Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
-·-------·--~-·
BIBLIOTECA
ACOL T A' TEOLOGICA.
CAGLIAF\I
- -----·---
SCRITTORI DELLA CHIESA DI AQUILEIA COMITATO DIRETTIVO
COMITATO SCIENTIFICO
OPERA/I OPERE/ 1
Curavit STEPHANUS DI BRAZZANO A cura di STEFANO DI BRAZZANO
CARMINA CARMI
EXPOSITIO ORATIONIS DOMINICAE SPIEGAZIONE DELLA PREGHIERA DEL SIGNORE
EXPOSITIO SYMBULI SPIEGAZIONE DEL SIMBOLO
APPENDIX CARMINUM APPENDICE AI CARMI
---------····-·· ··-···
PADRI GEC TI
FACO TEOLOGICA
L::--C_A_GLI A!:11 ____ .
--B-1B-L-10-TEC:A--J
[F:ACOLTA" TE?LOGICA
CAGUAF·ìl
·--·---· --· ·--- ···---~--~-~--
Città Nuova
CSEA - Aquileia Società per la conservazione della Basilica di Aquileia
MMI 2001
'
© 2001, Città Nuova Editrice - Via degli Scipioni, 265 - 00192 Roma
te!. 063216212 - e-mail; ~om,m,editrke@sittal\uova.it
, l ; ; , , · I , ~ ~ '. / :. f -; :
ISBN 88-311-9084-9
INTRODUZIONE GENERALE
1 Mart. 4, 668ss.: Per Cenitam gradiens et amicos Duplavenenses /qua natale so-
lum mihi sanguine, sede parentum. L'identificazione di Duplavenis con l'attuale Val-
dobbiadene è dovuta all'abate Rambaldo degli Azzoni, canonico della chiesa di Tre-
viso. Cf. M.A. LUCHI, Venantii Fortunati presbyteri Italici opera omnia ... coltecta ...
opera et studt'o d. Michaelis-Angeli Luchi, I, Roma 1786, Vita Venantil Fortunati, 8,
poi in PL LXXXVIII, 23C (trad. frane. in Venanti Honori Clementiani Fortunatl
presbyteri Italici; opera poetica miscellanea. - Venance Fortunat. Poést'es mflées tradut:
tes en français pour la première fai par M. Charles Nisard, avec la collaboration, pour
!es livres I-V, de M. Eugène Rittier, Paris 1887, 4 [d'ora in poi citata con il solo titolo
francese in forma abbreviata]).
2 Per una datazione alta, attorno al 530 si sono espressi M. MANITIUS, Geschi-
chte der lateinischen Literatur des Mittelalters, I, Miinchen 1911, 170; D. TARDI, For-
tunat. Étude sur un dernier représentant de la poésie latine dans la Gaule mérovin-
gienne, Paris 1927, 24; P. DE LABRIOLLE, Ht'stoire de la lt'ttérature latine chrétienne,
Il, Paris 1947, 757. La datazione attorno al 540 è stata invece difesa da R. KOEBNER,
Venantius Fortunatus. Seine Persiinlichkeit und seine Stellung in der geistigen Kultur
des Merowingerreiches (Beitriige zur Geschichte des Mittelalters und dei: Renaissan-
ce 22), Leipzig-Berlin 1915, 11. Ultimamente B. BRENNAN, The Career of Venantius
Fortunatus, "Traditio", XLI (1985), 49-78, 50, eJ.W. GEORGE, Venantius Fortuna-
tus. A Latin Poet in Merovingian Gaul, Oxford 1992, 19, lasciano aperta la questio-
ne, propendendo però per una datazione negli anni immediatamente precedenti il
540. M. REYDELLET, Venance Fortunat. Poèmes, I, livres I-IV, Paris 1994, VII, pro-
pone invece gli anni attorno al 535. _
3 Carm. 7, 9, 11; Mart. 4, 669s. Il no1ne della sorella è poi noto da carm. 11, 6, 8.
16 INTRODUZIONE GENERALE INTRODUZIONE GENERALE 17
può ricavare dalla forma completa del suo nome quale ci è stata traman· triana/e già al tempo del regno gotico nella prima metà del secolo, e an-
data dai manoscritti: Venantius Honorius Clementianus Fortunatus. Un cor più dopo la riconquista da parte delle armate imperiali di Belùario
nome composto da quattro elementi può far pensare che chi lo portava nel 540 8. Qui Venanzio attese agli studi di grammatica e di retorica, e
provenisse da una famiglia di un certo prestigio. Il nome Venantius com· forse anche di giurùprudenza 9, acquisendo così una vasta preparazione
pare nella prosopografia romana soltanto con il V secolo, e divenne piut· culturale che gli avrebbe permesso di intraprendere la carriera di in.re·
tosto frequente nell'alta società italica del secolo successivo 4, mentre per gnante, di poeta di professione ma anche di funzionario dell'amministra-
noi è assai più significativo l'ultimo elemento, Fortunatu~ quello con cui zione pubblica. Il trasferimento dalla Venetia a Ravenna sarà stato
sempre il poeta designa se stesso: esso è certamente connesso con il culto senz'altro motivato dalla volontà di completare il ciclo degli studi per as·
del!' omonimo martire di Aquileia, diffuso in tutta la Venetia. sicurarsi una carriera. A tale proposito non vi è alcun bisogno, come pu-
Nulla ci dice il poeta sull'ambiente in cui trascorse gli anni dell'in· re è stato fatto dal T'ardi 10, di mettere in relazione tale spostamento alla
fanzia e dell'adolescenza, e che fu verisimilmente anche il luogo in cui vicenda dei Tre Capitoh che in quello stesso giro di anni causò gravissi-
ricevette la formazione primaria. Sappiamo però che a un dato momento, mi contrasti tra il potere imperiale, la sede apostolica e le due principali
presumibilmente ali'età di quindici o vent'anni, egli entrò in contatto sedi metropolitane dell'Italia settentrionale, Milano e Aquileia.
con quel Paolino che nel 557 fu eletto vescovo della metropoli aquileiese Durante la permanenza a Ravenna egli, insieme al suo amico e col-
e fu il primo ad assumere - abusivamente - il titolo di patriarca 5: a que· lega di studi, Felice, divenuto in seguito vescovo di Treviso 11, fu colpito
sto riguardo, se conoscessimo l'esatta data di nascita di Venanzio, po· da una fastidiosa malattia agli occhi: in breve tempo entrambi furono sul
tremmo stabilire se l'incontro tra i due ebbe luogo ad Aquileia oppure se punto di perdere la vista. Animati da fervente devozione i due amici si
potesse essere avvenuto anche in un'altra località della Venetia, dove recarono nella bastlica ravennate dei Santi Giovanni e Paolo: qui vi era
Paoli'no probabilmente risiedeva quale semplice monaco prima della sua un altare dedicato a san Martino vescovo di Tours (sec. IV), famoso già
designazione episcopale. Purtroppo, non disponendo di dati precùi non in vita per i numerosissimi miracoli che gli erano attribuiti 12. Venanzio
possiamo che formulare ipotesi. Tuttavia, sulla sola base della certa ca· e Felice unsero le loro palpebre con l'olio della lampada che ardeva sopra
noscenza reciproca dei due, nel passato alcuni studiosi sostennero disin· l'altare, e miracolosamente riacquùtarono la salute 13.
voltamente che proprio ad Aquileia Venanzio compì il ciclo inferiore dei Di lì a poco, e precùamente sul finire dell'estate o all'inizio dell'au-
suoi studi, e immaginarono che la sua famiglia vi si fosse trasferita da
Valdobbiadene a causa delle ripetute incursioni di truppe gotiche, bizan· 8 Mart. 4, 680-701; carm. praef 4; cf. anche carm. 8, 3, 167: Cara Ravenna (da
tine e franche nella Venetia, teatro della guerra condotta dall'imperatore tenere presente per le considerazioni svolte alla nota precedente). 11 ricordo della
Giustiniano per la riconquista dell'Italia occupata dagli ostrogoti 6 . città non venne mai meno nel poeta, che si presentò sempre come ravennate, e tale
Tuttavia, in mancanza di prove dirimenti, si può pure pensare che fu considerato dai suoi estimatori in Gallia, come attesta il ritmo De privilegio; ·com-
Venanzio abbia trascorso l'adolescenza - e abbia quindi conosciuto Pao· post~ a Poitiers poc~~shno tempo dopo la morte del poeta: Ex Fortunato ab Raven-
na Pictonumfloret ctvttas (ed. K:Strecker, MGH PLMA IV 2 Berlin 1914 [rist. ana-
lino - in uno dei centri urbani del bacino del Piave: Acilwn (Asolo), st. Miinchen 1978], 654s.; il testo completo sarà presentato n~l tomo II).
Tarvisium (Treviso), Opitergium (Oderzo), Altinum (Altino): tutte sedi 9 Mart. 1, 26-33. Secondo KOEBNER, Venantius Fortunatus, 11, l'espressione
di vescovati, in ognuno dei quali molto probabilmente era possibile con· cotes iuridt"ca alluderebbe non già agli studi legali, quanto piuttosto all'affinamento
seguire una formazione scolastica inferiore, senza bisogno di spingersi fi· del gusto e delle capacità critico-letterarie.
10 TARDI, Fortunat, 38ss. Secondo questo studioso, Venanzio non avrebbe con- ,,
no ad Aquileia 7. divi~o la posizione di scontro con la sede apostolica assunta dal metropolita aquileie-
Quel poco che egli stesso ci dice della sua giovinezza riguarda un s~ riguardo all'ortodossia del,concili? co~ta~t!nopoli.tano II del ?53, e avrebb~ prefe-
I,'
1,
periodo che tutto fa pensare come successivo a quello della prima forma· rito abbandonare la terra natia per rifug1ars11n ambiente cattolico. A questa idea bi-
zione, e ci porta a Ravenna, massimo centro culturale dell'Italia setten· sogna però osservare che non vi è alcun elemento nell'opera di Venanzio che porti a
vedere in lui un fiero sostenitore dell'llnpero e della sede apostolica contro i vescovi
scismatici. Anzi, come ha rilevato E. STEIN, Histot"re du Bas-Empire, II, De la dispari:
tlon de l'Empire d'Occtdent à la mort de Justinz'en (476-565), Paris-Bruxelles-Amster-
4 J. SASEL, Il viaggio di Venanzio Fortunato e la sua attività t'n ordine alla politt.~ dam 1949, 832ss., vi sono casomai diversi indizi che porterebbero a sostenere l'idea
ca bizantina, in AA.Vv., Aquileia e l'Occidente (Antichità Altoadriatiche 19), Udine opposta, come vedremo a proposito dell'abbandono da parte del poeta dell1talia
1981, 360ss. Cf. PLRE Ili, 1367-1369. per la. Gallia merovingica.
11 Cf. carm. 7, 13; Mart, 4, 666. Per la figura di Felice e il suo ruolo durante
5 Mart. 4, 661s.: Pontlficemque pium Paulum cupienter adora I qui me primaevis
converti optabat ab annis. l'invasione longobarda in Italia d. PAUL. DIAC. Lang. 2, 12: Igitur Albot'n cum ad flu-
6TARDI, Fortunat, 27ss, vium Pkbem venisset, t"bt' et" Felix episcopus Tarvislanae ecclest"ae occurrt't. Cut" rex, ut
7 Di un legame particolare con la città di Tr~iso pare sia indice l'espressione erat largisst"mus, omnes suae ecclest"ae Jacultates postulanti concesst"t et per suum prag-
mea Tarvz'sus in Mart. 4, 665, laddove Aquileia, pur nominata tre volte dal poeta nel matt"cum postulata ft'rmavit.
12 Sul santo si rhnanda una volta per tutte a J. LAHACHE, Martt"no dt" Tours, BS
corso della sua opera, non è mai accompagnata da alcuna connotazione affettiva.
Anche nel ricordo di Mart. 4, 661s. (cf. la nota 5) l'emozione del poeta è legata alla VIII, 1966, 1248-1279.
persona di Paolino, non alla città in sé. 1l Mari. 4, b686-701; cf. PAUL. D!AC. umg. 2, 13.
r8 INTRODUZIONE GENERALE INTRODUZIONE GENERALE r9
tunno del 565, Venanzio lasciò Ravenna per compiere un lungo viaggio similmente il compimento di un voto, come già interpretò Paolo Diaco-
che lo avrebbe portato nella Gallia dominata dai Merovingi; da dove no a distanza di due secoli'°.
non avrebbe mai più fatto ritorno in patria 14. Egli descrive in due diver- Partì dunque da Ravenna e risalt' la pianura veneta, toccando Pado-
l
si luoghi della sua opera letteraria il percorso compiuto: una prima volta va 21 e Treviso 22, raggiungendo la valle del Tagliamento 23 e di qui gua-
nel jinale del IV libro della Vita Mattini, scritta molto probabilmente dagnando il passo di Monte Croce Carnico 24. Risalì quindi la valle della
nell'estate del 575 15; ne parla, qualche anno dopo, nella prefazione ai Drava valicando una seconda volta lo spartiacque alpino presso San Can-
primi sette libri dei Carmina indirizzata ali'amico Gregorio vescovo di dido 25; da qui discese lungo il corso della Rienza e poi lungo !'Isarco ver-
Tours e databile con sufficiente esattezza tra il 576 e il 577 16. In so meridione /t'no al sito del!' odierna Bolzano, donde risalt' il corso
quest'ultimo passo Venanzio non fornisce alcuna motivazione precisa per dell'Adige, valicando per una terza volta le Alpi al passo di Resia26. Pro-
il suo viaggio e presenta anzi se stesso come un novello Orfeo alla ventu- segui scendendo lungo la valle dell'Inn, dalla quale poi si staccò per gua-
ra tra popolazioni barbariche, tanto che molti studiosi moderni vi hanno dagnare il Fernpass. Percorrendo la valle del fiume Lech pervenne cast'
ravvisato la figura del poeta itinerante in cerca di gloria e fortuna, una nella pianura germanica. Seguì quindi zt corso del Reno 21, verzl'zinzlmen-
sorta di antesignano dei bardi medievali 11. te fino alla confluenza della Mosella, per poi risalire quest'ultimo fiume
Nel primo passo, molto più esteso e dettagliato, egli descrive l'itine- jino a raggiungere Metz, la capitale del più orientale dei quattro regni in
rario punteggiandolo di soste in corrispondenza di celebri luoghi di cul- cui era stato diviso lo stato franco alla morte del re Clotario I, jiglio di
to, soprattutto martiriale, talché il brano della Vita Mattini è stato re- Clodoveo, avvenuta nel 56128,
centemente dejinito «una vera guida del viaggiatore-pellegrino del VI se- Venanzio giunse a Metz all'inizio della przinavera del 566, in singola-
colo [.. .] che testimonia !'estensione del culto dei santi e della ricchezza re e felicissima concomitanza con la solenne celebrazione delle nozze del
dell'architettura religiosa in Gallia, nel Norico e soprattutto nell'Italia re Sigiberto con la principessa visigota Brunìchilde, figlia del re Atanagil-
settentrionale» 18. In conformità a ciò, Venanzio asserisce due volte nei do 29. ~occasione aveva riunito a Metz tutti i dignitari del regno di Sigi-
suoi carmi di aver compiuto tale lunghissimo viaggio quale peregrinatio berto, che oltre alla regione del bacino renano (che nei secoli seguenti sa-
religiosa allo scopo di visitare, nella città di Tours, la tomba del santo rebbe stata detta Austrasia, ovvero "regno orientale") a grande prevalenza
vescovo al cui intervento egli attribuiva la miracolosa guarigione 19; il di p9polazione di stirpe germanica, comprendeva anche i territori meridio-
viaggio assumerebbe pertanto i tratti di un atto di ringraziamento, veri- nali dell'Aquitania orientale e della Provenza, entrambi a popolazione in
maggioranza gallo-romana, e nei quali la raffinata cultura latina della tar-
14 La bibliografia specifica sul viaggio di Vena_nzio è abbondantissima; citeremo
da antichità, che aveva visto jiorire i talenti di un Ausonio, di un Paolino
H. WoPFNER, Die Reise des Venantius Fortunatus durch die Ostalpen. Ein Beitrag zur
friihmittelalterlichen Verkehrs- und Si'edlungsgeschù:hte, in Festschrift zum Ehren E.
van Ottenthals, Innsbruck 1925 (Schlern-Schriften 9)i 362-417; K. STAUDACHER, Das 20 PAUL. DIAC. Lang. 2, 13: Qua de causa Fortunatus in tantum Martinum vene-
Reisegedicht des Venantt'us Fortunatus, "Der Schlern", XV (1934), 276-279; H. ratus est, ut, relicta patria, paulo antequam Langobardi Italiam invaderent, Turonis ad
WOPFNER Zur Reise des Venantius Fortunatus durch die Alpen, "Deutsche Gaue", eius beati viri sepulchrum properavit.
:XxxvII (1937), 21-25; G. CONTA, Il viaggio di Venanzio Fortunato attraverso le Alpi, 21 Mari. 4, 672-676.
22 Mart. 4, 668-671. È ragionevole pensare che il poeta abbia fatto una breve
"Rivista per l'Alto Adige. Rivista di studi alpini", LXXVII (1983), 35ss. (Corona Al-
pium. Miscellanea di studi in onore del prof, C. A. Mastrelli); M. PAVAN, Venanzio deviazione per raggiungere Duplavenis e salutare i suoi parenti prhna d'intraprende-
Fortunato tl'a Venetia, Danubio e Gallia merovingica, in AA.Vv., Venanzio Fortunato re un viaggio così awenturoso.
23 Mart. 4, 663ss.
tra Italia e Francia. Atti del convegno internazionale di studi, Valdobbiadene 17 mag-
2 4 Mari. 4, 651s.
gio 1990 -Treviso 18-19 maggio 1990, Treviso 1993, 11-2?; G. RosADA, Il "viaggio"
25 Mari. 4, 649s.
di Venanzio Fol'tunato ad Turones: il tratto da Ravenna at Breonum loca e la strada
2 6 Mart. 4, 644-648.
per submontana ca stella, in AA.Vv ., Venanzio Fortunato tra Italia e Francia, 25-57.
15 Questa la posizione dell'ultima editrice del testo, S. QUESNEL, Venance For- 27 Mart. 4, 640ss.
28 Per la. storia della Gallia durante il regno dei Merovingi la fonte più impor-
tuna!. CEuvres, IV, Vie de Saint Martin, Paris 1996, X'V. Altri critici propendono per
una datazione leggermente anteriore: KOEBNER, Venantius Fortunatus, 86 nota 1, tante è costituita naturalmente dai Libri historiarum decem (correntemente conosciu-
pensa al 573/574, e quest'ultimo anno è stato proposto anche da TARDI, Fortunat, ti come Ht'storia Francorum) di Gregorio di Tours (ed. B. I(rusch - W. Levison
181. Recentemente BRENNAN, The Career, 55, ha riproposto la datazione di I(oebner. MGH SRM I, 1, Hannover 1937-1951). Per una sintesi moderna si può vedere M'.
16 W. MEYER, Der Gelegenheitsdichter Venantius Fortunatus (Abhandlungen RoucHE, I regni latino-germanici (secoli V-VIII), in La storia, a cura di N. Tranfaglia
der kOniglichen Gesellschaft der Wissenschaften in GOttingen, philologisch-histori- e M. Firpo, II, Il A:f.ed!'oevo, .Torino 1986, 89-122, e G. FOURNIER, Il regno franro,
sche Klasse, n. F. N 5), Berlin 1901, 25ss.; su Gregorio di Tours si può vedere la mi- 123.-144; ancora utile rt~u.lta avecchio A ..TI-cIIERRY, Récits des temps mérovt'ngiennes,
scellanea curata da R. MORGHEN, Introduzt'one alla lettura di Gregorio di Tours Pa1'1S 1858). Co1ne sussidio elementare al lettore dei carmi di Venanzio si accludono
(Convegni del Centro di studi sulla spiritualità medievale 12), Todi 1979. due tavole storiche, la prima con lalbero genealogico della dinastia merovingia tra la
llBRENNAN, The. Career, 54; GEORGE, Venantius Fortunatus. A La#n Poet, 25. fine del V .e la ~ne del ".1s~colo, ~a seco~da che presenta la situazione politica del
18 QUESNEL, Venance Fortunat. <Euvres, IV, LXII. mo1nento 1n cm Venanzio giunse 1n Gallia e quella sancita dal trattato di Andelot
19 Carm. 8, 1, 21: Martinum cupiens voto Radegundis adhaesi; .Mart. 1, 44: del 587 (su cui si veda p. 35).
29 GREG. TuR. Frane. 4, 27 (non datato).
Cuius causa fuit hac me regione venire.
20 INTRODUZIONE GENERALE INTRODUZIONE GENERALE 21
di Nola e di un Sidonio Apollinare, aveva oltrepassato senza troppi danni la parte più occidentale del regno: Verdun, ove dedicò due carmi al vesco-
il turbine delle invasioni 30. Tra i personaggi convenuti non mancavano vo Agerico; Reims, seconda sede della corte austrasiana, ove scrisse l' elo-
dunque uomini che erano in grado di apprezzare la cultura e le capacità gio del vescovo Egidio; e infine Soissons, appartenente de iure al regno
·i versificatorie di un giovane poeta come Venanzio. E infatti egli per I'occa- del fratellastro di Sigiberto, Chilperico I, ma occupata dal primo fin dal
!
sione compose un epitalamio di stile claudianeo, con la tipica ambienta- 562 35, ove compose un lungo carme sulla vita e i miracoli del vescovo
zione mitologica e moltissime reminiscenze dai poeti antichi, conforme- Medardo di Noyon, morto nel 560 e là seppellito%.
mente alla formazione letteraria ricevuta nelle scuole ravennafi31. Nel contempo Venanzio ebbe modo di stringere amicizia anche con
Ad ogni modo, il suo arrivo alla corte di Sigiberto non dovette es- diversi dignitari laici della corte austrasiana, sia tra quelli appartenenti
sere del tutto imprevisto: il poeta stesso ci dice che, durante il viaggio al ceppo gallo-romano (perlopiù provenzali) sia tra quelli di ceppo ger-
dall'Italia verso il regno franco, il sovrano demandò a un suo cortigia- manico: naturalmente egli si legò più strettamente a quelli dotati di
no, Sigoaldo, di fargli da guida o da scorta 32 . Questo dettaglio porta maggior sensibilità artistica, in grado pertanto di apprezzare appieno e di
anzi a credere che il viaggio poté essere scrupolosamente preparato, e sostenere il suo talento letterario. Tra costoro spiccano Berulfo, il gover-
che, tramite opportune conoscenze, con ogni verùimiglianza episcopali; natore di Marsiglia Bodegisilo, Conciane, Dinamio, Cagane, Giovino,
Venanzio si sia procurato le necessarie lettere di presentazione da esibi- Lupo, Mummoleno, tutti dedicatari e protagonisti di carmi'7.
re a diversi vescovi dell'Austrasia33. In seguito, probabilmente verso la primavera del 567, Venanzio si
Fa propendere per questa idea il fatto che, tra i numerosi carmi che accomiatò dalla corte austrasiana e raggiunse Parigz; la capitale del regno
Venanzio compose durante la sua permanenza al seguito del re Sigiberto, di Cariberto, fratello di Sigiberto, cui dedicò un solenne panegirico in
spiccano quelli dedicati appunto a vescovi, i quali ci permettono pure di versi 38 . Qui conobbe in seguito altri esponenti della generazione prece-
ricostruire l'itinerario seguito dal poeta nell'ultima fase del suo viaggio,
quando ormai si trovava all'interno del regno franco. Dopo le nozze, in-
I dente della dinastia merovingica: la regina madre Ultrogota, vedova di
Childeberto I fratello di Clotario I, e le sue due figlie Croteberga e Cro-
fatti; Sigiberto percorse tutte le principali città del suo regno, probabil-
mente allo scopo di presentare al popolo la nuova regina; Venanzio rima-
se al suo seguito, toccando dapprima le città lungo il corso della Mosella e
del Reno: Magonza, Colonia e Treviri, ove compose diversi carmi in lode
lI tesinda, nonché Teodechilde, figlia del re Teodorico I, un altro fratello di
Clotario 39. Contemporaneamente entrò in relazione con il vescovo Ger-
mano, di cui più tardi avrebbe steso la biografia4o.
Di lì a poco, durante l'inverno 5671568, Cariberto morì4I, e forse
dei rùpettivi vescovi Sidonio, Carentino e Nicezio, nonché a celebrazione proprio per questa ragione Venanzio, vista svanire ogni possibilità di me-
dei più ragguardevoli edifici sacrf34. Fu poi la volta delle città situate nel- cenatismo da parte di quel sovrano, riparti' alla volta di Tours, la città di
san Martino, che assieme alla vicina Poitiers entrava ora a far parte del
regno di Sigiberto in seguito alla spartizione dei domini del re defunto
30 Sullo stato della cultura nella Gallia tra tarda antichità e alto medioevo resta
fondamentale P. RICHÉ, Éducatt'on et culture dans l'Occident barbare, Vl'-VIII' siècles,
Paris 19622 (trad. it. Educazione e cultura nell'Occidente barbarico, Roma 1970). 35 GREG. TuR. Frane. 4, 23: Rediens autem Sigyb_erthus vù:tus a Chunt's, Sessio-
31 Carm. 6, 1. Come giustamente osservano KoEBNER, Venantius Fortunatus, 1, nas civitatem occupat, ibique t'nventum 'i'heodeberthum, Chilperici regt's filium, ad-
e TARDI, Fortunat, 15, Venanzio fu con ogni probabilità una delle ultime personalità prehendit et ù1 ext'lio transmittit.
letterarie dell'antichità ad aver compiuto il regolare corso di studi grammaticali e re- 36 Rispettivamente carm. 3, 23 e 23a (Verdun); 3,.15 (Reims) e 2, 16 (Soissons).
torici, formandosi sui classici e imparando a pensare sui libd, prima del decaditnen- 37 Carm. 7, 15 (Berulfo); 7, 5 (Bodegisilo); 7, 16 (Condane); 6, 9 e IO (Dina-
to generale della cultura e dell'educazione. Si aggiungerà poi - cosa di non minima mio); 7, 1-4 (Gogone); 7, 11 e 12 (Giovino); 7, 7-9 (Lupo); 7, 14 (Mummoleno).
importanza - che egli è altresì con tutta verisiiniglianza l'ultimo poeta ad aver appre- KOEBNER, Venantius Fortunatus, 3 7, nota co1ne al di fuori dell' Austrasia Venanzio ce-
so la lingua latina direttamente dalla bocca dei suoi genitori: per gli autori delle epo- lebri soltanto i sovrani e i membri delle loro famiglie: sembra pertanto che la presen-
che successive, dalla cosiddetta rinascenza carolingia in poi, il latino, per quanto ap- za di una classe intellettuale laica, dedita principahnente a mansioni amministrative,
preso fin dalla prima età scolare, sarà pur sempre una lingua acquisita. fosse un fatto caratteristico del regno di Sig1berto, senza equivalenti nel resto della
.32 Carm. 10, 16, 1-4. Secondo KoEBNER, Venantius Fortunatus, 23, Venanzio Gallia. Per maggiori dettagli sui personaggi si rimanda alle note ai singoli carmi.
sarebbe entrato ufficialmente a servizio del re Sigiberto, a cui interessavano le pre- 38 Carm. 6, 2. Sulla data della partenza dall'Austrasia pare convincente l'.argo-
stazioni letterarie che egli soltanto era in grado di offrire; avrebbe dunque ricoperto 1nentazione di KOEBNER, Venantius Fortunatus, 17ss., secondo cui quanto il poeta
una mansione che riunisce i compiti del cancelliere a quelli del-propagandista. Que-
sta opinione è stata però contestata da BRENNAN, The Career, 60, il quale nota come
essa non sia suffragata da alcun elemento certo.
I afferma in carm. 6, 9, 5 e 13-14 indicherebbe che un anno dopo le nozze di Sigiberto
e Brunichilde egli si trovava ancora in. Germania, cioè nella parte maggiormente ger-
.r;:ianizzata del regno, quella che in seguito si sarebbe chiamata Austrasia; su questa
33 Secondo M. PISACANE, Il De excidio Thoringiae di Venanzio Fortunato,
"Giornale italiano di filologia", XLIX (1997), 177-208, 183, l'incontro tra Venanzio
e Sigoaldo avvenne a Treviri, dopo che il vescovo locale Nicezio segnalò la presenza
t hnea ora anche BRENNAN, The Career, 60, e più esplicitamente la GEORGE, Venan-
tius Fortunatus. A Latin Poet, 28. Diversa.la cronologia proposta da MEYER, Der Ge-
legenheitsdù:hter, 8, e accettata da REYDELLET, Venance Fortunat. Poèmes, I, XII,
del poeta al re Sigiberto (si veda la nota 56). · che pone il congedo dall'Austrasia già all'autunno del 566.
34 Rispettivamente per Magonza carm. 2, 11; 2, 12; 9, 9; per Colonia carm. J, 39 Carm. 6, 6 (Ulrrogota) e 6, 3 (Teodechilde).
14; per Tfeviri carm. 3, 11e3, 12. Per il ruolo di Nicezio di Treviri durante la prima 40 Carm. 2, 9, 97 e 8, 2.
fase del soggiorno gallico del poeta si rimanda alla nota 56. 41 GREG. Tun. Frane. 4, 45.
INTRODUZIONE GENERALE INTRODUZIONE GENERALE
22 23
!
tra i rimanenti tre fratelli 42 . Qui il poeta fu accolto dal vescovo Eufro- molto: godeva infatti del più deferente rispetto di tutti e quattro i suoi/i· I
I'
nio, e il carme di elogio che Venanzio gli dedicò in quest'occasione costi' gliastri tra i quali fu diviso il regno, Chilperico, Sigiberto, Gontrano e ,I
tuisce per noi l'unica testimonianza di questo suo primo soggiorno a Cariberto, e spesse volte cercò con il suo carisma di intervenire come me- 11
IOurs, che evidentemente dovette essere assai breve43. A questo proposi- diatrice nei loro frequenti scontri 47. La sua sensibilità mù-tico·religiosa '1
to è stata giustamente rimarcata la singolarità del silenzio che il poeta, dovette fare presa sull'animo di Venanzio, sicché egli s'impegnò con la re· ,I
',I
altrimenti sempre fervente di devozione verso san Martino, mantiene su gina a stabilirsi definitivamente a Poitiers e, forse, a curare gli interessi
questa visita 44; nondimeno coglieremmo nel giusto ipotizzando che egli, del monastero in qualità di sovrintendente laico o economo48.
prima di proseguire il suo cammino, abbia vùitato tutti i luoghi sacri le-
gati alla memoria del santo vescovo 45.
Da Tours Venanzio si portò poi nella vicina Poitiers, ove avvenne
Prima di seguire gli ulteriori sviluppi della biografia di Venanzio,
sarà opportuno tentare un'analisi d'insieme sulla vicenda del suo viaggio
in Gallia, del quale continuano in buona misura a sfuggirci le vere moti·
I
,I
l'incontro con una personalità che sarebbe stata determinante per il resto vazioni profonde.
della sua vil'a: Radegonda. La fanciullezza di questa principessa di stirpe Abbiamo già avuto modo di vedere che il poeta stesso presenta il
turingia, nata attorno al 520, fu segnata dalla violenta conquista del re- suo viaggio in due modi diversi, in conformità al genere letterario in cui
gno turingico da parte dei Franchi nel 531: tratta prigioniera, fu assegna· la presentazione è inquadrata: se da un lato, nella Vita Martint asserisce
ta al bottino di guerra personale del re Clotario I, che se la riservò in di essersi recato in Gallia per visitare la tomba di san Martino a Tours in
isposa. Già in queste prime fasi della sua esistenza però ella aveva dato rendimento di grazie per la miracolosa guarigione agli occhi49, dall'altro ''
11
lato, nella Praefatio dei carmi indirizzata a Gregorio di Tours, il cui fine I,,
chiari segni di voler consacrare la propria vita al servizio di Cristo e della
sua Chiesa, e allorché Clotario, per motivi a noi ignoti, ordinò di uccide- era evidentemente l1 autoesaltazione poetica, Venanzt'o mette in scena se I
re il fratello di Radegonda, questa si allontanò dallo sposo e si ritirò in stesso quale novello Orfeo che vaga alla ventura cantando le sue classi-
solitudine. Clotario, dopo alcuni vani tentativi di ricondurre la sua sposa che armonie in mezzo alle rozze ballate di un popolo primitivo 50.
presso di sé, acconsenti' al ritiro, e Radegonda fu consacrata diaconessa Quasi tutti i critici moderni hanno però osservato come la presenta-
dal vescovo Medardo di Noyon. Fondò poi; tra il 552 e il 557, il suo mo- zione del viaggio quale pellegrinaggio devozionale non sia pienamente
nastero a Poitiers, e in segno di umiltà nominò badessa la sua giovane di- credibile. Abbiamo già notato come il primo soggiorno a Tours non rice-
scepola Agnese 46. Dopo la morte di Clotario, il suo prestigio aumentò di va alcun rilievo particolari nell'opera poetica di Venanzio, ma anzi ne
sz'a pressoché assente: sembra perciò ragionevole concludere eh'esso in
sostanza null'altro sia stato se non una semplice tappa in vista di un pro-
42 Prima che Sigiberto riuscisse a stabilizzare il proprio dominio.sui nuovi ter- seguimento del viaggio verso meridione, alla volta di Poitiers e forse ol-
ritori, essi furono occupati dalle truppe del fratellastro Chilperico I: cf. GREG. TUR. tre. La brevità della permanenza a Tours quale luogo di destinazione del
Frane. 4, 45. pellegrinaggio sarà poi ancora più stupefacente se si pone attenzione al
43 Carm. 3, 3.
44 BRENNAN, The Career, 61; REYDELLET, Venance Fortuna!. Poèmes, I, XIII.
fatto che il poeta raggiunse la sua meta più di due anni dopo la sua par-
45 Sui luoghi martiniani a T ours ci informa lo stesso Venanzio nella biografia tenza, dopo aver soggiornato per un anno in Austrasia e almeno per
della sua protettrice Radegonda, in riferimento a un pellegrinaggio a Tours compiu- qualche mese a Parigi. Questi e altri tratti particolari hanno portato a
to da quest'ultima alcuni anni prima: vita Radeg. 14, nonché GREG. TuR. Mart. 1, 2. pensare che la motivazione presentata da Venanzio stesso sia null'altro
46 Su santa Radegonda le fonti principali sono la Vita Radegundis scritta dallo
stesso Ve11anzio dopo la morte della monaca (587) e l'opera analoga scritta nei primi
che una motivazione difacciata, forse dovuta all'influenza del genere let-
anni del sec. VII dalla discepola Baudonivia, concepita esplicitamente quale comple- terario agiografico entro il quale è inquadrata, ma dietro alla quale si na-
mento alla troppo distaccata biografia fortunaziana (ed. B. Krusch, MGH SRM II, sconderebbero in verità altre spinte51.
Hannover 1888 [rist. anast. ivi 1984], 377-395; si vedano ora la traduzione italiana e
il co1nmento curati da P. SANTORELLI, La Vita Radegundis di Baudont'via
[Koivoovto:.. Collana di studi e testi a cura dell'Associazione di studi tardoantichi
19], Napoli 1999). Tra le opere della storiografia moderna restano fondamentali R. 47 BAUDON. 10.
AIGRAIN, Sainte Radegonde (vers 520-587), Paris 19243; diversi interventi in AA.VV., 48 Cf. carm. 8, 1, 21: Martt'num cupiens, voto Radegundis adhaesi. Sulle affinità
Études mérovingiennes. Actes des journées de Pot'tù:rs 1952, Paris 1953; la miscella- elettive nel carattere dei due personaggi, che sarebbero stati accomunati da una sen-
! nea che raccoglie i contributi presentati al convegno indetto a Poitiers nel 1987, in sibilità estatica, sognatrice e portata al misticismo, si diffonde a lungo l(OEBNER, Ve-
1: occasione del 1400° anniversario della morte: AA.Vv., La riche personnalt'té de sainte nantius Fortunatus, 39-66: si tratta di pagine segnate da un certo psicologis1no carat-
Radegonde, Poitiers 1988, in cui è altresì affrontata la questione dei rapporti tra la teristico dell'epoca in cui furono scritte, e oggi non più acritica1nente accettabile.
,il regina e Venanzio (su questo aspetto ci si soffermerà nell'Introduzione alla Vita Ra- Per il ruolo svolto da Venanzio in rappo1to al monastero si rinvia al seguito della
11,
degundis, nel vol. II). Per un'informazione in lingua.italiana si veda SANTORELLI, La trattazione, p. 28.
Vita, 28-46; lTutroduzione a cura di G. Palermo in VENANZIO FORTUNATO, Vlte dei 49 Mart. 1, 44 e 4, 686-701.
santi Ilario e Radegonda di Poitiers. Traduzione, introduzione e note a cura di G. Pa- 50 Carm. praef 4.
le1'mo (Collana di Testi Patristici 81), Roma 1989, 22-51; nonché N. DEL RE, Rade- peregrinatz'o rellglosa è dari-
5l Tra i pochi che sembrano accettare l'idea della
gondA, BS X, 1968, 1347-1352. cordare soprattutto F. LEO, Venantlus Fortunatus, der letzte riimische Dichter,
'I INTRODUZIONE GENERALE INTRODUZIONE GENERALE
24 25
Ha destato sospetti anche il tortuosissimo itinerario prescelto: per so ali'autorità imperiale, sicché, prima di essere trascinato dalla caduta di
arsi da Ravenna alla Gallia la via più immediata lo avrebbe indotto a quello che probabilmente fu il suo primo protettore, egli scelse di porsi
r~~alire la pianura padana e valicare le Alpi occidentali portandosi così sotto la tutela del re Sigiberto, che fino a pochissimo tempo prz'ma aveva
i1,I
'J:rettamente in Gallia, con il va~taggio di rimanere sempre a .co~tatto condotto alla frontiera orientale del suo regno una campagna contro gli
con popolazioni romane o di antica romanizzazione 52 . Venanzio znv~ce
I, ·diresse verso settentrione percorrendo la pianura veneta per poz valtca-
Avari alleati di Bisanzio 55.
Il legame di Venanzio con Vitale, vescovo scismatico suffraganeo di
I si ben tre volte lo spartiacque alpino: una prima volta al passo di Monte
~roce Carnico, poi a San Candido e infine sul passo di Resta, giungendo
Aquileia, potrebbe inoltre essere un indizio - ancorché indiretto ~ del
coinvolgimento del giovane poeta nella questione dei Tre Capitoli, princi-
cosi' nella Germania meridionale, attraversando territori occupati da po-. pale causa della rovina del vescovo altinate: al riguardo vi sono diversi
po/azioni ba'.bariche completame~te estranee alla cultura romana qualt i elementi che porterebbero a vedere in Venanzio un partigiano dei vescovi
Breuni, i Bazovarz e glt Alaman_m 53. . . . . . . scismatici 56. Un proseguimento della carriera nella cattolica Ravenna sa-
Particolari sono pure le circostanze storiche nelle qualt il viaggio st rebbe stato dunque per lui pressoché impossibile, e ancora più scarse sa-
alloca: Venanzio lasciò l'Italta riconquùtata appena qualche mese prima rebbero state le possibtlztà nei centrt' della Venetia, che erano st' sottoposti
della morte dell'imperatore Giustiniano (novembre 565), e soltanto tre alla giurisdizione ecclesiastica della metropoli scismatica di Aquileia, ma
nni prima della calata in Italia dei Longobardi, che avrebbe cambiato ali' epoca erano ancora parte dell'Italia riconquistata dai Bizantini, i quali
~adicalmente la situazione politica nella penisola, vanificando in brevissi- non rifuggivano da metodi violentemente coercitivi allo scopo di ricon-
mo tempo tutti i risultati ottenuti da Giustiniano durante la ventennale durre i vescovi scismatici all'obbedienza alla sede apostolica 57, Al contra-
campagna contro gli Ostrogoti. Ancora, come già accennato, .da qualche rio, i vescovi della Gallia non presero mai posizione né a favore né contro
anno soltanto si era consumato lo strappo tra la Sede apostolica e le due la condanna dei Tre Capitoli, per diversi ordini di motivi: da un lato, la
metropoli di Milano e Aquileia a seguito della controversia sui Tre Capi-
i li (555). Per il viaggio del poeta si è pertanto pensato alle motivazioni
p~'ù diverse, che potevano andare dalla missione politica alla ricerca di Narsete dovette per motivi .che ci restano ignoti fuggire dalla sua diocesi, trovando
asilo ad Aguntum, l'odierna Lienz, nel Norico, zona d'influenza del regno franco.
fortuna letteraria, al dissenso teologico. Conosciamo l'intera vicenda da PAUL. DIAC. Lang. 2, 4: I-Iis quoque temport'bus Nar-
Vi è.stato ad esempio chi ha ritenuto che la sua partenza potesse es- sis patricius, cuius ad omnt'a studium vigilabat, Vt'talem episcopum Altinae ct'vt'tatis,
ere dovuta a motivi di ordine politico legati alla riconquista bizantina qui ante annos plurimos ad Francorum regnum con/ugerat, hoc est ad Agonthiensem
dell'Italia. Pare infatti che Venanzio abbia avuto il suo primo protettore civitatem~ tandem comprehensum aput Sicilt'am exilio damnavit.
55 E questa la posizione di I(OEBNER, Venantius Fortunatus, 15.
el vescovo Vitale di Altino, che nel 565 fu tratto in arresto da Narsete e 56 Principale sostenitore di questa idea è STEIN, Histot're, II, 832ss., che, pur ri-
deportato in Sicilia54, Questo legame avrebbe reso il giovane poeta invi- fiutando l'identificazione del vescovo Vitalis con il presule altinate, annovera nondi-
meno i seguenti inconfutabili elementi: 1) L'entusiastica apostrofe al nuovo hnpera-
tore Giustino II, che ~<osserva tutto ciò che stabili il concilio di Calcedonia» (carm.
app. 2, 23ss.: un carme che si apre con una precisa esposizione del dogma trinitario,
"Deutsche Rundschau'', XXXII (1882), 414-426, 415. La ritiene possibile, per lo oggetto della controversia). Dietro questa affermazione si riconosce la polemica del-
no quale concausa, la GEORGE, Venantius Fortunatus. A Latin Poet, 25. le chiese scismatiche, che accusavano il concili_o costantinopolitano II del 553 voluto
me 52 Si tratta dell'icinerario descritto, ancorché a rovescio, nel cosiddetto Itinera- da Giustiniano e approvato obtorto collo dal papa Vigilia, -di aver implicitamente
rium Burdigalense, un testo risalente alla I metà del IV secolo, in cui s'illustra la stra- sconfessato la dottrina calcedonese condannando gli scritti dei tre Padri (Teodoro di
d che da Bordeaux portava a Concordia transitando per Carcassonne, Narbona_, Mopsuestia, Teodoreto di Cirro e Iba di Edessa) al solo scopo di venire incontro ~i
A~·les le Alpi Cozie e Milano. . monofisiti; 2) Il contatto, avvenuto nel momento stesso dell'arrivo in Gallia con Il
\}A distanza di dieci anni, scrivendo la lettera prefatoria a Gregorio di Tours, vescovo Nicezio di Treviri, autore di una lettera a Giustiniano nella quale si condan-
il oeta non mancherà di ricordare l'impressione di ba:b~:ie eh~ qt~este g~ti susci: na la sua politica religiosa (Epist. Austras. 7); 3) L'amicizia con Felice, divenuto ve-
p 00 in lui, che si era appena allontanato da uno dei p1u raffinati centri ctÙturah scovo scismatico di .Treviso, iniziatasi a Ravenna ma protrattasi anche dopo il trasfe-
taro f 5. C"e stato eh'1 ha sostenuto> tr~en do spunt? cla. questo passo~
d'Italia: carm. prae. rimento in Gallia (si rimanda alla nota 11); 4) Il deferente ossequio tributato al "pa-
che Venanzio abbia scelto di passar~ attrave~so p~esi no? rol?~izzati allo scopo di triarca" scismatico Paolino I, che egli significativamente definisce ponttfex pius da
rendere più morbido l'~patto con 1 Fra~cht sem1r?man1z~att, impatto eh~ av~·ebbe adorare cuplenter (Mart. 4, 661); 5) Il completo silenzio osservato dal poeta sui papi
potuto essere troppo violento qualora vi fosse arrivato direttamente dall Itaha: cf. suoi· contemporanei, a fronte del riconoscimento in linea di principio del primato
~~-~ . . . ptu
54 Questa fjno ad ora 1'1denuficaz1one .. attendibile
.. del vescovo Vttalts
.. cele-
dottrinale della cathedra Petri (carm. 5, 2, 5-6; carm. app. 2, 15ss.). Sulla stessa linea
ora L. PIETlU, .Venance Fortunat et ses commanditaires: un poète t'talien dans la société
brato in carm. 1> 1-2, gli unici componimenti databili al periodo precedente il trasfe- gallofranque, in AA.VV., Committenti e produzione artistico-letterarla nel/ialto me-
rimento in Gallia. Cf. Ko~BNER> Venant:'us Fortun.atus, 120-~25. Inoltre> la s~essa p~ dioevo occidentale (Settimane del Centro italiano di studi sull'alto medioevo 25),
izione privilegiata conferita da Venanzio a questi due cannt al momento dt pubbli- Spoleto 1992, 729-754, 735, che si richiama alla discussione di Stein.
s e tutte le sue con1posizioni seinbra confennare l'idea secondo cui Vitale fu il suo 57 PAUL. DIAC. Lang. 3, 26, ricorda la deportazione a Ravenna del "patriarca"
rimo mecenate> .a.I q~ al.e iI P?e~a cl?veva no!!. soItan~o l. suoi. prim1
car .. successi,. ma.ru;- Severo insieme a tre suoi suffraganei, avvei1uta ad opera dell'esarca S1naragdo nel
ph con ogni venstlntglianza 1 giusti appoggt ll1 Gallia (cf. PISACANE, 11 De exc1dio 590: i presuli scismatici furoµo costretti a fare atto di sottomissione al metropolita
Theoringiae, 182 nota 23). Vitale infatti già diversi anni prima di essere deportato da ortodosso Giovanni di Ravenna.
26 INTRODUZIONE GENERALE INTRODUZIONE GENERALE 27
Chiesa gallica non contava al suo interno metropok' di grande prestigio, spesso usanze e cultura, senza per questo rinunciare alle tradizioni loro
dotate di forza aggregante e capaci perciò di organizzare una resistenza proprie 60: dei quattro sovrani che regnavano ali'epoca in cui giunse Ve-
durevole; inoltre in quelle regioni era inesistente il risentimento antibi- nanzio, due, Sigiberto I e soprattutto Chilperico I, erano degli esteti che
zantino, che invece serpeggiava in Italia già all'indomani della riconqui- affascinati dalla cultura latina, intendevano promuoverla e farla rifiori-
sta a causa dei pesantùsimi gravami fiscali imposti per risollevare le casse re, dopo la crt'.<i del periodo delle invasioni, nei loro regni61, Un lettera-
dell'impero, esauste da una lunghissima guerra combattuta su due fronti; to di'/ormazione italiana era pertanto in grado di offrire ai re merovingi
quello italz'co e quello persiano. Ancora, e proprio perché in grado di giu- proprio quei servigi letterari che essi ricercavano, e che certamente era
dicare. sine ira et studio, i vescovi gallici, tutti allineati ali'ortodossia cal- anai difficile reperire nel!'ambiente locale 62, ma anche di farsi portavoce
cedonese, non dettero soverchia importanza a una quaestio superflua co- delle legittime istanze del!' aristocrazia gallo-romana, che non intendeva
me la condanna dei tre scrittori ecclesiastici - il cui pensiero peraltro ri- rinunciare al suo antico ruolo-guida nel paese. Per questo a>petto dun-
sulta oggettivamente velato di nestorianesimo - la quale sola certo non que la Gallia offriva a un giovane poeta intraprendente molte più passi'
bastava ai loro occhi a sconfessare de facto le decisioni di un concilio ecu- bilità di carriera che non l'Italia fiaccata da una guerra durata vent'anni
menico 58, Durante tutto il periodo dello scisma - che ad Aquileia si pro- e ridotta ormai a semplice provincia bizantina, dove lassenza di una cor-
trasse fino alla fine del VII secolo - essi intrattennero regolari rapporti te avrebbe reso oltremodo difficile l'affermazione dei letterati6J.
con le diocesi dell'Italia settentrionale, considerandosi in comunione con .Un certo seguito ha trovato negli ultimi anni l'idea proposta dallo
queste come pure con la sede di Pietro e con tutti coloro che accettavano storico sloveno Jaroslav Jalel, secondo cui Venanzio, lungi dal trovarsi in
la fede di Calcedonza, a prescindere dagli sviluppi successivi59, posizioni di attrito con il potere bizantino, ne sarebbe stato invece un
A tutto ciò bisogna aggiungere che nei territori gallici, a dispetto agente, incaricato da Costantinopoli di svolgere una sorta di missione di-
delle invasioni e della conquista da parte di un popolo barbaro, la cultu- plomatica in Gallia, allo scopo di mantenere il regno franco, e l'Austra-
ra latina godeva ancora di un altissimo prestigio, rimasto intatto dai sia in particolare, nell'orbita dell'Impero, isolando così i Longobardi. Il
tempi della grande stagione letteraria della tarda antichità, in cui/ioriro- poeta avrebbe dovuto tenere desto presso i Merovingi l'ideale di conti-
no scrittori come Ausonio, Paolino di Nola, Rutilio Namaziano e Sido- nuità culturale con il mondo romano antico 64, In questa prospettiva sa-
nio Apollinare. Fin dalle fasi immediatamente successive al loro stabiliz- rebbe pure da vedere il particolare interesse di Venanzio per la regina
zarsi da nuovi dominatori in quelle terre, i Franchi intesero presentare Radegonda, ché alcuni tra i suoi familiari, dopo la caduta del regno tu-
se stessi come i legittimi successori' ed eredi dei Romani~ assorbendone ringico, avevano trovato rifugio nella Ravenna ostrogota e successiva-
mente a Bùanzio: tra questi il cugino Amala/redo, che prestava servizio
nelle armate imperialz; e z1 nipote Artàchi65,
58 STEIN, Histoire, II, 673. Una prova della neutralità dei vescovi gallici si ha da
un lato nel fatto che la sede apostolica non prese mai alcun provvedimento contro di
60
loro, dall'altro che gli stessi vescovi scisinatici vedevano nei confratelli di Gallia un Già a Clodoveo fu conferita nel 508 dall'imperatore d'Oriente Atanasio la
presidio alla loro causa, come si evince dalle lettere inviate all'imperatore Maurizio di~tà d~ consol~ onorar~o.' e prima della sua morte (511) si addivenne alla prima
dopo il conciliabolo scismatico di Marano (590-591), in cui i presuli scismatici minac- codificazione scritta del diritto franco (Pactus legis Sakcae, ed, K.A. Ekhardt, MGH
ciavano di porsi sotto la giurisdizione dei vescovi dei Franchi. Cf. G. CusCITO, La fe- LNG IV 1, Hannover 1962, 2-235).
de calcedonese e i concili di Grado (579) e di Marana (591), in AA.Vv., Grado nella sto- 61 Chilperico I compose poesie ritmiche di argomento religioso. Fu inoltre au-
ria e nell'arte (Antichità Altoadriatiche 17), Udine 1980, 207-230. Si ricordi poi l'asilo tore di un trattato sulla Trinità in cui esprimeva però idee eterodosse ed ebbe l'in-
offerto anni prllna dai Franchi a Vitale di Altino, la cui fuga fu dovuta con -ogni pro- tenzione di riformare l'alfabeto latino per adattarlo alla lingua franca: ~f. GREG, TUR.
babilità all'esplodere della controversia tricapitolina (si veda la nota 54). Frane. 5, 44; 6, 46i nonché GEORGE, Venantius Fortunatus. A Latin Poet 12 nota
59 Sull'intera questione si rimanda alla sintesi di PAVAN, Venanzio Fortunato, 15. L'u~ica sua poesia superstite, un Hymnus in solemnitate sancti MedartÌi episcopi·,
soprattutto 16-21. Si accennerà appena alla teoria di TARDI, Fortunat, 6lss., preoc- e pubblicata da K. Strecker, MGH PLMA IV 2, Berlin 1914 [rist. anast. Miinchen
cupato di presentare la figura del poeta il meno lontana possibile dalla fama di san- 1978), 455-457.
tità che gli valse il culto ufficiale in alcune diocesi francesi (nonché dall'Ottocento in 62 Cf. E. AUERBACH, Lingua letteraria e pubblico nella tarda antichità latina e
quella di Padova cui appartiene Valdobbiadene. Cf. più avanti, p. 37). Dopo aver nel medioevo, Milano 1960 (ed. orig.: Lt'teratursprache und Publikum t'n der latei'ni~
motivato il passaggio del giovane Venanzio dalla Venetia a Ravenna-con la volontà schen Sfà'tantike und ùn M#telalter, Bern 1958), 23 7-238.
di non compromettersi con le chiese scismatiche ma di rimanere nell'orbita ortodos- 6 Cf. BRENNAN, The Career, 56.
so-imperiale, lo studioso francese ascrive la partenza del poeta dall'Italia alPinsicu- 64 .SASEL, Il viaggio, 371ss. L'autore nota come nella stessa direzione sembri an-
rezza politica del momento, ad un Impero indebolito dalle lunghissilne campagne, dare il m~tri?1onio ~i Si~iberto con Brunichilde, figlia del r~ visigoto Atanagildo,
allo scisma tricapitolino che creava una pesante contrapposizione religiosa e politica che proprio m quegli anni stava conducendo una politica di avvicinamento a Bisan-
in seno alle terre sottomesse a Bisanzio, e alla pressione dei Longobardi sulle Alpi zio; questo orientamento potrebbe essere stato in certo modo favorito da Martino di
orientali. La Gallia sarebbe stata l'unica terra a godere di una relativa pace, dopo es- Braga, che in quelli stessi anni giunse dalla Pannonia e con cui Venanzio intrattenne
sere stata riunificata da Clotario I. C'è però da chiedersi come mai Venanzio, volen- rela~i?ni e_pist?lari-(epist. [c~rm. 5, .1J. e carm_. 5, 2): ~ due uomini sarebbero du11que
do lasciare l'Italia per paura dell'invasione longobarda, valicò proprio le Alpi orien- stati m~a~1cau della medesima m1s~ione diplomatico-culturale presso due regni,
tali, portandosi cosl a breve distanza dal luogo dal quale quel popolo si sarebbe cala- quello visigoto e quello franco, che Bisanzio voleva attrarre nella propria orbita.
to di lì a tre anni. 65 Carm. app. 1 e 3. Questo aspetto è stato sottolineato di recente da M. REY-
INTRODUZIONE GENERALE INTRODUZIONE GENERALE 29
Lasciata Poitiers, evidentemente con tutta l'intenzione di ritornar- va, e i loro rz>pettivi successori ebbero sul poeta influenze di segno oppo-
vl Venanzio si spinse verso il sud-ovest della Gallia, soggiornando per sto. Se da una parte il nuovo vescovo di Poitiers, Maroveo, succeduto a
qualche tempo a Bordeaux, ove entrò in contatto con il vescovo Leonzio Pascenzio attorno al 569 n, era animato da una fortissima ostilità verso
II, destinatario di un buon numero di carmi66; in seguito prosegut'fino a la fondazione monastica di Radegonda, e conseguentemente verso tutti i
raggiungere Tolosa67, Da qui; nel luglio del 568, giunse fino in vista dei collaboratori di quest'ultima 74, con il nuovo vescovo di Tours, Gregorio,
Pirenei coperti di neve 68. Recentemente si è altrest' ipotizzato eh'egli si uomo caratterizzato da intelligenza vivzdissima e da sollecita attenzione
possa essere spinto ben oltre, giungendo nella penisola iberica fino a alla letteratura, nonché scrittore egli" stesso, Venanzio strinse un 1amicizia
Bracara (l'attuale Braga nel Portogallo nordoccidentale), per incontrarsi destinata a durare fino alla morte del primo dei due, avvenuta nel 594.
con il vescovo locale Martino, con il quale in seguito intrattenne rappor- Gregorio fu un fervido ammiratore della cultura classica dell'amico, che
ti epistolari69, nei suoi scritti pose alla pari con i talenti letterari più celebrati della
Alla fine del 568 Venanzio fece ritorno a Poitiers, verisimilmente Gallia dei secoli precedenti75. Fu ancora Gregorio a commissionargli nu-
fermandosi per breve tempo a Saintes 10, e su richiesta di Radegonda pre- merosi carmi in occasione di festività solenni, oppure a sollecitarlo a
se a occuparsi degli affari esterni del monastero, che in pochi anni aveva comporre poesie adoperando metri inusuali e ricercati76. Infine, fu sem-
acquùito diverse donazioni sia da parte dei sovrani che da parte di altri pre il presule turonense a insistere presso Venanzio, attorno al 576, per-
esponenti dell'alta società locale 11. In questo periodo ebbe modo di ché questi pubblicasse i carmi che aveva composto fino a quel momento:
stringere relazioni' con t'l vescovo dz'ocesano Pascenzio) cui dedicò due il poeta cedette alle istanze del!' amico e rese pubblica la sua prima rac-
scritti in prosa sui miracoli e sulla vita di sant'Ilario di Poitiers, e con zl colta poetica, comprendente i libri I-VIJ77.
titolare della vicina sede di Tours, Eufronio, destinatario di tre carmi72. Tra le altre personalità ecclesiastiche con cui Venanzio entrò in rela-
Entrambi i presuli morirono nei primissimi anni del decennio successi' zione durante questi primi anni del suo soggiorno a Poitiers saranno anco-
ra da ricordare Bertrando, successore di Leonzio II sulla cattedra di Bor-
deaux 78, e zl vescovo Felice di Nantes 79, destinatario di diversi carmi; con
DELLET, Venance Fortunat. Poèmes, I, XVllss., il quale sembra far propria l'idea di
SaSel. Nondimeno riconoscere in Venanzio un agente segreto di Bisanzio non ha
tl quale peraltro i rapporti presto si raffreddarono in seguito ali'accesa osti-
persuaso B. BRENNAN, Venantlus Fortunatus: Byzantt'ne Agent?, "Byzantion", LXV l#d che scoppiò tra quest'ultimo e il suo metropolita Gregorio di Tours so.
(1995), 7-1~ il quale osserva come non fossero condivisibili 1nolte delle premesse da
cui partiva ~aSel. Non ci dilungheremo oltre su tale questione, anche perché sembra
che i dati sopra esposti riguardo alla posizione di Venanzio sulla questione tricapito- 7J Questa almeno la data proposta da Y. LABANDE-MAILFERT Les débuts de
lina (cf. la nota 56) portino a escludere un suo ruolo di agente imperiale. Sainte-Croix, in AA. Vv., Histoire de Sainte-Croix de Poitiers, "Mémoi;es de la Société
66 Carm. 1, 8-20. des Antiquaires de l'Ouest et des Musées de Poitiers", s. IV, XIX (1986-1987), 21-
67 Carm. 2, 7 e 8: cf. BRENNAN, The Career, 65. Ormai nessuno segue l'ipotesi 116, 43. Certa1n~te egli era già in carica negli anni 569-570, quando fu accolta nel
di MEYEH, Der Gelegenheitsdichter, 54, secondo cui i carmi di soggetto tolosano sa- monastero la reliquia della vera Croce di Gesù, inviata in dono a Radegonda dall'im"
rebbero delle lettere spedite da Poitiers. peratore Giustino II (cf. p. 30). Su Maroveo si veda a ogni modo R. MINEAU, Un
68 Carm. praef 4. év§que de Poitiers au VI siècle: Marovéei "Bulletin de la Sodété des Antiquaires de
69 L'idea, sostenuta da TARDI, Fortunat, 76, è ora ripresa da REYDELLET, Ve- I l'Ouest et des Musées de Poitiers", XI (1972), 361-383.
nance Fortunat. Poèmes, I, XIV, che però data l'incontro al 567: a suo dire il tono I 74 GREG. TUR. Frane. 9, 40. Cf. carm. 5, 9, 7: il poeta, ormai ordinato sacerdote
della lettera che Venanzio più tardi inviò a Martino da Poitiers (epist. [carm. 5, 1]) diocesano, e perciò sottoposto a Maroveo, lamenta che questi gli abbia impedito di
farebbe presupporre una personale conoscenza fra i due, mentre carm. 5, 2 sarebbe f allonta11arsi dal territorio della diocesi per far visita a Gregorio di Tours. Ultima-
stato 1'ecitato proprio a Braga alla presenza del vescovo. Come osserva lo stesso Rey-
dellet (nota 23) in favore di un passaggio in Spagna parla anche il carm. 4, 11, un ,r mente B. BRENNAN, Deathless Marrlage and Spiritual Fecundity in Venantius Fortu-
natus De viqpnitate, "Traditio", LI (1996), 73-97, 76-77, ricorda come vi fosse una
I
epitaffio per Vittoriano, abate del monastero di Asan (prov. Huesca, Aragona set- l parte dell'episcopato gallico che in linea di principio contestava la legittimità stessa
tentrionale). I del monachesimo femminile.
70 Carm. 1, 12-13: cf. BRENNAN, The Career, 64-65. 75 GlIBG. TUR. Mart. 1, 1: Utinam Severus aut Paulinus viverent, aut certe For-
71 Come osserva BH.ENNAN, The Career, 69, in verità non abbiamo elementi per I
I
tunatus adesset qui ista describerent/
sapere quale sia stata la posizione di Venanzio nei confronti dell'istituzione monasti- 76 Carm. 5, 5b, celebrazione della conversione degli Ebrei di Clermont, ottenu-
ca fondata da Radegonda, che all'epoca era intitolata alla Vergine. Il poeta in un' oc- ta dal vescovo Avito, destinatario di carm. 3, 21-22a; carm. 9, 7 co1nposto in strofe
casione, rivolgendosi a Radegonda, in carm. 11, 4, 3, si definisce agens: Fortunatus [ saffiche .minori, insieme al biglietto accompagnatorio, carm. 9, 6.
agens, Agnes quoque versibus orant. Ciò può far pensare al ruolo del sovrintendente . 77 Carm. praef. 6; sulle diverse fasi di pubblicazione del corpus poetico venan-
laico, una sorta di amministratore degli affari temporali, necessario dal momento z1ano si rimanda all'Introduzione ai Carmina. '
che le 1nonache non potevano abbandonare il convento. Tuttavia il verso in questio- [ 78 Carm. 3, 17 e 18. Cf. anche carm. 4, 10, un epitaffio per Leonzio II di Bor-
ne è giocato sulla paronomasia agens/Agnes, e pertanto il participio potrebbe non deaux.
aver alcun significato tecnico, 1na valere semplicemente "con insistenza". A titolo di . 79 Epist. (carm. 3, 4); carm. 3, 5-10; 5, 7. Tra questi, notevole soprattutto l'ele-
curiosità si noterà che le relazioni tra Venanzio e le monache del convento hanno
fornito lo spunto per un romanzo contemporaneo, in cui tuttavia è prevalente l'ele-
mento immaginario: J. O' FAOLAIN, Women in the Wall, London 1975.
72 Ept'st. (carm. j, 1-2) e carm. 3, 3.
lI gia pasquale carm. 3, 9, da molti critici giudicata la migliore opera di Venanzio.
BO GREG. TuR. Frane. 5, 5: Bo tempore Felix Namnett'cae urbis episcopus litteras ·
mihi ~cripsit plenas opprohriis, scribens ett'am fratrem meum ob hoc inter/ectum, eo
quod ipse cupidus episcopati episcopum inter/ectSset. Cf. ibùl. 6, 15.
30 INTRODUZIONE GENERALE INTRODUZIONE GENERALE JI
Venanzio si era da poco tempo stabilito a Poitiers allorquando, pro- punto a schema cruciforme, nonché i due celeberrimi inni processionali
babz'lmente nel 569, Radegonda, intendendo aumentare il prestigio della Pange, lingua, gloriosi proelium certaminis e Vexilla regis prodeunt,
propria fondazione monastica, decise di rivolgersi all'imperatore che furono hen presto recepiti nella liturgia della Chiesa latina e abbelli-
d'Oriente Giustino II allo scopo di ottenere da lui un frammento del le- ti da meravigliose melodie 85, La medesima ambasceria recò in dono pre-
gno della vera Croce di Cristo, che era stata ritrovata da sant'Elena, ma- ziosi drappi di seta 86, ma anche una notizia triste per Radegonda: al suo
i I
dre di Costantino, nella prima metà del IV secolo, e che da allora era cu- appello al cugino Amala/redo giunse infatti in rt'sposta una lettera di un
!
stodita a Costantinopoli. Ottenuto il benestare ufficiale dal figliastro Si- parente di nome Artàchi, che annunciava la morte del congiunto 87, Do-
giberto, del cui regno Poitiers era entrata a far parte dopo la morte di Ca- po la cerimonia fu ancora una volta Venanzio a indirizzare, a nome di
riberto, un'ambasceria franca parti' da Metz per Bisanzio 81. In quest'oc- Radegonda, un solenne panegirico di ringraziamento ali'imperatore Giu-
casione Venanzio scrisse un carme in cui presentava se stesso e Radegon- stino II e all'imperatrice Sofia. In risposta ad Artàchi fu inviato un la-
da alla corte imperiale, delineando la regina come una persona sensibile, mento sulla morte del cugino, che si presenta al contempo come una ri-
pia, colta e devota, e invitando gli ambienti intellettuali bizantini a in- chiesta di supporto e sostegno ali'opera della regina 88,
viare in omaggio al monastero ltbri di argomento religioso 82, Accanto a Sempre nello stesso periodo, tra il 569 e il 570, Venanzio fu testi'.
questa composizione egli preparò, su esplicito incarico e a nome di Rade- mane del passaggio per Poitiers del corteo che accompagnava a Parigi la
gonda, un'appassionata elegia indirizzata al cugino della regina Amala- giovanissima promessa sposa del re Chilperico I, Gelesvinta 89, Ella era
/redo, che dopo la caduta del regno turingico aveva trovato rifugio a Ra- figlia del re visigoto Atanagildo e sorella di Brunichilde; proprio il matri-
venna e poi a Costantinopoli, ove si era arruolato nelle armate imperiali: monio legittimo di Sigiberto con Brunichilde, che aveva trovato I'unani-
Radegonda intendeva riprendere il contatto con lunico consanguineo me approvazione del clero austrasiano, sembra aver spinto Chilperico ad
che le era rimasto dopo luccisione del fratello da parte del re Clotario abbandonare gli amori ancillari con Fredegonda e altre donne, per passa-
I 83. Quando lambasceria ritornò da Bisanzio, recò al monastero la pre- re a un legame ufficiale con una fanciulla di sangue regale 90, Le nozze
ziosa reliquia, la quale fu solennemente installata nella chiesa conven- furono celebrate a Rouen, ma dopo qualche mese Gelesvinta fu trovata
tuale. In quel!' occasione il monastero, intitolato alla Vergine, mutò il ti- strangolata nel proprio letto 91, A seguito di questo luttuoso evento Ve-
tolo in quello alla Santa Croce. Le fastosissime celebrazioni furono diser- nanzio compose una lunga elegia consolatoria indirizzata alla madre di
tate dal vescovo diocesano Maroveo, verisimtlmente perché questi scor- Gelesvinta, Goisvinta, e alla sorella Brunichz'lde 92, Certamente l'ispira-
geva nella presenza della reliquia nel monastero un fattore che avrebbe zione venne a Venanzio per suggerimento di Radegonda, che sperava in
diminuito di molto l'importanza degli altri luoghi di culto della città di questo modo di contribuire a riappacificare gli animi ali'interno della fa-
Poitiers, in primis della sua cattedrale, deviando così lafflusso dei pelle- miglia reale 93, Infatti lassassinio di Gelesvinta, ordito verisimilmente
grini e dei donativi,· la cerimonia fu pertanto officiata su richiesta di Sigi-
berto dal vescovo Eufronio di Tours 84, Per loccasione Venanzio compose
85 Carm. 2, 2 (Pange, lingua); 2, 4-5 (i due carmina figurata); 2, 6 (Vexilla regis), Le
una serie di carmi~ tra i quali spiccano due carmina figurata, costruiti ap- melodie di cui furono adornati nel secoli seguenti i due inni sono trascritte nella tavola ID.
86 Carm. app. 3, 17.
87 Carm. app. 3, 12.
81 GREG. TUR. Frane. 9, 40; BAUDON. 16; per la datazione dell'a1nbasceria 88 Carm. app. 2 e 3. Nel panegiricq l'imperatore Giustino II è definito nova
MEYER, Der Gelegenheitsdichter, 100-101; certatnente è posteriore al 568, anno in purpura (v. 25): poiché questi salì al trono durante gli ultimi giorni dell'anno 565,
cui morì Cariberto. dopo il lungo regno di Giustiniano (527-565), e tenendo conto della velocità con cui
82 Carm. 8, 1, questa almeno l'interpretazione oggidì più accreditata: cf. KoEB- le notizie viaggiavano a quei tempi, l'espressione pare ancora attagliarsi agli anni
NER, Venantius Fortunatus, 133-135 e 14.2; B. BRENNAN, The DlsputedAuthorship of 569,570.
Fortunatus' Byzantine Poems, "Byzantion", LXVI (1996), 335-345, 338. Scettico al 89 Carm. 6, 5, 223ss.
riguardo invece M. REYDELLET, Venance Fortunat. Poèmes, Il, livres V-VIII, Paris 90·GREG. TUR. Frane. 4, 28.
1998, ad !oc. 91 GREG. TUR. Frane. 4, 28. Sul fatto si ritornerà con maggiori particolari
83 Carm. app. l, conosciuto con il titolo De excidio Thoringiae, probabilmen- nell'Introduzione ai carmi.
te non originale. Sull'interesse di Radegonda per le reliquie si veda ora SANTOREL- 92 Carm. 6, 5.
LI, La Vita, 46,54.
84 GREG. TuR. Frane. 9, 40; BAUDON. 16. Probabilinente fu in seguito a questo
episodio che Radegonda decise di adottare nel monastero la regola di san Cesario di
Arles, che sottraeva il monastero stesso alla giurisdizione del vescovo diocesano per
J 93 Si ricordi, a proposito degli sforzi mediatori di Radegonda, quanto afferma
BAUDON. 10: Semper de pace sotlù:ita, de salute patriae curiosa, quandoquidem inter se
regna movebantur, quia totos dtligebat reges, pro omnium vita orabat et nos sine inter*
missione pro eorum stabllitate orare .docebat. Uhi eos inter se amaritudinem moveri
I affidarlo a quella del vescovo scelto dalla badessa; da quel momento il referente del- audisset, tota tremebat, et quales litteras unt~ tales alteri dirigebat, ut inter se non bella
la comunità fu Gregorio di Tours. Sulle vicende dell'adozione della regola di san nec arma tractarent, sed pacem /ùmarent, et patria ne periret. Similìter et ad eorum
I,I Cesario si rimanda a SANTORELLI, La Vita, 54-61. È possibile che i contatti di Ve- proceres dirigebat ut praecelsis regibus consilia salutifera mt'nistrarent, ut, eis regnanti-
1, nanzio con Martino di Braga (epist. [carm. 5, 1] e carm. 5, 2) risalgano appunto a bus, populi et patria salubrior redderetur. Singolare è il fatto che questo aspetto della
questo periodo: il poeta avrebbe cercato un appoggio autorevole per l'iniziativa di
i~
personalità di Radegonda nella biografia fortunaziana rimanga del tutto ignorato;
! Radegonda. Sul cambio di intitolazione del monastero, cf. TARDI, Fortunat, 143. per ipotesi al riguardo si veda SANTORELLI, La Vita, 36-38.
,, I
32 INTRODUZIONE GENERALE
I'
quale poi donò una copia alla biblioteca del monastero di Radegonda 95.
Probabilmente a questa stessa epoca risale anche la stesura di un'altra I di Sigtberto e ne prese le parti,· nel 579 le due città capitolarono 102.
Se seguiamo l'opinione della maggioranza degli studiosi, propriò in
vita, quella di san Paterno vescovo di Avranches, morto da poco, com- questi anni Venanziò ricevette l'ordinazione sacerdotale 103: quale sacer-
missionatagli da Marziano, abate di un monastero fondato dal santo. I dote secolare egli si trovava cosi' sottoposto alla giurisdizione del vescovo
Ancora nella prima metà del decennio sarà molto probabilmente da
collocare anche un viaggio del poeta ad Angers presso il vescovo Domi-
ziano 96: per istanza di costui; Venanzio scrisse in prosa la biografia di
! di Poitiers Maroveo, che lo coinvolse nella sua ostilità verso tutto quanto
fosse connesso con Radegonda e con il monastero di Santa Croce. Gli fu,
fra l'altro, impedito di viaggiare per recam· in visita dall'amico Grego-
sant'Albino, abate del vicino monastero di Tincillacum. Sembra sia da rio 104. Questi in ogni caso continuò ad apprezzare il suo talento poetico, e
collegare a quest'ultimo viaggio anche l'invito rivoltogli dal vescovo Fe- t q~ando il ~escovo_Avito di Clermont, suo maestro. spirituale, riusci; il
lice di Nantes affinché visitasse la sua proprietà di Cariac, situata lungo I giorno del! Ascensione del 576, a ottenere la convemone della quasi tota-
il corso della Loira 97. Ancora nei primi anni di questo decennio saranno r lità degli Ebrei che dimoravano nella sua diocesi; Gregortò commissionò
da collocarsi diversi altri viaggi i cui contorni precisi ci sfuggono 98, I all'amico poeta un carme a celebraziòne di quell'evento ecceziònale 105,
I mesi centrali del 575 vedono Venanzio occupato nella stesura del- Probabilmente fu nella stessa occasione che il vescovo turonense rivolse a
la sua opera poetica di maggior impegno: la Vita Martini, parafrasi poeti~ f Venanzio l'invito a pubblicare tutti i carmi che egli aveva composto sino a
ca, in quattro libri di esametri, della narrazione della vita e dei miracoli quel momento 106 . Forse allo stesso periòdo risale il di/fondersi di voci
del santo vescovo di Tours composta alla fine del IV secolo dal discepolo malevole concernenti il rapporto del poeta con le monache di Santa Cro-
Sulpicio Severo: tale impresa era già stata tentata nel V secolo dal poeta ce, e con Radegonda e Agnese in particolare: Venanzio senti' il bisogno di
Paolino di Petricordia (Périgueux) 99, dichiarare pubblicamente in un carme a loro indirizzato che in quel lega-
In quello stesso anno la guerra tra Sigiberto e Chilperico subì una me non vi era nulla di equivoco, che egli amava Radegonda dell'affetto
svolta improvvisa. Fino a quel momento le sorti del conflitto erano state devoto che si deve a una madre, e per Agnese nutriva lo stesso sentimen-
generalmente favorevoli al primo dei due fratelli; anche se al secondo to che in gioventù lo aveva unito alla propria sorella Tiziana 101.
era riuscito di occupare Tours e Poitiers una prima volta nel 5 72, soltan-
to per qualche mese, e una seconda nel 574 100. Sigiberto era comunque
in deciso vantaggio nel nord, tanto che Chilperico, insieme a Fredegonda IO! GRBG. TuR. Frane. 4, 51.
102
e ai figli; fini col trovarsi braccato dalle truppe austrasiane. Chilperico si GREG. Tun. Frane. 5, 14, in cui l'autore ricorda di aver offerto asilo a Tours
anche ad un altro aristocratico ribelle, Gontrano Bosone,
asserragliò a Tournai; e si trovava già sul punto di capitolare, quando Si-
giberto, proprio nell'istante in cui stava per essere salutato come re da
103
La datazior;es! ricava usualmente dall'es~ressione Fortunatus presbyter
adoperata da Grego_no di Tours nella sua opera De vtrtutilms Martini (1, 2), corren-
parte delle truppe del fratello, fu improvvisamente colpito a morte da al- temente datata a prima del 576. Cf. BRENNAN, The Career 67 nota 77· nondimeno
ultiman_iente la ~EORGE, Venantius Fortunatus. A Latin P~et,'212, ha datato l'opu-
scolo di Gregorio al 593, spostando conseguentemente l'ordinazione sacerdotale di
94 Carm. 5, 3. Venanzio tra il 587 e il 593.
95 Carm. app. 22, 15ss. Germano di Parigi morì nel 576: cf. GREG. TUR, Frane. l04 Carm. 5, 9, 7. Con la datazione della George (vedi nota 103) il passo in
5, 8: Bo anno et beatus Germanus Parisiorum eplscopus transi#. questione, senza dubbio anteriore al 576 (vedi p. 79), perderebbe ogni significato,
I 105
96 Carm. 11, 25, 9. Cf. BRENNAN, The Career, 66; GEORGE, Venantius Fortuna- Carm. 5, 5b. Cf. GREG. TuR. Frane. 5, 11. Sul discepolato di Gregorio pres-
tus. A Latin Poet, 32. so Avito si veda Gll.EG. TUR v#. patr. 2.
I 97 Carm. 5, 7.
98 A tali viaggi alluderebbero, secondo BRENNAN, The Career, 66: carm. 3, 19
l06 BRENNAN, The Career, 71. Sulle varie fasi della pubblicazione delle raccolte
poetiche fortunaziane si rima11da all'Introduzt'one ai Carmina, pp. 79ss. Ultimamente
(Nevers, ma vedi la nostra nota ad loc.); 3, 26 (Bretagna), 5, 11 (viaggio programma- ~YDELLET, Traditt'on et nouveauté dans les Carmina de Fortunat, in AA.Vv., Venan-
to a Tours). Z!o Fortunato tra Italia e Francia, 81-98, 85, ha pensato che la richiesta di Gregorio
99 Per la data dell'elaborazione cf. QUESNEL, Venance Fortuna!. CE.uvres, IV, _sia stata essenzialmente volta a difendere il prestigio dell' Austrasia e del suo episco-
X:Vss., nonché A.V. NAZZARO, Intertestualità biblt'co-patristica e c"lassica in testi poetici pato dofo l'assassinio di Sigiberto.
di' Venanzio Fortunato, in AA. Vv., Venanzio Fortunato tra Italia e Franda, 99~ 135, 112. lO Carm. 11, 7. Cf, BRENNAN, The Career, 68; GEORGE Venantius Fortunatus
100 MEYER, Der Gelegenhe#sdt'chter, 120, A Latin Poet, 176. ' .
INTRODUZIONE GENERALE INTRODUZIONE GENERALE 35
34
Gli anni seguenti dovettero essere difji'cili per Venanzio: l'occupa- cente vi ha invece riconosciuto un leale e generoso tentativo di venire in
zione del territorio di Poitiers da parte delle forze di Chilperico, comple- soccorso del!' amico 115. In particolare si è riconosciuto che il ritratto di
tatasi tra il 577 e il 5 79, aveva reciso tutti i legami con il regno nemico, Chilperico quale principe ideale dovette essere concepito come un ele-
ora governato dal figlio decenne di Sigiberto, Childeberto II, sotto la reg- mento a carattere pedagogico-didascalico, ovvero quale modello che il
genza della madre Brunicbilde. Il poeta dovette conseguentemente inter- destinatario sarebbe invitato a contemplare per poi emulare in sé.
rompere ogni rapporto epistolare con i dignitari dell'Austrasia e del!~ Contemporaneamente a questi avvenimenti scoppiò in tutta la Gal-
Provenza cui negli anni precedenti si era legato; certamente anche la s~ lia nordoccidentale una violentissima epidemia di dissenteria, della quale
tuazione interna non era migliore 108 • La stima che il vescovo Gregorio caddero vittime i due giovani figli di Chilperico e Fredegonda, Clodober-
di Tours nutriva verso il suo amico venuto dall'Italia ebbe in questo pe- to e Dagoberto. Venanzio compose gli epitaffi dei due fanciulli 116, e indie
riodo un tangibile riconoscimento: il presule, seguendo l'illustre ese":pio rizzò pure un carme consolatorio ai genitori 117. Un secondo carme conso-
di Mecenate con Orazio, donò a Venanzio una villa con un terreno situa- latorio fu poi scritto dal poeta nella primavera del 581, molto probabil-
ta lungo il corso del ji'ume Vienne, verisimilmente a metà strada tra mente in occasione di un suo viaggio a Parigi, compiuto allo scopo di rac-
Tours e Poitiers oppure a oriente di quest'ultima 109. Da allora ti poeta cogliere materiali e testimonianze in vùta della composizione in prosa
visse tra Poitiers e il suo podere, spesso occupandosi personalmente della della biografia del vescovo locale Germano, morto il 28 maggio del 576,
semina e del raccolto 11°. commissionatagli dal successore l\agnemodo 118, Nella nuova consolatio
Questo periodo di insicurezza politica coincide probabtlmen.te con. indirizzata ai sovrani il risveglio della natura è còlto quale stimolo ad ab-
un isterilimento della vena poetica; soltanto pochissimi tra i suoz carmi bandonare il dolore per i recenti lutti e a ritornare alla vita consueta 119,
risalgono con certezza a questi anni 111, Nondimeno altre più gravi circo.- Una nuova svolta politica ebbe luogo nel 584, quando Chilperico I
stanze avrebbero di lì a poco sollecitato nuovamente ti suo talento poeti- venne assassinato presso Chelles 120. Anche questa volta vi fu chi vide
co. Nella primavera del 580 Gregorio di Tours fu convocato dal re Chtl- dietro il delitto la longa manus di Fredegonda; conseguenza immediata
perico I alla sua villa di Berny-Rivière presso Soissons, per rispondere fu ad ogni modo il ritorno di Tòurs e Poitiers ai possedimenti di Childe-
davanti a un sinodo di vescovi di una pesantissima accusa: era stato in- berto II e della madre Brunichilde. Per Venanzio tutto ciò significò la rzC
fatti incolpato di aver diffuso voci calunniose in '!'erito a una presunta. presa, dopo quasi dieci anni~ delle relazioni con la corte che per prima lo
relazione adulterina della regina Fredegonda con ti vescovo Bertrando di aveva ospitato, e con i dignitari che erano stati conqut'itati per primi dal-
Bordeaux 112. In quell'occasione Gregorio si discolpò con un giuramento, la sua valentìa poetica.
e Venanzio pronunciò un solenne panegirico del re Chilperico, ~iser;ian La nuova situazione politico-dinastica fu ufficialmente sancita nel
do un cenno anche alle virtù della sua consorte m. Questo elogio di due 587 con il trattato di Andelot, in base al quale l'ultimo superstite fra i
personaggi che Gregorio di Tours nella sua opera storfografica tratteggia quattro fratelli che si erano spartiti il regno ventisei anni prima, il re di
a tinte foschissime, ha procurato al_ poeta da pari.e di u~a certa~'!ica Borgogna Gontrano, che non aveva ji'glt; riconobbe quale suo erede il
l'accusa di adulazione e di opportunismo 11 4, nondimeno l esegesi pzu re- giovane nipote Childeberto II e garantz' la difesa per .lui e per la ma-
dre 12 1. Quasi contemporaneamente alla stipula del trattato, il 13 agosto
del 587, moriva Radegonda, seguita quasi immediatamente dalla sua di-
108 KOEBNER, Venantius Fortunatus, 94. scepola Agnese 122.
109 Carm. 8, 19 e 20.
110 Carm, 9, 6, 9ss. . . eh
111 KoEBNER Venantius Fortunatus, 91-95. Lo studioso austnaco afferma e
dopo la co1nposizi~ne della V#a Martin i incomincerebbe il tramonto ~ Ven~n~io~ e 115 GEORGE, Venantius Fortunatus. A Latin Poet, 48-57.
che nel seguito della sua vita l'Autore ~vrebb~ c?m.posto soltanto P.o~h~ carmt dt cir- 116 Carm. 9, 4 e 5. GREG. TuR. Frane. 5, 34 e 50, dal quale sappiamo che lo
costanza. Se è pur vero che la produzione dtmm Uis~e nella quanuta rispetto al d~ stesso Chilperico si ammalò seriamente, ma riuscì a riprendersi.
cennio 566-576, tuttavia agli anni posteriori al 580 risalgono pur S~J;lre co1np?n1- 117 Carm. 9, 2
menti notevoli, come il panegirico a Chilperico (carm. 9, 1) e la descr1z1one del viag- 118 Carm. 9, 10; 12 e 13. Cf. KOEBNER, Venantius Fortunatus, 107.
gio da Metz ad Andernach (carm. 10, 9). . 119 Carm. 9, 3. Dopo la morte dei due figli di Chilperico vi furono speranze di
112 GREG. TuR. Frane. 5, 49. Sui motivi primi dell'accusa mossa a Gregorio d~ pace: prese infatti rapidamente piede in Austrasia il partito favorevole alla mediazio-
parte di un suo sacerdote, Riculfo, e del.comes tur~nense Leo~~sto, come pure sui ii'. '
ne tra le due famiglie regnanti. Chilperico, rimasto senza figli, avrebbe potuto adot-
dettagli del sinodo si ritornerà nella nota mtroduttona al paneg11·1co stesso. tare il nipote Childeberto IL Tali progetti però furono sempre vanificati dall'opposi-
113 Carm. 9 L zione esercitata da Gogone, tutore del giovane sovrano; tuttavia neppure dopo la
114 Cf., oltr~ ai critici francesi del secolo XIX (vedi Biblt'ografi'a), principalme1;1- sua morte, avvenuta nel 581, non vi fu alcun 1nutamento di indirizzo. Cf. GREG.
te S. DILL, Roman Society t'n Gaul in the Merovingian Age, London 1926? 333? ID TUR. Frane. 6> 1.
certa 1nisura KOEBNER, Venantius Fortunatus, ,95, .che controbatte alla parziale nva- 120 GREG. TuR. Frane. 6, 46.
lutazione compiuta da MEYER, Der Gelegenheztsdtchter, 113-126. Ma;~· an~ora PIE- 121 GREG. TuR. Frane. 9> 11.
