economico.
Né Cesare, che concesse il diritto latino ai Siciliani e occasionalmente anche la
cittadinanza viritim, né i Pompei, Gneo e Sesto, che optarono per attribuzioni limi-
tate e finalizzate alla realizzazione di legami clientelari, concepirono, quindi, una
politica di elargizione dei diritti dei cittadini romani senza distinzione. I tempi non
erano ancora maturi. Solo Ottaviano, che seppe far tesoro dei successi e degli in-
successi di quanti lo avevano preceduto, sarebbe riuscito negli anni a contemperare
sapientemente e diplomaticamente le richieste dei Siciliani con quelle del popolo romano.1

1
Cfr. Soraci 2019.
il ruolo di gaio giulio cesare e della gens pompeia 131

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Aprile 2023
(cz 2 · fg 3)

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