TRI, Venance Fortunat, 744: «Poète de circonstances au sens le plus pejorauf du ter- 122 GREG. TuR. glor. con/ 104. Le esequie furono celebrate dallo stesso Grego-
me». rio. Sulla data esatta della morte di Agnese non siamo informati, 1na due anni dopo,
:\
il
il
INTRODUZIONE GENERALE IN1'RODUZIONE GENERALE 37
Poco tempo dopo questo duplice lutto, che dovette toccare Venanzio nuova badessa Leubovera, succeduta ad Agnese 128. La pericolosa situa-
nel profondo, il poeta accompagnò l'amico Gregorio, che era stato convo- zione indusse il poeta a tentare un intervento ufficiale presso Gregorio,
cato a Metz dal re Childeberto II per essere investito di una missione di~ dalla cui autorità il monastero dipendeva, affinché raggiungesse quanto
plomatica presso lo zio Gontrano 123. Gregorio e Venanzio furono accolti prima Poitiers per porre fine allo scandalo 129. Ancora nel 589 Gregorio
con tutti gli onori dalla corte presso Metz, e in seguito furono invitati a di Tours richiese il supporto letterario dell'amico per la buona riuscita di
salire sul battello regale per un viaggio lungo la Mosella e il Reno, du- una controversia sorta con gli esattori delle tasse inviati da Childeberto
rante il quale si fermarono a Treviri e a Coblenza, raggiungendo infine II, che intendevano estendere anche alla città di Tours il regime ft'.icale
la cittadella di Andernach 124. Probabilmente durante questo soggiorno vigente nel resto del regno no. Fin dai tempi di Clodoveo la città era in-
alla corte austrasiana il nostro poeta compose anche un carme di elogio fatti stata esonerata dal pagamento di qualsivoglia imposta, in considera-
per Childeberto II e Brunichilde 125. · zione del fatto ch'essa era stata la sede episcopale di san Martino, la cui
Il viaggio fu certamente di breve durata, e Venanzio già in quello santità e i cui miracoli meritavano riverente deferenza. Poiché le casse
stesso anno 588 fece ritorno a Poitiers: fu presumibilmente in questo pe- del regno di Childebrto II erano esauste a causa del decennale conflitto
riodo che attese alla stesura della biografia in prosa della sua madre spiri- con Chilperico, il giovane sovrano intendeva togliere alla città le esen-
tuale, Radegonda. Una biografia che alquanto stranamente, vista la ven- zioni di cui godeva. Venanzio ricevette gli esattori in luogo di Gregorio,
tennale frequentazione quasi quotidiana tra i due, tratta esclusivamente intervenendo altresl con un carme in lode del santo e dei sovrani n1,
della vita ascetica della regina, presentata come il modello perfetto di l'atteggiamento forte, ai limiti della minaccia, del vescovo e alcune circo-
un'esistenza dedicata alla mortificazione e alla contemplazione, e manca stanze interpretate come ammonimenti, dal!'alto, di san Martino indus-
di argomenti da cui poter far emergere i tratti della sua personalità, come sero Childeberto a confermare i privilegi alla città di Tours m.
ci si potrebbe aspettare in un caso come questo. I} opera dovette sembrare I} anno successivo, quando Gregorio celebrò la dedicazione della
fredda e distaccata già ai contemporanei, giacché circa veni'anni dopo la cattedrale di Tours, da lui stesso restaurata e ingrandita, Venanzio ebbe
monaca Baudonivia, discepola di Radegonda, decise di scrivere una nuo- dal presule l'incarico di stendere delle didascalie in versi da apporre sotto
va biografia della santa, in cui traspare con evidenza l'intenzione di com- le pitture del nuovo tempio che raffiguravano le storie e i miracoli di san
piere un lavoro in qualche modo complementare alla biografia fortuna- Martino 133. In questi stessi anni il poeta raccolse e pubblicò tutta la sua
ziana, di/fondendosi su quegli aspetti individuali e umani che Venanzio, produzione letteraria composta dall'epoca dell'edizione dei primi sette li-
preoccupato di presentare la sua eroina come una pura asceta sempre tesa bri in poi: i due libri di carmi cosi' ricavati andarono a formare gli attuali
all'Assoluto, aveva tralasciato. Poco dopo la biografia di Radegonda il libri VIII e IX della raccolta.
poeta prese a scrivere quella di san Severino di Bordeaux (prima metà del Nel 591, alla morte del vescovo Maroveo, fu elevato alla sede epi-
V secolo), probabilmente su incarico del nuovo vescovo di quella città, scopale di Poitiers un arcidiacono proveniente da Tours, Platone: in oc-
succeduto a Bertrando dopo il 585. Quest'opera, della cui esistenza ci as- casione del suo ingresso Venanzio compose un carme di benvenuto 134.
sicurava un cenno di Gregorio di Tours 126, fu considerata a lungo perdu- Non sappiamo quanti anni sia durato lepiscopato di Platone, poiché di
ta, finché alt' inizio del Novecento fu riconosciuta da H. Quentin in una quest'ultimo non è conosciuta la data .della morte; non saremo però lon-
Vita anonima conservata t'n diversi' manoscritti' 127. tani dalla verità nel supporre eh'egli abbia occupato la cattedra di Poi-
Durante tanno successivo, il poeta, che mai' aveva smesso di inte- tiers per non più di un paio d'anni.
ressarsi alla vita della comunità di Santa Croce, rimase coinvolto nei di- Successore di Platone fu infatti Venanzio stesso, e pare ragionevole
sordini scatenati nel convento da una delle monache, Crodielda, figlia supporre che egli abbia avuto la nomina grazie alla stima di cui godeva
del defunto re Cariberto, la quale si era ribellata alla conduzione della presso Gregorio, e che proprio quest'ultimo gli abbia poi conferito l'ardi~
nazione episcopale 135, Poiché Gregorio morì tra il 593 e il 594, è chiaro ,I'
che, stando così le cose, Venanzio dovette accedere al soglio epò'COpale nei
BIBLIOGRAFIA
medesimi anni'.
Anche il suo episcopato durò soltanto pochi anni: la data della sua
morte è sconosciuta) ma deve certamente collocarsi nel primo decennt'o
del VII secolo. A questo ultimo periodo della sua vita risalgono. le due
opere omileti'che sul Pater noster e sul Symbolum Apostolornm (que-
st'ultima è quasi un'epitome del/' analogo commento composto alla fine
del IV secolo da Rufino di Concordia, con lievi modifiche dovute sia alla I. EDIZIONI
personalità e alla sensibilità proprie di Venanzio, sia al necessario adatta·
mento della discussione alla formula del Simbolo adoperata nella Chiesa Venantii f!onorti' Clementz'ani Fortunati... carmt'num libri octo nunc primum ex-
di Poitiers, non sempre identica a quella aquileiese), nonché l'estesa ele- cussi et per_Jac. Salvat?rem Solanum Murgensem ... restituii, Calari 1574.
gia in lode della Vergine, la cui autenticità fa a lungo contestata anche Vena~ttt Honortt F?r~unatz Clementt'ani... carminum libri octo nunc primum
da parte di studiosi di altissima levatura, ma che è stata definitivamente tn lucem. emzssz~. et per Iacob. Salvatorem Solanium Murgitanum ...
dimostrata negli anni '30 da Sven Blomgren 136, emendati, V enetus 1578.
Alla sua morte fu sepolto nella basilica di Sant'Ilario a Poitiers, e Venantii ~or~·unati Bxpo~itione.~ orationis ~omint'cae et Symbolt; Iosephi Ca-
già pochi anni dopo fu venerato come santo: la sua festa si celebra ancor stelltonts opera et industria nunc prtmum castigatae atque editae Ro-
mae 1579. '
oggi il giorno 14 dicembre in alcune diocesi francesi e nella diocesi ita- Venanfii Hon~ri~ Clementian.i Fortuna.ti ... carminum epistolarum ac exposi-
liana di Padova, nel cui territorio si trova Valdobbiadene 137. 1
tionum libri XI. .. Omnia recens illustrata ... a r. p. Christ. Brower S I
Più di un secolo e mezzo dopo la morte di Venanzio, il suo conter- Maguntiae 1603, 1630'. ' "
raneo Paolo Diacono, chiamato in Francia a servizio di Carlo Magno, Venantii ~ortunati presbyteri Italici opera omnia ... collecta ... opera et studz'o
ne visitò la tomba e, su richiesta dell'abate Apro, compose un epita/zò d. Michaelis-Angeli Luchi, Romae 1786.
in distici elegiaci 138: Venanti:i For~unati Pt'ctaviensis episcopi opera omnz'a iuxta ... edi'tionem d.
M;chaelis Angeli Luchi recensita, PL LXXXVIII, Parisiis 1850, 9-596
Ingenio clarus, sensu celer, ore suavis, [nst. anast. Turnholtl s.d.].
cuius dulce melos pagina multa canit, Inscri'ptt'o~ns chrétiennes de la Caule antérieures au VIIIe st'ècle réunies et an-
1
Fortunatus, apex vatum, venerabilis actu, notees par Edmond Le Blant, 2 voli., Pads 1856-1865 [rist. anast
Ausonia genitus, hac tumulatur humo. Hildesheim · Ziirich. New York 1999]. ·
Cuius ab ore sacro sanctorum gesta priorum Venanti H?nort' Ckmentian7· Fortunati pres/ryteri Italici opera poetica. Re-
discimus: haec mostrant carpere lucis iter. censuit et. emendavit Frideric:us Leo, MGH AA 4, 1, Berolini 1881 [rist.
anast. Munchen 1981].
Felix, quae tantis decoraris, Gallia, gemmis,
Venanti H~nori Clementt'ani Fortunati presbytert' Italici opera pedestria. Re-
lumine de quorum nox tibi tetra fugit.
censutt et. emendavit Bruno ~rusch, MGH AA 4, 2, Berolini 1885 [rist.
Hos modicos prompsi plebeio carmine versus anast. M'!nchen 1995] (contiene gli indici prosopografico e topografi-
ne tuus in populis, sancte, lateret honor. co r~.ati;r1 ru ~ar~, cura~ da R. Iacobi, nonché i prospetti delle fonti e
Redde vicem misero: ne iudice spernar ab aequo, . degh mutaton di Venanz10, compilati da M. Manitius).
eximiis meritis posce, beate, precor. Epistolae Austrasicae, a cura di W. Gundlach, in Epistolae MerowingiCi et
Karolim aevi, tomus I, MGH EE III, Berolini 1892 .[rist, anast Miin-
chen 1994], 128-129 [ripubblicate corrette in CCL CXVII Tu~nholti
135 BRENNAN, The Career, 78. 1957, 432-433]. '
136 S. BLOMGREN, Studia Fortuna#ana II. De carmine in laudem sanctae Mariae Inscripdones cristianas de la Bspaiia romana y visig,oda, a cura di J. Vives
composito Venantio Fortunato recte attribuendo (Uppsala Universitets Àrsskrift Barcelona 1942, 87-88. '
1934. Filosofi, sprUkvetenskap och historiska vetenskaper 3), Upsaliae 1934, soprat" Venane! Fortunat. Poesies. Text revùat i trackcci6 de Josep Pia I Agul/6 Val
tutto 3-26. I, llibres I i II (Fundaccié Bernat Metge, 277), Barcelona 1992. · .
137 Sul culto tributatogli durante il Medioevo e la pd1na età moderna, B. DE Venance.Fortunat. Poèmes. Texte établi et traduit par Mare Reydellet. Tome
GAIFFIER, S. Venance Fortunat, évéque de Poitiers. Les témoignages de son culte,
"Analecta Bollandiana", LXX (1952), 262-284; nonché F, CARAFFA, Venanzio Fortu- L li~res I-IV (Collection des Universités de France, série latine, 315),
nato, BS XII, 1969, 985-987. In particolare per l'area veneta, dove la venerazione ri- Par1s 1994. Tome II, livres V-VIII (Collection des Universités de Fran-
sale a epoche ben più recenti (sec, XVIll), I. SARTOR, Venanzio Fortunato nell'erudi- ce, série latine, 346), Paris 1998.
zione, nella tradt'zt'one e nel culto in area veneta, in AA.Vv., Venanzio Fortunato tra :Venane~ Fortunat. CEuvres, tome TV, Vie de saint Martin. Texte établi et tra-
Italt'a e Francia, 267-276. duu par So/ang~ Quesnel (Collection des Universités de France série
138 PAUL. DIAC. Lang. 2, 13. latllle, 336), Par1s 1996. '
BIBLIOGRAFIA BIBLIOGRAFIA 41
II. TRADUZIONI IV. LESSICI
D. TARDI, Fortunat. Étude sur un dernier représentant de la poésie latine CARMINUM LIBRI XI
dans la Caule mérovingienne, Paris 1927.
V. USSANI, Il codice torinese lat. 216. Contributo alla critica di Gregorio di
Tours e di Venanzio Fortunato, "Studi romanzi", VI (1909), 177-193. UNDICI LIBRI DI CARMI
M.E. VASQUEZ BUJAN, Vernat amoenus ager. Sobre las descripciones de la
naturaleza en la poesia de Venancio Fortunato, "Euphrosyne", XII
(1985), 95-109.
M. VIEILLARD-TROIÉKOUROFP, Les monuments religieux de la Caule d'après
/es oeuvres de Grégoire de Tours, Lille 1976.
P.G. WALSH, Venantius Fortunatus, "The Month", CXX (1960), 292-302.
P. WAREMANN, Theudechildis regina, "Classica et Mediaevalia", XXXVII
(1986), 199-201.
C. WEYMAN, Beitriige zur Geschichte der Christlich-lateinischen Poesie,
Miinchen 1926 [rist anast. Hildesheim 1975], 166-171.
E.M. WIGHTMAN, Roman Trier and the Treveri, London 1970.
J.A. WILLIS, Venantius Fortunatus Iuvenalis lector, "Mnemosyne", XLI
(1988), 122-123.
E. WOLGARTEN, Reste einer Fortunatushandschrift der Stiftsbibliothek St.
Gallen Codex Sangallensis 1399 a 7, in Arbor amoena comis. 25 Jahre
mittellateinisches Seminar in Bonn, 1965-1990, Stuttgart 1990, 41-52.
R. WOPFNER, Die Reise des Venantius Fortunatus durch die Ostalpen. Ein
Beitrag zur fruhmittelalterlichen Verkehrs- und Siedelungsgeschichte, in
Festschri/t zur Ehre E. van Ottenthals, Innsbruck 1925, 362-417.
M. ZICÀRI, Nemetum e Vernemetis in Lucano e Venanzio Fortunato, in
Classica!, Mediaeval and Renaissance Studies in Honor o/ Berthold
Louis Ullmann, vol I, Roma 1964, 205-215.
S. ZWIERLEIN, Venantius Fortunatus in seiner Abhtingigket't van Vergil, tesi
di dottorato, Wiirzburg 1926.
Nota: per indicare passi da opere di autori antichi, sia pagani che cristiani,
ci si è costantemente serviti del sistema abbreviativo adottato nel The-
saurus linguae Latinae; cf. Thesaurus linguae Latinae. Index librorum
scriptorum inscriptionum ex quibus exempla afferuntur. Editt'o altera,
Lipsiae 1990.
Per gli autori medievali si sono seguite, fin dove possibile) le abbreviazioni
del Mittellateinisches Worterbuch; cf. Mittellateinisches Worterbuch.
AbkUrzungs- und Quellenverzeichnisse. 2. verbesserte und erweiterte
Auflage, Miinchen 1996.
INTRODUZIONE
·.1
1 Epist. carm. (3, 1-2 e 4; 5, 1; 5, 5-6; 8, 12a; 10, 2-4).
2 :per esempio carm. 3, 13b e 13d; 7, 13 e 24.
3 E per esempio il caso del carme 6, 5 De Gelesuintha, di 370 versi, o del carine
8, 3 De vt'rginitate, di 400 versi.
4Carm. 2,4-5;5, 6 (carminafigurata);5, 7 e6, L
5 Carm. 1, 16 e 2, 6.
6 Carm. 2, 2 (tetratnetri trocaici catalettici) e 9, 7 (strofe saffiche minori).
7 M. REYDELLET, Venance Fortunat. Poèmes, I, XXIX. Un tentativo di classifi-
cazione per generi è stato dato da MEYER, Der Gelegenheitsdichter, 30-39.
INTRODUZIONE INTRODUZIONE 53
stici; ma anche alla Croce, ai santi, in primis san Martino di Tours, ai di- rispettando in quest'ultimo caso la gerarchia della loro posizione nella
gnitari della corte, e non ultimo agli edifici sacri costruiti dai vescovi del- società 10 •
le diocesi galliche. J;elogio può in certi casi diventare addirittura ironico, TI libro I, comprendente 21 carmi, è così dedicato alla celebrazione
come nel caso del grazioso poemetto sul fiume Gers che conclude il pri- di chiese, basiliche e ville, appena costruite o restaurate. Troneggiano nel
mo libro (carm. 1, 21), o ancora in quello della bonaria lanzonatura in- libro le figure di Leonzio II vescovo di Bordeaux e della ex moglie Placi-
dirizzata al vescovo Bertrando di Bordeaux per le sue ambizioni lettera· dina, promotori di una grande opera di restauro di chiese e ville risalenti
rie (carm. 3, 18), o infine nell'invettiva scherzosa rivolta al cuoco di cor- ai secoli IV e V Poiché Leonzio mori all'incirca nel 570, tutti i carmi
te che indebitamente si appropriò il suo battello (carm. 6, 8). compresi in questo libro risalgono ai primissimi anni del periodo gallico
Poeta di vena facile e abbondante, Venanzio riceveva sempre più di Venanzio. I primi due pezzi poi furono composti ancora in Italia, nel
spesso vere e proprie commissioni da parte di vescovi o funzionari statali, 565 o ancora precedentemente.
per solennizzare nei suoi versi, determinati avven~·"!~nti o per celebrare.
1
Il libro II, composto da 16 pezzi, si apre con il celebre ciclo di sei car-
il compimento di grandi iniziative, soprattutto edzlzzie. Spesse volte eglt mi dedicati alla Croce; segue un carme dedicato a san Saturnino, verisi-
doveva lavorare in gran fretta per esaudire, nel minor tempo possibile le milmente composto mentre il poeta si trovava a Tolosa nel 568. I due car-
richieste rivoltegli. Celebre è il caso del poemetto sulla conversione dei mi dedicati alla Chiesa e al clero parigini risalgono evidentemente al 567,
Giudei di Clermont ottenuta dal vescovo Avito il giorno dell'Ascensione quando Venanzio si trattenne presso la corte di Cariberto e strinse rappor-
del 576 '· Gregorio di Tours mandò a Venanzio un postiglione con una ti con il vescovo Germano. I carmi 11-13 sono di poco precedenti, ricolle-
lettera che lo incaricava di celebrare in versi!'avvenimento; come Venan- gandosi al primo soggiorno in Austrasia presso Sigiberto. Il carme sui
zio stesso ci racconta nella lettera a Gregorio con la quale accompagnò il santi di Agaune (14) gli fu invece commissionato da Gregorio di Tours
carme, il postiglione aveva ricevuto lordine di non muoversi finché non quando questi ritrovò le reliquie e ne curò il tra4erimento nella cattedra-
avesse ricevuto dal poeta il manoscritto della composizione: da ciò risulta le della città, e risale pertanto a dopo il 573.- !}autenticità del carme se-
evidente come spesse volte egli si trovasse a comporre i suoi carmi in si- guente, dedicato a sant'Ilario di Poitiers, è stata messa in dubbio da molti
tuazioni non certo ideali, e diventano più comprensibili certi tratti, ri- studiosi, con argomenti certo non risolutivi ma degni di nota 11. Chiude il
scontrabili nella sua produzione, quali la presenza delle medesime for- libro un lungo poemetto sulla vita e i miracoli di san Medardo vescovo di
mule e dei medesimi temi in molte poesie 9 . Alcuni carmi recano segni Noyon, composto verisimilmente nel 567, quando il poeta, al seguito .di
evt'dentt' della loro origt'ne improvvisatoria: esortazioni, ringraziamenti; Sigiberto, fece tappa a Soissons, città che ospitava la tomba del santo 12.
auguri espressi durante un banchetto o in altre occasioni festive. Questi Il libro III, il più lungo della raccolta, raggruppa 33 carmi e tre let-
componimenti~ come pure molti altri non improvvisati ma eomunque de- tere, indirizzati a vescovi o ad altri membri della gerarchia ecclesiastica. I
stinati alla pubblica declamazione, sono caratterizzati da uno stile che, primi dieci pezzi sono destinati a Eufronio di Tours (e pertanto sono an-
pur tra espressioni ricercate, risente talvolta dei tratti propri della lingua teriori al 573) e a Felice di Nantes, che il poeta conobbe poco dopo esser-
parlata. Tutti questi aspetti, che noi oggi giudichiamo in qualche modo si stabilizzato a Poitiers. Seguono diversi poemetti indirizzati a vescovi
deteriori, passavano certamente inosservati al pubblico di allora, che re- dell'Austrasia, personaggi che Venanzio incontrò con tutta verisimiglian-
stava invece sorpreso e affascinato dalla capacità del poeta, formatosi nel- za già al tempo delle nozze di Sigiberto e Brunichilde, con alcuni dei
le scuole di retorica italiche, di creare per ogni occasione versi brillanti quali mantenne legami epistolari anche negli anni seguenti. Vediamo co-
che riuscivano a destare una qualche emozione nel!' uditorio. sì sfilare innanzi a noi le figure di Nicezio di Treviri, di Villico di Metz,
Quando veno il 576 Venanzio, accogliendo le esortazioni di Gre- di Carentino di Colonia, di Egidio di Reims, nonché di Agerico di Ver-
gorio di Tours, decise di curare la pubblicazione di tutto ciò che aveva dun. I rimanenti carmi non offrono elementi bastevoli a stabilire I'iden-
! i scritto fino a quel momento, si sforzò di conferire un ordine a quelle tità dei loro destinatari; né tantomeno lepoca e la circostanza in cui fu-
composizioni che precedentemente avevano circolato ciascuna per pro- rono composti.
prio conto grazie ai rispettivi destinatari che certamente le esibivano ai Singolare per la compatta unità tematica è il libro IV, costituito
conoscenti con orgoglio e compiacimento. Non segui' però quella che esclusivamente da epitaffi in numero di 28. Questi sono ordinati all'in-
forse a noi pare la strada più semplice, cioè lordine cronologico di terno del libro secondo un rigido criterio di precedenza gerarchica:
composizione ma volle disporre i suoi carmi per temi e per destinatari~
1
all'inizio gli epitaffi in onore di vescovi (1-10), seguono abati (11), sacer-
8 Carm. 5, 5b con epist. (carm. 5, 5a). Cf. GREG. TuR..Fr~~c. 5, 11. , . 10 L'ordinamento gerarchico è stato individuato per la prima volta da MEYER,
9 .Si arriva addirittura al caso di uno stesso carme md1r1zzato, a distanza d1 Der Gelegenheitsdichter, 25-30.
molti anni a due diversi vescovi: il carm. 5, 12 a Gregorio di Tours, scritto tra il 573 11 Cf, F. Leo ad loc., in apparato; MEYER, Der Gelegenheitsdichter, 28, nonché
e il 576, e' il carm. 9, 8 a un vescovo Baudoaldo (di Meaux), indirizzato verosimil- la nostra nota ad loc.
mente tra il 577 e il 590. 12 GREG. TUR. Frane 4, 19.
54 INTRODUZIONE INTRODUZIONE 55
doti (12-14) e diaconi (15); infine i laici; prima gli uomini (16-24), poi le Legato al precedente è il libro VII: è costituito da 31 carmi; in lar-
donne (25-28), anch'esse in ordine d'importanza, dacché il primo dei ghissima prevalenza epistole metriche destinate ai dignitari austrasiani
quattro epitaffi è quello per la regina Teodechilde. Sarà altrest' da notare che Venanzio aveva conosciuto sin dal momento del suo arrivo a Metz.
che molti dei vescovi per i quali Venanzio compose l'elogio funebre era- Alcuni carmi furono composti proprio in quei primi mesi del suo sog-
no morti già da diversi anni al momento in cui il poeta giunse in Gallia: giorno in Gallia nel 566, altri invece risalgono a quasi un decennio do-
evidentemente il suo talento spingeva i titolari delle diocesi a commis- po, quando il poeta si era ormai da lungo tempo stabilito a Poitiers, ma
sionargli epitaffi per i loro predecessori più illustri. Una questione assai desiderava tenere vivi i contatti con coloro che per primi apprezzarono e
dibattuta è quella del carattere epigrafico degli epitaffi di Venanzio, co- sostennero il suo talento. I.:ultimo pezzo del libro, indirizzato al comes
me di molte altre sue poesie: non si sbaglierà nel dar ragione a quanti so- Galattorio, risale invece a dopo il 585, ed è stato con ogni verisimiglian-
stengono che la quasi totalità dei carmi di questo libro era effettivamen- za aggiunto in epoca successiva, dal momento che non figura nel catalo-
te destinata a essere incisa su pietra, né costituisce prova del contrario il go iniziale tramandato nei principali manoscritti 16.
fatto che fino a oggi nessun ritrovamento archeologico abbia esplicita- La prima metà del libro VIII raccoglie carmi collegati con la vita
mente confermato l'ipotesi 13. Certamente non epigrafico, data la sua all'interno del monastero di Radegonda (1-10). Di questi componimenti;
estensione, è il carme 26, che a dispetto del titolo tramandatoci dai ma- due (3-4) furono scritti in occasione della consacrazione di Agnese quale
noscritti; Epitaphium Vilithutae, è piuttosto una consolazione 14. badessa della comunità, altre sei poesie hanno carattere più privato e so-
Protagonisti del libro V, comprendente 20 carmi e 3 epistole in pro- no indirizzate a Radegonda (5-10). Gli undici carmi rimanenti sono in-
sa, sono ancora una volta i vescovi. Al principio due scritti diretti a Mar- vece rivolti a Gregorio di Tours, e tra questi spiccano il 12 e il 12a, che si
tino di Braga, spiccano poi Siagrio di Autun (6), cui Venanzio invia l' ul- riferiscono ai disordini scoppiati al!'interno del monastero nel 589, due
timo dei suoi carmina figurata, e Felice di Nantes (7). La figura domi- anni dopo la morte di Radegonda e di Agnese.
nante è però quella di Gregorio di Tours, che in quegli anni (tra il 573 e I primi cinque carmi del libro IX sono indirizzati al re Chilperico I
il 576) divenne .wmpre più l'amico intimo del poeta: 12 carmi su 19 so- e alla sua famiglia, e risalgono al 580-581. Gli undici carmi seguenti
no a lui dedicati, e su sua commissione Venanzio scrisse Formai più volte trattano materie varie e sono difficilmente databili: vi figurano poesie
ricordato poemetto sulla conversione dei Giudei di Clermont ad opera per Gregorio di Tours e per altri vescovi. I.:elegia a Sidonto di Magonza
del vescovo Avito (5) 15. (9) risale certamente al 566·567, mentre quella per Ragnemodo di Parigi
Esauriti i carmi dedicati a ecclesiastic~ il libro Vl, che conta 11 (10) fu scritta dopo il 576, anno della sua consacrazione episcopale. I.: ul-
composizioni, è tutto dedicato ai governanti temporali. Si apre con i due timo pezzo, indirizzato al duca Crodino (16), è evidentemente anteriore
pezzi scritti nel 566 in occasione del matrimonio di Sigiberto I e Bruni- al 582, anno della sua morte 11.
childe: l'epitalamio e la celebrazione della conversione della regina dal- I quattro componimenti con cui si apre il libro X sono in prosa. Il
l'arianesimo all'ortodossia cattolica (1 e la). Segue poi il panegirico a primo di questi; l'Expositio orationis Dominicae, pervenutaci priva della
Cariberto, recitato a Parigi nel 567. Dopo gli uomini vengono le donne: fine, risale quasi certamente ali' ultimo periodo della vita di Venanzio, ed
la regina Teodechilde, figlia di Teodorico I (3), Gelesvinta, la sventurata è inquadrabile nella sua attività catechetico-pastorale quale vescovo di
sposa di Chilperico I (5), Ultrogota, la vedova di Childeberto I (6). Gli Poitiers. Noi lo presenteremo in separata sede, e rinviamo pertanto all'in-
ultimi tre carmi sono connessi con il soggiorno del poeta presso la corte troduzione specifica. Le successive tre lettere (2-4) non sono databilt;·
di Austrasia tra il 566 e il 567: la narrazione dell'avventura con il cuoco mentre certamente al 590 risale il lungo carme sui miracoli di san Marti-
di palazzo (8), e due lettere indirizzate a Dinamio, dignitario di Marsi- no (5), composto in occasione del restauro della basilica turonense con-
glia, nell'Aquitania sottoposta all'autorità di Sigiberto (9-10). Tranne il cluso in quel!'anno da Gregorio rn I carmi dal 7 al 9 furono composi du-
poema sulla morte di Gelesvinta, databile attorno al 570, gli altri com- rante il secondo viaggio in Austrasia, compiuto insieme a Gregorio nel
ponimenti risalgono tutti al periodo compreso tra il 566 e il 567. 588, mentre il carme 9 si riferisce alla visita a Tours degli esattori del fi-
sco inviati da Childeberto II lanno successivo 19. Infine il carme 14, il più
tardo tra quelli sicuramente databili, celebra l'insediamento a Poitiers del
13 Principale sostenitore del carattere epigrafico di tutti gli epitaffi fu E. LE vescovo Platone, predecessore di Venanzio, avvenuto nel!'anno 591 20.
BLANT Inscriptions chrétiennes de la Caule antérieurs au VIII' siècle, 2 voll., Paris
1856-1,865 [rist. anast. Hildesheim - Ziirich - New York 1999]. Il più scettico invece
è il MEYER, Der Gelegenheitsdichter, 32. Lo status quaestionis è esposto da H. LE-
CLERCQ, Fortunat, épigraphiste et Uturgiste, in DACL V 2, 1923, 1982-1997. l6 Su questa questione si veda infra "La tradizione manoscritta", pp. 81s.
14 Cf. GEORGE, Venantius Fortunatus. A Latfn Poet, 93-94, nonché Venanzio 17 GREG, TvR. Frane. 6, 20.
Fortunato. Ept~aphi'um VtUthutae (IV 26), introduzione, traduzione e commento a 18 Cf. L. PIETRI, La ville deTours du IV• au VF st'èele: naissance d'une cité chré-
cura di P·. Santorelli, (Università degli Studi di Napoli Federico II - Dipartimento di tienne (Collection de l'École Française à Rome 69), Ro1ne 1983, 826-830.
Discipline Storiche), Napoli 1994, 11-38. 19GREG. TuR. Frane. 9, 30.
15 A Gregorio sono dedicati i carmi 3, 4, 8-17. 20 GREG. TuR. Mari. 4, 32.
INTRODUZIONE INTRODUZIONE 57
Anche gli altri carmi del libro risalgono con ogni probabilità a questo particolare la clemenza. J;unico tratto in cui Venanzio si stacca dagli
stesso periodo compreso tra il 588 e il 591. schemi appresi durante gli studi compiuti a Ravenna per adattarsi allo
Come il precedente, anche il libro XI si apre con un'opera esegetico- specifico della personalità di Sigiberto è ravvisabile nel!'affermazione se-
omiletica in prosa, l'Expositio Symbuli, parimenti databile agli anni condo cui il re intendeva vivere un unico amore 21. Il medesimo partico-
del!' episcopato. Anche questa sarà da noi presentata separatamente. Tut- lare è infatti sottolineato con maggior chiarezza da Gregorio di 1ours: Si-
ti gli altri pezzi che compongono il libro hanno quale destinatario Rade- giberto intendeva in questo modo differenziarsi dai suoi fratelli, dediti al
gonda, e sono quindi databili tra il 568 e il 587, senza possibilità di mag- concubinaggio con serve22,
gior precisione. Poco più di un anno dopo Venanzio tornò a misurarsi con la panegi-
ristica regale: l'elogio di Cariberto è improntato alt'esaltazione del sovra-
no pacifico, giusto e saggio. I modelli non sono però presi soltanto
2. VALORE STORICO DEI CARMI dal!'antichità, ma anche dalle figure regali dell'Antico Testamento, come
Davide e il figlio Salomone 23. J;elogio parrebbe abbastanza appropriato:
Il corpus dei carmi di Venanzio Fortunato costituisce una fonte ric- fra i quattro fratelli fu quello che mosse meno guerre (ma occorrerà ricor-
chissima di informazioni storiche e soprattutto prosopografiche per lo dare che regnò per sei anni soltanto), dimostrò una notevole pietas paren-
studioso della Gallia merovingica della seconda metà del VI secolo, e tale riaccogliendo la zia Ultrogota, vedova di Childeberto I, insieme alle
funge cosi egregiamente da complemento alla principale fonte sul!' epo- sue figlie, dopo lesilio a cui Clotario I le aveva condannate 24; ripetuta-
ca, i dieci libri della cosiddetta Historia Francorum scritti dal suo amico mente fece valere la sua autorità a favore della Chiesa 25. Purtuttavia, pro-
Gregorio di Tours. Davanti al lettore dei carmi passano, come in una prio nel!' ultimo periodo della sua vita, Cariberto si macchiò di una dupli-
gran galleria, tutte le principali personalità che animarono quel periodo ce colpa che gli valse la scomunica da parte del vescovo di Parigi Germa-
storico: re) regine, principi ereditari~ vescovi metropoliti e suffraganei~ no: aveva infatti ripudiato la moglie Merofleda per unirsi alla sorella di
sacerdoti e diaconi; dignitari di corte, ufficiali del!' esercito, abati e bades- lei Marcovefa, una monaca fuggita dal convento. La convivenza durò po-
se, monaci e monache) fino agli strati' sociali più bassi come artigJant~ co, ché la donna morì dopo qualche mese, presto seguita dal re stesso: un
cuochi, postiglioni, bisognosi. Certamente l'attitudine di Venanzio non è tale esito fu naturalmente visto dal clero parigino come una punizione di-
quella dello storico, ma quella del poeta di corte, del panegirista: egli vina 26, Non sappiamo se questo strappo tra Cariberto e la Chiesa avesse
non pronuncia giudizi severi e impietosi come Gregorio, ma mette sem~ già avuto luogo quando Venanzio giunse a Parigi; con ogni probabilità
pre in luée gli aspetti migliori delle personalità che di volta in volta si nell'autunno del 567, ma poiché Cariherto mori tra la fine dell'anno e i
trova a celebrare, tanto che leggendo i suoi versi si ha l'impressione di primi mesi del 568 la cosa pare più che probabile27. In tal caso il panegin'-
una società colta, elegante e dai buoni costumi, lontanissima quindi dal- co sarebbe da leggersi come un invito alla riconciliazione: il poeta ram-
laferrea descrizione che ce ne ha lasciato Gregorio, carica di barbarie e menta al clero e al popolo i lati migliori del sovrano, e allo stesso tempo si
crudeltà. Le terribili guerre tra fratelli che segnarono il regno dei figli di rivolge a quest'ultimo stimolandolo al perfezionamento tramite il tratteg-
Clotario I e sulle quali Gregorio insiste assai, in Venanzio non sono pre- gio della figura del monarca ideale, cui egli è implicitamente esortato a
senti che in poche e velate allusioni nel panegirico per Chilperico (carm.
9, 1), sicché a leggere soltanto il poeta senza mai porlo a confronto con
lo storico, si avrebbe un'idea assai vaga dell'efferatezza cui giunse quel
conflitto in alcuni momenti determinanti. 21 Carm. 6, 1, 34: amplexu est contentus in uno. Per l'immagine della regalità,
Anche i ritratti dei singoli personaggi non possono non risentire di che in questo panegirico compare ancora secondo i connotati antichi ma che sarà
questa impostazione: tratto dominante è indubbiamente l'idealizzazione, destinata a modificarsi profondrunente nei panegirici posteriori, si rinvia a M. REY-
quando non l'adulazione; nondimeno da essi è possibile trarre una serie DELLET, La royauté dans la littérature latine de Sidoine Apollinat're à Isùlore de Sévtlle
(Bibliothèque des Écoles Françaises d'Athènes et de Rame 243), Rome 1981, 320-
di elementi di grande utilità per tracciare un quadro d'insieme delle va- 331.
rie componenti della società merovingica nei suoi ideali, nella sua cultu- 22 GREG. TUR. Frane. 4, 27.
ra) nelle sue aspz'razt'oni. 23 Carm. 6, 2, 78-84.
Tra tutti i personaggi celebrati spiccano naturalmente i sovrani. 24 Carm. 6, 2, 21ss.
25 GREG, TuR. Frane. 4, 18: contrastò con successo le trame del duca Austrapio
Non appena giunto dall'Italia, fresco di studi, Venanzio compose l'epita- che intendeva usurpare la cattedra episcopale di Poitiers, allora occupata da Pienzio;
lamio per le nozze del re dell'Austrasia Sigiberto I (carm. 6, 1): questo 4, 26: non ratificò la deposizione di Emerieo di Saintes decisa da un conciliabolo di
componimento rispecchia nella forma come nella sostanza i dettami del- vescovi aquitani.
la precettistica antica) che continuava a essere insegnata nelle scuole 26GREG. TuR. Frane. 4, 26.
27 Cf. GEORGE, Venan#us Portunatus. A Latin Poet, 43-44. Diversa l'idea di
dell'Italia bizantina; conforme alla tradizione imperiale è anche l'elogio REYDELLET, Venance Portunat. Poèmes, I, XII, che però pone l'arrivo di Venanzio a
del sovrano posto in bocca a Cupido, in cui tra le varie virtù ha un posto Parigi già all'autunno del 566.
INTRODUZIONE INTRODUZIONE 59
uniformarsi: sintesi di autorità, sul modello romano antico, e del ruolo ti- della stirpe da cui il sovrano discende, ricordando pure i disagi della
picamente cristiano di difensore della Chiesa e dei.sudditi 28 • . . . guerra civile e il ruolo avuta da Chilperico nella difesa del regno contro
Anche negli altri carmi composti durante ti soggiorno parigino st le popolazioni barbariche; si passa poi a trattare le qualità individuali del
delinea sullo sfondo la figura dello zio di Cariberto, Childeberto I, mor- re: giustizia, generosità, talento nella poesia e nella speculazione teologi-
to nel 558, del quale era ancora vivissimo il ricordo, soprattutto a moti- ca 34. Particolare importanza ha l'elogio della sua giustizia, che sembra
vo della sua fervente devozione. Egli rappresenta un modello per il nipo- stridere vistosamente con il ritratto di Chilperica fornitaci da Gregorio
te 29, e il suo ruolo di protettore della Chiesa è enfatizzato fino a essere di Tours, che vedeva in lui un nuovo Erode e un nuova Nerone: si tratta
paragonato alla figura biblica di Melchisedech, a un tempo re e evidentemente di un elogia funzionale alla precisa circostanza in cui il
sacerdote 30, Ma il carme in cui la sua figura emerge più vivida è quello panegirico fu recitato. A tale proposito le opinioni degli studiosi recenti
indirizzato alla vedova Ultrogota, che con amorevole impegno si prende- non sono unanlmi: c'è chi ritiene che Venanzio declamò il suo poemetto
va cura di un giardinetto piantato dal marito e che per lei rappresentava dopa che fu pronunciata la sentenza che assolveva Gregorio, e in tal casa
il principale ricorda di luill, il panegirico stesso sarebbe una sarta di gratiarum actio al sovrano per
Del tutto particolari furono le circostanze nelle quali Venanzio si aver giudicata secanch giustizia 35; altri invece preferiscono pensare a un
trovò a comporre, tredici anni dopo, con una situazione politica assai di- Venanzio che, agendo quasi da consigliere ed educatore del re, idealizzi
versa, il panegirico a Chilperico I (carm. 9, 1) n. Certamente il poeta quest'ultima prima del pronunciamento finale. Ponendo davanti a Chil-
non poteva nutrire ammirazione per un sovrano il cui agire risultò, per perico l'ideale del principe giusto incarnata in lui stessa, Venanzia mire-
lui e per le persone con cui aveva stretto i legami più intensi, sempre ne- rebbe insomma a far nascere nel re la volontà di non essere da meno ri-
gativo: quasi certamente, e ad ogni modo queste erano le voci che circo- spetto a quel ritratto ideale, e ad assumersi conseguentemente la respon-
lavano, Chilperico fu il mandante del!' assassinio della propria moglie sabilità di un giudizio equanime 36,
Gelesvinta, sorella di Brunichilde, perpetrato verso il 569-570, che fu la Non minore interesse desta il cenno fatto da Venanzio al ribalta-
causa scatenante del conflitto tra i regni di Metz e di Parigi. La vera mento delle sarti durante il conflitto con Sigiberta, avvenuto in seguito
I
!'i mente del!' assassinio fu però la sua ex-concubina Fredegonda, che egli all'assassinio di quest'ultima, perpetrato quando ormai Chilperica e Fre-
prontamente sposò non appena resosi vedovo; costei fu pure l'artefice del degonda si trovavano assediati e le loro stesse truppe avevano armai de-
proditorio assassinio di Sigiberto a Tournai nel 575, che ebbe come con- fezionata passando dalla parte del vincitore. Seconda il poeta, a Chilperi-
seguenza il volgersi delle sorti del conflitto a favore di Chilperico, con la co spettavano diritti particolari, superiori a quelli degli altri tre fratella-
conseguente occupazione da parte delle sue forze di tutta la regione com- stri, poiché egli era il figlia prediletto da Clatario: mentre gli altri tre figli
prendente Tours e Poitiers33, Furono quelli gli anni più tristi della vita gli erano nati dalla maglie In ganda, Chilperica fu il frutta del!' amore
1· .. con la moglie successiva, Areganda, che altri non era che la sorella d'In-
11 di Venanzio, che rimase isolato da tutte quelle amicizie austrasiane e
provenzali che con il loro sostegno tanto avevano contribuito allo svilup- gonda 37. Nonostante ciò, al momento della spartizione del regna nel
1.,1' po della sua fortuna. I motivi che lo spinsero a comporre il panegirico 561, i tre fratelli figli d'Ingonda, Cariberta, Gantrano e Sigiberto, si al-
non furono certamente di ordine personale; egli cioè non mirava a ingra~ learono nell'intenta di restringere il più passibile la porzione di regna de-
; I~ stinata al loro fratellastro 38, Cosz: dopa un primo accorda, Chilperica si
ziarsi il sovrana alla scopo di migliorare la propria posizione, ma agt' in-
vece nell'interesse dell'amico Gregario di Tours e dell'intera Chiesa, par- trovò sul punto di perdere ogni cosa, ma nella visione di Venanzia ciò
lando in veste ufficiale a nome del sinodo episcopale riunita a Berny-Ri- non accadde a causa della sua malvagità e delle trame dell'insaziabile
vière. Il panegirico si apre, come d'usa, con la celebrazione della nobiltà Fredegonda, come afferma Gregaria, ma piuttosto per il nefasta influsso
della sarte invidiosa delle umane fortune, che istillò nei fratelli il germe
della discordia. Una spiegazione per malti aspetti simile a quella che det-
28 Cf. GEORGE, Venantius Fortunatus. A Latin Poet, 47. Per il procedimento
retorico dello «specchio dei principi», più volte adoperato da Venanzio, si veda E.
R. CURTIUS, Letteratura europea e Medio Evo latino, Firenze 1992 (ed. orig. Europdi- 34 Come abbiamo già avuto modo di osservare alla nota 61 dell'Introduzione
sche Literatur und lateinisches Mittelalter, Bern 1948), 200. generale, non si tratta di un complimento gratuito, poiché il sovrano co1nponeva
29 Carm. 6, 2, 15. poesie e si dilettava nello scrivere trattati sulla Trinità.
30 Carm. 2, 10, 17-26. 35 REYDELLET, Venance Fortuna!. Poèmes, I, XXV-XXVI. Su questa linea già
31 Carm. 6, 6: si tratta di una sorta di consolatio mascherata da elogio. Cf. KOEBNER, Venantius Fortunatus, 101. '
GEORGE, Venanti'us Fortunatus. A Latin Poet, 101-105. La pietas di Ultrogota è ri- 36 GEORGE, Venantt'us Fortunatus. A Latin Poet, 54-57.
cordata pure da GREG. TuR. Mart. 1, 12. 37 L'aneddoto narrato a questo proposito in GREG. TUR. Frane. 4, 3, ha del
32 Sulle circostanze che portarono alla composizione del panegirico ci siamo grottesco: Ingonda chiese a Clotario. di procurare un degno matita alla propria so-
già soffermati nell'Introduzione generale, pp. 34s. Ulteriori dettagli sugli antefatti si rella Areg?nda, e Clotario rispose: requt'rens vfrum divitem atque sapientem, quem
possono trovare nella nota introduttiva al carme stesso. tuae sorort deberem adiungere, nz'hil melius quam me ipsum inveni.
33 GREG. TUR. Frane. 4, 28 e51. 38 GREG. TUR. Frane. 4, 22.
60 INTRODUZIONE INTRODUZIONE 61
te il poeta Lucano per lo scoppio della guerra civile tra Cesare e Pom· è rigidamente convenzionale: rappresenta l'ideale della bellezza, dell'in-
peo 39, Come l'autore della Farsaglia non volle esplicitamente attribuire dole e della nobiltà. Nulla è detto di specifico sulla sua personalità 4J.
a Cesare le cause del conflitto, così motivi di opportunità politica suggeri- Anche nel ciclo di carmi risalente alla seconda visita in Austrasia la sua
rono a Venanzio di presentare ai vescovi una versione moralmente accet- immagine è tratteggiata come quella della madre impegnata nel garanti-
tabile degli avvenimenti che videro Chilperico protagonista: essi furono re i diritti del figlio 44.
preordinati da una sorta di maledizione che spingeva i regnanti a com- Nel panegirico per Chilperico vi è una sezione riservata ali'elogio di
battersi l'un l'altro senza riguardi neppure per i propri fratelli. In ciò ve- Fredegonda 45, che ali' epoca aveva già compiuto diverse azioni efferate,
risimilmente Venanzio si uniformava a quella che era la versione ufficia- prime tra tutte lassassinio della sua rivale Gelesvinta e in seguito quello
le presentata dalla propaganda fedele a Chilperico, che insisteva sul!'osti· del cognato Sigiberto 46. Nonostante tutto ciò, il poeta non poté evitare
lità mostrata fin dall'inizio dai tre fratelli maggiori verso colui ch'essi d'inserire nel suo carme le lodi della regina, che era una delle parti in
consideravano un bastardo, che invece combatteva per vedere rispettati causa nel delicato processo contro Gregorio di Tours: un'assoluzione di
quei diritti che suo padre stesso volle garantirgli con la sua predilezione. quest'ultimo avrebbe infatti significato una completa liberazione da tutti
Cosi come nella realtà storica zl re di Borgogna Gontrano fu una /t' i sospetti di adulterio che si erano addensati su di lei. Inoltre, a ben ve-
gura di second'ordine rispetto ai suoi fratelli; e non acquistò rilevanza che dere, nei versi che Venanzio dedica alla regina non vi è nulla che possa
dopo il 584, quando rimase l'unico superstite e assicurò la continuità del- essere tacciato di allontanamento dalla realtà storica a scopi adulatori,
la dinastia riconoscendo quali suoi eredi entrambi i nipoti, Childeberto II ché ogni elogio è passibile di essere interpretato anti/rasticamente: ella
figlio di Sigiberto e Clotario II figlio di Chilperico, parimenti egli è pres- infatti, con le sue macchinazioni aveva ceramente giovato alla causa pro-
soché assente nei carmi di Venanzio, ed è del tutto verisimile che i due pria e del marito, quantunque non avesse agito secondo moralità 47. Che
non si siano mai incontrati 40, Del resto la Borgogna era pure geografica- poi il poeta dica il vero allorché insiste sul sostegno che Fredegonda offre
mente in una posizione piuttosto defilata, e dagli spostamenti compiuti a Chilperico nel!' esercizio del potere nessuno lo metterà in dubbio 48, co-
dal poeta nel territorio gallico, almeno entro i limiti in cui si possono ri- me pure assolutamente fondato pare sia l'elogio della prodigiosa bellezza
costruire grazie ai suoi carmi~ non risulta nessuna sosta nei territori bor- della donna 49. Come osserva M. Reydellet, il ritratto di Fredegonda dice
gognoni, anche se ciò è assai verisimile nel caso del viaggio a Metz del di lei ogni cosa con estrema eleganza, mostrandoci la seduttrice che si è
588, quando ormai; a seguito del trattato di Andelot, tutta la fascia com- impossessata della volontà del re e, attenta a ogni cosa, governa il regno
presa tra la Loira e la Senna era passata nelle mani di Gontrano 41. con lui o, per meglio dire, al suo posto50,
Da ultimo, il giovane re Childeberto II compare in alcuni carmi Tra le regine della generazione precedente è menzionata più volte
concepiti durante !a seconda visita a Metz cui si è fatto or ora riferimen- Teodechilde (carm. 4, 25 e· 6, 3), figlia di Teodorico I e sorella di Teode-
to. Ancorché già padre di due figli; Teodorico e Teodeberto, egli aveva berto: si era ritirata a Parigi dopo essere andata sposa a Ermegisclo, re
appena diciotto anni, e pertanto la sua personalità appare piuttosto sfu- dei Varni51, Venanzio le dedicò un breve carme al tempo del suo soggior-
mata, e il suo stesso nome è sempre connesso con quello della madre e no parigino nel 567, e qualche anno dopo ne compose l'epitaffio 52. La
reggente Brunichilde, vera anima del regno austrasiano dopo la morte sua immagine è quella di un'anziana donna tutta dedita a opere di carità
del marito Sigiberto I, dalla cui onnipresente tutela il figlio non seppe e di religione. Ancora, un carme è incentrato sulla figura di Ultrogota,
mai liberarsi del tutto 42.
Minore spazio hanno invece nei carmi di Venanzio Fortunato le re-
gine) ciò che può parere strano se si considera che in quest 1epoca vissero 43 Carm. 6, 1, 100-115; 6, la, 37-38. Si confronti la descrizione, succinta 1na ef-
due sovrane del calibro di Brunichilde e di Fredegonda, certamente due ficace, di GREG. TUR. Frane. 4, 27: Erat enim puella elegans opere, venusta aspectu,
personalità assai differenti ma pari nella capacità di esercitare la loro in- honesta moribus atque decora, prudens consilio et blanda colloquio.
fluenza sui mariti e sulle corti, giocando pertanto ruoli determinanti per 44 Carm. 10, 7, 59-70; 10, 8, 19-26.
45 Carm. 9, 1, 115-126.
le vicende storiche. La figura di Brunichilde quale appare dal!' epitalamio 46 Accusa esplicita del secondo delitto in GREG. TUR. Frane. 4, 51, il quale in-
vece non si pronuncia riguardo alla morte di Gelesvinta,
47 Carm. 9, 1, 119: Provida auxiliis, sollen,~ cauta, utilis aulae.
39 Vv. 32-34. Cf. LUCAN. 1, 70: Invida fatorum series. L'attribuire a forze so- 48 Carm. 9, 1, 118ss.
prannaturali l'ingiustizia che Chilperico avrebbe subito, per1nette inoltre al poeta di 49 Carm. 9, 1, 122. Una prova di ciò si ha nel fatto che pur tra tutte le accuse
non trovarsi nell'imbarazzante situazione di dover criticare la memoria di Sigiberto, che Gregorio di Tours 1nuove a Chilperico, delineandolo cotne un sovrano in tutto
suo principale patrono. Cf. REYDELLET, La royauté, 311. abominevole, 11on accenna mai ad alcun tradimento nei confronti di Fredegonda,
40 L'unica menzione si trova in carm. 7, 25, 11, in cui al nome di Gontrano è per lo meno da quando egli 1a riaccolse dopo la breve parentesi del 1natrirnonio con
associato l'epiteto di excellens rex, certrunente formulare e senza alcuna connotazio- Gelesvinta.
ne intenzionale. 50 REYDELLET, Venance Fortunat. Poèmes, I, XLII.
41 Si veda la seconda cartina della tavola IL 51 PROCOP. Gotb. 4, 20.
42 Carm. 10, 7, 61-62; 10, 8, 23-24; 10, 9, 69-76. 52 Carm. 6, 3 e 4, 25.
INTRODUZIONE INTRODUZIONE
vedova di Childeberto I, predecessore di Cariberto sul trono di Parigi con:be un p~e~entzmento cli sventura, aumentato da scene fortemente pa-
(carm. 6, 6). Childeberto I mori' nel 558, e il fratello Clotario I, che ne tetiche quali I addt~ della fanciulla a Toledo (vv. 97-122) e la separazio-
ereditò il regno, mandò in esilio la cognata con le due nipoti Croteberga ne tr~ madre e figlia nel momento in cui il corteo giunge ai Pirenei; ove
e Crotesinda53; le tre donne furono in seguito richiamate da Cariberto. terminava ti regno toletano dei Visigoti e s'iniziava l'Aquitania franca
La figura di regina a cui Venanzio concede il maggior spazio è però (vv. 133-180).
quella del!' infelice Gelesvinta. Il suo destino fu deciso allorché Chilperi- Quantunque Venanzio taccia sulle responsabilità di Chilperico e di
co si rese conto che il matrimonio legittimo del fratellastro Sigiberto con Fredegonda, Gregorio c'informa che il delitto fu apertamente imputato a
Brunichilde, figlia del re dei Visigoti Atanagildo, aveva riscosso il pieno lui da parte dei suoi due fratelli superstiti, ed egli stesso pare abbracciare
favore dell'episcopato e del clero dell'Austrasia. Egli quindi; sia per ra- questa idea 59. Il silenzio del poeta ben difficilmente potrà esser dovuto
gioni di prestigio personale che per motivi di opportunità politica, non al fatto che egli non era al corrente delle accuse che da più parti si move-
volle essere da meno e, forse con la mediazione della stessa Brunichilde, vano al sovrano; del resto si può ritenere cosa certa che Venanzio non
prese accordi con Atanagildo (o forse con Leovigildo, succedutogli nel scrisse lelegia di propria iniziativa, ma piuttosto su incarico di Radegon-
567) per ottenere in isposa la sorella minore Gelesvinta 54, Questo passo da, preoccupata per i possibili sviluppi della tragica vicenda 60, Nel!' estre-
comportava però la messa da parte della sua concubina Fredegonda 55, mo tentativo di scongiurare ogni conseguenza nefasta, il poeta cercò di
Naturalmente quest'ultima non si rassegnò facilmente a perdere lo sta- tradurre .al meglio gli intenti della sua protettrice. Nel comporre la lunga
tus di favorita del re, e cominciò a tessere le sue trame per far fallire il consofatlo egli scelse dt non spingersi troppo lontano nei giudizi, limi-
matrimonio 56: di lì a pochi mesi Gelesvinta chiese a Chilperico di poter tandosi a condannare ti fatto in sé e a esprimere la partecipazione di Ra-
fare rientro in Lpagna, rinunciando pure ai territori che questi le aveva degonda al lutto della famiglia; accusare apertamente Chilperico in quel-
assegnato come dono di nozze57. Il sovrano non accondiscese alla richie- la determinata situazione avrebbe significato in primo luogo disattende-
sta, e anzi cercò di confortare la fanciulla; Fredegonda però riuscì a im- re gli scopi coi quali Radegonda aveva commissionato a Venanzio I'ele-
porre la sua volontà, e qualche tempo dopo Gelesvinta fu trovata morta gia, ~ in ogni caso .sarebbe stata ~n'azione troppo pericolosa per un poeta
nel suo letto, strangolata da un sicario di Chilperico5B, tl cui status net riguardi della dinastia merovingica non era ancora ben
Dal racconto di Venanzio non si evince che si trattò di una morte definito né consolidato 61,
violenta: la morte della fanciulla sembra piuttosto dovuta a una tragica r;ossequio alle regole del genere non ha però portato Venanzio a
fatalità, secondo quella tecnica argomentativa già analizzata per il pane- comporre un carme convenzionale, ancorché egli non fosse stato diretta-
girico a Chilperico, scritto un decennio più tardi. Fin dall'inizio dell'ele- mente partecipe di nessuno degli avvenimenti narrati. Come già antici-
gia, in cui si descrive la partenza da Toledo del corteo nuziale con Gele- pato, nota dominante della lunga elegia è il pathos, e la stessa successio-
svinta accompagnata dalla madre Goisvinta, !'atmosfera è plumbea, e in- ne delle scene crea l'effetto di un'unica grande climax di tensione e di
ansia per il compiersi di un destino sinistro annunciato fin dal!' esordio
.J,
incentrato sul tema dell'instabilità dei destini umani62, Già al momento
53 GREG. TuR. Frane. 4, 20: Cuius (Ch:ldebertht) regnum et thesauros Chkitha-
rius rex accepit; Vulthrogotham vero et fiHas eius duas in exilium posuit.
54 L'idea di una mediazione di Brunichilde è di TARDI, Fortuna!, 99. Quanto 59 Secondo.MEYER, Der Gelegenhet'tsdichter, 120, il resoconto di GREG, TUR.
agli scopi dell'alleanza matrimoniale, REYDELLET, Venance Fortuna!. Poèmes, I, XLIII Frane. 4, 28 contiene u.n~ contraddizio~e: Ad extremum enùn suggillari titssit a pue"
nota 18, ipotizza che Chilperico volesse controbilanciare l'asse Toledo-Metz che si '?' mortuamqu~ .r~pp~rtt n: str~to. La prilna metà del periodo indicherebbe una pre-
era formato con le nozze tra Sigiberto e Brunichilde, asse che egli vedeva come una cisa, re~ponsa~ihta d1 Chilpenco, la seconda farebbe pensare a una fatalità. Forse
minaccia per il suo regno, stretto tra l' Austrasia ad ovest e il regno visigoto a sud. pe!o b.1so~,na ID!en~ere la fra.se come un'allusione al perfido cinismo del sovrano:
55 GREG. TuR. Frane. 4, 28: Chllpericus rex, cum iam plures haberet uxores, sO- prima 1nv10 un sicario a compiere il delitto, poi procurò di essere visto mentre entra-
rorem eius (Brunt'childis) Galsuintham expetlit, promittens per legatus se alias relictu- va nella camera della sposa trovandola ormai priva di vita. C'è però da chiedersi se
rum, tantum condignam sibi regisque prolem mereretur aeclpere. un sovrano quale.Chilperico avesse questi scrupoli.
60
56 Secondo GIIBG. TUR. Frane. 4, 28, fu proprio Gelesvinta a fare pressioni su La m.aggt<;ranza ~e~li studiosi pensa .che l'elegia sia stata scritta pochissimo
Chilperico, affinché allontanasse la rivale; alla quale egli evidentemente si mostrava tempo dopo I fatti narrativi; a una composizione più tarda pensa solamente KOEB-
restio a rinunciare, NER, Venantius Fortunatus, 52-53.
61 H.EYDELLET, La royauté, 300; GEORGE, Venantt'us Fortunatus. A Latt'n Poet
57 n diritto consuetudinario gennanico prevedeva che lo sposo, all'indomani
della prima notte di nozze, presentasse dei doni alla sposa (Morgengabe, «Dono del 101. Singolare la posizione di TARDI, Fortunat, che dopo aver affermato (111) eh~
mattino»): Gelesvinta in particolare ricevette le città di Bordeaux, Limoges, Cahors, dietro al De Gelesvintha c'è senza dubbio la direzione di Radegonda, in seguito
Béarn e Bigorre, già appartenenti al regno di Cariberto, morto da qualche mese. Cf. (195-~~6) esclude che ella possa aver dato alcun contributo, se non di minima entità.
GREG, TUR, Frane, 9, 20. Come fa notare REYDELLET, Venance Fortuna!. Poèmes I XLV nota 126 il
58 GREG. TuR. Frane. 4, 28 (si veda la nota seguente). Egli, scrivendo a più di p~so dei ~scorsi d.iret~ nel poemetto è considerevole: angosciat~ ;llocuzione di G~i
un decennio di distanza dai fatti, accusa direttamente Chilperico e Fredegonda del sv1nta agli ainbasciatol'I fran,çhi (vv. 49-82); addio di Gelesvinta alla città di Toledo
crimine; vedremo invece come Venanzio, che compose la sua elegia a ridosso del (vv. 97-122); lamento di Goisvinta al momento della separazione (vv. 139-168) eri-
tragico evento, mantenga necessadamente un'impostazione più sfumata. sposta della figlia (vv. 173-178); disperazione della nutrice (vv. 259-270) e di Bruni-
INTRODUZIONE INTRODUZIONE
della partenza la sventurata Gelesvinta è oppressa da tristi pensieri: l'im- to, ma che, proprio grazie al!'accondiscendenza a quanto il cielo ha di-
minente matrimonio è visto come la disgrazia capitatale che pone dram- sposto per lei, si purifica e merita la gloria della beatitudine6B,
maticamente fine alta sua infanzia vissuta felicemente accanto alla ma- Secondi per importanza, dopo i sovrani, nella società e nella storia
dre. Per questo aspetto Venanzio si mantiene distantissimo dal topos dei regnl merovingici~ i vescovi' occupano un posto di tutto rilievo nel
della sposa novella animata dalla prospettiva di un'esistenza gioiosa ac- corpus dei carmi venanziani: abbiamo già visto come due libri siano in-
canto al marito 63. Anche il concedere abbondante spazio al patetico ad- teramente consacrati a loro e alle loro molteplici iniziative nel campo
dio di Gelesvinta alla città di Toledo significa voler sottolineare indiret- del!' edilizia sacra e profana.
tamente che la partenza della fanciulla non è un atto compiuto dalla sua Si è detto che probabilmente furono proprio le relazioni tra i vesco-
volontà, ma che ella ubbidisce unicamente alla ragion di Stato, e si al- vi dell'Italia settentrionale e i loro confratelli dell'area renana a procura-
lontana a malincuore dalla madre, il cui carattere possessivo e petulante re al poeta i giusti canali per assicurarsi un ruolo e una posizione in (;al-
traspare fedelmente dal ruolo che Venanzio le assegna nel poemetto 64 • lia, e non a caso i pri'mi personaggi cui egli si affretta a dedicare carmi
Già in queste e altre simili impostazioni del discorso si può intravvedere elogiativi non appena giunto nel regno franco sono appunto vescovi: Si-
una certa presa di posizione, certo non esplicita, ma che nondimeno po- donio di Magonza, Nicezio di Treviri, Carentino di Colonia, Villico di
teva ben farsi riconoscere presso coloro che sapevano dove indirizzare i Metz, Agerico di Verdun, Egidio di Reims 69. Se questi, come pure il suc-
loro smpetti, o ancor più poteva irritare Chilperico, indipendentemente cessore di Nz'cezio, Magnerico 10, passano come meteore nella vita e nçz'
dal/atto ch'egli fosse stato o no colpevole. Infatti in un caso egli avrebbe versi di Venanzio, con altri vescovi il poeta intratterrà relazioni duratu-
percepito che il poeta, sotto un'apparente neutralità, era incline a consi- re, non limitate ai periodi di soggiorno nelle rispettive città, ma rinsalda-
derarlo responsabile di quella morte; nel!'altro si sarebbe sentito incrimi- te nel tempo tramite la corrispondenza epistolare: conosciamo così più
nato in prz'ma persona. da vicino i due vescovi di Tours Eufronio e Gregorio, Leonzio II di Bor-
A ciò si aggiunga che nella sezione del carme dedicata al breve pe- deaux, Felice di Nantes e - al di fuori dei confini del regno franco -
riodo in cui Gelesvinta regnò, ella non è mai a fianco del marito. Venan- Martino di Braga.
zio ricorda laffetto che il popolo dei suoi sudditi nutriva per lei 65, ma Disponiamo cosi' di un eccezionale panorama sul/' episcopato gallo-
non menziona mai l'amore coniugale datole dal marito, e anche il suo franco nella seconda metà del vr secolo, un ambiente che presenta dei
operare come regina la vede in solitudine dedita alle opere di carità 66 . tratti individuali che non si ritrovano nel!' episcopato coevo di altre re-
Un valore particolare è poi assegnato a un evento miracoloso verificatosi gioni dell'Occidente europeo. Molti di questi vescovi discendevano - co-
durante il funerale della fanciulla: la lampada che ardeva davanti alla me rivelano i loro stessi nomi - da famiglie del!' antica nobiltà senatoria
sua tomba cadde a terra senza rompersi, e la fiamma non si spense 67 • Ve- gallo-romana, e conseguentemente controllavano ingenti ricchezze in de-
nanzio interpreta questo accadimento come un segno della santità di Ge- naro e soprattutto in terreni ed edifici. Spesse volte poi la loro posizione
lesvinta, riconciliata col Padre celeste dopo la conversione dal!' arianesi- ragguardevole portava alla formazione - possibile a quei tempi in cui
mo e redenta dalle molte sofferenze che ebbe a patire. La figura di Gele- agli' uomz'nz' sposati' era concessa l'entrata negli' ordini' sacrz'7l _ dt' vere e
svinta esce dunque dalla penna di Venanzio tratteggiata ora come eroina proprie dinastie episcopali: Gregorio di Tours ebbe tra i suoi antenati un
tragica ora come martire cristiana: vittima di un destino avverso e spieta- vescovo di' Langres suo omont'mo e fu successore sulla sede turonense a
childe (vv. 283-298) dopo la sciagura; pianto di Goisvinta all'arrivo della notizia (vv. 68 Cf. GEORGE, Venantius Fortunatus. A Latln Poet, 99.
321-346). 69 Cf. l'Introduzione generale, pp. 20s.
63 Si confronti a questo proposito quanto Venanzio pone in bocca a Cupido 70 Carm. app. 34.
sul conto di Brunichilde nell'epitalamio per le nozze con Sigiberto (carm. 6, 1, 71 Questa consuetudine è solo in apparente contraddizione con la regola del
56ss.), del quale si è già sottolineata l'impostazione classicistica e pienamente osse- celibato ecclesiastico, osservata in linea di principio dalla Chiesa fin dai tempi più
quiosa alle convenzioni del genere. ,. remoti: l'accesso agli ordini era, sì, libero agli uomini sposati, ma chi diventava sa-
64 REYDELLET, Venance Fortunat. Poèmes, I, XLV nota 129, osserva come 1 im- cerdote da celibe non poteva in seguito prendere moglie, e anche il prosieguo delle
magine di Goisvinta ch'è dato ricavare dalla lettura del carme fortunaziano si accor- relazioni carnali era tollerato - non lecito - soltanto per i semplici sacerdoti. Chi ac-
di bene con quanto di lei ci dice GREG. TUR. Frane. 5, 38, circa le violenze perpetra- cedeva all'episcopato, otteneva cioè la pienezza del sacerdozio, doveva immediata-
te verso il 580 a danno della nipote Ingonda, figlia di Sigiberto e di Brunichilde, per mente interrompere qualsiasi relazione sessuale con la 1noglie. Cf. la lettera di papa
ottenerne l'apostasia a favore dell'arianesimo dopo che era andata in isposa al suo fi- Siricio (384-389) al vescovo Imerio di Tarracona, in DS 185. A questo stesso docu-
glio di secondo letto, Ennenegildo (dopo la morte di Atanagildo nel 567, Goisvinta mento rinviano al riguardo gli atti del concilio di vescovi della Gallia tenutosi ad Ag-
ne aveva sposato il figlio Leovigildo). de nell'anno 506: cf. C. KrRcH- L. UEDING, Enchiridionfon#um historiae ecclesiasti-
65 Carm. 6, 5, 238-240. cae antiquae, Barcelona - Freiburg in Br. -Roma - New York 19608, nn. 963ss. A
66 Vv. 243-244. questo fatto Venanzio accenna ad esempio rivolgendosi a Leonzio II di Bordeaux e
67 Vv. 277-280. Cf. GREG. TUR. Frane. 4, 28, il quale interpreta il prodigio co- alla ex-moglie Placidina, carm. 1, 15, 94; nonché nel caso di w1 ignoto candidato
me un'accusa nei confronti di Chilperico. all'episcopato in carm. app. 9, 24.
INTRODUZIONE INTRODUZIONE
66
Eufronio, suo cugino 72; Leonzio II di Bordeaux: espo?ente del!' ~risto oratorie dei singoli presuli; che non al contenuto dottrinale e morale del
crazia locale, era imparentato, attraverso la moglie Placidma, con l impe-. loro insegnamento 83.
ratore d'Occidente Avito (455-456) originario della Provenza n, ed egli Un'ultima categoria di persone riccamente rappresentata nei carmi
personalmente aveva alle spalle una rispetta~ile c~rriera militare 74; a di Venanzio è quella dei dignitari della corte austrasiana. Già al suo arri-
Nantes Felice, anch'egli membro della nobtlta, fu ti successore del pro- vo presso Sigiberto nel 566, egli ne conobbe e celebrò diversi,· con alcuni
prio padre, dopo aver ricoperto diverse funzioni amminis:rative 75 • di questi mantenne rapporti epistolari dopo il definitivo insediamento a
Questi stessi vescovi provvidero nelle loro proprteta a restaurare le Poitiers. Tra questi componimenti riveste singolare interesse la poesia in-
molte ville costruite durante il florido periodo della tarda antichità e pre- dirizzata a un dignitario che, contrariamente a tutti gli altri menzionati
cipitate in seguito nell'incuria: diverse erano le ville situai~ nei te;reni dal poeta, non ci è noto da alcun'altra fonte: Condane (o Conda) 84. Scrit-
appartenenti a Leonzio II nella campagna bordolese 76,. e Nicezto dt Tre- to in occasione della sua elevazione al rango di conviva regis da parte di
viri possedeva una sorta di fortilizio che dominava le rive.della M~sella: Sigiberto, il carme ripercorre tutta la lunga carriera a corte del dedicata-
che egli attrezzò per dare rifugio all'intera sua comunità in caso di peri,- rio: nominato tribuno da Teodorico I (511-533) 85, promosso a comes e
colo e per esercitare la necessaria difesa 7'.· Accanto a queste .opere. diedi,- poi a domesticus da Teodeberto (534-548) B6; divenuto tutore di Teode-
lizia civile e privata, essi curavano lo sviluppo del culto dei santt locali, baldo (547-555), lo assisté durante i primi anni del suo regno. Nella cari-
promovendo la costruzione di orat~~i e di .nuove. basiliche adatte. a co~te: ca di domesticus fu poi confermato da Clotario I allorché questi ereditò
nere un numero difedeli sempre piu ampio. Felice di Nantes poi realizzo la parte di regno che era appartenuta al pronipote Teodebaldo 87; infine
una gigantesca opera d'ingegneria idraulica, deviando il corso di un fiu- Sigiberto gli conferì lonore di nominarlo suo commensale. Nella vita di
me al fine di guadagnare nuove terre coltivabili7 8 • Condane come ci è stata trasmessa da Venanzio abbiamo così quello che
Accanto a questi aspetti più .appariscenti del!' ese~cizio, del pote~e_ è stato giustamente definito un modello del cursus honorum di un fun-
episcopale, Venanzio non manca di cele~rare le loro doti nel! ~':'bito ptu zionario in una corte merovingica 88, Altre figure di un certo rilievo, tutte
specifico della pastorale e della cura d anzme: al proposito, l immagine. note anche attraverso lopera storica di Gregorio di Tours, sono Bodegisi-
più ricorrente del!' agire del vescovo è quella di un padre che protegge i lo, già governatore di Marsiglia nella Provenza sottoposta alla corona au-
suoi figlz; di un pastore che veglia sul proprio gregge perché non soccom- strasiana, e ora valente generale nel!' esercito di Sigiberto 89; e Berulfo,
ba agli assalti del lupo 79, Nel caso di quei vescovi che prima del!' entrata che Sigiberto nominò dux di Tours e di Poitiers dopo aver ricevuto le due
nel clero avevano ricoperto funzioni civili, il poeta non tralascia di sotto- città ereditando parte del regno del de/unto fratello Cariberto 90,
lineare il convivere in una sola persona del!' austerità del ruolo di giudice Un posto del tutto particolare in questa galleria di dignitari e alti
e del!' indulgenza propria del vescovo 80. Tutti i vescovi celebrati da Ve- funzionari è occupato da quattro personaggi particolarmente cari al poe-
nanzio condividono poi la stessa sollecitudine verso le opere di carità, ta: Dinamio, Gogone, Lupo e Giovino 91, I poemi indirizzati a loro non
verso la protezione dei più deboli: poveri; vedove, orfani, stranieri. Egli
intervenne ad esempio presso Siagrio di Autun perché un uomo fosse li-
berato da una prigionia ingiustamente subita 81, e un'altra volta scrisse a 83 Cf. carm. 4, 1, 11; 4, 4, 26; diversamente i carm. 4, 7, 12 e 4, 9, 27 (Caletrico
Gregorio di Tours per un simile caso, la cui vittima questa volta era una di Chartres e Leonzio I di Bordeaux), in cui si dà rilievo alla preparazione teologica e
giovane ragazza 82, Un ultimo aspetto della figura d~l vescovo è quello dottrinale. In generale la GEORGE, Venantius Fortunatus. A Latin Poet1 84, rileva co-
me le figure dei vescovi escano dalla penna del poeta con tratti individuali assai più
del catechista del suo popolo: a questo riguardo pero Venanzio, conf~r: marcati che nel caso dei sovrani, per i quali egli ricorre a immagini convenzionali; la
memente alla sua sensibilità di poeta, pare più interessato alle qualita studiosa interpreta questo fatto con il diverso spirito con cui il poeta affrontava i due
generi: nel caso dei sovrani, il suo scopo era quello di intervenire sul loro co1nporta-
mento, e per far ciò doveva uniformarsi a determinati schemi, laddove nel caso dei
vescovi l'unico fine era quello celebrativo, che consentiva maggior libertà e aderenza
alle personalità dei singoli.
72 Si veda l'albero o-enealogico in calce al lavoro di K.F. STROHEKER, Die sena- 84 Carm. 7, 16.
torische Ade! im spiitantiken Gallien, Ti.ibingen 1948 [rist. anast. Darmstadt 1970]. 85V. 17.
73 Cf. carm. 1, 15, 95-98. 86Vv. 19 e 23.
74 Cf. carm. 1, 15, 15-18; 4, 10, 7-8. 87 Vv. 27 e 33-34.
75 Cf. carm. 4, 1, 7. 88 REYDELLET, Venance Fortunat. Poèmes, I, XLIX.
76 Carm. 1, 18-20.
89Carm. 7,5.
77 Carm. 3, 12. 90 GREG. TUR. Frane. 5, 49 e 6, 12.
78Carm. 3, 10. 91 Cf. rispettivamente il carm. 6, 9-lO·(Dinamio); 7, 1-4 (Gogone); 7, 7-9 (Lu-
79 Cf. carm. 4, 3, 3 e 12; 4, 4, 20; 4, 8, 25-26; 4, 9, 23-24. po); 7, 11-12 (Giovino). Dinamio fu letterato e poeta, e di sua moglie Eucheria ci è
BO Carm. 4, 1, 10; 4, 2, 7. conservato un epigramma incentrato sul tetna del mondo alla rovescia: ANTH. 390;
81 Carm. 5, 6. mentre la figura di Gogone è tratteggiata come quella di un gentiluomo dell'anti-
82 Carm. 5, 14. chità romana.
INTRODUZIONE INTRODUZIONE
68
alti, ma si elevano tutti al ,di sopra della ':?nvenzionalità e. della 1.60895, Un certo interesse riprese alla fine del secolo XVIII con la prima
son° m. , denotano rapporti ptu profondi e piu sentiti: costituiscono edizione a stampa delle opere complete in versi e in prosa, premessa per
t ~a 1ita,
;ofrr• . e'importante testimonianza
. . su l grauo
1 d' . d' l
t cortesta e t e eganza la rinascita degli studi venanziani, a cui nel secolo successivo fu data ulte-
pertanto u~prontate le relazioni tra persone colte nel!'ambito della cor- riore spinta dall'inclusione di tutte le sue opere dapprima nel volume ot-
cui erano~ na In un secolo che per altri versi è ricordato come un'epoca tantottesimo della Patrologia Latina di ].P. Migne, uscito nel 1.850, e in
ustrasia · . . · d· seguito, nel 1881, dalla pubblicazione del!' edizione critica delle opere
te a aratterizzata da estreme efferatezze, si apre qut uno squarczo ~ se-.
buta c 'li minato da una cultura raffinata che, certamente zn ambienti poetiche e in prosa nella serie dei Monumenta Germaniae Historica.
rentt.à, .1 utti continuava nonostante tutto a fiorire. Questo gruppo di ·Dalla fine dell'Ottocento gli studi si moltiplicano, in un primo perio-
1
assat .rts reanziani
' è infatti tra quel'd ehe tra d'iseano maggior . impegno
. d'i do soprattutto ad opera di critici francesi. Questi in generale, pur conside-
carmt ve~ e formale e concettuale, il che costituisce una prova indiretta rando Venanzio il capostipite dei poeti nazionali di Francia, lo valorizza-
eiaborazionrazione e della sensibilità letteraria dei destinatari. Dello stile rono soprattutto quale fonte storica e prosopografica, mostrando invece
dellzf'epaacità di questi dignitari possediamo del resto un preziosissimo scarso apprez.zamento tanto per il suo talento poetico quanto per i suoi at-
e de e. cap quella raccolta di lettere che va sotto il nome di Epistolae teggiamenti apparentemente ondivaghi nei confronti dei potenti: Charles
esemP'°. zn . missive e dispacci raccolti a uso della cancelleria di corte Nisard, autore della prima traduzione completa dei Carmina in una lin-
j\ust;asicdaellt di stile epistolare 92. Lo stile delle lettere di questa raccolta gua moderna, non nascose di tenere in pochissimo conto la poesia fortu-
1ua!zmoe lb ,,,. . . .
elio riccamente ed esageratamente e a ?rato e .~rtt1tcioso .Proprto naziana, e anche altri studiosi suoi connazionali non hanno risparmiato
e qf istolografia gallica tardoantica, qual~ si trova gia m Sidonzo Apol- critiche alla <<facilità» della sua vena poetica e soprattutto al suo coprire di
?
del stile che talora Venanzio fece proprio, per compiacere certa'!'ente.
/mar : destinatari; dato che l'elaborazione affettata dt quella maniera di
elogi qualunque personaggio illustre, onesto o malvagio che fosse stato%
Una svolta a tali tendenze critiche fu impressa al sorgere del nuovo secolo
t suot non rispondeva affatto ai canoni estetict che gli derivavano dalla grazie ai contributi di due critici provenienti dalla cultura germanica: il te-
scrivere 93 desco W. Meyer, di impostazione più strettamente storico-filologica, e l'au-
formazione ravennate .
striaco R. Koebner, interessato anche ai problemi posti dalla storia cultu-
rale e dallo studio delle personalità, i quali tentarono una valutazione più
3. VALORE LETI'ERARIO DEI CARMI equanime dell'opera poetica di Venanzio, che tenesse conto dell'ambiente
e soprattutto delle circostanze in cui egli si trovò a operare.
La figura di Venanzio come letterato non è stata sempre apprezzata A Meyer in particolare si deve una prima e fondamentale messa a
punto per quanto concerne il genere e i motivi ispiratori della poesia di
dei secoli. Il Medio Evo lo idolatrò: tutti i poeti delle epoche ca-
,. a tutto t·z seco~o
nel.corso
. ottoniana lo conobbero e lo .tmttarono}
. e ;tno 1
Venanzio, e a lui va il merito di aver definito Venanzio Gelegenheitsdi-
rolz;gk :Ua fortuna parve intramontabile 94, !}Umanesimo, con. la risco- chter, ovvero «poeta d'occasione». Tale definizione è senza dubbio veri'
XII d !l'antichità classica, non gli fu favorevole, come .sta a dimostrare tiera, purché non la si interpreti secondo la sfumatura negativa che la lo-
pefirta ehe fu uno degli ultimi autori antichi a essere edito a stampa, con cuzione «poesia d'occasione» ha assunto nel corso del tempo. Meyet; pre~
il atto CM rtini nel 1511 e i Carmina appena nel 1574 e poi ancora nel scindendo da ogni valutazione di merito, intendeva identificare un tratto
la Vita a fondamentale e comune all'intera raccolta dei carmifortunaziani91; ogni
suo componimento nasce da un'occasione precisa} e ha un suo preciso de-
stinatariò; per adoperare le sue stesse parole, «egli è indotto a scrivere
92 Nella silloge delle Epistolae Austrasicae, messa in~ieme a M7tz sul finire .~el una poesia solamente da uomini reali e dagli avvenimenti che lo circon-
lo ed edita da W. Gundlach, MGH EE III, Berhn 1892 [nst. anast. Mun-
Vl seco ] !10-153 [ripubblicata corretta in CCL CXVII, Turnhout 1957, 407- dano» 98. Egli non elabora i suoi componimenti su temi astratti, ma mira
cben 1994 'iono quarantatré lettere scritte dai tempi di Clodoveo a cavallo tra V e
470], coil·a0 0 agli anni 585-590. Tr~ gli autori figurano Dinamio (12, 17), Gogone
VI seci ~ ) ma anòe Brunichilde (25, 26, 28) e Childeberro II (24, 29-32, 35, 37-
(13, 1 ' 1 '. è presente con il carme indirizzato a Magnerico, successore di Nicez10 95 Su queste edizioni tardorinascimentali ci soffermeremo in storia del testo,
41). Ven~zio di Treviri (14)· esso non si trova nel corpus degli undici libri (è altresl pp. 85ss.
sulla c~~~:dizione indiretta: F. Leo gli ha assegnato il num~ro ~4 nell'Appendix_ c~r 96 Si veda soprattutto DE LABRIOLLE, Histoire de la lt'ttérature, II, 761; G. TES-
ooto P d , tata Jnserito nella raccolta quale modello di epistola gratulatoria In SIER, Le bapteme de Clovis, Paris 1982, 191, 246-247. ,
tnfnum) e e s 97 L'analisi di Meyer prescinde dàl poema su11a vita di san Martino da Tours,
versi. 93Su questo punto si veda _il seguito! PI?~ 7~s. . . . . che presenta tratti suoi propri e non è riconducibile al resto della produzione poeti-
94 S' da a questo proposito, oltre il g1a citato profilo biografico pieno di am- ca di Venanzio.
, . ; ~tilato da PAUL. DIAC. Lang. 2, 13, l'in.dice com~ila~o. da M. MANITIU_s, 9B MEYER, Der Gelegen&eltsdt'chteri 3; in realtà la parola Gelegenheitsdichter è
rn~~Zl 00
um posteriorum loci expressi ad Fortunatum, 1n calce all ed~z1one dell~ opere m adoperata già da J. DOSTAL, Uber Identltiit und Zei't von Personen bei Venantius For-
Poetard. V anzio curata da B. Krusch, MGH AA IV 2, Berlrn 1885 [rist. anast. tunatus, in Programm des k. k. Staats-Ober-Gymnasiums Wiener-Neustadt 1899-1900,
rosa 1 en ' Wiener-Neustadt 1900, 2 (quindi un anno prima dell'uscita del lavoro di Meyer) ma
Mùnchen 1995], 137-144.
INTRODUZIONE INTRODUZIONE 71
al concreto, alla realtà del!' oggi. Tuttavia per questo non dobbiamo ve- Ancora, il lungo poema conosciuto con il titolo di De virginitate
dere in Venanzio un facitore di versi di nessun valore, anzi: accanto a (carm. 8, 3), uno dei più notevoli e più studiati di tutta la produzione ve-
componimenti che tradiscono indubbiamente un carattere improvvisato- nanziana) è sì una sorta di «epitalamio mistico» 103, che, più che elencare i
rio, accanto ai biglietti veloci scritti per accompagnare un regalo o sem-, vantaggi della vita verginale rispetto agli inconvenienti del matrimonio e
plicemente per inviare un saluto, non mancano nella sua opera carmi di della maternità seguendo una tradizione ormai consolidata della letteratura
maggior impegno che spesso - in ragione del destinatario - rivelano pure cristiana 104, mette invece in scena il trionfo celeste della Vergine e le sue
una notevole elaborazione formale'. ":a che nondimeno nascono da. una. mistiche nozze con lo Sposo divino, ma nasce anch'esso da una precisa circo-
precisa occasione, sia essa riconducibile al quotidiano ~ome ti prestito di stanza, la consacrazione di Agnese a badessa del monastero di Santa Croce,
un libro sia essa di notevole portata come ti matrimonio di un re 99, avvenuta tra il 574 e il 576. Parimenti da una circostanza nasce un altro dei
Il ;arattere di «poesia d'occasione» non è evidente soltanto dai car- capolavori venanziani, l'elegia conosciuta sotto il titolo De excidio Tho-
mi che apertamente s~· pres~ntano l:~ati a una dete~17Jt~nata .circostanza, ringiae (carm. app. 1), di cui tratteremo nell'introduzione all'Appendice.
come ad esempio lepitalamio per Sigiberto I e Brunichtlde, ti carme gra- Convinto di essere un continuatore della grande poesia classica e so-
tulatoria per l'insediamento di G~egoriosulla cattedra di Tours, o.- caso. prattutto della grande stagione della poesia latina cristiana fiorita tra la
tipico _ i numerosissimi P°;emetti scritti pe.r celebrare la dedicazione di fine del IV secolo e gli inizi del VI, il giovane Venanzio giunse in Gallia
nuove basiliche; piuttost~ e una caratteristica m~~te.nut~ anche net car~. allorché aveva da poco terminato gli studi a Ravenna, permeato pertanto
mi di maggior impegno, i~ cui apparentemente l ispirazione. del poeta. si di cultura classica 105, Col tempo egli intraprese un cammino di adatta-
eleva verso temi e concetti di ordine g_enerale, non nece~sa:zamente .vin: mento nei confronti del suo nuovo pubblico, cercando di venire incontro
colati a una determinata circostanza. E questo ad esempio il caso dei mi- alle esigenze di una società nuova, che era tale non soltanto per lui, ma
gliori poemi incentrati sulla santa Croce, sul suo mistero e sul suo ruolo oggettivamente, in quanto nata dalla fusione dinamica del!' elemento
nella storia della salvezza. In essi Venanzio s'impegna in alte e precise gallo-romano, antico detentore della cultura; e dell'elemento germanico
speculazioni teologiche coniugate .a meditazioni profonde. Ma anche insediatosi nel territorio nel corso dei precedenti cento anni: Quest'ulti-
questi capolavori devono la propria origine a una precisa circostanza: mo, lungi dal rifiutare o combattere la tradizione culturale romana, se
ali' accoglimento della reliquia della Croce inviata in dono a Radegonda ne considerò il legittimo erede, volendosene perciò appropriare il più
dall'i;nperatore Giustino II. fo stesso disc~rso vale anche per quello che profondamente possibile 106,
per molti è il miglior lavoro di Venanzio, l elegia pasquale dedicata a Fe- Abbiamo già avuto modo di accennare come le prime prove poeti-
·.,r. lice di Nantes (carm. 3, 9) 100; la risurrezione del Cristo è messa in espli- che di Venanzio in Gallia, e segnatamente l'epitalamio per le nozze di
cita connessione con il risveglio della natura a primavera, e la redenzio- Sigiberto e Brunichilde, fossero improntate a un rigoroso classicismo 101.
ne è presentata conseguentemente come un evento che ha restituito la Ciò si evince già dalla struttura: breve introduzione in distici elegiaci a
vita non soltanto al genere umano ma anche alle altre creature di Dio cui segue l'epitalamio vero e proprio in esametri, secondo i modelli dive-
sulla terra, che pure avevano in qualche maniera risentito della caduta nuti classici di Claudiano e di Sidonio Apollinare ios. Compaiono poi i
seguita al peccato originale 101. Anche questa vetta po;tica nasce da una
precisa circostanza: il coronamento .degli sforzi. misstonart del. vescovo.
l03 La definizione è di M.I. CAMPANALE, Il De virginitate di Venanzio Fortuna-
'" Felice consisté infatti nella converszone collettiva dz gruppi di Sassoni
pagani stanziati nella sua. diocesi 102 : Il battesimo di questi catec~meni fu
to (carm. 8, 3 Leo): un epitalamio mistico, "Invigilata lucernis", II (1980), 75-128, e
poggia su una lucida analisi del testo, la cui struttura argomentativa è sistematica-
celebrato solennemente ti giorno di Pasqua di un anno impreczsato, ma mente confrontata con i topoi· dell'epitalamio tardoantico: cf. anche A. QuACQUA-
con ogni verisimiglianza tra il 570 e il 576, e Venanzio intese celebrare RELLI, Poesia e retorica in Venanzio Fortunato, "Vetera Christianorum", XXV
(~988) 1 ~5-126, 112 (già in AA.Vv. 1 La poesia tardoantica: tra retorica, teologia e poli-
l'avvenimento elevandosi ben al di sopra della circostanza. ttca. Atti del V corso della Scuola superiore di' archeologia e civiltà medievali', Messina
',1.· 1984, 431-465). Per maggiori dettagli si rinvia alla nota introduttiva al carme.
;1_11
in riferimento a un carme soltanto, e n~n volta a denotare in g:nerale la personalità l04 Si ricorderanno a titolo esemplificativo le opere di Tertulliano (Ad uxorem,
poetica di Venanzio. KOEBNER, Venan.ttus For~unatus, 6,.sottoltilea .opportun~e~te De exhorta#one castitatt's), Cipdano (De habitu virgi'num), Ambrogio (De virginibus,
che è Venanzio stesso ad ammettere di non scrivere poesie ~e non d1etro sollecrtaz10- De virginitate, De institutione virginisli Girolamo (Adversus Iovinianum 1 Epistolae),
ne di un qualche avvenimento: cf. epist. (carm. 3, 4) 1 ed eptst. (carm. 5, 6) 1. Agostino (De sancta virginitate).
99 Rispettivamente carm. 5, 8 e 6, 1. l05 Le sue letture traspaiono dalle numerosissime reminiscenze da autori antichi
100 MEYER Der Gelegenheitsdichter, 82. che si trovano pressoché in ogni suo componimento; di ciò rende sistematicament~
101 Quest~ idea della redenzione universale operata da Cristo è un appo.rto conto l'apparato delle fonti posto in questa edizione in calce a ogni pagina di testo.
teologico originale di Ve~anzio, che ritrov~remo pur~ ~~I ..suo cot?mento al S1m- lObfale processo di avvicinamento1 che è a un tempo morale e culturale intra-
bolo degli Apostoli. Essa e dovuta alla sua innata sens1b1hta verso il creato e verso visto t'n nuce da KOEBNER, Venantius Fortunatus, 32, limitatamente all'aspett~ etico
la contemplazione della natura, tratto che è dato di cogliere pressoché continua- è stato ora più compiutamente analizzato da REYDELLET, La royauté, pp. 297-344. '
l07 Cf. pp. 20 e 56.
mente nella sua opera. 108 CLAUD. 9 e 10; SIDON. carm. 10 e 11.
102 Carm. 3, 9, 89-104.
INTRODUZIONE INTRODUZIONE 7J
72
personaggi tradizionali di Venere e Cupido, pe; tessere. le lodi dei due vrano, difensore dei diritti della Chiesa e promotore delle sue iniziative,
sposi: Venanzio quindi intende segufre i canoni del/' epitalaii:io pagano, è paragonata a Melchisedech, enigmatica figura biblica di re e sacerdote
rifiutando implicitamente di tenere dietro al tentativo compiuto da Pao- allo stesso tempo 114. Si è perciò con verisimiglianza pensato che Venan-
lino di Nola di creare un nuovo genere di componimento nuziale pretta- zio abbia deliberatamente inteso venire incontro a un gusto e a un'atmo-
mente cristiano, che mettesse al bando l'apparato mitologico ereditato ,fera culturale particolare del/' ambiente parigino, improntata a modelli
dalla tradizione pagana per assumere quale pronubo Cr{sto 109 . La mito-. derivati dalla Sacra Scrittura: a riprova di ciò starà il fatto che lo stesso
logia però diverrà un elemento sempre meno frequente ~ella poesia. di vescovo Germano è celebrato da Venanzio come «novello Aronne», e al
Venanzio, e anche la presenza del mondo classico tendera a scomparire, suo clero è riservata la qualifica di «ordine dei leviti» 115. Questa sensibi-
restando limitata ad alcuni carmi diretti a dignitari austrasiani - perlo- lità biblica, che permeava a un tempo lambiente ecclesiastico e quello di
più provenzali - dotati di particolare sensibilità alla cultura e ~Ila tt:adi- corte, sarà stata probabilmente promossa dallo stesso Germano, che sep-
zione letteraria: cos~ scrivendo a Gogone, il poeta allude al mito di Or- pe esercitare un) enorme influenza nei territori da lui amministrati.
feo, e un'altra volta lo ringrazia per la generosità dei. s~o conver:are e. Se dunque, per quanto concerne la produzione poetica destinata a es-
della sua ospitalità paragonandolo a Cicerone e ad Apicio 110. Parimenti sere recitata in pubblico, Venanzio cercò di adattarsi alle capacita~ alla
la valentià del duca Lupo nel/'amministrazione ddlo stato è dichiatata cultura, al gusto e alle esigenze del suo nuovo uditorio - non sempre suf
superiore a quella di Scipione, Catone e Pompeo 111. Il maggior numero ficientemente preparato ad intendere allusiòni ricercate - mirando così
di echi e allusioni alla civiltà antica si trova però in un carme indirizzato alla creazione di un nuovo stile poetico che, pur movendosi nel!'ambito
da Poitiers a Giovino 112, ma, ali'infuori di queste poche poesie rivolte a della tradizzòne classica, assorbisse e si facesse portavoce di nuove istanze,
destinatari scelti, tutta la produzione di Venanzio non presuppone nel nuovi valori e nuova sensibilità e permettesse cosl t accesso al patrimonio
lettore un ricco patrimonio culturale. letterario dell'antichità da parte dei barbari 116, per la corrispondenza pri-
Già al momento del passaggio alla corte di Cariberto, avvenuto pro- vata in prosa, che non era destinata ad alcun ruolo pubblico, egli non
babilmente nel/' estate del 567, avvertiamo un significativo mutamento scelse d) inaugurare un nuovo percorso stilistico, ma pre/erl mantenersi
nell'indirizzo stilistico e concettuale del poeta. Nel panegirico ch'egli nel solco della tradizione epistolografica tardoantica dell'Occidente roma-
compose in onore del sovrano, il modello ideale del!'autorità a servizio no, per il cui stile artificioso e ricercato fino ali'eccesso i dignitari mero-
dello stato non è soltanto quello, di derivazione classica, di Fabio (proba- vingici pare nutrissero una smodata passt'one. Cosi~ sia le lettere che si
bilmente Quinto Fabio Massimo, leroe della seconda guerra punica) e di trovano inserite nel corpus degli undici libri dei Carmina, sia le epùtole
Traiano ma vi si affiancano altri modelli~ come le figure bibliche del re prefatorie alle sette Vite di Santi indirizzate ai rispettivi committenti, che
Davide 'e del suo figlio e successore Salomone 113, Allo stesso modo, si è come i destinatari delle altre erano per lo più vescov~ sonO composte se-
già avuto occasione di osservare che anche il ricordo di Childeberto I, condo la maniera di Sidontò Apollinare e di Ennodio, maniera che i pre-
presente in un carme scritto nel medesimo.pertòdo e destinato a celebrare suli, eredi della tradizione gallo-romana apprezzavano e perpetuavano m.
una basilica parigina, obbedisce al medesimo gusto: la figura del pio so- Non è escluso che nello scrivere lettere in prosa ai vescovi gallici Venan-
zio abbia inteso in un certo qual modo accettare la loro sfida e cimentarsi
in questa gara di prosa d'arte, pur non condividendone i presupposti este-
109 Nella scelta di conformarsi alla tradizione pagana si è voluto in passato ve- tici e stilistici; come sembra evidente sulla base degli altri suoi scritti 118,
I . dere una volontà di non accennare a questioni religiose, data la delicata situazione in
cui si trovava in quel momento Brunichilde, che al momento in cui andava sposa al
cattolico Sigiberto non aveva ancora abiurato l'arianesimo, che agli occhi dei Fran-
114 Carm. 2, 10, 21. Come nota REYDELLET, La royauté, 333, nei carmi parigini
chi era equivalente al paganesimo: cf'. ~EYER, J?er Gelegenheltsdichter, 1~-13; [.<OEB-
NER Venantius Fortunatus, 26. Oggi si preferisce pensare che Venanzio, ali epoca la figura del re e quella del vescovo presentano molti tratti in comune: ad esempio,
anc~ra relativamente giovane e pertanto dipendente dall'istruzione r~ce~ta nelle per entrambi il poeta adopera la metafora della paternità, altrove riservata ai soli ec-
scuole si movesse nell'ambito di una tradizione consolidata, senza ardire di tentare clesiastici. Cf. anche B. BRENNAN, The Image o/ the Frankish Kings in the Poetry of
: . ' nuove 'strade: cl. M. REYDELLET, Venance Portunat et l' esthétique du style, in AA. Vv ., Venantius Fortunatus, "Journal of Medieval I-listory", X (1984) 1-11 8.
115Car1n.2,9,2le31. ''
' Haut moyen dge: culture éducation société. Études offertes à Pierre Riché, La Garon-
'
I ne-Colombes 1990 69-77, 74. Del'resto l'esperimento di epitalatnio cristiano tentato 116 TARDI, Fortunat, 215.
I da Paolino da NoÌa rimase senza alcun seguito. Per un'analisi delle varie forme di . 117 Questa inaniera elaborata e artificiosa di scrivere lettere, "sp'inta fino alle
epitalainio nell'antichità si rimanda a R. l{EYDELL, Epithalamium, RLAC V, 1970, più assurde stravaganze", è stata battezzata Gallischer J(urialstil da KOEBNER, Venan-
927-943, specialmente 938ss. tius Fortunatus, 78; in realtà il inedesimo stile è attestato and1e in Italia con Ennodio.
110 Carm. 7, 1, lss. e 7, 2, 3. Secondo lo studioso austriaco (28), Venanzio avrebbe appreso tale 111odo tli scrivere
111Carm.7,7,3ss. durante il periodo trascorso al seguito di Sigiberto, quando avrebbe stilato diverse
112 Carm. 7 12. Nella seconda parte il poeta afferma invece che l'unica salvez- missive diplomatiche. Interessante, per l'impottanza e la diffusione di questa tradizio-
za consiste nel re~dersi graditi al Dio trino, quasi a sancire la superiorità del Cristia- ne stilistica, la menzione in GREG. TUR. Frane. 6, 7 del vescovo Ferreolo di Uzès, mor-
nesimo rispetto all'antichità pagana. . . to nel 581: Qui libros aliquos epistolarum, quasi Sidonium secutus, conpost1it.
113 Carm. 6, 2, 78 (Davide), 80 (Salomone), 82 (Traiano), 84 (Fab10). 118 REYDELLE1', Venance Fortuna! et l'esthétique, 76. Si ricordi a questo proposito
74 INTRODUZIONE INTRODUZIONE 75
La semplicità della forma poetica di Venanzio corrisponde inoltre alla un certo interesse per le realizzazioni architettoniche, che riesce a descri-
semplictià dei temi che, come già detto, scaturiscono sempre dal!'esperien- vere con perspicuità e con vivacità, facendo di esse elementi viventi ar-
za, dalle persone, dal mondo contemporaneo, e non giungono mai alla spe- moniosamente inseriti nel paesaggio circostante 125.
culazione teoretica se non per questa via. Gli argomenti dei suoi carmi sono J; interesse primario di Venanzio, più intenso ancora che quello per
legati alla vita, sia essa terrena o ultraterrena, umana o /i'nanco vegetale. la natura e per il paesaggio, è quello per gli uomz'nt'.· è stato giustamente
Assai sviluppata è la sua sensibilità verso il mondo della natura, so- osservato che, sotto questo aspetto, la sua opera poetica si illumina e
prattutto per il rinascere della vegetazione a primavera, dopo i lunghi ri- infonde il calore del!' umanità in un mondo che Gregorio di Tours ha im-
gori del!' inverno: le numerose descrizioni di paesaggi, soprattutto cam- pietosamente descr#to senza tralasciare ogni più crudele ferz'nità 126. In
pagne e fiumi, sono certamente frutto della sua personale sensibilità, e Venanzio è vivissimo il senso del!' amicizia, cui è connesso l'ideale della
non derivano da alcuna imitazione di modelli antichi 119, Lo spettacolo dulcedo, un atteggiamento consistente nell'amabilità del portamento,
della rinascita della vegetazione dovette colpirlo notevolmente soprattut- nella capacità di rasserenare l'interlocutore, e che noi potremo rendere
to al momento del suo arrivo a Metz, nella primavera del 566, dopo un con «umanità» 127: ali'insegna della dulcedo si svolgono i rapporti con
lungo e freddissimo inverno trascorso in viaggio 120: l'arrivo della bella Lupo e con Dinamio. Il legame con quest'ultimo è cosz' profondo che il
stagione coincise con il suo inserimento in un ambiente e in una società poeta parla di due persone con una sola anima, riprendendo l' espressio-
nuovi, che per lui/orse rappresentavano una rinascita, soprattutto se fos- ne animae dimidinm meae, che Orazio aveva adoperato in riferimento a
se vero che egli lasciò Ravenna perché si era reso sgradito ali'autorità po- Virgilzo 128. Questo richiamarsi ali'antichità non è però un semplice osse-
litica o religiosa locale. Coincidenza ancor più significativa è quella con quio a modelli, l'affetto che Venanzio nutre per i suoi corrispondenti è
il matrimonio di Sigiberto con Brunichilde: al rinnovarsi della fecondità un sentimento vero e fecondo, e le espressioni di amicizia nei suoi carmi
della natura si sovrappone la prospettiva di un erede per la famiglia rea- e nelle sue lettere hanno poco della convenzionalità mondana con cui si
le. Tutto ciò portò il poeta ad aprire l'epitalamio con una vivida descri- esprimono invece, tra V e VI secolo, Sidonio Apollinare o Ennodio 129,
zione della primavera: questo incipit è da annoverarsi senz'altro tra i Notevole spazio Venanzio riserva nelle sue opere alle donne e alla
suoi versi meglio riusciti. Lo stesso vale per il paesaggio primaverile ica- sensibilità femminile: vi compaiono le dame del!'aristocrazia, come Pia.
sticamente tratteggiato nel!' elegia pasquale scritta per Felice di Nantes, o cidina, già moglie del vescovo Leonzio II di Bordeaux, Palatina, sposa
per la descrizione, ricca di dettagli e di sensibilità per le piccole forme di del duca Bodegiszlo no. Accanto a costoro - lo abbiamo già notato-, rile-
vita, del fiume Gers inaridito durante i giorni della canicola 12 1. Non è vante è la presenza delle regine, come Brunichilde e Fredegonda, e so-
neppure da trascurare il quadro paesaggistico - probabilmente allegorico prattutto la sventurata Gelesvinta.
- posto in esordio a un carme epistolare indirizzato ali'amico Lupo 122. J;attenzione per le sorti umane ha portato tl poeta a darci un delz'.
La stessa viva attenzione agli elementi paesaggistici si ritrova nei carmi zioso ritratto di Vilituta, giovane fanciulla del!' aristocrazia parigina, di
composti a celebrazione del restauro e della costruzione di ville, basiliche
e oratori 123: in particolare, Venanzio sottolinea lo splendore degli edifici mostra verso la luce, si è pensato che ciò sia dovuto alla malattia agli occhi patita in
quando sono illuminati dal sole e, nel caso delle basiliche, nota la sa- gioventù; una volta riacquistata la salute dopo aver rischiato la cecità, la luce gli ap-
piente disposizione difinestre e lampade, che fa regnare all't'nterno degli pariva come uno dei beni più preziosi. Cf. A.G. AMATUCCI, Appuntifortuna;.iani, in
,I edifici sacri «un giorno senza fine» 124. In generale egli sembra nutrire AA.Vv., Studi dedicati alla memoria di Paolo Ubaldi, Milano 1937, 363-371.
125 Cf. carm. 1, 6, 17-18; l, 19, 9; 3, 7, 31-34.
126 REYDELLET, Venance Fortunat. Poèmes, I, LVI. Ancora REYDELLET, Tradi-
tt'on et nouveauté, 90, osserva che con Venanzio l'uomo torna a essere il protagonista
quanto scrive AUERBACH, Lingua letteraria, 69: «Venanzio padroneggia tanto il manieri~ della poesia, dopo la grande stagione della poesia di soggetto religioso fiorita nei se-
smo della tarda classicità quanto le fanne più semplici del sermo humilis cristiano». coli IV e V; insomma, Venaniio avrebbe potuto far proprio il detto di Marziale: I-lo--
119 Sul Natursinn di Venanzio si veda MEYER, Der Gelegenheitsdichter, 21, mt'nem pagt'na nostra sapit (epigr. 10, 4, 10). ·
nonché M.E. VASQUEZ BUJAN, Vernat amoenus ager. Sobre las descripciones de lana- lt7 Sul concetto di dulcedo come ideale etico presso le corti merovingiche si
turaleza en la poesia de Venancio Fortunato, "Euphrosyne", XII (1985), 95-109, e F. sofferma KOEBNER, Venantt"us Fortunatus, 31ss.: lo studioso vi vede «la più alta dote
DELLA CORTE, Venanzio Fortunato, il poeta deifiumi, in AA.Vv., Venanzio Fortunato di un animo nobile ... la prova più alta di una personale nobiltà alla corte di Austra-
tra Italia e Francia, 137-147. sia», a un dipresso l'equivalente della KO:ÀOKo:yo:01.a presso i Greci. In totale disac-
120 Il Chronù:on del beato Mario di Avenches ci informa che l'inverno 565/566 cordo CURTIUS, Letteratura europea, 458s., che con tagliente ironia afferma che i Me-
fu particolarmente rigido: MAR. AVENT. chron. II p. 238, 566, 3: Bo anno hiems va- rovingi sono giunti all'ideale della dulcedo proprio attraverso il libro di R. Koebner
lentissimus fuit, ut qut'nque aut amplius mensibus propter nivis magnitudinem terra vt'- su Venanzio Fortunato; secondo Curtius, Venanzio adopererebbe il termine dulcedo
deri non posset, t'psaque asperitas multa animalia necavit. esclusivamente in riferimento alle doti oratorie dei suoi corrispondenti, senza alcuna
121 Carm. 1, 21, 11-36. implicazione morale, educativa o caratteriale.
122 Carm. 7, 8, 1-30. 128 Carm. 6, 9, 10. Cf. Hmc carm. 1, 3, 8.
123 Carm. 1, 6, 13-20; 1, 18-20 (Leonzio II); 3, 12 (Nicezio), 3, 13 (descrizione 129 Non si dovrà omettere di ricordare rarm. 7, 12, 67-84, quasi un trattatello
della città di Metz). sull'amicizia.
124 Carm. 1, 15, 55. A proposito della particolare sensibilità che Venanzio di- 130 Carm. 1, 15, 93s. e 7, 6.
INTRODUZIONE INTRODUZIONE
77
stirpe germanica. Rimasta orfana e allevata dalla nonna, a tredici anni dell'Incarnazione e della Rùurrezione redentrice 135: come è stato inte/li'.
andò sposa a Dagaulfo; quattro anni dopo mori' durante il parto, e nep- gentemente osservato, il pregio di questo passaggio cosi' squisùamente dot-
pure il bambino si salvò m. ~elegia che Venanzio compose per la sua trinale è dovuto al fatto che il poeta, lùngi dal cadere in un'esposizione
morte, nonostante porti nei manoscritti il titolo di Epitaphium Villthu- fredda e astratta, rende yiva la materia rivolgendosi in seconda persona
tae e sia inclusa nel libro IV, tutto costituito da epitaffi; è in realtà una direttamente.a Cristo: «E giu,nto_fl terzo giorno, svegliati, mio bene sepol-
consolatio in versi allo sposo, che ha visto svanire in un solo momento to» 136. La Risurrezione non e pzu un fatto avvenuto secoli prima} ma si ri-
le proprie gioie passate e quelle future. Il poeta sottolinea la beff~ deUa pete ogni anno a primavera per ciascuno di noi. Collegato a questo è il te-
sorte: proprio nel momento in cui la famiglia stava per allargarsi, il capo- ma tipicamente venanziano del valore universale della redenzione: Cristo
famiglia si ritrovò da solo. Paradossalmente, se gli sposi non avessero con la sua Risurrezione non avrebbe redento soltanto l'umanità corrotta
avuto figli~ sarebbero almeno rimasti in due, larrivo di un figlio ha di- dal peccato originale, ma avrebbe riscattato l'intera natura. Cristo, ri.wr-
strutto ciò che ormai era una realtà 13 2 , gendo a primavera, ha ridestato tutto il creato, che aveva esso pure risenti'.
Naturalmente il primo posto tra le danne conosciute e frequentate lo della caduta dei nostri progenitori137, Infine, il pensiero teologico occu-
da Venanzio è occupato da Radegonda e da Agnese, anche se a una tale p~ un certo spazio anche nel carme dedicato alla conversione degli Ebrei
intensità di rapport~ pressoché quotidiani e protrattisi per quasi un ven- di Clermont (carm. 5, 5), ove il poeta contempla, ancora una volta, il mi-
tennio, non corrisponde un'analoga preponderanza nell'opera ~odfra. I stero della Trinità e del destino ultimo degli Israeliti13B,
carmi indirizzati alle due monache sono, ad eccezione del De v1rgm1tate . Un'aura più marcatamente mistica permea il lungo carme De virgi-
scritto per la consacrazione di Agnese a badessa del convento, per lo più mtate (carm. 8, 3), composto per la consacrazione di Agnese quale ba-
brevi biglietti concepiti per accompagnare l'invio di doni o per ringraziare dessa del monastero fondato da Radegonda. Venanzio non ci dà una de-
dopo averne ricevuti m. . scrizione della cerimonia, ma sposta il suo sguardo verso l'alto e cifa as-
~influenza del!' ambiente del monastero di Santa Croce non deve in- sistere al trionfo delle vergini nella Gerusalemme celeste con un lin,
fatti essere ricercata nel numero dei car.mi o nei loro desti~atar~ quant? guaggio e un tono che ricordano da vicino da un lato il C~tico dei can-
piuttosto nel!'appropriazione e nello svzluppo di un certo tipo di sensibi- tici, dall'altro l'Apocalisse di san Giovannill9,
lità mistica, che trovò in Venanzio terreno fertik, e che lo condusse a con- Se nei carmi di cut' si è ora discusso t ispirazione religiosa è premi-
cepire i suoi carmi più apprezzati~ il cui successo è stato sancito} in modo nente, nondimeno si può affermare che lelemento religioso è presente in
assai autorevole, con la loro inclusione nei riti della liturgia romana e con- quasi tutte le poesie composte dopo il suo insediamento a Poitiers. Ciò
seguentemente con la composizione sul foro testo di meravigli~se melodie, risulta_ evidente in primo luogo nella nutrita raccolta di epitaffi, tutti ri-
:! avvenuta probabilmente in epoca carolingia 134. Net due tnnt Pange lin- salenti al periodo 568-57614°, e intimamente nutriti di speranza cristia-
gua e Vexilla regis (carm. 2, 2 e 2, 6) elf,li ha saputo ~~niugare la precisa na} nei quali domina un unico pensiero: i meriti guadagnati t'n terra so-
esposizione della dottrina cattolica con I espressi?ne ptu gen~ma della sua
personale sensibilità, raggiungendo vette dt altiss!ma poesia. No~ meno 135 Carm. 3, 9, 47-88.
notevole quantunque assai diverso, è il carmen ftguratum 2, 4, ti quale, 136 Carm. 3, 9, 69; l'osservazione è diREYDELLET, Venance Fortunat Poèmes I LIX
quantun~ue di primo acchito possa dare l'impressione di uno _steri!e giuo- 137
. Su questo aspetto caratteristico del pensiero teologico vena~ziano si s~ffer~
co d'abilùà, si rivela invece - secondo uno sptrtto che diverra tipico ~a ~~ffusamente KOEBNER, Venantius Fortunatus, 59, che osserva come il concetto
sia gta t:'resente in carm. 2, 2, 21. Durante l'ultimo periodo della sua vita il poeta sa-
del!'alto medioevo - una fusione sapiente di dottrina e simbologia. In es- rebbe rttorn~to _su questo. tei;n~ c?mmentan~o il Simbolo degli apostoli: expos. symb.
so l'intera storia della salvezza è riassunta in 35 versi, sullo sfondo dei 25. Per ulter1or1 ossetvaz1on1 si rimanda ali Introduzione a quest'ultima. Ultimamen-
quah grazie alla tecnica compositiva figurata, si staglia la Croce, centro _e te REYDELLET, Tradition et nouveauté, 94, ha definito Venanzio «il poeta della Re-
fondamento di tutto il contenuto soteriologico del carme. Sulla stessa scza denzione>~, della Croce e della Risurrezione.
l3B E do~trina costante della Chiesa che il ritorno glorioso di Cristo sarà prece-
si colloca la più volte citata elegia pasquale per Felice di Nantes (carm. 3, duto dal suo r1c;onoscimento come Figlio di Dio da parte di tutto il suo popolo an-
9); nei suoi versi Venanzio condensa le principali verità della Trinità, che da parte di quella fazione che si è ostinata nel rifiutare la nuova alleanzd: cf.
CCE, n. 674.
139 Carm. 8, 3, 227ss.: si ricordi la definizione di «epitalamio mistico» data a
131 Carm. 4, 26. 9-uesto ?1rln:e. dalla ~.~~AL~ Il De virginitate, 75-128 (cf. la nota 103 ). In generale,
132 Carm. 4, 26, 57-58. Cf. SANTORELLI, Venanzio Fortunato. Epitaphium Vi- ~ 9uas1 tutt: l car~1 mdinzzat1 a Radegonda, Venanzio si mantiene nel solco della tra-
lithutae, 25. . . dizione elegiaca latina, adottandone i teini e il linguaggio erotico che ovviamente vie-
133 Della scarsa importanza letteraria di tali componimenti Venanzio dovette ne .ttaspos~o sul piano ~stico: si v~da al pr?posito F.E. CoNSOLiNo, Amor spiritualis
I,: µ1
avere piena consapevolezza, dal momento che non. li pub?licò vita: sono ~ut~i rag- e linguaggio elegiaco net Cann1na di Venanzio Fortunato, "Annali della Scuola Norma-
le Sup ~io'c di Pisa. Classe di lettere e filosofia", s. III, VII (1977), 1351-1368, J353ss.
gruppati nel Hb1·0 XI e nell'Appendi~ carmt'num (s1 veda il capitolo sulle fasi dt pub-
blicazione della raccolta poetica fortunaziana, pp. 79ss.). . . . . . 1 . Risalgono a un per~o?o successivo soltanto gli epitaffi per i due figli di
134 Cf. KoEBNER, Venantius Fortunatus, 67. Le 1nelodie dei carmi successiva- Ch~pe:1co e Fredegonda, scritti nel 580 (carm. 9, 4-5), mentre è ignota la datazione
mente musicati sono trascritte nella tavola III. dell epitaffio carm. app. 8.
INTRODUZIONE INTRODUZIONE 79
no un tesoro che ciascuno di noi accumula in cielo) e daranno la misura rende ancora più illustri·: una commistione di «sopravanzamento» e di
della nostra beatitudine eterna in Paradiso 141, «mondo alla rovescia», in cu~ in contraddizione al fluire del tempo, so-
A conclusione di questa rassegna di temi e di motivi della poesia no i discendenti a costruire la gloria degli avi 150, Un altro procedimento
fortunaziana, si daranno ancora alcune osservazioni sulla tecnica versi/i- amato da Venanzio è il paradosso: la sua forma più spinta si ha nell'Epi-
catoria. Se in linea generale il poeta mostra un'evidente inclinazione alla taphium Vilithutae (carm. 4, 26) 151, Egli ama altrest' mettere in luce gli
semplicità della forma, nondimeno egli non si sottrae del tutto dallo spe- aspetti della fede e della morale cristiana più vicini al paradosso: la mor-
rimentare tecniche compositive più elaborate: è il caso dei tre carmina fi- te è in realtà !'inizio della vita 152, elargire le proprie sostanze in benefi-
gurata, due a forma di croce inscritta in un quadrato e .uno a forma di cenza è in realtà accumulare un tesoro nei cieli 153.
facciata di chiesa 142; un inno abecedario 143 e due brevi carmi acrostici Quanto agli aspetti propriamente prosodici e metrid, il verso di Ve-
formati rispettivamente sul proprio nome Fortunatus e su quello del de- nanzio non è certamente quello dei poeti del/' età aurea: le irregolarità
funto giovane figlio di Chilperico I e di Fredegonda, Dagoberchthus 144. inerenti alla quantità delle sillabe sono abbastanza frequenti; ma è proba-
Ancora) due componimenti in distici ecoict~ in cui la prir:ia ~arte bile che ciò non sia dovuto a una mancanza di cognizioni in merito (la
del/' esametro si ripete nell'ultima parte del pentametro successivo (rn un misura delle vocali era ancora avvertita nel VI secolo, per lo meno in Ita-
caso il procedimento ha uno specifico fine espressivo che arricchisce il lia, dove Venanzio nacque e studiò 154), quanto piuttosto alla ristrettezza
contenuto) 145, Se questi sono casi eccezionali) assai più comunemente dei tempi di lavoro (abbiamo già ricordato il caso del carm. 5, 5 sulla con-
Venanzio fa uso di giuochi di parole di varia specie, soprattutto figure versione dei Giudei di Clermont, e non dobbiamo scordare il carattere
etimologiche e paronomasie 146, Vista la facilità e labbondanza della. ve- improvvisatorio di molti carmi recitati durante i banchetti). Ma la tecnica
na poett'ca venanzi'ana, è naturale aspettarsi' una cospt'cua presenza di va- compositiva di Venanzio si segnala in primis per un altro aspetto: egli è
rz'azioni su luoghi comuni: tra quelli analizzati da E.K Curtius, nella sua uno dei primi autori in cui sia evidente l'intento di marcare i versi trami-
fondamentale monografia Letteratura europea e Medio Evo latino, si te l'assonanza o la rima. Ciò risalta particolarmente nei due carmi in di-
segnalano in modo particolare il «sopravanzamento». 147, l'«ù7!possi~i metri giambici, modellati sugli inni ambrosiani: molte strofe del ca11n. 1,
le», che spesso assume i tratti del «mondo alla rovescia» 148 e ti moti~o 16 presentano versi rimat~· nel Vexilla regis prodeunt (carm. 2, 6) vi so-
del puer senex 149, La più alta lode che egli tributa a u~ personaggzo rl-. no esempi di rima. Il procedimento è però presente in diverse varianti an-
.I '
lustre è che egli sopravanza tutti i suoi antenat~ e con rl suo prestigio li che nei carmi in distici elegiaci. Probabilmente non intenzionale è lasso-
nanza tra la fine del!' esametro e la fine del pentametro nel/'ambito di
uno stesso distico, fenomeno rt'scontrabile in pari misura anche nei poeti
141 L'idea si fonda sul noto passo evangelico di Mt 19, 21: si vis perfectus esse, dell'epoca classica/ certamente ricercata è invece l'assonanza tra la prima
vade, vende quae habes, et da pauperibus, et habebis thesaurum in cqelo (cf. M_c 29, e la seconda parte dei versi: avvertibile nel caso del/' esametro, diviene
21; Le 18, 22). Come ha sottolineato QUACQUARELLI; Poesia e retortcq,,1~0, gh epi- evidentissima nel caso del pentametro, tanto che >pesso l'assonanza è
taffi fortunaziani non sono tanto elogiativi, quanto piuttosto catechetlct il loro sco- spinta fino ad assumere i tratti della vera e propria rima. Una riprova del-
po è quello di educare i lettori a un'operosità caritativa. , . . .
142 Rispettivamente carm. 2, 4-5 e 5, 6a. Per quest ultimo una 1nterpretaz1one la volontarietà di una tale disposizione si ha nel fatto che, tra tutti i pen-
più recente vo~rebbe ved~re nella figura una prigi~n:,, o una ~rappola: cf. M. tametrr rimati, quasi il sessanta per cento non deve la rima a fattori gram-
GRAVER, Quaeltbet audendt: Fortunatus and the Acrosttc, fransactions ~f t?e fune: maticali (quali si avrebbero ad esempio nel caso di un sostantivo della II
rican Philological Association", CXXIII (1993), 219-~45, 2~5 (~er magg1?r1 dettagli declinazione accompagnato da un aggettivo della I classe, disposti ciascu-
si rinvia alle nostre note di commento). Il genere dei carmina figurata, diffuso nella
letteratura ellenistica fu trapiantato nella cultura romana ad opera del poeta Otta- no in fine di emistichio). Negli autori della latinità aurea i casi di penta-
ziano Porfirio (età c;stantiniana), del quale non è chiaro se Venanzio abbia cono- metri rimati sono invece dovuti per la quasi totalità a motivi di flessione
sciuto le opere. Per maggiori dettagli si veda la nota introduttiva a carm. 2, 4. nominale l55. Pare dunque che Venanzio non avverta più il pentametro
143 Carm. 1, 16.
144 Rispettivamente carm. 3, 5 e 9, 5. . .. .
145 Carm. 3, 5 e 9, 5. Distici ecoici 3, 30 e 8, 2. Sulla tecnica compositiva dei
carmina figurata si veda ept'st. (carm. 5, 6). 150 Carm. 1, 15, 15-28; 9, 1, 12.
146 i: apice del.'.'accumulo di simili procedimenti si raggiunge in cam:. app. ~' u17 151 Carm. 4, 26, 45-60.
epigram1na di 14 versi dedicato al giovane re Childeberto !I, tut~o cos~ru1to su gioc~,1 152 Carm. 1, 2, 20; 1, 3, 7-8; 2, 7, 41-42; 2, 14, 17; 4, 15, 8.
di parole. Bisogna però in que~to caso ten~r present~ che il destinatario er~ poco p1~ 153 Carm. 4, 5, 16; 4, 8, 20; 4, 16, 18; 4, 18, 20.
che un bambino e del resto il fatto che il componimento appartenga ali Appendix 154 Si ricorda comunemente a questo riguardo la lamentela di Ennodio, assai
I
carminum indica'che esso non fu mai pubblicato dall'autore. Un elenco esaustivo dei rammaricato di aver commesso un errore di prosodia componendo un epitaffio:
giochi di parole messi in opera da Venanzio ha dato TARDI, Fortunat, 263s. ENNOD. epùt. 8, 29, 2-3, p. 219, 3ss.
147 Carm. 1, 15, ls.; 2, 10, ls.; 3, 10, ls.; 7, 7, ls. Cf. CURTIUS, Lette.ratura euro- 155 In Tibullo la rima nel pentametro è indotta dalla gratnmatica per il 92,54
pea, 182-186. per cento dei casi, in Properzio nell'87 ,64 per cento, in Ovidio nell'89,02 per cento.
148 Carm. 1,.2:. Cf. CURTIUS, Letteratura europea, 110-115. Questi dati sono ricavabili dall'analisi più dettagliata compiuta da REYDELLET, Ve-
149 Carm. 4, 17, 6; 6, 1, 79-80. Cf. CURTIUS, Letteratura europea 115-118. nance Fortuna!. Poèmes, I, LXVII.
80 INTRODUZIONE INTRODUZIONE 81
come un'unità interrotta dalla cesura, ma piuttosto come due versi brevi carme per molti aspetti singolare e di non facile interpretazione, dal titolo
del tutto autonomi tra loro: spesso i due emistichi dei pentametri rimati Ex no1nine suo ad diversos, in cui Venanzio presenta se stesso e Radegon-
presentano il medesimo schema metrico, soprattutto nei casi in cui il poe- da e invita tutti i letterati a donare libri al monastero da lei fondato. Se-
ta intenda sottolineare concetti antitetici o complementari 156, condo M. Reydellet si tratterebbe di una sorta di prologo a questa seconda
M. Reydellet perviene alla conclusione seguente: «Se si tiene conto raccolta l61. Ma gode tuttora di maggior consenso l'idea di R. Koebner, se-
che la sintassi di Venanzio è di un'estrema semplicità, che il senso è ge- condo cui il carme sarebbe stato destinato alla corte di Costantinopoli; e
neralmente racchiuso nel giro di un distico, ci si convincerà che tl poeta, avrebbe costituito la presentazione ufficiale di Radegonda da accompa-
ancorché si sia ispirato ai modelli antichi, ha certamente saputo infonde- gnarsi alla sua richiesta di un frammento della vera Croce 162. La data del-
re alle sue poesie un tono nuovo, conforme alla sua sensibilità personale, la pubblicazione è suggerita da due componimenti del libro IX indirizzati
ma altresì adattandolo a un pubblico più interessato agli artifici vistosi a Gregorio di Tours, che con tutta evidenza si riferiscono ai disordini scop-
che alle raffinattezze fin troppo sottili» 157, piati nel monastero di Santa Croce nel 589, qualche anno dopo la morte di
Agnese 163; la silloge sarà stata pertanto costituita verso il 590.
I componimenti raccolti nei libri X e XI sono stati probabilmente
4. LA PUBBLICAZIONE DEI CARMI pubblicati postumi da amici o estimatori di Venanzio 164, Le due omelie
sul Pater noster e sul Symbolum apostolorum che aprono ciascun libro
Durante i primi anni trascorsi da Venanzio in Gallia, le sue poesie (ma che nella presente edizione sono presentate separatamente, di seguito
acquistarono notorietà singolarmente, e singolarmente circolavano tra gli ai Carmina) risalgono con ogni probabilità al periodo in cui il poeta fu
ambienti più colti della società merovingica. Allorché nel 575 il poeta vescovo di Poitiers. Il resto del libro X contiene, oltre ad alcune lettere
volle dedicare i quattro libri della Vita Mattini a colui che occupava in difficilmente databili; i carmi scritti durante il secondo viaggio in Austra-
quel momento la cattedra del santo vescovo, vale a dire a Gregorio di sia tra il 588 e il 589; il componimento più tardo~è l'epigramma scritto
Tours, questi accolse con grandissimo favore lopera del/' amico, e in breve per l'insediamento a Poitiers del vescovo Platone, predecessore di Venan-
tempo dovette convincersi del valore del suo talento, convinzione che fu zio stesso, avvenuto nel 591 165. Il libro XI raggruppa gran parte dei bt~
rafforzata dal successo arriso al carme per la conversione dei Giudei di glietti inviati da Venanzio a Radegonda durante i diciannove anni della
Clermont, che il presule gli commissionò lanno successivo 158. Egli sug- loro frequentazione: probabilmente il poeta non volle pubblicarli in vita,
geri pertanto a Venanzio di curare ledizione di tutti i carmi che aveva visto il loro carattere strettamente privato e il limitato valore letterario.
composto fino a quel momento.
Nacque cast' la prima silloge di carmi venanzianz; comprendente
quelli che oggi sono i primi sette libri del corpus l59, 5. LA TRADIZIONE MANOSCillTIA
Una nuova raccolta giunse diversi anni più tardi, tra il 589 e il 591 160:
I comprende gli attuali libri VIII e IX. Il primo dei due libri si apre con un I carmi di Venanzio godono di una tradizione manoscritta assai ab-
bondante. Oltre ai codici comprendenti il corpus degli undici libri nella
sua interezza o parti di esso, molti componimenti figurano nei florilegi, e
156 È ad esempio il caso di carm. 3, 7, 4-8, ove in tre pentametri Venanzio insi-
ste sul ruolo complementare rivestito da san Pietro e da san Paolo per lo sviluppo
della Chiesa primitiva; oppure di carm. 9, 8, 2: Culmen honore tuo, lumen amore meo, simiglianza la pubblicazione contemporanea dei libri VIII e IX come seconda rac-
in cui l'antitesi è resa con l'accumulo di isocolia, isosillabismo, assonanza e rima. colta poetica (si veda anche la nota seguente); tale teoria è stata accolta da tutti gli
157 REYDELLET, Venance Fortunat. Poèmes, I, LXVIII. Si veda anche ID., Tra-
studiosi successivi.
ditt'on et nouveauté, 89. 161 BRENNAN, The Career, 72, e REYDELLET, Venance Fortuna!. Poèmes, I, LXX.
158 Carm. 5, 5.
159 In realtà, co1ne ha notato MEYER, Der Gelegenheitsdt'chter, 28-29, carm. 7, 162 KoEBNER, Venantt'us Fortunatus, 133-134; su questa linea in anni recenti
25 risale a dopo il 585, anno in cui Gondegisilo divenne vescovo di Bordeaux (v. 7). GEORGE, Venantius Fortunatus. A La#n Poet, 163, e da ultimo, 1nodificando il pare-
Il fatto però che si trovi alla fine del libro rende probabile che si tratti di un' il:ggiunta re espresso precedentemente, BRENNAN, The Disputed Authorsht"p, 338.
posteriore o di uno spostamento accidenta~e, ciò eh~ se~~ra coinpr?v:ato dall'assen- 163 Carm. 8, 12 e epist. (carm. 12a). Anche per questo 1notivo è impossibile in-
za di carm. 7, 25 dal catalogo tramandatoci da quasi tutt11 manoscritti dopo la prae- cludere il libro VIII nella prima raccolta, a 1neno di non spostarne la pubblicazione
fatt'o e prima del libro I. L'autenticità del carm. 2, 15, è stata messa in dubbio già da al 590, cosa che però è esclusa pure da MEYER, Der Gelegenheitsdt'chter, 24-25.
F. Leo, seguito da MEYER, Der Geleg_enhet'tsdt'chter, 28, e S. BLOMGREN, Studia For- 164 MEYER, Der Gelegenheitsdt'chter, 27,
tunatt'ana. Commentatt'o academt'ca (Uppsala Universitets Arsskrift 1933. Filosofi, 165 Carm. 10, 14. Assai recentemente si è proposto di abbassare la datazione dei
spràkvetenskap och historiska vetenskaper, 1), Upsaliae 1933, 79. Da ricordare infi- carm. 10, 16-19 al 593, ossia dopo la 1norte di Gontrano: cf. J.W. GEORGE, Venantius
ne che lo stesso iVIEYER, Der Gelegenheitsdt'chter, 25-28, basandosi esclusivamente Fortunatus: the End Game, "Eranos", XCVI (1998), 23-43, 36-41. Secondo la studio-
i i sa scozzese Venanzio potrebbe avere egli stesso pubblicato i libri X (limitat.amente ai
sulla presenza o 1neno dell'ordinamento gerarchico dei destinatari all'interno di ogni
singolo libro, includeva nella prima silloge anche il libro VIII (si veda la nota succes- carmi 7-19, perché i precedenti sarebbero stati aggiunti da un editore) e XI come ter-
siva), seguito in questo da KOEBNER, Venantt'us Fortunatus, 10 nota 1. . za raccolta poetica tra il 592 e il 595, il che avrebbe il vantaggio di spiegare come mai
160 L'idea è di TARDI, Fortuna!, 92-93, il quale per primo ha supposto con ven- i quattro carmi menzionati non siano stati inclusi nella seconda raccolta.
INTRODUZIONE INTRODUZIONE
alcuni di essi, come ad esempio gli inni in onore della Croce, si trovano in D Parisinus Latinus 9347 (Paris, Bibliothèque Nationale). Del se-
moltissimi manoscritti liturgici. Una ricognizione esaustiva sarebbe lavo- colo IX, contiene l'intero corpus, con una lacuna dovuta alla mancanza
ro assai arduo e sostanzialmente poco utile, perché servirebbe più a trac- di un foglio.
ciare un quadro della diffusione del!'autore nell'Europa medievale che U Bruxellensis 1352 (Bruxelles, Bibliothèque Royale). Copiato tra
non a stabilire un testo più sicuro di quelli attualmente disponibili. Per il i secoli X e XI, contiene l'intero corpus con due brevi lacune.
lavoro di critica testuale rimangono significativi i dodici manoscritti ado- E Parisinus Latinus 8311 (Part's, Bibliothèque Natùmale). Codice del
perati da F Leo per la sua edizione, ai quali bisogna aggiungere alcuni al- sec. X, contiene l'intero corpus ad eccezione del carmen figuratum 5, 6a.
tri; che l'editore tedesco ha soltanto segnalato, ma la èui importanza è sta- L Laudunensis 469 (Laon, Bibliothèque Municipale). Risalente ai
ta in seguito messa in evidenza da W. Meyer 166, È per l'appunto su questi secoli VIII-IX, comprende l'intero corpus ad eccezione del carmen figu-
manoscritti che si basa ora la nuova edizione curata da M. Reydellet, dal- ratum 5, 6a.
!: la quale noi deriviamo, con pochissimi mutamenti nel segno della conser- B Parisinus Latinus 8090 (Paris, Bibliothèque Municipale). Vergato
vazione, il nostro testo per i libri I-VIII167, nel sec. X, comprende l'intero corpus ad eccezione del carmen figuratum 5,
Diamo di seguito un elenco dettagliato dei manoscritti in questione, 6a. Il carm. 2, 16 vi figura due volte, con numerose e significative varianti
in ordine decrescente di affidabilità per la costituzione del testo: R Vaticanus Reginensis 329 (Città del Vaticano, Biblioteca Aposto-
:i: Parisinus Latinus 13048 (Paris, Bibliothèque Nationale). Codice lica Vaticana). Risale al secolo IX, e comprende tutto il corpus fuorché i/
miscellaneo, in scrittura minuscola di Corbie, secc. VIII-IX. Le opere di carmen figuraium 5, 6a.
Venanzio sono contenute ai /f. 29-30 (parte di carm. 8, 3, in scrittura W Vaticanus Palatinus Latinus 1718 (Città del Vaticano, Bibliote-
minuscola carolina del sec. IX); /f. 39-58 (vari carmi tratti dal corpus ca Apostolica Vaticana). Copiato nel sec. XI, comprende tutto il corpus
degli 11 libri con intercalati i carm. app. 1-4; il poemetto De ave phoe- con due lacune, una delle quali riguarda il carmen figuratum 5, 6a.
nice di Lattanzio, attribuito a Venanzio; ancora carmi vari tratti dal cor- F Vaticanus Barberinianus Latinus 721 (Città del Vaticano, Biblio-
pus con intercal<lli carm. app. 5-9; infine i carm. 11, 20, 6-11, 25; carm. teca Apostolica Vaticana). Secc. X-XI. Contiene i libri I-IV e VII-XI, con
1, 7; carm. 11, 26, 1-18, e di seguito cann. app. 10-31. brevi lacune.
P Petropolitanus F XIV 1 (St. Petersburg, Centralnaja Gorodskaja Oltre a questi manoscritti~ rivestono una certa importanza anche t'
,, Publiénaja Biblioteka im. VV Majakovskogo). Codice in scrittura di due seguenti; sebbene non siano stati mai adoperati dagli editori 169:
I
Corbie del tipo -ab-, risalente al secolo VIII. Presenta i carmi di Venan- Ad Londiniensis Add. 24193 (London, Britùh Museum). Codice
zio in un ordine totalmente scompaginato, con frequenti inserzioni di del sec. IX-X, contiene l'intero corpus. Si tratterebbe di un 'fratello' di A
parti di un componimento ali'interno di un altro. Nondimeno, vista la O Bodleianus Auct. T 2. 25 (Oxford, Bodleian Library). Rt'sale ai
sua alta antichità, è uno dei testimoni più importanti. secc. X-XI, presenta l'intero corpus con poche lacune, integrate nel sec.
A Parisinus Latinus 14144 (Paris, Bibliothèque Nationale). Copiato XVII. Il testo è spesso interpolato.
a Saint-Germain-des-Près nel sec. IX, contiene tutto il corpus degli undi- Tutti questi manoscritti risalgono a un medesimo archetipo, con l' ec-
ci libri fino a 11, 26, 12. Il manoscritto è in alcuni punti lacunoso 168, cezione di 1:. Quest'ultimo, riscoperto da B. Guérard nel 1831, presenta
C Parisinus Latinus 8312 (Paris, Bibliothèque Nationale). Codice una selezione di carmi già conosciuti; alla quale si accosta un altro gruppo
del sec. X, contiene tutto il corpus, con due brevi lacune. di 31 carmi che non sono tramandati da alcun altro testimone, pur essen-
M Ambrosianus C 74 sup. (Milano, Biblioteca Ambrosiana). Co- do sicuramente autentici 11°. In particolare, nove di questi si trovano fram-
piato nel!'abbazia di Bobbio nel secolo X, contiene l'intero corpus. misti ai carmi già conosciuti~· questi ultt'mt~ presenti' alla rinfusa} termina-
',lj, G Sangallensis 196 (St. Gallen, Stiftsbibliothek). Risalente al seco- no con un gruppo la cui successione riflette l'ordine del corpus: da carm.
lo IX, contiene tutto il corpus, con una modesta lacuna tra i libri IV e V 11, 21 a carm. 11, 26 (se si eccettua l'inserzione di carm. 1, 7 tra 11, 25 e
;.il.i.'
'
V Vaticanus Latinus 552 (Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica 11, 26). Il carm. 11, 26 conta poi in questo manoscritto 18 versi, laddove
1,1 Vaticana). Del sec. X, comprende gran parte dei carmi di Venanzio, che in tutti gli altri esso si arresta al v. 12. Seguono i rimanenti 22 carmi, non
ora appaiono dislocati in seguito a un errore nella rilegatura. tramandatici altrove. Nei carmi già conosciuti, il manoscritto presenta tal-
volta lezioni di/ferenti rispetto a quelle attestate dagli altri testimoni.
166 W. :MEYER, Ueber Handschrtften der Gedichte Fortunat's, "Nachrichten
Se in un primo tempo W. Meyer fu portato a ritenere che :i: rappre-
von der kOniglichen Gesellschaft der Wissenschaften zu GOttingen. Philologisch"hi- sentasse una piccola porzione di un'edizione più completa dei carmi di
storische Klasse'', Bedin 1908, 82-114.
167 Più esattamente) Reydellet adopera oltre ai manoscritti già utilizzati o seg11a-
lati da Leo soltanto due dei quattro recensiti da Meyer (U e WReyd. =Se H Mey.). 169 MEYER, Ueber Handschri/ten, 82
168 Nelle descrizioni successive, ogni volta che sarà adoperata l'espressione l70 B. GUÉRAlill,Nott'ce d'un manuscrt't latt'n de la Bt'bliothèque du Roi, "Noti-
«l'intero corpus» si sottintende l'incompletezza dell'ultimo carme, tratto co1nune a ces et extraits des manuscrits de la Bibliothèque du ROi et autres bibliothèques", XII
tutti i manoscritti, ad eccezione di I. (1831), 75-111.
INTRODUZIONE INTRODUZIONE
Venanzio, dalla quale soltanto in seguito sarebbero stati ricavati con pro- di ciò ,è ripro~a il ca1·m. app. 11, che è con tutta evidenza un brogliaccio,
cedimento antologico gli attuali undici libri m, già pochi anni dopo R. r
un primo schizzo sulla base del quale costruire poi epigramma 177,
Koebner esaminando la struttura del codice miscellaneo parigino, perve- _F Leo attribui' a L un valore superiore a quello dei testimoni affe-
niva a ;na conclusione assai diversa. Egli osservò che, delle due sezioni renti all'altro ramo della tradizione; ora però le nuove indagini condotte
in cui si può dividere la parte venanziana di L (separatel'una dall'altra da M. Reydellet non paiono confermare tale prospettiva 11s.
dal De ave Phoenice di Lattanzio), la prima ~W unisce tredici carmi ri- Gli altri manoscritti si possono dividere in due gruppi: il primo
salenti a diver.1e epoche, ma accomunati da alcune caratteristiche, I pri-. comprende i testimoni di maggiore autorità: P A C M (a cui si dovrebbe
mi sette sarebbero stati affidati in due diversi momenti agli ambasciatori aggiungere Ad secondo le indicazioni di W Meyer); il secondo gruppo è
franchi in partenza per Bisanzio, una prima volta allorché essi partirono a sua ~alta suddivisibile in tre famiglie, conformenente al grado di inter-
con la richiesta della reliquia della Croce (carm. app. 1; carm. 7, 11; 7, polazione, Alla prima famiglia, meno viziata da interpolazioni; appar-
13; 8, 4; 8, 1), una seconda volta quando recarono con sé le lettere di tengo~o G V D U; della seconda fanno parte E L B 179; la terza famiglia,
ringraziamento (carm. app. 2 e 3) 172, I seguenti otto componimenti in cui maggiormente abbondano le interpolazioni, comprende R W F
avrebbero invece come tratto comune l'ambiente di destinazione austra- (nonché con ogni probabilità O) 180.
.'I
siano m. Lo studioso austriaco ritiene pertanto che i tredici carmi pre-
senti nella prima sezione di L siano stati trascritti e raccolti da un ignoto,
estimatore di Venanzio alla corte di Metz, indipendentemente da ogni 6. LE EDIZIONI A STAMPA
volontà dell'autore, anzi con ogni probabilità a sua completa insaputa.
Quanto alt' origine della seconda sezione di L a;~, quella che seg~e Come si è già 'avuto modo di anticipare, i Carmina di Venanzio do-
il De ave Phoenice), secondo Koebner sarebbe stata anch'essa messa in- vettero attendere più di un secolo dal/' invenzione della stampa prima di
sieme da un ammiratore della poesia venanziana, che avrebbe raccolto i poter godere di un'edizione. L'editio princeps, curata dallo spagnolo
singoli carmi là dove gli capitava di trovarli: presso i destinatari, pres;o Santiago Salvador de la Satana da Murcia, usci a Cagliari nel 1574 per la
messi di Radegonda o presso Venanzio stesso o i suoi eredi 174. Lo studio- tipografia di Vincenzo Sembenino da Salò l81, e conteneva soltanto i car-
I' so austriaco si mostra inoltre d'accordo con Meyer nel ritenere certo che mi dei pri'mi otto libri; più qualche altro pezzo isolato, oltre alla Vita
l'ultimo gruppo di carmi (carm. app. 10-31) facesse originariamente pa;-.
te del libro XI: successivamente, il manoscritto da cui dipendono tuttz i
! I•
nostri testimoni tranne L avrebbe perso l'ultimo fascicolo çontenente gli , .
177
KOEBNER, Venantt'us Fortunatus, I, LXXVills. A suffragio della sua visione,
'·'I, ultimi sei versi di carm. 11, 26 e gli altri 22 carmi seguenti175. 1editore, LXXIXs., porta anche la strana subscriptio presente in alcuni i manoscritti
;:11' Diversa invece la teoria formulata dal/' ultimo editore, M. Rey- dopo carm. 11, 26, 12: Explicjt in quantum habuit auctor scriptum (var. auctor usque fl-
i'i
dellet 176. Egli ritiene che il poeta nell'ultimo periodo della sua vita inten- nem). ~er R~)'.dell~t essa nsahrebbe a Venanzio stesso, e indicherebbe che nella raccol-
ta degli ~d1c1 libri era compreso tutto quanto egli avesse mai scritto. Lo studioso frru1 -
i I i desse pubblicare, assieme alle poesie scritte dopo il 589, anche l'i~tero c~se, evtdent~ent~ imbarazzato dalla collocazione della subscrt'ptlo, ipotizza che essa
: I: , epistolario in versi indirizzato a Radegonda. Prese perciò a ordinare i. sm_- si trovasse ongmariamcnte all'inizio del libro XI. Ciò sembra scarsamente verisimil .
1 ·.1 U ; goli carmi, giungendo fino al carm. 11, 26, o meglio fino al suo dodices~: Venanzic;> non potev~ es~ersi scordato di aver scritto altre poesie, anche di considere~~
mo verso. A questo punto Venanzio sarebbe stato colto dalla morte (o piu le estensione, a corrun~iar: da quelle che costituiscono la cosiddetta Appendix carmi~
num, o~rtamen~e.anterior1 al 587_ aven~o Radegonda per destinataria, per tacere poi
verisimilmente dalla malattia che lo avrebbe condotto alla morte) e per- della Vita Mar:zn: . Pare d_ui:q~e p1ù logico che la subscrt'ptio dsalga ali' anonimo curato-
tanto il suo lavoro si arrestò. Successivamente uno dei suoi sacerdoti dio- re della pubb~caz1o_ne .dei libri X e XI, che volle in tal modo segnalare come la raccolta
,1,. cesani avrebbe ripreso in mano le carte da lui lasciate, approntando però coinp~t~ degli 11 li~n, così for~atasi, co1nprendesse tu.tto quello che il poeta, in vita,
' per la pubblicazione soltanto i pezzi già rivisti dati' autore. I carmi rima- aveva rivisto affinche fosse pubblicato, co1ne una sorta d1 garanzia di autenticità
178 Cl 1·
LXXXII. · g 1 esempi. add ott1. da REYDELLET, Venance Fortunat. Poèmes, I, LXXX-,
nenti, trovati sulla scrivania del poeta, saranno stati raccolti separataff!en_-
il te con intento di conservazione, ma certamente non furono mai pubblicati: 179 Questi tre manoscritti sono accomunati dall'omissione di carm 5 6a evi-
I
dentemente già 1nancante nel subarchetipo comune. · ' '
180
Il crescente grado di interpolazione è mostrato da REYDELLET Venance
171 MEYER, Der Gelegenhet'tsdichter, 131. L'idea risaliva già ~Il' editore F. Leo, !1ortunat. Po~me;s, ,I, ~XXXIII-LXXXIV. Da osservare poi che i manoscri~ti U ed E
Venanti Honori Clementiani Fortunati presbyteri Italici opera poetica, MGI-I AA IV tn ~al;ine lez~on1 s1 distaccano dai loro parenti prossimi per coincidere con i mano-
1, Berlin 1881 [rist. anast. Mi.lnchen 1981], XVI-XVII. scr~tu del prrmo gruppo, soprattutto P A e C. Egli, LXXXV, 11e deduce che tra i se-
172 L'invio di due distinte ambascerie austr'asiche a Bisanzio è espressamente coli Vf~f e IX vi~ ~tata cc;>~taminazione tra i s.ubarchet.ipi dei diversi gruppi.
ricordato da BAUDON. 16-17: cf. p. 30 nonché la nota 23 dell'Appendix carminum. Tale edizione, gta nota a M.A. Luchi che la cita nella sua prefazione (cf. PL
173 J(o:CBNER, Venantius Fortunatus, 128-143. LXXXVIII, cc. 11-12, ~atata per~ 157~: errore o unica testimonianza di una prima
174 KoEBNER, Venantius Fortunatus, 139. s~ampa?), cadde successivamente 111 oblio, F. Leo conosce soltanto la successiva edi-
175 KoEBNER, Venantius Fortunatus, 138; cf. :Nl:EYER, Der Gelegenheitsdichter, 69. ZI?ne, c~r3:ta ~ncora d~ de la ?olana ina uscita a Venezia nel 1578 nella tipografia de-
176REYD3LLET, Venance Fortunat. Poèmes, I, LXXVIII-LXXIX. gli eredi di Gtacon10 Sunbenio (MGH AA IV 1, prooemlum, XIV). È poi citata da
INTRODUZIONE INTRODUZIONE
86
Martl:ni. Carmi singoli - soprattutto quelli più noti e apprezzati - erano di un dnquantennio dallo studioso svedese S.À. Blomgren 184. Accanto a
del resto già stati editi a stampa a partire dal 1513 182 • questi primi due è già uscito, nel 1996, il quarto volume, contenente la
La prima edizione completa degli undici libri, ·condotta secondo i Vita Martini, curata e annotata da S. Quesnel 185,
dettami della critica tardorinascimentale e munita di note di commento, Per concludere, due parole sulla presente edizione. Non intendendo
risale agli inizi del secolo successivo, e fu curata dal gesuita tedesco Chri- pubblicare un'edizione critica, abbiamo preso a modello per la prefazione,
stoph Brower. Pubblicata a Magonza nel 1603, fu seguita da una secon- per i capitula librorum e per i primi otto libri dei carmi la recentissima
da edizione lievemente modificata, uscita nella medesima città nel 1617 edizione curata da M. Reydellet, discostandocene in due punti soltanto,
e poi ancora nel 1630 183. Un'ultima ripresa data al 1716. dei quali renderemo conto a suo luogo 186. Per i rimanenti tre libri (com-
Alla fine del secolo XVIII lintero corpus delle opere di Venanzio, prese le due omelie) e per l'Appendix carminum ci siamo serviti dell' edi-
in versi e in prosa, fu ripubblicato dal monaco benedettino cassinese Mi- zione curata da F. Leo, senza però riprenderne in toto il testo, che fu sta-
chelangelo Luchi. Ii primo tomo, contenente i Carmina, fu stampato a bilito secondo criteri di normalizzazione classicistica; noi invece abbiamo
Roma nel 1786, l'anno successivo segui' il secondo tomo, contenente la preferito attenerci; /in dove ciò è possibile, al dettato della tradizione ma-
Vita Martini e gli scritti in prosa. Questa edizione fu poi inclusa da J.-P noscrilta più antica, soprattutto per quanto concerne gu· us1· ortografici;
Migne nel tomo LXXXVIII della Patrologia Latina, pubblicato a Parigi spesso ricondotti arbitrariamente da F. Leo alla forma in uso nella lati-
nel 1850. Nel frattempo, nel 1831, B. Guérard aveva pubblicato i carmi nità aurea, laddove la testimonianza dei manoscritti pare invece riflettere,
inediti da lui reperiti nel manoscritto parigino latino 13048 (1:). per lo meno in certa misura, le consuetudini proprie del!' età di Venanzio
La prima edizione critica degli undici libri dei Carmina, del!' Ap- Alt'edizione di M. Reydellet oltre che per il testo ci dichiariamo
pendix carminum e della Vita Martini, dovuta a Friedrich Leo, usci a ampiamente debitori per quel che riguarda le note di commento dei pri-
Berlino nel 1881, nell'ambito della serie degli Auctores antlquissimi dei mi otto libri e l'introduzione generale, della quale abbiamo ricalcato in
Monumenta Germaniae Historica. Tale edizione, assai autorevole, di- particolare la struttura; anche la sua traduzione, che si segnala per so-
venne immediatamente testo di riferimento, ed è dotata di tre diversi in- brietà e aderenza al!'originale, ci è stata di grande utilità, soprattutto per
dici: linguistico, metrico e biblico. Grazie a questo lavoro si sviluppò, nei la resa dell'elaboratissimo e intricato stile epistolare 187, Abbiamo fatto
cinquant'anni seguenti, una feconda stagione di studi critici su Venanzio inoltre proficuo uso degli studi e dei commenti pubblicati in questi ulti-
e sulla sua opera: basti ricordare la traduzione frances.e condotta da Ch. mi quindici anni da due tra i più importanti studiosi viventi di Venan-
Nisard (1887) e le tre fondamentali monografie di W Meyer (1901), R. zio: la scozzese]. W George e l'australiano B. Brennan. Dai lavori della
Koebner (1915) e D. Tardi (1927). prima in particolare abbiamo tratto vantaggio per la traduzione e le note
Ora è in corso di pubblicazione presso Les belles lettres una nuova a molti carmi degli ultimi tre libri e dell' Appendix carminum.
edizione critica con traduzione francese di tutte le opere poetiche di Ve- A tutte le persone citate vanno naturalmente i nostri ringraziamen-
nanzio Fortunato: dei Carmina, curati e annotati da M. Reydellet, sono ti, mentre assumiamo per noi soli qualunque responsabilità per eventua-
finora usciti due volumi: il primo, dedicato ai libri I-IV e contenente li errori.
un'introduzione generale, è stato pubblicato nel 1994; un secondo, con-
tenente i libri V-VIII è uscito nel 1998. Entrambi i volumi sono frutto di
un nuovo lavoro di collazione dei principali manoscritti, e tengono conto
dei numerosi interventi critici sul testo venanziano pubblicati nel corso
184 Si veda l'elenco completo dei suoi lavori nella Bibliografia. Si noterà altresl
,,
il I
che lo stesso Blomgren intendeva curare un'edizione dei carmi per il Corpus Chri-
stianorum, 1na il progetto non ha avuto seguito. Cf. S. BLOMGREN, De locis Ovidt'i a
TARDI Fortunat VII che però non ne ebbe diretta conoscenza; è stata riscoperta sol- Venantio Fortunato expressis, "Eranos'', LXXIX (1981), 82-85, 82.
tanto Ìn anni re~enti 'da L. BALSAMO, La prima edizione del!' opera poetica di Venanzio 185 Da segnalare l'uscita nel 1992, presso la Fundaci6 Bernat Metge di Barcello-
Fortunato (Cagli'ari 1574), in St~di bibliografie~. Atti d~l con~egno 4ed~cato a(la s~oria na, del primo volume di un'altra nuova edizione cl'itica dei Carmina con traduzione
del libro italt'ano nel\.' centenario dell'introdu:aone dell arte tipografica tn Italia, Firen- catalana a fronte e note di commento, curata daJ. Pia i Agull6: qu~sto primo volu-
ze 1967 67-80 che chiarisce fra l'altro i rapporti tra le due stampe, diverse ma en- me contiene, oltre all'introduzione generale, i libri I e II. Non risulta siano nel frat-
tra1nbe ~urate dal de la Solana. Ora SARTOR, Venanzio Fortunato, 268, attribuisce al tempo usciti altri volumi.
1570 una stampa veneziana dell'edizione del' de la Solana curata dal Simbenio, della 186 Segnatamente carm. 4, 26, 12 e epist. (carm. 5, 6) 1.
quale un esemplare (unico?) è conservato nella B~bliote~a ~a~ionale ~a~ciana di Ve- 187 Non altrettanto vantaggio si è invece tratto dalla versione francese di CH,
nezia: quest'ultima stampa sarebbe pertanto anteriore ali ed1z1one cagliaritana. NISARD ~ E. RrITIER> Venance Fortunat. Poésies melées, condotta con eccessiva li~
182 Cf. la lista delle edizioni parziali in TARDI, Fortunat, VIII-X. bertà, e nella quale dietro l'eleganza dei giri di frase si nasconde talvolta la mancata
183 Tutti i testi presenti nella prima edizione del Brower furono inclusi nella intelligenza del pensiero del poeta. Lo stesso si può dire delle note esplicative, le
Magna bibliotheca veterum Patrum, pubblicata una prima volta a Colonia nel 1618. quali, quando non sono fantasiose, risentono in ogni caso sia dell'epoca alla quale ri-
A partire dalla sua seconda edizione, uscita a Parigi nel 1644, il testo preso a model- salgono, quando lo studio dell'opera fortunaziana moveva ancora i primi passi, sia
lo è quello della stampa del 1617. delle opinioni estremamente personali del curatore.
PRAEFATIO PREFAZIONE
DOMINO SANCTO ET DOTE MERITORUM SACRIS ALTA!UBUS ADSC!TO FORTUNATO AL SIGNORE SANTO VESCOVO GREGORIO (1),
PARITER ET EDUCTO GREGORIO PAPAE FORTUNATUS CI!IAMATO ED ELEVATO Al SANTI ALTARI PER IL VALORE DEI SUOI MERITI
1. Acuminum suorum luculenta veteris aetatis ingenia qui na- 1. I luminosi ingegni dell'epoca antica, i quali con la loro indole
tura fervidi, curatura fulgidi, usu triti, auso securi, ore freti, 1nore a:dente, la loro cultura brillimte, la loro consumata esperienza, la loro
festivi, praeclaris operibus celebraturi posteris stupore laudanda sicura audacia, la loro eloquenza fiera, il loro carattere piacevole sono
reliquere vestigia, certe illi iuventione providi, partitione serii, di' degni di essere celebrati per i loro straordiuari capolavori, hanno la-
, stributione librati, epilogiorum calce iucundi, colae fonte proflui, sciato ai posteri testin1onianze dei loro fini ingegni che noi dobbiamo
commate succiso venusti, tropis paradigmis periodis epichiremati- ammirare estasiati; senza dubbio costoro, aweduti nel reperire gli ar-
bus coronati pariter et coturnati, tale sui cancntes dederunt speci- gomenti, misurati nella loro ripartizione, equilibrati nella loro distri-
meu ut adhuc nostro tempore quasi sibi postumi vivere credantur buzione (2), sapidi nei finali delle perorazioni, copiosi nell'abbondan-
etsi non carne vel car1nine. za dei membri, eleganti nella rifinitura degli iucisi, nobili e insieme au-
w 2. Quos licet sors fine tulerit, tamen cum dieta permanent vi- steri .nei tropi, negli esempi, nei periodi, negli epichiremi, hanno dato,
vaci memoriae de mortuis aliquid mors reliquit nec totum usque- con il loro canto, una tale prova di sé, che ancora ai nostri tempi si
quaque sepelivit in tumulo cui restat liberum ut ve! lingua vivat in crede quasi che sopravvivano a se stessi, anche se non corporalmente,
munda. Hoc nesciens avara mors auferre cum funere quod per ora per lo meno con la loro opera.
viventium defunctos videt currere si non pede, poemate. In hoc ta- 2. Sebbene la sorte li abbia condotti alla loro fine, tuttavia, poiché
15 men 1n:elius superata mors invida si se sermone senserit et mercede le loro parole perdurano a lungo nelle memorie, la morte ci ha lasciato
bis victam. una certa parte di questi morti e non ha seppellito per iutero nella
3. Sed sicut hos quos clarae linguae iactitat lux inlustres - quo- tomba colui al quale è ancora concesso di vivere nel mondo almeno
rum fuerat aperte damnum patì dieta celari, qui pomposae facun- tramite quel che egli ha detto. La morte avida non ha potut~ evitare,
diae florulenta germina nisi misissent iu publicum, fecerant pecu- facendoli morire, di vedere i defunti correre sulle bocche dei viventi
'" latum - merito famae radii per quaqua traxerunt ut peragrantes se non coi piedi, con la loro opera poetica. Inoltre la morte iuvidiosa ~
omnia quicquid magis carmina locis innotescerent laus ageret, ita meglio sconfitta quando si senta battuta due volte: dalla parola e dalla
I fit eis consultius si occulantur taciti qui fastidiri poterunt revelati; gloria.
nec tantum sit exprobrabile nesciri quod horreat quam patesci 3. Ma come coloro la cui fama di egregia eloquenza rende con
t vanto illustri furono a buon diritto portati per ogni dove dallo splen-
I I~
1 11. 1;'
1,'',i''
dore della fama - e senza dubbio avremmo subìto una perdita se le lo-
2: ENN. frg. var. 1: voUto vt'vus per ora virum. ro pa~ol~ fos~ero r~aste ignote, ed essi avrebbero com1nesso un' ap-
propnaz10ne 1ndeb1ta se non avessero offerto al pubblico i germi fe-
(1) Giorgio Fiorenzo· Gregorio (PLRE ID, 548), originario di una fa1niglia condi della loro abbondante facondia - dimodoché la gloria li accom-
l,',1.'
"!
senatoria dell' Alvernia, nato attorno al 538, fu designato vescovo di Tours dal pagnasse toccando tutti i luoghi ove sempre più i loro carmi li faceva-
re Sigiberto nel 573. Scrittore fecondo, la sua opera principale è la cosiddetta
Historia Francorurn in 10 libri, dalle origini fino al 591 d.C.; compose inoltre no conoscere, cosl gli scrittori che una volta conosciuti potrebbero at-
opere agiografiche ed esegetiche. Morì il 17 novembre del 594. Su di lui si ri- tirare su di sé il disprezzo agiranno più prudentemente se si nasconde-
1nanda una volta per tutte aJ. LAI-IACHE, Gregorio di Tours, BS VII, 1966, 217- ranno nel silenzio. E meno riprovevole che rimanga ignoto ciò che
222 (con bibliografia). Quanto al titolo di papa con cui Venanzio si rivolge può suscitare repulsione piuttosto che sia conosciuto ciò che irrita; e
all'a1nico, sarà da rammentare co1ne a quell'epoca esso non fosse ancora esclu-
sivo del vescovo di Ro1na, ma era adoperato per qualunque vescovo.
(2) La tripartizione fra inventt'o, part#io e distributio deriva a Venanzio da
QUINT. inst. 4, 5, 1; 9, 1, 30 e 9, 2, 2. Cotne osserva W. BERSCHIN, Biographie ta sembra essere uno degli ultimi a mostrare di conoscere l'Institutio oratoria prima
und Epochenstil im lateinischen Mittelalter, I, Stuttgart 1986, 281, il nostro poe- dell'Umanesimo.
CARMINA, PRAEF.AfIO CARMI, PREFAZIONE 91
quod urat minorisque dispendii celata videatur inscitia quam pro- l'inettitudine nascosta pare meno dannosa di quella messa in piazza,
" lata, quia illic obstat pudor ne prodatur notitia, hic audacia prodi- poiché nel primo caso la dignità impedisce che la notorietà si espanda,
tur ut ingerat notam. nel secondo l'audacia si espone per attirarsi il marchio d'infamia.
4. Unde, vir apostolice, praedicande papa Gregari, quia viri- 4. Pertanto, o uomo apostolico, venerabile vescovo Gregorio,
tim flagitas ut quaedam ex opusculis inperitiae meae tibi transfe- poiché con insistenza (3) mi richiedi di rendere pubbliche, per fartene
renda proferrem, nugarw11 mearum admiror te amore seduci quae dono, alcune delle operine frutto della mia imperizia, stupisco che tu
30 curo prolatae fuerint nec mirari poterunt nec amari, praesertim ti sia fatto conquistare dalle mie futilità, che una volta pubblicate non
quod ego impos de Ravenna progrediens Padum Atesim Brintam potranno suscitare né ammirazione né apprezzamento, principalmente
Plavem Liquentiam Teliamentumque tranans, per Alpem Iuliam perché io le scrissi quandb non ero pienamente padrone di me stesso,
pendulus montanis anfractibus, Dravum Norico, Oenum Breonis, mentre cavalcavo o sonnecchiavo. Movendo da Ravenna, attraversai a
' Liccam Baivaria, Danuvium Alamannia, Rhenum Germania trans- nuoto il Po, l'Adige, il Brenta, il Piave, il Livenza, il Tagliamento; pas-
" u iens ac post Mosellam Mosam, Axonam et Sequanam, Ligerem et sai attraverso le Alpi Carniche appendendomi agli anfratti della mon-
1
Garonnam, Aquitaniae maxima fluenta transmittens, Pyrenaeis oc~ tagna. Nel Norico attraversai la Drava, tra i Breuni l'Inn, in Baviera il
currens Iulio mense nivosis paene aut eqnitando aut dormitando Lech, in Alemannia il Danubio, in Germania il Reno; e, oltrepassate la
conscripserim, uhi inter barbaros longo tractu gradiens ant via fes- Mosella, la Mosa, l' Aisne e la Senna, la Loira e la Garonna, i più gran-
sus aut crapula, brumali sub frigore, musa hortante nescio gelida di corsi d'acqua del!' Aquitania, raggiunsi i Pirenei, coperti di neve nel
4o magis an ebria, novus Orpheus lyricus silvae voces dabam, silva mese di luglio (4). Allora procedevo per lunghi tratti in mezzo a genti
reddebat. barbare, spossato dal viaggio o dall'eccesso di cibo, nel freddo dell'in-
5. Quid inter haec extensa viatica consulte dici potuerit? Cen- verno e animato da una Musa non so se ghiacciata o ubriaca: novello
sor ipse mensura, uhi me non urguebat ve! metus ex iudice ve! Orfeo con la mia lira, dicevo parole alla selva e questa mi rispondeva
probabat usus ex lege nec invitabat favor ex camite nec emenda- col suo eco.
45 bat lector ex arte, uhi mihi tantundem valebat raucum gemere 5. Che mai si sarà potuto dire di sensato durante questi lunghi
Il
quod cantare apud quos nihil disparat aut stridor anseris aut canor spostamenti? (5) Proprio la distanza era il miglior critico, quando non
'1'1
, , oloris, sola saepe bombicans barbaros leudos arpa relidens ut inter ero preso né dal timore di un giudizio, né m'incoraggiavano le leggi
I illos egomet non musicus poeta sed muricus deroso flore carminis dell'uso, né mi sosteneva il plauso di un compagno, né mi correggeva
!;'1, poema non canetem sed garrirem, quo residentes auditores inter un lettore esperto; quando per me proferire dei rauchi lamenti valeva
'" acernea pocula salute bibentes insana Baccho iudice debaccha- tanto quanto declamare davanti a persone che non awertivano diffe-
rent. Quid ibi fabre dictnm sit, uhi quis sanus vix creditur, nisi se- renza tra lo starnazzare dell'oca e il cantare del cigno. Spesso soltanto
cum pariter insanitur, quo gratulari magis est si vivere licet post bi- un'arpa ronzante faceva rison8;re canti barbari, tanto che, tra costoro,
,, bere, de quo convivam tyrsicum non fatidicum licet exire sed fa- io non ero un poeta musicista, ma una specie di topo (6), e poiché ave-
tuum? curo, quantum ad mei sensus intellegentiam pertinet, quia vo roso il fiore della poesia non cantavo ma squittivo i 1niei carmi, in
,, se pigra non explicat brutae animae ipsa ieiuna sunt ebria. rnodo che i miei uditori brindassero seduti tra boccali d'acero, scate-
6. Hinc est quod latens opusculum, etsi minus videtur esse fa- nandosi in atteggiamenti che persino Bacco avrebbe giudicato dissolu-
mosum, plus liberum, quia de examinatione non habet quod tam ti. Che si sarebbe potuto dire di artistico là dove con difficoltà si è ri-
trepide! privatum quam publicum. Unde necessarie angusti sensus tenuti sani di mente se non si delira con se stes_si; dov'è motivo di gioia
I.·,,i' ingenium se mensuret censore quod est mittendum sub iudice, il fatto di essere ancora in salute dopo una bevuta dalla quale il convi-
tato in preda ai fumi di Bacco non esce ispirato ma intontito? Quan-
'I; do, secondo il mio intelletto e la mia sensibilità, per un animo rozzo
che nella sua indolenza non sa esprimersi, anche il digiunare è
un'ubriachezza.
5: PROP. 2, 34, 83: ore canorus I anseris indocto carmine cesst't olor. 6. Per questo motivo un'operina non divulgata, anche se appa-
rentemente meno conosciuta, gode di maggior libertà, perché ciò che
(3) Viritim ha qui il significato di vehementer: evidentemente Venanzio rimane privato non ha motivo di temere la critica come ciò che è pub-
connetteva l'avverbio non già con vir, ma con vis: cf. BLOMGREN, Studia Fortu- blico. Dunque un ingegno di scarsa levatura deve necessariamente sot-
natiana, 148. toporre alla propria critica ciò che dovrà essere esaminato da un giu-
(4) Per l'itinerario qui descritto si rimanda all'Introduzione generale, pp.
19ss. A1 termine della Vita sancti Martini Venanzio si rivolge al libretto, augu-
randogli di cotnpiere il medesimo viaggio in senso inverso, e di arrivare cosi in (5) Viaticum ha il significato di iter.
Italia e a Ravenna: Mart. 4, 621-701. (6) Giuoco di parole tra musicus e muricus "che ha l'aspetto del topo".
92 CARMINA, PRAEFA'fIO CARMI, PREFAZIONE 93
6aSed quoniam hu1nilem inpulsum alacriter, acrius renitentem, sub dice. Ma poiché tu, chiamando a testimoni il divino mistero e i mera-
testificatione divini mysterii et splendore virtutnm beatissimi Mat- vigliosi miracoli di san Martino, fai violenza contro la mia povera ispi-
tini coniurans hortaris sedtùo ut contra pudorem meum deducar razione che con ostinazione resiste e 1ni esorti con sollecitudine a
in publicum, me meis frivulis arbitre scabrosi operis ignorantiam scendere fra il pubblico vincendo la mia ritrosia, io, che pur ricono-
confitente, quod aliis poscentibus patefacere distuli, oboediendo sco, come buon giudice (7) delle mie futilità, la pochezza della mia
" cedo virtuti. Hanc saltim obtemperanti vicissitudinem repensurus rozza produzione, concedo obbediente alla tua autorevolezza quel che
ut quia haec favore magis delectantur quam indice, aut tibi tan- ricusai di rendere pubblico quando furono altri a pregarmene. In
tummodo innotescentia relegas aut intimorum auribus tecum amiH cambio della mia compiacenza, ti prego almeno di fare in modo che,
caliter quaeso conlatura committas. ,~ quando leggerai le mie poesie, esse rimangano note a te soltanto, dal
momento che questo genere di cose diletta più chi le appoggia che chi
le critica; oppure di comunicarle e di affidarle esclusivamente alle
orecchie degli intimi amici.
'i'
i 'I!.
,I i
!',.i
, ,,.
'"
' I
II I
i
.'i
,'!
,,,
"
(7) Arbitre è correzione di BLOMGREN, Studia Fortunatlana, 110, per arbitrem
della tradizione manoscritta.
INCIPIUNT CAPITULA LIBRI PRIMI CAPITOLI DEI LIBRI
LIBERI LIBRO I
(2) Cavillonensis può alludere sia a Chalon-sur-Sa6ne (Sa6ne-et-Loire, a questo caso nessuno dei due riferimenti sembra possibile (per ulteriori dettagli si ri-
sud di Digione) che a Cavaillon (Valchiusa> a sud est di Avignone). Tuttavia in manda alla nota introduttiva al carme).
CARMINA, CAPITULA LIBRI PRIMI CARMI, CAPITOLI DEI LIBRI 99
LIBERIV LIBRO IV
LIBER V LIBRO V
LIBER VI
LIBRO VI
I De Sigibertho rege et Brunichilde
II De Charibertho rege I Sul re Sigiberto e Brunichilde
'1'
III De Theodechilde II Sul re Cariberto
'I IV De Bertegilde III Su Teodechilde
,v De Gelesuintha' IV Su Bertichilde
VI De orto Ultrogothae V Su Gelesvinta
I, j VII De Canto blando villa VI Sul giardino di Ultrogota
VIII De coca qui iniuriam fecit VII Sulla tenuta di Cantoblando
IX Ad Dinamium massiliensim VIII Su di un cuoco che gli fece uno sgarbo
wX Adeundem IX A Dinamio di Marsiglia
X Al medesimo
LIBER VII
LIBRO VII
I AdGogonem
II Ad eundem de cena I AGogone
III Adeundem II Al medesimo, su una cena
IV Adeundem III Al medesimo
,v De Bodegisilo duce IV Al medesimo
VI De Palatina uxore eius V Sul duca Bodegisilo
VII De Lupo duce VI Su Palatina, sua moglie
VIII Adeundem VII Sul duca Lupo
IX Item ad eundem VIII Al medesimo
wX Ad Magnulfmn IX Ancora al medesimo
XI Adlovinum X A Maguulfo
XII Adeundem XI A Giovino
XIII AdFelicem XII Al medesimo
XIV De Mummoleno XIII A Felice
"xv De Berulfo camite XIV Su Mummoleno
XVI De Condane domestico xv Sul conte Berulfo
XVII Ad Gundovarium XVI Sul domestico Condane
XVIII AdFlavum XVII A Gonduario
XIX Item ad Flavnm et Evodium XVIII A Flavo
XIX Ancora a Flavo ed Evodio
I02 CARMINA, CAPITULA LIBRI PRIMI CARMI, CAPITOLI DEI LIBRI 103
w xx Ad Sigimundum · xx A Sigimondo
XXI Ad Sigimundum et Alagisilum XXI A Sigimondo e Alagisilo
XXII Ad Bosonem referendarium XXII Al referendario Bosone
XXIII AdPaternum XXIII A Paterno
XXIV Versus in gavatis XXIV Versi su scodelle (4)
ii1 I I
'I· I II Ad Chilpericum et Fredegundem reginam I Al re Chilperico, in occasione del sinodo dei vescovi
III Item ad eosdem II A Chilperico e alla regina Fredegonda
IV Epitaphium Chlodoberti III Ancora ai medesimi
,v Epitaphium Dagoberti IV Epitaffio di Clodoberto
'J VI Ad Gregorium episcopum pro metris saphicis V Epitaffio di Dagoberto
VII Ad eundem in ipso metro VI A Gregorio) vescovo, a proposito dei versi saffici
VIII Ad Baudovaldum episcopum VII Al medesimo, in quel metro
IX Ad Sidonium episcopum VIII A Baudoaldo, vescovo
IX A Sidonio, vescovo
LIBERX LIBRO X
LIBERXI LIBRO XI
"xxv Ad easdem de itinere suo xxv Alle medesime, sul proprio viaggio
XXVI De oratorio Apiliacinse XXVI Sull'oratorio di Apiliacum (5)
:!i
I
(5) Nei manoscritti questo carme non reca alcun titolo specifico, e, almeno nel-
la forma in cui lo leggiamo oggi, non contiene alcun riferimento a un oratorio. È
pertanto possibile che il presente catalogo sia stato una sorta di piano di raccolta
compilato da Venanzio in vista della pubblicazione dei carmi, al quale però l'esecu-
tore testamentario non abbia potuto dare piena attuazione non avendo trovato tutti i
carmi segnalati. In ogni caso, il toponilno Apilt'acum non è stato ancora identificato.
~-
VENANTI HONORI VENANZIO ONORIO
CLEMENTIANI FORTUNATI CLEMENZIANO FORTUNATO,
PRESBYTERI ITALICI SACERDOTE ITALIANO
LIBER PRIMUS INCIPIT FELICITER LIBRO PRIMO
Antistes Domini, meritis in saecula vivens, Vescovo del Signore, tu che per i tuoi meriti vivrai nei secoli,
gaudia qui Christi de grege pastor habes, pastore che hai le gioie del gregge di Cristo; quando un'epoca lonta-
cum te Vitalem voluit vocitare vetustas, na (2) volle importi il nome di Vitale, essa sapeva che tu avresti meri-
noverat aeternum te meruisse diem. tato la luce eterna. Degno sacerdote, che rifulgi di spirito apostolico,
Dignus apostolica praefulgens mente sacerdos tu che.santamente innalzi templi così venerabili in onore di sant'An-
5
'r .' qui sacer Andreae tam pia tempia locas. drea. E invero giusto che segga nella basilica del Signore, in grazia
Quam bene pro meritis Domini consedit in aula dei suoi meriti, colui che ha fatto edificare una dimora degna di Dio.
per quem digna Dco est aedificata domus. Dal Signore hai acquisito la più alta dignità; a Lui innalzi alti edifici:
Sumpsisti a Domino culmen cui culmina condis, così tu rendi onore a chi ti ha conferito prestigio.
'° qui tibi digna dedit reddis honore vicem. La basilica risplende maestosa (3), rifinita con ornamenti di me-
Emicat aula potens solido perfecta metallo, t,allo massiccio; ll il giorno dura continuo, senza dar spazio alla notte.
quo sine nocte manet continuata dies. E il luogo stesso, nella sua luce ininterrotta, a invocare Dio, perché en-
Invitai locus ipse Deum sub luce perenni, tri amorevole con passo tranquillo nella propria dimora.
gressibus ut placidis intret amando lares. Tu che dai alle genti luoghi ove possano sempre adorare Dio, fai
" Qui loca das populis Dominum quo semper adorent, di te stesso (4) il mezzo attraverso cui esse conseguano il perdono. Il
ut capiant veniam te facis esse viam. favore, il sentimento, l'animo, la lealtà, la benevolenza del popolo, il
Gratia, mens, animus, bonitas, dilectio plebis tuo rango e la tua devozione hanno fatto di te un padre. La tua pro-
·,,· et gradus et pietas te dedit esse patrem. sperità dà prova di sé: rendendo piena la gioia ha chiamato uomini
Prosperitas se vestra probat quae gaudia supplens ragguardevoli al compimento del tuo voto. Qui il duca reca lo splen-
20
intulit egregios ad tua vota viros. dore delle armi, lì il prefetto quello delle leggi (5): sono giunti coloro
Dux nitet bine armis, praefectus legibus illinc, la cui presenza rende di solito ancor più solenni le festività. Perché
venerunt per quos crescere festa solent.
trimenti sconosciuto vescovo ortodosso inviato da H.avenna a Pola (si ricordi quanto
'·. 1, 11. SEDUL. carm. pasch. 1, 269: emicat aula tholis; cf. VEN. FORT. carm. detto nell'Introduzione generale sulla posizione di Venanzio nella questione tricapi-
l, 4, 1; 1, 9, 19; INSCR. christ. Diehl 1784, 1: aula dei claris radiat speciosa metal- tolina). L'aggettivo sarà forse stato introdotto da uno scriba che equivocò un appun-
lis. - 18. CE 1371, 12: hic dedit esse patrem. to, risalente allo stesso Ve11anzio, sul luogo di composizione del carme: Ravennae,
interpretato come fosse la sede episcopale di Vitale. Ma si può pure pensare che
(1) Il carme risale agli anni giovanili di Venanzio, pri1na della sua parten- l'aggiunta sia stata fatta da qualcuno che fosse a conoscenza del fatto che il carme
za dall'Italia. L'aggettivo Ravennensem, presente in molti manoscritti ma assen- fosse stato composto in Italia nonché della formazione ravennate di Venanzio: da
te nel catalogo dei carmi, deve essere espunto, perché nella lista dei vescovi ra- questi due dati operò l'errata identificazione.
vennati non risulta alcun Vitalis. L'identificazione più attendibile è ancora (2) Vetustas sta per veteres, ovvero i genitori di Vitale; che gli imposero tale
quella formula:a da.KOEBNER, Vena~tius F?rtunatus, 125: questo Vitalis sareb- nome al momento del battesimo.
be il vescovo d1 Altinum nella Venetta nomrnato da PAUL. DIAC. Lang. 2, 4, che (3) Esordio caratteristico dello stile epigrafico. Cosl anche l'indpit di carm. l, 2
sarebbe stato il primo protetto1·e del giovane poeta. Recentemente M. REYDEL- e 1, 4.
LET Venance Fortunat. Poèmes, I, ad loc., ha proposto l'identificazione con il (4) Te è correzione operata da F. Leo per il tu della tradizione, sulla base di
ves~ovo Vitale di Milano, consacrato a Ravenna nel 552; pare invece che abbia carm. 1, 15, 62.
scru:se probabilità di cogliere nel giusto G. Cuscrro, Venanzio Fortunato e le (5) Il verso riflette la separazione dei poteri civile e militare introdotta dalla
chiese istriane. Problemi e ipotesi, "Atti e metnorie della Società istriana di ar- Prammatica Sanzione di Giustiniano nel 554. Il praefectus praetorio Italiae deteneva
cheologia e storia patria'', n.s., XXVI (1978), 207-225, che vede in Vitale un.al- il potere civile, giudiziado e finanziario, n1e11tre l'autol'ità 1nilitare era nelle mani del
CARMINA, L. I, I-II CARMI, L. I, 1·2 III
I, no
Ne tibi desit honor, populum Deus auxit opimum, non ti manchi l'onore, Dio ha accresciuto la prosperità del tuo popo-
qui vidit sensum hoc voluisse tuu~. lo: egli vide che ciò era quel che i tuoi sentimenti avevaoo auspicato.
,, Mysterium fidei conplevit vota ~et.enU. . Il mistero della fede ha adempiuto i tuoi voti e le tue preghiere,
F elix cui Dominus quae cupis ipsa vehit.1 Beato colui al quale il Signore elargisce ciò che desidera!
Plurima divino celebres sollemnia dono Possa tu, per grazia divina, celebrare moltissime solennità e feli-
atque Dei florens tempia locaodo colas. cemente (6) onorare Dio consacrando nuovi templi.
Quisquis ad haec sancti concurris fonina templi, Chiunque sia tu, che giungi alla soglia di questo sacro tempio, se
si venias supplex, hic prece s':111.1is opem. vieni supplichevole, qui ricevi aiuto grazie alla preghiera. Questo edifi-
Quam sacer antistes Vitalis condid11 arcem, . cio è stato fondato dal venerato vescovo Vitale: in breve tempo è stato
culmine quae celso est tempere ducta brevi. elevato a un'altezza sublime. Egli ne pose le fondamenta, lo costrul, ne
Fundavit, struxit, dotavit, deinde dicavit curò l'arredo, infine lo dedicò e meritò di sciogliere il proprio voto di
et meruit templi solvere vota :u1. , edificare un tempio.
Quo veneranda pii requiescunt viscera Petn Qui riposaoo le venerabili reliquie di san Pietro: egli solo fu de-
qui meruit solus clave ligar~ polos: gno di legare i cieli con la sua chiave (7). Assieme a lui è custodito, in
Paulus apostolica simul hac retmetur m aula, questa basilica apostolica, Paolo: un tempo falso maestro, egli ora
rn seductor quondam qui modo doctor ovat. esulta tra i dottori della Chiesa. Saot' Andrea rivendica come propria
Haoc sacer Andreas propriam sibi ~indicai arcem questa rocca, ed egli la regge unitamente al suo santo fratello. Riempie
et cum fratte pio participata regit. questa sua dimora di un fuoco sereno Lorenzo, cui una sacra fiatnma
Haec sua tecta replet Laurentius igne se!eno, donò la luce di un giorno senza fine (8). Questa casa è gradita a Vitale:
cui pia fiamma dedit luce perenne diem. egli, sepolto vivo tra le sabbie, meritò di evitare la via della morte (9).
" Vitali domus ista placet qui vivus h~renis Sono questi i luoghi di Marrino, che coprì col suo mantello I' Altissi-
lii ' mo: perché non patisse più il freddo non esitò a spogliarsi (10). Ecco
.1 defossus meruit perdere morlls iter.
Sunt loca Mattini qui texit veste Tonaotem: il santuario di Vigilia, ucciso da zorica canaglia: egli desiderò morire,
,,i ::1; ne magis algeret, se spoliare dedit. . ma la morte si allontaoò ancor più da lui (li). Qui risiedono pure
, I
:1·;:1· Ecce Vigili arx est quem rustica. rnrba per~mit: Martirio e Sisinno, uniti dalla medesima origine, fede e salvezza.
!':r·: '" unde mori voluit mors magts tpsa fugit. Esprimono qui la loro potenza sant' Alessandro (12) e la beata Cecilia:
per i loro meriti una medesima corona li attende entrambi. Il buon ve-
,,, I:, Incolit haec pariter Marturius atque Sisennus,
quos genus atque fides et te~1~t una salus.
Sanctus Alexander felixque Cicilia pollent,
quos meritis omnes una corona manet. cf. carm. 8, 3, 167 e Mart. 4, 682. Per maggiori dettagli si veda G.D. GORDINI, Vitale
e Agricola, BS XII, 1969, 1225-1228.
(10) In due circostanze san Martino si spogliò dei propri abiti per darli a un
"
! I povero: dapprima ad Amiens donò la metà del suo mantello; in seguito, divenuto ve-
I, scovo di Tours, regalò la sua tunica. Venanzio altrove distingue bene i due episodi:
2, 1. INSCR. christ, Diehl 1756, 1: ingrederis quisquis radiantt's limt'na cf. carm, 10, 6, 103-106 e 107-116.
':1'1 I,:' templi. (11) Vigilio, vescovo di Trento alla fine del secolo IV, fu assassinato durante
un tumulto di pagani il 26 giugno di un anno attorno al 500: cf. I. ROGGER, Vigilt'o di
'I
?i
dux. Quest'ultimo sarà stato nel nos.tro caso il c;omanda~te una delle guarni- Trento, BS XII, 1969, 10.86-1088.
gioni incaricate di difendere la frontiera nor~ortentale. d Itaha. . .
i
(12) Sisinno diacono, Martirio lettore e Alessandro ostiario, martiri dell'Anau-
(6) Florens è correzione di F. Leo per d/lores dei manoscnttt. ni·a, l'odierna Val di Non in provincia di Trento, furono uccisi dai pagani il 29 mag-
(7) Simon Pietro. . . . gio 398: si veda I. RoGGER, St'sinio, Martirio e Alessandro, BS XIl, 1969, 1251-1253.
(8) San Lorenzo, diacono romano, fu arso vivo su una graticola. S1 veda S. Il resoconto della loro passione ci è conservato in due lettere del vescovo Vigilio
CARLETII Lorenzo BS Vlll, 1967, 108-121. . (edite da E. MENESTÀ, I martiri della Val di Non e la reazione pagana alla fine del IV
(9) \Titale fu ~artirizzato insietne al compagno Agricola a Bologna. Alcu- secolo [Pubblicazioni dell'Istituto di Scienze Religiose di Trento 9], Trento 1985,
ne sue reliquie gitmsero a Ravenna, dove nacque ben presto una leggenda c?e 159-164) e il loro culto è ricordato da Massimo di Torino (Serm. 105 e 106), san
ne fece il primo martire ravennate. A tale leggenda credette lo stesso Venanzto: Gaudenzio di Brescia (Tract. 17, 19) e sant'Agostino (Ept'st. 139, 2).
II2 CARMINA, L. I, II-IV CARMI, L. I, 2-4 UJ
" Haec bonus antistes, Vitale urguente, Iohannes scovo Giovanni (13), su richiesta di Vitale, ripose queste sacre reliquie
condidit egregio viscera sancta loco. in un luogo santo.
O nimium felix) aeternum in lumen iture, O felice assai, tu che t'incammini verso la luce eterna e la cui vita
cuius vita suo proficit ista Dea! rende onore al tuo Dio.
Gloria celsa pios Domini circumdat amicos Una nobile gloria riveste i devoti amici del Signol'e, il cui onore
quorum dijfuso vivit in orbe decus. vive diffuso (14) nel mondo intero. Questo martire patl per Cristo nel-
Pertulit hic martyr pro Christo orientis in axe: le regioni dell'Oriente: ed ecco, da beato, possiede templi in Occiden-
ecce sub occasu tempia beatus habet. te (15). Saldo per divina virtù, trionfante sulla mol'te, prese su di sé le
.'i I
Fundatus virtute Dei, de morte triumphans pietre, egli per cui soltanto Cristo era la Pietra.
I excepit lapides cui petra Christus erat 1. Crudele nazione giudaica, che credi di uccidere Stefano! Anche
Gens Iudaea ferox, Stephanum quem perdere credis, se muore nella carne, egli non può morire nel suo onore. Egli per i
etsi carne, tamen nescit honore mori. suoi meriti possiede la palma, tu per i tuoi delitti il castigo; egli ha sta-
Ille tenet palmam meritis, tu crimine poenam. bile dimora nel cielo, tu sprofondi sempre più nel baratro.
rn Possidet ille polos, tu magis ima petis. Palladio consacrò al levita questo sacro tempio (16): perciò egli
Haec sacra Palladius levitae tempia locavit otterrà una dimora imperitura (17).
unde sibi fiat non peritura domus.
.....u.
j
II4 CARMINA, L. I, V-VI CAruvi:I, L. I, 5-6 u5
I V. IN CELLULA SANCTI MARTIN! UB! PAUPEREM VEST!Vff. 5. NELLA CELLETTA DI SAN MARTINO, DOVE EGLI RIVESTÌ UN POVERO.
I ROGANTE G!IBGORIO EPISCOPO Su RICHIESTA DI GREGORIO, VESCOVO (19)
Qui celerare paras, iter huc deflecte, viator: Viandante, che ti appresti ad affrettare il passo, volgi di qua il tuo
hic locus orantem cautius ire docet. cammmo: questo luogo invita chi prega a procedere più lentamente. È
Exul enim terris, caeli incola, saepe solebat qui infatti che san Martino, abitante del cielo esule in terra era solito
clausus Martinus bine aperite polos. spesso, ritirandovisi, aprire gli spazi del cielo. '
, Aede sub hac habitans, heremi secreta tenebat, Egli, dimorando in questo edificio, osservava la clausura dell' ere-
per medios populos anachorita potens. mo, potente anacoreta in mezzo ai popoli (20). Qui egli, spogliatosi,
Hic se nudato tunica vestivi! egenum: copri co~ Ja sua vest~ un bisognoso: mentre copriva chi pativa il fred-
dum tegit algentem, plns calet ipse fide. do, era p1u ardente d1 fede. Allora egli, vescovo, si rivestì di una tunica
Tum vili tunica vestitur et ipse sacerdos di s~arso valore e la più alta fra le dignità si mostrò con un povero ri-
processitque inopi tegmine sumn1us honor. vestimento.
'" Qui tamen altaris sacra dum mysteria tractat, Tuttavia egli, mentre trattava i santi misteri dell'altare nel fare i se-
signando calicem, signa beata dedit. ' gni di croce sul calice manifestò i segni della sua santità.' Infatti, dalla
i Namque viri sacro de vertice fiamma refulsit sacra testa dell'uomo sfavillò una fiamma e un globo di fuoco si elevò,
I ignis et innocui surgit ad astra globus senza causare danno, verso il cielo. Perché la inano non subisse torto
15 ac brevibus manicis, fieret ne iniuria dextrae, dalle brevi maniche della veste, delle pietre preziose gli rivestirono la
texerunt gemmae qua caro nuda fuit: peli? .do.v'essa era scoperta, Le braccia scintillanb dello splendore delle
brachia nobilium lapidum fulgore coruscant nobili pietre e al posto della tunica vi era un bello smeraldo (21).
inque loco tunicae pulchra zmaragdus erat. Assai vantaggi~so è lo scambio: egli veste un bisognoso e, al posto
Quam bene mercatur qui dum vestivi! egenum, del!~ tu.111ca,. mm P.Ietra preziosa ricopre le sue braccia! TI) pure che
I :, ~
1··, '° tegmine pro tunicae brachia gemma tegit! abiti ne1 cieli, Martino, nostro intercessore reca a Dio parole pie in fa-
,, Tu qnoque qui caelis habitas, Mattine precator, vore di Fortunato. '
I'
] pro Fortunato fer pia verba Deo.
Fine. A Gregorio.
i
Explicit. Ad Gregorium O caro e pio sacerdote, nel!' obbedire alle tue richieste mi è più
Imperiis parere tuis, pie care sacerdos gradito il volere che il potere. '
I
quantum posse valet, plus mihi velie placet.
·"I
6. SULLA BASILICA DI SAN MARTINO
'li,> VI. DE BASILICA SANCTI MARTIN!
... 1··' Chi br~a di es.sere associato ai beati nella dimora eterna guada-
]i
I
Qui cupit aeterna sociari in sede beatis, W'". la loro 111tercess10~~ per mezzo di devote preghiere e non tollera
,, !i
hos sibi participes per pia vota facit di rimandare a lungo c10 che deve essere fatto, poiché considera come
'
nec patitur differre diu quod oportet agendo, un propr10 guadagno i doni che ha dato. Leonzio (22) dunque ha fon-
'
li ! cum bona quae dederit haec sua lucra putet.
i
, Condidit ergo arvis delubra Leontius alma, come didascalia di una pittura. La celletta era adiacente alla cattedrale di Tours e il
! sa~to vi si ~acc<;iglieva prima delle celebrazioni. Cf. SULP. SEV, dia!. 2, 1. All'epo~a in
I c?1 Greg?r10 d1ye.nne yescovo, essa era l'unica parte agibile della cattedrale, andata
I 5, 13. VERG. Aen. 2, 682: ecce levis summa de vertice visus Iult' I fundere lu- distiut~a 111 ?-D tncend10. nt;J 558, e costituiva pertanto una delle principali mete di
! men apex. - 23. LUCAN. 1, 372: iussa sequi tam passe miht' quam velie necesse est. pellegrtnagg10. ~u veros1md1nente per questo motivo che Gregorio commissionò il
carme a Venanzio; cf, B. BRENNAN, 'Bei'ng Martin': Saint and Successor in Sixth-Cen-
(19) Sul carme si veda H. DELEHAYE, Une inscription de Fortuna! sur saint tury Tours, "TheJournal ofReligious History", XXI (1997), 121-135, 132.
Martin (1, 5), in lD., Mélanges d'hagiographie grecque et latine (Subsidia hagio* (2.0) Anche dopo la sua elezione episcopale, san Martino non rinunciò alla vita
graphica 42), Bruxelles 1966, 204-211 [già in AA.Vv., Mélanges Camille de Bar- 1no.nastica: cf. SULP. SEV. Mart. 10, lss.
man, Liège 1919, 19-26], nonché PIETRI, La vztle, 363 e 825. Il Delehaye osser- (21) Venai:zio pone in stretta l'elazione due episodi distinti della vita del santo,
va che il titolo tramandatoci nei 1nanoscritti è corretto, e non vi è bisogno di cf. SULP. SEV. dia/, 2, 1 e 3, 10. Del resto il poeta li 1nantenne distinti in Mart 3
correggerlo in in cellulam, come volle F. Leo. Il carme infatti non è un omaggio 55ss. e 4, 305ss, · '
alla celletta, ma dovette essere proprio inciso al suo interno, presumibihnente (22) Su Leo.nzio II vescovo di Bordeaux si veda la nota 44.
n6 CARMINA, L. I, VI-VII CARMI, L. I, 6-7
talibus officiis intret ut ipse polos. dato nei campi un sacro tempio, per ascendere in cielo a compenso di
Martini meritis et nomine fulta coruscant, tale servigio.
quem certum est terris signa dedisse poli. Esso rifulge, sostenuto dai meriti e dal nome di Martino, che cer-
Qui leprae maculas medicata per oscula purgans tamente ha dato in terra segni del cielo. Egli, guarendo con baci mira-
pacis ab amplexu morbida bella tulit. colosi le macchie della lebbra vinse la guerra contro la malattia con
Haec tamen ingenio sunt aedificata perito, abbracci di pace (23 ). Questo tempio è stato innalzato da un ingegno
quo nihil egregius gloria laudis eget. esperto: la gloria dei meriti del santo non desidera nulla di più alto (24).
Additur ad specimen locus ipse quod eminet arvis A questo splendore si aggiunge il luogo stesso, che si eleva sui campi e
elatoque iugo colle tumente patet. si estende sul!' alta cima di una collina rigonfia. Col dorso sviluppato
15 Altius educto sub se tenet omnia dorso verso lalto tiene tutto sotto di sé e, da qualunque parte si distenda lo
et quacumque petit, deliciosa videt. sguardo, la vista è deliziosa. Appare vicino al nostro occhio se arrivia ..
A longe adveniens oculo vicinus habetur, mo da lontano; si congiunge allo sguardo quando è ancora distante
iungitur aspectn dissociante loco. nello spazio.
Quo fessus rapitur visu invitante viator: Da questa allettante visione lo staoco viaodante è rapito: vi si ac-
'" si pede defecerit, lumine tractus adit. costa attratto dalla luce se il piede lo abbandona (25). Placidina (26)
Quae Placidina sacris ornavit culmina velis decorò le altezze della basilica con sacri veli: allo stesso tempo, in reci-
certantesque simul hic facit, illa colit. proca emulazione, egli costruisce, ella abbellisce.
VII. IN HONOIIBM BASILICAE SANCTI MARTIN! 7. IN ONORE DELLA BASILICA DI SAN MARTINO,
QUAM AEDIFICAVERUNT BASILIUS ET BAUDEGUNDIS EDIFICATA DA BASILIO (27) E DA BAUDEGONDA
Discite, mortales, tetris nihil esse quod obstet, Sappiate, o mortali, che nulla resiste alla terra quando i sacri tem-
cum sacra tempia Dei flumine fixa manent. pli di Dio stanno saldi su un fiume. Poiché la montagna si opponeva a
Pulchra per angustos ut surgeret aula meatusi che una bella basilica s'innalzasse tra terre strette e tortuose, fu l'ac-
etsi mons vetuit, praebuit unda locum. qua a offrire il luogo. Perché l'onda corrente fosse a servizio della divi-
, Ut famularetur domui vaga lympha supernae, na dimora una tecnica nuova irreggimentò in un percorso le acque an-
cursibus antiquas ars nova subdit aquas. tiche. Ivi Basilio, in piena concordia con Baudegonda, restituisce que-
Cum Baudegunde quo mente Basilius una sto manufatto allo stato originale rinnovandolo, e lo amplia.
hoc renovans priscum reddit et auget opus. Così, Martino, la tua gloria, ovunque celebrata, merita che nessun
Sic, Martine, tuus honor amplus ubique meretur luogo rifiuti di risonare di feste in tuo onore. Pacato da questi omaggi,
ut loca nulla negent, quo tibi festa sonent. o vescovo magnifico, rendi benigno un compenso a coloro dei quali
Talibus officiis pacatus, opime sacerdos, vedi le opere votive.
i1· quorum vota vides, redde benigne uicem.
VIII. DE BASILICA SANCTI VINCENTI ULTRA GARONNAM 8. SULLA BASILICA DI SAN VINCENZO OLTRE LA GARONNA (28)
Tempore vita brevis meritis fit longior almis La vita, breve nella sua durata, diviene più lunga per i meriti delle
angustosque dies tendit honore fides. buone opere e la fede con la sua gloria rende lunghe le brevi giornate.
Post finem sine fine manet mens dedita Christo: I:anima devota a Cristo, dopo la fine, vive senza fine: lascia il consor-
linquens turbam hominum stat sodata Deo. zio degli uomini, ma gode della compagnia di Dio. Sorretto da questa
Hac ope suffultus Vincentius extat in aevum, risorsa, Vincenzo vive per l'eternità e la gloria magnifica del suo marti-
i gloria martyrii cuius opima viret, rio fiorisce. Col taglio della sua testa egli strappò la vittoria alla morte
vertice succiso rapuit qui ex morte triumphum 2 e, nuova creatura, dalla terra vola verso il cielo. Il nemico, credendo di
et nova de tetris proles ad astra volat 3. dargli la morte, diede al santo gloria, ed è piuttosto l'assassino a giace-
Credidit unde necem, sancta dedit hostis honorem re in una morte perpetua. Sarebbe stato un guadagno per quel misero,
percussorque magis morte perenne iacet. se non fosse riuscito a decapitarlo: infatti, privandolo della testa gli ha
assicurato il cielo. Leonzio (29), adempiendo i pii voti frutto di ~n rin-
10
Auspicii praemissa fides erat aree futura, previa garanzia del presagio secondo cui su quel!' altura in futuro sa-
ut modo celsa domus staret honore Dei. rebbe sorta un'alta basilica in onore di Dio. Qui poi il santo, sostenuto
Hic etiam sanctus, Don1ini suffultus amore, dal!' amore di Dio, diede segni stupefacenti della potenza che gli veni-
virtutis summae signa tremenda dedit. va dall'alto. Infatti, quando il presule dedicò il tempio di Dio secondo
" Nam cum tempia Dei praesul de more dicavit, le prescrizioni, all'arrivo del martire l'ira del den1onio fuggl (32). Un
martyris adventu daemonis ira fugit. uomo affetto da una grave malattia ritorna in salute: laver visto la
Redditur incolomis quidam de peste maligna, chiesa del santo fu per lui la medicina.
cui vidisse pii tempia medella fuit. Il tempio maestoso rifulge, pieno di quella serenità che viene da
Emicat aula potens divino piena sereno, Dio, sicché a ragione Dio si compiace di dimorarvi. Ora, grazie alla
I . ut merito placeat hic habitare Dea. suadente bellezza del luogo e alla fama del miracolo, richiamano qui i
Nunc specie suadente loci ac virtutis honore, popoli da una parte lo splendore, dall'altra la salvezza.
I evoca! hic populos hinc decus, inde salns. Il fondatore di questa rocca veneranda che infiamma d'amore il
'·
Qui plebem accendit venerandae conditor arcis, popolo raccoglierà giusto premio per i suoi buoni uffici.
talibus officiis praemia iusta mete! .
. : '' 10. Su SAN NAZARIO (33)
X. DE DOMNO NAZARIO
Brillano le altezze venerande del glorioso Nazario: la terra rac-
Culmina conspicui radiant veneranda Nazari chiude le sue membra, la sua anima possiede il cielo. Di stirpe terrena,
cuius membra solum, spiritus astra tenet ma estraneo ai bisogni terreni, ricchezza- immortale, eppure uomo na-
se1nine terrigeno terrenis usibus exsors, to dalla polvere: non ebbe desideri carnali, ma aspirò ai tesori di Cri-
inmortale bonum, pulvere natus homo, sto, per il proprio sangue vittima degna al cospetto di Dio.
nil carnale volens, sed Christi praemia poscens, Il santo Leonzio ri offre devotamente questo tempio e desidera
sanguine de proprio victima digna Dea. che questa sua dimora superi la precedente. Precedentemente era sta-
Haec tibi tempia sacer devota Leontius offert ta qui edificata, in uno spazio limitato, una struttura in cui neppure al-
maioremque suam hinc cupit esse domum. lora poteva essere accolto tutto il popolo dei devoti. Dopo averla de-
Hic prius angusto fabricata est machina gyro, molita egli l'ha novamente edificata dalle fondamenta e ampliata, per
quo neque tunc poterat plebs veneranda capi poi farne gradito dono.
deiectamque solo rursus fundavit ab imo
et dedit haec quae nunc amplificata placent.
11. SULLA BASILICA DI SAN DIONIGI (34)
Xl. DE BASILICA DOMNI DIONISII Se vuoi sapere chi abbia costrùito questo tempio perfetto, non la-
scerò che desideri cosl pii restino insoddisfatti.
Qui cupis egregii structorem nascere templi,
tam pia non patiar vota latere tibi.
(32) Venanzio allude all'ingresso solenne delle reliquie del martire, recate ve-
rosimilmente dal vescovo Leonzio I di Bordeaux (d. olim al v. 7) all'atto della fon-
dazione della basilica.
(3 3) Martirizzato a Milano insieme al compagno Celso, le sue ossa furono sco-
11. STAT. Theb. 6, 936: venturi promissafides. - 14. SEDUL. carm. pasch. 3, 2: vir-
perte da sant'Ambrogio nel 395. Già l'anno seguente alcune sue reliquie raggiunsero
tutis documenta dedit; CLAUD. 23, 10: inferret ... signa tremenda. - 16. ARATOR la Gallia; cf. A. AMORE, Nazario e Celso, BS IX, 1967, 780-784. Secondo la DE MAIL-
act. 2, 656:.daemonis ira. - 23. VERG. Aen. 8, 313: Romanae conditor arcis. LÉ, Recherches, 91, l'oratorio celebrato da Venanzio, che doveva avere forma circola-
re in guisa di torre, poté trovarsi in corrispondenza dell'attuale villaggio di Saint-Na-
Nemetodurum, Medionemetum: il senso originario doveva essere "radura ove si zaire ptesso Sainte-Foy, nel dipartimento della Gironda.
celebra un culto". Cf. A. ERNOUT - A. MEILLET, Dictionnaire étymologique de la (34) La menzione di Leonzio al v. 9 ha fatto sempre pensare che la basilica si
langue latine. Histoire des mots, Paris 1959\ 4?7,_ s.v. nemus,,nonché ~er mag- trovasse a Bordeaux o nelle vicinanze; suscitava però difficoltà la menzione dell'altri-
giori dettagli M. ZICÀRI, Nemetum e Verne1net1s tn. Lucano e tn. Ve~anzto Fortu- ruenti sconosciuto vescovo Amelio al v. 5. Ultimainente LOMBARD-JOURDAN, Du
nato, in AA.VV., Classica!, Mediaeval and Renatssance Studtes tn Honor o/ nouveau, 125-160, ha invece avanzato l'ipotesi ch'essa si trovasse a Parigi, poiché un
Berthold Louis U/lman, I, Roma 1964, 205-215. Amelio resse quella diocesi tra il 533 e il 541: la basilica in questione sarebbe Saint-
CARMINA, L. I, XI-XII CARMI, L. I, 11-12 123
122
Longius hinc olim sacra cum delubra fuissent Poiché anticamente il sacro tempio era molto lontano da qui e il
et plebs ob spatium saepe timeret iter, popolo spesso temeva la lunghezza del viaggio, il vescovo Amelio do-
, exiguam dederat hic praesul Amelius arcem, nò una piccola cappella, uno spazio che non poteva contenere il popo-
christicolam populum nec capiente loco. lo dei fedeli. Dopo che ebbe concluso la propria vita, il luogo con la
Quo vitae claudente diem dehinc prole graduque costruzione passò ali' erede per stirpe e per dignità. Il vescovo Leonzio
iI pose le fondamenta di questo pio edificio, offrendo un magnifico do-
'
venit ad heredem hoc opus atque locus
fundavitque piam hanc papa Leontius aulam, no al suo Signore.
10 obtulit et Domino splendida dona suo. Il venerabile Dionigi lo ha per sua dimora: esso risplende, reso
Quam venerandus habet propriam Dionisius aedem, santo dal suo nome. Egli, ardente di fede e rinsaldato dall'amore per
nomine sub cuius sanctificata nitet. Cristo, offrl, adagiando la testa, il proprio collo alla decapitazione (35).
Qui fervente fide Christi solidatus amore, Egli disprezzava le sue membra, poiché desiderava la corona e consi-
vertice subposito colla secanda dedit. derava come nulla tutto ciò che avesse a soffrire per amor di Dio. Per-
15 Membrorum conten1ptor erat cupiendo coronam, ché la sua carne mortale acquisisse un dono immortale egli amò le fe-
vile putans quicquid ferret amore Dei. rite1 che tuttavia non recarono con sé la vera morte. Egli 1facendosi in-
Ut moritura caro donum inmortale pararet, contro alla spada nemica, conquistò per sé il cielo: per il fatto di aver
vulnera dilexit, sed caritura nece. voluto morire ebbe la salvezza bramata.
Hostili occurrens gladio se misit Olimpo: Il vescovo non demolì la piccola cappella prima di condurre a
,,I termine quest'opera, che ora è frequentata con gioia: egli con assiduità
unde mori voluit, vota salutis habet.
Nec angusta prius subtraxit fana sacerdos, celebrava i riti nel tempietto antico finché non avesse conveniente-
;·,i haec nisi perficeret quae modo culta placent, mente consolidato ledificio che ne avrebbe preso il posto.
adsidue in prisco peragens cerimonia templo,
donec rite sequens consolidasset opus.
12. SULLA BASILICA DI SAN BIBIANO (36)
XII. DE BASILICA SANCTI BIBIANJ Il tempio del vescovo Bibiano, degno di lui, sfavilla: ivi la fede
esaudisce i voti di chi chiede ciò che è giusto. Il vescovo Eusebio (3 7)
Digna sacerdotis Bibiani tempia coruscant, fondò un tempo con grande solennità questa chiesa, tuttavia fu rapito
quo si iusta petis, dat pia vota fides. al mondo prima di poterla terminare. Gli succedette per breve tempo
Quae praesul fundavit ovans Eusebius olim, nel santuario, come vescovo, Emerio (38), ma rinunciò al compito di
ne tamen expleret raptus ab orbe fuit. terminare la costruzione. Egli pregò te, vescovo Leonzio, di seguire i
, Cui mox Emerius successit in aree sacerdos lavori: il tuo zelo pastorale si prodiga nella realizzazione di quel voto.
'1 sed coeptum ut strueret, ferre recusat onus. Un tale splendore riservò espressamente a te la propria cura e nes-
•1,
Qui precibus commisit opus tibi, papa Leonti, sun altro, all'infuori di te, avrebbe potuto consacrare questi luoghi san-
.,,,' cuius ad hoc votu1n iugiter instat amor.
I"I
I''.1. ''.i Ultra tale decus tibi se servavit agendum
10 nec nisi tu fue~as qui loca sacra dares.
poté presenziare alla ceri1nonia anche da vescovo di Parigi, tanto più che egli era im-
parentato con la famiglia dei Paolini, da cui provenivano i due Leonzio (cf. v. 7).
(35) Cf. carm. 8, 3, 159. Sulla vita del santo si rimanda a C. DE CLERCQ - P.
BURCHI, Dionigi~ Rustico ed Eleuterio, BS N, 1964, 650-653.
(36) Vescovo di Saintes alla metà del sec.V: cf. H. CLAUDE, Bt'biano dt' Sat'ntes,
'i: BS III, 1963, 181-182. La basilica descritta da Venanzio, che custodiva la sepoltura
11, 6. Ov. Pont. 4, 4, 42: o/ftcium populi vix capiente domo. - 14. CE 1335, del santo, verisiinilmente è la stessa ricordata da GREG. TUR. glor. con/ 57, e si tro-
12: colla secata dedit. vava in un sobborgo a settentrione di Saintes, cf. VIEILLARD-TROIÉKOUROFF, Lesmo-
12, 8. ARATORact. 1, 147: mentibus instat amor. numents, 284ss.
(37) Eusebio vescovo di Saintes partecipò ai sinodi di Orléans del 533 e del
549: cf. DUCHESNE, Fastes épùcopaux, II, 73,
Denis du Pas, che si ergeva fino al 1813 sulla sponda orientale dell'isola della (38) Emerio fu designato vescovo di Saintes ·da Clotario I e successivamente
Cité. Tuttavia la collocazione del carme nell'ambito di una serie dedicata ai mo" deposto da un sinodo provinciale presieduto da Leonzio II, per il fatto che la sua
numenti religiosi della Francia sudoccidentale, e non all'interno del ciclo pari- designazione non era confanne ai canoni. In seguito Cariberto impose il suo reinse-
gino nel II libro, induce a pensare che la basilica si trovasse a Bordeaux. Amelio diamento: cf. GREG. TUR. Frane. 4, 26.
124 CARMINA, L. 11 XII-XIII CARMI, L. I, 12-1.3 125
O meritum iusti mansurum in luce perenni, ti. Permarrà nella luce perenne il merito del giusto grazie al quale i sa-
per quem se cupiunt tempia verenda coli! cri templi desiderano essere venerati. Una copertura d'argento sovrasta
II ~
Sacra sepulchra tegunt Bibiani argentea tecta, il santo sepolcro di Bibiano: l'ha offerta Placidina, associandosi (39) al-
unianimis tecum quae Placidina dedit. le tue intenzioni.
" Quo super effusum rutilaus intermicat aurum L'oro colato sulla superficie brilla rosseggiando e il puro metallo
et spargunt radios pura metalla suos. rimanda i suoi raggi. I pannelli, lavorati da un ingegno innovatore,
Iugenio perfecta novo tabulata coruscant rilucono e crederesti che l'artista abbia infuso la vita alle bestie fero-
artificemque putas hic animasse feras. ci (40).
Sed cui vos animo donaria tanta dedistis, Colui al quale avete offerto di cuore un tempio cosl eccelso con-
w hic agat ut vobis stet diuturna salus. ceda a voi vita e salute durevoli.
Nec dubitent qui digna ferunt sibi magna rependi, Non dubitino di ottenere grandi benefici, quanti fanno degne of-
dum quoque pro parvis reddat opima Deus 5. ferte, dacché Dio rende abbondanti grazie anche per i piccoli doni.
,jl: XIII. DE BASILICA SANCTI EUTROPIS 13. SULLA BASILICA DI SANT'EUTROPIO (41)
':·1
'!·, Quantus amor Domini maneat tibi, papa Leonti, Quanto grande è lamore che il Signore ti riserva, vescovo Leon-
quem sibi iam sancti tempia novare monent! zio, te che i santi già ora invitano a rinnovare i loro templi!
Eutropitis enim venerandi antistitis aula Infatti la basilica del venerando vescovo Eutropio era crollata,
conruerat senio dilacerata suo, consumata dalla sua vecchiaia: le pareti ormai prive dell'intonaco esi-
, nudatosque trabes paries vacuatus habebat, bivano le nude travi, non per il peso della copertura, ma per lazione
pondere non tecti, sed male pressus aquis. dannosa delle acque (42). Una notte, mentre un sonno leggero aveva
Nocte sopore levi cuidam vei1iente ministro colto un sacerdote, Eutropio gli predice che tu saresti stato il suo re-
instauratore1n te docet esse suum. stauratore.
Pro mercede tui meruit magis ille moneti. Fu soprattutto grazie alle tue dori che egli meritò di ricevere que-
·, ,, w O felix de quo fit pia cura Deo ! sto awertimento. O fortunato colui che riceve la pia attenzione di Dio!
Nunc meliore via viruit renovata vetustas Ora l'antica struttura rinnovata si è consolidata in modo migliore
', i1·:11i et lassae fabricae flos redivivus adit. e ledificio segnato dagli anni torna a fiorire a nuova vita. L'età aumen-
! ['1 ' I '
'' Aetas accessit, sed haec iuvenescit honore, ta, ma esso ringiovanisce con le devote cure: col diventare più vecchio
"i'ii
''
~ i
unde senes fieret, iunior inde redit.
" Hic scalptae camerae decus interrasile pendit:
ritorna più giovane. Da questa parte sta sospeso un soffitto decorosa-
mente scolpito e intagliato: i giuochi affidati solitamente alla pittura li
quos pictura solet, ligna dedere iocos. fornisce qui il legno. La parete ha assunto immagini che imitano delle
i,. Sumpsit imagineas paries simulando figuras: figure: prima mancava pure la copertura, ora brillano nuove pitture.
quae neque tecta prius, haec modo picta nitent. Costui fu il primo vescovo della città di Saintes e a buon diritto
Urbis Santonicae primus fuit iste sacerdos, attribui il primo rango a te, in cni ora egli rivive. Ora che il santo pos-
'.I
11: '° et tibi qui reparas iure priora dedit. siede, in quieta dimora, il suo tempio, ricompensa con benevolenza
I :'1: Cum sua tempia tenet sanctus habitando quiete, colui che lo ha restaurato.
i ; '
l ·,il instauratori reddit amore vicem.
1:1.
ii' ': Saintes, inviato in Gallia alla fine del sec. I da papa Clemente I e morto 1nartire. La
I'
''
5 Cl. Mt 25, 21.
sua figura cadde dimenticata fino a quando il vescovo Palladio (priina attestazione nel
15. CLAUD. rapt. Pros. 1, 184: rutilum squamis intermt'cat aurum. - 21. CLAUD. 573) fece edificare .una. ba~ilica, nella quale furono traslate le reliquie del santo: cf. J.
15, 258: magna rependit. HoussAIN, Butropto dt Satntes, BS V, 1964, 345-347. DUCHESNE, Fastes épiscopaux,
II, 1~8 nota 1, identifica la basilica di cui parla Gregorio con questa celebrata da Ve-
(39) L'aggettivo uniant'mis è qui tetrasillabo. nanzio. La ricostruzione più attendibile della vicenda è della VIEILLARD-T'ROIÉKOU-
(40) Venanzio descrive una sorta di ciborio posto al di sopra della sepol- ROFF, Les monuments, 282ss, secondo cui la basilica fu costruita da Leonzio II· in se-
tura, chiamato dagli agiografi mausoleum, memoria o arca: cf. L. e C. lJrETRI, in guito Palladio riuni le ossa di sant'Eutropio e le sistemò al suo interno. Nel 1843, sot-
AA.VV., De Tertullt'en aux Mozarabes. Mélanges offertes à Jacques Fontat'ne, I, to l'abside dell'attuale basilica romanica costruita dai clW1iacensi nel 1096 fu ritrova-
Paris 1992, 54, ta una tomba di pietra con inciso il no1ne: EUTROPIUS, risalente al sec. VI. '
(41) Secondo GREG, TUR. glor. mart. 55, Eutropio fu il primo vescovo di (42) Cioè per l'u1nidità infiltrata nelle pareti.
CARMINA, L. I, XIV-XV CARMI, L. I, 14-15 127
126
XN. DE CALICE LEONTI EPISCOPI 14. SUL CALICE DEL VESCOVOLEONZIO (43)
Summus in aree Dei pia dona Leontius offert Il più alto in grado nella Chiesa di Dio, Leonzio, offre pii doni e
votis iuncta sacris et Placidina simul. assieme a lui Placidina, unendosi ai suoi sacri voti.
Felices quorum labor est altaribus actus, Beati coloro la cui cura è dedicata agli altari: recano beni che non
tempere qui parve non peritura ferunt. periranno in breve tempo.
i Inter quos genuit radians Aquitanicus axis, Tra quanti diede alla luce lo splendido cielo d'Aquitania, tu per i
: i
egregiis meritis culmina prima tenes. tuoi meriti straordinari occupi il grado più prestigioso. La tua alta po-
i
Civibus ex Gallis superemiuet alta potestas: testà sovrasta i cittadini delle Gallie: tu sei maggiore degli altri e nes-
tu potior reliquis et tibi nemo prior. sooo viene prima di te. Precedi 1nolti, non sei minore né secondo ri-
' Praecedis multos nulli minor atque secundus spetto ad alcuno, né alcun onore può conferirti altra gloria.
nec superest aliquid quod dare possit horror. Quando la tua giovinezza si rivestiva del suo primo fiore, eri pic-
Qui, cum se pritno vestivit flore iuventus, colo di anni ma vecchio per·serietà (45). Quando fosti assegnato assie-
parvus eras annis et gravitate senes. me al serenissimo sovrano (46) alle armate di Spagna, crebbe la prospe-
Versus ad hispanas acies cum rege sereno, ra palma del tuo servizio militare. Le tue prime prove furono apprezza-
w militiae crevit palma secunda tuae. te e divennero così celebri, che il rango che ora rivesti ti fu dovuto per i
Cuius primitiae tanto placuere relatu, tuoi meriti; né questa sublime dignità poteva esserti conferita immedia-
ut meritis esset debitus iste gradus, tamente, se prima il tuo operare non avesse degnamente meritato.
nec poterant subito tibi culmina celsa parari Autorevole per la tua nobiltà tu primeggi, vescovo Leonzio, illu-
haec, nisi digna tuum promeruisset opus. stre già dall'antichità, se si considerano gli antenati. Infatti la stirpe, gli
" Nobilitate potens praecellis, papa Leonti, antenati o qualunque cosa io riprenda dalla tua genealogia, è un'antica
clarus ab antiquis, si numerentur avi. schiatta che discende attraverso ragguardevoli maggiorenti. Il tempo
!' N am genus et proavi ve! quicquid in ordine dicam, scorre via, rimane tuttavia la sala degli antenati e la casa non subisce
per proceres celsos currit origo vetus. declino grazie a te che la rinnovi. La nobiltà non decadde durante lun-
Tempora diffugiunt et stat tamen aula parentum ghi anni: una discendenza illustre l'ha piuttosto innalzata ancor più.
20 nec patitur lapsum te reparante domus. Un'inclita progenie illuminò della sua luce i tuoi avi: il ceppo dei padri
Nobilitas longos non inclinavi! in annos, risplende del fulgore dell'erede. I: antichità si è rivestita di un fiore na-
cui magis ascensum proles opima dedit. to dalla sua stessa radice: a buon diritto l'onore della tua fama vi
1
:,, • i''I
I i' Inclita progenies ornavit luce priores: estende la sua ombra. Sebbene non vi sia oggi alcuno che possa starti
heredis radio splendet erigo patrum. al di sopra, tu precedi te stesso magnificando i tuoi padri. Rifulge l' al-
I:·
,!,'1'•' 25 De radice sua vestita est flore vetustas
to vertice spiegando nobili rami, a formare una palma quale si trova
I! !: quam merito vestrae laudis obumbrat horror. soltanto presso i re. ·
I 'I
Ecclesiae nunc iura regis, venerande sacerdos: Ora tu governi lautorità della Chiesa, venerando vescovo: da co-
altera nobilitas additur inde tibi. desta tua mansione deriva una seconda nobiltà. Sebbene la mitra ve-
Pontificalis apex quamvis sit celsus in orbe, scovile sia tra le dignità più sublimi nel mondo, dopo che ti meritò,
postqua1n te 1neruit, crevit adeptus honor. lonore che hai conseguito si è accresciuto. I.: ovile di Dio e il pastore si
,, Aula Dei et pastor vicibus sibi praemia reddunt: scambiano vicendevolmente premi: tu donasti a esso splendore, esso a
illi tu ornatum, spem dedit illa tibi. te speranza.
Munere divino pariter floretis utrique: Per grazia divina ambedue egualmente prosperate: tu sei gradito
tu mercede places, illa decore nitet. per i tuoi servigi, esso risplende della sua bellezza. Tu sei il tredicesi-
Tertius a decimo huic urbi antistes haberis, mo vescovo di questa città, ma sarai considerato il primo per meriti,
40 sed primus 1neritis enumerandus eris. Hai ricondotto alle altezze originarie lantico teanpio di Dio che ora,
Tempia vetusta Dei revocasti in culmine prisco migliorato dopo la rovina, riesce gradito. Fuggita la vecchiaia, risplen-
postque suum lapsum nunc meliora placent. de del fiore della gioventù e nella sua bellezza manifesta il suo favore a
Flore iuventutis senio fugiente coruscant te, grazie a cui fiorisce rinnovato.
et tibi laeta favent, quo renovante virent. Perché tu facessi di più, incendi ne arsero il tetto e ora esso ri-
11•·
45 Ut tu plus ageres, incendia tecta cremarunt splende più bello a tua lode: non risentl danno alcuno dalla distruzio-
et nunc laude tua pulchrius illa micant ne che consuma con le fiamme e ora, dopo il fuoco, risplende pieno di li
'1,,;]
nullaque flammicremae senserunt damna ruinae luce. Credo che abbia voluto spontaneamente incendiarsi, in modo
che la tua opera gli conferisse questo più insigne aspetto. '"'
quae modo post ignes lumine piena nitent.
Credo quod ex sese voluissent ipsa cremati Allo stesso modo anche la Fenice si rinnova sempre da vecchia, do- i'
,,1
'" ut labor ille tuus haec meliora daret. po essersi dissolta in polvere e cenere leggera. Fu restaurata anche laula ; 11
Post cineres consumpta suos tenuesque favillas per il santo battesimo, ove un'unica fonte lava lantica macchia (47). ''
sic solet et Phoenix se renovare senes. Ecco, tu hai posto le fondamenta del sacro tempio della beata
Instaurata etiam sacri est baptis1natis aula, Maria, dove la notte, vinta, fugge e permane sempre il giorno. La basi-
quo maculas veteres fons lavat unus aquis. lica, che risplende ricolma di luce, è stata fatta a imitazione di Maria:
,, Ecce beata sacrae fondasti tempia Mariae, ella, come appunto questa, teneva la luce chiusa nel proprio seno.
nox ubi vieta fugit semper habendo diem. I tuoi templi, o vescovo, non brillano soltanto qui, ma dovunque.
Lumine piena micans imitata est aula Mariam: Tra le altre lo dimostra la città di Saintes, che acclama a te. Tu, che do-
illa utero lucem clausit et ista diem. ni ai popoli luoghi dove possano continuamente pregare Cristo, fai di
Nec solum hic sed ubique micant tua templa, sacerdos. te stesso la via dalla quale arriva loro la salvezza. La cattedrale s'innal-
Inter quae plaudens Santonus illa docet. za possente con le sue cime svettanti e testimonia che il nuovo orna-
Qui loca das populis ubi Christum iugiter orent, mento che la rende gradita è opera tua. Hai fatto in modo che per tut-
unde salus veniat te facis esse via1n ti i cittadini l'accorrere qui fosse cosa bella e che una sola casa chiami
Ecclesiaeque domus crescente cacumine pallet a sé tutti coloro che dimorano in città. Hai abbellito la patria, a cui
et probat esse tuum quod modo culta placet. elargisci doni perenni: anche tu devi essere celebrato come lorgoglio
65 Fecisti ut libeat cunctos bue currere cives di Bordeaux. Quanto questa città tiene alto il capo sopra le altre, tanto
et domus una vocet quicquid in urbe manet. tu superi per il prestigio della dignità gli altri vescovi.
Ornasti patriam cui dona perennia praestas, Come tutti i fiu1ni sono minori della Garonna, non diversamente
tu quoque dicendus burdegalense decus. ogni altra dignità è inferiore alla tua. Il Reno, che discende a briglie
Quantum inter reliquas caput haec super extulit urbes,
tantum pontifices vincis honore gradus.
Inferiora velut sunt flumina cuncta Garonnae,
non aliter vobis subiacet omnis apex.
(47) Venanzio ricorda tre grandi opere di edilizia cultuale realizzate da Leon-
.38. ARATOR act. 1, 63: hac potius mercede placent. - 47. 0.AUD. 18, 408: sense- la costruzione di una basilica dedicata al-
zio Il: il restauro del battistero (vv. 5.3-54),
runt damna rebellis. - 54. Plì.UD. perist. 8, 6: ac veteres maculas diluit amne novo. la Vergine (vv. 55-58), l'arricchimento della cattedrale (vv. 61-66). Ai vv. 59-60 ri-
- 69. VERG. ecl. 1, 24: verum haec tantum alias inter caput extulit urbis I quan- corda gli edifici di culto realizzati da Leonzio a Saintes, oggetto di celebrazione in
tum lenta solent inter vlburna cupressl; VEN. FORT. carm. 3, 7, 29. carm. 2, 12 e 13.
,_-,.
I
CARMINA, L. I, XV CARMI, L. I, 15
Rhenus ab Alpe means neque tantis spumai habenis, sciolte dalle Alpi, non spmneggia altrettanto e neppure è più forte il
fortior hadriacas nec Padus intrat aquas; Po quando s'immette nelle acque dell'Adriatico; le è invece compara-
,, Danuvius par est, quia longius egerit undas: bile il Danubio, perché spinge più lontano le sue onde. Io ho attraver-
haec ego transcendi, iudico nota mihi. sato questi fiumi, esprimo un parere su cose che conosco.
Muneribusque piis dotasti altaria Christi, Hai donato pie offerte agli altari di Cristo, poiché sono tuoi i sa·
cu1n tua vasa ferunt viscera sancta Dei. cri che accolgono le sacre membra di Dio. Infatti il Corpo e il Sangue,
Nam cruor et corpus, Domini libamina summii l'offerta immolata del sommo Signore, grazie ai tuoi doni si transu·
rite 1ninisterio, te tribuente, venit. stanziano nel sacrificio compiuto in osservanza al rito. O beato colui
O felix cuius ditat pia tempia facultas, che con i suoi mezzi arricchisce i santi templi, e più colui che accumu-
cui resista magis non peritura manet! la beni che mai periranno!
Non erugo teret mordaci dente talentum La ruggine, col suo dente corrosivo, non consumerà il talento, né
nec contra haec fures arma dolosa movent i ladri vi si avventeranno con armi ingannatrici. L'oggetto donato vive
s5 et data res vivit, facit et bene vivere dantem: e procura una vita beata al donatore: quando egli morirà in terra, sarà
cum moritur tetris, ducitur in de polis 6 . accompagnato al cielo. Chi possiede ha tutto ciò che in precedenza ha
Haec possessor habet quicquid transmiserit ante, fatto passare i11nanzi, tiene con sé soltanto ciò che fa passare avanti.
sola tenei secum quae prius ire facit. Tu avrai questi templi e questi vasi sacri, o vescovo, e ancora tutto il
Haec tibi tempia dabunt et vasa sacrata, sacerdos, rimanente che non posso enumerare. Possa tu per molto tempo rive-
90 et quicquid reliquum nec numerare queo. stire la somma autorità nella Chiesa e, godendo della pia ricompensa,
Ecclesiae culmen per tempora longa gubernes possa tu ovunque risplendere.
et mercede pia fructus ubique mices.
I: affetto m'induce a dire qualche cosa anche su Placidina, che un
Cogor amore etiam Placidinae pauca referre, tempo ti era moglie e ora è per te una cara sorella (48). Ella rifulge
quae tibi tunc coniux est 1nodo cara soror. della luce che promana da suo padre Arcadio, nel quale si perpetua la
,, Lumen ab Arcadio veniens genitore refulget, tua augusta progenie, Avito (49).
quo manet augustum germen, Avite, tuum. Costui resse su tutto il mondo il fastigio dell'Impero, di cui ancor
Imperii fastus toto qui rexit in orbe, oggi il prestigioso senato conserva le leggi. Se chiedi quale sia la più
·I: i! cuius adhuc pollens iura senatus habet. alta dignità nel genere umano, nulla può superare la schiatta dei Cesa·
Humani generis si culmina prima requiras, ri. Ma ella stessa supera la sua nobiltà per sensibilità e temperamento:
'' 100 semine caesareo nil superesse_potest. dalle sue parole stilla un dolce miele.
'
''1; Sed genus ipsa suum sensu moderan1ine vicit Cara, serena, elegante, capace, devota, mite, generosa: reca in sé
·, 11 i cuius ab eloquio dulcia mella fluunt, tutte le qualità, tutto ciò che rende una donna piacente e illustre. fil.
cara) serena, decens, sollers, pia, mitis, opima, splende per il suo portatnento, la sua indole, la fama dei suoi meriti; la
quae bona cuncta gerit quicquid honore placet. sua mente di gran valore è I' ornatnento del sesso femminile. Perché
105 Moribus, ingenio, meritorum luce coruscans dovrei dire con moltissime parole le tante qualità di cui ella è dotata,
ornavit sexum mens pretiosa suum. giacché poté, come sposa, rispondere alle tue aspettative? Possa Colei
Plurima cnr referam quantis sit praedita rebus alla quale voi avete offerto il tempio prolungarvi la vita e protegga con
qnae potuit votis nupta piacere tuis? la sua celsitudine la vostra magnificenza.
Augeat haec vobis vitam cui tempia dedistis
HO culminibusque suis culmina vestra tegat.
(48) Nella disciplina della Chiesa antica, quando ancora si tollerava che uomini
sposati ricevessero gli ordini sacri, d1i accedeva alla dignità episcopale doveva ab-
bandonare ogni relazione carnale con la 1noglie.
6 Cf. Mt. 6, 20. (49) Placidina (PLRE III, 1042) era figlia di Arcadio e nipote del vescovo di
Cler1nont-Ferrand Apollinare. Costui era a sua volta figlio di Sidonio Apollinare, an-
75. LUCAN. 3, 277: egerit undas. - 83. SIDON. carm. 4, 15: non ego m.~rdadfo ch'egli vescovo di Clermont~Ferrand e fecondo scrittore in prosa e poesia, nonché
diam modo dente .. 102. AusoN. 403, 18 p. 235: liquidi melfluat eloquu. genero dell'imperatore romano Avito (455-456).
j -
IJ2 CARMINA, L. I, XVI CARMI, L. I, 16 IJJ
XVI. VERSUS VEL I-IYMNUS DE LEONTIO EPISCOPO 16. VERSI, OVVERO INNO, SUL VESCOVO LEONZIO (50)
Quem vix putabat redditum, A pena credeva che egli fosse restituito,
praeventa voto prospero. ma il felice evento la prevenne nei suoi voti.
Res mira quando cernitur, Quando si assiste a un fatto prodigioso
solet stupere visio. lo sguardo suole stupire.
Munera parva nimis, pia, suscipe, quaeso, lib.enter Accetta di buon grado, te ne prego, o pia donna, questi doni an-
11'!
quae n1agis ipsa decens mun~s in orbe i:iicas. che troppo esigui, tu che risplendi nel mondo come un dono ben più
Fluctibus e mediis ut haec daret msula vob1s, grazioso.
oceanus tumidas murmure pressit aquas. Perché un'isola ti donasse queste cose tratte dai flutti, l'oceano ha
, Quae loca dum volui properans agnoscere ponti, c~ato il gonfi?re delle sue acque mugghianti. Mentre io con impa-
a borea veniens reppulit unda furens. zienza volevo riconoscere questi luoghi marini, un'onda llnpetuosa
"( Prosperitas ut vestra tamen se piena pr?baret, proveniente da settentrione mi respinse. i:
: obtulit in tetris quod peteretur aqu1s. Tuttavia, perché la tua prosperità desse piena prova di sé, mi of- I
ferse a terra ciò che avrei cercato nelle acque. r
i'·
'
(52) Il carme è stato fatto oggetto di varie interpretazioni delle quali la più at-
tendibile è quella data da M. REYDELLET, Venance Fortuna!.' Poèmes I ad !oc. n
16, 78. Ov. Pont. 4, 9, 72: vota, precor, vott's add#e... . ~oeta, partito p~r un'es~ursion: in barca, è stato sospinto dal vento su' w'i'isola; qui
17, 3. CLAUD. carm. min. 29, 53: fluctib~s in medtts. ~ 4. LUCAN .. 1, 370. a trovato degli oggettt e.iners1 dalle acque, verisimilmente delle conchiglie e ha
Oceani tumi'das remo compescut~ undas; Ov. eptst. 15, 168: corpore presszt aquas. pe.i1sato di farne 01naggio a Placidina. '
CARMINA, L. I, XVIII-XIX CARMI, L. I, 18-19 139
138
XVIII. DE BISSONNO, VILLA BURDEGALENSI 18. Su BESSON, TENUTA PHESSO BORDEAUX (53)
Est locus, aestifero quamvis sit tempore fervor, Vi è un luogo ove, anche quando regna la calura della stagione
quo viret assiduo flore refectus ager. estiva, il prato sempre verdeggia coperto di fiori. I campi rilucono di-
Respirant croceis depicta coloribus arva, pinti di sfumature gialle, l'erba, con le sue chiome odorose, sprigiona
flagrat odoriferis blandior herba comis. delicati aromi (54). Gli abitanti lo chiamano Besson, da un antico no-
, lncola Bissonnum vocat hunc de nomine prisco, me; la città di Bordeaux dista da qui sette miglia. Il proprietario ap-
milia septem urbs hinc burdegalensis abest. passionato costruì una dimora gradita e un portico equamente diviso
Qua possessor amans praetoria grata locavit, si sviluppa sotto le sue tre parti. I: antica struttura, minata dagli anni,
partibus atque tribus porticus aequa subit. era tracollata al suolo e l'aspetto, già dignitoso, aveva perso la sua bel-
Straverat ipsa solo senio rapiente vetustas. lezza.
Perdiderat vultum forma decora suum. . La cura di Leonzio richiama tutto ciò a miglior stato: grazie al suo
Haec meliore via revocai labor ille Leonti, mtervento nessun tracollo minaccia più gli edifici. Ora poi risorge più
quo praesente domos nulla ruina premit. , doviziosamente come una dimora sepolta e, ritornata in vita, plaude al
Nunc quoque prosperius velut aula sepulta resurgit suo restauratore. Nel frattempo egli riporta i nuovi bagni ali' antico
et favet auctori vivificata suo. splendore: comode vasche accolgono le persone spossate.
" Reddidit interea prisco nova balnea culto Si dice che gli abitatori di queste regioni desolate fossero nutri-
quo recreant fessos blanda lavacra viros. mento per i lupi: dopo aver cacciato da qui le bestie, Leonzio vi con-
Hic referunt nutrisse lupos deserta tenentes. dusse uomini.
Intulit hic homines, expulit unde feras.
19. Su VEllÈGINE, TENUTA PHESSO BORDEAUX (55)
XIX. DE VEHEGINIS, VILLA BURDEGALENSI
Verdeggia la ridente campagna sulle rive di Verègine, tra le fertili
Inter opima ferax qua volvitur unda Garonnae, zone percorse dall'acqua fecondatrice della Garonna. Qui una breve
Vereginis ripis vernat amoenus ager. salita guadagna il colle entro una modesta trincea e il viandante pren-
l'i
I' Hic brevis ascensus leni subit aggere clivum de il cammmo da un manufatto posto di traverso. Più alta della pianu-
''
! : carpi! et obliqua mole viator iter. ra che sovrasta, è tuttavia più bassa delle regioni montane: la sommità
, Altior a planis arvis minor eminet altis non è troppo bassa, ma non è neppure svettante. A mezza altezza sul
nec humilis nimium necve superbit apex. colle è situata una casa costruita con decoro: delle sue facciate una è a
Colle sedet medio domus aedificata decenter livello del terreno, laltra è a precipizio. [}alta struttura della casa pog-
cuius utrumque latus hinc iacet inde tumet. gia su un triplice arco, dove sono dipinte acque marine che crederesti
Machina celsa casae triplici suspenditur arcu scorrano. I: onda nascosta zampilla fuoriuscendo dal metallo puro e
rn quo pelagi pictas currere credis aquas. da una sorgente costantemente ricca di acque dolci. Il pastore disteso
Exilit unda latens vivo generata metallo nei pressi, si dà a banchetti e beve nel laghetto chiuso, ove n~otano i
dulcis et inriguo fonte perennis aquae. pesci.
Quo super accumbens celebrar convivia pastor
inclusoque lacu, pisce natante, bibit.
che. Si affermò pertanto il dominio bipartito: unà parte delle terre è coltivata diret-
tama;t~ dal proprietario, il resto è attribuito in usufrutto a coloni: questi tengono
per se d raccolto. ma sono tenuti a pagare un affitto e a prestare servizi al signore.
19, 2. lv[ART. 9, 55, 8: vernat ager. - 3. CLAUD. carm. min. 26, 11: alto colle S~ll'argom~nto-s1 veda R. LATOUCHE, Les ort'gz'nes de l'économz'e occidentale (IV'-Xle
minor, planis erectior arvis I conspù:uo clivus molliter orbe tumet. - 4. AVIAN. 4, stecle), Parts 1956, 71-105. Per la collocazione della villa celebrata si veda DE MAJL-
LÉ, Recherches, 85ss.: secondo la studiosa, essa sorgeva presso Cestas a sud di Bor-
4: carpebat solitum forte viator iter.
deaux, in un luogo chiainato ancor oggi Besson. '
(53) In età merovingica villa indica una grande proprietà rurale, i cui pro- (54) Per il topos del locus amoenus si rimanda a CURTIUS Letteratura euronea
219-223, , y ,
dotti erano per massima parte destinati a un lUlico signore, ecclesiastico o laico.
. (~5) Sec~ndo la DE MAILLÉ, Recherches) 87, la vt'!!a in questione poteva trovar-
Tale realtà incorporava con l'andar del tempo le piccole proprietà circostanti, i
cui titolari non erano più in grado di gestirle a causa delle difficoltà econo1ni- si nel sito dell attuale Baurech presso Bordeaux, sulla riva destra della Garonna.
''
CARMI, L. I, 19-21
CARMINA, L. I, XIX-XXI
140
Ora, g:azie al vescovo Leonzio, la casa sta per essere restaurata:
., Nunc renovanda venit papae mercede Leonti una volta rinnovata essa desidera averlo per lungo tempo quale suo
quem dominum longo tempore culta cupit.
padrone.
CARMI, L, I, 21 143
CARMINA, L. I, XXI
142
quanto infatti tu incrementi l'oceano con i tuoi flutti abbondanti, di
Nain quantum oceanum tumidis tu cursibus auges, tanto quello fa crescere le tue acque. Soprattutto quando la torrida
iste tuas tantum crescere praestat aquas. estate opprime le terre e il campo langue triste sulla terra assetata,
io Torrida praesertim curo terris incubat aestas
quando il sole solca il terreno coi suoi raggi cocenti e la canicola
ac sitiente solo, tristis anhelat ager, squarcia le zolle con il suo flammeo vomere, il Gers scorrendo fiacca-
Titan radiis ferventibus exarat arva mente a stento sviluppa le onde inaridite e palpita in agonia insieme al
cumet calar ignifero vomer~ findit humurd,
" languidus arentes fugiens .vix .explkat
et cum pisce suo palp1tat ipse srmu .
'ì° as
pesce che esso ospita. Questo, dopo che il fiume si è ritirato, lambisce
la sabbia essiccata e si aggira tra le acque, esule nel proprio ambiente.
Le acque si addentrano nel limo, il fiume svanisce e, lì dov'era un cor-
Flumine subducto, vacuatas lamb1t har~nas, so impetuoso, la terra diviene sterile. Quando è disseccato vengono
sedibus in propriis exul ob.errat aq':'is. meno tutti i sollievi della frescura e, secondo il suo nome, langue arido
.'i In limo migrante lacu consu~1tur amms e desolato. Il viaggiatore che percorre il suo cammino non trova da
'° terraque fit sterilis quo fuu unda rapax. dissetarsi: come potrebbe ristorare gli altri se esso stesso è assetato?
D fi iunt usto solacia cuncta rigoris, Se offri a esso dell'acqua, il fiume desidera che gli sia versata - se
e ~omine curo proprio tristi~ et ae.ger eget. può ancora dirsi un fiume, visto che è l'uomo a rifornirlo di acqua!
Forte viator iter gradiens !'~~ i?vemt~~ustus. La ruota che avanza imprime la sua traccia sulle sabbie fluviali:
Unde alias recreet qu1. siut ir~e s1 !. questo solco convoglia le acque dal suolo. Se tu giungi battendo a ca-
" Se cupit infondi fluvius, s1 pomgd1s uf nda\ I vallo la via sotto il segno del cancro, solo a pena lo zoccolo dell'anima-
si tamen est fluvius quem ma -e actat omo. le, piantato sul fondo, è immerso nell'acqua. Vedemmo un piccolo pe-
Gurgitis inpressas labens. rot~ s!gnat harenas sce sbucare dalle sabbie: trattenuto dalla melma, si aggirava sulla terra
atque resudantes orbita s1sut aquas. . come un naufrago. Non vi è né fiume né campo né terra né acqua:
Si venias equitando viam sub temp~re cai;cri, nessuno può arare questi ambienti inospitali per i pesci. Una rana,
'° vix tamen insidens ungula mergit equi. nuotando solitaria nella palude, emette gracidii lamentosi: una volta
Vidimus exiguum de limo surgere piscem allontanati i pesci, è un forestiero a regnare sulle acque. Se per caso
qui retinente luto, naufragus errat humo. da una pioggia sottile discende dalle nubi, a pena piove sulla terra che
Nec fl~vius nec campus adest nec terra nec un . questo fiume s'ingrossa minaccioso.
Piscibus inhabilem nullus arare potest. Da una piccola nube esso prende grande ardimento e, quel che
.,'I " Sola alude natans querulos dat rana susurros, era prima un laghetto, ora diviene un mare. Esso stesso, avanzando
,;il
1:;
' p;i plscibus exclusis, advena regna.t aqu1s. torbido, ha bisogno di essere lavato dalle acque; esso è sempre dise-
i' At si forte fluat tenuis de nub1bu_s imb~r, guale: ora è nulla, ora è troppo. Il suo corso, non appagandosi del suo
"
: ,1,
: :I ~
vix pluit in tetris, iam tumet 1ste m:nax.
In entes animos parva de nube resum1t:
letto, batte vie traverse e riversa per i campi fittamente seminati quel
che ha ricevuto dalla montagna.
il :11
:!
'
g fit subito pelagus qui fuit ante lacus'.
"° Turbidus incedens undis .eg~dpse lav~ri
S'infuria in un vortice impetuoso, quasi come un tiranno e, sde-
i! gnando il suo alveo, devasta i prodotti della campagna. Il raccolto si
semper inaequalis qu1 mhil aut saus est. disperde nel fiume, il pesce finisce nei campi e, in una perversione
I',, Non ri is contentus agit conpendia cursus) . dell'ordine naturale (58), quest'ultimo sta sulla terra mentre la messe
qu~d de monte bibit per. sata !?lena vomit. nuota. I pascoli, che erano destinati alle pecore, sono dati alle rane; i
45 Vertice torrenti rapitur quasi more o/ranni
prati ospitano i pesci e l'onda trascina le greggi. Un siluro, espulso
indignatus iter munera vastat. a~ri: .
Discurrit seges in fluvium, stat pisci.s m arvo.
. perverso ' messe natante iacet. ·
ord 1ne
Quae fuerant ovibus donantu; pascua rams,
prata tenent pisces et trahit unda pecus.
"
I
I
.
INCIPIT LIBER SECUNDUS LIBRO SECONDO
Crux benedicta nitet Dominus qua carne pependit Risplende la Croce benedetta, sulla quale il Signore fu appeso
atque cruore suo vulnera nostra lavat, nella carne e dalla quale egli lava col suo sangue le nostre ferite (2).
mitis amore pio pro nobis victima factus Egli, 1nite di pio amore, è divenuto per noi vittima sacrificale: così, sa-
traxit ab ore lupi qua sacer agnus oves, cro agnello, strappò le pecore dalle fauci del lupo, quando, con le ma-
, transfixis palmis ubi mundum a clade redemit ni trapassate dai chiodi, riscattò il mondo dalla sua caduta e con la sua
atque suo clausit funere mortis iter. morte sbarrò la strada alla morte. Qui quella mano fu confitta dai
Hic manus illa fuit clavis confixa cruentis chiodi grondanti di sangue: essa strappò Paolo al crimine, Pietro alla
quae eripuit Paulum crimine, morte Petrum 1. morte.
Fertilitate potens, o dulce et nobile lignum, O dolce e nobile legno, forte della tua fecondità, giacché dai tuoi
10 quando tuis ramis tam nova poma geris. rami produci frutti cosl nuovi (3 ). Al tuo odore di novità i cadaveri ri-
Cuius odore uovo defuncta cadavera surgunt sorgono e quanti furono privati della luce del giorno ritornano alla vi-
et redeunt vitae qui caruere diem 2. ta. Sotto le fronde di quest'albero nessuno è riarso dalla calura né dal-
Nullum uret aestus sub frondibus arboris huius la luna duraote la notte, né dal sole a mezzogiorno. '
luna nec in noctem sol neque meridie 3. Tu rifulgi, piantata lungo il corso dell'acqua e protendi le tue
15 Tu plantata micas secus est uhi cursus aquarum
chiome adornate di fiori novelli. Sulle tue braccia sta appesa una vite,
spargis et ornatas flore recente comas 4. dalla quale stillano dolci vini rossi di sangue.
Appensa est vitis inter tua brachia de qua
dulcia sanguineo vina rubo re fluunt 5,
bi~antino Gfus~? II (cf. GRE?· TUR. Frane. 9, 40; glor. mart. 5, BAUDON. 16). I car-
11112 e 6, glt unici a essere scntti in un metro tipico dell'innodia latina sono veri e
pr?pr~ in;ii liturgici. destinati all'accompagnamento della processione ~e scortò le
r~h9u1~ fino alla. chiesa del monastero. Per un commento puntuale ai carmi 1, 2 e 6
si rinvia a J. Sz6VÉRFFY, Venantius Fortunatus and the Earliest Hymns to the Holy
Cross, "C:lassic,al ~olia", XX (1966), 107-122. Gli altri quattro hanno piuttosto il ca-
rattere di med1taz1one personale sul mistero della Croce. Alla tavola III si troverà la
melodia sulla quale questo carme era cantato nei 1nonasteri del medioevo.
(2) La precisazione secondo cui la passione coinvolse soltanto la carne di Cri-
sto, cioè la sua natura ~man~, laddove la sua natura divina rimase impassibile, è im-
portante come professione di fede ortodossa contro il monofisismo. In questo scru-
polo si. p~ò scorgere un'eco della controversia tricapitolina che, proprio negli anni
della g1ovmezza del poeta, pose le chiese dell'Italia settentrionale in contrasto con la
I'! 1 Cf. Mt 14, 31. 2 Cf. Mt. 27, 52-53. 3 Cl. Ps. 120, 6. 4 Cf. Ps. sede ap~stopca'. Le. ~et~opoli di Milano e Aquileia si opposero alla condanna dei
Tre. Capttoh (gh ~cr1tt1 di Teodoro di Mopsuestia, Teodoreto di Cirro e Iba di Edes-
1, 3. 5 Cf. lo. 15, I.
~a) imposta da Giustiniano a papa Vigilia, interpretandola come un cedimento verso
1, 3. VERG. Aen. 5, 296: amore pio; VEN. FORT. carm. l, 9i 7. - 4. SEDUL. i monofisiti. L'impassibilità della natura divina di Cristo è sottolineata da Venanzio
hymn. l, 25: agnus ab hoste sacer revocavit sanguine patres. - 6. PROP. 3, 7, 2: an~he in ca:rn_. 2, 6~ 2 e in eXfl.OS. symb. 29 ove, riprendendo il simbolo in uso nella
Chiesa aquiletese, ricorda la discesa del Cristo-Dio agli inferi nel periodo intercorso
mortis ùer. tra la 1norte e la risurrezione del Cristo-Uomo.
(1) I carmi 1-6 furono composti nel 569, in occasione dell'ingresso a Poi- (3) Il paragone è ovviamente con i frutti di perdizione prodotti dall'albero del-
tiers di una reliquia della Croce di Gesù, richiesta da Radegonda al~'imperatore la conoscenza del bene e del male.
Il'
: !
I'
CARMINA, L. II, II CARMI, L. Il, 2 149
II. IN HONORE SANCTAE CRUCIS 2. IN ONORE DELLA SANTA CROCE (4) :!'1.'
,,' " .
Pange, lingua, gloriosi proelium certaminis Celebra, o lingua, la battaglia, la lotta gloriosa
·et super crucis tropea clic triumphum nobilem, e racconta l'augusto ttionfo vittorioso della Croce: I
qualiter redemptor orbis immolatus vicerit. come il Redentore del mondo immolandosi lo abbia vinto. '''I
''
De parentis protoplasti fraude factor condolens, Il Creatore, addolorato per la prevaricazione della prima creatura
s quando po1ni noxialis morte 1norsu corruit, - quando precipitò nella morte per aver morso il pernicioso
ipse lignum tunc notavit, damna ligni ut solveret. pomo-
designò egli stesso il legno come riparatore dei danni recati
Hoc opus nostrae salutis ardo depoposcerat dallegno (5).
multiformis perditoris arte ut artem fallerei
et medellam ferrei inde, hostis unde laeserat. Il piano della nostra salvezza esigeva questo atto
per ingannare con le sue stesse arti il 1nultiforme traditore
w Quando venit ergo sacri plenitudo temporis 6 e per portare ri1nedio con lo stesso oggetto con cui egli arrecò
missus est ab aree patris natus orbis conditor il torto.
atque ventre virginali carne factus prodiit 7,
Quando dunque venue la pienezza dei sacri tempi
Vagii infans inter arta conditus praesepia, dalla dimora del Padre fu inviato il Figlio, creatore del mondo,
Membra pannis involuta virga mater adligat e, fattosi u~mo (6), uscì dal seno di una Vergine.
et pedes manusque crura stricta pingit fascia.
Il bambino vagisce, deposto in un'angusta mangiatoia:
Lustra sex qui iam peracta tempus inplens corporis, la Vergine madre ne avvolge e lega in fasce le membra
se volente natus ad hoc, passioni deditus e ne adorna piedi, mani e gambe avvolgendoli in bende.
agnus in crucis levatur immolandus stipite.
Trascorsi sei lustri egli matura il tempo della sua esistenza terrena:
Hic acetum fel harundo sputa clavi lancea. per sua volontà, incarnatosi a questo scopo, votato alla passione,
Mite corpus perforatur, sanguis unda profluit, l'agnello è innalzato sul legno della Croce per essere immolato.
terra pontus astra mundus quo lavantur flumine.
Ecco l'aceto, il fiele, la canna, gli sputi, i chiodi, la lancia:
Crux fidelis, inter omnes arbor una nobilis, il mite corpo è trafitto, ne escono acqua e sru1gue.
nulla talem silva profert flore fronde germine, Da qual fiume sono lavati la terra, il mare, le stelle, il mondo.
dulce lignnm dulce clavo dulce pondus sustinens.
Croce fedele, fra tutti unico albero nobile:
nessun bosco ne produce uno eguale, né per fiori, né per fo-
6 Cl. Gal. 4, 4. 7 Cf. lo. 1, 14. gliame, né per frutti.
2, 1. HIL. hymn. 3, 1: Adae carnis gloriosa et caduci corport's I in caelesti Dolce legno, che con dolci chiodi sorreggi un dolce peso.
rursus Adam condnamus proeHa; PRUD. cath. 9, 82: salve vocem, mens sonora,
salve linguam nobilem, I dic tropaeum passionis, dic triumphalem crucem, I pan_-
canta (o meglio dovrebbe cantarsi) come inno all'ufficio delle letture e alle lodi mat-
ge vexillum. - 3. PRUD. cath. 9, 21: redemptor orbis. - 8. Ps. CATO dt'st. 1, 26: sic
tutine della sola Settimana santa, nonché ancora una volta durante l'adorazione della
ars deluditur arte. - 24. PRUD, perist. 1, 51: dulce tunc iustis cremari, dulce ferrum
Cr?ce. Al lettore .italiano interessato a un commento puntuale di questo carme non-
perpeti. c~e d7l.car.me 6 si s.egnala C. LE.ONARDI (a cura di), Il Cristo, III, Testi teologici e spi-
(4) Questo canne in settenari trocaici catalettici (il metro dei carmin~ rituali in lingua latina da Agostino ad Anselmo di Canterbury Milano 1989 (Fonda-
triumphalia romani) è senza dubbio il più celebre, insieme al Vexilla regts zione Lorenzo Valla), 262-271e610-612. '
(carm. 2, 6), tra quelli composti da Venanzio: è infatti entrato ben presto, orna- . (5) Venanzio interpret~ tutta la storia umana, dal peccato originale alla reden-
to di una ineravigliosa melodia (riprodotta nella tavola III) nella liturgia della zione, come una lotta tra Dio e Satana. Il male introdotto tra gli uo1nini dal legno
Chiesa <l'Occidente: nel rito romano tradizionale era cantato come inno al mat- dell'albero deve essete eliminato dalla Croce di Cristo.
tutino e alle lodi nelle due settimane del tempo di Passione, nonché durante (6) Carne/actus è un neologismo con il significato di incarnatus, riconosciuto
l'adorazione della Croce ~ell'azione liturgica po1neri~iana d~l. Vene.rdì santo: da J. G11, Interpretaciones latinas, "Habis", XV (1984) 188s. per il carne factus del-
Con il nuovo rito romano imposto da Paolo VI, dopo il Concilio Vaticano II si la tradizione. ' '
CARMINA, L. II, II-III CARMI, L. II, 2-.3 ljl
2:; Flecte ramos, arbor alta, tensa laxa viscera Curva i tuoi rami, o albero sublime, da' riposo alle membra tese
et rigar lentescat ille quem dedit nativitas, e si mitighi quella rigidezza che è propria della tua natura,
ut superni membra regis mite tendas stipite. perché il corpo del Re celeste sia disteso su un tronco tenero.
Sola digna tu fuisti ferre pretium saeculi Tu soltanto fosti degna di portare su di te il riscatto del mondo,
atque portum praeparare nauta munda naufrago nocchiero che procura un porto al mondo naufrago (7)
quem sacer cruor perunxit fusus agni corpore. unto dal sacro sangue profuso dal corpo del!' Agnello.
(7) Sulla metafora della Croce come imbarcazione si rinvia alla nota 11.
(8) Si tratta dell'oratorio allestito dal vescovo Gregorio alPinterno della sua re-
sidenza nella città di Tours, cf. VIEILLARD-TROIÉKOUROFF, Les monuments, 307, e
PIETRI, La ville, 365ss.
(9) Cf. GREG. TuR. glor. mart. 5: il vescovo pose nell'oratorio un drappo di seta
che gli aveva donato un uomo di ritorno dall'Oriente, asserendo che in esso fu av-
3, 3, SEDUL. carm. pasch. 3, 184: ille chelydrus adest nigro qui/elle veneni. volta la Croce di Cristo.
CARMINA, L. II, IV CARMI, L, II, 4 1 53
152
IV. ITEM DE SANCTAE CRUCIS SIGNACULO * 4. ANCORA SUL SEGNO DELLA SANTA CROCE (10)
La divina maestà, che foggia nella carne ciò che il limo produce,
fabbrica col sangue vitale il glutine della terra e lì, luminosissima, fa
spirare il soffio di vita: con questo sforzo è creato Adamo, a immagine
DIVSAPEXCARNEEFFIGIANSGENETALIALIMI del Creatore. La prima creatura, nobile invenzione, balzò dal suolo,
VJTALITERRABCO~P(NOl TSANGVINBOLVTBN forte del suo libero arbitrio, sotto una luce radiosa. In seguito dalle
LVCIFERAXAVRASANIMANTESAFFLVITILLIC membra di Adamo si crea un ricettacolo per la vergine Eva. Creata
CoNDITVRENIXANSADAMPACT0RJSADINSTAR
dalla carne dell'uomo, ella successivamente si unisce a lui in modo che
, EXILVITPROTOPLASMASOLORESNODILISVSV
DIVESJNARDITRIORADIANTILVMfNEDBHINC
la sua gioia nel giardino del paradiso fosse perfetta. Ma la gola sconsi-
EXMBMBRISADAEVASFITTVMVIRGINISBVVAE derata la cacciò dalla divina dimora: persuasa dal serpente, ella bewe
CARNBCREATAVIRJDRHINCCOPVLATVREIDEM il nero succo del pomo. Da Il all'insaziabile morte venne la fame.
VTPARADYSSIACOBENELAETARETVRINHORT0 Tu, o Locatore, discendi con gioia dalle altezze del cielo e hai tan-
10 s ED o B s ED B p I A p E p V L I T T a ME St A 8 r LE o V T T VR ta pietà da incarnarti per noi e da essere ferito e trafitto dai chiodi sulla
S ERPBNTl~SVASVPOMISVCOATRAPRQPINANS Croce. Per noi, perfusi da un tale unguento, l'unica salvezza venne dal
I NSACIATRICIMORTlFAMBSACOIDlTILLINC sangue dell'Agnello sul legno. Visione soave: su di te stettero inchioda-
GAV(SVRVSOBHOCCAELIFLVJSARCELOCATOR
te le braccia pietose di Cristo e a te furono appese le mani che possono
NASCIPRONOBISMJSERARISETVLCERECLAVI
lJ I NCRVCECONFIGITALIMALAGMATEINVNCTIS
rendere beati. Quella cara carne tollerò pene crudeli sino a spirare: o
VNASALVSNOBISLIGNOAGNISANGVINEVENIT soave albero del campo, grazie a te ci è donata una vita nuova.
I VCVNDASPECIESINTEPIABRACCHIACRISTI Come sei il più bello a vedersi, così sei bello in forma di croce.
APFJXASTETERVNTETPALMADEABILJSINHAC Luce, speranza, scudo, per un accesso d'invidia sei innalzata: col sup-
CARACAROPOENASINMiTESSVSTVLITHAVSTV plizio di un giusto acquisisti feconda una gloria immortale. Cosi, o
w ARBORSVAVISAGRITECVMNOVAVITAPARATVR Croce insanguinata da un'amorosa pioggia, Colui per cui tu fosti fatta
ELECTAVTVISVS 1cECRVC ISOROINEPVLCHRA ha fecondato ogni vita.
LV MEN S p Es S CV TV MG ERE R I S L I V OR I SA B I C TV
Tu, nocchiero che dai alle vele un porto (11), con i chiodi confitti
l NMORTALEDECVSNECE!VSTILAETAPARASTI
VNAOMNEMVlTAMS 1CcavXTVACAVSARIGAVIT
purificasti le dolorose ferite. O dolce albero del campo, che stilli net-
25 IMB RE e R V Et-.:: T A p I o V EL 1 s
DA s N A V [ T A po R T vM
tare dalla corteccia, dai cui rami si sprigionano (12) unguenti di vita.
TRISTlASVMMERSOMVNDASTIVVLNERACLAVO Superiore per aspetto, divina per nascita, feconda per frutto: deliziosa
A·RBORDVLCI SAGRIRORANSECORTJCENECTAR per il nutrimento che offri e soave nell'ombra per i tuoi frutti. Ecco lo
RAMl SDECVJVSVJTALIACRISMATAFRAORANT stendardo splendente e nobile del grande Re, baluardo e difesa per gli
EXCELLENSCVLTVDIVAORTVFVLGJDAFRVCTV uomini; forza, luce e altare per la preghiera. Apri benevola la via, tu,
30 DELICJOSACIBOETPERPOMASVAVIS INVMBRA luce vivida e vitale. Allora ricordandoti di noi, portaci aiuto, quando il
ENREGI SMAGNIGEMMANTEMETNOBILESIGNVM Re discendente di Davide, che fu affisso alla Croce, dominerà come
Mvavs E TARMAVI R I SV J RT VSLVXARAPRECATV
PANDEBENIGNAVIAMVIVAXETFERTILELVMEN
giudice il mondo. • !
TVMMEMORADFEROPEMNOB ISEGERMINEDAVlD
" I NCRVCEREXFIXVS IVDEXCVMPRAEERITORBI
336 1 nonché U. ERNST, Carmen figuratum. Geschichte des Figurengedichts von den
antiken UrsprUngen bis zum Ausgang des Mittelalters, KOln-Weimar-Wien 1991; in
particolare su VenMzio, 149-157. Nei 35 versi del canne il poeta concentra l'intera
storia della salvezza, dal peccato originale alla redenzione.
Recentemente lo scrittore statunitense Geoffrey Cook ha tentato di tradurre in
inglese questo componin1ento e il seguente, mantenendo intatta in entrambi i casi la
* La trascrizione del carme è a p. 154. struttura di carmen figuratum: cf. From the Miscellanea of Venantius Fortunatus. A
4, 23. CLAllD. carm. min. 27, 64: rerum decus immortale; CLAUD. 20, 282. - Basket of Chestnuts. Translated by G. C., Introduction by Dick Higgt"ns, Rochester
1981, 49 e 45.
32. CE 1335, 2: tnurus et arma /uit.
(11) Cf. carm. 2, 2, 29. La metafora del Cristo come nocchiero della Croce, vi-
(10) Sulle difficoltà che comporta la co1nposizione di un carmen figur~ sta come nave, deriva dalla contaminazione tra l'episodio di Gesù che placa la furia
tum co1ne questo, si è diff~so yenanz.io stesso in epis.t. (carm. 5,. 6) 14.ss. Il pr1: delle acque e l'allegoria che fa dell'arca di Noè la prefigurazione della Croce di Cri-
mo a praticare questa tecntca m Occidente fu Ottaz1ano Por~rto (pr1!11a 1neta sto. Accanto a questa 1netafora l'intero canne è percorso da immagini tratte dalla
del sec, IV); sul genere si veda G. PoLARA, Le parole nella pagina: grafica e con- simbologia militare.
tenuti nei carmi figurati latini, "Vetera ChristiMorum", XXVIII {1991li 291- (12) Fragrant è correzione di Ch. Brower per Jraglant della tradizione.
CARMINA, L. II, IV-V CARMIJ L. II, 4-5 1 55
154
Dius apex carue effigians genetalia lirrù, I vitali terrae conpingit Sui lati
sanguine gluten. I Luciferax auras animantes affluit illic. I Conditur Dolce decoro del ve~sillo, via che porta al cielo, vita dei redenti.
enixans Adam factoris ad instar, I exiluit protoplasma solo, res nobilis Sulla Croce la morte di Cristo rigenerò ciò che nel mondo era morto.
usn, I dives in arbitrio radianti lumine. Dehinc I ex membris Adae vas
fit tum virginis Ewae. I Carue creata viri dehinc copulatur eidem, I ut La croce
paradyssiaco bene laetaretur in horto. I Sed de sede pia pepulit teme- O pia Croce, proteggi le devote Agnese e Radegonda· tu o Croce san-
rabile guttur I serpentis suasu pomi suco atra propinans. I Insaciatrici ta, custodisci il fragile Fortunato. Dal legno dal sang'ue 'dell'A ell
morti fames accidit illinc. I Gavisurus ob hoc caeli lluis aree locator. I . l . d' . . ' gn o,
d al c 110 1 sel per noi ver~ speranza; albero soave dei campiJ
Nasci pro nobis miseraris et ulcere clavi, I in cruce configi. Tali malag- per mezzo tuo s1 prepara una vita nuova.
mate inunctis I una salus nobis ligno agni sanguine venit. I lucunda
species: in te pia bracchia Cristi I affixa steterunt et palma beabilis, in
hac I cara caro poenas inmites sustulit haustu. I Arbor suavis agri, te-
cum nova vita paratur. I Electa ut visu, sic e crucis ordine pulchra / lu- 5 (13)
men spes scutum gereris livoris ab ictu. /Immortale decus nece iusti
laeta parasti. I Una omnem vitam sic, crux, tua causa rigavit, I imbre . Quesw .segno di demenza ci induce per volere di Dio a rendergli
cruenta pio. Velis das navita portum I tristia summerso mundasti vul- lod1 semphc1. con v1Vlda voce. O nume che sostieni e muovi in me il
nera clavo. I Arbor dulcis agri, rorans e cortice nectar, I ramis de cuius fango .che hru m?dellato, possesso dei viventi, prospera guarigione del
vitalia crismate fragrant, I excellens cultu, diva ortu, fulgida fructu, I nmed10; .d1scacc1atore della colpa, Trinità che tutto comprende, Crea-
deliciosa cibo et per poma suavis in umbra. I En regis magni gemman- tore a cui spettano onore, luce, diritto, gloria, regalità, o eterno ...
tem et nobile signum, / murus et arma viris, virtus, lux ara precatu. I
Pande benigna viam, vivax et fertile lumen./ Tum memor adfer opem In basso
nobis e germine David I in cruce rex fixus iudex cum praeerit orbi. Cosi il Padre e il Figlio, cosi lo Spirito santo sono una cosa sola.
In lateribus: Dulce decus signi, via caeli, vita redempti. I In
cruce mors Christi curavìt mortua mundi. Sui lati
Crux ipsa: Crux pia, devotas Agnen tege cum Radegunde. I Tu
Salva i c:edenti,. o gloria della.fede, arma della salvezza. Per tua gra-
Fortunatum fragilem, crux sancta, tuere. I Vera spes nobis ligno,
agni sanguine, clavo, I arbor suavis agri, tecum nova vita paratur. zia, o Cristo, la cond1z1one del peccato è allontanata.
V.* La croce
Tu. arric~hisci, o Croce, il tempio di Dio e ne adorni i veli,
EXTORQVETHOCSORTEDEIVENIABILESIGNVM
Rvsr1cVLASLAVDESVIV11NTIRBDDERRl'LATV Per 11 mento della fede, nella tua pietà rendi grande Abramo.
lNMHQVlREQITIRllLVTVMPLASMABJLENVMHN
PORTIOVlVENTVMCVRAT10FAVSTAMEOHLLAE
5 EXCLVSORCVLPAETRINITASlll'l'VSACREATOR La losanga
cv1vsttONORLVMHNJVSOLORIARllONACOAEVE
R I T e e Dolce è per me questo legno, o Croce misericordiosa
E H E O R
più odoroso di un roseto '
Colli coperti di rovi, voi produceste il le~no della gloria.
D I M L I
!OE L P L S
N I L E T
T G A S E
E N D L T
S V E l V
!5FM I GO
I P C N R
DI R VE
EXFIDEIMERITOMAGNVMPlEREDDlSABRAHAM
IM X GO
20DA E EV
I T N E
E
V V E T , ~~)~I-canne è in~ompleto. Di seguito la trascrizione: Extorquet hoc sorte Dei
e
V
S E R V v1n1a ~ s1gnum I rustlct~as ~audes viventi reddere flatu, I in me qui regit ire lutum
O L A li P.asmabile numen, I por!10 v1ventum, curatio fausta medellae, I exdusor culpae, tri-
D A .!> C
A nlta~ eff~sa, creator, I cu!~s honor lu1nen ius gloria regna coaeve. In imo: Sic pater et
" "M
O
R
M
E I
1' A
V genltus sic s(an)c(tu)s sp1r1tus unus.
A E
R
N
A H
S
A
In. lateribus: Eripe crede!1tes, ~dei decus, ar1na salutis. I Munere, Criste, tuo
O D O R f~dm?vetl.1;r causa reatus. Crux tpsa: Ditans templa Dei crux et velainen adornas /Ex
**
30 A
L
s o N E La trascrizione del 1 et mertto magnwn, pie, reddis Abrahain. ·
V ET ~ R0 carme è a p. 155 in R};.omhbus: ~ulce mihi lignrun, pie, maius odore rosetis, I du1nosi colles lignwn
TI IAI V nota. generastts onor1s.
"SICPATERETGENITVSSICSCSSrlRITVSVNVS
CARMINA, L. II, VI CARMI, L. II, 6 1 57
VI. HYMNUS IN HONORE SANCTAE CRUCIS 6. INNO IN ONORE DELLA SANTA CROCE (14)
Ianua celsa poli, terra pulsante, patescit L'eccelsa porta del cielo si apre quando la terra bussa e accoglie i
et recipit natos quos generavit humus. figli che la terra generò. Questa è un'ammirabile occasione di salvezza
Admiranda haec est occasio facta salutis per procurarsi, tramite la morte, il premio della luce eterna.
ut de morte sua praemia lucis emant. Così Saturnino, bramando di legarsi a Cristo, non volle restare a
5 Saturninus eniin cupiens se nectere Christo lungo nel suo corpo fatto di carne: desiderava sciogliere i vincoli del
carnali in habitu noluit esse diu, corporeo carcere perché l'umana creatura si unisse meglio al suo Si~
:: ' vincula corporei dissolvere carceris optans, gnore (19). Al maturarsi del tempo, quando già si era rafforzata in lui
plenius ut Domino se sociaret homo. la speranza, i suoi felici desideri ricevettero la loro ricompensa. Men-
Tempore maturo cum iam spes esset adulta, tre dunque esercitava il sacerdozio nella città di Tolosa e annunciava
10 sumpserunt pretium vota beata suum. alle genti che Cristo è Dio - dimostrando con le parole e aggiungendo
Dumque sacerdotio frueretur in urbe Tolosa miracoli al suo operare, perché l'azione tenesse dietro a tutto ciò che
'
!~ et populis Christum panderet esse Deum, le sue parole promettevano -, sottraeva le anime dei pagani alle fauci
ostendeus verbis, addens miracula factis, del tiranno e le sottometteva a quel Re che gli dette le armi.
ut quod sermo daret consequeretur opus, Tuttavia la popolazione, corrotta dai mali e infetta dai veleni, ri-
15 gentiles animas rapiens de fauce tyranni fiutava di essere risanata e, volendo abbandonarsi al suo morbo in un
subdebat regi qui dedit arma sibi. impeto di furore assalì l'uomo, lo condusse al Campidoglio e inferse al
Sed vitiata malis et plebs infecta venenis proprio medico numerose ferite (20). Rese cosi inganno in cambio di
curari effugiens, aegra iacere volens, pietà, veleno in cambio di miele; mosse una guerra crudele contro il
: i conprendit male sana virum, ad capitolia duxit proprio tutore. Legano il sant'uomo ai piedi di un toro furioso (21); lo
'" atque suo medico vulnera plura dedit. aizzano, in modo che la corsa della belva non sia lenta. O mente de-
Pro pietate dolum, pro melle venena rependens pravata degli uomini, nuova bestia di orribile mostruosità: non ti basta
contra tutorern noxia bella movet. neppure la furia di un toro scatenato? Tu hai saputo aggiungere la fe-
Subligat indomiti sanctum ad vestigia tauri
et stimulat, fieret ne fuga tarda feri.
n Pessima mens hominum, diri nova bestia monstri, bode (PLRE III, 765) e da sua moglie Beretrude (cf. la nota 24). Probabilmente Ve-
nec tauri indomiti sufficit ira tibi? nanzio stesso si recò a Tolosa per assistere alla cerimonia: questo carme sarà stato re-
citato durante il rito sacro, mentre il seguente sarà stato reçitato durante la festa che
seguì alla consacrazione.
, (19) Secondo la leggenda, Saturnino fu il primo vescovo di Tolosa, verso la
7, 15. CLAUD. 8, 58: leti rapuit de /aucibus. met~ del sec. III; pare che, sfuggito alla violentissima persecuzione dell'imperatore
Decto (249-251), sia morto martire in seguito a una rivolta della popolazione. Cf.
(17) Vita designa il Cristo, cf. Gv 11, 25: ego sum resurrectio et vt'ta; 14, 6: 1'.J..-0. GARRIGUES, Saturnino di' Tolosa, BS XI, 1968, 673-680. Il racconto di Venan-
ego sum via, veritas et vita. Venanzio sottolinea il carattere sacrificale della mor- zio segue da vicino la passio, risalente alla prima metà del sec. V.
te di Gesù: egli è l'ultima vittima offerta sotto la legge antica, e il suo sacrificio è (20) Cioè al vescovo, che, co1ne Cristo, guariva corpi e anime.
continuan1ente rinnovato dai sacerdoti della nuova legge. (21) Questo tipo di. supplizio non era contemplato dalla legislazione romana, il
(18) Questo carme e il seguente furono cotnposti in occasione della dedi- ~he. confermerebbe. che il santo non subì un regolare processo per empietà, ma fu
cazione della basilica di San Saturnino, fatta costruire a Tolosa dal duca La une- hnctato dal popolo tn rivolta.
160 CARMINA, L. II, VII-VIII CARMI, L. II, 7-8 r6r
Naturae rabidae feritatem adiungere nosti, rinità alla furia della natura: ciò che non poteva da sé lo fece sotto il
quod per se nescit te stimulante furit. tuo ~timolo. o. foll~ inferocita e assetata di sangue, il ferire quest'uo-
Turba cruenta uocens, huius te vulnere perdis: mo e la tua rovina: unpara ad aver riguardo verso di te se non verso di
etsi non illi, parcere <lisce tibi. lui. Da qui la belva irrefrenabile subito si precipitò p'er vie anguste e
I-Iinc ferus inpatiens mox curva per avia raptus tortuose, spargendo qua e là per la città le membra dell'nomo. Allora
passim membra pii fudit in urbe viri. una donna con gioia ne raccolse gli arti e li seppellì con l'aiuto di una
Tum mulier collegi! ovans et condidit artus, serva soltanto. Fu questa una degna occasione per impossessarsi della
una sed famula participante sibi. corona e la gloria del martirio, resa cosl pubblica, risplende. Davanti
35 Haec fuit insignis rapiendae causa coronae, al sepolcro del sant'uomo è ora elargito il dono della salvezza e il suo
gloria martyrii sic celebrata nitet. corpo straziato risana molti corpi.
Ante sepnlchra pii dantur modo dona salutis ; O i;norte r~e~ica, ?i', dove te ne stai? Dove giaci, sconfitta, dac-
et corpus lacerum corpora multa fovet. che vedi esaud1!11 voti dalla salma di un santo? A torto ritenevi che
Dic ubi, mors inimica, iaces? 10 ubi vieta recumbis, cos~ui, con la. sua morte, terminasse l'opera di salvezza: egli invece dà
quando vides sancti funere vota dari? fa vita a molti e conserva la sua. Qui giaci prigioniera, tu che credevi
Quem male credebas obitu finire salutem, di regnare; dando l'assalto muori e infuriando tu uccidi te stessa. La
dat vitam multis et tenet ipse suam. tua pena ti opprime, i tuoi legami crudeli ti torturano, tu stessa ora
Huc captiva cubas qui te regnare putabas: che subisci, e1netti i gemiti che vuoi suscitare. Il martire dimora ~stÙ
invadendo peris teque furendo necas. tante nei cieli; tu, astiosa e trista, morte nemica a te stessa abiti
45 Te tua poena pr_emit, tua te fera vincula torquent, nell'oscurità del Tartaro. '
quos dare vis gemitus, ipsa ferendo gemis. Ora egli, nel!' eterua beatitudine, dimora in un_ambiente fiorito tra
Martyr ovans caelos retinet, tu livida tristis, cori che profumano dì caldo it1censo. Non temette, essendosi conqui-
mors inimica tibi, Tartara nigra colis. stato la benevolenza del Giudice, alcun processo ma soldato vittorio-
Florigera nunc sede manet sine fine beatus so, s~ ~i;ige ver~o i premi die gli spettano. Una degna'palma l'attende e i!
inter odoratos ture calente choros. segu1ra 11 suo trionfo: 1nor1re per te, o Cristo, è gloria, vita, riposo. 'I
50
'
I cuori degli altri rie~heggino di lodi di uomini, a me invece sia " I
VIII. DE LAUNEBODE QUI AEDIFICAVIT TEMPLUM SANCTI SATURNINI dato di ricordare i giusti. E infatti un'opera di pietà celebrare nei miei I
libd i ~incit~ri e il ll:'io ingegno vi è spinto da una duplice ragione. La "i!
Laudibus humanis reliquorum corda resultent, pnm~ e che e propr!o delle persone capaci dire grandi cose dei grandi:
at mihi de iustis commemorare vacet. mfatt1 chi ne tace le buone opere è responsabile di un delitto· la se-
Nam pietatis opus, victores texere libris conda ragione ricorda che chi legge le loro imprese s'infiamma d'amo-
admonet ingenium res ratione duplex. re e desidera compiere opere ancora migliori.
, Una quod est habilem de magnis magna fateri;
nam bona qui reticet criminis auctor erit.
Altera causa monet quoniam succensus amore
et meliora cupit qui sua facta legit.
I'
I.
Saturninus enim martyr venerabilis orbi Saturnino dunque è martire venerato nel mondo (22) e non è
rn nec late! egregii palma beata viri. ignota la palma beata di quest'uomo straordinario. Quando egli dalla
Qui cum romana properasset ab urbe Tolosam città di Roma si ditigeva verso Tolosa e portava i devoti semi di una
et pia Christicoli semina ferret agri, terra cristiana, una masnada inferocita assalì l'amico del Signore e de-
tunc vesana cohors Domini conprendit amicu1n cise di trascinare il corpo del santo, per sfignrarlo. Legato a un toro,
instituitque pii membra terenda trahi. penzolò da uno dei piedi posteriori e, trascinato qua e là, morì dilania·
'1'' " Inplicitus tauri pede posteriore pependit, to. In questo modo la sua anima, dalla terra, raggiunse l'Olimpo: beato
'1 tractus in oblicum dilaceratus obit. colui che con la sua morte fa morire la morte! Ma proprio quel luogo,
Hac ope de terris animam transmisit Olympo: nel quale il santo fu legato, non fu nobilitato da alcun tempio votivo.
o felix cuius funere mors moritur! Launebode, dopo molti secoli, ricoprendo la carica di duca, fece
i Sed locus ille quidem qno sanctus vincula sumpsit edificare in quel luogo le sante altezze (23). I: opera che nessuno della
'° nullius templi fultus honore fuit. stirpe romana, qui arrivando, fabbricò, la eseguì un uomo di stirpe
Launebodis enim post saecula longa, ducatum barbarica: assieme alla propria consorte Beretrude (24) di splendida
I dum gerit, instruxit culmina sancta loci. bellezza, che ancor più luminosamente brilla per il suo cuore gentile.
I Quod nullus veniens romana gente fabrivit, Risplende la sua illustre origine da una stirpe di potenti: il marito, de-
i
hoc vir barbarica prole peregit opus voto a Dio, ne accresce lo splendore. Ella dispensa, con le proprie ma-
,, coniuge cum propria Berethrude clara decore ni, degni alimenti: donando ai poveri desidera saziare se stessa. Senza
pectore quae blando clarior ipsa nitet. mai stancarsi ricerca nei templi la speranza di Cristo, sempre profon-
Cui genus egregium fulget de stirpe potentum, dendosi nelle opere di pietà. Ricopre di vesti i nudi, offre bevande agli
addidit ornatum vir venerando Deum. assetati: sempre più questa donna si disseta alla fonte eterna. Qualun-
Quae manibus propriis alimonia digna ministra!, que cosa ella faccia, reca vantaggio anche al marito: ella formula voti
.,1 pauperibus tribuens se satiare cupit. angosciosi per la sua salvezza. Il duca, che ha influenza tra la sua gente
I
'
Indefessa spem Christi per tempia requirit, per i suoi magnifici ineriti, brilla dovunque, eminente per la sua no-
iugiter excurrens ad pietatis opus. biltà. Ma, sebbene per la sua schiatta occupi un'altezza eccelsa, fu egli
Nudos veste tegit, sitienti pocula profert 11 , stesso, con il suo comportamento, a rendere più illustri i suoi avi. Ri"
se magis aeterno femina fonte replet. mangano dunque uniti per sempre in un vincolo di pari valore, e
,, Proficit hoc etiam quidquid gerit illa marito lamore, così rafforzato, risplenda per ambedue.
anxia pro cuius vota salute facit.
Dux meritis in gente sua qui pallet opimis,
.'i: celsus ubique micans nobilitatis ope . 9. AL CLERO PARIGINO (25)
! Sed quamvis altum teneat de stirpe cacumen
40 moribus ipse suos amplificavi! avos. Gloria di un'onorata adunanza e dignità di un ordine ragguarde-
Ergo pari voto maneant in saecula iuncti vole, padri, che io venero per il cuore, la fede, la devozione: voi mi co-
:i et micet ambobus consolidatus amor. stringete, quando ormai da molto il mio canto si è disabituato al tra-
scurato plettro, a riprendere in mano l'antica lira. Ecco, voi mi spro"
IX. AD CLERUM PARISIACUM
Coetus honorifici decus et gradus ordinis ampli, (22) Sull'estensione del culto di san Saturnino si rimanda a EL DELEHAYE, Les
quos colo corde fide religione patres, origines du culte des martyrs, Bruxelles 1933, 346.. .. , .. ~
(23) Il santuario costruito da Launebode, identificato con scarsa plausrbdita
iamdudum obliti desueto carmine plectri con Notre"Dame du Taur (cf. P.A. FEVRIER, Toulouse, in Topographt'e ehrétienne des
cogitis antiquam me renovare lyram. cités de la Gaule des origines au milieu du VIII• siècle, VII, Province ecelést'astique de
Narbonne [Narbonenst's prima], a cura di N. Gauthier1 Paris 1989 1 32), sorgev~ J?ro-
babilmente in uno dei luoghi che videro il 1nartirio dd santo, e deve essere dtstmto
dalla basilica che ne custodiva la sepoltura, citata da GREG. TUR. Frane. 6, 12.
(24) Beretrude (PLRE III, 226) ci è nota anche da GREG. TUR. Frane. 9, 35: era
11 Cf. Mt. 25, 35-36. una ricca proprietaria terriera, che lasciò una parte dei suoi beni a monasteri fem1ni-
nili fondati da lei stessa, nonché a chiese e basiliche.
9. A.RATORaet. 1, 564: venerabilis orbi. - 24. Ov. am. 1, 4, 48: dulce peregit opus. (25) Questo carme e il seguente risalgono all'inverno 567-568, che Venanzio
- 41. ARATOR aet. 1, 242: ergo pari voto. trascorse a Parigi presso la corte di Cariberto.
CARMINA, L. II, IX CARMI, L. II, 9
' En stupidis digitis stimulatis tangere cordas, nate a pizzicare le corde con le dita addormentate, dacché la mia ma-
curo mihi non solito currat in arte manus. no non è solita correre spedita esercitando quest'arte. Ora la mia lin-
Scabrida nunc resonat mea lingua rubigine verba gua risuona di parole indurite dalla ruggine e dalla mia rozza bocca
exit et incompto raucus ab ore fragor. foriesce un rauco strepito. Difficilmente una mola potrà affilare un
Vix dabit in veteri ferrugine cotis acumen vecchio ferro arrugginito o il colore potrà risplendere sul bronzo in-
w aut fumo infecto splendei in aere color. taccato dal fumo. Ma poiché la vostra gentilezza insiste battendo come
Sed quia dulcedo pulsans quasi malleus instat un martello, e la mia sollecitudine, battuta con1e un'i11cudine, mi tor-
et velut incudo cura relisa terit menta, e poiché voi accendete dentro il mio petto un fuoco il cui calo-
pectoris atque mei succenditis igne caminum re alimenta l'intimo del mio cuore, io obbedisco, giacché la vostra be-
unde ministratur cordis in aree vapor, nevolenza 1ni obbliga all'esercizio dell'arte mia, come fossi in una for-
15 obsequor hinc, quia me veluti fornace recocto nace indurita dal fuoco.
artis ad officium vester adegit amor. J; alta e autorevole dignità del clero parigino, nume tutelare, glo-
Celsa parisiaci clerus reverenda pollens, ria, ricchezza e onore della Chiesa, canta divini poemi nei cantici del
ecclesiae genium, gloria, munus, honor, re Davide e compie questo soave ufficio con assidua regolarità. Da
carmine davitico divina poe1nata pangens, una parte brillano i sacerdoti, dall'altra l'ordine dei diaconi: bianche
w cursibus assiduis dulce revolvit opus. chiome ricoprono gli uni, belle stole gli altri. Quelli sono pallidi, que-
Inde sacerdotes, leviticus hinc micat ordo; sti sono perfusi di rossore nei volti e biancheggiano come gigli in mez-
illos canities, hos stola pulchra tegit, zo a rose rosse. Quelli sono bianchi per l'età avanzata, questi per le
illis pallor inest, rubor his in vultibus errai belle vesti: formano una variopinta corona gradita a Dio. È presente,
et candunt rutilis lilia mixta rosis. al centro, Gennano (26), di dignità episcopale, che ora guida i giovani,
" Illi iam senio, sed et hi bene vestibus albent, ora sostiene gli anziani. Precedono i diaconi, segue l'importante rango
ut placeat summo picta corona Deo. dei duchi: egli avanzando richiama i primi, dirigendo fa venire avanti
In medio Germanus adest antistes honore gli altri. Egli incede lentamente, come un novello Arorme: lo splendo-
qui regit bine iuvenes, subrigit inde senes. re non gli viene dalla veste, incanta pinttosto per la sua pietà. Non pie-
Levitae praeeunt, sequitur gravis ordo ducatum: tre, scarlatto, tiara, oro, porpora, tela di bisso adornano le sue spalle,
'" hos gradiendo movet, hos moderando trahit. ma è la fede benigna a risplendere in lui. Costui è ben superiore al sa- I
Ipse tamen sensim incedit velut alter Aaron, cerdote della legge antica perché venera come vero ciò che prima fu
non de veste nitens, sed pietate placens. soltanto ombra. Poiché tiene in gran conto il futuro, egli rifiuta tutte !I
Non lapides, coccus, cidar, auru1n, purpura, byssus le cose presenti: si spoglierà della carne prima che la carne precipiti
exornant humeros, sed micat alma fides.
35 Iste satis melior veteri quam lege sacerdos,
verso la fine. Preoccupato che la rabbia dei lupi non divori qualche
anima, egli, pastore splendido, raduna le pecorelle nei recinti. Il greg-
I'
'I
hic quia vera colit quod prius umbra fuit. ge) invitato a sapidi pascoli con assidui richiami, riconosce la sua voce 'I
Magna futura putans, praesentia cuncta refellens, e lo segue lestamente, in venerazione. Soldato veloce nel rivestirsi del-
antea carne carens quam caro fine ruens; le armi, non appena il segnale risuona nelle sue orecchie rizza le mem-
sollicitus quemquam ne devoret ira luporum, bra dal letto dopo aver scacciato da sé il sonno. Prima degli altri ac-
" colligit ad caulas pastor opimus oves. corre; ciascunoi da ogni dove, si reca verso il tempio in cerca dei santi
Assiduis monitis ad pascua salsa vocatus misteri. La sua casa inonda tutto il popolo col suo animoso zelo e aga-
grex vocero agnoscens currit amore sequax 12 •
Miles ad arma celer, signum mox tinnit in aures,
erigit excusso membra sopore toro.
45 Advolat ante alios; mysteria sacra requirens,
undique quisque suo templa petendo loco.
Flagranti studio populum domus inrigat omnem
certatimque monent quis prior ire valet.
Pervigiles noctes ad prima crepuscula 'iungens, ra si esortano a muoversi per primi. Protrae le notti di veglia sino alle
'° construit angelicos turba verenda choros. prime luci dell'alba; la venerabile folla forma cori angelici. Assidua
Gressibus exertis in opus venerabile constans, nell'uffici~ divino, col) passi spediti, attacca con cantici per fare vio-
vim factura polo, cantibus arnia movet. lenza. al cielo: t~sse ~on lirica armonia la trama del Salterio, porta
Stamina psalterii lyrico modulamine texens, avanti con devozione il carme ordito di versi. Qui un fanciullo intona
versibus orditum carmen amore trahit. la sua voce su quella delle sottili canne, lì un vecchio fa uscire dalla
55 Bine puer exiguis attemperat organa cannis,
bocca il forte suono della tromba. Voci di cembali si mescolano a
inde senis largam ructat ab ore tubam: zufoli acuti e una siringa emette con molteplici tessiture un dolce suo-
cymbalicae voces calamis miscentur acutis no (27). Il flauto di un fanciullo addolcisce i sordi timpani dei vecchi e
disparibusque tropis fistula dulce sonat. le armonios~ parole degli uomini raddoppiano il suono della lira (28).
Tympana rauca senum puerilis tibia mulcet Una frase SI sviluppa mollemente, un'altra ci rapisce con la sua velo-
'" atque hominum reparant verba canora lyram. cità (29): cosl varia l'azione, a seconda del sesso e dell'età del!' esecuto-
Leniter iste trahit modulus, rapit alacer ille, re (30).
sexus et aetatis sic variatur opus. J!~ssolata ~ai;:ip~gna. di Cristo batte i frutti del frumento, poiché
Triticeas fruges fervens terit area Christi, allestlra 1 granai di Dio, ricordando che, secondo la parola del Creato-
horrea quandoquidem construitura Dei, re, sono beati coloro che il Signore al suo ritorno troverà svegli. Quan-
65 voce Creatoris reminiscens esse beatos
ta luce è nascosta nei meriti di costoro, nelle loro anime nella loro
quos Dominus vigiles, dum redit ipse, videt 13. virtù e nella loro fede, nel rivestimento del loro corpo! Ist~uiti dal ve-
In quorum meritis, animo, virtute fideque scovo, il clero e il popolo incolto recitano salmi: con questo modico
tegmine corporeo lumina quanta latent! impegno egli sarà riempito di frutti.
':1
Pontificis monitis clerus, plebs psallit et infans, . Beat? è ques.t' eser?to, sotto la guida di Germano. Mosè, proten-
'. :.· '" unde labore brevi fruge replendus erit. di le mani e verrai cosl m aiuto al tuo accampamento.
Sub duce Germano felix exercitus hic est.
Moyses, tende manus et tua castra iuvas 14,
10. SULLA CHIESA DI PARIGI (31)
huic venerabilior de cruce fulget honor. pteziose e legno di cedro; in questa splende più venerabile la gloria
Constitit illa vetus ruituro structa talento, della Croce. Quel tempio antico fu eretto con denaro destinato a peri-
rn haec pretio mundi stat solidata domus. re, questo edificio si erge consolidato dal riscatto dcl mondo (33).
Splendida marmoreis attollitur aula columnis L'aula si eleva splendida, con colonne 1narmoree e, poiché rimane pu-
et quia pura n1anet, gratia maior inest. ra, vi alberga un fascino maggiore. Riceve per prima i raggi del sole
Prima capit radios vitreis oculata fenestris dalle vetrate rotonde e, grazie alla mano dell'artista, ha racchiuso il
artificisque manu clausit in aree diem. giorno al suo interno. Al sorgere dell'aurora una flebile luce pervade il
., Cursibus Aurorae vaga lux laquearia conplet soffitto e con i suoi raggi essa risplende anche senza il sole. i'
atque suis radiis et sine sole micat. Il devoto re Childeberto, nel suo singolare amore, diede al suo
Haec pius egregio rex Childebertus amore popolo questi doni che mai periranno. Tutto rapito dall'amore verso il
dona suo populo non moritura dedit. culto divino, egli incrementò le inesauribili ricchezze della chiesa. Il
Totus in affectu divini cultus adhaerens nostro Melchisedech, a buon diritto re e sacerdote, portò a termine,
'° ecclesiae iuges amplificavit opes: da laico, un'opera di religione (34). Egli regge le sorti dello stato e cu-
Melchisedech noster, merito rex atque sacerdos stodisce gli eccelsi palazzi: la sua unica regola fu la gloria dei vescovi.
conplevit laicus rcligionis opus. Dipartito da qui, egli vive lassù per la gloria dei suoi meriti: anche
Publica iura regens ac cclsa palatia servans: quaggiù sarà eternato dalle lodi delle opere sue.
unica pontificum gloria norma fuit.
25 Hinc abiens illic 1neritorum vivit honore.
Hic quoque gestorum laude perennis erit. 11. SUL BATTISTERO DI MAGONZA (35)
Risplende l'alta sala del santo battesimo, con cui Cristo lava nel-
Xl. DE BAPTISTElliO MAGANTIAE !' acqua le colpe di Adan10. Qui il· gregge, sotto la custodia del divino
pastore, s'ilnmerge nelle acque pure, perché la pecora non porti a lun-
Ardua sacrati baptismatis aula coruscat go il mantello macchiato. I: origine portò col seme la morte, ma il Pa-
quo delicta Adae Christus in amne lavai. dre del mondo guarì le colpe mortali con acque salutifere. Dunque il
Hic pastore Deo puris grex mergitur undis, vescovo Sidonio (36) innalzò questo edificio, egli che propaga il culto
ne maculata diu veliera gestet ovis. del Signore rinnovandone i templi. Il vescovo lo edificò con il devoto
, Traxit origo necem de semine, sed pater orbis intervento di Bertòara (37) che, gloria della Chiesa; è apprezzata per il
. I
purgavit medicis crimina mortis aquis. suo cuore amorevole .
Hanc tamen antistes Sidonius extulit arcem, Splendore della fede cattolica, ardente di devozione, frequentatri-
qui Domini cultum tempia novando fovet. ce dei templi, generosa verso i poveri, ella semina per poi mietere, di-
Struxit Berthoarae voto conplente sacerdos, stribuisce per conservare: con le ricchezze terrene si procura beni im-
10 quae decus ecclesiae cordis amore placet. mortali. Figlia degna dcl padre, nella quale tu, o Teodeberto, rivivi, tu
Catholicae fidei splendor, pietate coruscans, che governasti la patria con la pietà di un padre e, sostenuto dalla fe-
templorum cultrix, prodiga pauperibus,
seminar unde metal fruges, spargendo recondens:
terrenis opibus non moritura parat.
15 Filia digna patri, te, Theudeberte, reformans,
(34) Su questo passo si veda REYDELLET, La royauté, 323ss. La pietà del re
rexisti patriam qui pietate patris Childeberto I (511-558) etnerge pure da alcune delle vite di santi composte da Ve-
et comitante fide revocasti ex hoste triu1nphos, nanzio.
(35) Questi ulti.tni carini del libro risalgono a un periodo che precede di poco
il soggiorno parigino, e precisamente al 566-567, quando Venanzio si trattenne in
Austrasia al seguito del re Sigiberto I.
(36) Sidonio dovrebbe essere il terzo vescovo di Magonza: cf. DUCHESNE, Fas-
tes épiscopaux de l'ancienne Caule, III, Paris 1915, 157: s'insediò nel 549 ma non
11, 17. SEOUL. carm. pasch. 2, 37: et dictum comitatafi'des. sappiaino con precisione la data della sua 1norte. Suo successore fu Taumasto, che
dopo una breve reggenza fu esiliato; nell'anno 589 sulla cattedra 1noguntina sedeva
bi della Gallia: PAUL, NoL. carm. 27, 477 e 28, 311 e SIDON. epist. 4, 18, 5, vv. Sigimondo.
13 e 7, 9, 21. Lo stess0 Venanzio riadopererà il tema in carm . .3, 6, lss. (37) Bertòara (PLRE III, 229), personaggio non conosciuto da altre fonti, era
(33) Cioè da Cristo; si ricordi carm. 2, 6, 22. figlia del re Teodeberto (534-548) e quindi pronipote di Clodoveo: cf. v. 15.
1:
'
CARMI, L. II, l 1-13
CARMINA, L, II, XI~XIII
de, riportasti trionfi sui nemici, ma i prigionieri presto poterono far ri-
scd capti pretio mox rediere tuo. 'I
torno, riscattati da te (38).
Ecclesiae fultor, laus regum, pastor egentum, Sostegno della Chiesa, gloria dei re, pastore dei bisognosi, protet-
20 cura sacerdotum, promptus ad omne bonum tore dei vescovi, pronto a ogni beneficio: nessuno può dire di aver sof-
cuius dulce iugum nullus gemuisse fatetur, ferto sotto il tuo soave giogo; o re, ancor· oggi tu, per i tuoi meriti, vivi
vivis adhuc meritis rex in amore tuis. nell'amore dei tuoi sudditi.
XII. DE BASILICA SANCTI GEORGI 12. SULLA BASILICA DI SAN GIORGIO (39)
Martyris egregii pollens micat aula Georgi Risplende la maestosa basilica dell'illustre martire Giorgio, la cui
cuius in hunc mundum sparg1tur altus honor. eccelsa gloria si è diffusa in questo mondo. Col carcere, con attentati,
Carcere, caede, fame, vinclis, site, frigore, flammis con la fame, con le catene, la sete, il freddo, le fiamme egli professò
confessus Christum duxit ad astra caput. Cristo e portò così la propria testa in cielo. Egli, potente nei miracoli,
5 Qui virtute potens orientis in axe sepultus sepolto sotto il cielo dell'Oriente, ecco, offre la sua protezione sotto il
ecce sub occiduo cardine praebet opero. cielo dell'Occidente.
Ergo memento preces et redder~ vota, ~ator: Rammentati, dunque, o viandante, di offrirgli preghiere e doni
obtinet hic meritis quod petlt alma frdes. votivi: qui la fede benigna ottiene, grazie ai meriti del santo, ciò che
Condidit antistes Sidonius ista decenter essa implora. Il vescovo Sidonio ha costruito con gusto questa nuova
proficiant animae quae nova tempia suae. chiesa; possa essa arrecare vantaggio alla sua anima.
i.
XIII. DE ORATORIO TRASARICI 13. Suu:oMTmuo DI TRAsAJùco (40)
i
Lucida perspicui nituerunt limina templi . Risplendono le soglie brillanti del tempio ben 'éisibile, dove la ve- 1.:
quo capit haud dubiam spero veneranda frdes. nerabile fede riceve una speranza per nulla incerta. E questa la basilica
: I, Haec est aula Petri caelos qui clave catena! di san Pietro, che con la sua chiave incatena i cieli e al cui passo il ma-
substitit et pelagus quo gradiente lapis 15 • re si fece duro come pietra. In questa dimora abita san Paolo, sola
5 Sedibus his Paulus habitat, tuba gentibus una, tromba delle genti, che, predone in precedenza, ora è per sempre aral-
et qui praedo prius, hic modo praeco manet. do della fede. È pure la dimora di san Martino, che rivestì Cristo biso-
Mattini domus est Christum qui vestit egentem, gnoso: recluta che ricoprl il Re e uomo che, debitamente, ricoprì Dio.
I
!,,
regem tiro tegens et homo iure Deu!". Ecco rifulge la basilica del santo vescovo Remigio, che lasciò le tene- ,.,
Ecce sacerdotis sacri micat aula Remedi bre del mondo per abitare stabilmente tra gli astri (41).
qui tenebras mundi liquit et astra tenet. :i':1
,,
quie del santo sono ricordati da GREG. TUR. glor. mart. 100. La basilica edificata da
15 Cf. Mt. 14, 29. Sidonio si trovava in un citnitero nella località di Castel; cf. E. EWIG, Die iiltesten
Mainzer Patrozinien und die FrUhgeschichte des Bistums Mainz, in AA.VV., Das erste
12, 5. ARATORact. 2, 78: virtut~potens. -6, CLAUD. 3, 274: occiduo maneas Jahrtausend. Kultur und Kunst im werdenden Abendland an Rhein und Ruhr, Diissel-
!. I.
sub cardine; VEN. FORT, carm. 6, 1, 79, dorf 1963', 117ss.
(40) Il Trasadco qui no1ninato è identificato solitamente con l'on1onimo vesco-
(38) La pietà del re Teodeberto è ricordata anche d.a GREG, T~~· ~rane. 3, vo di Toul menzionato nei Gesta episcoporum Tultensium (ed, G. Waitz1 MGI-1 SS
25 Qui Venanzio allude alla campagna italiana del 539, intrapresa 1n1z1a~mente
in ·appoggio ai Bizantini nella gu,erra c?n~ro gli Ost.rogoti. In .quell'oc~asione
truppe franche riuscirono a sp1ngers1 fino, a Pav1~, ma fui.ano d~c1mate d
1: VIII, Hannover 1848 [rist. anast. ivi 1992], 632-648), la cui vita dovrebbe collocarsi
nella seconda metà del sec. VI. Il fatto che Venanzio non accenni alla dignità episco-
pale del personaggio potrebbe far propendere piuttosto per un Traserico destinata-
un'epideinia: cf. GREG. TUR. Frane. 3, 32. L espressione comztant~fide po~re~ rio di una lettera di Gogone, precettore di Childeberto II (d. EPIST. Austras. 16).
be alludere all'ortodossia dei Franchi, impegn~~i nell~ lo~ta contr? 1 G~u ar1ant. Potrebbe nondimeno trattarsi della n1edesima persona. Il luogo in cui sorgeva l'ora-
(39) Il cuh:o di san Giorgio, nel sec. V gra assai sviluppato. m Ortent.e, so- torio non è stato identificato.
prattutto in Palestina, giunse in Occidente a partire dal VI. ~er 1.n~meros1 pro- (41) L'oratorio conservava dunque reliquie di quattro santi: Pietro, Paolo,
blemi che suscitano le leggende sorte attorno a questo. matl!re si. r~~nda a J?· Martino e Remigio.
BALBONI, Giorgio, BS VI, 1965, 512-525. In Gallia, mtracoh attrtbwtt alle reli-
li
I
I !
Cultor opime Dei templum, Trasarice, locasti. O Trasarlco, benefattore magnifico, tu hai fondato un tempio di
Has cui persolvis reddit amator opes. Dio: Colui al quale hai donato ti restituisca nel sno amore codeste ric-
chezze.
Si Hilarium quaeris qui sit cognoscere, lector, Se t'interessa sapere, o lettore, chi sia sant'liario, gli Allobrogi (45)
Allobroges referunt Pictavios genitum. sostengono che egli sia nato a Poitiers. Mentre, come vescovo, guidava
Cum populum regeret divina mente sacerdos, il popolo con ispirazione celeste, egli si preoccupò di conservare i pat-
servabat legis foedera sollicitus. ti della legge. Quando vide che un errore insano recava divisione tra il
,I!
, Inprobus ut vidit plebes quod scindere! errar, popolo, mise in piena evidenza il veleno dei Greci, che dai loro cuori I'
Graecorum virus protulit in medium, di vipere sempre veleni secernono, tanto che sostengono che il Figlio ii
vipereo promunt semper qui ex corde venena, sia creatura di Dio, e reca loro sostegno la sapienza del mondo, la qua-
filius ut dicant quia est creatura Dei. le esclude che sia divino un essere generato da uno ingenerato. Lo
Quis magis auxilium praestat sapientia mundi sciagurato Aria, volendo calpestare i profeti, ha fatto sua questa sag-
10 de ingenito genitum quae negat esse Detun. gezza con infinito danno: crepò che ancora la manteneva (46). I: egre-
Quam male conplexus, cupiens calcare prophetas, gio dottore, seguendo le dottrine degli antichi, riconosce e dimostra
Arrius infelix cum retinet crepuit. che colui che Stefano vide è Dio. Egli, vinto dall'amore di Dio, di-
Egregius doctor, veterum monumenta secutus, sprezzò il principe di questo mondo e la sua fede incontaminata do-
quem Stephanus vidit conproba.t esse De':'m 18 . vette patire l'esilio (47). Grazie soltanto alla parola di Dio egli fa rico-
15 Victus amore Dei, contempto pr1nc1pe mundi, noscere il Figlio nel Padre, che è Dio onnipotente. Egli, in dodici li-
intemerata fides pertulit exilium. bri (48), insegna al popolo che Cristo è luce perpetua, Signore e Dio.
In patre qui potens Deus est cognoscere Natum
divinis tantum vocibus insinuat.
Perpetuum lumen Christum Dominumque Deumque 16. Su SAN MEDARDO (49)
;
!' bis senis populos edocet esse libris.
Tra gli adoratori di Cristo, le cui opere hanno assicurato loro il
:·'' cielo, un posto eminente, in ragione dei tuoi n1eriti, spetta a te, Me-
: ~ XVI. DE SANCTO MEDA!IDO dardo, che vivesti da ospite sui terrestri lidi, tanto da testimoniare- che
la tua patria era il cielo. Per te, che ti guardavi dai luoghi fangosi, il
Inter Christicolas quos actio vexit in astris mondo era un esilio e ora il cielo gioisce nel!' averti per sempre quale
pars tibi pro meritis magn.a, M~darde, patet, suo cittadino. Liberato dalle tenebre, avvolto da una veste di luce, do-
qui sic vixisti terrenis hospes 111 or1s po la tua morte godi di spazi più liberi. Nato dalla terra, divenuto abi-
:] ut caelos patrian1 redderes esse tuam. tante dell'Olimpo, lasciando questa madre abiti col Padre in una lieta
5 Exilium tibi mundus erat caenosa caventi dimora. Vincitore dell'umana colpa, tu trionfi al di sopra degli astri e,
et modo te gaudet cive manente polus. consumando la tua carne, ottieni il riposo dell'auima. Noi riconoscia-
i !' Exutus tenebris, vestitus tegmine lucis
':I
post obitum frueris liberiore die.
De tellure satus factus possessor Olympi
1o et matrem linquens cum Patre laeta tenes. Diversi studiosi, da F. Leo a MEYER, Der Gelegenheitsdichter, 28 a BWMGREN, Stu-
.Humani vietar vitii super astra triumphas dia Fortunatiana, 79, hanno negato l'autenticità venanziana di questo carme, a causa
atque cremans carnem das animae requiem. di diverse particolarità di ordine metrico; nondimeno non vi sono argomenti pro-
banti. Alla vita del santo, Venanzio dedicò due scritti in prosa: il De virtu#bus sancti
Hilarii e la Vita sancti Hilarii, che il lettore troverà nel tomo II.
(45) Tribù gallica, qui in metonimia per indicare gli abitanti della Gallia nel lo-
18 Cf. Act. 7, 55. ro complesso.
(46) Per la morte di Ariosi veda RUFIN. hist. 1, 13, o CASSIOD, ht'st. 3, 10, 10.
15, 9. SEDUL. carm. pasch. 1, 314: quia vana ç/.eo est ~apientia mundi. - 12. (47) Nel 356 il sinodo di Béziers accusò Ilario per aver sostenuto sant'Atanasio e
SEDUL. carm. pasch. 1, 284: Arrius infelix. - 16. PROSP. ep1gr. 76, 2; D~c. laud. il concilio di Nicea; l'ilnperatore Costanzo lo esiliò in Frigia. Con l'espressione il prin-
dei 33, 427: inte1nerata fides. - 19. SEDUL. carm. pasch. 2, 216: domtnumque cipe di questo mondo Venanzio intende alludere a Satana piuttosto che a Costanzo.
deumque; IuVENC. 1, 24. (48) I dodici libri del trattato De trinitate (ed. P. Smulders, CCL 62-62A,
1979-1980).
(44) Vescovo di Poitiers dal 350 circa al 367, Strenuo co~battente contro (49) San Medardo, vescovo di Noyon, morì verso il 560, quindi poco tempo
l'eresia ariana tanto da 1neritare l'appellativo di malteus haerettcorum (martello prima dell'arrivo di Venanzio in Gallia: cf. H. PLATELLE, Medardo, BS IX, 1967,
degli eretici):'cf. A. QUACQUARELLI, Ilario di Poitiers, BS VII, 1966, 719-725. 262-264. Il re Coltario I lo fece seppellire a Soissons, e su quel luogo fece costruire
CARMINA, L. II, XVI CARMI, L, II, 16. 177
Te inter mundanos vepres gradiente fatemur mo che tu, quando can1minavi tra i roveti del mondo, calpestando le
calcatis spinis pro1neruisse rosas. spine. hai .gua.dagnato le rose. Il prato, ricolmo di fiori, emana per te
,, Flore refectus ager suaves tibi fundit odores, aromi. delical!: si diffondono i balsami e gli incensi che profumano il
balsama, tura replent quae paradisus habet. paradiso. Tu cautamente hai diretto i tuoi passi lungo una via stretta e
Cauta per angustum figens vestigia callem, così quella strada angusta ti spalancò la via della luce. La via larga dei
sic dedit arta tibi semita lucis iter. piaceri, che precipita nell'Averno, solletica le dolcezze della carne, ma
Lata voluptatnm via quae submergit Averno, procura l' amaritudine della morte. Da questo cammino tu mai deviasti
dulcia carnis alens, mortis amara parat 19. i tuoi sacri passi, né vie tortuose poterono invischiare i tuoi piedi. La
Hoc numquam sacros flexisti tramite gressus via della gloria è faticosa, più faticosa ancora quella che porta al cielo·
nec potuere tuos prava tenere pedes. ma più è intenso lo sforzo, tanto la gloria sarà maggiore. '
Durnm iter ad laudes, gravior via ducit in altum; Con quali miracoli del tuo sacro operare potrei cominciare, visto
quo labor est potior, gloria maior erit. che, qualunque cosa tu compia, brilla per il suo eccellente valore?
25 Quae prius incipirun sacri miracula facti, Mentre la tua vita, volta al cielo, stava chiusa in un corpo umano, ti
cum, quicquid facias, omnia prima micent? stavano a cuore quegli occhi dai quali la luce fuggiva. Se un cieco
Dum fuit ad superos humano in corpore vita, giungeva presso di te, toccandoti otteneva la guarigione: nel mezzo
ex oculis fugiens lux tibi cordis erat. delle tenebre riluceva la pienezza del giorno.
Si caecus venit, rapuit palpando salutem, Uno, che volle introd.ursi di soppiatto per perpetrare un furto (50),
in mediis tenebris fulsit aperta dies. resta fermo se tu lo leghi, fugge se tu lo liberi. Un ladro, senza aver
Qui voluit furti causa penetrare latenter portato a compin1ento la propria azione, ingannato dal vano proposi-
te religante sedet, te reserante fugit. to, pur avendo restituito ogni cosa è accusato per·il suo crimine. Infat-
Pur sine perfectu voto deceptus inani ti, una volta che ebbero afferrato le dolci uve della vite, i suoi passi
omnia restituens crimina fraudis habet. non furono in grado di allontanarsi dal luogo, né poté il ladro portar
,, Nam semel ut molles carpsernnt palmitis uvas, via il bottino con le proprie forze, ma fu il.bottino a togliere i piedi al
non valuere gradus inde referre foris ladro. Lo sventurato si ritrovò dunque legato con i suoi stessi lacci: era
nec potuit raptor pedibus subducere praedam, venuto per catturare ma fu egli stesso a essere catturato. Non. toccò
raptori abduxit sed sua praeda pedes. neppure il mosto, ma egli si rivoltò nella sua anin1a colpevole: prima
Ergo suis laqueis coepit miser esse ligatus: ffie potesse bere, la folla ubriaca giace a terra. Si mise a sorvegliare i
40 venerat ut caperet, captus at ipse fuit. grappoli invece di sottrarli: voleva essere un ladrone ed è diventato un
Nec tetigit mustum, sed iniqua mente rotatur, guardiano, fin quando, o santo, tu con le tue parole gli avessi.ordinato
antea quam biberet, ebria turba iacet. di andarsene; istruito dal ne1nico, egli ritornò in sé per portare a ter-
Incepit servare magis quam ferre racemos mine il furto (51). O santissimo vescovo, quanta è la bontà d'anin1o
et datus est custos qui cupit esse rapax, che è in te, tu che lasci andare, col tuo aiuto, chi ti reca danno?
4.J donec, sancte, tuis verbis iussisses abire, . Un povero, ancor più disonesto, ruba un campanello di quelli che
ut furtnm inpleret, doctus ab hoste redit. solitamente stanno al collo dei buoi: lo nasconde in grembo, ne ottura
Quae manet haec animi pietas, sanctissime praesul, la cavità con fieno e lo stringe nella mano, per non tradire il misfatto.
laedentem auxilio qui facis ire tuo? Al tuo arrivo, sant'uomo, rivelò i fatti segreti, e incominciò a denun-
,.
.\ I
tinnitu incipiens iam quasi furta loqui. dare il furto quasi parlando, col suo tintinnìo. A nulla giova nascon-
,, Nil valet abscondi, nil claudi nilve teneri, derlo, a nulla stringerlo o racchiuderlo: col suo suono squilhmte de-
facundo strepitu prodidit omne malum. • nu.ncia ogni colpa. Esso difendeva come davanti a un giudice la pro-
Pandebat propriam veluti sub iudice causam, pria causa, con un suono spiegato, che non aveva alcun timore del la-
nil de fure timens liberiore sono. dro. :penuncia, accusa, dimostra, condanna, rincara le accuse; nondi-
Indicat, accusat, convincit, damnat, acerbat, meno, in tua presenza non si può essere colpevoli. Tu perdoni il ladro
60 te praesente tamen non licet esse reum. con la pietosa benevolenza che ti è consueta e aggiungi avvertimenti
Absolvis furem solitae pietatis amore, perché riprenda attento il suo cammino: gli imponi di portare con sé il
I I addens et monitus, cautus ut intret iter, tintinnante bottino, perché non se ne tornasse triste, povero e deluso
praecipiens querulam secum portare rapinam, nelle sue speranze.
ne vacua tristis spe remearet inops. Ora .dunque racconterò, come sarò in grado, i venerabili prodigi
che tu hai dato al popoh, una volta strappato a questo mondo.
65 Bine trunen ut potero, cu1n raptus ab orbe fuisses, Mentre .si trasportavano le sante membra su un feretro ben pre-
quae dederis populis signa verenda loquar. parato, un cieco che s1 prostrò al tuo passaggio meritò di rivedere la
luce (52). Egli ricevette, trepidante, la luce dalla tua sacra ombra e la
'' .1:. ;1 ;1
tua morte fu per lui l'origine della luce. Mentre poi si apriva per te il
i I
[de caeco inluminato]
Cum pia composito veherentur membra feretro, sepolcro, i suoi occhi sepolti risorsero e quel tuo sonno fece ridestare
substratus meruit caecus habere dietn. quest'uomo. Quando tu abbandoni il mondo, a lui il mondo con la
Anxius ille sacra lumen suscepit ab umbra sua luce è restituito; mentre tu lasci la luce del giorno, la notte da que-
10 et tua mors illi lucis origo fuit. st'uomo rifugge. Quel!' antico volto stupì della nuova luce: in un vec-
Dumque sepulchra darent, oculi rediere sepulti chio edificio ricompare la primitiva finestra.
et sopor ille tuus hunc vigilare facit. Un altro, legato con ceppi robusti e con manette; non appena
Cum fugis a mundo, datur illi lumine mundus, eb~e toccato il tempki, ecco, le ferree catene cadono (53 ). Un peso
I te linquente die hunc fugiunt tenebrae. cosi gravoso - pun1z1one dolorosa anche soltanto a vedersi - una
,, Antiqui vultus lucem stupuere modernam massa così ingente hanno sopportato quei poveri piedi! Se fo~sero
st~ti uniti uno ali' altro, avrebbero potuto fiaccare un elefante e que-
et veteri fabricae prima fenestra venit.
st uomo non avrebbe potuto muovere faticosi passi. Per lui tutto ciò
[de energumeno conpedito sanato et soluto] non è meno dell'ancora che giace rotta sulle coste africane quando si
Compedibus validis alter manicisque ligatus abbatte una tempesta. Un supplizio pesante fu imposto perché fosse
mox tetigit templum, ferrea vincla cadunt. più grande il trionfo: è un merito maggiore avere la meglio sulla cru-
i 11 Tam grave fragmentum - dolor est ve! cernere poenam - deltà! Quel poveretto in ceppi non doveva sopportare così tante ca-
'j I tene se non perché la tua virtù meritasse un'azione più gloriosa. Le
so pondera tot miseros sustinuisse pedes !
Si conexa forent, elephantum solvere possent rntene non strepitarono altrettanto quando furono foggiate, quanto
tmunnavano quando stridevano selvaggiamente. La mano destra
I. !I nec poterai rigidos ipse movere gradus.
Non minus est illi quae subvertente procella che prima era crudelmente legata in catene, ora, libera, plaude a t~
1.1 che la sciogli.
litoribus libycis anchora fracta iacet.
1, 85 Poena quidem gravior cecidit crescente trirunpho,
vincere rem saevam gloria maior erat
Non habuit tot vincla pati miser ille ligatus,
sed tua quo virtus plus mereretur opus.
Cum solidarentur non sic strepuere catenae
90 ceu tinniverunt, cum crepuere ferae.
Quae fuit illa prius nimiis male vincta catenis,
iam tibi qui solvis libera dextra fave!.
(52) In P~. VEN. FORT. vita Med. 12, 30 è un sordo a ricuperare l'udito.
(53) La .liberazione ~i prigionieri è un topos dell'agiografia dell'epoca. Si veda
16, 77. LUCAN. 3, 565: alias manicaeque ligant. "78. DRAC. laud. dei 3, F. ~RAUS, Dte Gewa~t b~t den Anfiingen des Feudalismus und die "Gefangenenbe-
415: ferrea vincla tenebant; ARATOR act. 2, 793:/errea vincula. - 83. PRUD. psych. /retungen" der merowtngischen Hagiographie, "Jahrbuch fiir Wirtschaftsgeschichtt:;"
I (1961), 61-156. '
661: subsù;tente procella.
II
I
CARMINA, L. II, XVI CARMI, L. II, 16 181
180
Lignea vincla gerens alter confugit ad aulam, Un altro, che portava ceppi di legno, si rifugiava in chiesa: pure
quae simili merito scissa repente cadunt. a questi, per un simile beneficio 1 all'improvviso si spezzano e cadono.
95 Nec 1nora. Vrix tetigit sacrari limina templi, In un baleno, appena l'uomo tocca la soglia del tempio consacrato,
fit tonitrus caelis arma ferendo tibi. romba in cielo un tuono che ti porta le armi. I pesanti ceppi di legno,
Grandia divisi ceciderunt pondera ligni spezzati, pio1nbarono a terra e a un te1npo si accasciò colui che ne
i
et qui gessit onus conruit ipse simul. portava il peso. Egli trasecolò per la libertà ricevuta inaspettatamente ,]
Expavit subito de libertate recepta e, una volta liberato, fu preso da maggior timore. Quale fu la ragio-
11
'! ; ne? Perché si abbatté prono a terra? In verità le gioie intense spesso
rno atque 1nagis timuit quando solutus erat.
Quae ratio fuerit, cecidit cur pronus in arvis? recano con sé il ti1nore. Mentre egli stupisce per il rinnovato vigore ,,1!
Gaudia magna quidem saepe timere solent. dei piedi straziati, guarda con stupore le sue membra che, libere, si !1
Dum stupe! unde salus laceris est reddita plantis, n1uovono agilmente.
admirante animo membra saluta fluunt. In seguito, una vecchia, a un'età in cui ogni malanno è pericoloso,
per un tiro odioso della sorte aveva gli arti come morti. Ella teneva le
[de muliere debili sanata] dita ripiegate, in balla del morbo (54) né poteva muovere il pollice per
105 Inde vetus mulier, pariter nascente periclo, filare. La mano destra, nata si assieme a lei ma non più sua, pendeva:
vulnere naturae mortua membra tulit. era un oggetto estraneo unito al suo corpo. Ma, in età oramai avanza-
Inclusos digitos morbo numerante tenebat ta, quando già la speranza languiva delusa, davanti alla tua tomba la
nec poterai ducto pollice fila dare. mano riprese vita. Così la grazia ottenuta realizza un desiderio inspe-
Secum nata quidem, sed non sua dextra pependit, rato: la salvezza sovente è più dolce per chi già dispera. Dunque, il
corpore iuncta suo res aliena fuit. sangue si mette in circolazione nelle dita intorpidite e l'energia ridona-
Tempore sed tardo est, cum iam spes fracta iaceret, ta si spande fin nelle unghie. La rattrappita giuntura dci nervi si è tesa
ante tuos tumulos vivificata manus. e la vena liberata ritrova la propria funzione. La mano, adatta al lavo-
Sic inopinatu1n commendat gratia votun1, ro, cominciò a muoversi: quella destra, imparando a servire, divenne
desperata salus dulcior esse solet. libera. La tua pietà non soltanto restituì gli arti latitanti, ma restituì
"' Mobilis ergo venit digitis torpentibus umor anche il sostentamento, ché quella mano ora fila.
et dispensatus fluxit in ungue vigor. Strappasti anche una giovinetta da un simile morbo: risanando i
Arida nervorum sese iunctura tetendit corpi tu munifichi ancor più lanima. Ella era fidanzata a un uomo, ma
agnovitque suum vena saluta locum. la legge della morte la prostrava: ora ella risplende, vergine consacrata
Apta ministeriis incepit palma moveri, al talamo di Cristo. La fidanzata pudica brilla con la sua verginità e
servitium discens libera dextra fuit. gode di una più alta speranza: da sposa dimorerà nei cieli. Senza avere
"" Nec tantum profugas pietas tua reddidit artus figli, non perde i frutti di un'onorevole maternità: grazie al fiore della
reddidit et victum pensa trahente manu. sua castità ella è una madre deliziosa. Ella, che non ha neppure un fi-
glio, attrae a sé tutti e genera così per sé, per amore di Dio, una di-
[de puella simili infirmitate sanata] scendenza.
Eripuisti aliam simili de peste puellam
membraque restituens plus animae tribuis.
125 Desponsata viro mortali lege iacebat,
nunc thalamis Christi virgo dicata micat.
Sponsa quidem radiat cum virginitate modesta,
spe meliore fruens, nupta tenenda polis.
Nec fructus uteri sterilis deperdit honesti, !.
l'
uo flore pudicitiae mater habenda placet. '
'
Adquirit cunctos natum quae non habet unum
progeniemque sibi gignit amore Dei.
101. Afu\TOR act. 1, 823: fit pronior arvis. - 108. Ov. ars 2; 494: movit .. pollice (54) Per il senso dell'espressione morbo numerante si rimanda a BLOMGREÌ'l,
fila lyrae. - 125. SEDUL. carm. pasch. 2, 5: mortali sub lege iacens. Studia Fortunatiana, 183.
'
'i
. I
[item de puella simili infirmitate sanata] Si piange poi - per la medesima malattia - la giovane età di una
Inde pari morbo deflenda infantia parvae piccina: quando venne alla luce ella presentava membra morte. Da
''' i.11 lucem veniens membra necata trahit. quell'ut_ero disgraziato uscirono a un tempo nascita e morte: la madre,
135 Mors ·et origo simul 1nisero processit ab alvo, tra le doglie, generò una mano priva di vita. Affidata alla tua tomba,
extincta1n generans mater anhela manum. ne ritornò guarita: ciò che venendo dalla madre morl, venendo dalla
Commendata tuo rediit medicata sepulchro, tomba risorse.
quod de matte perit, de tumulo recipit. Un altro povero giaceva, con la vista preclusa dalle tenebre, cieco,
senza luce nei suoi occhi sventurati. Già da più di tre n1esi l'oscurità
[de altero caeco inluminato] avvolgeva in una lunga notte gli occhi, pur di fronte alla luce: egli, an-
Duro iacet alter inops) visu caligine clauso, corché vivo, era l'immagine della morte. Con le tue taumaturghe paro-
14 0 caecus nec 1nisero lumine lumen erat. le lo esortasti, durante un sogno, a dirigere in velocità il passo verso il
Longa nocte oculos quarto iam mense premebat tuo tempio. Presto, sul far del giorno, senza che una forbice lo avesse
in lucem obscurus, vivus imago necis. sfiorato, egli brillava della sua testa tonsurata, come una pecorella di
Vocibus hunc medicis monuisti tempore somni Cristo. Egli perde i capelli per ottenere occhi lucenti e per acquistare
tendere! ut velox ad tua templa gradum. il bene della vista a prezzo della capigliatura (55). Accompagnato e
I i. ,., Mox veniente die sed non sibi forfice pressa con passo titubante giunse nella ·cbiesa. Per due giorni stette prostrato
,j
' ! enituit Christi vertice tonsus ovis.
Detrahit hic crines nitidos ut haberet ocellos
n
dinanzi al sepolcro. sorgere del terzo giorno aveva dissipato le om-
bre della notte e cosl la luce agognata si rimostrò alla sua cecità. Le te-
et mercante coma munera lucis emat. nebre della sua fronte si assottigliarono e si dissolsero. Un fiotto di
I 11 Qui titubante gradu tractus pervenit ad aulam. sangue bagna e lava l'oscurità dello sguardo. La lucerna a secco brillò
i
''° Per biduum recubans ante sepulchra fuit. novamente dello splendore di un olivo nuovo e la luce che era fuggita
I ! i'' Tertia lux rediens nocturnas solverat umbras ritrovò il suo posto. .
:·1.
et caeco occurrit sic revocata dies. Che cosa potrei dire di te ai muti, ai quali con la tua parola hai re-
Undique limatae cecidere a fronte tenebrae. so la parola? Hai cacciato ciò che era d'impedimento, sostituendovi
Sanguinis unda rigat, luminis atra lavat. ciò che era giovevole. Non elenco ogni cosa, giacché la tua gloria mi
"' Sicca lucerna novo flagrante refulsit olivo sopraffà. Sappi che questo era l'intendimento, nonostante io non ne
•I,: obtinuitque suum lux peregrina locum. sia stato all'altezza. Ecco, Sigiberto venera con gran devozione i tuoi
templi: egli segue con attenzione l'opera, zelante per l'amore che ti
[de mutis etiam ab eo sanatis] porta. Proteggi la maestà di colui che eresse queste maestose strutture;
Quid referam mutis qui verbo verba dedisti? proteggi, in ragione dei suoi meriti, colui che ti donò questo tempio.
Quod grava! eiciens, quod iuvat omne locas. O sant'uomo, io 1 Fortunato, che con amore ho scritto questi pochi
Cuncta nec enumero, tua me praeconia vincunt. versi, chiedo il tuo aiuto: ti supplico, esaudisci i miei voti.
1w Etsi non potui, velie fuisse vide.
En tua tempia colit nimio Sigibercthus amore,
insistens operi promptus amore tui.
Culmina custodi qui templum in culmine duxit,
protege pro meritis qui tibi tecla dedit.
165 Haec, pie) pauca ferens ego Fortunatus amore
auxilium posco, da mihi vota, precor.
I,:
'
146. ARA.TOR ad Parth. 70: tonso vertice Jactus ovis. (55) Il cieco risanato si fa 1nonaco per testimoniare la propria riconoscenza.
I,
Domino sancto et meritis apostolico domno et dulci patri En- Fortunato al suo santo signore vescovo Eufronio, signore aposto-
I fronio papae Fortunatus. lico per i suoi meriti, nonché padre soave.
'' l. Ante paucorum dierum volnbilitatem transcnrsam, defe- 1. Ti comunico che un breve giro di pochi giorni è trascorso da
rente praesentitun portitore, venerabilis oris vestri salutare conlo" quando, su presentazione del latore della presente, ho ricevuto come
, quium a me cadesti pro munere significo fuisse perceptum. Quod un dono del cielo, il salutare colloquio della tua venerabile b~cca. A
ea aviditate, teste rerum Creatore 1 conplexus sum, qua et vestru1u questo io mi sono accostato, ne è testimone il Creatore del mondo
piissimum animuin circa meam hUlllilitatem iugiter adprobavi pro- con quell'avidità con la quale sempre ho riconosciuto la favorevolissi'.
fusurn et me supplicem multis repletUlll beneficiis agnosco devo- m.a disposizione d~animo da.te dimostrata verso la mia umile persona;
twn. Qui quamvis in altera commorer civitate, novit Deus quia vo- e 10, che quando l1 ho snpphcato sono stato ricolmato di molti benefi-
10 bis absens sum tantum.modo locai non animo, et quocumque fue- ci, mi professo tuo fedele. E sebbene io dimofrin un'altra città Dio sa
ro, intra me vos clausos habebo. che sono lontano da te soltanto per la distanza e non nel!' anim~ e do-
2. Vere dico: non est illud cor carnewn ubi vestrae animae vunque io venga a trovarmi, ti serberò sempre nel mio intimo. ' '
non recipitur miranda dulcedo, sed est marmore durior, si tantae 2. Dico il vero: non è U11 cuore di carne quello in cui non trova
I.-:·:' caritatis non amplectitnr blandimento. N am quis de te tam con- adito la meravigliosa soavità della tna anima, ma è più duro del marmo
' 15 grua praedicet .quam mens vere sancta deposcit? Aut quis suo sic se non si lascia prendere dalle lusinghe di una cosl grande carità. Chi
satisfaciat animo nt vestrum sicut condecet digne prodat affe- ;:
potrebbe infatti parlare di te in maniera congrua, come richiede la tua
ctum? Qui in terra sic hUlllilis es ut habites erectus in caelis et in- an?"a veramente santa? Oppure, chi potrebbe gratificare il proprio
clinando ad infima te sublevari facias ad excelsa, ut iam agnosca- animo nell'esporre degnamente i tuoi sentimenti? In terra tu sei così
ris, qui Christi hU1nilitatem libenter amplecteris, de eius regni mu- ui:'ile che diniori fiero ?ei cieli e, inchinandoti verso le cose più basse,
·20 nere quid habebis, quoniatn, sicut ipsius mandata sunt, qui se par- fai m modo di sollevarti verso qnelle più alte, di modo che già ora si ri-
vulum inter homines vult videri magnificUlll se elatus respiciet in conosca che tu, che hai di buon grado abbracciato l'umiltà di Cristo
supernis '· Unusquisque qualiter desidera! et expugnat. avrai una parte della ricompensa del suo regno, poiché, secondo quelli
:.!'·;
3. Ego vero gratulor in corde domni Eufronii dilectionem c~e son? ~ s~o1 co:riandamenti, chi vuole essere considerato piccolo tra
;Il i gh uomm1 s1 vedra, una volta sollevato in cielo, magnifico tra le creatu-
''i I. domni mei sensisse Martini. Quapropter multiplici me prece apo-
"é ·i
25 stolatui et sanctae caritati vestrae commendans, rogo per ipsum re di lassù. Ciascuno sarà vincitore secondo i propri desideri.
"' domnum Martinum, cuius frueris participato consortio, ut apud .3. lo, per parte mia, mi compiaccio di aver avvertito nel cuore
i' I
'
!' eum memorari praecipias me famulum et devotum, quatenus quid d~ mio signore Eufronio, la benevolenza del mio signore Martino. Per
I
i apnd eum meritis praevaletis in meae humilitatis protectione iugi- cm, raccomandando me stesso con molte preghiere al tuo zelo pasto-
ter ostendatis. Ora pro 1ne, domine sancte et apostolice, peculiaris rale e alla tua santa carità, ti prego, in nome del medesinio san Marti-
,o domne et pater. no, della cui sorte tu godi e partecipi, di invitarlo a ricordarsi di me,
suo devoto servitore, affinché attraverso la continua protezione della
mia_ Ulllil~ persona tu dimostri quanta influenza tu abbia sn di lui per i
tuoi meriti. Prega per n1e, signore santo e apostolico tu che sei mio
speciale signore e padre. '
1 Cl. Mt. 18, 4.
(1) Eufronio (PLRE III, 466 n. 1) fu vescovo di Tours dal 556 al 573, pre- seguente risalgono al periodo itnmediatamente successivo al primo passaggio di Ve-
decessore di Gregorio, il quale era figlio di una sua cugina. Questa lettera e la nanzio a Tours, nella primavera del 568.
186 CARMINA, L. lii, Il CARMI, L, III, 2
Domino sancta mihique iu Dea peculiari patrono Eufronio Fortunato al vescovo Eufronio, santo signore e suo particolare
papae Fortunatus. . . . patrono davanti a Dio.
1. Copiosam et superabundantem pectotls vestr1 d1~lcedmem 1. La soavità generosa e abbondante del tuo cuore, che, lo am-
·,, quam circa devotionem person~e 1nea~ v~stram bea~tud1nem, pa- metto, la tua beatitudine, padre amatissimo, ha elargito per la benevo-
5 ter amantissitne, fateor 1npend1sse, qu1s dlam, 1;1t d1gnum est, vel lenza verso la inia persona, chi potrebbe im1naginarla in 1naniera de- I·
'
corde possit concipere ve! serm.one valeat. exphcare? Q1;1ae tanto gna nel proprio cuore, oppure esprimerla a parole? Essa mi strinse a
me sibi vincolo admirandac carltatls adstrmxlt ut ne unms horae sé con un legame di ammirevole carità così forte che mi sembra che io
spatio ab ilio mihi videa; separati c?nspe~tu quem et .si praeser;- non mi separi neppure per il lasso di un'ora soltanto dal tuo cospetto: I
tem non video, attamen mtra pectotls hab1taculum retmeo cond1- anche se non ti vedo presente) purtuttavia ti custodisco e ti tengo
10 tum et reclausum. . . chiuso nello scrigno del cuore.
11
2. Quis enim tuae pietati peculiatis non redditur 111 quo ta~ 2. Chi infatti non diviene particolarmente legato alla tua benevo- :!
tae bonitatis beneficia continentur? Aut quem ad tuam d.ulced1- lenza, nella quale sono racchiusi tanti generosi benefici? O chi non at-
nem non ducas invitum cuius probavhnus animum 1neffabil1 car1- tirerai, anche contro la sua volontà) alla tua soavità, tu di cui ho speri-
tate profusum? qua autem illud admiratione complect~r, ~um ~e mentato l'animo pervaso di indicibile amore? E poi, con quale ammi-
15
sic video cunctos diligere ac si unumquen1que de proprio visus s1s razione potrò significare che io vedo che tu ami tutti, come se sem-
latere generasse? . . brasse cbe tu avessi generato ciascuno dal tuo fianco?
3. Quis vero fillorum superbus esse des1deret.ub1 te pattern. ~t
I
3. Quale poi dei tuoi figli vorrà insuperbire, quando riconosce in
doctorem tantae humilitatis agnoscit? Aut, quamv1s summa nob1h- te un padre e un maestro di così grande umiltà? O ancora chi, anche
tatis descendat de cuhnine 1 curo te sic respicit su_pplic~m, n?n se se proviene dal vertice della più alta nobiltà, quando ti guarda così
20 tuis vestigiis in terra provolutus exten~t? Vere. ~ico, s1 tum1du~ supplichevole, non si distende prono davanti ai tuoi piedi? Dico since-
,,·
superbia deicit, vos multum est laudabilis hum~litas qu?d erextt.
1
11
ramente: se la superbia atterra chi è tronfio, è assai lodevole la tua
'
i
'
1,
Quis denique illic esse possit iracundus .aut ~urb1dus, 1;1b1 sacerdos umiltà, perché ti ha innalzato. Finahnente, chi potrà essere facile al-
et pontifex tam placidus es inve~IUs? Scu ~mm totus sme rapac1ta- l'ira o violento, costà ove. in te si è riconosciuto un sacerdote e vescovo
te grex vivere ubi vivendi tranquill1tas discttur a pastore: . . così pacifico? L'intero gregge infatti sa vivere senza avidità, quando
4, Quid de rebus reliquis referam? In qu1bu~ t~ s1~ mpendts apprende dal proprio pastore una tranquilla condotta di vita.
" in singulis ut lauderis in cunctis. Quae tamen ets11m1tat1 non pos- 4. Che cosa dire poi quanto al resto? T'impegni nelle singole que-
sumus, ve! vidisse quod imitati deceat con~audemus. . . stioni in modo da essere lodato in tutte. Tuttavia, sebbene io non sia
5. Quapropter dominationi et sanctitatl vestrae pecuhar1ter in grado di imitare codesto tuo impegno, mi rallegro anche soltanto
me commendans rogo et obtestor - sic ille don1nus meus M~rtmus per aver visto ciò che è degno d'imitazione.
30 sua intercessione obtineat ut cwn ipso iuxta merita vestra 1:11. l:i~e 5. Pertanto, raccomandandomi in maniera particolare alla tua si-
perpetua vos conlocet divina misericordia - ut pro ~e h~m1li fiho gnoria e santità, prego e scongiuro - e possa il mio signore Martino,
et servo vestro ad eius beatum sepulcrum arare d1gner1s et pro cOn la sua intercessione, ottenere che la misericordia di Dio ti destini
peccatorurn meorum remissione pius intercessor accedas. assieme a lui, in ragione dei tuoi meriti, nella luce perpetua - che ti
6. Eos vero qui vestri sunt omnes domnos et ?~ces me~s. re- degni di pregare ai piedi del suo santo sepolcro per me, umile figlio e
35
verenter saluto. Domnum meum per omnia dulc1ss1mum, filmm tuo servitore, e che tu ti ponga come pio intercessore per la remissione
vestrum Aventium pro me multipliciter supplico salutari. Domno dei miei peccati.
meo Felici episcopo, si per vos venit, me benigno animo com1nen- 6. Infine, saluto tutti quelli della tua casa, miei signori e miei dol-
dari deposco. Ora pro me. ci amici. Supplico ripetutamente di salutare, in mio nome, il tuo figlio
Avenzio (2), mio signore assai benevolo in ogni circostanza. Se ne hai
l'occasione, ti prego di racco1nandarmi, con animo benigno, al 1nio si-
gnore il vescovo Felice. Prega per me.
(2) Pare poco probabile che questo Avenzio (PLRE III, 154) possa essere stato
I
un figlio vero e proprio di Eufronio, dal momento che GREG. TuR. Frane. 10, 31 de-
finisce quest'ultimo ab ineunte aetate clen'cus. Si tratterà piuttosto di un chierico tu-
ronense. Per Felice, vescovo di Nantes, si rinvia alla nota 4.
I
CARMINA1 L. III) III-IV CARMI, L. III, 3"4
188
11;
Quamvis pigra mihi iaceat sine fomite lingua Sebbene la mia lingua languisca, pigra e senza stimolo e io non sia
nec valeam dignis reddere digna viris, in grado di. rendere d~gne parole a uomini degni, tuttavia, padre buo-
attamen, ahne pater) Christi venerande sacerdos no, Eufron10, venerabile vescovo di Cristo, desidero sdebitarmi con te
Eufroni, cupio solvere parva tibi. in piccola parte. Per la verità ti devo molto, tu però accetta volentieri
, Debeo multa quidem, sed suscipe pauca libenter: queste poche cose: ti prego, abbi in considerazione ciò che lamore
sit veniale precor quod tuus edit amor. per te ha ispfrato. La lampada della Chiesa rifulge dei tuoi raggi, la fe-
Ecclesiae lampas sub te radiante coruscat 2, de ovunque r!Spl~nde della luce del vescovo. Una grazia insigne dimo-
lumine pontificis fulget ubique fides. ra nel tuo cuore sincero, tu sei un uomo d'Israele in cui non vi è falsità
Gratia praecellens sincero in pectore vernat, alcuna. La tua attività pr?segue prospera e senza macchia: è questa la
rn quo nullus dolus est Israhelita vir es J. strada che segna il c~mmo per entrare nei cieli. Tu parlando dispensi
Inmaculata tibi feliciter actio currit, dolct parole senza fmz10111, rispetto alle tue parole il miele non mi è al-
ut penetres caelos, haec via pandit iter. trettanto g;adfro. T;'.tto ciò che concepisci nell'animo, la lingua tran-
Dulcia conloquii sine fuco dieta refundis, quilla lo sc10ghe; ali mterno del tuo cuore non c'è posto per l'inganno.
non sic mella mihi quam tua verba placent. Tu resti .semp~1ce come una colomba, senza fiele, né una serpe cova in
" Quicquid habet sensus, hoc lingua serena relaxat, te velem letali. Se dovesse giungere uno straniero, tu gli fai ritrovare
pectore sub vestro fraus loca nulla tenet. l'amata patria e grazie a te l'esule ritrova il proprio patrimonio (3). Se
Qui sine felle manes in simplicitate columbae, qnalcuno lamenta un'ingiustizia, nessnno si allontana da te afflitto
nec serpens in te dira venena fovet 4. ma, scacciando da lui le lacrime, lo fai ritornare alla gioia. Per i tuol
Advena si veniat, patriam tu reddis amatam me.riti Ma'.t!no ti designò a questa sede: eri un suo degno erede, per-
w et per te proprias hic habet exul opes. che o~s~n:11.suo1 precetti; Egli dimora nei cieli e tutto concede con ge-
Si quis iniqua gemit, tristis hinc nemo recedit, neros1ta; 11111tando quest. nomo sarai unito a Cristo. Codesto gregge
sed lacrimas removens laetificare facis. che accorr~ al tuo ovile non perisce e la pecora non lacera sulle spine
Martinus meritis hac vos in sede locavit, il suo candido mantello. Quando il pastore è forte, il lupo non sbrana
dignus eras heres, qui sua iussa colis. la preda, ma, respmto, fugge senza straziare le greggi. Qnesta fama ti
" Ille tenet caelum largo dans omnia voto, accompagni per lunghi anni, o venerando e i giorni futuri ne arrechino
iunctus eris Christo hunc imitando virum. una più illustre ancora.
Non perit hic vestrum qui grex ad ovile recurrit,
candida nec spinis vellera perdit ovis.
Non lupus ore rapit praedam pastore vigente,
,, sed fugit exclusus non lacerando greges. 4. A FELICE, VESCOVO DI NANTES (4)
Haec tibi lux maneat longos, venerande, per annos
atque futura dies lucidiora ferat. . Fortunato al vescovo Felice, signore santo e assai degno della se-
de apostolica, suo signore e padre.
1. Mentre me ne stavo sonnacchioso nei pressi della riva del ma-
IV. AD FELICEM EPISCOPUM NAMNETICUM re, allettato (5) dalle lusinghe di un natnrale torpore e giacevo da di-
verso tempo lungo la linea della riva, mi capitò di essere improvvisa-
i.
Domino sancta et apostolica sede dignissimo domno et patri
Felici papae Fortunatus. (3_) Si tratta certamente di un luogo comune, dietro il quale nondimeno si può
1. Oscitantem me prope finitima pelagi, blandimento natura- vedere un'allusione autobiografica.
lis torporis inlectum et litorali diutius in margine decubantem su- . , (4) ~eli~e (PLRE III, 481 n. 5), esponente di una famiglia della nobiltà senato-
ria d Aquu?n1a, succedette nel 5~9 sulla cat~edra episcopale di Nantes al proprio pa"
dre Eun:ieno, del quale Venanzio avrebbe m seguito composto l'epitaffio (carm. 4,
1). Assai legato al poeta, morl all'età di settant'anni nel 582. Per un'analisi della sua
figura quale risult.a dalla lettura dei canni di Venanzio si veda GEORGE, VenantU/s
2 Cf. Mt. 25, 1-13. J Cf. lo. 1, 47. 4 Cf. Mt. 10, 16. Fortunatus. A Latzn Poet, 113-123; più in generale W.C. McDERMOTI Fa/ix o/Nan-
tes: aMerovingian Bishop, "Traditio", XXXI (1975), 1-24. '
3, 23. 'lERG. Aen. 2, 525: sacra longaevum in sede locavit. (5) Inlectum è correzione di F. Leo per t"nlecto o t"nlt"cto della tradizione.
1
11
bus elisa salis spargine me contigit inrorari. Sed ad primos evigi- aspers~ dall'a_cq':'a m~rina_ che s'infrange urtando contro gli sco~li. Ma
landi stimulos infondi poteram, non tamen excitari. Qui adhuc da quei pruni sttmoli al risveglio potevo casomai essere irrorato non
more solito graviter obdormitans tandem aliquando inter crepitan- svegliato. Dormivo ancora profondamente, com'è mio abituale ~ostu
tia verborum vestroru1n tonitrua vix surrexi. me, e nondimeno un bel momento, non senza difficoltà, mi alzai tra i
rn 2. Igitur cum considerarem dieta singula de more tubarum tuoni rimbombanti delle tue parole.
clangente sermone prolata et sidereo quodam modo splendore 2. Pertai;to,_ mentre c'.'msideravo le singole parole proferite con
perfusa, velut coruscru1tium radioru1n perspicabili lumine 1nea visi sonoro eloqmo, m guisa d1 trombe e in qualche modo perfuse di un
estis lumina perstrinxisse et soporantes octÙos quos mihi aperuistis celeste splendore, mi sembrò che tu avessi abbagliato i miei occhi co-
tonitruo, clausistis corusco. Tantus enim exercitati claritate conlo- 111~ con_un'_intensa luce di raggi scintillanti; con questo bagliore hai ri-
" quii vestrae linguae iubar effulsit, tanta se renidentis eloqucntiae chms~ 1 miei occhi addormentati, che mi avevi aperto con il tonare.
lux vibravi!, ut converso ordine mihi videretur verbis radiantibus Infatti lo splendore della tu~ lingua guizzò cosl intenso nella magnifi-
ab occidentali patte te loquente sol nasci. cenza del tuo esperto eloqmo, una luce vibrò così forte di eloquenza
3. Credebam enim quasi sofo pindarico conpactus tetra- splendente, che mi sembrò che, per un'inversione dell'ordine naturale
strophos pedestri glutine suggillatus et ac si enthymematum partu- e grazie al fulgore delle tue parole, mentre tu parlavi, il sole nascesse
20 riens catenatum vinculum fecunda fluxisset oratio spiris intertexta
dalla parte del tramonto.
sofismate peregrino. Denique quantum ad profunditatem vestrae 3. Mi pareva infatti un carme di quattro strofe intessuto nel su-
dictionis adtinet, feceratis ignorantem per sermonum competos blim~ linguaggio di Pindaro, impeciato con prosastlco impasto, come
velut inter cautes Echinadas aberrare, nisi a vobis ipsis lampas s~ u~ abbondante loquela fosse fluita adornata con volute di strani so-
praeviatrix itineris occurrisset. fasm!, generando la ~~ntinua catena degli entimemi. Infine, per quanto
25 4. Quod vero vestris inseruistis epistulis voce1n meam nec ad- nguarda la profond1ta delle tue parole, hai fatto sì che un ignorante si
clamatione laudum superatam in ultimo orbis angulo personasse, perdesse_ attraverso i ~ivi dei discorsi come tra gli scogli delle isole
haec ipsa dum relego, coepi me mirati vestro subito crevisse con- Echmad1, se non avessi tu stesso fornito una lantema per illuminare il
cammino (6).
loquio qui favorem proprio non mererer ornatu, gavisus usque
adeo affectu fautoris erigi qui me recognoscerem ingenii qualitate 4. Quanto poi a ciò che hai inserito nella tua lettera che cioè la
30 substerni.
mia vo~e sia. risonata fino ~1 li?1ite del m?ndo senza ess~re superata
5. O quantum caritas praevalet cum illud lingua laudantis ad- dalle gnda di l~de, mentre 10 rileggevo tali cose, presi a compiacermi
icit quod laudati vena subducit ! Optandum est siquidem ut de me per essere cresciuto grazie al tuo colloquio, senza meritare alcun favo-
humillimo tali credatur testi potius quam auctori. Non enim Poly- re per la mia eloquenza; ho gioito di essere cosl elevato per la benevo-
deochen suae commendasset venae salientis ubertas, nisi Smyrnei lenza e il tuo sostegno, io che mi considero bassissimo nelle capacità
" fontis fatidico latice fuisset adtactus. del mio ingegno,
6. illud itaque quod dixistis in ultimo orbis angulo quasi ve- . 5. Oh, quanta forza ha la carità quando la lingua di chi loda ag-
stram habitare praesentiam 1 satis hoc fieri iustum est ut de vobis gmnge que! che manca alla vena di chi è lodato! Bisogna invero auspi-
mihi credatis qui de me vobis credi blandius suadetis, quoniam lo- care che, riguardo alla mia umilissima persona, si presti fede a un co-
ca, quamvis regione ultima, te cive sunt prima. Nam si personae tanto testimone piuttosto che a me come autore. Infatti, non avrebbe
40 merito urbes sibi vindicant principatum, nulli per vos est ille locus
procurato fama a Polluce la fertilità della sua vivida vena se non fosse
inferior, ubi quicquid de laude requiritur Felix actibus pontifex est stato toccato dal liquido incantato della fonte smirnea m'.
6. Pertanto, ciò che tu affermasti, che cioè il tuo patrocinio si
'. estenderebbe fino al più remoto angolo della terra, è ben giusto che tu
i!
creda a me per quanto riguarda te, cbe con delicatezza inviti a crederti
p~r quan_to riguarda me, poiché questi luoghi, quantunque remotissi-
4, 5. VERG. georg, J, 460: salientem sanguine venam. mi per distanza, sono i primi perché tu ci dimori: Infatti, se le città si
~rrogano la preminenza per i meriti di una personalità, grazie a te non
(6) Lo stile così difficile e artificioso di questo esordio, tra le pagine più
stravaganti di cutta l'opera fortunaziana, non è certo corrispondente ai canoni e sec?ndo_ad alcun? quel luogo dove il vescovo Felice, con la sua ope-
estetici di un letterato formatosi in Italia, ma risponde piuttosto alla volontà di ra, da test1momo d1 tutte le lodi che si possono desiderare. Infine, co-
emulare - o forse addirittura di parodiare - lo stile dei suoi corrispondenti Gal-
li, ancora legati alla tradizione della prosa artificiosamente elaborata di Sidonio
Apollinare e di Ennodio. Sull'argomento si veda REYDELLET, Venance Fortuna!
(7) Polluce sarebbe rimasto sconosciuto, senza Omero.
et l' esthétt'que, 69-77. I
I
I'
•'
CARMINA, L. III, IV CARMI, L. III, 4 193
adsertor. Denique non Cecaumene rabida nec ursae situs frigori- desto luogo non esala né l'aria riarsa della zona torrida, né l'umidità
bus intertextus respira!, sed per vos mutatis sedibus assiduo Pavo- combinata al freddo dell'Orsa, 1nai grazie a te, con un niutan1ento cli-
ni sibilo modulante vernatur. matico, verdeggia al soffio sonoro continuo del Favonio.
7. Hoc etian1 quod sanctitas vestra conqueritur, me invento 7. Inoltre, la tua santità si lagna del fatto che, quando mi incontrò
Turonis parva prolixitate potitam se fuisse conloquiis, cum me a Tours (8), poté ottenere di parlarmi soltanto per breve tempo, men-
econtra pudeat in brevi spatio prodidisse inscitiam, sed latere tanti tre, al contrario, io mi vergogno del fatto che in quei brevi istanti io .!1
gratiam pontilicis adquisitam. Tamen si nostri animi partes consi- abbia messo a nudo la mia ignoranza, mentre rimaneva nascosta la 11
derare velitis, quamvis protracto spatio aspectu vestro fruerer, in- conquista del favore di un vescovo così importru1te. Tuttavia, nel caso li
'o citari poteram non expleri. in cui tu voglia prendere in considerazione i sentimenti del mio animo, li
8. Quis enim semel odore suavium rosarum adflatus ve! sa- anche se avessi potuto godere della tua vista per un periodo prolunga- :I
tiatum quandoque se iudicet ve! patiatur reddere fastidentem? to, avrei potuto essere stimolato, 1na non appagato.
Cum si diuturnius fuissemus in comminus, tanto magis dilectione 8. Chi mai infatti, una volta perfuso del!' odore soave delle rose, si
succenderer quanto plus agnoscerem quem amarem. . considererà 1nai saziato, oppure an11netterà di averne fastidio? Poiché, I
,, 9, Quod enim intulistis: si Ligerem vobiscum ascend1ssem, se fossimo riinasti vicini più a lungo, 1ni sarei tanto più infiammato di
secundis fluctibus Namnetas occurrissem, navi quidem te mihi amore quanto più avrei conosciuto la persona che an1avo.
Canobo Cherucis adcersientibus mioparonem praepetem, catus 9. Sul fatto poi che tu hai dichiarato: «Se io avessi cavalcato la
arte armoniaca tutus inter Symplegadas se mordentes exissemi et si Loira assieme a te) sarei arrivato, col favore della corrente, fino a Nan"
res exigeret plausu creperegico Oetam Thirintiacum Pindo respi- tes», invero so che, poiché tu sei il mio Canopo, quando i Cherusci ci
60 rante pulsassero.
avessero procurato un rapido brigantino, contando sulla tua perizia
10. Qua vero aviditate illud me creditis perlegisse quod vos nell'arte dell'armonia, mi sarei spinto (9) con fiducia tra le Simplega-
intexere mera caritas imperavit quod dixistis: nec si Vulsci venis" di (10) che si mordono a vicenda, e, se la situazione lo avesse richiesto,
sent in solacio, me vobis abripere valuissent? Credite, quantum avrei fatto rimbombare con applausi crepitanti !'Eta di Tirinto, mentre
meus animus inspicit, ipsa vix Ron1a tantum mihi dare ad auxilia il Pindo ne avrebbe riecheggiato (11).
" poterai quantum praestitistis in verba. Nec apud me plus ali~uid 10. Con quale bramosia credi poi che io abbia letto ciò che la pu-
est factis inpendere quam vota voluntatls offerre. Nam alloquu re- ra carità ti indusse a scrivere, quando dicesti: «Neppure se i Volsci ve-
fluente dulcedine nihil opus est plus egere. nissero in soccorso, non riuscirebbero a staccarmi da te» (12)? Credi,
11. Quod vero facetiis addidistis: nisi sollicitatus laudibus ru- per quanto il mio animo può intuire, a malapena che la stessa Roma
; ·1
sticus calamus non turnasse!, licei talis cultor Christicola feracissi- avrebbe potuto essermi di altrettanto aiuto di quanto sia stato tu con
7o ma iugera saepius exaravit, attamen nuper illum, id est vos, confi" le tue parole. Né per me conta di più realizzare qualcosa coi fatti che
teor ludos itifalicos Amphioneo barbito reboasse. offrire una volonterosa disponibilità. Infatti, quando si gusta la soavità
12. Hoc quoque quod delectabiliter adiecistis me domnae di una conversazione, non c'è più bisogno di desiderare alcunché.
meae Radegundae muro caritatis inclusum, scio quiden1 quia non 11. Quanto poi a ciò che scherzosamente hai aggiunto: «Una pen-
ex meis meritis sed ex illius consuetudine quam circa cunctos no" na rozza non si sarebbe mossa) se non allettata dagli elogi», sebbene
,, vit inpendere ~ollegistis et quantum in mea persona panegyricum un tale coltivatore abbia più spesso lavorato i fertilissimi campi di Cri-
poetice tangitis, tantum in eius laudes histori~ retulistis. Tamen sto, tuttavia an1metto che poco tempo fa costui, vale a dire tu, ha fatto
in verbis vestris illud relegere meru1 quod m ems gratia 1am perce- risonare delle canzonette itifalliche con la cetra di Anfione.
12. Ancora, ciò che hai piacevolmente aggiunto che cioè io mi sia
1
lice nel tentativo di arginare i danni prodotti dalle loro incursioni è menzionato da
5 Cf. 3 Reg. 8, Iss. GREG. TUR. Frane. 4,4 e5,31.
(14) Si tratta della cattedrale di Nantes, fatta edificare da Eumerio (cf. carm. 4,
6, 5. VERG. Aen. 2, 202: taurum ingentem mactabat ad aras. 1, 29-30) e terminata da Felice. La dedicazione ebbe luogo tra il 566 e il 573, in pr~
senza sia di Venanzio sia di Eufronio di Tours, che morl appunto nel573. Sulla basi-
(13) La migrazione dei Britanni nell'Armorica, avviatasi nel sec: V e che lica si veda L. PIETRI, Topographie chrétt'enne des cités de la Caule des origines au mi-
provocò gravi disordini nella seconda metà del VI. Diverse volte il ruolo di Fe- lt'eu du VIIY siècle, V, Province ecclésiastique de Tours, Paris 1987, 88-91.
CARMINA) L. III) VI CARMI, L. III, 6 197
Convocat egregios sacra ad solle11111ia patres ero rito gli eminenti padri, così si realizza la vera salvezza e l'antica
quo stat vera salus et fugit u1nhra vetus: ombra fugge: essi sanno aprire i cieli con la chiave di Pietro a chi lo
<locti clave Petri caelos aperire petenti domanda, e sanno conoscere i segreti celesti secondo gli insegnatnenti
ac monitis Pauli nascere clausa poli. di Paolo. Perché il lupo non s'introduca tra le pecore né la malattia in·
, 5 Ne lupus intret oves neu morbus inulceret agnos fetti gli agnelli da questa parte vi sono i guardiani, dall'altra il rimedio
hinc sunt custo<les, inde medella gregis 6. per il gregge. La loro voce, che dalla fonte della salvezza si riversa sul
Quorum vox refluens papula de fonte salutis, popolo, pone sulle bocche il sale, perché con le orecchie esso assorba
ut bibat aure fidem, porrigit ore salem. la fede (15). In mezzo a costoro rifulge Eufronio, venerabile metropo·
Inter quos medios Martini sede sacerdos lita, vescovo nella sede di Martino (16): egli applaude al passaggio del-
Eufronius fulget metropolita sacer, la santa corona dei fratelli e diviene capo più maestoso vedendo le
plaudens in 5ancta fratrum coeunte corona proprie membra. La testa è più lieta, perché le sue membra sono con
et sua membra videns fortior exstat apex. sé, la gloria della Chiesa aumenta quando il suo corpo è unito (17).
Lactius inde caput, quia sunt sua viscera secu1n, Ancora, Domiziano e Vittorio, due colonne: in ambedue è riposta la
ecclesiae iuncto corpore crescit honor. speranza per il sostegno della regione (18). Qui risplende Donnolo
25 Domitianus, item Victorius, ambo columnae, per i suoi meriti, lì Romacario (19): ambedue cultori di Dio nella loro
spes in utrisque 1nanens pro regionis ope. dignità episcopale. Ecco ora finalmente dato il giorno cosl a lungo al·
Domnulus hinc fulget meritis, Romacharius inde teso, che sarà ricordato per sempre e risplende nella città piena di de-
iure sacerdotii cultor uterque Dei. vote preghiere. Oggi il pastore ha meritato di vedere le sue gioie e di
En spectata diu, data nunc memoranda per aevum, rendere a Dio i suoi voti in questa sacra cerimonia. Egli per lungo
votis piena piis fulget in urbe dies tempo era preso da questo avvenimento, trascurando ogni altra cosa
in qua promeruit sua gaudia cernere pastor - tutto il suo zelo era riposto in quest'opera - diffidando di ogni cer-
officioque sacro recidere vota Dea. tezza sul sentiero pericoloso della vita, perché non si avviasse sul cam-
Tempore qui longo adventu pendebat in isto 1nino prima di offrire questo edificio a Dio. Frequentemente, in segre-
despiciens aliud - hoc erat omnis amor - to, traeva estenuanti sospiri, perché il Signore acconsentisse a portare
15 01nnia tuta timens suspecto in tramite vitae, avanti questa meraviglia. Preoccupato e appesantito dall'onere malsi-
ne prius iret iter quam daret ista Deo. curo delle sollecitudini, mentre attendeva al dono votivo, il tempo era
Saepius occultans suspiria lassa trahebat, per lui un peso. Ma ormai è giunta la solenne giornata, si deponga il
cederet ut Dominus hoc properare decus. fardello delle preoccupazioni, il moltiplicarsi della gioia cacci il triste
Anxius incerto curarum fasce laborans gravame. Tu dai prosperità e abbondanza di gioia alle genti della città:
dum votum spectat, pondera tempus erant. Felice, pastore di un gregge felice, viva!
Sed iam festus adest, solvatur sarcina curae, Da una parte ti circondano i vescovi, dall'altra i chierici; qui ti
laetitiae cumulus triste repellat onus. circonda ovunque l'onore, lì il favore. Ecco, il clero risuona di cori,
Prospera dans populis et gaudia larga per urbem dall'altra parte il popolo risponde con flauti: ciascuno, nell'arte in cui
Felix felici cum grege pastor age. è capace, celebra il tuo dono votivo. Per te fu tardi, poiché per chi
45 Hinc te pontifices circumdant, inde ministri, ama il tempo non trascorre mai, la tua opera sublime arriva certamen-
cingi! te totum hinc honor, inde favor.
Clericus ecce choris resonat, plebs inde coraulis:
quisque tuutn votum qua valet arte canit. (16) Su Eufronio si rimanda alla nota 1.
Tarda fuere tibi quia fit mora semper amanti, (17) È il tema della Chiesa coine corpo mistico di Cristo.
res sublimis enim tarda, sed ampia venit. (18) Do1niziano vescovo di Angers: cf. DUCHESNE, Fastes épiscopaux, II, 358.
'" Venanzio gli dedicò la Vila dt' sanl'Albino e lo no1nina in carm. 11, 25, 9. Vittorio ve-
scovo di Rennes: cf. DUCHESNE, Fastes épiscopaux, II, 345.
6 Cf. Act. 20, 29. (19) Donnola vescovo di Le Mans dal 559 fino alla morte, avvenuta in odore
di santità nel 581; sulla sua carriera ci infonna GREG. TUR. Frane. 6, 9: dappri1na fu
28. SEDUL. carm. pasch. 1, 341: iura sacerdotii. - 32. INSCR. christ. Diehl 1767, 4: abate di un 1nonastero a Parigi, in seguito Clotario I lo designò quale vescovo di
reddite vota deo. - 35. VERG. Aen. 4, 298: omnia tuta timens. Avignone. Donnolo ricusò la no1nina: da uomo del nord te1neva I' atnbiente assai più
colto e raffinato della Gallia meridionale. Alla morte d'Innocenzo, vescovo di Mans,
(15) La metafora, frequente negli elogi fortunaziani, si fonda su un passo Clotario poté finalmente nominarlo quale successore. H.omacario, vescovo di Cou-
paolino, Col 4, 6: sermo vester semper in gratia sale sit eondi'tus, ut sct'atis quomo- tances (cf, DUCHESNE, Fastes épiseopaux, II, 240), occupava ancora quella cattedra
do oporteat vos unieuique respondere. nel 585: cf. GREG. TuR. Frane. 8, 31.
CARMI, L. III, 6-7 199
CARMINA, L. III, VI-VII
te tardi, ma è meravigliosa. Ora tu canta le lodi del Signore, assieme
Nunc Domini laudes inter tua classica tanta alle tue trombe e la triplice costruzione (20) echeggi delle opere della
et Trinitatis opem machina trina sonet. Trinità. Tu, o vescovo, aggiungi gli olocausti ricchi di midollo nei tem·
Adde medullata in templis holocausta 7 sacerdos pli: così tu brillerai a lungo quale vittima pura davanti a Dio.
quo diuturna mices hostia pura Deo.
; ì
:
7. IN ONORE DI COLORO LE CUI RELIQUIE SONO IVI CONSERVATE,
VII. IN HONOHE EORUM QUORUM !BI RELIQUIAE CONTINENTUR CIOÈ DI SAN Prnrno E DI SAN PAOLO, A NANTES
ID EST PE11U ET PAULI NAMNITAS
Monti lnccicanti, meravigliose cime di Sion, cedri gemelli del Li·
'I ,j Siderei montes, speciosa cacu1nina Sion? bano ricoperti di fiori, porte del cielo, due lumi del vasto mondo: Pao·
a Lihano gemini flore comante cedri, lo tuona con la bocca, Pietro illumina dall'alta reggia. Tra le corone
caelorum portae, lati duo lumina mundi, degli apostoli dalla luce raggiante il primo è più dotto nel suo insegna·
ore tona! Paulus, folgora! aree Petrus. mento, il secondo più alto nel suo rango. Grazie all'uno si aprono i
I i I , Inter apostolicas radianti lu:e ~oronas cuori degli nomini, grazie all'altro gli astri; coloro che il primo am·
doctior hic monitu, cels10r ille gradu. . maestra con la penna, dal secondo sono accolti in cielo. Questo apre
Per hunc corda hominum reserantur et astra per illum, la via del cielo con la dottrina, quello con le chiavi; Pietro è la porta
quos docet iste stilo, suscipit ille polo. fedele per coloro per i qnali Paolo è la via. Questo è pietra stabile e
Pandit iter caeli hic dogmate, clav1hus alter, salda, quello è l'architetto, su costoro s'innalza un tempio dove si tro-
w est via cui Paulus, ianua fida Petrus. va un altare gradito a Dio. Da un'unica fonte-essi etnanano a un tem-
Hic petra firma manens, ille architectus habetur, po acque salutari: con tale dolce bevanda placano l'avida sete: A chi
surgit in his templum quo placet ara Deo. brama conquistare il cielo combattendo con coraggio la battaglia, il Re
Uno fonte pares medicata flu~nta rig~i;tes diede questi capi come comandanti di truppa (21). Gallia, applaudi
restingunt avidam dulce liquore sltun. soddisfatta, Roma ti manda la salvezza: la luce degli apostoli visita gli
" Fortia bella gerens quisquis ~u~it astra tenere, , Allobrogi (22).
rex dedit hos proceres milms esse duces. Di fronte al nemico stanno a presidio due baluardi: la città capi·
I ,, I Gallia, plaude libens, n:dttit tibi Roma salutem, tale del mondo li ha come torri della fede. Questi risplendono, occhi
fulgor apostolicus v1s1tat Allobrogas. del prezioso corpo di Cristo, che con la loro luce guidano le altre
., A facie hostili duo propugnacula pr~esunt
'11; membra. Gallia, raccogli grazie a Felice le messi del cielo e venera gli
:'i\:' '° quos fidei turres urbs caput orb1s habet. splendidi voti del tuo vescovo. Il suo casto amore donò, in onore di
,I i :
Hi radiant oculi pretioso in corpore Chnst1 Dio, qnesta dimora alla Chiesa sua sposa come dote perenne. Dall'alta
lumine qui proprio cetera membra regunt. sommità si dispiega la forma tripartita della basilica, consacrata a Dio
1: ! Munere Felicis caeli cape, Galha, fruges nel nome degli apostoli. Di quanto il loro merito è più grande tra i
11
!' pontificisque tui vota beata cole santi, di tanto queste altezze proiettano più in alto le loro cuspidi. Nel
z5 cuius castus amor dedit hanc in honore superno mezzo un'alta torre si eleva sublime nell'aria: una merlatura alleggeri·
ecclesiae nuptae dote perenne d?mun:· sce e arrotonda la mole qnadrata. Più in alto, per tua meraviglia, !ad·
: Vertice sublimi pater aulae forma mform1s dove la costruzione sale con arcl1i, co1ne tu1a montagna la struttura del
' nomine apostolico sanctificata Deo. . . .
'' tempio termina in pnnta (23 ). Lì le pitture ti sembrano animarsi al sof·
'
i I
Quantum inter sanctos meritum supçrem1net ill1s,
,! '° celsius haec tantum culmina culmen h~bent.
In medium turritus apex super ardua tendit
quadratumque levans crista rotundat opus. (20) Secondo VIEILLARD-TROIÉKOUROFF, Les monuments, 180, con l'espres-
Altius ut stupeas, aree ascendente per arcus sione macht'na trina Venanzio intese designare la basilica a tre navate. La studiosa
' I però non esclude che si sia trattrato di un edificio a pianta trilobata.
in~tar montis agens aedis acumen habet. (21) È il tema della mi/itia Christi.
(22) Ovvero, Ro1na ha donato queste reliquie alla Gallia. Quest'ultima è designa·
ta metonimicamente tramite la popolazione degli Allobrogi, come in carm. 2, 15, 2.
7 Ci. Ps. 65, 15. (23) Dovrebbe trattarsi di una sorta di torre a cuspide con lanterna posta al di
i i
52 ' p RUD'CCath ' 9' 14· trina rerum macht'na. . . 1 64 1 sopra dell'altare 1naggiore contenente le reliquie: cf. VIEILLARD-TROIÉKOUROFF, Les
7 3. OIUPP. r'US t • 2 , 171·• duo Jumt'na mundi·' lNSCR. christ. D1eh 17 , : monuments, 180s. e 399. Secondo la studiosa, il tono stupefatto della descrizione
hic Pet;us et Paulus, mundi <duo> lumina praesunt.
jl '·
J5 Illic expositos fucis anin1antibus artus fio dell'arte (24); i corpi raffigurati sono ravvivati dai colori. Appena il
vivere picturas arte reflante putas. sole nel suo corso ha. illuminato i tetti di stagno, dove la sua luce rossa
Sol vagus ut dederit per stagnea tecta colorem, ha colpito, di rimando balugina un bianco fulgore, Al vibrare dei raggi
lactea lux resilit, cum rubar inde ferit. vedi le figure andare e venire e il soffitto dà l'effetto .che suole dare
Ire redire vides radio crispante figuras )'onda del mare. La copertura metallica riproduce (25) il fulgore degli
4n atque lacunar agit quod maris unda solet. astri, e, col loro splendore, il tetto ha le sue proprie stelle. Tutte le vol-
Fulgorem astrorum meditantur tecta metallo te che la luna brilla al suo levarsi tra le stelle, dalla sacra dimora si ele-
et splendore suo culmina sidus habent. va agli astri un secondo lume. Se un passante in transito durante la
Luna coronato quotiens radiaverit ortu, notte vi volge lo sguardo, pensa cl1e anche la terra possieda le proprie
alter ab aede sacra surgit ad astra iubar. stelle. Dotata di grandi finestre, accoglie da ogni parte i raggi solari e
45 Si nocte inspiciat hanc praetereundo viatori all'interno tu godi di quella luce che qui dal!' esterno ammiri. Nel mo-
et terram stellas credit habere suas. metÌto in cui l'oscurità ritorna, mi sia concesso dirlo, al mondo tocca
Tota rapit radios patulis oculata fenestris la notte, la basilica trattiene il giorno. La parte destra del tempio è illu-
,I et quod mireris hic foris intus habes. strata dai meriti di Ilario, con cui Martino, suo compagno (26), condi-
,i I
Tempore quo redeunt tenebrae, mihi dicere fas sit, videva la dignità episcopale. Cosi la Gallia propaga ovunque i propri
'° mundus habet noctem, detinet aula diem. patroni: coloro che la terra qui ricopre il mondo li ha per fanali. I: al-
Dextera pars templi meritis praefulget Hilari, tra parte è sacra a Ferreolo che, di spada ferito, risplende come gem-
co1npare Martino consociante gradum. ma preziosa grazie al suo martirio (27). Felice, vescovo, ha offerto tut-
I
Gallia sic proprios dum fudit ubique pattonos to ciò per essere ancor più, o Cristo, tuo tempio, egli che a Te donò
''!.
quos hic terra tegit, lumina mundus habet. templi.
,, Altera Ferreoli pars est qui vulnere ferri
munere martyrii gemma superba nitet.
Obtulit haec Felix, ut sit magis ipse sacerdos,
I'
Christe, tuum templum qui tibi tempia dedit. 8. ANCORA AL MEDESIMO, IN SUA LODE (28)
Altius ignivomum solem cacli orbita ducit dei cieli porta più in alto il sole che arde infocato e che nella sua traiet-
qui vagus Oceanas exit et intrat aquas. toria esce e rientra dalle acque dell'Oceano. Coi suoi raggi armati per-
5 Armatis radiis elementa liquentia lustrans corre il liquido elemento, al termine di una breve notte dispiega il
adhuc nocte brevi tendit in orbe diem. giorno sul mondo. Il ciclo splendente mostra il suo volto senza mac-
Splendida sincerum producunt aethera vultum chie e gli astri col loro splendore testimoniano la loro serenità. La ter-
laetitiamque suam sidera clara probant, ra fertile elargisce i suoi doni con molteplici rinascite quando l'anno
Terra favens vario fundit munuscula fetu, restituisce propizio l'opulenza della primavera. Soffici violette dipin-
!' gono di porpora il prato, le distese erbose verdeggiano e i fili d'erba
I
rn cum bene vernales reddidit annus opes.
Mollia purpureum pingunt violaria campum, fanno capolino ondeggiando. A poco a poco compaiono brillanti (34)
prata virent herbis et micat hcrba comis. luccichii di fiori e l'erba sorride, punteggiata da questi suoi occhi. Dal
Paulatim subcunt stellantia lumina f!orum seme sparso si eleva nei campi la messe ricca di nutrimento: promette
arridentque oculis gramina tincta suis. al contadino che potrà sconfiggere la fame. Una volta che il tralcio è
15 Se1nine deposito lactans seges exilit arvis, stato reciso, il ceppo stilla le lacrime della sua gioia, ora la vite produ-
spondens agricolae vincere passe famem. ce acqua per poi donare vino. Nascendo con molle lanugine dalla cor-
Caudice desecto lacrimai sua gaudia palmes, teccia della madre, la gemma turgida prepara il suo ricettacolo per il
unde merum tribuat dat modo vitis aquam. parto. Durante il periodo invernale, la chioma di foglie era caduta: ora
Cortice de matris tenera lanugine surgens il bosco verdeggiante stende novamente il suo tetto di fronde. Il mirto,
20 praeparat ad partum turgida gemina sinu1n. il salice, labete, il nocciòlo, il vimine, lolmo, l'acero: tutti gli alberi
Tempore sub hiemis foliorum crine revulso, gioiscono, ingentiliti dalle proprie chiome. I: ape si allontana lasciando
ian1 reparat viridans frondea tecta nen1us. la sua dimora per costruire i favi; ronzando sopra i fiori ne cava il mie-
Myrta, salix, abies, corylus, siler, ulmus, acernus le con le zampe. l:uccello è novamente spinto a cantare: impedito nel
'•:'i '
''I 'I I plaudit quaeque suis arbor amoena comis. canto dal freddo dell'inverno si era impigrito e fatto muto. Ora Fila-
I I'::
25 Construitura favos apes bine alvearia linquens mela intona modulazioni sulle sue canne e l'aria diventa più soave per
1] ·,li ' j floribus instrepitans poplite mella rapit. l'aleggiare del canto.
,:·.i
' Ad cantus revocatur aves quae carmine clauso Ecco, il fascino del mondo che rinasce attesta che tutti i beni sono
pigrior hiberno frigore muta fuit. restituiti assieme al loro Signore (35). Infatti per ogni dove il bosco
~ I: Hinc filamela suis adtemperat organa cannis con le sue fronde, il prato con i suoi fiori plaudono a Cristo, trionfante
fitque repercusso dulcior aura melo. dopo la tristezza del Tartaro. Schiacciate le leggi dell'inferno, la luce, il
cielo, i campi, il mare .lodano solennemente Dio che ascende al di so-
'
Ecce renascentis testatur gratia mundi pra degli astri (36). Quel Dio che era stato crocefisso, ecco, regna su
' omnia cum Domino dona redisse suo.
tutte le cose e tutto il creato si effonde in preghiera al suo Creatore.
Namque triumphanti post tristia Tartara Christo Salve, o giorno di festa, venerabile per leternità, in cui Dio ha
undique fronde nemus, gramina flore favent. vinto l'inferno e si è insediato nel cielo: fastigio dell'anno, gloria dei
35 Legibus inferni oppressis super astra meantem mesi, trofeo dei giorni, lustro delle ore, che illumini i minuti e gli
laudant rite Deum lux, polus, arva, fretum.
Qui crucifixus erat Deus ecce per om:hia regnat
dantque Creatori cuncta creata precem.
Salve, festa dies, toto venerabilis aevo
'
qua Deus infernum vicit et astra tenet,
'I I'
40
9, 11. Ov. met. 10, 125: mollia purpureis. - 17. VERG, georg. 2, 30: caudkibus dies, "Transactions of the American Philological Association", LXXVIII (1947),
sectis. - 22. VERG. georg. 4, 61: frondea semper I tecta. - 25. CLAUD. 5, 461: apes 208-222.
qui dulcia raptu I mella vehit. - 34. VERG. georg. 2, 400: levandum I /ronde nemus. (34) Stellantia è correzione di C. Brower per stillantia dei inanoscritti.
- 39. PAUL. NoL. carm. 6, 141: longo ... venerabilis aevo; STAT. Theb. 11, 427. (35) Il vivo senso della natura, proprio di Venanzio, lo porta a dire che non
soltanto l'uon10, ma ogni creatura naturale, ha tratto beneficio dall'azione redentrice
muskata e cantata nelle processioni solenni: la melodia si trova nella tavola III. di Cristo.
''' Sulla fortuna medievale del cornponilnento si veda R.E. MESSENGER, Salve festa (36) Cl. carm. 2, 2, 21.
206 CARMINA, L, III, IX CARMI, L. III, 9 207
Hinc tibi silva comis plaudit, hinc campus aristis, istanti. Qui plaude a te il bosco con le sue chiome, Il il campo con le
hinc grates tacito palmite vitis agit. spighe; qui la vite ti rende grazie col suo tralcio silenzioso. Se ora ira-
45 Si tibi nunc avium resonant virgtÙta susurro, mi risuonano per te del mormorio degli uccelli, io, passero più piccolo
has inter minimus passer amore cano. di tutti, canto con amore questi versi.
Christe, salus _rerum, bone conditor atque redemptor, Cristo, salvezza del creato, buon creatore e redentore, unica pro-
unica progenies ex deitate patris, genie dalla divinità del Padre, che ineffabihnente procedi dal cuore
inrecitabiliter manans de corde parcntis, paterno, Verbo sussistente, che puoi introdurti ovunque, eguale, con-
verbu1n subsistens et penetrare potens, corde, associato, coeterno al Padre (37), principio da cui il mondo ha
aequalis, concors, socius, cu1n patre coaevus, avuto origine: tu tieni sospeso il cielo, tieni compatta la terra, dai cor-
quo sumpsit mundus principe principium, so alle acque; sotto il tuo governo tutto ciò che esiste prospera. Poiché
aethera suspcndis, sola congeris, aequora fundis avevi constatato che il genere umano era precipitato nel profondo, ti
quaeque locis habitant quo moderante vigent. sei addirittura fatto uomo per salvare l'uomo. Infatti non hai soltanto
55 Qui genus hu1nanum cernens mersisse profundo, voluto nascere dotato di un corpo, ma sei diventato carne che sop-
ut homincm eriperes es quoque factus homo. portò nascita e morte. Subisci i riti del funerale, tu che sei l'autore del-
Nec voluisti etenim tantum te corpore nasci, la vita e del mondo: accingendoti al cammino della morte presti opera
sed caro quae nasci pertulit atque mori. di salvezza. Si sciolsero i tristi vincoli della legge dell'inferno e il caos
Funeris exequias pateris, vitae auctor et orbis, si ritrasse terrorizzato per la luce che lo investiva dal tuo volto. Le te-
60 intras mortis iter dando salutis opem. nebre si dissolvono, messe io fuga dal bagliore di Cristo e cadono gli
Tristia cesserunt infernae vincula legis spessi mantelli cieli' oscura notte. O potenza benefica, mantieni ora la
expavitque chaos luminis ore premi. promessa fatta, ti supplico, è giunto il terzo giorno, risorgi, o mio se-
Depereunt tenebrae Christi fulgore fugatae polto! Non è giusto che il tuo corpo sia ricoperto da un m,ucchio di
et tetrae noctis pallia crassa cadunt. terra, né che pietre comuni pesino sul riscatto del mondo. E cosa in-
"' Pollicitam sed redde fidem, precor, alma potestas, degna che una pietra tenga nascosto, inaccessibile tra i sassi, colui nel
tertia lux rediit, surge, sepulte meus ! cui cavo della mano sta racchiuso tutto il creato. Ti prègo, togliti le
Non decet ut humili tumulo tua membra tegantur bende, lascia il sudario nel sepolcro: tu sei tutto per noi e senza di te
neu pretium mundi villa saxa premant. nulla esiste. Libera le ombre incatenate nell'infornai prigione e richia-
Indignum est cuius clauduntur cuncta pugillo 10 ma verso lalto tutto ciò che precipita nel profondo. Restituiscici il tuo
10 ut tegat inclusum rupe velante lapis. volto, perché le generazioni vedano la luce, restituiscici la luce del
Lintea talle, precor, sudaria linque sepulchro giorno, che ci ha abbandonato nell'ora della tua morte. Ma ritornando
tu satis es nobis et sine te nihil est 11. nel mondo tutto hai compiuto, o pio vincitore: il tartaro langue
Salve catenatas inferni carceris umbras schiacciato e ha perduto i suoi diritti. L'inferno che apre senza mai sa-
et revoca sursuni quicquid ad ima ruit. ziarsi le sue fauci profonde, che sempre ghermiva, diviene la tua pre-
n Redde tuam facie1n, videant ut saecula lumen, da, o Dio. Strappi dal carcere della morte una moltitudine infinita ed
redde diem qui nos te moriente fugit 12. essa, libera, segue il cammino del suo creatore. La belva feroce in un
Sed piane implesti remeans, pie victor, ad orbem,
Tartara pressa iacent nec sua iura tenent.
Inferus insaturabiliter cava guttura pandens
'" qui rapuit semper fit tua praeda, Deus.
Eripis innumerum populum de carcere mortis
et sequitur liber quo suus auctor adit.
10 Cf. !s. 40, 12. 11 Cf. Io. I, 3. 12 Cf. Mt. 27, 45; Mc. 15, 33; Le.
23, 44.
45. V.ERG. georg. 2, 328: resonant avibus virgulta canori's. - 59. Ov. trist. 3, 5, 40:
funeris exsequiae. - 62. SEDUL. carm. pasch. 4, 286: extremui't letale chaos; DRAC. (37) Si noterà la perfetta ottodossia dimostrata dal poeta·. Cristo è generato e
Orest. 783. extt'muit natura chaos; VEN. FORT. carm. 3, 9, 87. - 73. IUVENC. 2, non creato dal.Padre secondo quanto sancito dal concilio di Nicea del 325, è indis-
512: caect' de carceri's umbris. - 79. VERG. Aen. 6, 421: fame rabida tria guttura solubile unità di natura umana e natura divina secondo i precetti del concilio di Cal-
pandens. cedonia del 451.
',,
'i.i
208 CARMINA, L. III, IX-X CARMI, L. III, 9-10
I ! I,
Evomit absorptam trepide fera belva plebem rantolo vomita la folla inghiottita e l'Agnello sottrae le pecorelle dalla
et de fauce lupi subtrahit agnus oves. bocca del lupo. Ora, portandoti novamente al sepolcro, una volta rias-
s5 Hinc tumulum repetens, post Tartara carne rcsumpta, sunta la carne dopo la discesa, tu, combattente, rechi al cielo magnifi-
belliger ad caelos ampia trophea refers. ci trofei. La voragine del castigo ha ormai restituito, davanti a te, colo-
Quos habuit poenale chaos iam reddidit in te ro che deteneva e ora una vita nuova avvince coloro che la morte ave-
et quos n1ors peteret, hos nova vita tenet. va ghermito (3 8).
O Re santo, ecco, una gran parte del tuo trionfo risplende, allor-
Rex sacer, ecce tui radiat pars magna triumphi, ché il santo battesimo rende beate le anime pur.e. Un candido esercito
cu1n puras animas sancta lavacra beant. esce dalle acque chiare e in un fiume nuovo cancella l'antico peccato.
Candidus egreditur nitidis exercitus undis Anche una veste bianca contrassegna le anime raggianti e il pastore si
atque vetus vitium purgat in amne novo. rallegra alla vista dcl gregge del color della neve. A questo riscatto si
Fulgentes animas vestis quoque candida signat unisce, compartecipe, il vescovo Felice che intende così rendere il
et grege de niveo gaudia pastor habet. doppio dei talenti al suo Signore. Egli attira al loro bene coloro che si
95 Additur hac Felix consors mercede sacerdos perdono negli errori dei pagani, egli rinforza l'ovile di Dio perché la'
qui dare vult Domino dupla talenta suo n. besria non colpisca. Coloro che precedentemente Eva scellerata aveva
Ad meliora trahens gentili errore vagantes, corrotto, egli ora restituisce alla Chiesa: questa li nutre del suo latte
bestia ne raperet, munit ovile Dei. dalla mammella e dal petto. Con discorsi pacati egli ha cura degli ani-
Quos prius Eva nocens infecerat, hos modo reddit mi rozzi; per dono di Felice da un roveto è sorta una messe. Un popo-
!• 100 ecclcsiae pastos ubere, lacte, sinu, lo fiero, il Sassone, che vive con abitudini quasi da bestia: o sant'uo-
I' mitibus alloquiis agrestia corda colendo, mo, grazie al tuo trattamento, la belva restituisce la pecorella. Tu riem-
munere Felicis de vepre nata seges. pi i granai dei frutti di una messe copiosa: essi per sempre rimarranno
·I i:; Aspera gens,-Saxo vivens quasi more ferino, presso di te, con un reddito cento volte maggiore. Possa codesto po-
l''I
te medicante, sacer, belva reddit ovem. polo senza macchia ravvivarsi tra le tue braccia e possa tu portarlo al
10s Centeno reditu tecum mansura per aevum cielo come schietto testimone al cospetto di Dio. Ti sia donata dall'al-
.:: messis abundantis horrea fruge reples 14. to, per i tuoi meriti, una prima cotona; un'altra ne fiorisca, conquista-
Inmaculata tuis plebs haec vegetetur in ulnis ta al servizio del tuo popolo.
:li, ::I
atque Deo purum pignus ad astra feras.
Una corona tibi de te tribuatur ab alto,
uo altera de populo vernet adepta tuo. 10. SUL VESCOVO FELICE DI NANTES,
QUANDO DEVIÒ UN FIUME DAL SUO CORSO (39)
X.DE DOMNO FELICE NAMNETICO Retrocedano gli antichi poeti e tutto ciò che essi raccontano: i fat-
CUM FLUVIUM ALIBI DETORQUERET ti dell'antichità sono superati dalle novità dell'oggi. Se Omero, ai tem-
I : ~ ' pi suoi, avesse contemplato lo sbarramento dei fiumi, avrebbe piutto-
' Cedant antiqui quicquid meminere poetae: sto infarcito di questo argomento la sua fascinosa opera: ora tutti leg-
I
vincuntur rebus facta vetusta novis. gerebbero di Felice e nessuno di Achille, sotto il cui nome è cresciuta
Includi fluvios si tunc spectasset Homerus, la gloria dell'arte epica.
inde suum potius dulce replesset opus:
, cuncti Felicem legerent modo, nullus Achillem
nomine sub cuius cresceret artis honor, quello aquileiese, tramandatoci da Rufino di Concordia nel suo Commento al Simbo-
lo, ripreso da Venanzio nella Spiegazione del simbolo; per ulteriori dettagli si ritnan-
da all'Introduzione a quest'ultitna opera, pp. 597ss.
(39) Sulle opere compiute da Felice di Nantes si ri1nanda a D. AUPEST-CONDU-
13 Cl. Mt. 25, 14ss.; Le. 19, 12ss. 14 Cf. Mt. 13, 23. CHÉ, Les travaux de saint Félix à Nantes et !es communicatt'ons avec le sud de la Loire
in AA.Vv., Actes du 97' congrès national des sociétés savantes, Nantes 1972. Les pay;
91. PRUD. perist. 8, 5: hlc .. liquido flut't .. fonte I ac veteres maculas diluit amne de l'Ouest. Etudes archéologiques, Paris 1977, 147-163. Lo scopo della deviazione
novo. del corso del fiu1ne (probabilmente la Loira, ma potrebbe anche trattarsi dell'Erdre)
~·runite la costruzione di una diga eradi au1nentare la produttività delle ca1npagne,
(38) Sulla discesa di Cristo agli inferi cf. E/ 4, 9, Fm 2, 10 e 1 Pt 3, 19 e 4, ricavando nuovi terreni coltivabili in una zona acquitrinosa. Anche qui, come in
6. Il primo Simbolo di fede in cui compare l'articolo sulla discesa agli inferi è carm. 1, 21, Venanzio adopera il topos del inondo, alla rovescia.
''i i·
qui probus ingenio mutans meliore rotatu Tu, valente nella tua intraprendenza, apportando modifiche se-
currere prisca facis flumina lege nova. condo una legge nuova, fai scorrere fiu1ni antichi in un percorso mi-
Aggere composito removens in gurgite lapsum gliore. Con bco~truzione di una diga hai riportato nel letto il ramo de-
10 quo natura negat cogis habere viatn. viato: lo costr111g1 cosl a tenere m1 percorso che la natura gli nega (40).
Erigis bic vallem subdens ad concava montem Qui, riportando terra nel concavo fondo di una valle, innalzi una
et vice conversa haec tumet, ille iacet. montagna e, con inversione di ruoli, questa s'innalza quello resta bas-
Altera in alterius migravi! imagine forma: so. La forma dell'una si è trasferita nell'aspetto dell'altro: il monte si
mons in valle sedet, vallis ad alta subit. abbassa nella valle, la valle si eleva in altitudine. Dove vi era la rapida
,, Quo fuit unda fugax, crevit pigro obice terra onda, si accumulò la terra in un ostacolo inerte, e dove un te1npo fila-
et quo prora prius, hoc modo plaustra meant. vano in1barcazioni, ora viaggiano i carri. ~fu indirizzi le acque deviate
Collihus adversis flexas superinvehis undas oltre i colli posti nel frammezzo e guidi un fiume docile a dispetto del-
et fluvium docilem monte velante trahis. la montagna. Dove esso scorreva rapido, il fiume giunge velocemente
Qua rapidus flueret, veniens celer amnis obhaesit e ristà, e davanti al colle sorto all'improvviso piega il proprio corso. Le
et subito nato colle retorsit iter. acque, che un tempo defluivano rapide senza recare benefici, ora ser-
Quae prius in praeceps veluti sine fruge rigabant, vono al nutrimento della popolazione. Si miete una messe nuova, nata
ad victum plebis nunc famulantur aquae. dal fiume per gli uomini, ora che grazie a te l'acqua produce cibo per
Altera de fluvio metitur seges orta virorum, il popolo.
cum per te populo parturit unda cibum. Come saprai dirigere le incerte inclinazioni degli uomini, tu che
2s Qualiter incertos ho1ninum scis flectere 1notus con le tue redini disciplini le rapide sorgenti? O Felice, duri per sem-
qui rapidos fontes ad tua frena regis? pre la tua vita senza macchia, -tu, al cui- comando l'onda mutò il suo
Stet sine labe tibi, Felix, pia vita per aevum, percorso.
cuius ad imperium transtulit unda locum.
: ! '
! IL ,;
11. Su NICEZIO, VESCOVO DI TREVIRI (41)
-~;;.',:"
., Tristibus inponis curas purgando querellas !andane i lamenti e un unico rimedio risana tutti gli uomini. Ora
et sanat cunctos una medella viros. asciughi le .lacrime di u? povero infondendo in lui la gioia: egli, che
Pauperis bine lacrimas desiccas gaudia praestans: prtma sospirava, ora puo sperare la salvezza. Poiché tu sorvegli le tue
qui prius ingemuit vota salutis babet. greggi, mai il lupo ghermirà gli agnelli: coloro che sono protetti nel
I'
' Te pascente greges numquam lupus abripit agnos, tu? ovi,le ~t~nn? in tutt~ _sicurezza. Tu. hai riportato l'ru1tico tet11 pio di
sunt bene securi quos tua caula tegit. D10 all origtnar1a n1agn1ficenza e, grazie al tuo restauro esso pur nella
Templa vetusta Dei revocasti in culmine prisco sua vetustà rifiorisce (44). '
et floret senior te reparante domus. Possa tu per lunghi anni esaudire qui le pie preghiere del popolo,
Hic populis longos tribuas pia vota per annos e, perché le pecorelle non siano ridotte a brani, possa tu restare loro
et maneas pastor, ne lacerentur oves. pastore.
XII. ITEM DE CASTELLO EIUSDEM SUPER MosELLA 12. ANCORA SUL CASTELLO DEL MEDESIMO SULLA MOSELLA (45)
I. i
Mons in praecipiti suspensa mole tumescit Un monte si protende a precipizio con una massa pron1inente e
et levat excelsum saxea ripa caput. --r il costone petroso solleva assai in alto la sua testa. Esso innalza le sue
Rupibus expositis intonsa cacumina tollit -,,;
cime boscose in mezzo alle rupi, dove queste si fanno accessibili e la
tutus et elato vertice regnat apex. vetta troneggia sicura dalla sua altissima quota. I eampi che salgono
, Proficiunt colli quae vallibus arva recedunt, dalle vallate danno lustro al colle: da ogni parte la terra si fa più bas-
undique terra minor vergit et iste subit. sa, mentre esso si eleva. La Mosella impetuosa e anche l'esiguo Roda-
Quem Mosella tumens, Rodanus quoque parvulus ambit no (46) lo circondano e gareggiano nel dare nutrimento alla regione
certanturque suo pascere pisce locum. coi loro pesci. In altre zone i fiumi incostanti devastano le dolci mes-
Diripiunt dulces alibi vaga flumina fruges. si: questi producono vivande per te, Mediolano (47). Quanto più la
w Haec tibi parturiunt, Mediolane, dapes. M.osella s'. gonfia di a~q~a, tanto più vicino protende per te i suoi pe-
Quantwn crescit aquis, pisces vicinius offert; sci; a offrire vivande e 1elemento che comunemente ne fa distruzio-
I exbibet bine epulas unde rapina venit. ne. I: abitante osserva compiaciuto i solchi feraci, formulando voti
''· Cernit frugiferos congandens incola sulcos, per un raccolto ricco e abbondante. Gli agricoltori dilettano i loro
vota ferens segeti fertilitate gravi. occhi della messe futura, mietono con lo sguardo prima che la stagio-
15 Agricolae pascunt oculos de messe futura, ne co1npia la sua opera. La campagna è piacevole e ridente, ricoperta
! ;·,, '
i'' ante metit visu quam ferat annus opem. da erbe verdeggianti, i teneri prati ricreano gli animi smarriti.
_:i,[11 _', Ridet amoenus ager tectus viridantibus herbis, Così Nicezio, uomo apostolico, visitando questo paese da buon
." oblectant animos mollia prata vagos . pasto:e istituì. per il .suo gregge l'ovile che esso desiderava. Egli cir-
condo da ognt parte il colle con trenta torri. Impiantò un manufatto lì
Hoc vir apostolicus Nicetius ergo peragrans dove prima vi era un bosco. Dalla sommità del!' altura le mura si di-
'" condidit optatum pastor ovile gregi. partono in bracci fin dove la Mosella, con le sue acque, ne segna la fi-
Turribus incinxit ter denis undique collem. n.e. Spl_endeva, costruito sulla vetta rocciosa, un palazzo, e quell'edifi-
Praebuit hic fabricam quo nemus ante fuit. cto sara una montagna posta sopra alla montagna (48). Si volle chiude-
Vertice de summo demittunt brachia murum,
dum Mosella suis terminus extet aquis.
,.
I, i
,, Aula ta1nen nituit constructa cacumine rupis c~ra di), Die ~oselgedichte des Decimus Magnus Ausonius und des Venantius Hono-
et monti inposito 1nons erit ipsa domus. rtus Cle'!"entzanus ~ortunatus, herausgegeben und erkliirt van C. H., Marburg i H.
1926' [rrst. anast. Hildesheim-New York 1981], 97-101.
i. (46) Natural~ente non il Rodano, ma il Dhron, il Drahonus di AusoN. Mos. 365.
(47) Non Milano, 1na una località che si è voluto identificare con Niederemn1e1
12, 3. STAT. Ach. 1, 448: rupibus expositis. presso..Neumagen, .su uno dei meand.ri della Mosella: cf. I(. BòHNER, Die friinkischen
Altertumer des Trterer Landes, Berlm 1958, citato da GAUTIITER, Liévangélisation
(44) Secondo N. GAUTIJIER, L'évangél:isq,ti'on des pays de la Mosetle. La 185 nota 84. '
province romaine de Première Belgique entre Antiquité et Moyen Age (III -VIII'
0
, (48) Nicezio restattra una villa che fu elegante trasfor1nandola in un castellum
s.), Paris 1980, 81, l'espressione senior domus designerebbe la cattedrale. u·runite l'aggiunta di un piano, che non è stato ancora terminato; «una montagna· sul-
(45) Per un commento puntuale a questo carme si timanda a C. HOSIUS (a la montagna».
214 CARMINA, L. III, XII-XIII CARMI, L. III, 12-13 215
'
'I, Conplacuit latum muro concludere campum re con un muro la distesa dei campi e questa casa forma da sola uua
et prope castellum haec casa sola facit. sorta di fortilizio, L'alta costruzione è supportata da coloune marmo-
Ard1,1a ma1moreis suspenditur a1,1la colmnnis ree: da essa si scorgono, durante l'estate, le barche nel fiume, Il fabbri-
qua super aestivas cernit in atn~1e rates .. cato si è sviluppato in larghezza e pure su tre piani, cosicché puoi cre-
Ordinibus ternis extensaque machma crev1t dere, una volta salito in alto, che i tetti siano campi (49). Sul declivio
ut, posi:quam ascendas, iugera tecta putes. opposto è posta sull'accesso una torre: è il luogo dei santi, baluardo
Turris ab adverso quae constitit obvia clivo: che deve essere presidiato dai prodi. Lì vi è pure una balestra a getto
sanctorum locus est, arma tenenda viris. duplice che lascia dietro di sé la morte e poi fugge. L'onda sinuosa è
,, Illic est etiam gemino ballista volatu convogliata attraverso rigide condotte: grazie a questa, una veloce ma-
quae post se mortem linquit et ipsa fugit. cina procura alimento alla popolazione. Egli ha introdotto su queste
Ducitur in rigidis sinuosa canalibus unda colline sterili le uve dal succo soave: dove"[lrima era una boscaglia, ora
ex qua fert populo hic mola rapta cibum. vi è una vigna lavorata. Dappertutto sorgono giovani alberi da frutto
Blandifluas stupidis induxit collibus uvas: seminati e i fiori impregnano il luogo dei loro mille odori. Tutto ciò
vinea culta viret quo fuit ante frutex. che noi lodiamo in codeste tue opere ti rende gloria, tu che presti così
Insita pomorum passim plantaria surgunt numerosi benefici, magnifico pastore del gregge.
et pascunt vario flores odore locum,
Haec tibi proficiunt quicquid laudamus in illis
qui bona tot tribuis, pastor opime gregis. 13. A VILLICO, VESCOVO DI METZ (50)
I:,' La Mosella distende i flutti nel suo corso azzurro e il fiume tra-
I i : 1,1
XIII. AD VILICUM EPISCOPUM METTINSEM sporta delicatamente la massa delle sue acque (51). Lambisce le rive
olezzanti di erba prinrnverile e l'onda dolcemente lava le chiome delle
Gurgite caeruleo pelagus Mosella relaxat erbe. Da destra si immette l'affluente che è detto Salia, ma mena avan-
: ! et movet ingentes 1nolliter amnis aquas. ti i suoi flutti con una portata meno ricca. Qui, dove si immette nella
Lambit odoriferas vernanti gramine ripas Mosella dal limpido corso e morendo ne accresce la forza, in questo
et lavat herbarum leniter unda comas. luogo fu fondata la bella Metz, splendente, che si compiace dei suoi
Hinc dextra de parte fluit qui Salia fertur, due fianchi assediati dai pesci. La campagna è deliziosa e ridente
flumine sed fluctus pauperiore trahit. quando i campi si rinnovano: da una parte vedi le distese coltivate,
Hic ubi perspicuis Mosellam cursibus intrat, dall'altra scorgi roseti. Sotto di te stanno colli ricoperti di fronde om-
alterius vires implet et ipse perit. breggianti, il luogo è un molteplice rivaleggiare di fertilità.
Hoc Mettis fondata loco speciosa, coruscans Città ben fortificata, cinta dalle mura e dalle acque, grazie al tuo
w piscibus obsessum gaudet utrumque latus. vescovo ti ergi ancor più maestosa. Villico, che cosi onorevolmente
Deliciosus ager ridet vernantibus arvis: milita sotto le armi del cielo, egli, col corpo prostrato a terra ti solleva
1. hinc sata culta vides, cernis at inde rosas. sulle sue ginocchia (52). Per il fatto che ti getti a terra con umiltà, o
Prospicis umbroso vestitos palmite colles,
certatllr varia fertilitate locus.
Unde hun1ilis terris te proicis, ahne sacerdos, vescovo benigu?, pregando.guidi al cielo la capitale della patria (53). '·
arando hinc patriae dncis ad astra caput. Con lacnme assidue procuri al popolo la gioia: le pecorelle sono ralle-
Fletibus adsiduis adquiris gaudia plebi: grate dal pia.nto del pastore (54). Quantunque il maligno minacci con i
pastoris lacrhnis lactificantur oves. suoi attacchi 1n1potenti, coloro per i quali sei tu il 1nuro non temono
Ictibus invalidis qua1nvis minitetur iniquus, ferita alcuna; e seppure il lupo tende le sue insidie al gregge al riparo
tu quibus es murus, vulnera nuU.a timent con te come custode dell'ovile il predatore non vi causa alcun danno'.
,, et licet incluso lupus insidietur ovili, Infondi nel popolo la gioia col tuo volto sereno, senza nubi: la tua de-
te custode gregis, nil ibi praedo nocet. licata grazia rinfranca gli animi di tutti. Se un ospite sconosciuto ri-
Oblectas populos vultu sine nube sereno chiede aiuto, tu gli offri cibo e presso la tua dimora egli ritrova il suo
cunctorumque animos gratia blanda fovet, focolare. siuando tu sfami il poveretto, egli finisce col dimenticare,
Si poscat novus hospes opem tu porrigis escas esule, le ricchezze che possedeva nella sua terra nativa (55). Allontani i
}o invenit et proprios ad tua tecta lares. lamenti dalfa bocca di chi ti riferisce le pwprie sventure, fughi ogni
Dum satias querulum, magis obliviscitur illas tristezza e gh rendi la gioia. Qui tu rivesti i nudi, lì alimenti i bisogno-
quas habet in patriis finibus exul opes. si. Il povero nou ti dà nulla in cambio, ma Dio ti ricompensa col suo
Qui sua damna refert, gemitus subducis ab ore, amore. Tu n1andi innanzi i tuoi granai, conservi còsì 1neglio le tue ri~
gaudia restituens tristia cuncta fugas. serve: il paradiso ti rende i beni di cui sei cosl genewso (56). Hai re-
>5 Protegis hinc nudos, illinc tu pascis egentes. stau~ato le to~ri dcl tempio, o sollecito Villico: quando il Signore
Nil tibi reddit inops, reddit amore Deus. verra, ecco qut sta la tua opera (57). Vedo che tu non hai sotterrato il
Horrea praemittis, melius tua condita servans: talento che ti è stato affidato; piuttosto il tuo impegno messo a frutto
quas sic diffundis dat paradisus opes. si è moltiplicato .. Possa tu continuare ancora per -lunghi anni opere co~
Culmina templorum renovasti, Vilice cultor: sì degne e possa il tuo nome, o magnifico, durare per sempre.
cum veniet Dominus, stat labor ecce tuus.
Commissum video non suffodisse talentum 15, 13a. ANCORA AL MEDESIMO (58)
sed magis aptatum multiplicatur opus.
Longius extensos peragas tam digna per anuos O magnifico pastore del gregge, a tutti giova il tuo foraggio. Co-
et 1naneat semper nomen, opime, tuum. me alimenti bene 1 corpi, tu che sazi le anime! Rendi i convitati così
golo~i dcl nettar~ del tuo latte, che ora ci vuole una scodella per sa-
z1arh1 mentre sohtan1ente bastava un cucchiaio.
XIIla.. ITEM AD EUNDEM
Pastor opime gregis, cunctis tua pabula prosunt. 13b. ANCORA AL MEDESIMO
! :
Qui satias animas, qua1n bene me1nbra foves!
Sic avidos reddis convivas nectare lactis, La pecorella corre cercando presso di te il suo alimento, o pasto-
ut scutella levet quod cocleare solet. re. Tu che usualmente le dai il cibo, aiutami dandomi un po' di pane.
XIIlc. DE PICTURA VITIS IN MENSA EIUS DICTUM 13c. PAROLE Dll'!TE ALLA SUA TAVOLA SU UN DlPINTO
MFF!GURANTE UNA VIGNA
Vitibus intextis ales sub palmite vernat
et leviter pictas carpit ab ore dapes. In un intreccio di pampini, un volatile fa capolino sotto un tralcio
Multiplices epulas meruit conviva tenere: e con grazia afferra col becco dei bocconi dipinti. Il tuo convitato me-
aspicit bine uvas, inde falerna bibit. rita di godersi molte leccornie: nello stesso tempo vede le uve e beve il
vino Falerno (59).
Tempora longaevo teneas felicia tractu nulla il lupo sottrae dagli ovili. Possa tu godere di tempi felici per lun-
et per te Domini multiplicentur oves. ghi anm e le pecorelle del Srgnore si moltiplichino per opera tua. '!
Actibus egregiis venerabile culmen, Igidi, .Igidio, eccelle!°za ver,ie;abile per le tue egregie imprese, per i cui
ex cuius meritis crevit honore gradus, mer!tl s1 .accrebbe il prestlglo della tua dignità. L'ispirazione mi trasci-
subtrahor ingenio, co1npellor runorc parato na, la mia be~evolenza spontanea mi costringe a esporre con calore
laudibus in vestris prodere pauca favens. poche i:arole 111 tua !od~. Avrò infatti molti motivi per sentirmi colpe-
5 Namque reus videor tantis existere causis, vole se io solo taccio cio che ovunque è risaputo. Ma sebbene io non
si solus taceam quicquid ubique sonat. sia in grado di esprimermi con parole degne, guarda ;on indulgenza al I
Sed quamvis nequeam digno sermone fateri, volonteroso impegno di tenere un discorso. :·:
da veniam voto me voluisse loqui. . La fa'.na delle .tue gesta si è propagata nel mondo intero e per i
Exiit in munda gestorun1 fama tuorum 19 tuo! mentl tu b;ilh, stella nella volta del cielo. Tu risplendi, col tuo
et meritis propriis sidus in orbe micas. volto sereno, pm mtensamente del pianeta Venere: esso splende della
Clarior effulges quam Lucifer ore sereno: su~ luce,, tu. per la tua de~ozione. Nulla il lupo sottrae, con i suoi attac-
ille suis ra<liis, tu pietate nites. chi, dall ovile messo .al s.icur?, se tu, ~anto pastore, vigili sul gregge.
Nil lupus insidiis cauto subducit ovili, Con p~r'.'le eloque.n;1 sp1egh1 le celesti dottrine, sotto la tua guida la
te pastore sacro pervigilante gregem. c?mumta dei fedeh e cresciuta (64). Per il tuo zelo episcopale sei con-
,, Facundo eloquio caelestia dogmata fundis, siderato il riformatore del popolo: tu sei la via luminosa perché le te-
ecclesiae crevit te monitore domus. n~bre noi; possar'.o nuocere. Con le tue soavi parole rinfranchi gli ani-
Pontificis studio correctio plebis haberis; mi d1 tutti, sfru-i;1 il tuo gregge con cibi, ma lo nutri anche con le paro-
ne tenebrae noceant, semita lucis ades. k n mandato Sl compr':': non ci nutriamo di solo pane; cogliruno Je de-
Cunctorum recreas animos dulcedine verbi, Ji~;e eh~ le tu7 parole cl porgono. Come il corpo cui si dà un alimento
qui satias epulis, pascis et ore greges. plU delicato s1 rmfranca, così si rinfrancano le anime al risonare della
Praecepta inplentur: non s6lo pane cibamur 20; tua paro!?· n furore del!' e~esia si ammru1sisce davanti a te, impavido
delicias capimus quas tua verba fernnt. soldat? di Crrsto .(65): tu fai conquiste per quel Re che ti ha procurato
Ut gaudet corpus cui mitior esca paratur, le armi; tu depuri 1 campi .dalle spine coltivandoli con la parola e così
sic animae gaudent si tua lingua sonet. dappertutto cresce per Dio una mes~e purificata. Chi qui arriva da
" Heresis ira cadit, forti te milite Christi, esule, afflitto, spossato, bisognoso, qui, grazie alla tua benevolenza ri-
adquiris regi qui dedit arma tibi, trova la sua patria. Tu cancelli i motivi del suo dolore mutand~ in
qui purgas spinis agros sermone colente, gioia i sospil'i, rimuovi dalla sua mente l'esilio e con l' am~re gli rendi il
et mundata Deo surgit ubique seges. I
Qui venit huc exul, tristis, defessus, egenus,
)0 hic recipit patriam, te refovente, suam. cipato a .una coi:giur~ contro Childeberto II e fu tratto in giudizio di fronte a un si- I
Quae doluit tollis, gemitus in gaudia vertens, nodo. Riconosciutosi colpevole, fu destituito dall'episcopato e incarcerato a Stra-
exilium removes, .reddis amore lares.
sburgo: cf. 9REG. Ture Frane. 10, 19.
i I!
'i
(64) E incerto il senso dell'espressione domus eccleslae: per la VIEilLARD- 11·
i' TR.oIÉKOUROFF, ~es .monu_ments, 233, si tratterebbe di un edificio posto a lato della
' c~ttedrale,.fo.rseJ ep1scop10. In un passo di GREG. TuR. Mart. 3, 17 con domus eccle-
19 Cf. Mt. 9, 26; Le. 4, 14. 20 Cf. Mt. 4, 4; Le. 4, 4. siae pare sta md1cata la stessa cattedrale di Reims. Secondo M REYDELLET t 'enan'
15, 2. INSCR. christ. Diehl 1784, 4: ex sacro crevit honore focus. -5. CLAUD. . r. una · oemes, I , ad'ioc., nel nostro
Fo t t p , . , . . , ,, "e
passo I espressione ha carattere metaforico e
Jndtca la co1nunità dei fedeli.
carm. min. 26, 7: nonne Yeus Musis pariter Nymphisque tenebor, I st' tacitus soli
(65) All'ei:o~a non vi ~rana più, in Gallia, eresie pericolose contro cui com-
praetereare mihi?
f,attere; V~nanz10 1.nrende l?1uttosto ~ffer1nar~ che il vescovo custodisce fedelmente
(63) Il carme è stato composto a Reims nel 566. Igidio, o Egidio, di Reitns ortodoss~a. N_opduneno.' s1 osservera che nei documenti dei concili della Gallia si
è uno dei 1nassimi rappresentanti del ceto episcopale gallico nel sec. VI. Espo- trov~no diversi rnteryentt contro pratiche religiose pagane che potrebbero identifi-
nente della nobiltà gallo-romana, fu ltri a consacrare vescovo Gregorio di Tours carsi con queste eresie: cf. CoNc. Arei. a. 541, p. 136, 1. 93ss.; CoNC. Tur. a. 567, p.
(cf. carm. 5, 3, 13). Dopo l'assassinio di Sigiberto sembrò schierarsi dalla parte 182, 1. 179ss. e p. 141, 1. 458ss. (Concilia Ga//iaea. 5.11-695 ed. C. De Clereq CCL ,,"
di Cbilperico: cf. DoSTAL, Uber Identitl:lt, 2. Nel 590 fu accusato di aver parte- CXLVIIIA, Turnholti 1963). ' '
1,
!,1
CARMI, L. III, 15-17 223
222 CARMINA, L. III, XV-XVII
cuius honestus amor tantum 1nea corda replevit, non s?no mai privo del tuo colloquio. Con questi pochi versi ti invio
ut sine te numqurun mente vacante loquar1 augur! d1 buona salute; ti prego, ti sia caro ciò che il mio affetto ti ha
; versibus exiguis mandamus vota salutis: inviato.
quae dedit affectus sint tibi cara, precor.
I! !
I '
XIX. AD AGRICOLAM EPISCOPUM
18, 7. J\MTOR act. 2, 342: nitido ... cultu; 756: pomposo. , cothurno.
r
Il''
li'
!1
,,
:.1
CARMI, L, III, 18-19 225
Prelato, vertice del!' onore, apice della stirpe e della fede, magnifi-
' co coltivatore del tuo campo, opulento pastore del gregge. La mia ter-
'! ra ha avuto il privilegio di essere stata lavorata dalla mano di tuo pa-
'
'' dre: sia essa resa produttiva grazie al vomere del figlio. Infatti tuo pa·
!ij dre, di cui_ tutto il mondo conserva l'affettuoso ricordo, sOstenne con
il medesimo runore me come te. Genitore per il cuore, hutrice per
l'alimento, buon maestro per le sue parole, egli mi amò, mi arricchi,
mi guidò, mi diede onesti principi. Egli con scrupoloso zelo arò e se-
minò me, campo vergine: nutri tu quel se1ne che tuo padre sparse.
(71) Nel catalogo posto all'inizio della-raccolta dei carmi, Agricola è detto epi-
scopus Cavillonensis, il che può corrispondere sia a Chalon-sur-SaOne sia a Cavail-
lon. In quest'ultima diocesi non risulta che vi sia stato un vescovo di nome Agricola,
mentre il nome è presente nel catalogo episcopale di Chalon. Agricola (PLRE III, 31
n. 1) resse la diocesi dal 532 fino alla morte, avvenuta all'età di 82 anni nel 580: cf.
GREG. TUR. Frane. 5, 45. Nondimeno DucHESNE, Fastes épiscopaux, II, 193 nota 7,
ha osservato che non può essere questo Agricola il destinatario del carme, giacché,
vista l'età di quest'ultimo, Venanzio ben difficilmente può averne conosciuto il pa-
Basilica di Aquileia: dre, predecessore sulla cattedra episcopale (e che pertanto dovette morire nel 532),
Mosaico all'interno (inizi sec. IV). come pure si afferma al v. 3. M. REYDELLET, Venance Fortunat. Poèmes, I, ad /oc.,
accetta una proposta di L. Pietd·. Cavillonensem potrebbe essere corruzione da d.ivi-
tatis) vallenst'um, ovvero di Octodurum, capoluogo del Vallese (Svizzera meridionale;
dal 585 la sede fu trasferita a Sion): in MAR. AVENT. chron. II p. 237, 565, 1 è in ef-
fetti ricordato per l'anno 565 un vescovo Agricola di Octodurum.
I
XX. AD F'ELICEM EPJSCOPUM BITURIGUM 20. A FELICE, VESCOVO DI BOURGES, INCISO SULLA SUA PISSIDE (72)
SCRIPTUM IN TURREM EJUS
Come è decorosa l'unione: doni in oro contengono il grande mi-
Quam bene iuncta decent, sacrati ut corporis agni stero del corpo consacrato dell'Agnello! Indietreggino i vasi in crisoli-
margaritum ingens aurea dona ferant! te di Salomone (73), larte e la fede rendono questi assai più graditi.
Cedant chrysolitis Salomonia vasa metallis, Questi doni, o Cristo, dedicatiti da Felice possano essere tali quali fu.
ista piacere magis ars facit atque fides. rono quelli che un tempo ti offrì dal suo gregge il pastore Abele (7 4 );
Quae data, Christe, tibi Felicis munera sic sint tu che vedi nel suo cuore, eguaglialo in devozione al merito di colei
qualia tunc tribuit de grege pastor Abel che a Saretta donò due monetine (75).
et cuius tu corda vides, pietate coaeques
Siraptae merito quae dedit aera duo.
21. UUMILE FORTUNATO AL SUO SANTO SIGNORE, DEGNO DI LODE
PER LA SUA AZIONE APOSTOLICA, SIGNORE DEVOTO E PARTICOLARMENTE
XXI. DOMINO SANCTO ATQUE APOSTOLICIS ACTIBUS PRAECONANDO, DOLCE IN CRISTO, AVITO VESCOVO, SUO PADRE (76)
DOMNO PIO ET PECULIARITER DULCI IN CHRISTO,
PATRI AVITO PAPAE FORTUNATUS HUM!LIS Intento ai sacri doveri, Avito, padre della città (77), gloria dei ve·
scovi e oggetto del nostro amore più sublime; grazie a te sono nutriti il
Officiis intente piis, pater urbis Avite, popolo, la regione, lo straniero e r ospite, in te ciascuno riceve tutto
gloria pontificum, noster et altus amor, ciò che desidera per sé. Senza alcun merito per le mie opere, ho meri·
per quem plebs, regio, peregr~us et hospes aluutur, tato i generosi doni del mio protettore: tu non ti dimentichi neppure
·'),
in quo cuncta capit quae s1b1 qmsque c~p1t. dell'ultima delle pecorelle che guidi. Tu che con la tua parola guidi le
Ex opere inmeritus merui pia dona patroni, greggi verso i pascoli eterni di Cristo, hai anche sollecitudine per la
ne minimam pascens inmemor esses ove~ .. condotta della loro vita presente. La tua ala sempre presente protegge
Qui trahis ore greges aeterna ad pabula Chnsu, anche chi è lontano: dove non accorri di persona, sei tutto presente
qualiter hinc vivant est quoque cura. tul. con la tua beneficenza. Agnese e Radegonda ti ringra7iano e ti lodano
Semper et absentes praesens tua proteglt ala: per i tuoi doni, esprimendosi più e più volte con voce vivida e sincera.
:. r 10 quo pede non curris, munere totus ades.
Muneribus vestris laudem Agnes aut Radegundes
Possa tu, o eminente padre, seminare talenti che poi entrino nei cieli e
che tu possa mietere centuplicati al loro momento.
I multiplici orantes fomite vocis agunt. Io ti prego nel nome del Signore, Re buono, di ricordarti, beni-
'
Ad caelos penetranda seras, pater alte, talenta gno presule della sua corte, del tuo Fortunato.
quae centen3: suo tempore culta metas. .
i ,, Per Dominum regemque bonum precor, aulice praesul,
!I' I
'i ,I
ut Fortunati sis memor, alme1 tui.
(74) L'associazione dell'offerta eucaristica e del sacrificio di Abele è tradizio-
nale nell'esegesi figurale dell'Antico Testamento; nondiineno sarà da scorgere, con
M. REYDELLET, Venance Fortunat. Poèmes, I, ad loc., una reminiscenza del Canone
Romano della Messa (oggi detto Prex fUCharistica I), ove dopo la consacrazione si ri-
cordano i munera pueri ... iusti Abel. E però in dubbio se il testo del Canone Roma-
no fosse a quell'epoca già in uso in Gallia, o se invece Venanzio lo conobbe in gio-
ventù, nella Venetia o durante gli anni ravennati.
'• (75) Venanzio riunisce, o forse confonde, due distinti episodi biblici: quello
' della vedova di Saretta che diede cibo al profeta Elia durante un periodo di siccità, 1
Re 17, 8ss., e quello della vedova gerosolimitana che dona due monetine, tutto il po-
co che possiede, al tesoro del tempio, Mc 12, 42ss. e Le 21, lss.
(72) Su Felice di Bourges si rimanda a D_ucHESNE, Fastes épiscopaux, Il, (76) Arcidiacono a Clermont-Ferrand,'nel 571 succedette a Cautlno sulla cat-
28. Dallo stesso VEN. FORT, vita Germ. 62 sappt~o che fu consacrato da Ge~ tedra di quella diocesi. Fu consacrato a Metz alla presenza del re Sigiberto, suo ami-
mano di Parigi. Dodici anni dopo la sua morte fu riaperta la si;a sepoltura, e sia co: cf. GlIBG. TuR. Frane. 4, 35. Gregorio dhnostra per lui una stima incondizionata,
il corpo sia le vesti si presentarono perfettamente conservati'. cf. GREG. TUR. e ne elogia l'eccezionale cultura biblica in vit. patr. 2; Venanzio gli dedica pure carm.
5, 5. Probabilmente era ancora in vita nel 592: cf. DucHESNE, Fastes épt'scopaux, II,
glor. con/ 100. . . . · ]' f f d 36.
(73; Nella Bibbia non vi è menzione d1vasellame111 crtso lto atto on ere
da Salo1none, ma soltanto di vasellame bronzeo: 1 Re 7, 13ss. (77) Urbis è correzione di F. Leo per orbis della tradizione manoscritta.
228 CARMINA, L. III, XXII-XXIII CARMI, L. III, 22-23 229
Paruimus iussis, sacer ac venerande sacerdos Ho obbedito al tuo invito, vescovo santo e venerabile, e al tuo co-
et pater, imperiis, dulcis Avite, tuis. mando, o dolce padre Avito. La mia Camena stride con leggera rauce-
Garrulitate levi potius stridente cicuta dine sulla zampogna, piuttosto che affascinare con un canto fluente.
quam placeat liquido nostra camena melo. Nondimeno, perché tu mi conceda il perdono, tu che apprezzi la
5 Sed tamen ut veniam tribuas, pietatis amator pietà, considera la mia deferenza e non valutare la perizia. Nella mia
intende obsequium nec trntinato sophum. piccolezza rendo queste poche parole in cambio di un grande dono:
Munere pro magno modicus haec parvula salvo: sia valutato per le intenzioni colui che ha una lingua senz'arte.
pensetur votis est cui lingua rudis.
: '!i ,' Maior in angusto praefulget gratia gyro, mento presente tu elargisci vitto ai bisognosi, perciò i giorni futuri
Agerice, tuus quam magis auxit honor. centuplicheranno i tuoi beni. Tu, da pastore, schiudi i segreti dei dog-
, Plurima magnarum fudisti semina laudum
quae matura operis fertilitate metes.
Tempere praesenti victum largiris egenis,
me e il seguente, entrambi dedicati ad Agerìco, ci sono tramandati anche per _tradi-
unde futura dies centuplicabit opes. zione indiretta da Bertario nei Gesta episcoporum Virdunensium (ed. G. Waitz,
Dogmatis arcani reseras penetralia pastor, MGH SS IV, Hannover 1841 [rist. anast. ivi 1982], 42-43). Un confronto fra la for-
ma testuale pervenutaci per tradizione diretta e quella testimoniata nelle citazioni di
Bertario è stato condotto da M. MANITIUS, Zu Fortunatus, den Annales Quedlinbur-
22, 5. DRAC. laud. dei3, 20: sedplus pt'etatis amator. genses und Sigeberts Vita Deoderici, "Neues Archiv der Gesellschaft fiir altere deut-
sche Geschichtskunde", XII (1887), 591-596: lo studioso conclude che il manoscrit-
(78) Agerìco succedette a Desiderato sulla sede episcopale di Verdun vef- to su cui Bertario lesse i due carmi non rispecchia nessw10 dei manoscritti del corpus
so il 549, e tnorì nel 588: cf. DUCHESNE, Fastes épiscopaux, III, 70. Questo car- venanziano giunti fino a noi.
CARMINA, L. III, XXIII~XXIIla CARMI, L, III, 23"23a 231
230
10 nec solum dapibus, pascis et ore greges. rni più 1nisteriosi e non nutri il gregge soltanto con vivande, ma pure
Templa vetusta novas pretiosius et nova condis: con la tua parola. Rinnovi con maggior ricchezza gli antichi templi e
cultior est Domini, te famulante, domus. ne fondi di nuovi: grazie al tuo impegno la casa del Signore è più son-
Egregios fontes sacri baptismatis exples, tuosa (79). Completi i nobili fonti del santo battesimo, compi opere
tam pia divino fonte repletus agis. cosi pie, colmato dalla sorgente divina. Questa basilica splendente
,, Candida sincero radiat haec aula sereno brilla di una pura limpidezza e, anche se il sole dovesse dileguarsi qui,
et si sol fugiat, hic manet arte dies. grazie all'arte, il giorno permane (80). Da ogni dove accorrono i popo-
Ad nova templa avide concurrunt undique plebes li verso il nuovo tempio e tu con la tua benevolenza doni Dio alle gen-
et tribnis populis plus in amore Deum. ti. Il povero meritò la tua consolazione, il nudo il tuo rivestimento; e
Te sola1nen inops meruit, te nudus amictum tu da solo sei sempre bevanda e cibo per tutti. Beato te, amante del-
et solus cunctis potus et esca manes. l'eterna luce, che coi tuoi ineriti ti procuri in cosi breve tempo beni
'" Felix qui meritis, aeternae lucis amator, che mai periranno.
tempere tam modico non moritura paras.
23a. ANCORA SU AGERÌCO, VESCOVO DI VEHDUN
XXIlla. ITEM DE AGERICO EPISCOPO DE VEREDUNO
Quando Febo fece salire alto nel cielo il suo carro e, splendendo
Phoebus ut elatum suspendit in aethera currum puro, continuava a spargere ovunque la sua luce, col diffondere i suoi
purus et igniferum spargit ubique iubar, raggi rivendicava a sé tutto il mondo, pervadendone i monti e le pia-
effusis radiis totum sibi vindicat orbem, nure: egli possiede le regioni più alte e quelle più basse. Così, o presu-
montes, plana replens, ima vel alta tenet. le, tu risplendi assieme al sole per l'eccellenza del tuo animo: quello
Sic, praesul, splendore animi cum sole coruscas: brilla dei suoi raggi e tu dei tuoi.
ille suis radiis fulget et ipse tuis. O santo Agerlco: le messi della Chiesa, coltivate dalla tua parola,
Agerice sacer, cuius sermone colente incantano per la loro fertilità. Tu sei sterile per le cose terrene, fecon-
i 'I
ecclesiae segetes fertilitate placent, do per quelle di lassù: disprezzando le cose umane, ti avvii ricco verso
terrenis ·sterilis rebus, fecunde supernis, il cielo. Mondo dalle lusinghe del mondo, rifiuti ogni sfrenatezza, a te
humana spernens, dives iture polis, nulla ha sottratto l'amaro amore della carne. La colpa insidiosa scom-
'" inlecebris mundi mundus, lasciva repellens, pare e la morte non si compiace di alcun crimine quando tu contempli
nil cui subripuit carnis. amarus amor. il tuo corpo scevro di peccato. Tu dimori nei sacri templi, pertanto sei
i,'
I
Lubrica culpa perit neque mors de crimine gaudet, così puro che il tuo stesso cuore è il tempio santo di Dio. In cotale va-
cum tua delictis libera membra vides. so Cristo ha scelto di abitare: egli occupa la dimora che ha purificato
,, In templis habitando piis sic purus haberis per sé. Non c'è inganno nelle tue labbra, né nubi minacciose nella tua
ut tua corda, pater, sint pia tempia Dei. mente: nel volto degli animi schietti fiorisce la luce. Riversi da una
Eligit in tali Christus se vase recondi 21 : fonte zampillante un fiume di eleganti parole e curi gli spiriti inariditi
quam sibi purgavit possidet ipse domum. irrigandoli con la tua voce. Tu dischiudi in terra gli alti misteri dei cie-
Non dolus in labiis nec sunt fera nubila mentis: li: per mezzo tuo più persone conoscono, temono, pregano e amano il
20 sinceris animis vernat in ore dies. Signore. Prelato eloquente, tu trionfi nella divina dottrina: coi tuoi av-
Doctilocum flumen salienti fonte refundis vertimenti pastorali fai in modo che l'errore non ghermisca le pecore!-
et sensus steriles voce rigante foves.
Ardua caelorum pandis mysteria terris
per quem plus Dominum scit, timet, orat, amat.
,, Dogmate divino, praesul facunde, triumphas,
dans pastor monitis ne premat errar oves.
21 Cf. 2 Tim. 2, 20-21. (79) Sugli edifici fatti innalzare da Agerlco si veda VIEII...LARD-TROIÉKOUROFF,
Les monuments, 335ss., e GAUTHIER, L'évangélt'satt'on, 225ss. I vv. 15"18 sembrano
23a, 2. Ov. fast. 1, 78: spargit in aede t'ubar. " 4. SEOUL. carm. pasch. 5, alludere alla ricostruzione della cattedrale.
427: cuncta tenens excelsa vel t'ma. (80) Stesso concetto in carm. 3, 7, 50.
I
Deliciis reficis quas caelum arva unda ministrat, le. Tn le ristori con le delizie che offrono il cielo, la campagna, l'acqua;
et satiat populos hinc cibus, inde fides. e da una parte il cibo, dall'altra la fede sazia il tuo popolo. Il povero
Su1nit pauper opem, tristis spem, nudus amictu1n: riceve da te aiutoi il triste speranza, il nudo rivesthnento: tu metti tut-
'" omnia quicquid habes omnibus esse facis. to ciò che possiedi a disposizione di tutti. Che ti attenda quaggiù una
Hic tibi longa salus maneat, licet inde futura, lunga salute, anche se seguirà quella futura; e a lungo, o pastore, possa
atque diu, pastor, pro grege vota feras. tu formulare voti per il tuo gregge.
XXIV. AD VIRUM VENERABILEM ANFIONEM PRESBYTERUM 24. AL VENERABILE SACERDOTE ANl'ÌONE (81)
Vir pietate calens, blanda dulcedine vemans, Uomo ardente di pietà, prorompente di una delicata dolcezza,
cuius in aspectu mens pretiosa micat, dal tuo sguardo brilla una mente di gran valore. Dal momento in cui
quem prius ut merui cognoscere lumine vultus, bo avuto l'onore di conoscerti nel tuo volto luminoso, ho compreso
conspexi sensus lumen inesse tibi, che dentro di te vi era il lume dell'intelligenza. Anfìone, caro padre
, Anfion mihi care pater, venerande sacerdos per me, venerabile sacerdote, ti conserverò sempre amorosan1ente nel
atque meo .semper corde tenendus amor; mio cuore. Qualnnque persona nuova tu veda, ne fai il tuo prossimo:
qui querncumque novum videas facis esse propinquum, anche se ne ignori la stirpe diventa tuo parente nell'anima. Il tuo zelo
si genus ignores, fit tibi mente parens. volonteroso richiama tutti al tuo colloquio: induci tutti a essere tuoi
Provoca! alloquio cunctos iucnnda voluntas per sempre. Di spirito vivo, saldo nella condotta della ragione, mantie-
10 cogis et unianimes iugiter esse tuos. ni sempre l'equilibrio della saggezza. Tu guidi prudentemente le bri-
Ingenio vivax, sensus moderamine firmus, glie della vecchiaia matura, tu sai frenare l'autorità che la dignità ti ha
pondere consilii fixus ubique manes, conferito. Pronto a ogni magnificenza, trabocchi di generosa bontà al-
qui bene cauta regis maturae frena senectae, la quale si affida chiuuque giunga iu città. A chi arriva offrì gentilmen-
cui quem praestat honor scis moderare gradum. te cibo abbondante e la tua casa diventa la casa comune di tutto il po-
" Promptus ad omne decus larga bonitate redundas polo. Il vescovo Leonzio in persona ti celebra con le sue parole e noi
cui se coniungit quisquis in urbe venit. prestiamo fede al parere di un uomo cosl illustre.
Profluus humane frugem venientibus offers
et tua fit populis omnibus una domus.
Verbis quippe suis quem papa Leontius effert: 25. AL!} ABATE PATERNO,
iudicio tanti credimus ista viri. SULLA CORREZIONE DI UN MANOSCillTTO (82)
Altaris Domini pollens, bone Rucco, minister, O buon Ruccone, sollecito ministro del!' altare di Dio: da qui io
hinc tibi festinus maudo salutis opus. t'invio in fretta questa inia operina per salutarti. Attorno a me scorre
Nos maris Oceani tumidum circumfluit aequor, Ja massa d'acqua agitata dell'Oceauo; quauto a te invece, caro compa·
te quoque Parisius, care sodalis, habet. gno, è Parigi che ti ospita. I.a Senna trattiene te, l'onda britannica cir-
Sequana te retinet, nos unda britannica cingit: conda me (85): divisi sulla terra, ci unisce un medesimo affetto. Qui
divisos terris alligat unus amor. neppure il furore dell'Oceano potrà cancellare il tuo volto, né il vento
I Non furor hic pelagi vultum mihi subtrahit illum spazzerà via il tuo no1ne, amico nùo. Tu, che mi vuoi bene, giungi tan-
nec boreas aufert nomen, amice, tuum. to spesso al mio cuore qnanto l'onda del mare durante le tempeste.
Pectore sub nostro tam saepe recurris amator, Come il mare è agitato ogni volta che l'Euro soffia impetuoso, così
tempere sub hiemis quam solet unda maris. senza di te, caro, il mio animo non ha pace. Quando il cuore si rasse-
'" Ut quatitur pelagus quotiens proflaverit eurus rena) ribolle e si agita una tempesta delicata e con i suoi movimenti in-
stat neque sic animus te sine, care, meus. costauti mi trascina verso di te. Tu ricordati di me e ricambia le mie
Blanda serenata tempestas pectore fervet preghiere, te ne prego, in modo che Dio assegni a entrambi eguali do-
atque ad te varia mobilitate trahit. ni: grazie a Lui la grazia di Cristo possa arricchire la mente dell'uomo
!: e lo spirito e la bocca si consacrino alla lode di nostro Signore.
Sed memor esto mei votumque repende petenti
" ut pariter paribus det sua dona Deus,
humanam mentem Christi quo gratia ditet
ac Domino nostro sensus et ora vacent. 27. Au,' ARCIDIACONO DI MEAUX
5 Anthemium pattern per te, venerande, saluto Per mezzo tuo, venerabile, saluto il padre Antimio, nel cui affetto
cuius in affectu consolidatus agor. avanzo con sempre maggior fiducia. Inserisco nelle mie poesie pure
Hilarium pariter nobis in amore tenacem Uario, che persevera nell'attaccamento a me e che il mio cuore venera.
insero carminibus quem 1nea corda colunt. Possa tn vivere per l'eternità grazie ai tuoi fecondi meriti e voglia turi-
Perpetuo maneas meritis felicibus aevo, cordarti di me, quando leggerai queste parole.
haec quoque cum relegis me memorare velis.
·I.·.~ :.
.
,,.~
i 'i
1·
i','
'i,'
, I:
INCIPIT LIBER QUARTUS LIBRO QUARTO
I. EPITAPB!UM EuMERI EPISCOPI CIVITATIS NAMNET!CAE 1. EPITAFFIO DI EUME!UO, VESCOVO DELLA CITTÀ DI NANTES (1)
Quamvis cuncta avido rapiantur ab orbe volatu, Sebbene tutte le cose siano ghermite dal mondo in un volo rapa-
attamen extendit vita beata diem ce, tuttavia la vita beata prolunga il suo tempo; la fine non arreca dan-
nec damnum de fine capit cui, gloria, vivis no a colui per il quale tu, gloria, vivi e, destinato al cielo, egli conqui-
aeternumque locum missus ad astra tenet. sta un posto per sempre .
Hoc igitur tumulo requiescit Eumerius almo . In.~uest? tumwo ~signe dunque riposa Eumerio, grazie al quale
per quem pontificum surgit opimus honor. fa d1g~1ta episcopale s mn.alza po~sente. Attraverso la sua genealogia
1':
Stemmate deduci! fulgens ab origine culmen gli denva un prest1g10 fwg1do (2) fm dall'origine e, grazie ai suoi meri-
et meritis priscos crescere fecit avos. ti, ha fatto crescere i suoi antichi avi. Egli brillò per le genti come un
Emicuit populis geminum memorabile donum: duplice memor~bile dono: da una parte giudice per autorità, dal!' altra
'" inde gradu iudex, hinc pietate pater. padre per bonta (3 ). Soave nel parlare, moderato nel governare la dio-
Dulcis in eloquio, placidus moderamine sacro, cesi: -?el s~o sp~rito l'ira non trovava dimora, col suo cuore paziente
in cuius sensu perdidit ira locum 1 sconfisse 1alt;u1 tracotanza .. Se era offeso da qualche mancanza, egli
alterius motus patienti pectore vicit. sopp?rtava c10 con comp<;stezza. Se qualche ospite arrivava da regioni
Ut levitas laesit, hoc gravitate tulit. straniere, ben presto senl!va di avere presso di lui il proprio focolare.
! i
,, Si quis ab externis properavit sedibus hospes r:esule vuole abitare qui, per amore di costui immemore delle terre
mox apud hunc proprios sensi! habere lares, avite ~ dimenti.co del!' antico pa~re. Egli sorride gioioso e non si vergo-
hic habitare volens patriis rudis exul ab oris gna di vedersi m lacrune: fa subito sue le lacrime degli altri. Egli scam-
oblitus veterem huius amore patrem. biò le parti con gli affamati, secondo ciò che insegna la pietà: ne as~u
Gaudens arrisit, probat is se cernere_flentem, meva le sofferenze e donava loro quel che desiderano. Ricco verso i
20 alterius lacrimas mox facit esse suas. poveri, egli trasmise la sua rendita ai bisognosi: nella sua bontà donò il
Partitus cum ventre vices, pietate magistra, suo aiuto prima di esserne richiesto. Gettò dei semi ricchi di un frutto
unde tulit luctus, mox ibi vota dedit. centuplicato; ora si compiace del profitto della messe maturata. La
Pauperibus dives censum transfudit egenis, principale s".a preoccupazione fu quella di visitare tutti i malati: per
i 1.'
ante bonus tribuit quam peteretur opem. loro egli m vita fu medico e cibo (4). Innalzò il fabbricato della chiesa
25 Semina iactavit centeno pinguia fructu
e quanto restava da fare passò al suo erede perché terminasse l'opera.
cui modo de reditu messis adulta placet.
Unica cura fuit cunctos ut viseret aegros
ipse quibus medicus vixit et ipse cibus.
Exttùit ecclesiae culmen, quod restitit unum (.1) Eumerio (PLRE IIIi 4~1) fu il predecessore di Felice sulla cattedra episco-
pale ~1. Nantes e i;iorl ~el .549; st veda la nota 4 al libro III. Per tutti gli epitaffi con-
venit ad heredem qui cumwaret opus. tenuu m 9ue.s~? l~?r? s1 nm~nda a M. HEINZELMANNi Bt'scho/sherrschaft t"n Gallien.
Zur Kontinuttat romtscher Fuhrungsschù:hten vom 4. bt's zum 7. Jahrhundert. Saziale,
pr~sopographt'sche und bildungsgeschichtlt'che Aspekte (Beihefte der "Francia" 5)
Munchen 1976. '
(2) Fu(gens è correzione di C. Brower per fulget dei manoscritti .
. (3 ! ~v!~entetne11;te prima di essere designato vescovo Eun1erio aveva ricoperto
1, 7. AusoN. 214, 3, p. 70: stemmate ... deductum., - 17. STAT. Theb. !, funzioni civili, probabilmente quelle di comes.
312: interea patriis olt'm vagus exul ab oris I f?edipodionzes fi!rto deserta perer- (4) Non sarà da credere che Erunerio sia stato 1nedico co1ne pure si è pensato·
rat / Aoniae - 21. DRAC. laud. dei 2, 11: partita cum fratre vtces; STAT. Ach. 1, qui 7'è soltanto il topos del vescovo che cura le anime e eh~ talvolta guarisce i corpi
105; PRO~P. ept'gr. praef 9; DRAC. laud. det' 3, 533: pt'etate magùtra. grazie a poted taumatu1·gici.
CARMINA, L. IV, I-III CARMI, L. IV, 1-3 243
Felix ille abiit, Felicem in sede reliquit; Egli se ne partì felice e lasciò sulla sua sede Felice; per i meriti del-
heredis meritis vivit in orbe pater. l'erede il padre vive nel mondo (5).
:i' Postquam sidereus disrupit tartara princeps, Dopo che il principe celeste ebbe infranto il Tartaro tu o morte
sub pedibus iusti, mors inimica, iaces I, nemica, giaci ai piedi di quel giusto. ' '
Hoc veneranda sacri testatur vita Gregari La venerabile vita del santo vescovo Gregorio è di ciò testilno-
qui modo post tumulos intrat honore polos. nianza: egli, appena sceso nel sepolcro, sale glorioso nei cieli. Nobile
, Nobilis antiqua decurrens prole parentum, discendente di un'antica famiglia (7) ora, ancor più nobile per i suoi at·
nobilior gestis nunc super astra manet. ti, sta per sempre al di sopra degli astri. Giudice inflessibile prima (8),
Arbiter ante ferox, dehinc pius ipse sacerdos, vescovo devoto poi, sostenne con amore. di padre coloro che, come
quos domuit iudex fovit amore patris. giudice, aveva governato. Egli resse santamente il suo ovile per trenta·
Triginta et geminos pie rexit ovile per annos due anni e, come pastore, ha le gioie del gregge di Cristo. Se chiedi i
rn et grege de Christi gaudia pastor habet. suoi meriti, li comprovano i suoi miracoli: attraverso di lui ai malati riN
Si quaeras meritum, produnt miracula rerum torna la salute amica (9).
per quem debilibus fertur amica salus.
Palma sacerdoti, venerando Tetrice cultu, Palma del sacerdozio, Tetrico, di venerabile devozione: tu dimori
te patriae sedes, nos peregrina tenent. in patria, noi siruno trattenuti in terre lontane. Sotto la tua pia custoN
Te custode pio numquam lupus abstulit agnum dia mai il lupo ha rapito un agnello, né la pecora andò a pascolare col
nec de fure timens pascua carpsit ovis. timore del ladro. Tu per sei lustri e altri tre anni hai governato con be-
5 Sex qui lustra gerens et per tres insuper annos nigno amore il tuo gregge come pastore. Per condire i cuori di un sa·
rexisti placido pastor amore gregem. pore divino, hai sempre elargito dalla tua bocca un dolce sale (11).
N am ut condirentur divino corda sapore, Oggetto di sommo amore da parte dei re, gloria del popolo, scudo
fudisti dulcem iugiter ore salem. della tua famiglia, servitore della Chiesa, onore della nobiltà cibo dei
Summus amor regum, populi decus, arma parentum, poveri, tutore delle vedove, educatore dei fanciulli: in tutti ~nesti ser-
ecclesiae cultor, nobilitatis honor, vizi tu, pastore, eri tutto. Ma ora il popolo, al quale la tua sollecitudine
esca inopum, tutor viduarum, cura minorum, in vario modo offriva rimedi, tristemente si duole per la morte della
omnibus officiis omnia, pastor, eras 2 • propria guida. Nondimeno, o padre benigno, questo noi speriamo: la
Sed cui praebebat varie tua cura medellam tua pietà testimoni quaggiù di quale gloria tu degnamente rifulga tra
: I i
funere rectoris plebs modo triste gemit. gli astri.
15 Hoc tamen, alme pater, speramus: dignus in astris
qualis honore nites, hic pietate probes.
(7) Cf. GREG. TUR. vt!. patr. 7, 1: sanctus Gregorius ex senatoribus primis.
(8) Cf. GREG. TuR. vtt. patr. 7, 1: tam severus atque districtus fuit in malefacto-
1 Cf. 1 Cor. 15, 26. 2 Cf. 1 Cor. 9, 22. ribus ut vix ei ullus reorum poss# evadere.
(9) Cf. GREG. TUR. vit. patr. 7, 4: multis se virtutibus declaravit.
(5) È possibile che questa frase sia da intendersi letteralmente, cioè che , (10) Tetdco (PLRE III, 1222-1223), figlio di Gregorio di LangreJi e di Annen-
Eumerio sia stato il padre di Felice. tari:a, prozio d1 Gregorio di T ours. Succedette a suo padre sulla cattedra di Langres,
(6) Gregorio nacque verso il 450 da una famiglia apfartenente all'aristo- nel 539 o 54~, e morì dopo trentatré anni di episcopato (cf. v. 5), vale 1:1- dire nel 573.
crazia senatoria; divenne vescovo di Langres nel 506 o ne 507. Morl il 4 gen- Nel .somma.rio eh.e ai~re le i:itae patrum d~ Gregorio di Tours figura anche la promes-
naio del 539 o 540. Era bisnonno materno di Gregorio di Tours, il quale ci ha sa d.1 una b1ograf1a ~ Tetrico, che tuttavia non compare nel seguito dell'opera: pro-
lasciato una sua vita: vit. patr. 7; cf. DUCHESNE, Fastes épiscopaux, II, 186, e babilmente la morte impedì a Gregorio di portare a termine il suo lavoro.
HEINZELMANN, Bischofsherrschaft, 213. (11) Sulla metafora si rimandaacarm. 3, 9,41e3,12,34.
CARMINA, L. IV, IV CARMI, L. IV, 4 245
244
IV. EPUAPH!UM DOMNI GALLI EPISCOPI CIVITATIS ARVERNAE 4. EPITAFFIO DEL SIGNORE GALLO,
VESCOVO DELLA CffTA DI CLERMONT NELL'ALVERNIA (12)
Hostis inique, Adam paracUso fraude repellis:
ecce Deus famulos praestat adire polos. Nemico traditore, scacci con l'inganno Adamo dal paradiso: ma
Invide, sic tua mors homini meliora paravit: ecco, Dio dà modo ai suoi servi di raggiungere il cielo. Invidioso, la
tu expellis terris, hic dat et astra suis. morte da te causata ha cosl procurato all'uomo un destino migliore: tu
Testis et antistes Gallus probat ista beatus, lo cacci dalla terra, ma Dio dona ai suoi anche il cielo.
nobilis in terris, dives eundo polis. Il beato Gallo, confessore della fede e vescovo, è di ciò testimone;
Qui Christi auxilio fultus nec adultus in annis, nobile in terra, ricco levandosi verso i cieli. Sorretto dall'aiuto di Dio,
se maiora petens, odit amore lares. prima di raggiungere letà adulta, ricercando cose maggiori di se stes-
Effugit amplexus patrios matremque relinquit; so, per amore odiò la propria casa. Sfuggl ai paterni abbracci e abban-
10 qui monachum regeret quaeritur abba parens. donò sua 1nadre: ricercava un padre, un abate che lo guidasse una vol-
Illic tiro rudis generoso coepit ab aevo ta divenuto monaco. Allora, giovane inesperto, inco1ninciò nell'età dei
militiae Domini belliger arma pati. nobili sentimenti a portare, come soldato, le armi dell'esercito del Si-
Quintiano demum sancta erudiente magistro gnore. Infine, sotto la guida del santo maestro Quinziano (13) diven-
pulchrius est auro corde probatus homo. ne, uomo dal cuore provato, più bello dell'oro. Fu in seguito chiamato
,, Inde palatina regis translatus in aula, alla corte del re: visse con devoto affetto verso di te, Teodorico (14).
Theuderice, tuo vixit amore pio. Poi, quando il suo maestro lasciò la terra e si avviò al cielo, l'incarico
Mox ubi destituens terras petit astra magister, di custodire il gregge ricadde sull'allievo. Ricoprì dunque l'episcopato
cessit discipulo cura tuenda gregem. e ne tenne le redini in modo tale da essere pastore per le funzioni, pa-
Pontificatus enim moderans ita rexit habenas dre per l'amore. Benevolo, paziente, buono, giusto, an1ava e si faceva
20 pastor ut officiis, esser amore pater 3. amare, in lui non vi era posto per loffesa ma per il perdono. Se gli ar-
Mansuetus patiens, bonus, aequus, amator amandus, rivava qualche ingiuria, in essa si mostrava la sua virtù: da un'occasio-
non erat o:ffensae, sed locus hic veniae. ne di collera nasceva il suo trionfo. Egli nutriva con la sua parola il po-
Si qua supervenit, facta est iniuria virtus: polo come una nutrice allatta i neonati, spandendo dolce miele condi-
unde furor poterat, inde triumphus erat. to con sale; mentre compiva quest'opera egli già pregustava le grazie
25 Plebem voce fovens quasi natos ubere nutrix, future: sotto la sua vigilanza pastorale il gregge non poteva subire al-
dulcia condito cum sale mella rigans, cuna perdita. Così egli governò la Chiesa come un padre per venticin-
hoc opus exercens praescivit dona futuri que anni, pur vivendo poco meno di tredici (15) lustri.
se pastore nihil posse perire gregi. Da quaggiù il sant'uomo è stato portato con miglior tragitto al
Sic pater ecclesiam regit in quinquennia quinque, cielo: lì non lo contiene l'urna funeraria, ma lo sostiene il braccio di
uix terde1.1a tamen lustra superstes agens. Dio.
Bine meliore via sanctum ad caelestia vectum
non premit urna rogi, sed tene! ulna Dei.
(13) Quinziano, vescovo di Rodez, allo scoppio della guerra tra Clodoveo e i
Vis~goti si rifug.iò nell'Alyer~a. Alla mor~e di Apollinare, figlio di Sidonio Apollina-
re, il re Teodor1co lo designo alla successione sulla cattedra di Clermont-Ferrand. La
3 Cf. Mt. 10, 37; Le. 14, 26. sua vita ci è nota ~a GREG. TUR. vit. patr. 4; cf. DUCHESNE, Fastes épiscopaux, II, 35.
. (14) Teod~rico I, re d'Austrasia, figlio primogenito di Clodoveo. Alla sparti-
4, 8. PRUD. apoth. 36: sed maiora petens. - 16. VERG. Aen. 5, 296: amore zione del 511 gh fu assegnata anche l'Alvernia. Morì nel 5J3/534: l'allocuzione di
pio; VEN. FORT. carm. 1, 9, 7; 2, 1, 3. Venanzio è dunque fittizia, a carattere retorico.
(15) Vix è congettura proposta in apparato da F. Leo, accolta ora da M. Rey-
(12) Gallo (PLRE Ili, 502-503, n. 2), figlio del senatore Giorgio e di ~eu dellet, per il bis dei codici. La tradizione ha infatti bis terdena ... lustra. Poiché da
cadia, era zio paterno di Gregorio di Tours; nacqu~ nel 4~6 o 487 ed entr? ne; GREG. TUR. vit. patr. 6 sappiamo che Gallo è morto nel suo 65° anno, bisognerà in-
1nonastero di Cournon sfuggendo alle nozze combinategli dal padre. Passo pot t~dere terdena, forma non altrimenti attestata, non come equivalente a tricena, ma
tra il clero di Clermont~Ferrand presso il vescovo Quinziano. Qui il re Teodori- p~uttosto come equivalente a terna dena: tredici lustri corrispondono infatti a 65 an-
co ne apprezzò la voce e lo cooptò quale membro della sua cappella; in seguito1 ni. La correzione vix di Leo è da una parte necessaria per non raddoppiare i 65 anni,
nel 525 o 526, fu desi_gnato dal sovrano alla s"L!ccessione di Quinziano. Morl a dall'altra è giustificata in quanto trova piena confo1·mità con i dati in nostro posses-
64 anni nel maggio del 551, dopo 27 anni di episcopato (e non 25 coine Venan- so: Gregorio infatti ci dice che Gallo morì nel suo 65° anno, cioè quando non aveva
zio afferma al v. 29). Gregorio di Tours ci ha tramandato la sua biografia in v#. ancora compiuto 65 anni. Tamen sottolinea che Gallo divenne vescovo quando non
patr. 6. Si veda DUCHESNE, Fastes épiscopaux, II, 36. aveva ancora 40 anni, l'età tninhna prescritta per accedere a quella dignità.
i
.
·i' CARMINA, L. IV, V-VI CARMI, L, IV, 5-6 247
V. EPITAPH!UM RURICIORUM EPISCOPORUM CIVTfATIS LIMOVECINAE 5. EPITAl'FIO DEI RURICI, VESCOVI DELLA CITTÀ DI LIMOGES (16)
Invida mors, rabido quamvis miniteris hiatu, Morte invidiosa, sebbene tu ripeta con fauci rabbiose le tue mi-
non tamen in sanctis iura tenere vales. nacce, tuttavia nei confronti dei santi non riesci a far valere i tuoi dirit-
Nam postquam remeans domuit fera tartara Christus, ti. Infatti, da quando Cristo è ritornato dopo aver domato la ferocia
iustorum meritis sub pede vieta iaces. del Tartaro, tu giaci sotto il suo piede, vinta dai meriti dei giusti (17).
, Hic sacra pontificum toto radiantia mundo Qui un sepolcro ricopre le sante membra di vescovi che in tutto il
membra sepulchra tegunt, spiritus astra colit: mondo risplendono, il loro spirito dimora fra gli astri. I Rurici sono i
Ruricii gemini flores quibus Aniciorum fiori gemelli, ai quali Roma fu legata da una gloriosa parentela con gli
iuncta parentali culmine Roma fuit. Anici (18). Dal loro cuore scaturiva una vena loquace, nutrita dalla
Pectore vena loquax, mundano culta sapore, cultura del mondo, le loro venerabili parole furono registrate sui libri
i: rn veni! ad aetherios lingua colenda libros. celesti (19). Uniti nell'azione, nel pensiero, nel rango, nelle speranze,
I !
Actu, mente, gradu, spe, nomine, sanguine nexi nel nome e nel sangue, entrambi egualmente esultano: da una parte il
i exultant pariter bine avus, inde nepus. nonno, dall'altra il nipote. Ciascuno alla sua epoca fondò sacri templi
Tempere quisque suo fundans pia tempia patroni in onore del proprio patrono: questo li dedicò ad Agostino, laltro a
iste Augustini, condidit ille Petri . Pietro. Retto il primo, misericorde l'altro; questo compassato, quello
.i' ,, Hic probus, ille pius, hic serius, ille serenus, sereno, ambedue gareggiavano su chi di loro due fosse il migliore (20).
II certantes pariter quis cui maior erit. Elargivano ai poveri gran parte del loro cospicuo reddito: inviarono
Plurima pauperibus tribuentes divite censu OI!!! - cosi al cielo ricchezze che essi avrebbero poi raggiunto. Noi crediamo
Jlll
misere ad caelos quas sequerentur opes. che si trovino tra i cori apostolici coloro che con mano prodiga riscat-
Quos spargente manu redimentes crimina mundi
inter apostolicos credimus esse choros.
II tarono le colpe del mondo.
Beati quelli che detengono così la dignità senatoriale in cielo, ac-
-
Felices qui sic de nobilitate fugaci quistata a prezzo di una nobiltà transeunte.
n1ercati in caelis iura senatus habent.
I
VI. EPITAPHIUM EXOCI EPISCOPI CIVITATIS 'LIMOVECINAE
Sebbene una vecchiaia inferma gravasse sul vescovo, tuttavia que-
Quamvis pontificem premere! tremebunda senectns, sto popolo volle che il suo padre vivesse ancora; e, se si potessero
attamen haec voluit plebs superesse patrem, cambiare le leggi della natura, il gregge si sarebbe affrettato su quel
aut si naturae mutari debita possint, cammino al posto del suo pastore. Ma poiché ciò non fu possibile, una
,,
I il pro pastore suo grex properasset iter. ~ speranza conforta il popolo: che la fede abbia trasportato costui, per i
I Sed quia non licuit, populum spes consulat illa il
~
suoi meriti, tra gli astri.
quod bune pro meritis vexit ad astra fides 4 • 'ili
~~
Castamente conservò immacolato il suo corpo per Dio: Esodo ha
Inmaculata Deo conservans membra pudore ·;mi
!Il
•\lili
·~ tardoantica: uno degli esponenti più ragguardevoli è il filosofo Anicio Manlio Seve-
4 Cf. Iac. 2, 26. I"· ri.no Boezio. Sulla cattedra di Limoges, pritna dei due Rurici sedettero un Ermoge-
5, 1. AusoN._184, 6 p. 45: invida mors rapuit; CE 1365, 23: raput't mors in- ;! m.ano e un Adelfio, tnolto probabiltnente anch'essi appartenenti alla fatniglia degli
Anici. Cf. I-IEINZELMANN, Bischo/sherrscha/t, 216.
vida. - 4. ARATOR act. 1, 924: victus uterque iacet. -1,lli
6, 1. DRAC. satiJf 229: gemit et tremebunda senectus. _, · (19) I vv. 9-10 sono tratnandati dal solo manoscritto E, e sono stati espunti da
, F. Leo come non appartenenti a questo carme, in quanto gli parvero riferirsi a un
(.16~ I due P.ersonaggi qui celebrat~ sono nonno.e-!1ipote, su.cce~utisi sulla - · · ·_-. _ solo ~ersonaggio e non a due (nella sua edizione costituiscono il n. 32 dell'Appendix
sede d1 L1lnoges: il nonno na:que verso il 440 da fam.1gha se~1at?r1a, d~v~n~ ve- ---111 -- c?rmt~u;n). -In realtà i singolari vena e lingua si accordano perfettamente con i sei
scovo nel 485 e morì probabilmente nel 506; possed1a1no di lui due hbri di let- ·B s111g?lar1 del v. 11, per cui non pare vi siano sufficienti motivi per eliminare i due
tere. Il nipote (PLRE III, 1099-1100),partecipò a diversi sinodi, ed era ancor~ _;~ versi.
in vita nel 549. Su Ruricio I si veda ora C. SE'ITIPANI, Ruricius I", évéque de Lt- ---~ - . (20) Si tratta di una formula retorica: poiché ressero la diocesi uno dopo l'altro
moges, et res alliances famzliales, "Francia", XVIII (1990), 195-222. , , è chiaro che fu il nonno ad essere esetnpio di santità e oggetto di emulazione da par-
te del nipote, non il contrario.
ce di Cristo sulla morte. .
(18) Gli Anici furono una delle famiglie più prestigiose dell'aristocrazia ·-;a
-a
(17) Venanzio affenna che anche i santi collaborano alla vittoria redentr1- :;)Il
(21) Di Esodo, successore di Ruricio Il, non si hanno altre notizie: cf. DUCHES-
NE, Fastes épiscopaux, II, 51.
I
CARMINA, L, IV, VI-VII CARMI, L. IV, 6-7 249
Exocius meruit iam sine fine diem pertanto meritato una luce senza fine: nel suo cuore regnava vittoriosa
pectore sub cuius regnans patientia victrix la pazienza e l'intelletto era la sua ancora in mezzo a flutti tanto alti.
fluctibus in tantis anchora sensus erat. privo di acredine, di animo pacato, nutrito di dolcezza, non sapeva
Felle carens, animo placidus, dulcedine pastus, reagire agli oltraggi con l'ira. Restauratore di templi, risollevò i cittadi-
nesciit offensis ira referre vices. ni con la sua loquela, fu sicura medicina per le ferite della patria. Man -
Templorum cultor, recreans modulamine cives, tenne l'onore del pontificato per tre lustri, raggiunse tra il pianto del
vulneribus patriae fida medella fuit. popolo (22) gli antichi padri. Pertanto non è bene piangerlo con vuoti
., Qui tria lustra gerens in pontificatus honore lamenti: dopo le tenebre del mondo lo ha accolto la reggia celeste .
pergit ad antiquos plebe gemente patres. [Perché hai compiuto il suo servizio, hai ricevuto nuovi premi dal
Non decet hunc igitur vacuis def!ere querellis Re: eleva un'orazione per Fortunato che ti supplica. Possa tu ottenere)
post tenebras mundi quem tenet aula poli. con le tue preghiere, che io, che ti ho dedicato questi versi, meriti di
essere un g10rno rinchiuso sotto la chiave di Pietro (23 ).]
[Miliciam peragens, capiens nova praemia regis,
pro Fortunato supplice fonde precem.
Obtineas votis, haec qni tibi carmina misi, 7. EPITAFFIO DI CALETRÌCO, VESCOVO DELLA CITTÀ DI CHARTRES (24)
ut merear claudi quandoque clave Petri.]
Gli occhi si rigano di lacrime, le fibre sono scosse dal pianto e le
dita tremanti non riescono a scrivere cose cosi dolorose; purtuttavia
indirizzerò alla sua salma le parole che io intesi dirgli da vivo: sono co'.
VII. EPITAPHIUM CHALETRICI EPISCOPI CIVJTATJS CARNOTENAE stretto a dire parole amare in versi dolci.
O Calatterko, degno vescovo per i tuoi meriti, tardi da me cono-
Inlacrimant oculi, quatiuntur viscera fletu sciuto; con quale rapidità, caro, sei fuggito! Tu ritorni alla patria, lasci
nec tremuli digiti scribere dnra valent, noi in questo triste mondo, tu dimori in una sala splendente, noi in un
dum mòdo qui volni vivo, dabo verba sepolto, giorno pieno di lacrime. Ecco, le membra riposano sotto questo tumu-
carmine vel dulci cogor amara loqui. lo, espressione di pietà; giace sepolta una lingua più dolce del miele.
I il Digne tuis meritis, Chalacterice sacerdos, I:aspetto era prestante ed elegante, l'animo di una bontà senza fine, la
·,:i voce soave aveva meditato la legge di Dio. Speranza del clero, protet-
tarde note mihi, quam cito, care, fugis!
Tu patriam repetis, nos triste sub orbe relinquis, tore delle vedove, pane dei poveri, custode dei vicini, tutto votato a
te tenet aula nitens, nos lacrimosa dies. ogni ben fare. Cantava le melodie del Salterio con dolci modulazioni e
''·
'
Ecce sub hoc tumulo pietatis membra quiescunt
dulcior et melli lingua sepulta iacet.
Forma venusta decens, animus sine fine benignus, ma stesura del carme, come ha diinostrato KOEBNER, Venantt'us Fortunatus 139s. Il
sol~ manoscr~tt?.rdà i versi n.el seguente ordine: 1-18, 19, 21, 22, laddove i~ tutti gli
vox suavis, legem promeditata Dei, alt~11?anoscr1ttt ~ carm~ termina al v. 18; i vv. 21-22 si ritrovano poi, in tutti i mano-
spes cleri, tutor viduarum, panis egentum, scritti, a con?us1one d1 carm. 4, 27. Perciò KOEBNER, Venantius Fortunatus, 139s.,
cura propinquorum, totus ad omne bonum, suppose che il pentametro che manca in L tra il v. 19 e il v. 21 del nostro carme fos-
., organa psalterii cecinit modulamine dulci se stato identico al v. 20 di carm. 4, 27, che peraltro completa egregiamente il senso
i· I della frase. I due carmi pertanto avevano gli ultimi tre versi identici. Secondo Koeb-
ner, Venanzio du;ante la revisione dei suoi scritti in vista della loro pubblicazione si
a~corse.del dopJ;>lone, e sopp~·esse gli ultimi quattro versi di questo carme. Nell'edi-
11. SEDUL. carm. pasch. 1, 134: populum dulcedine pastum. zione. dt F. Leo Il carme termma al v. 18, e il v. 19 costituisce il n. 33 dell'Appendix
7, 9. lUVENC. 4, 378: quo membra ... quiescunt. - 11. ORIENT. comm. 1, 376: carminum.
forma decens. -15. ALc. AVIT. carm. 6, 6: recinens dulci modulamine psalmos. (24) ~ontrariamente agli epitaffi precedenti, questo è consacrato a un vescovo
(22) I quindici anni del pontificato di Esodo devono collocarsi in un pe- che Venanzio conobbe personahnente: fu infatti presente al sinodo di Tours del 567
riodo che va dal 549 anno in cui è menzionato per l'ultiina volta come vivente e a.un altro sinodo tenutosi a Parigi tra il 556 e il 573. Ciò rende ragione del tono
Ruricio Il e il 579, a~1no in cui per la prima volta compare il nome del vescovo an:i1chevole che pervade il componimento, Caletrlco succedette a Leobino ed è no-
Ferreolo: ~f. GREG. TuR. Frane. 5, 28. Gli avvenimenti cui Venanzio allude po- minato nella biografia di quest'ultimo, attribuita falsamente a Venanzio: ~ita Leob.
trebbero dunque essere i disordi11i che sconvolsero l' Alvernia a causa della ri- 72. Si veda DUCHESNE, Fastes épiscopaux, II, 426. Nel 1703 fu ritrovata la sua to1nba
volta di Cranno, figlio di Clotario I, verso il 556: cf. GREG. TuR. Fra_nc. 4, 13; con la seguente iscrizione: HIC REQUIESCIT CHALETRICUS FPS CUIUS DULCIS MEMORI~
oppure i saccheggi perpetrati dalle truppe di Chilperico nel Limosino attorno PR!DIE NONAS SEPTEMBRIS VITAM TRANSPORTAVIT IN CAELIS (CIL XTII 3057). In tutte
queste testimonianze la forma è Chaletricus: evidente.tnente la forma Chalactericus
al573: cf. GREG. TUR. Frane. 4, 47.
(23) Questi ultitni quattro versi dovevano essere la conclusione di una pri- del v. 5 è una licenza dovuta a necessità metriche. Secondo la GEORGE, Venantius
CARMINA, L, IV, VII-VIII CARMI, L, IV, 7-8 251
250
et tetigit laudi plectra beata Dei sonò la sacra lira a lode di Dio (25). Egli sapeva ben curare le ferite
cautere eloquii bene purgans vulnera morbi delle malattie con il cauterio della parola: sotto la sua guida vi era uua
quo pascente fuit fida medella gregi. medicina sicura per il gregge, Sei vissuto per sei lustri e altri otto anni;
Sex qui lustra gerens, octo bonus insuper annos, strappato alla terra, ritorni da uomo giusto nei cieli. Ora che sei stato
20 ereptus terrae iustus ad astra redis. riconvocato come cittadino celeste ai banchetti del paradiso, il cielo
Ad paradisiacas epulas te cive reducto gioisce in tuo onore, mentre il n1ondo se ne rattrista. E poiché non ho
unde gemit mundus gaudet honore polus. dubbi sulla grandezza della gloria dei tuoi meriti, non si deve piangere
Et quia non dubito quanta est tibi gloria laudum per te, che sei uu cosl grande amico di Dio.
nec debes fieri, talis amice Dei. Io che sussurro, o santo padre, queste piccole cose su un tema co-
sl grande, ti supplico di pregare per il tuo Fortunato.
25 Haec qui, sancte pater, pro n1agnis parva susurro,
pro Fortunato) quaeso, precare tuo.
8. EPITAFFIO DI CRONOPIO,
VIII. EPITAPH!UM CRONOPI EPISCOPI C!VITATIS PETROCORICAE VESCOVO DELLA CITTÀ DI PÉRIGUEUX (26)
Si terrena, sacer, quondan1 tibi cura fuisset, · Se un tempo tu avessi avuto pensiero delle cose terrene, ora in
carmine plus lacrimas quam modo verba darem. questa poesia effonderei più lacrime che parole. Ma poiché sei mon-
Sed quia tu mundus nec sunt tibi crimina mundi do, né ti sei macchiato delle colpe del mondo, tu ci esorti a gioire, tu
nos gaudere mones qui sine morte manes. che sei immortale per sempre. Vescovo ardente di pietà, venerando
Antistes pietate calens, venerande Cronopi, Cronopio, uua tomba copre il tuo corpo; lo spirito sta saldo nel cielo.
membra sepulchra tegunt, spiritus astra tene!. Per parte di ambedue i genitori conflul in te l'ordine sacerdotale:
Orda sacerdotum cui fluxit utroque parente all'erede toccò l'alta dignità episcopale. Una santa successione ti ha
venit ad heredem pontificalis apex. procurato a buon diritto questo grado: un tale onore ti era già quasi
Hlll1c tibi iure gradum successio sancta paravit dovuto per i tuoi meriti. La tua nobiltà proviene dall'antica schiatta
ut quasi iam merito debitus esse! honor. dei padri, ma sei ancor più nobile in Cristo per i tuoi meriti; sempre
Nobilis antiquo veniens de germine patrum, così mite in volto come chi ha l'animo sereno, con un cuore schietto,
sed magis in Christo nobilior merito, la tua fronte fu senza nubi. Nelle parole del tuo eloquio stillava netta-
sic vultu semper placidus ceu mente serenus, re, sì da vincere con il tuo dire la dolcezza del miele. Tu eri la veste dei
pectore sincero frons sine nube fuit. nudi, la coperta dell'infreddolito: chi si riparò sotto il tuo tetto, ne
" Cuius ab eloquio nectar per verba fluebat, uscl protetto. Hai posto tutte le tue ricchezze nel ventre dei poveri:
vinceres ut dulces ore rigante favos. così rimangono a te per sempre tesori viventi. I:affamato meritò di
Nudorum tu vestis eras, algentis amictus: averti come cibo, l'assetato come bevanda, l'afflitto e l'esule videro in
qui ad tua tecta fuit, tectus et ipse redit. te il loro sostegno. Tu hai ripopolato la tua città spogliata dei suoi
Divitias omnes inopum sub ventre locasti abitanti (27): grazie al tuo riscatto essi rividero le proprie case. La pe-
'" unde tibi semper viva talenta manent. corella, che il lupo con le sue fauci saccheggiatrici aveva sottratto
Esuriens epulum, sitiens te sumere potum ali' ovile, con te pastore del gregge gode del proprio ritorno. Con solle-
cernere te meruit tristis et exul opem.
Implesti propriis viduatam civibus urbem
videruntque suos te redimente lares.
~ Quam lupus ab stabulis tulerat frendente rapina,
(25) Bisogna intendere metaforicamente, con dferimento a Davide, autore dei
te pastore gregis reddita plaudit ovis. Salmi. Venanzio intende sottolineare la pedzia di Caletrico nel canto dei Salmi.
. (26) :t;1on·è molto ciò che si sa di questo Cronopio (PLRE III, 363 ): prese parte
al sinodo di Agde nel 506, nonché ai sinodi tenutisi a Orléans nel 511enel533. Cf.
8, 12. CARM. cod. Petav. 11, 26: nobilior meritis. -13. CLAUD. 7, 182: qui DucHESNE, Fastes épiscopaux, II, 87.
mente serena; 22, 66. - 23. PRUD. ham. 451: orbatam propriis ululavit ct'vibus . (27) Cronopio, primo vesçovo di Pédgueux, a conclusione di un lungo perio-
urbem. do di sede vacante, restaurò la città dopo le rovine dei secc. IV e V, soprattutto
q.uelle verificatesi durante il regno dell'ariano visigoto Eurico (466-484). La deporta-
Fortunatus. A Latt'n Poet, 85, l'epitaffio, troppo lungo per una pietra tombale, si zione degli abitanti avvenne probabilmente durante la guerra tra Clodoveo e Alarico
trovava dipinto o inciso su una parete della chiesa che ospitava il sepolcro. II del 507.
252 CARMINA, L IV, VIII-IX CARMI, L. IV, 8-9 2 53
Tempia exusta cder revocasti in culmine prisco, citudine hai riportato alle altezze originarie i templi incendiati: perciò
hinc tua sed caelis stat sine labe domus. la tua dimora è nei cicli salda e indistruttibile. Tu sei vissuto nel tuo
Ipse bis octono vixisti in corpore lustro: corpo ~er sedici lustri: ora, in ragione dei tuoi meriti, godi del giorno
nunc tibi pro meritis est sine fine dies. senza fine.
Ultima sors avido graviter properavit hiatu, La sorte finale si avanza cruddmente ghermendo con avida in-
pastorem rapiens qui fuit arma gregis. gordigia il p~store che fu la difesa del gregge. In questo tumulo ripo-
Hoc recuhant tumulo venerandi membra Leonti sano le spoglie dd venerando Leonzio, nel quale rifulse m10 straordi-
quo stetit eximium pontificale caput. nario esempio di vescovo.
Quem plebs cuncta gemens confusa voce requirit, Tutto il popolo, sospirando in un confondersi di voci, lo teclama:
bine puer, bine iuvenis deflet et inde senes. qui il fanciullo, qui lo piange il giovane e lì il vecchio, Ora ogni gene-
Defensoris opem hic omnis perdidit aetas tazione ha perso Paiuto dd suo difensore e adesso dimostra piangen-
et quantum colui! nunc lacrimando docet. do quanto lo abbia venerato. Nessuno riesce a ricotdare il defunto
Nemo valet siccis oculis memorare sepultum sen2a che gli occhi gli si bagnino: egli vive nel devoto amore del suo
rn qui tamen in papula vivit amore pio. popolo. Persona eccelsa, secondo a nessuno per la nobiltà di costumi
Egregius, nulli de nobilitate secundus, irreprensibili, primeggiava per la sua dignità.-Egli, per u~a inusitata
moribus excellens, culmine prirnus erat. pietà, desiderava essere il più piccolo tra tutti, ma per i suoi meriti di-
Hic pietate nova cunctis minor esse volebat, veniva ancor più grande di se stesso. Alla presenza di quest'uomo la
sed magis his meritis et sibi maior erat. discordia conquistò la pace; fugate le passioni, l'amore legava i cuori.
15 Quo praesente viro meruit discordia pacem, Entrato ndl' ordine, devolse alla Chiesa l'intero suo patrimonio e ciò
expulsa rabie corda ligabat amor. che prima .fu su? egH lo affidò a Cristo. Presso di lui il povero riceveva
,I I Ecclesiae totum concessit in ordine censuro aiuto, 1! pr1g10111ero nscatto; egli teneva per proprio ciò che il bisogno-
et tribuit Christo quod fuit ante suum. so riceveva. Le sue ricchezze sono salite dalla terra al cielo e quest'uo-
Ad quem pauper opem, pretium captivus habebat, mo visse più per Dio che per sé; nell'abbraccio del suo cuore e dd suo
'° hoc proprium reputans quod capiebat egens. petto stringe~a il popolo, tanto da dire che egli era il padre che aveva
Cuius de tetris migravi! ad astra facultas generato tutu loro. Egli infatti ammaestrava i suoi cittadini con una
et plus iste Dea quam sibi vixit homo, voce così tr~nq':'illa che avrest! creduto che parlasse alle proprie mem-
cordis in amplexu retinens et pectore plebem, bra (29). Di spmto attento, ncco poi dèlla dottrina di Cristo meritò
diceret ut populum se generasse patrem. col si:o zdo di. ascendere rapidamente i gradi della gerarchia. Genero-
2~ Namque suos cives placida sic voce monebat so ne1 dona11v1, s1 conciliò degli amici in regioni lontane e dove non
confitereris ut bune ad sua membra loqui. er~ conosciuto ~i persona, lo era tramite i suoi doni. Caro principi e ai
Ingenio vigilans, dives quoque dogmate Christi unico oggetto .d1 amore per questa città, si sforzava di essere un padre
et meruit studio mulriplicare gradum. per tutte le amme. Per dieci lustri e sette altri anni egli visse nd pieno
Largior in donis absens sibi iunxit amantes
:io et quo non fuerat, munere notus erat.
Principibus carus huiusque amor unicus urbis,
festinans animis omnibus esse parens.
Lustra decem pollens, septem quoque vixit in annos,
max urguente die raptus ab orbe fuit.
,, Sed quis cuncta canat, cum tot bona solus habebat? delle forze; all'improvviso arrivò il giorno in cui fu rapito da questo
Nunc uno in tumulo plurima vota iacent. mo~do. Iy,la ch1 ~otrebbe_ cantare tutto, visto che egli, da solo, aveva
Haec tibi parva nimis, cutn tu merearis opima, tanti p~eg1? Ora 111 un umco sepolcro giacciono moltissime speranze.
carmina Theudosius praebet amore tuus. Teodosio (30), legato a te da devozione, ti offre questi versi troppo
piccoli, perché tu ne meriti di solenni. '
XI. EPITAPH!UM VICTORIANI ABBATIS DE MONASTERIO ASANE 11. EPITAFFIO DI VITTORIANO, ABATE DEL MONASTERO DI ASAN (34)
Quisquis ab occasu properas huc, quisquis ab ortu, Che tu arrivi qui dall'Occidente, che tu vi giunga dall'Oriente,
munus in hoc tumulo quod venereris habes. hai in questa tomba un tesoro da venerare. Ammira un talento arric-
Respice ditatum caelesti dote talentum chito da doni celesti, il cui scrigno del cuore ebbe sempre Dio al cen-
cuius semper habet pectoris arca Deum 5. tro. Vertice dei religiosi, gloria della vita terrena, presidio di salvezza,
5 Religionis apex, vitae decus, arma salutis, è qui presente Vittoriano, eccellente nei suoi meriti: egli, conducendo
eximius meritis Victorianus adest, un degno operato con il suo fertile impegno, visse nel mondo non per
dignum opus exercens qui fructificante labore se stesso soltanto ma per tutti. Disseminò per la patria moltissime
cunctis non soli vixit in orbe sibi. schiere di monaci, distillò per le sue api miele dai fiori eterni. Valente
Plurima per patriam monachorum examina fundens, eloquio, sollecita benevolenza, preghiera incessante: egli fu cosl, già al-
w floribus aeternis mellificavit apes. lora era tutto rivolto ai cieli. Si profuse in molte preghiere perché av-
Lingua potens, pietas praesens, oratio iugis, venissero guarigioni: la sua santa vita diede spesso testitnonianza con
sic fuit ut iam tum totus ad astra foret. segni. Pastore fecondo, per dodici lustri resse con paterna autorità le
Plura salutiferis tribuens oracula rebus, pecorelle, giustamente gradite a Dio. Segul Cristo calcandone le orme
saepe dedit signis vita beata fidem. con diritto cammino; ora il suo amore gode di quel volto che bramava.
15 Bis senis rexit patrio moderamine lustris
Quamvis longa dies, brevis bic et bospita lux est; Per quanto lungo sia il giorno, quaggiù la luce è di breve durata e
sola tamen nescit vita beata 1nori. ----- passeggera; perciò soltanto una vita santa è scevra da morte.
Hoc igitur tumulo Servilio clausus habetur, Dunque, in questo tumulo è rinchiuso Servilione, nobile e poten-
nobilis et merito nobiliare potens. te per i suoi ancor più nobili meriti. Egli governò il palazzo dei sovrani
, Ipse palatinam rexit moderatius aulam con notevole moderazione e fece aumentare le ricchezze della casa af-
commissaeque domus crescere fecit opes. fidatagli (38). In seguito, consacrato sacerdote, continuò a essere og-
Presbyter inde sacer mansit venerabilis urbi getto di venerazione in città e la sua vita fu libera al servizio di Dio.
servitioque Dei libera vita fuit. Qui un orfano piange il padre, le vedove il loro sostegno: perciò egli
Orfanus bic patrem, viduae solacia deflent, gode ancor più le vere gioie in cielo. In seguito vide suo figlio vescovo,
rn unde magis caelis gaudia vera tenet. per dono di Cristo; rapito al mondo, ritorna gioioso alle stelle (39).
Pontificem genitum vidit dehinc munere Christi,
raptus ab orbe quidem laetus ad astra redit.
14. EPITAFFIO DEL SIGNORE PRESIDIO (40)
XIV. EP!TAPHIUM DOMNI PRAESIDI Breve è la vita degli uomini, ma non quella degli uomini pii, che
quando il giorno tramonta si appropriano le gioie più grandi. Essi più
Vita brevis hominum, sed non brevis illa piorum, degli altri meritarono, una volta evasi dalla prigione del corpo, di go-
dum migrante die prosperiora tenent. dere della luce perenne dopo le tenebre del-mondo.
Qui meruere magis de carcere carnis euntes Uno di questi è Presidio, dai santi meriti, che qui riposa: con la
post tenebras mundi luce perenne frui. carne occupa la tomba, l'anima col suo ardore è in cielo. Distillò dal
, Ex quibus hic recubans meritis Praesidius almis proprio cuore gli oracoli di Cdsto: il fluire di questa fonte estinse la
carne tenet tumulum, spiritus igne polum. sete di molti. Senza posa dirigeva le pecore verso i pascoli del Re: con
Pectore de proprio Christi responsa rigando la bocca elargiva ai fratelli una dolce saggezza. Infatti, ogni volta che
multorum extinxit fonte fluente sitim. un monaco era trafitto dalla ferita del peccato, era inviato a quest'uo-
Invitans instanter oves ad pascua regis mo esperto: egli ern sicura medicina. Colui che in precedenza era gon-
rn distribuii dulcem fratribus ore salem. fio di orgoglio, divenuto umile discepolo andava obbediente ali' abate
N am quotiens monachus peccati est vulnere fixus e al santo maestro. Dedito a queste opere per amore dell'Onnipotente,
missus ad artificem, certa medella fuit. ora risplende del suo onore tra i cori degli angeli.
Ibat ad abbatem famulans sanctumque magistrum
discipulus humilis, qui fuit ante tumens.
,, Talibus officiis intentus amore tonantis 15. EPITAFFIO DI BOBOLENO, DIACONO (41)
inter et angelicos fulget honore choros.
La vita degli uomini è soggetta a pericoli innumerevoli e una sor-
te ostile incalza con gli accidenti più vari. Cosi Boboleno, che aveva
XV EPITAPHIUM BOBOLENI DIACONI
Nam recubando toro Bobolenus,_honore. diacon, lordine del diaconato: mentre godeva il sonno disteso sul letto, la ne-
duro fruitur somnoi mors rap1t atta v1rum. ra morte lo ghermisce. Un nemico gli tese insidie e percotendone il ca-
po con un colpo di scure, mentre si credeva al sicuro, lo fece morire
J-Iostis in insicliis securo cae~e se~uris
percutiens cerebrum fec1t obire dolo. con l'inganno. O infan1e, di', che ti giova l'aver commesso questo de-
. tibi quid prodest scelus hoc peragendo, nefande? litto? Egli vive per Dio, tu precipiti, destinato alla morte. Egli meritò
D 1Ci , • la gloria del martirio, tu la condanna del ladrone: perciò egli si com-
llle Dea vivit, tu momure peris. .
Martyris ille decus meru1t, tu d~na latro111s: piace della palma, ma su di te incombe il castigo.
hinc sibi palma placet, sed tib1 poena manet.
16. EPITAFFIO DI ATTICO (42)
XVI. EPITAPHIUM ATTICI
Quantunque per un vecchio la vita sia stata lunga secondo il nu-
Quamvis longa seni ducatu: in ordine vita, mero degli anni, quando giunge l'ultimo giorno poco importa l'aver
cum venit extremum1 nil valet esse d1u. vissuto assai. Ma poiché nessuno sfugge la necessità che la terra rico-
d quia nemo fugit nisi terram terra recondat, pra ciò che è terra, con questa legge un'unica sorte ghermisce tutti gli
Se . . uomini.
lege sub hac cunctos sors raplt una viros.
e !sus in hoc humili tumulo iacet Atticus ille In questo u·mile sepolcro giace leccelso Attico, egli che dal suo
e qui dabat eloquio dulcia mella s~o, . eloquio stillava dolce miele: adoperava la sua lingua mite per soavi di-
5
· pendens placidam suavl modulamme lmguam scorsi e il suo parlare tranquillo era una medicina. La Gallia ammirò la
10 sua ricca sensibilità e rese sempre omaggio al vecchio con la deferenza
pacificusque suus sermo medella fuit.
Cuius abundantem venerata est Gallia sensum dovuta a un padre. Illustre per i suoi antenati, speranza di una fecon-
excoluitque senem semper honore pattern. da nobiltà, coi suoi mezzi bastava a se stesso, non vi era in lui avidità.
·
1
° Clarus ab antiquis, spes nobilitatis o~imae, Custodiva la dottrina nella pienezza del suo cuore, come una cassa cu-
sufficiens propriis nulla rapina fwt. stodisce dei libri: chiunque beve a volontà da quella fonte fluente.
Dogmata corde tenens _plenus velut arca libellos, Saggio nei consigli, devoto nell'animo, sereno nel volto, tanto da esse-
quisquis quod volu1t fonte fluente bib1t. re nel suo amore un padre per tutto il popolo. Elargì così per i venera-
Consilio sapiens, antmo plus, ore serenus, bili templi come per. i bisognosi, per mandare al cielo i beni che poi
" omnibus ut populis esset amore parens. avrebbe raggiunto (43 ).
Sic venerabilibus templis, sic fudit egenis
mitteret ut caelis quas sequeretur opes.
17. EPITAFFIO DEL GIOVANE ARCADIO (44)
XVII. EPITAPHIUM ARCADI IUVENIS Ogni bene terreno passa veloce col fuggire del tempo: la morte
strappa più volentieri le cose di cui scorge la futura bellezza (45).
Omne bonum velox fugitivo temp?r~ transit: Qui giace il giovane Arcadio, rampollo di una famiglia senatoria;
quae placitura videt mors mag1s illa raplt. in breve volgere di tempo egli fu rapito al mondo. La sua tenera età si
}Iic puer Arcad_ius, veniens de pmle senatus, era sottomessa al freno a tal punto che egli già nei primi anni pareva
festinante die raptus ab orbe iacet. un vecchio (46). Impetuoso nell'eloquio, bello di una grazia sfolgoran-
5
Parvula cuius adhuc
•
freno se• vinxerat aetas
ut teneris ann1s surgeret ipse senes.
di un figlio di Leonzio II di Bordeaux e di Placidina, omonimo del nonno materno.
Eloquio torrens 1specie radiante venustus, Sarebbe nato al più tardi nel 5481549, quando le relazioni coniugali furono uoncate
per,I'asc;:esa ~i ~eonzio all'episcopato. Poi~hé si ~ice che il ~iovinetto aveva raggiun-
(42) Personaggio sconosciuto (PLRE III, 150). Secondo STROHEKER,,Die to l.età lll cui st frequentavano le scuole di retorica (v. 7), e il tono generale dell'epi-
·che Ade! 149 n. 44 occupò posizioni di prestigio, 1na è una deduzion~ t~fio fa pensare che Venanzio lo abbia conosduto, si può presumere che Arcadio
t orts - · il. parallei'ismo .C<?nst
senaerata •
dallo studioso sulla ' base de l v. 15, o".e ~er?,
• v1st? . -
sra morto a circa diciott'anni, verso il 567.
li~. animo . ore, non se~bra si alluda a funztoru di consigliere ma a qualita 1n-
0 (45) L'esordio è quasi identico a quello dell'epitaffio del padre, Leonzio II,
carm. 4, 10, 1. Il concetto espresso nella seconda parte della frase dtorna in epist.
tellettuali del personaggio .. (carm. IO, 4) 3.
(43) Stesso concetto ID carm. 3, 13, 37ss.; 4, 5, 18. .
(44) PLRE III, 105. Secondo la DE MAILLÉ, Recherches, 82, S1 tratterebbe (46) Sul topos del puer senex si rimanda a CURTIUS, Letteratura europea, 115-118.
~--
;.
__:J
•
;,J
CARMINA, L. IV, XVII-XIX CARMI, L, IV, 17,19
vincens artifices et puer arte rudis. te, ancor~hé fanciullo senza istruzione, superava uomini esperti. O
Quo me, forma, rapis laudes memorare sepulti? bell~zza, fin dove mi porterai a ricordare i pregi del sepolto? Se tu do-
'" Singula si memores, plus lacrimanda mones. vessi ricordar~1 a~uno_a,uno, mi rammenteresti ancor più cose da pian-
Sed quoniam nulla maculatus sorde reccssit, gere. Ma, porche egh e scomparso senza essersi macchiato di alcuna
nulli flendus erit qnem paradisus habet. ignominia, nessuno dovrà disperarsi per una creatura che il paradiso
ha accolto.
XIX. EPITAPHIUM ARACHARI La terra,, nel suo generare, non subisce perdita alcuna: i corpi che
ha prodotto lr recupera, dacché sono dovuti al fango.
Partu terra suo fraudem non sustinet ullam, Qui fu deposto Aracario alla fine della sua esistenza: egli fu strap-
quae dedit haec recipit debita membra luto. pato al mondo ali' età di sei lustri. Egli risplendette illustre nel palazzo
Hic vergente suo situs est Aracharius aevo
sex qui lustra gerens raptus ab orbe fuit.
, Ipse palatina refulsit clarus in aula
et placito meruit regis amore coli. reale e meritò di essere oggetto dell'affetto gradito del re. Egli restituì
Omnia restituit mundo guae sumpsit ab ipso, al mondo tutto ciò che da esso ricevette, per sé ha soltanto il bene che
sola tamen pro se guae bene gessit habet. operò.
Quisquis in hoc tumulo cineres vis nosse sepulti, Chiunque sia tu che desideri sapere di chi siano le ceneri sepolte
Brumachius quondam fulsit in orbe potens. in questa tomba: Brumachio un tempo risplendeva nel mondo per la
Quem sensu, eloquio legati nomine functum, sua potenza. Egli per la sua sensibilità e la sua loquela ricoprì la carica
dum remeat patriae, sors inimica tulit. di ambasciatore: mentre ritornava in patria, una sorte ostile lo portò
, Finibus Italiae raptus, sed Frigia coniux via. Fu rapito nel territorio dell'Italia, ma la moglie Frigia nel suo
detulit bue cari funus amando viri. amore riportò qui le spoglie del diletto consorte. Ella, cui è cara l'om-
Ceu vivum coluit cui grata est umbra mariti, bra del marito, lo onorò come fosse stato vivo: per le spose caste an-
coniugibus castis ipsa favilla placet. che le· ceneri sono preziose. Egli rimase nel mondo per quarant'anni;
Ipse quater denos permansit in orbe per annos, subito dopo morl e una piccola tomba ricopre un grande uomo.
rn mox obit .et magnum parva sepulchra tegunt.
21, 13. IUVENC. 3, 309: lucisque perennis; SmoN. carm. 16, 60: sic mortua (48) Nulla si sa di questo personaggio (PLRE III, 155-156), che secondo
mors est. STROHEKER, Dt'e senatorische Ade!, 156 n. 63, apparteneva alla nobiltà senatoria.
1:·:
. I
Nomine sed primus vocitatus rite Iohannes, anni. L'uno poi fu chiamato, nel battesimo, Giovanni; l'altro, Patrizio,
alter, Patricius, munere maior erat era il più grande per il ruolo futuro: apparvero numerosi segni delle
de cuius merito se plurima signa dederunt. sue capacità.
rn Felices animae guae pia vota colunt! Beate le anime che coltivano pie speranze! Qui riposa pure la lo-
Hic etiam felix genetrix requiescit eorum ro fortunata madre che meritò, col suo patto, di generare due vite lu-
guae meruit partu lumina ferre suo. minose.
Condita sunt tumulo Iuliani membra sub isto Sotto questo sepolcro stanno deposte le membra di Giuliano, la
:1' cuius in aeternum vivere novit honor. cui gloria conosce una vita eterna. Un tetnpo era mercante, si converti
Mercator quondam, conversus fille beato, in vista di una santa fine: creatura libera da colpa, fu rapito da questo
raptus ab hoc munda crimine liber homo. mondo. Accumulò moltissime ricchezze, ma distribul oro ai bisognosi:
Collegit nimium, sed sparsit egentibus aurum, inviò avanti a sé tutto un tesoro che poi egli avrebbe raggiunto (50).
i praemisit cunctas quas sequeretur opes. Non appena scorgeva una persona nuova in città, questa diveniva og-
I ; ;
I '. Sollicitus quemcumque novum prospexit in urbe, getto della sua sollecitudine: l'esule, al suo arrivo, aveva il privilegio di
! :
hunc meruit veniens exul habere patrem. avere in lui un padre. Poiché egli reputava di nutrire Cristo dietro
Pascere se credens Christum sub paupere forma 7, l'apparenza dei poveri, il bisognoso traeva sostentamento da lui prima
rn ante omnes apud hunc sumpsit egenus opem. che da tutti gli altri. Non soltanto soccorreva, ma distribuiva doni in
N ec solum refovens sed dona latendo ministrans segreto e appunto per questo è più apprezzato, perché donava senza
amplius inde placet quod sine teste dedit s. testimoni (51). Beata la ricchezza che passa nel ventre di un fratello e
Felicem censum qui fratris migrat in alvo può costruire pietre vive (52) ! Giovanni, che ora ricopre funzioni sa-
''-
I,:,'
' '
et vivos lapides aedificare potesti 9 crali, fece innalzare questo tumulo in onore del suo genitore. Quale
i !I! I dovette essere laffetto con cui si dedicava al padre vivo, dacché la sua
" Extulit hunc tumulum genitoris honore Iohannes
qui modo divinis fungitur officiis. pietà filiale ne venera perfino il sepolcro!
Qualiter hic vivo serviret amore parenti,
cum nati pietas ipsa sepulchra colit!
24. EPITAFFIO DI 0RIENZIO
,, XXIV. EP!TAPHIUM ORIENTI La nostra vita di quaggiù non dura a lungo, nel fuggire del tem-
' po: essa, circoscritta in breve limite, è appena venuta che già via ritor-
Non hic nostra diu est fugienti tempore vita na. Ecco, le generazioni del mondo presente, destinate a perire, vola-
quae sub fine brevi vix venit, inde redit. no via; solo la fede, con la gloria dei meriti, non conosce la morte (53).
Ecce caduca volant praesentia saecula mundi, Qui è racchiuso e sepolto l'influente Orienzio, per il quale in pas-
I ' sola fides meriti nescit honore mori. sato la reggia era sempre aperta. Abile nelle decisioni, assai familiare a
'
Clauditur hic pollens Orientius ille sepultus palazzo, egli ottenne degnamente una posizione elevata a corte. Uomo
cui palatina prius mansit aperta domus. saggio, giusto, moderato, onesto, benvoluto) ha portato via con sé da
Consiliis habilis regalique intimus aulae questo mondo il bene che operò nella sua vita mortale. Trascorse sotto
obtinuit celsum dignus in aree locum. questo sole un periodo di quasi sessant'anni, sua consorte fu Nicasia,
Vir sapiens, iustus, moderatus, honestus, amatus
rn hoc rapuit mundo quod bene gessit homo,
sexaginta annis vix implens tempora lucis, (50) Concetto ricorrente nella poesia funeraria venanziana: cf. carm. 4, 5, 16; 4,
16, 18; 4, 26, 74; 4, 27) 18.
(51) Stesso concetto in carm. 4, 21, 6.
7 Cl. Mt. 25, 40. s Cf. Mt. 6, 3-4. 9 Cf. 1 Petr. 2, 5. (52) Le pietre vive sono i cristiani che formano la Chiesa celeste, trionfante: cf.
1Pt2,5.
(49) Su Giuliano e suo figlio Giovanni si rimanda alla nota 86 del libro (53) Venanzio insiste ancora una volta sull'unione di fede e opere: cf. carm 4
6,6. . '
III.
268 CARMINA, L. IV, XXIV-XXV CARMI, L. IV, 24-25
coniuge Nicasia qua tumulante cubat. che ha curato la sepoltura ov' egli riposa. Il suo casto amore venera an-
Cuìus castus amor colit ipsa sepulchra mariti cora il sepolcro del marito: ella non vuol più piacere agli uomini, ma si
nec placitura homini se dedit esse Dei. è donata per appartenere a Dio.
XXV. EPfl'APHJUM T!-IEUDECHILDAE REGINAE 25. EPITAFFIO DELLA REGINA TEODECJIILDE (54)
Quamvis actatis senio iam flecteret annos Sebbene per la sua età avanzata già curvasse i suoi anni) tuttavia
multorumque tamen spes cito rapta fuit. ella, speranza di molti, fu rapita all'improwiso. Se le leggi della natura
Si precibus possint naturae debita flecti, potessero esser piegate con le preghiere, il popolo con le sue lacrime ,,
·1_1
plebs ageret lacrimis hanc superesse sibi. avrebbe ottenuto che costei gli fosse conservata in vita (55). Quante
Gaudia quanta inopum tumulo sunt clausa sub isto gioie di poveri sono chiuse sotto questo sepolcro e quante speranze
votaque quot populis abstulit una dies! sottrasse al popolo una sola giornata! Una nobiltà illustre, risplenden-
Inclita nobilitas genitali luce coruscans, te della luce della nascita, qui giace per il precipitare del tempo: Teo-
hic properante die Theudechilde iacet. dechilde. Ella aveva fratello, padre, coniuge, nonno e antenati, fino a
Cui frater, genitor, coniux, avus atque priores dove si perde la sua ascendenza, di rango regale (56). I; orfano, l'esule,
culmine succiduo regius ordo fuit. il bisognoso, le vedove che languono spogliati si disperano di aver qui '
I
Il
'f.:,
antea cuncta dedit quam peteretur opem, suoi familiari perché non glieli proibissero, ma davanti al Giudice pa- ',·I
15 occultans sua dona suis neu forte vetarent, lesa ciò che segretamente donò. Si prese cura dei templi di Dio, of-
sed quae clausa dedit, iudice teste docet, frendo devoti omaggi, tenendo per proprio tutto ciò che da lei il biso- I'
templorum Domini cultrix, pia munera praebens, gnoso otteneva. Destino comune è il morire e restituire la terra alla
hoc proprium reputans quicquid habebat inops. terra: beato colui per il quale grazie ai suoi meriti splende un giorno
Una mori sors est et terrae reddere terram: senza fine! Mentre si dedicava a tali azioni ella fu trasportata nella lu-
felix cui meritis stat sine fine dies! ce eterna; visse, ornamento del mondo, per quindici lustri (57).
'" Actibus his instans, aeterna in luce relata,
ter quino lustro vixit in orbe decus.
6; riprese virgiliane e ovidiane (si veda l'apparato delle fonti) contribuiscono a crea-
re un'aura di co1npostezza classica.
(56) Teodechilde era sorella del re Teodeberto I, figlia del re Teodorico I, pro-
25, 3. VERG, Aen. 2, 689: precibus si/lecteris ullis. - 6. Ov. Pont. 1, 2, 4: nipote cli Clodoveo. Andò probabi4nente sposa a Ermegisdo, re dei Varni, popolo
abstulit una dies, stanziato alla foce del Reno: cf. PROCOP, Goth. 4, 20, Per volontà dello stesso Enne-
gisclo, alla sua motte suo figlio Rigidi, nato da un precedente matrimonio, sposò la
(54) Questa Teodechilde (PLRE III, 1233 n. 1), cli cui si sottolinea l'origi- propria matrigna; tuttavia una principessa inglese, già fidanzata con Rigidi, mosse
ne da stirpe regale e che Venanzio celebra da viva in carm. 6, 3, non deve essere guerra contro di lui per costringerlo a mantenere il proprio impegno. Teodechilde
''
' confusa con l'omonima moglie di Cariberto, che fu invece figlia di contadini: cf. fu così rinviata presso il fratello Teodeberto.
GREG. TUR. Frane. 4, 26; si veda P. WAREMAN, Theudecht'ldz's regina, "Classica (57) Teodechilde dunque morl all'età di 75 anni. Stando al resoconto di Flo-
et mecliaevalia", XXXVII (1986), 199-201. La Teodechilde di questo epitaffio è doardo (v. nota 53 ), ella era figlia di Teodorico I re dei franchi e di Suavegota; que-
ricordata da GREG, TUR. glor. con/ 40, e Flodoatdo (prilna 1netà sec. X), nella st'ultima era a sua volta figlia cli Sigismondo di Borgogna e di Ostrogota-Arianna, fi-
Histori'a Remensis ecclesiae 2, 1 (ed. J. Heller - G. Waitz, MGH SS XIII, Han- glia di Teodorico il Grande re degli Ostrogoti Poiché il 1natrimonio tra Sigismondo
nover 1881 [rist. anast. ivi 1985], 409-599), afferma che fu figlia del re Teodori- e Ostrogota-Arianna è databile al più presto al 494, Suavegota poté nascere nel 495,
co e di Suavegota (ma si veda la nota 57). Nel sec. XI Odoranno di Sens, opu- e sposate Teodorico il Franco al più presto verso il-507-508. Secondo E. EwrG, Stu-
scula 1, identifica questa sovrana con la Techilde ricordata quale fondatrice del dien zur merowingischen Dynastie, "Friihmittelalterliche Stuclien", VIII (1974), 15-
1nonastero di Saint-Pierre-le-Vif presso Sens da un'iscdzione sepolcrale conser- 59> 37 e 57, la nascita di Teodechilde sarebbe ad .ogni modo posteriore al 512. Ciò
vata in quel monastero fino alla fine del sec. XVIII. Odoranno cita nella sua hnplichel'ebbe che la sua morte si collochi tta il 585 e il 591; Venanzio avrebbe per-
opeta oltre a quest'ultimo epigramma pure i due carmi venanziani dedicati alla ciò inserito questo carme 1nolto tempo dopo la pubblicazione del resto del libro, av-
regina, ossia questo epitaffio e il carm. 6, 3: cf. Odorannus de Sens. Opera om- venuta nel 576. Nondi1nei10, bisogna tener conto del fatto che la genealogia fornita-
nia. Textes édùés, traduits et annotés par R-H. Bautier et M. Gille.~ (Sources ci, a due secoli di distanza dagli avvenimenti) da Flodoardo potrebbe essere errata.
d'histoire 1nédiévale publiées par l'Institute de Recherche et d'Histoire des Sappiamo infatti che al momento della morte di Clodoveo, nel 511, Teodeberto era
Textes 4), Paris 1972, 80-82. già maggiorenne, aveva cioè più di 12 anni: cf. GREG. TUR. Frane. 3, 1: habebat iam
(55) L'esordio riprende da vicino quello dell'epitaffio di Esodo: carm. 4, tunc Theudoricus filium nomen Theudobertum, elegantem atque utt'lem. Egli pertanto
"Il·'
.
Omne bonum velox fngitivaque gandia mundi, Ogni bene fugge veloce e rapidamente dileguano le gioie terre-
monstrantur terris et cito lapsa ruunt. ne (59), appaiono in terra e, passando velocemente, precipitano (60).
Ut dolor adqnirat vires, cum perdit amantem, Perché il dolore acquisti forza quando causa la perdita di una persona
ante piacere facit, durius inde premit. amata, ce la fa prima piacere: dunque dopo ci strazia con maggiore
, Heu lacrimae rerum, heu sors inimica viroru1n, spietatezza. O lacrime per le umane cose, o sorte ostile agli uomini:
cur placitura facis quae dolitura rapis? perché fai sl che noi amian10 ciò che poi, quando ce lo avrai sottratto,
Vilithute deceus, Dagaulfi cara iugalis, ci causerà dolore? (61).
coniugis amplexu dissociata iacet. La graziosa Vilituta, cara sposa di Dagaulfo, giace separata dal-
Corpore iuncta toro, plus pectore nexa marito, 1'abbraccio del marito. Unita col corpo al talamo, ma più unita al ma-
10 lucis in occasu vincula rupit amor. rito col cuore, al tramonto del sole l'amore spezzò il loro legame (62).
Tempora cui poterant adhuc in flore manere, La sua età poteva ancora restare iu fiore: al principio della vita cade
principio vitae finis acerbus habet. preda. di una fine prematura. Nata nella città di Parigi da sangue di
Sanguiue nobilium generata Parisius urbe, nobili, barbara per origine fu romana per scelta. Da una fiera stirpe
Romana studio, barbara prole fuit. seppe trarre un'iudole mite; vincere la natura era più grande gloria.
" Ingenium mitem torva de gente trahebat, Mai ella era triste, portava nel volto gioie sempre nuove, 1netteva in
vincere naturam gloria maior erat. fuga le nubi dalla fronte, era sempre serena nel!' animo. La sua bellez-
Numquam maesta manens, vultu nova gaudia portans, za, coronata di eleganza, emetteva splendore dal volto e il suo aspetto
nubila fronte fugans corde serena fuit. leggiadro sprigionava davanti a sé i suoi raggi. Superava in bellezza le
Fudit ab ore iubar species redimita decore altre ragazze della sua stirpe ed esibiva, nel suo roseo aspetto, un collo
20 protulit et radios forma venusta suos. color del latte. Ancor più che per la sua bellezza esteriore, brillava per
Stirpe sua reliquas superavit pulchra puellas il suo cuore, scintillando per la nobiltà dell'animo e non meno per la
et rosea facie lactea colla tulit. sua devozione. Sebbene non avesse alcun parente in questa regione,
Splendida conspectu meliori pectore fulsit, ella, per la sua compiacenza, era divenuta parente di tutti: tesa ai beni
digna micans animo nec pietate minor.
n Cui quamvis nullus hac iu regione propiuquus,
obsequio facta est omnibus una parens, (58) Per un commento puntuale a questo carme che, data la sua estensione e la
sua struttura, certo non è un epitaffio ma piuttosto un epicedio, una consolatioi si
rinvia a Venanzio Fortunato. Ept'taphium Vtlithutae av 26). Introduzione) traduzio-
ne e note a cura di Paola Santerelli (Università degli Studi di Napoli Federico IL Di-
partimento di Discipline Storiche), Napoli 1994; per una discussione più sommaria
'I
26, 1. MART. 7, 47, ll:fugitivaque gaudt'a carpe; VEN. FORT. carm. 4, 10, 1. a GEORGE, Venantius Fortunatus. A Latin Poet, 93-94. Sui tetni e lo stile della conso-
- 17. IuvENC. 1, 165: ingentt'a ·gaudia porto; SIDON. carm. 11, 61: nova gaudia latio d. CURTIUS, Letteratura europea, 94-96. Venanzio rispetta qui la tradizionale ri-
porto. partizione tra laudatio (vv. 1-46), !arnentatt'o (vv. 47-67) e consolatt'o (vv. 68~160).
Quest'ultima sezione è particolarmente sviluppata fino a divenire una sorta di cate-
non era figlio di Suavegota, ma di un precedente legame, legittimo o no, di suo chesi sui premi ultraterreni guadagnati attraverso una vita terrena condotta all'inse-
padre Teodorico I: secondo le leggi franche la dignità di rex o di regina, cioè di gna della virtù. Vilituta (PLRE III, 1377) era una nobildorina parigina trapiantatasi
figlio o figlia di re (in quanto erede del patrimonio territoriale del genitore) non probabilmente a Poitiers; il nome di Dagaulfo, suo marito (PLRE III, 380), ricom-
era legata alla condizione di sposa legittima o di concubina della madre: ad pare in carm. app. 9, 15 (ma si veda la nota relativa). Di entrambi Venanzio sottoli-
esempio Teodorico I nacque prima del matrimonio di Clodoveo con Clotilde. nea la buona cultura, sia tramite menzione esplicita (vv. 14 ~ 40), sia tramite le nu-
Pertanto si può pensare che Teodechilde sia nata dalla medesima madre dalla merose riprese dai poeti antichi di cui l'intero carme è punteggiato.
quale nacque Teodeberto: ciò farebbe datare la sua nascita intorno al 499, e (59) Il verso è quasi identico a carm. 4, lOi 1. ·
conseguentemente la sua morte appena prima del 576. Tuttavia, tenendo conto (60) Cf. carm. 9, 5, 4.
della precocità della procreazione a quell'epoca, il dato di Flodoardo potrebbe (61) Cf. carm. 4, 17, 2. L. NAVARRA, A proposito del De navigio suo di Venan-
essere accettato: Clodoveo aveva 17 .anni qua1?-do ?li nacque Teodorico;. que- zio Fortunato in rapporto alla "Mosella" di Ausonio e agli "Itinerari" di Ennodio,
st'ultimo potrebbe aver avuto 15 anni alla nasClta di Teodeberto. Nulla dt stra- "Studi storico-religiosi", III (1979), 79-131, 99, accosta questo pensiero a quello
no se Sigismondo, nato verso il 474, avesse sposato Ostrogota-Arianna anche espresso da G. LEOPARDI, Canti, 21 (A Silvia), 36-39: O natura, o natura, ! perché
prima del 494, generando Suavegota verso il 489. Quest'ulti1na avrebbe potuto non rendi poi I quel che prometti allor? perché di tanto I inganni ifi'gli tuoi?
dare alla luce Teodechilde verso il 504. La morte si collocherebbe verso il 579, (62) L'espressione lucis in occasu designa la morte, 1na con il riferimento al tra-
ma tenendo conto del fatto che i cinque lustri indicati da Venanzio possono es- 1nonto del sole evoca la brevità della vita e della felicità della sventurata Vilituta. Al
sere un'approssimazione dovuta all?itnpossibilità di inserire nel. verso cifre più v. 12 si preferisce la lezione princt'pio dei 1nanoscritti più autorevoli, in luogo di prin-
precise per ragioni metriche, si può scendere fino al 57 6. cipium posto nel testo di M. Reydellet.
']1
divinis intenta bonisi alimenta ministrans, celesti, ella elargiva alimenti e ora si rende conto che con tale munifi-
qua mercede magis se satiasse videt. cenza ha ancor più saziato se stessa. Questi doni fanno vivere la de-
Haec data post obitum faciunt quoque vivere functam, funta anche dopo il trapasso: la bellezza degli uomini perisce ma le
,, forma perit hominum, nam benefacta manent. buone opere rimangono. I corpi saranno polvere, ma una ment~ devo~
Corpora pulvis erunt et mens pia flore! in aevo, ta fiorisce per l'eternità) tutto passa tranne l'amore verso Dio.
011111ia praetereunt praeter amare Deum. Rimasta orfana, crebbe con laffetto della ricca nonna e, una volta
cresciuta, fa nii:ote prese il posto della figlia. Non appena ella entrò
Orfana tunc aviae studiis adolevit opimae nel suo tred1cesuno anno, fu consegnata come compagna al desiderato
inque loco natae neptis adulta fuit. sposo: egli rifulgeva di alta nobiltà tra il suo popolo e ai suoi meriti si
>5 Tertius a decimo ut hanc primum acceperat annusi aggiunse un nuovo motivo di prestigio. Dolce, gioiosa, zelante) la sua
traditur optato. consociata viro gioventù era decorata dagli studi: ciò che non può la natura, lo dette
nobilitas in gente sua çui celsa refulsit f~cilment~ la cultura. Per tre anni solt~nto fu loro concesso di soprav-
i ;I
atque suis meritis additur alter honor. vivere umtt e d1 godere del loro matrimonio, del quale l'amore era il
Dulcisi ovans, alacris, studiis ornata iuventus, collante. Entrambi erano simili per animo, per desideri, per speranze,
I, " quod natura nequit littera prmnpta dedit. per genere di vita e comportamenti e gareggiavano fra loro in spirito
Tres meruere tamen iuncti superesse per annos eleganza, lealtà. '
I
'I coniugioque suo corde ligante frui. Al momento già pronosticato la puerpera diede alla luce un bam-
Ambo pares animo, voto, spe, moribus, actu bino: a suo danno ha partorito, ella che partorendo morl. La morte in-
certantesque sibi mente, decore, fide. vidi~sa a un tr~tto rapì la sua delicata bellezza: ella aveva appena tre
~5 Tempore iam ce:l;to est enixa puerpera prolem, lustri e d1;1e ann~. In tal modo, col generare una vita, è ella stessa priva-
damno feta suo quae pariendo perit. ta della vita e diede alla luce una speranza, mentre la luce a lei si nega-
Abripuit teneram subito mors invida formam, va. Al momento di partorire ella diede un triste esempio al genitore la
annos quippe duos, lustra gerendo tria. stirpe si estingueva nel modo in cui solitamente si propaga. Il padre
Sic animam generans anima spoliatur et ipsa desiderava essere terzo; ahimè, si ritrova solo: colui grazie al quale il
spem peperit luci luce negante sibi. numero doveva crescere, ecco, viene :meno. La creatura infatti muore
Exemplum sed triste dedit fetura parenti, a~sieme alla 1nadre, ~epolta sul nascere, non reca con sé alcun segno di
f :i unde redire solet, deficit inde genus. vlla, nata tra le fauci della morte. Sarebbero stati più numerosi da soli
Tertius esse pater cupiens, heu, solus habetur, se allora fossero rimasti senza prole: l'aggiunta di un discendente h~
'' crescere quo numerus debuit, ecce cadit. portato via quel che esisteva. Esso fu generato sotto infausti auspici
55 Nam partus cum matre perit, nascendo sepultus, ')""'· per la morte della madre, e la genitrice fu per la creatura l'origine del-
nil vitale trahens, natus in ore necis. _' __ ::::- la morte. Dipesero l'uno dall'altra nel mortale destino e in breve tem-
,,..__,
Plus foerant soli, si tunc sine prole fuissent, po ambedue si dettero vicendevolmente la morte. Ma più profonda-
addita posteritas abstulit id quod erat. mente fu colpito dal d~lore il padre e marito, che si dispera per aver
Infaustis votis genitus de funere matris seppellito due persone m un solo trapasso. Egli versa lacrime per una
60 et genetrix nato mortis origo fuit. cteatura sepolta appena nata: vide l'oggetto del pianto, non l'oggetto
Alter in alterius letali sorte pependit del pr?prio amore. r; afflizione raggiunse il culmine per lui quando gli
, I i
inque vicem sibi max ambo <ledere ne~em. fu rapita la consorte: sposa per breve tempo, ora suscita in lui lacrime
Sed sensir graviora dolens pater atque mantus durevoli. Tuttavia, lo sposo ha per la sposa questa consolazione: il suo
qui gemit uno obitu se sepelisse duos. operare non sarà privo di ricompensa. Infatti tutto ciò che poteva
~ Pro vixdum genito lacrimas iam solvit humato,
vidit quod fleret, non quod haberet amor.
Tristitiae cumulum tribuit cui rapta iugalis,
dans longas lacrimas tempore nupta brevi.
Consultum tamen illud habet de coniuge coniux,
huic quia mercedis non vacuatur opus.
Nam quod ad ornatum potuit muliebre videri, sembrar destinato ali' ornato femminile ella con sollecitudine lo donò
ecclesiis prompte pauperibusque dedit. alle chiese.e aiyoveri. Non lasciò quaggiù alcuna di quelle cose desti-
Hic nulla ex illis rebus peritura reliqtùt, nate a perire, in 1nodo da possedere, ricca, i beni che in precedenza
ut modo praemissas dives haberet opes. mandò avanti a sé. Assai bene elargì, ella che non volle che i suoi beni
,, Quam bene distribuens sine se sua noluit esse! restassero senza di lei. Infatti ora raccoglie in abbondanza ciò che
Nam quae larga dedit, haec modo piena me'l:it. donò con generosità. Dunque ella mise in serbo per sé tutto ciò che
Condidit ergo sibi quicquid porrexit egenti offriva ai bisognosi e ha come suo cibo quello che il povero ricevette.
et quos sumpsit inops hos habet illa cibos. Fortunati coloro che non sono per nulla minacciati dalla seconda
Felices quos nulla gravant de morte secnnda lo morte e non procurano al proprio corpo la soggezione a pene feroci!
so nec faciunt poenis subdita membra feris ! Colui che, tra i dolci allettame11ti, non ha messo in serbo l'amarezza e
Dulcibus iulecebris qui non sibi condit amarum non vuole seppellire la propria anima cedendo alla carne, ma rimane
nec per carnem animam vult sepelire suam) fermo in un casto amore di una vita senza colpe, acquista in questa lu-
sed casta pietate manens sine crimine vitae, ce terrena la ricompensa di ~uella luce celeste. In quanto poco tempo
illius in lnce hac praemia lucis emit. o sl raccolgono lacmne cop10se oppure, per colui al quale la vita ri-
., Tempore quam parvo lacrimas aut colligit amplas splende, si conquistano gioie durevoli! Per questa morte terrena il do-
aut, cui vita nitet, gaudia longa capit! lore è lieve. Ben più duro è quello di chi, vivo su questa terra, è già in
Hac de morte levis dolor est. Nam dnrius illud, balla dell'o.scuro Tartaro. Infelice colui che, per aver tenuto com-
hic quem viventem Tartara nigra tenent. portamenti disonorevoli, si vede incatenato al cospetto del Redentore
Infelix quisquis maculosis actibus usus quando il Giudice del mondo verrà, trasportato dalle nubi e la trom'
ante redemptorem se laqneasse videt, ba terribile metterà in movimento le schiere nei cieli! s~ un carro
nubibus invectus cum venerit arbiter orbis giunge Elia, su un altro Enoch: precedono i loro seguaci da una parte
et tuba·terribilis commovet arma polis! Pietro, dall'altr_a Stefano. Il fiore delle fanciulle, in rosea corona, stret-
His venit Helias, illis in curribus Enoch, tamente attorma e circonda Maria, prima tra gli stuoli danzanti delle
anteviando suos bine Petrus, hinc Stephanus. vergini: da una parte la madre, dall'altra Agnese promessa sposa, la
,, Flore puellarum rosea stipante corona dolce Tecla, Agata e tutte le fanciulle la cui verginità è gradita a Dio.
inter virgineos prima Maria choros: Quale sarà il terrore, in quel momento, allorché sederà il senato del
hinc macer, hinc sponsa Agnes, Tecla dulcis, Agathe cielo! Che cosa si appresteranno a dire le anime al cospetto del Giudi-
et quaecumque Dea virginitate placet. ce? In breve t~mp~ la pena att~nde i disgraziati, o la palma i beati: cia-
i, Tunc ibi quis terror caeli adsistente senatu! scuno raccoglie c10 che ha semmato durante la propria vita. Alcuni di-
100 Quid dicturae animae iudicis in facie? r.a~no: «Rovmai o ~~ntagna ~ schiaccia il mio corpo», ma le colline,
Mox aut poena manet miseros aut palma beatos, ligie al comando, rifiutano di fare da sepolcri. Saranno costretti a
· quisque suae vitae semina iacta metit. scontare fin.o al più piccolo centesimo: nessuno allontana il piede dal
Sunt dicturi alii: «cade, mons, et comprime corpus» 11 ,
luogo ~ °:''. la colpa lo trascina. Privi di speranza, saranno gettati nel
sed iussi colles ferre sepulchra negant. fuoco, sunil1. alla pula .del grano: la nostra carne diventa cibo per ali-
105 Cogentur minimi quadrantem solvere nummi 12 ; mentare le fiamme. Vivono per i castighi in una fornace che eterna-
nemo pedem removet quo sua culpa trabit. mente arde; per tormentarli ancor più duramente, la perfida morte
Spe vacui paleae similes mittentur in ignes 13 , non muore. Perché non possano ristorare, spossati, le loro anime riar-
pascendis flammis fit caro nostra cibus. se dal fuoco perpetuo, ahimè, il fiume dalla corrente di fiamme non
Vivunt ad poenas aeterno ardente camino;
ut cruciet gravius, mors mala non moritur.
"" Ne fessi recreent animas longo igne crematas,
porrigit, heu, nullas flammiger amnis aquas.
10 Cf. Apoc. 2, 11; 20, 6.14; 21, 8. 11 Cf. Os. 10, 8; Le. 23, 30.
12 Cf. Mt. 5, 26. lJ Cf. Mt. 3, 12.
91. SEDUL. carm. pasch. 4, 165: quibus arbiter orbis I ... dicturus erit. - 92. VERG;
Aen. 9, 503: at tuba terrzbt1em ... , - 114. CLAUD, 8, 198: possessi stetit aree poli;
OruENT. eomm. 1, 460: eelsi decidit aree poli'.
! ,.,
Parte alia, meritis felicibus alta tenentes, offre acque. Dall'altra parte, stabili nel!' alto dei cieli per i loro meriti
fulgebunt iusti sol velut aree poli 14. benefici, i giusti rifulgeranno come il sole nell'alto dei cieli. I meritevo-
.,, Digni lumen habent, damnati incendia deflent, li godono la luce, i dannati piangono per le fiamme, lo splendore nu-
illos splendor alit, hos vapor igne coquit. tre gli uni, la calura derivante dal fuoco tormenta gli altri. In verità la
Res est una quidem, duplici sed finditur actu, loro situazione è la medesima, ma si divide in due diV-erse azioni, infat-
nam crema! indignos quo proba! igne pios. ti con lo stesso fuoco con cui saggia i buoni arde gli indegni (63 ). I
Aeterna radiant paradisi in luce beati beati risplendono nel!' eterna luce del paradiso; possiedono il regno e
cum facie Christi regna tenendo sui. il volto del loro Cristo. Quanto è grande la grazia riservata a chi con-
''° Gratia quanta manet vultus qui aspexerit illos, templerà quei volti; che grande onore è, per gli uomini, poter contem-
quantus honor hominum posse videre Deum! plare Dio! Se si risollev~ assai chi scorge un an1ico, creatura mortale,
Si nimis erigitur fragile1n qui cernit amicum, come deve esultare colm che contempla il volto di Dio! Gigli, narcisi,
qualiter exultet qui videt ora Dei 15 ! viole, rose, nardo, amomo, tutte le piante odorifere che producono gli
125 Lilia, narcissus, violae, rosa, nardus, amomus, Arabi fioriscono, come lumi scintillanti, sul volto del Giudice. Ma, al
quicquid odorifero germine mittit Arabs di sopra di tutto ciò, più dolce spira l'odore del Signore. Infatti, di
iudicis in vultu, florentia lumina, vernant. quanto lo splendore del!' oro è migliore del tetro piombo, di tanto gli
I I
Sed super haec Domini suavior efflat odor. incensi e ogni altro odore cedono di fronte a Dio; di quanto il giorno è
N am quantum obsceno melior lux aurea plumbo, distante dalla notte, il sole dalla luce della luna, di altrettanto le sue
no tantum tura Deo cedit et omnis odor; creature cedono al loro Creatore. Dato che poi i giusti godono di un
quantum nocte dies dista!, sol lampade lunae, così luminoso splendore, si rallegrano assai di essere sfuggiti alla mor-
factori cedunt sic sua facta suo. te. Plaudono per essere passati dalle tenebre alla luce perpetua e si
Cum vero iusti tanto splendore fruantur, dolgono piuttosto di essere pervenuti tardi a cosl tanta fortuna.
congaudent ni1niu1n se caruisse mori. Anche tu, non bruciare in lacrime il santo destino della sposa: ora
n5 De tenebris migrasse favent in luce perenni si è sicuri che le è concessa qui una sorte migliore. Se infatti tu piangi
et magis ad bona tot tardius isse dolent. colei che vive per i suoi abbondanti meriti, tu stesso sarai invidioso del
bene della sposa, soprattutto perché affermi che ella, che fu unita a te
Tu quoque ne lacrimis uras pia fata iugalis nel pensiero, nell'anima e nel corpo, ebbe sempre il cuore rivolto a
cui modo creduntur huc meliora dari. Cristo. Se, dopo aver contemplato il volto del Signore, le fosse ordina-
Nam si deplores meritis guae vivit opimis, to di ritornare a te, ella si dorrebbe di dover volgere novamente il pas-
coniugis ipse bonis invidiosus eris, so verso questo mondo. Ella è maggiormente affezionata a quel giorno
praesertim quam sensu, animo, tibi corpore iunctam che non può perdere piuttosto che a questo giorno, che temeva per la
cum Christo semper corde fuisse refers. fine che lo avrebbe seguito.
Post Domini vultus ad te si iussa rediret, E tu non ritenere una grave rovina ciò che la natura ammannisce
fiere! in hunc mundum se revocare gradum. a tutti, ciò che il povero condivide con i principi. Né la povertà né
,., Carius illa diem retine! quem perdere nesci! un'ingente ricchezza dispensa alcuno, questa sorte il ricco la ha in coH
quam hunc quem timuit fine seguente sibi. tnune con il povero. Infatti il giovane e il vecchio il nero e il bianco
Nec grave funus agas cunctis natura quod offert, l'infame e l'onesto, il debole e il forte, il mite e iÌ violento muoiono'.
I r I
quod cum principibus participatur inops. Qui pervengono il saggio e lo sciocco, qui (64) l'onesto e lo scellerato,
Nullum paupertas, non eripit ampia facultas,
150 hoc commune simul dives, egenus habet.
N am puer atque senes, niger albus, turpis honestus,
debilis et fortis, mitis et asper obit.
Huc sapiens stolidus, <huc et> probus inprobus, omnis
, (63) L'ide~ risale a SA~T'AGOSTINO, civ. Dei 21, 26, 3, che ptecisa come non si
14 Cf. Mt. 13, 43. 15 e{ 1Cor.13, 12. ti:att~ del fuoco tnfer.na.Ie: St ergo utrumque probabt't ignis, ut, si cuius opus permanse-
rit,. td est, non /uertt tgne consumptum, quod superaedi/icavit mercedem accipiat; si
125. SIDDN. carni. 2, 413: violam cytz'sum serpylla ligustrum I Hlia narcissos. - cutus autem opus arserit, damnum patiatur: profecto non est ipse aeternus ille ignis.
129. lUVENC. 3, 15: lux aurea vitae. - 144. VERG. Aen. 6, 128: sed revocare gra- (64) Il testo tramandato dai 1nanoscritti è incompleto; si accetta l'integrazione
dum. - 150. DRAC. laud. dei 3, 39: bene dives egenus. -huc et, proposta da C. Bfowet,
CARMINA, L. IV, XXVI-XXVIII CARMI, L. IV, 26-28 2 79
plenior exiguus, parvus et altus adit. 'l grande e il piccolo, ognuno, il corpulento e il mingherlino. Presto o
',;
'
155 Tardius aut citius currit sors ista per 01nnes, ~ardi, qu:st? .sor~e coinvol?: tutti, la morte ..trascina con sé, unica, uo-
dissimili merito mors trahit una viros. mini dissimili nei loro meriti. Pertanto non e opportuno versare amare
Non decet ergo graves pro coniuge fondere fletus lacri1ne per la consorte, sui cui meriti tu asserisci di non avere alcun
dc cuius meritis te duhitarc negas. dubbio. : :
Felices nimium hic qui sine crimine praesunt, · Felici assai coloro che vivono quaggiù (65) senza peccato e che
qui melius discunt vivere post obitum. apprendono a vivere meglio dopo il trapasso.
""
XXVII. EPITAPHIUM EUFRASIAE 27. EPITAFFIO DI EUFRASIA (66)
Si pietatis opus numquam morietur in aevo, Se le opere di pietà non moriranno mai per l'eternità, tu, o santa
vivis pro merito, femina sancta, tuo, donna, vivi per il tuo merito: Enfrasia, che illustre risplendi nel regno
inclita sidereo radians, Eufrasia, regno, celeste, tu non sarai per me oggetto di pianto, giacché ti compiaci del-
nec mihi flcnda manes, cum tibi laeta places. la tua beatitudine. La terra ritorna alla terra, ma lo spirito conquista il
5 Terrae terra redit, sed spiritus astra recepit, cielo: questa parte giace nel sepolcro, quella dimora nella volta celeste.
pars iacet haec tumulo, pars tcnet illa polum. Una volta abbandonato il corpo, ti sei librata in un volo più leggero e
Corpore deposito, leviori vecta volatu, in cielo sei più perfetta di qnanto in precedenza tu sia stata sulla terra.
stas melior caelo quam prius esses humo. Hai domato i turpi richiami della carne, facendoti trionfatrice su te
Carnis iniqua domans, de te tibi facta triumphans, stessa; ritorni alla patria dimora da cittadina opulenta. r; alta tua no-
10 ad patriae sedes civis opima redis. biltà risplende nel lustro dei tuoi avi, tuttavia una gloria più grande ti
Ardua nobilitas proavorum luce coruscans deriva dai tuoi meriti. Ti fu marito Namazio (67) - che poi fu assegna-
plus tamen es meritis glorificanda tuis. to a te, Vienne, come vescovo-, alla morte del coniuge ti sei consacra-
Vir cui Namatius - datus inde, Vienna, sacerdos, ta a Dio. Tutto hai elargito agli esuli, alle vedove, ai prigionieri: ricca
coniugè defuncto consociata Deo. di una tua pia povertà, sali verso le stelle. In un breve tempo ti sei ac-
15 Exulibus, viduis, captivis omnia fundens, quistata il giorno eterno, hai inviato in cielo le ricchezze che avresti
paupertate pia dives ad astra subis. raggiunto (68). Ma ti prego, in nome del re del paradiso che dona la
Aeternum mercata diem sub tempore parvo gioia, sciogli una preghiera per Fortunato che ti implora. Possa tn, coi
misisti ad caelos quas sequereris opes. tuoi- voti, ottenere per me, che ti ho dedicato questi versi, che un gior-
Sed rogo per regem paradisi gaudia dantem, no io meriti di essere chiuso sotto la chiave di Pietro (69). ,
w pro Fortunato supplice fonde precem.
1' ;, Obtineas votis haec qui tibi carmina misi
' '
ut merear claudi quandoque clave Petri. 28. EPITAFFIO DI EUSEBIA (70)
, Nobilis Eusebiae furibundi sorte sepulchri Qui, pietra scura, ricopri le fulgide membra della nobile Eusebia,
hic, obscure lapis, fulgida membra tegis. che ebbe in sorte un sepolcro impietoso. Sia nella sua intelligenza che
Cuius in ingenio seu formae corpore pulchro nel corpo, bello nel suo aspetto, ella superava Minerva in sapienza,
arte Minerva fuit, vieta decore Venus. Venere in bellezza. Esperta nel tenere la penna e nel ricamare lettere
Docta tenens calamos, apices quoque figere filo, col filo, per lei la tela aveva l'importanza che ha per te la carta. Ella fu
rn quod tibi charta valet hoc sibi tela fuit. già promessa al talamo del!' amabile Eusebio, ma alla giovane è stato
Dulcis in Eusebii iam desponsata cubile, concesso di vivere appena per due lustri. Perché tu ammiri questa gio-
vivere sed tenerae vix duo lustra Ucet. vane, ella superava l'intelligenza delle anziane: non dovendo durare a
Ut stupeas iuvenem, sensum superabat anilem, lungo, vinceva se stessa. Si tormenta il suocero (71), al quale vennero a
se quoque vincebat non habitura diu. mancare figlia e genero: questa va incontro alla morte, quello, soprav-
15 Conteriturque socer cui nata generque recedit: vissuto, si allontana. Tuttavia, ci sia per lui una consolazione: poiché
haec letalis obit, ille superstes abit. per Cristo tu non sei morta, vivrai dopo la sepoltura quale vergine ac-
Sit tamen auxiliu1n, quia non es mortua Christo, colta da Dio.
vives post tumulum virgo recepta Deo.
I 1
,I I
i
'I,
i:
(71) Venanzio adopera questo termine per evocare l'idea implicita del fidanza-
~ento r~tto per la morte della fanciulla: il padre di Eusebia vede svanire le speranze
-- d1 divenire suocero e, un giorno, nonno.
INCIPIT LIBER QUINTUS LIBRO QUINTO
Domino sancta atque apostolico et in Christi regis exerdtu i , Fortunato al signore Martino, vescovo santo e apostolico, centu-
post ducem Paulum primipilo Martino episcopo Fortunatus. rione primipilo nell'esercito di Cristo Re sotto il comando di Paolo (2)
1. n soffio ricreante della tua reputazione, mosso da un favorevo-
1. Felici propulsa flatu recreabilis opinionis vestrae nostras •. le spirare, ha accare~zato le mie orecchie ~' ~OP? avermi ~llettato col
i' aures aura demulsit et molli blandita lapsu, sibilo crepitante para- .' suo delicato passaggio, esalando con un sibilo ripetuto gh aromi del
disiaci horti odoramenta saburrans, suavium florum nuntia nares -~ giardino paradisiaco, recando notizia di fiori soavi permeò le mie nari-
ipsas aromate respirante suffivit, admodulanter indicans, sicut ad ci del suo fragrante aroma. Con le sue modulazioni mi ha indicato che,
orientem Eden a principio, ita decurso ~aeculo alte.rum ad oc~a-"~ - come in principio Dio collocò l'Eden nell'Oriente, cosl, alla fine dei
sum Deus plantasset Elismm, m quo foruor Adam, 1d est Mart1us W tempi ha collocato un altro Elisio nell'Occidente, per farvi vivere in
Martinus, inexpugnabilis accola, Christi fide ditior viveret perpec,_ perpetuo oss~quio ai suo! comand~enti u.n più forte Adam?, cfoè
rn tuo servante mandato; quem non tam ad auram Dominns revisen-1 Marzio Martmo, colono inespugnabile, amcch1to della fede 111 Cri-
dum post meridiem pergeret 1, quam ipse vir factus paradisus inter· sto (J). E il Signore non lo ha creato per recarsi a visitarlo alla brezza
perspicui cordis zmaragdinas plateas et vernantis operis inum- ··•• -- ael pomeriggio, ma perché quest'uomo, divenuto egli stesso un paradi-
brantes chorymbos - non quod ficus tegeret, sed fructus ornaret -, ; so, tra gli spazi smeraldini del suo limpido cuore e i grappoli ombrosi
inambulantis in se beati Redemptoris adhaesura vestigia coherce- 111 delle sue opere lussureggianti - perché non lo copriva un fico, ma era-
,, ret fide figente. Unde nec ad momentum pii conditoris laberetur'I no i frutti a fargli da ornamento - mantenesse ben impressi, fissandoli
I praesentia quia nec in athomo plasma notaretur in culpa, sed per ,: con la fede, i passi del santo Redentore che passeggiava dentro di
illas beatitudines velut '.'dori nem?ris inlectus deliciis et vernulru;i ;. lui (4). Pertanto, la presenza del pio Creatore non si sarebbe allontana-
Dom1nus et vema Dom1num poss1deret; utpote cum alternante s1- :;: • ta neppure per un momento, perché la creatura non fosse segnata dalla
bi concatenati dulcedine, nec iste fugaretur admisso nec ille fruda- i
20 retur amplexu. ·-
1 _colpa neppure per un istante, ma immerso tra quelle soavità, come se-
dotto dalle delizie di un bosco fragrante, il Signore possedesse il suo
2. Hinc inhiantibus animis, medullis aestuantibus, oculis su- iJl servo e il servo il suo Signore, dal momento che, incatenati uno ali' altro
: '. spectis, palmis extensis, forvens magis quam sitiens. prae~tolabar •;ii!:! con reciproco piacere, né questo sarebbe tenuto· lontano dalla frequen-
epistolae vestrae magna, s1 ve! parva nubecula mad1dant1 veliere . ; tazione dell'altro, né quello sarebbe privato degli abbracci del primo.
2. Così io, con sentimenti bramosi, con il cuore in fermento, con
~
~
gli occhi levati al cielo, con le mani tese, infiammato più che assetato,
1 Cf. Gen. 3, 8; Geo. 3, 7. 1lll agognavo, nella mia avidità, di essere inumidito e bagnato sulla pelle
1, 2. SEDUL. hymn. 1, 43: madido sed veliere. ·:1 dalla grande, o anche piccola, nuvola della tua lettera (5). Consapevole
::% (3) Per il carattere artificio~o dello stile epistolare, tipico dell'epoca, si rimanda
rale. Le sue opere sono raccolte in Martini episcopi, Bra~arensis opera om~t~1 ~ --'.!'.! alle osservazioni e alla bibliografia proposte alla nota 6 del libro III.
cura di C.W. Barlow, New Haven 1950. Sulla sua vrta s1 veda J. SASELi Dtvtnts Jfd (4) Il tema della co1nplementarità di fede e opere è caro a Venanzio: cf. carm.
nutibus actus. Due postille per san Martino di Bracara, "Historia", XXVII (1978), Jl1 4, 6, 6; 4, 241 4.
249-254, nonché J. F'ERNANDEZ ALONSO, Martino di Braga, BS VIII, 1966, 1230· ;.., (5) Il poeta si paragona a UJ:! agnello dal mantello inaridito. L'immagine forse
I
CARMINA, L. V, I CARMI, L. V, 1
bibulus umectarer) desiderii conscius 1 vota ~oto praeveniens, si'-~. della mia aspettativa, accumulando auspici su auspici, attendevo che
" quid de vobis certissime vel per undas mobiles fixa mihi littera ·, ~~ una lettera, giung_e~1do senza d~nno. attraverso le onde agitate, n1i porN
nuntiaret, ita ut ariditatem meam colloquii vestri temperaturus ini- · · tasse qualche notizia certa su di te, m modo che la pioggia ristoratrice
ber sic inrigaret, paginam ne deleret. -- : delle me parole potesse irrigare la mia aridità senza rovinare la pagina.
3. Quo tamen providentiae divinae consulto per filium ve- - 3. Tuttavia, per disegno della divina Provvidenza (6), per mezzo
strum, venerandum mihi Domitium, sancta caritate refertam su- ~ del tuo figlio Domizio, da me riverito, io ho ricevuto, inorgogliendo- ':.1
30 scepi crescens epistolam quae, ut vos nostis, arte compacta, ut ego ;·~ 1Jlene, una lettera ricolma di santa carità (7). Questa, intessuta ad arte
sensi, flore confecta, bibentem se potius quam legentem fere per -: come tu sei in grado di fare, rifinita e fiorita, conformemente alla mia
singulos apices pigmentato affamine inebriatura dives pauperem - - sensibilità, l'ho piuttosto bevuta che letta: col suo discorso scritto a in-
propinavit et, ut ita dixeritn, quasi falerni nobilis ipso me prius \ chiostro, era come se ogni singolo tratto m'inebriasse, dissetando nella
odore pincernante supplevit, gemina dicendi fruge congesta, con- sua ricchezza la mia povertà e, per cosl dire, fattasi coppiere, mi ha
" dita sale melle perfusa, permixta blanditie cum vigore. Me pere-•'. pervaso del. suo. odore, '.]Uasi di ?-obile vino falerno. In essa vi sono
grini po~uli quantum desuetum plus avidum dum pars inlicet, pa;;-: ambedue 1 livelli dello strie: condita con sale, cosparsa di miele, fram-
deterret - in ancipiti posito conviva rusticulo nec sustinente maJ. _\ mista di delicatezze ed energia. Io, che ·sono più ghiotto di vini esotici
gna bibente - consentio dulcedini qui cedo virtuti. ,: :: quanto più a lu~go ne resto privato, da una parte sono allettato,
4. Hoc igitur fluente dono venit ad me, fateor, per cana ponti \1· _· dall'altra parte mi trattengo - come un convitato di campagna in pre-
,!
40 fons poculi, venit, pater optime, per salsum 1nare quod sitim rei r~ -~
i
da all'incertezza e che non tollera le bevute in gran quantità -, io ac-
stingueret, venit Oceanitide miscente fluctum mera dulcedo, cuillfi<;: -condiscendo alla tua dolcezza e cedo il passo alla tua virtù.
liquor non fauce tenus saperei, sed arcana mulceret, quippe quod ·:a -~- -- 4. Grazie a questo dono fluente giunse a 1ne, lo riconosco, attraN
non carnem foveris tali potu, sed spiritu1n. Unde, ut vere prose;·,,;~ - verso le bianch~ spume del mare, la sorgente di questo liquore; è ve-
quar, huius uva P.almitis nobis sitim prorogat dum propin~t. . : ,:1,1 nuto, o mio ottimo padre, dal mare salato ciò che avrebbe estinto la
5. Hac inopma fruge delapsa per gurg1tem pnmus lste mthì- ':11!'! . mia sete; è venuta, dalle onde mosse da un'Oceru1ide, una dolcezza
met venit fructus e fluctibus. Detulit puppis illa reliquis forsan alq, --'lii - pura, la cui essenza non ha deliziato soltanto la mia bocca, ma ha ca-
men) mihi vestri colloquii certe lumen, commercium tali discre- -;fi.4 rezzato le fibre nascoste. Infatti con tale bevanda non hai ristorato la
pante mercatu, quod aliis illud ad pretium, hoc nobis inemptum: ~ carne, ma lo spirito. Pertanto, per Seguitare a dire il vero, l'uva di queN
illinc restin?uitur, bine purgatur; illud inficit, hin~ nivesdt. . ·~ - sto tralcio, una volta bevuta, provoca in me un'ulteriore sete.
50 6. Qwd loquar de perihodlS, ep1ch1remat1bus, mthymemis "'"'' 5. Dai flutti giunse per me questo primo frutto, con queste lec-
syllogismisque perplexis? quo laborat quadrus Maro, quo rotunf~-:l';',, cornie inaspettate arrivate attraverso le acque. Quella nave forse ha re-
dus Cicero. Quod apud illos est profundum, hic profluum, quo<) ;#;~ cato ad altri dell'allume, a me invece certamente ha portato il lume (8)
illic difficillimum, hic in promptu. Comperi paucis punctis quo, •:it!'l del tuo colloquio: commercio che ben differisce per loggetto dello
niam quo volueris colae pampinosae diffundis propagines, quof~ scambio, poiché ciò che è per gli altri ha un prezzo, ciò che è per me è
55 vero libuerit acuti commatis falce succidis) ut cauti vinitoris studio:-~[[] gratuito: con quello si spegne il fuoco, con questo ci si purifica; quello
il.
moderante nec in hoc luxurians germinet umbra fastidium et illuç ~ _ impregna, questo rende bianco come la neve. _
tensa placeat propago cum fructu. ·'cl'i:i :'::· 6. Che potrei dire dei tuoi periodi, degli epichiremi, degli enti-
-:; __ m_en;i, e dei tuoi _sillogismi intricati? Sui quali si affaticano il regolare
Virgilio e il tor111to Cicerone (9). Ciò che nei loro scritti è denso qui
è scorrevole, ciò che lì è difficilissimo, qui è alla portata. Ho s~eri
viene dal segno richiesto a Dio da Gedeone in Gdc 6, 3 7 -39: il mantello umido . ~t"-~ men'.at:i in alcuni pochi punti che tu indirizzi dove desideri le pro-
quando tutto all'intorno è secco, e P<;>i il ~..antelio se~co 9.uan?o ~utto. ~'intor:_;;}:_-~ pagg1111 dei membri lussureggianti delle frasi; inoltre tagli con falce '.1
no è umido. Come questo segno testtmon10 la sollecitudine di Dio net nguar~ ->/ -a~uz~a ciò che vuoi di un periodo sporgente, in modo che, sotto la
11!
del proprio popolo, cosl per Venanzio la parola di Martino è segno di benedi-·-:,_(::-_'
zione :"."-:~~
direzione e l'impegno del vignaiolo avveduto, da un lato l'ombra
:
I:
troppo estesa n?n procuri fastidio e dal!' altro la propaggine produca
,(6) Providentiae divinae è correzione di F. Leo per providentia _divt'na dato -=·.----::;-.
da tutti i manoscritti. ---- · frutti apprezzati. ' i;i
'!
!
(7) Sancta caritate re/erta è correzione di F. Leo per sanctam cart'tatem re- '"
,1,\'
fertam dei manoscritti. .
(8) G.iuoco di parole tra lumen e alumen: cf. Isrn. ortg. 16, 2, 2: A~ur:ie~ Ì3 (9) Cic~r~ne è definito rotundus per lo stile del suo periodare, che egli stesso in
vocatum a lumine quod lumen coloribus praestat tt'nguendis. Secondo Plinto il _ frz:t. 272, definisce rotunda constructio. Meno chiaro è l'epiteto quadrus per Virgilio:
Vecchio, nat. 35, 184, l'unica regione dell'Europa occidentale a produrre allt1·~ Otse sara da scorgere un dferhnento al susseguirsi sempre eguale degli esametti
1ne era la Spagna. contrapposto all'andamento alternato del distico elegiaco, preferito da Venanzio. '
J
,I
286 CARMINA, L, V, I CARMI, L. V, 1
:"1'1
'"
:!1-:'
7. Nam quod refertis in litteris post sthoicam peripateticam- 7. Riguardo a ciò che tu riferisci, che nella mia cultura letteraria I
que censuram me theologiae ac theoriae tirocinio mancipatu111, dopo l'apprendimento della filosofia stoica e di quella peripatetica i~
60 agnosco quid amor faciat cum et non merentes exornat. Cur ta- mi sia dato ali' ai'prendistato della teologia e della filosofia, ricono~co
men, bone pater, in me reflectis quod tuum est ac de me publice in ciò l'effetto d1 un amore che decora anche chi non è meritevole.
profers quod tibi privatum est? cum prima sint vobis nota et se- Perché allora, o mio buon padre, volgi su di me ciò che è tuo e procla-
cunda domestica. Nam Plato, Aristotelis, Crysippus vel Pittacus mi pubblicamente riferendoti a me ciò che è propriamente tuo? Poi-
cum mihi vix opinione noti sint nec legenti, Hilarius, Gregorius, ché le prime cose di tali discipline sono a te note e le seconde ti sono
" Ambrosius Augustinusque vel si visione noti fierent, dormitanti. familiari. Infatti Platone, Aristotele, Crisippo e Pittaco sono da me co-
Et ego vere senserim - eo quod copiae artium apud vos velut in nosciuti a stento P?r fama e certo non per averli letti; Ilario, Gregorio,
commune diversorium convenerunt - ipsa vobis tenacius quae Ambrogio e Agostmo (10), se li ho guardati, l'ho fatto mentre dormi-
sunt caelo propinquius, quia non oblectamini tam pompa dogma- vo. E io riterrei in verità (per il fatto che il patrimonio delle arti si è ra-
tum quam norma virtutum. Unde procul dubio caelestium cliente- dunato in te come in un albergo comune) che tu ti stringa più salda-
'° la factus es Cleantatum. mente a 9ue~? ~h? ~ono più vicine al cielo, poiché non ti compiaci
8. Sed quid ego haec autumo, dulcissime pater et vere Chri- tanto del! art1fic1os1ta delle leone quanto della pratica delle virtù. Per
sti discipule, qui, ad instar Samaritani vinum miscens et oleum ae- cui senza dubbio sei divenuto un seguace dei Cleante celesti (11).
groto decubanti ', blandmn mihi malagma porrexisti, mercedem 8. Ma perché io affermo (12) queste cose, o soavissimo padre e
pii operis relaturus cum venerit qui se stabulario aera pensare de- vero discepolo di Cristo, che, come il Samaritano che mescolava vino I
n biti repromisit, custodiens in vobis, pontifex sum1ne, quod contu- e olio per il malato che giaceva fuori in istrada, mi hai offerto un deli- ''
lit, sciens suis oculis hoc piacere dignissime, quod ipsam apud te cato unguento e di questa pia azione riceverai la ricompensa quando !
vincit dignatio dignitatem. verrà Colui che promise di pagare ali' albergatore l'importo dovuto? I
, I
9. Quapropter sacratissimae, sincerissimae atque cleinentis- Tu custodisci in te stesso, o vescovo eccelso, ciò che egli ti attribuì sa~
simae apostolicae coronae vestrae plantas supra meum pectus stra- ?i
pendo. che la c~isa pi~ degna piacere ai suoi occhi è il fatto che' per
oo tus inponens et ultimus ego membra subdita vel pedum vestrorum te la s!lma meritata vince perfmo la dignità.
recubatorium faciens ita vestrae pietati avido desiderio me com- 9. Perciò, mi prostro e pongo sul mio petto i piedi della tua sa- i
mendans deposco in Domino ut inter peccatorem et redemptorem cratissima, purissima e clementissima col'ona apostolica (13 ); e io che I'
mundi alter quodammodo mediator accedens levigato delicto, so':'o il più u~ile, r?ndo le mie membra sottomesse nonché s~abello
probe pater, reprobum reconcilies post reatum. de1 tuoi p1ed1, e cosi, raccomandandomi con veemente desiderio alla
" 10. Et quia vestris litteris fidnciae pignus accepi, pietati ve- tua benevolenza, ti prego nel nome del Signore, che tu, intervenendo
strae filias et famulas Agnem et Radegundem una mecmn devote In un certo qual modo come secondo mediatore tra un peccatore e il
earum desiderio mandato commendo, communiter supplicantes ut Redentore del mondo, riconcili, o buon padre, il reprobo dopo il fal-
apud domnum Martinum pro nobis verba faciens tam fidus inter- lo, sollevandolo dal suo peccato.
' ' cessor accedas qualis apud Dominum ipse tunc promptus extitit, 10. E poiché con la tua lettera ho ricevuto una garanzia di fe-
90 cum cadaver exanimum non prius dimitteret quam mors mortuum deltà, raccomando alla tua pietà, assieme a me devotamente secondo
dimisisset. Est enim ratio consequens ut per vos illinc nobis redeat il loro desiderio del quale mi hanno dato incarico, le tue figÙe e serve
Agnese e Radegond~. Ci uniamo per supplicarti affinché, dicendo
buone parole per no1 al cospetto di san Martino, tu ti presenti come
tntercessore cosi fedele come egli stesso un tempo fu esigente al co-
2 Cf. Le. 10, 33-35.
spetto del Signore, quando non abbandonò il cadavere esanime prima
(10) Abbastanza sorprendentemente, accanto ai fondatori delle tre princi- che la morte non avesse abbandonato il morto (14), Infatti c'è conse- i I"
'
pali scuole filosofiche dell'antichità, il platonismo, l'aristotelismo e lo stoicismo, ,I
Venanzio cita Pittaco, uno dei sette sapienti della Grecia antica, vissuto nel VII
secolo a.C., del quale non resta alcuno scritto. Venanzio poté apprenderne l'esi- ''
''
stenza da AUSONIO, 307, lss., p. 181, o da SIDONIO APOLLINARE, carm. 2, 162; (12) A~tumo è. correzione di F. Le.o per autem o della tradizione. I.
oppure ancora da Lussoruo, anth. 351, ove a Pittaco è attribuita ~a massima ne . (13) ~ espre~s1one corona apostolica designa, la .tonsura ecclesiastica, all'epoca 11
quid nimis. Tra gli autori cristiani no1ninati nel seguito, non è chiaro se Grego- nserv~ta ~1 vesco:ri. Corona v~stra ~orrisponde all odierno vostra eccellenza nell'epi*
rius si riferisca al Nazianzeno o al Nisseno. Augustinusque è correzione di Th. stolano di Ennod10 vescovo di Pavia: cf. epist. 3, 17, p, 84, 18ss.; 4, 22, p. 114, 5ss.; .!/
,,
Mommsen per Augustinus quo dei manoscritti. 4, 29, p. 118, 12ss.; 5,.10, p. 133, 20s.
(11) Oeante fu il successore di Zenone a capo della scuola stoica. Venan- (14) L'allusione è a due risurrezioni miracolose operate da san Martino di
zio intende sottolineare l'ascendenza stoicizzante dei trattati di morale compo- Tours:.cf.. SULP. SEV. Mart. 7-8; nonché dello stesso VEN. FORT. Mart. 1, 155-201: il
sti da Ma1tino di Braga, nei quali è evidente l'influsso di Seneca. santo s1 distese sul cadavere fino a restituirgli la vita.
288 CARMINA, L. V, I-Il CARMI, L. V, 1-2
spes patronicii, quia ad vos bine prodiit pars patroni. Coram Do- quenzialità nel fatto che la speranza del suo patrocinio ritorni a noi da
mino supplicans, pie pater, ut in gratia vestra receptus vel apud costl attraverso te: perché da qui è giunta a te una parte del corpo del
eos qui vestri sunt commendati sentiam tam oratione quam carmi- patrono (15). Io ti suJ?phco al cospetto di Dio, o pio padre, perché io,
95 ne te doc..'tore regi, genitore diligi, duce progredì, tutore n1uniri. entrato nelle tue grazie oppure raccomandato a coloro che sono tuoi
11. Praesentium vero portitorem famulum vestrum vere mihi abbi~ la s~sazione di essere guidato, in prosa o in poesia, dalla tu;
bonum Bonosum pietati vestrae supplex accedens nec prius re- dottrina, di essere amato dal tuo affetto paterno, di avanzare sotto il
laxans pedes quam dulcis pater promiseris, qua valeo prece sup- tuo comando, di essere difeso sotto la tua tutela.
plex commendo. Qui interventu sanctorum cum ~obis s~spes oc- lLPr~sentandomi supplice dinanzi alla tua pietà e non lasciando
100 currerit absentis vota praesens exsolvens, dlud pr1us obtineam ut i tuoi p1ed1 pmna. che tu, dolce padre, me ne abbia dato promessa,
quis quam primum huc commeat me celebris verbi vestri gaudia raccomando supphch~vole con tutte le preghiere di cui sono capace il
festiva respergant. latore della presente, d tuo servo Bonoso, con me veramente gentile.
',1 Mattini meritis curo nomine nobilis heres, Quando, per intercessione dei santi, egli si presenterà a te incolume
pro Fortunato, quaeso, precare Deum. per recarti di_ persona gli omaggi di me lontano, possa io prima di tut'.
to ottenere di essere itrorato dalle, gioie festevoli delle tue illustri paro-
le, non appena qualcuno s1 rechera da queste parti.
Il. ITEM AD EUNDEM Dei meriti di Martino, come del nome, nobile erede,
per Fortunato, te ne supplico, prega Dio.
Lumen apostolicum cum spargere! una Triades
exciperetque novum mundus honore diem
ut tenebras animae lux sementiva fugaret 2. ANCORA AL MEDESIMO (16)
et claram hauriret mens oculata fidetn,
, redditur avulsis spinis urbs Romula princeps, Quando l'unica Trinità (17) il-radiava la luce degli apostoli e il
principis egregii vomere culta Petti. mo1;do con ono~e accoglieva un giorno nuovo, perché la luce di tale
Paulus ad Illyricos Scythicas penetrando pruinas setnma mettesse m fuga le tenebre dell'anima e la mente illuminata as-
dogmate ferventi frigora solvit humi. sorbisse la fede splendente, la città di Romolo, sradicate le spine colti-
Mattheus Aethiopos adtetnperat ore vapores vata _dal vomere. dell'esimio principe Pietro, divenne una guida. 'Paolo ,,I
10 vivaque in exusto flumina fudit agro. raggiunse gh Illin e penetrò nelle nevi della Scizia: con la sua ardente
Bellica Persidis Thomae subiecta vigori dottrina sci?ls~ i freddi di quella terra. Matteo con la sua parola mitiga
fortior efficitur vieta tiara Deo. le calure etiopiche e fa scorrere fiumi vivi in una campagna abbacina-
Lurida perspicuo datur India Bartholomeo. ta. Assoggettata alla forza di Tommaso la tiara bellicosa della Persia
Andreae monitis extat Achaia seges. una volta vinta, diviene più forte. La squallida India è assegnata all'i!'.
" Ne morer adcelerans, Mattini Gallia prisci lustre Bartolomeo. Grazie alla predicazione di Andrea I'Acaia diventa
excellente fide luminis arma capit. una mess.e. Per non_ trattenermi, concludo: per leminente fede del pri-
mo Martino la Gallia s1 riveste delle armi della luce.
Martino servata novo, Gallida, plaude: Esulta, o Galizia) destinata a un nuovo Martino: codesto tuo uo-
sortis apostolicae vir tuus iste fuit. ~o fu parte del ceto apostolico (18). Egli col suo valore ti dona in sé
Qui virtute Petrum praebet tibi, dogmate Paulum, Pietro, ~on_ la sua dottrina ti dona Paolo: da una parte ti reca il soc-
hinc Iacobi tribuens, inde Iohannis opem. corso d1 Giacomo, dal!' altra quello di Giovanni. Proveniva, come si
2, 7. PRUD. apoth. 426: laxavt't Scythù:as verbo penetrante pruinas I vox monach~ del m?nast~ro di Santa Croce di Poitiers, verisimilmente per il ruolo avuto
evangeli'ca. da Marttno nell adoz1one della regola di san Cesario di Arles. Alla stessa epoca risale
carm, 8, 3.
(15) Le reliquie del santo turonense giunsero a Braga in concomitanz.a {17) Si ~1o~eFà 1~ p~esenza già. nel~'es?~dio del concetto di Trinità divina, parti-
con l'arrivo di Martino dall'Oriente: cf, GREG. TUR, Mart. 1, 11. La frase ri- c?larme~te ~t~ntf~catlv,a 1? uno scritto mdtr1zzato al principale artefice della conver-
prende in forma quasi identica SIDON. epist. 7, 1, 7, e si ritrova anche in GREG. sione. d~ y1s1gott dall artanesilno. Si veda pure il riferimento, nelle righe seguenti,
TuR. Iul. 2. Non è possibile stabilire se Venanzio l'abbia ripresa direttamente alla cttta di Ro1na, sede del sommo Pontefice.
da Sidonio oppure attraverso Gregorio. ' (18) Sors è la traduz~one latina del greco KÀ.fjpoç: cf. HIER. epist. 52, 4: Si enim
(16) Il carme, su cui si veda GEORGE, Venantius Fortunatus. A Latin Poet, 0r~ece, so;s Latt~e aP_pellatur, propterea vocantur clerict; vel quia de sorte
lCÀ.flpoç
67-69, è una gratt'arum actio ufficiale scritta a no1ne di Radegonda e delle altre sunt Domini vel quza Domznus tpse sors, td est pars, clericorum est.
CARMINA L. V, II CARMI, L. V, 2
Pannoniae, ut perhibent, veniens e parte Quiritis racconta, dalla Pannonia, regione romana, ma divenne la salvezza de-
est magis effectus Gallisueba salus. gli Svevi della Galizia. Egli seminò in un solco sterile i piantoni della
In sulcum sterilem vitae plantaria sevit vita; grazie a lui la messe matura è gradita per la sua abbondanza. Per
quo matura seges fertilitate placet. i meriti di qu~sto Elia una nuova pioggia discende sulle spighe, re·
,, Heliae meritis alter redit imber aristis, cando con sé 1 sollievi della rugiada, perché l'arsura non soffochi i
munera roris habens, ne premat arva sitis 3. campi. Perché le distese non languiscano secche, tra i solchi isteriliti
Neu iaceant stupidis arentia iugera sulcis, vi fa affluire, irrigandole perennemente (19), l'acqua di una fonte. Sul
influii inrigue fonte perennis aquae. rami del!' eresia egli ha innestato i pii semi della fede e quel che prima
In ramis heresis fidei pia germina fixit era un oleastro, ora fiorisce come fertile olivo. L'albero, che si ergeva
'° quodque oleaster erat pinguis oliva viret 4. gracile e con le fronde spoglie, già rifiorisce con nuova bellezza,
Quae stetit exilis viduatis frondibus arbor pronto a produrre alimenti (20). Un fico dall'aspetto tetro, senza spe-
iam paritura cibum floret honore novo. ranza, da dare alle fiamme, trattato con concime prepara il proprio
Inponenda focis sine spe ficulnea tristis grembo per i frutti. L'uva, turgida sui tralci, è destinata a essere lace-
praeparat ad fructum sterco re culta sinum 5 • rata dal saccheg~io degli uccelli: sotto questo buon custode, neppure
35 Palmitis uva tumens, avium laceranda rapinis,
un grappolo sara perduto per il tino. Il vignaiolo allineò i filari con
hoc custode bono non perit una lacu. precetti apostolici, rivoltò con la zappa i campi spuntando con la fal-
Rebus apostolicis direxit vinitor antes, ce i tralci. Estirpò dal campo del Signore la sterile vite selvatica: dove
:]':
arva ligone movens, falce flagella premens. prima stava un arboscello ora si trova un grappolo di uva. Strappò via
I il
Ex agro Domini labruscam excidit inertem l'amara zizzania dalla piantagione di Dio e una messe ridente vi creM
40 atque racemus adest quo fuit ante frutex. sce con regolarità (21). 11
De satione Dei zezania vulsit amara Esulta, o Galizia, destinata a un nuovo Martino: codesto tuo uoM '
1
surgit et aequalis laetificata seges 6, mo fu parte del ceto apostolico. Con lo zelo del pastore egli percorre· i'· 1
va i suoi recinti; p~rché il lupo non avvicini le pecore, egli custodisce '
Martino servata novo, Gallicia, plaude: con amore le gregg1. Le conduce personalmente, sostenendole per ma·
sortis apostolicae vir tuus iste fuit. no, ai pascoli di Cristo, perché l'errore non inghiottisca la pecora mal-
45 Pastoris studio circum sua septa recurrens,
sicura sulle montagne. La sua voce sgorga per il suo popolo come da
ne lupus intret oves, servat amore greges 7 ; una fonte salubre: perché esso beva con lorecchio la fede, egli offre
Subportante manu trahit ipse ad pabula Christi sale dalla sua bocca (22). Inflisse danni al nemico, al Signa.re riservò
.J montibus instabilem ne voret errar ovem. devote preghiere e restituì raddoppiati i talenti che gli furono stati af·
Cuius vox refluens plebi de fonte salubri: fidati. Aspetta come un operaio attivo la voce evangelica, perché gli
,, ut bibat aure fidem, porrigit ore salem. dica: «Avanti, servo buono: proprio perché mi fosti fedele nelle cose ..,'
Hosti damna quidem, Domino pia vota paravit da poco, ti sarà dato potere sopra cose di grandissimo conto. Ecco,
et commissa sibi dupla talenta refert, entra or~ lieto nella gioia del tuo Signore: grandi cose sono preparate
vocem evangelicam expectans operarius almus, per te, ricompensa d1 una breve fatica». Si, Martino, tu ascolterai que-
ut sibi dicatur: servule perge bone, sta voce beata, ma sii sempre memore del tuo Fortunato. Prega per
,, quando fidelis enim mihi supra pauca fuisti 8 ,
supra multa nimis constituendus eris.
Ecce tui Domini modo gaudia laetior intra
proque labore brevi magna parata tibi.
Auditurus eris vocero, Martine, beatam,
sed Fortunati sis memor ipse tui.
(19) Inrigue è correzione di M. Reydellet per inriguae dei n1anoscritti.
(20? Il p~ragone è preso da san Paolo, Rm 11, 17ss. In san Paolo però l'oli-
J Cf. 3 Reg. 18, 41-46. 4 Cf. Rom. 11, 17 24. 5 Cf. Mt. 21, 18-22; vo selvatico divenuto albero produttivo simboleggia i pagani innestati sul tronco
8 d>Jsraele. Ora Venanzio applica la metafora agli eretici ariani che Martino fece rien-
Mc. 11, 20-26. 6 Cf. Mt. 20, \.16; 13, 24-30. 7 Cf. Act. 20, 29. Cf.
trare nel seno della Chiesa cattolica.
Mt. 25, 21.23; Le. 19, 17.
(21) Venanzio fonde due parabole: quella dei vignaioli (Mt 20 1-16) e quella
28. Ov.fast. 2> 820:/luunt lacrimae more perennls aquae. - 3~. Ov.fa~t. li 153: della zizzania (Ml 13, 24-30). '
frondibus arbor. - 35. PRUD. ham. 229: aut avibus discerpta feris lacerabttur uva. (22) Sulla metafora del sale cf. carm. 3, 6, 18.
CARMINA, L. V, II-III CARMI, L, V, 2-3 293
Quaeso, precare, pater, videam tua gaudia tecum: me, ti supplico, padre: possa io insieme con te vedere le tue gioie e
sic placeas regi poste patente Petri. possa tu piacere al Re, quando si apriranno gli stipiti di Pietro. Assie-
Cum Radegunde humili supplex, pie, postulat Agnes me all'umile Radegonda, Agnese supplichevole richiede devotamente
ut commendatae sint tibi, sancte pater, che tu prenda entrambe sotto la tua protezione, o santo padre. Grazie
65 et crescente choro per carmina sancta sororum
ai loro sacri cantici, mentre sempre si accresce il coro delle sorelle,
conplaceant Domino, te duce mite, suo, possano ambedue essere apprezzate dal loro Signore, sotto la tua mite
atque adscita sibi servetur ab urbe Genesi guida. E si conservi, importata per loro dalla città di Genesio (23), la
regula Caesarii praesulis alma pii, santa regola del pio presule Cesario (24), che, proveniente dal cenobio
qui fuit antistes Arelas de sorte Lerini di Lerino, fu .designato vescovo di Arles e rimase monaco, pur dive-
'" et mansit monachus pontificale decus. nendo la gloria dell'episcopato. Proteggi con la diligenza di un padre
Sedulitate patris proprias tuearis alumnas le tue discepole, perché tornino a tuo merito le opere buone che esse
ut tibi proficiat hae bona si qua gerani. compiranno. Cingi perciò il tuo illustre capo con un bel diadema e
Unde inlustre caput cingas diademate pulchro come pastore, rendi degni ringraziamenti per il tuo gregge. ' '
et grates dignas pro grege pastor agas.
3. AI CITTADINI DI TOURS, SU GREGORIO, VESCOVO (25)
Ili. AD CIVES TURONICOS DE GREGORIO EPISCOPO
Esultate, popoli fortunati, ecco esauditi i vostri recenti desideri
Plaudite, felices populi, nova vota tenentes, rendete grazie a Dio per l'ingresso del vostro presule. Questo avveni'.
praesulis adventu reddite vota Deo. mento lo festeggi il fanciullo nel pieno delle forze, lo celebrino i vec-
Hoc puer exertus celebret, hoc curva senectus, chi incurvati: ogni uomo esalti questo bene con1une. Ecco, arriva la
hoc commune bonum praedicet omnis homo. speranza del gregge, il padre del popolo, l'amico della città. Si rallegri-
, Spes gregis ecce venit, plebis pater, urbis amator: no le pecore: a loro è stato donato un pastore. Colui che i loro prospe-
munere pastoris laetificentur oves. ri auspici attendevano con occhi preoccupati, lo guardino: è arrivato,
Sollicitis oculis quem prospera vota petebant celebtino questa festa con gioia. Ha ricevuto meritatamente e regolar-
venisse aspiciant, gaudia festa colant. mente la pienezza del sacerdozio, il suo nome è Gregorio, pastore del
Iura sacerdoti merito reverenter adeptus gregge che è in città. Giuliano (26) invia a Martino il proprio discepo-
10 nomine Gregorius, pastor in urbe gregis. lo e offre al suo fratello un dono che gli era caro. La mano benefica
Martino proprium mittit Iulianus alumnum del padre Igidio lo consacrò al Signore perché risollevasse il popolo e
et fratri praebet quod sibi dulce fuit. divenisse oggetto dell'affetto di Radegonda (27). A questa investitura
Quem patris Egidii Domino manus alma sacravit plaudono festanti Sigiberto e Brunichilde: la sua ascesa è nobilitata
ut populum recreet, quem Radegundes amet . dall'assenso del re. Possano le greggi sotto la sua guida essere condot-
., Huic Sigiberthus ovans fave! et Brunichildis honori: te attraverso i santi pascoli e possano mietere i doni della flora del pa-
iudicio regis nobile culmen adest.
Quo pascente greges per pascua sancta regantur
et paradisiaco germine dona metant,
cente. Di lui ci restano diversi sermoni e due regole monastiche improntate alla re-
gola. agostiniana: la. secon~a,, ?estin,ata a c~nob~ maschili, è. un'epitom.e della prima,
desw1ata a conventi femm1111li. Sull epoca m cui la regola dt san Cesano fu introdot-
3, 2. INSCR. christ. Diehl 1767, 4: reddite vota dea; VEN. FoRT. carm. 3, 6, ta nel .1no11aster.o ~,Santa Cro,ce si veda la nota 11 del libro VIII. Sulla figura di san
i
. I 32. - 3. Ov. ars 2, 670: curva senecta. - 4. DRAc. Orest. 181: commune bonum. - Cesari.o ~o studio ptu .rec~nte e W.E .. KLINGSHIRN, Cae~arius o/ Arles. The Making of
9. SEDUL. carm. pasch. 1, 341: iura sacerdotii. a Chrtsttan Communtty tn Late Antique Gaul, Cambridge 1994; si veda pure J.CH.
DIDIER, Cesario diAr!es, BS III, 1963, 1148-1150.
(23) San Genesio, 1nartirizzato ad Arles durante la persecuzione di Dio- (25) Il carme, per il quale si veda GEORGE, Venantius Fortunatus. A Latin Poet
cleziano. Si veda S. PRETE, Genesio di Arles, BS VI, 1965, 115-117. Il monaste- 74-77, fu scritto in. occasione dell'ordinazione episcopale di Gregorio di Tours nei
573. ,
ro di Lerino, fondato all'inizio del sec. V da Onorato ed Eucherio e ispirato al
monachesimo orientale, fu per i seguenti due secoli una fucina di vescovi, (26) Gregorio ebbe una particolare devozione verso san Giuliano di Brioude
espandendo così le sue tradizioni. martire del sec. Il!: ne scrisse la vita applicando a se stesso l'appellativo di alumnu;
(24) San Cesario (470-543) monaco di Lerino in Provenza, dal 502 vesco- Iult'ani': cf. GREG. TUR. Iul. 2, nonché la nota 23 del libro VIII.
'
! '
vo di Arles. Fu esiliato a Bordeaux dal re degli Ostrogoti Alarico Il, in seguito (27) Per Igidio si rimanda alla nota 63 del libro III. Gregorio diverrà effettiva-
fu accusato presso Teodorico e condotto a Ravenna, ove fu riconosciuto inno- 1nente il principale protettore della comunità monastica di Santa Croce.
~
·.
inmaculata pii qui serve! ovilia Christi radis~; egli conservi senza macchia gli ovili di Cristo il giusto, perché
"' ue pateant rabidis dilaceranda lupis. non s1 espongano a essere sbranati da lupi rabbiosi. Possa reggere sen-
Pervigili cura stabulum sine labe gubernet za fallo il suo ovile, con attenzione indefessa: nessun saccheggio mi-
commissumque gregem nulla rapina gravet. nacci il gregge affidatogli. Tenga rinchiusi gli agnelli dal prezioso man-
Muniat inclusos pretiosi velleris agnos to e .v?gliando ~e rnteli il sonno. La vigna si sviluppi fiorente grazie al-
atque soporantes protegat ipse vigil. la divma sollecitudine e, al momento della maturazione, sia bella dei
,, Florea divino pinguescat vinea cultu suoi grappoli, per riempire di frutti eterni i granai del cielo, perché le
et 1natura suo sit speciosa botro, anime bevano le acque di una fonte viva e così non le tormenti quella
fructibus aeternis ut compleat horrea caeli, sete per la quale un tempo si richiese l'aiuto di Lazzaro, che col suo
un de animae vivo fonte fluenta bibant, dito inumidito ne mitigasse l'arsura. Ma conduca piuttosto le pecorel-
ne sitis excruciet, digito quam Lazarus udo le, ricoverate nel proprio tranquillo seno, verso il cielo, per collocarle
Jo ignem utleniret, tunc petebatur opem 9, nel grembo fiorito di Abramo (28), perché, raddoppiando così il ta-
Sed magis in gremio Ahrahae vernante locandas lento che. gli era stato affidato con lungimiranza, entri nelle vere gioie
pastor oves placido ducat ad astl'a sinu, dd suo S1gn~re. S~reno possa. egli vivere sotto la chiave di Pietro gra-
ut bene commisso sese duplicante talento zie ali~ dottrma di Paolo tra 1 cori celesti, nello splendore della luce,
introeat Domini gaudia vera sui io. dove sl trovano il forte Atanasio, l'illustre Ilario, il dovizioso Martino e
,, Laetus aga! sub clave Petri, per dogmata Pauli il soave Ambrogio, ove Gregorio risplende, il santo Agostino investe
inter sidereos luce micante choros, della sua luce, Basilio scintilla e Cesario brilla (29).
fortis Athanasius qua clarus Hilarius adstant, . Segue~do le loro imprese e adempiendo con fedeltà i loro precet-
dives Martinus suavis et Ambrosius, ti possa egli esultare, an1messo ad aver parte alla vita eterna· e corona-
Gregorius radiar, sacer Augustinus inundat, to con una giusta ricompensa per le sue fatiche, il soldato 'ot~enga un
40 Basilius rutilai Caesariusque micat. posto nella reggia del cielo (30).
Quorum gesta sequens et dieta fideliter implens ,,,,
perpetuae vitae participatus ovet
atque coronatus digna mercede laborum 4. ANCORA, PER r: ANNIVERSAIUO DI O!IDINAZIONE
obtineat miles regis in aree locum. DEL VESCOVO GREGORIO,
QUANDO GLI FU CHIESTO DI RECITARE UN'ANTIFONA.
VERSI DECLAMATI A TAVOLA (31)
IV. lTEM VERSUS IN NATAL!C!UM GREGORII EPISCOPI,
':I I CUM ANT!PHONAM DICERE ROGARETUR, IN MENSA DICTUM Per i meriti di Martino possa tu, o Gregorio, per lungo tempo,
sostenere come pastore della città il gregge di Tours. Nelle sacre as-
Martini meritis per tempora longa, Gregari, semblee tu sia norma di vita per i devoti (32) e, con il tuo esempio si
Turonicum foveas pastor in urbe gregem. accr?sca il ~restigio della. dignità ~he hai acquisito. La tua lingua p~r
Conciliis sacris sis norma et vita piorum ga al popoli la luce degli apostoli e il dono del cielo rifulga del tuo
exemploque tuo cresca! adeptus honor. splendore (33).
Lumen apostolicum populis tua lingua ministre!
et caeli donum te radiante micet.
et sine quo nullum praevalet esse bonum, O Cristo, che operi egregiamente nei tuoi venerabili servi, è giu-
lumine perspicuo fecundans pectora v~tum, sto ·che risuoni sempre la tua lode: tu ispiri l'animo, infondi il deside-
ut populis generent viscera sancta fidem, rio e il suo compimento, senza di te nessun essere buono può prevale-
'1 ositi u quorum ore corusco
supra cand e1abrum P . ' re. Tu fecondi di una luce diafana i cuori dei profeti, perché le loro
dogmatis igne m1cans luceat ahna domus sante viscere generino la fede nei popoli (35). Essi sono posti sopra il
etvelut est oculus capitis qui dirig1t artus, candelabro: perché grazie alla loro voce brillante la santa dimora rilu-
sic pia pastoris cura gubernet oves. ca risplendente del fuoco della dottrina e, come l'occhio della testa di·
rn
Pectora pontificum di.tans v1rtute
. supern?, rige gli arti, così la misericordiosa attenzione del pastore possa guidare
tu Deus omnipotens, summe, pe~~nn1s apex, le pecore. Tu arricchisci con la tua virtù celeste i cuori dei vescovi; tu,
Spiritus ahne, sacri labiis infusus Avm, .. Dio onnipotente, somma e perenne maestà, Spirito che dà vita, infuso
per famulum loqueris, crescat ut ordo greg1s. sulle labbra del santo Avito, tu parli per mezzo del tuo servo perché.si
accrescano le file del tuo gregge. Egli, non accontentandosi del nume-
riore di alcuni anni all'avvenimento, mentre il carme di Venanzio è stato scritto po-
chissimo teinpo dopo il fatto. Per un confronto fra i due resoconti si rinvia a M.
REYDELLET, La conversion des Jutfs de Clermont en 576, in AA.VV. De Tertullien,
371-379.
(35) Inunagine audace, che pone i profeti, gli apostoli e i vescovi sullo stesso
piano della Vergine: come questa ha generato Cristo, così quelli hanno generato la
fede.
~!
I
CARMI, L. V, 5b
CARMINA, L. V, Vb
Plebs armante fide iudaica tempia revellit rola a1 nbell1 della legge d1 Mose, che I ira rendeva violenti: «Che fai o li i.i:
w et campus patuit quo synagoga fuit.
Tempere quo Christi repedavit ad alta potestas,
stuol~ giudai~o, antichità rimasta nell'ignoranza? Impara a credere da '
'I''1
vecchio per rmnovare la tua vita. La bianca canizie comprenda cose
ille quod ascendit, res inimica ruit. più profonde della gioventù; concepisci pensieri maturi, laddove pri-
Hic tamen antistes Moysei lege rebelles m~ ~rana puer1h. Il .tuo letargo non abbia vergogna di seguire una via
alloqnitur blande quos dabat ira truces:
m~gho~e: la vecch1a1a, mentre si spegne nel corpo, cresca nell'onore.
,, «Quid facis, o iudaea cohors nec docta vetustas?
Dio esiste - argomento di fede imperscrutabile - uno e trino trino e
uno: 1;1n'unica maestà che consiste di tre distinte persone. Infa~ti il PaH
ut vitam renoves, credere disce senes.
Lactea canities sapiat maiora iuventae; dre e 11 Figlio e pure lo Spirito Santo sono la stessa cosa: cosi tutti e tre
sensum pone gravem quo puerile fuit.
hann~ ,un unico P?tere, un solo operare, una sola dignità) un solo troH
Non pudeat meliora sequi ve! tarda veternus,
no. C10 proclama il vostro legislatore (40), ciò crede il patriarca Abra-
40 corpore deficiens crescat honore senes. mo: per questo egli è nostro padre, perché la sua fede è la nostra. Vede
Est Deus, alta fides, unus trinus et trinus unus:
tre persone eguali, ne venera e adora una sola; una ne prega con la vo-
personis propriis stat tribus unus apex.
ce, tre ne lava con un catino. Così, allo stesso modo dello zio Lot ac-
coglie e ospita i.viandanti; egli li sfamò a Sodoma, essi lo po~arono a
Nam pater et genitus) quoque sanctus spiritus idem;
sic tribus est unum ius, opus) ordo, thronus.
Segar. Quando il Signore nato dal Signore fece piovere fuoco distrut- ,:: '·:i
" Legifer hoc reboat, patriarcha hoc credit Abraham: tore su Gomorra, erano il Figlio e il Padre, il Signore dal Signore (41).
' 'I
hinc pater est nobis, est quia nostra fides. 'i .. "1
'~
Il tuo fattore e creatore è anche il mio: siamo creatura di colui che è '
Tres videt aequales) unum veneratus adorat,
unum voce rogat, tres quoque pelve lavat 13.
Sic patruo similis Loth suscipit hospes euntes; (36) L'espressione Iudaeus odor si rifà a un'immagine biblica: Gen 27 27· Es 5
quos cibat in Sodomis, hi rapuere Segar. 21; 2 Cor 2, 15. ' ' '
Cum a Domino Dominus pluit igni triste Gomorrae, . (37) Venanzio accosta qui due immagini bibliche, quella del popolo di dura
filius et pater est, a Domino Dominus. cervice (Es 32, 9; 33, 3; 34, 9; Dt 9, 6) e quella del giogo soave di Cristo (Ml 11 29-
30). ,L'.effetto. è quello di presentare il rifiuto ostinato dei Giudei di riconosce;e in
Qui tuus) ipse meus stat conditor atque creator, Gesu il Messia, quale l'ultima e la più grave di un'ininterrotta serie di infedeltà da
huius plasma sumus qui est trinitate Deus. parte del popolo eletto.
(38) Allusione alla circoncisione.
(.39) Il giorno dell'Ascensione, giovedl 14 maggio 576.
(40) Mosè. .,I'
. (11) Ve~~nzio fo.rnisce q17i, tre figure veterotestatnentade dell'unità e trinità di 1'
Dto, L appar1z1one d~ tre ospttl ad Abramo in Mambre, i due forestieri accolti da .i:,.
i!
~ot (secondo AuG. trzn. 2, ~2, ~2, Figlio e lo Spirito Santo), la pioggia di fuoco su
12 Cf. 2 Cor. 3, 13ss. 13 Cf. Gen. 18-19.
f
d0 ~ma e q.omorra. 9uest ultima e adoperata come argomento trinitario, a motivo
e 1espresstone Domtnus pluit ... a Domino (Gen 19, 24) da I-IIL. trin. 4, 29.
i!'·
27. VEN. FORT. carm. 4, 10, 18. ~ 47. lUVENC. 1, 403: si me venturus adores. !i
300 CARMINA, L. V, Vb CARMI, L. V, 5b JOI
55 Unius estis oves, heu, cur non uniter itis? Dio in un'unica Trinità. Siete pecore di un solo pastore, ahimè, perché
sit, rogo, grex unus, pastor ut unus adest. non camminate assieme a noi? Vi prego, che ci sia un solo gregge, dac-
Rennuis? an recolis quod canna davitica pangit ché un solo pastore ci assiste. Recalcitri? Dunque non ricordi ciò che
quodque prophetali virgine fetus agit 14? canta il flauto di Davide (42) e ciò che operava colui che è nato dalla
In cruce transfixus palmis pedibusque pependit Vergine cantata dai profeti? Trafitto sulla croce, fu sospeso per le mani
w sed corrupta caro non fuit ex tu1nulo. e per i piedi, ma la sua carne non fu corrotta dal sepolcro; ritorna al
Post triduum remeans sanat nos vulnere longo: terzo giorno e ci guarisce da un'antica ferita. Che poi sia ritornato ai
quod rediit caelis, testis et ista dies. cieli, lo testimonia questo giorno. Credi alle mie parole o credi alle tue,
Crede meis aut crede tuis, convicta senectus, vecchio popolo, persuaso del tuo errore se sfuggi e tremi e non leggi
si fugis ac trepidas, nec legis ista legens. queste prove, pur leggendole. Stiamo prolungando il discorso mentre
"' Protrahimus verbum brcvitatis tempore longum: il tempo è poco: o acconsenti alle mie preghiere, oppure, ti prego, al-
aut admitte preces aut, rogo, cede loco. lontanati da qui. Qui nessuna violenza ti schiaccia, radunati libera-
Vis hic nulla premit, quo vis te collige liber: mente dove vuoi: o sii mio seguace oppure rimani in balìa di te stesso
aut meus esto sequax aut tuus ito fugax. e fuggi via. Restituisci la terra, straniero, porta con te i tuoi contagi:
Redde, colone, locum, tua due contagia tecum, oppure sia questa la tua dimora, purché ci unisca un'unica fede». Il ve-
10 aut ea sit sedes, si tenet una fides». scovo disse a quegli uomini con voce benevola queste pie parole, per-
Haec pia verba viris miti dedit ore sacerdos ché la strada del loro cuore andasse dove più a loro piacesse.
ut sibi quo libeat semita cordis eat. Ma la moltitudine dei Giudei, indocile sotto lo stimolo della fol-
lia, si raccoglie, si sottrae e alfine si nasconde in una casa. Quando i fe-
Ast iudaea manus, stimulante furore rebellis, deli di Cristo vedono che le file dei bas_tardi (43) si stanno serrando,
colligitur, rapitur, conditur inde domo. all'istante assaltano il luogo ove si nasconde quell'inganno. Non appe-
n Christicolae ut cernunt tunc agmina 1nanzara iungi, na avessero emesso w1 sussurro, avrebbero patito un giusto castigo
protinus insiliunt qua late! ille dolus: soccombendo di spada, oppure la fede avrebbe fornito loro le armi
si fremerent, gladiis sentirent iusta cadentes per potersi salvare. Sopraggiungono i loro messi recando un messag-
vivere quo possint aut daret arma fides. gio al profeta: «Noi, lo stuolo giudaico, siamo oramai tuoi prigionieri.
Legati occurrunt vati mandata ferentes: Guadagna a Dio persone che vogliono vivere, non farci morire. Se si
«Nos iudaea manus iam tua caula sumus. perde tempo, noi moriamo e svaniscono i tuoi profitti. Allunga veloce
Ne pereant, adquire Deo qui vivere possunt. il passo: se non ti affretti con rapida corsa, o padre, dovrai piangere la
, I' Si mora fit, morimur et tua lucra cadunt. morte dei tuoi figli». Vinto da questi pianti il vescovo, pieno di com-
Tende celer gressum, properes nisi praepete cursu, miserazione, si lascia accompagnare per portare, secondo il rito, aiuto
funera natorum sunt tibi flenda, pater». e salvezza a quei disperati. Arrivano nel luogo ove quella folla ribelle
B.'l Fletibus his victus rapitur miserando sacerdos, si nascondeva rinchiusa; questa viene loro incontro e, tra le lacrime,
I ;I
ut ferat adflictis rite salutis opem. quelle bocche prorompono in preghiere: «La mente di chi osserva la
Perveniunt quo clausa loco fera turba latebat, legge giudaica è restia al bene e tardi vede la luce, quando già il giorno
quae occurrens lacrimis ingerit ore preces: va declinando. Parimenti un velo è da sempre steso davanti agli occhi
«mens est tarda boni iudaica iura tenenti, del nostro cuore, cosicché esso, accecato, ignora dove lo guidi la via
lucem sero videt praetereunte die. retta. Ma alfine, o pastore, noi ti seguiamo là ove spesso ci invitavi, tu
Sic oculis cordis velum est ab origine tensum 15, che fai correre le pecorelle grazie a un sale cosl dolce. Abbi ormai per
I. caecus ut ignoret quo via recta vocet 16,
Sed tandem sequimur, pastor, quo saepe monebas,
qui sale tam dulci currere cogis oves.
(42) Allusione ai salmi di cOntenuto messianico, come il 2, il 21, il 44, il 71, il
109.
(43) Manzara è trascrizione della parola ebraica mamzer (?100), che significa
14 Cf. ls. 7, 14. 15 Cf. 2 Cor. 3, 13-16. 16 Cf. Is. 6, 10; Mt. 13, 13; "figlio bastardo", e che si trova così traslitterata nella Vulgata, Dt 23, 2. Si iscrive
Mc. 4, lls.; Le. 8, 10. dunque nella polemica contro i Giudei: il vero Israele è ora costituito dai Cristiani·
gli Ebrei che non hanno accettato la nuova legge sono decaduti dall'eredità di Abra~
83.CLAUD. 3, 262: volucrls_ non praepete cursu. - 84. IUVENC. 10, 240: ut vt'geant mo e dei profeti, e stanno ai Cristiani come i figli bastardi stanno a quelli legittimi;
animi; ducenda tamen sunt I /unera natorum. cf. del resto manzeres populi detto ancora dei Giudei in SEDUL. carm. pasch. 5, 256.
302 CARMINA, L. V, Vb CARMI, L. V, 5b 303
,, Credentes iam crede tuos nec fallere falsis: credenti i tuoi fedeli, noi non t'inganniamo più con false dottrine, noi
nos lavacrum petimus, sit tibi praesto lacus. chiediamo il lavacro del battesimo: ti si porti una vasca. Noi abbiamo
Sensimus effectu quod agebas rite precando, tangibilmente sperimentato il valore delle tue preghiere secondo il ri-
quod per te bominem nos Deus ipse monet». to (44): attraverso di te, uomo, è Dio in persona a istruirci». Egli dun-
Hinc trabit ad lucem quos texerat umbra negantes que fa uscire alla luce coloro che, quando negavano, erano avvolti
100 militiaeque novae rex aperibat iter. dall'ombra e il Re apriva loro la strada per una militanza nuova. Schie-
Agmina conveniunt quondam diversa sub unum re un tempo contrapposte si riuniscono sotto un solo capo e Dio di-
partibus et geminis fit Deus unus amor. venta l'unico amore per quelle due parti. Così il mantello delle pecore
Hinc oleari ovium perfunditur unguine vellus è cosparso di olio di oliva e il gregge, grazie a tale aspersione, assume
aspersuque sacro fit gregis alter odor. un altro odore,
Ecco, era il giorno in cui lo Spirito Santo inviato dal!' alto discese
'°' Ecce dies aderat qua spiritus almus ab alto sulle teste degli apostoli (45). Questa solennità coinvolge gli abitanti
missus apostolicis fluxit in ora viris. delle campagne e tutti i cittadini, e a gara calpestano le strade diretti
Res sacra ruricolas, urbanos excitat omnes alla pia celebrazione. I}odore giudaico si purifica col divino battesimo
certatimque aditus ad pia festa terunt. e dalle acque emerge, riconciliata, una nuova progenie. I} odore del
Abluitur iudaeus odor baptismate divo crisma si sprigiona dalle teste su cui è versato e il suo soave effluvio
110 et nova progenies reddita surgit aquis. supera lo stillare dell'ambrosia, La nuova Pasqua è celebrata con un
Vincens ambrosios suavi spiramine rores numero grandissimo di persone e dalla stirpe del lupo sono nate delle
vertice perfuso chrismatis efflat odor. pecore. Un popolo accolse un popolo, una comunità accolse un'altra
Ingenti numero celebratur pascha novellum comunità: coloro che non lo erano per stirpe divengono imparentati
ac de stirpe lupi progenerantur oves. grazie al fonte. Da ogni parte la luce delle candele tenute nelle mani
m Excepit populus populum, plebs altera plebem: sfida quella delle stelle: crederesti che siano stelle che si muovono tra-
germine qui non est, fit sibi fonte parens. scinando le loro chiome. Di qui c'è il latteo colore delle vesti, di Il il
Undique rapta manu lux cerea provocat astra, bagliore di una fiaccola e il giorno si dipinge di luci variegate; esso ri-
credas ut stellas ire trahendo comas. splende non meno solennemente di quel giorno che donò, esso solo, la
Lacteus bine vestis color est, bine lampade fulgor facoltà di parlare lingue diverse.
120 ducitur et vario lumine picta dies Quale, chiedo, era allora lo stato d'animo del vescovo Avito?
nec festiva minus quam tunc fuit illa coruscçins Quanto era intenso il suo ardore, dacché offriva questo dono a Dio?
diversis linguis quae dedit una loqui. Anche il vescovo risplendeva tra i candelabri, brillava per il fuoco del-
Quis, rogo, pontificis fuit illic sensus Aviti? lo Spirito che si espandeva nel suo intimo. Come si sentiva in quel mo-
quamvalidus fervor, cum daret ista Deo? mento, mentre offriva un olocausto così vero, visto che un'ostia viva è
,,, Inter candelabros radiabat et ipse sacerdos gradita al Dio vivo? Se il patriarca trovò grazia perché offerse il suo
diffuso interius spiritus igne micans. unico figlio, quale grazia otterrà chi offre così tante creature? Quale
Tum sibi qualis erat tam vera holocausta ferendo, sarà la ricompensa di chi acquista a Cristo coloro che Mosè non è riu-
cum libeat vivo hostia viva Deo? scito ad assoggettare alla nostra fede? Egli ha sparso sull'altare del Si-
Si patriarcha placet quoniam natum obtulit unum, gnore un'offerta aromatica e ha inviato alle stelle un nuovo incenso iI'
"" ·qui tantos offert quam placiturus erit 17? per il suo Dio. Ha ottenuto ciò che desiderava, poiché ha radunato le
:I
Moyses non valuit fidei quos subdere nostrae sue pecorelle sotto un unico ovile e, come pastore, trae gioia dal suo
qui Christo adquirit quod sibi munus erit? gregge color della neve.
li
Fudit aromaticum Domini libamen ad aram I
incensumque novum misit ad astra Deo. ;I'
* *
* * * *
Haec inculta tibi reputa, pater altne Gregari, Considera come donati a te, Gregorio, padre santo, questi versi
qui Fortunato non valitura iubes. non curati, tu che ordini a Fortunato cose che non è in grado di fare.
Adde quod exiguum me portitor inpulit instans Considera inoltre che il tuo messo, incalzandomi, mi ha dato poco tem·
et datur in spatiis vix geminata dies. po e a fatica mi è stato concesso un lasso di due giomi. Noi sappiamo
Novimus affectu potius quo diligis illum piuttosto quale sia l'affetto con cui tu ami colui che da costi vedi col
bine quem corde vides semper et ore tenes. cuore e che hai sempre sulla tua bocca (46). E non ti basta essere tu
Hoc tibi nec satis est huius quod es ipse relator: stesso il suo cantore: tu induci anche gli altri a celebrarlo a parole. Non
conpellis reliquos plaudere voce sibi. fu senza uno scopo che egli promosse te, suo discepolo: tu gli sei fedele
"' Non fnit in vacuurn quod te provexit alumnum: nel cuore e lo ricompensi con altrettanto affetto. [}Onnipotente conce·
sic cui mente fidem reddis amore vicem. da a te di celebrare lui e a lui di celebrare te nel ricordo di hmghi seco·
Annua! Omnipotens longo memoraliter aevo Ji. Entrambi poi ricordatevi della mia umile persona e, nella speranza
ut tu laus illi, laus sit et ille tibi. di ottenere perdono, recatemi laiuto della vostra voce.
Me quoque vos humilem pariter memoretis utrique
et pro spe veniae voce feratis opem.
6. A S!AGRIO, VESCOVO DI AUTUN (47)
VI. AD SYAGRIUM EPISCOPUM AUGUSTIDUNENSEM - Fortunato al signore vescovo Siagrio, signore santo e assai degno
della sede apostolica.
Domino sancta et apostolica sede dignissimo domno Syagrio . 1. Nella pigrizia di un ozio insensato, quando la mente inebriata
papae Fortunatus. vaneggia, abbrutita per il dilagare continuo del deperimento, e come
1. Torpore vecordis otii, quo mens ebria desipit diutina tabe impregnato dal torpore snervante di un sonno indolente, sonnecchian·
morbescente brutiscens, et velut ignavi soporis hebetante marcore _do senza che mi stimolasse alcuna attenzione per un'occupazione cui
suffectus, negotii indulti nulla mordente cura dormitans, curn vi· dedicarmi, poiché mi sembrava evidente che trascuravo la lettura e
deretur scilicet tam lectio neglegi quam usus abuti, neque nanci· non avevo più pratica di far poesia (48), che non si sarebbe data !'oc·
sceretur quicquam occasionis ex the1nate ·quod digereretur in poe~ casione di trovare tm soggetto da trattarsi in versi e che, per così dire,
si, et, ut ita dicturn sit, nihil velleretur ex veliere quod carminare· nulla avrei potuto strappare dal mio mantello che potesse poi essere
tur in carmine, intra me quodammodo me ipsum silentio sarcofa- reintessuto in versi, seppellendomi in certo qual modo dentro me stes·
10 gante sepeliens, et cum nulla canerem) obsoleto linguae plectro ae- so in un silenzio di tomba e che, poiché nulla più cantavo, mi sarei ar·
ruginavissem, tandem nec opinato concaptivo meo, sed tamen ut rugginito non adoperando più il plettro della lingua, alla fine, un mio
arbitrar vestrae felicitatis ad me sorte delato, quis, unde, quidve compagno di prigionia piombato qui da me all'improvviso e dunque,
deferat dum percontor, de fili calamitate suae necessitatis, meae come credo, per intervento della tua beatitudine, mentre mi informa·
vo su chi fosse, donde venisse e che cosa portasse, egli proruppe,
esponendomi le cause dell'angoscia in cui lo aveva precipitato la ma·
lattia del figlio e i motivi per cui egli sperava nella mia compassione e
138. Ov. trist. 1, 3, 46: pro deplorato non valitura viro.
(46) Gregodo nomina Avito diverse volte nelle sue opere; in vit. patr. 2
praef. lo ricorda come proprio maestro (cf. del resto qui il v. 145). P.ri~ioniero; co1n~ risarciment? per la ~on1ma versata, egli ha co1nposto un laborio-
(47) I Siagrii erano una ragguardevole fa1niglia del sud-est della Gallia. s1ssuno carmen figuratum, un opera d arte da donare al presule, nell'elaborazione
Tra i tnembri di maggior spicco si ricordano Egidio, uno degli ultimi generali ddl~ quale dietro ogni l~ttera inserita si nasconde una trappola che può impedire il
romani nella Gallia settentrionale, e suo figlio Siagrio, che dopo aver costituito pros~;guo del~' opera: ~gh du~que. ha fatto prig!oniero se stesso (una prigionia poeti"
un regno autonomo nel nord-est della Gallia, fu sconfitto da Clodoveo a Sois- ca, s intende) 1n catnb10 del rilascio (reale) dell uo1no. Tutto il tono del discorso ver-
sons: cf. Grmc. TUR, Frane. 2, 27. Il Siagrio destinatario di questa lettera fu or- te sui due concetti di prigionia e di riscatto: ricorrono più volte termini come
dinato verso il 561 da Gennano di Parigi: cf. VEN. FORT. vita Germ. 63. Duran- munus, merx, carus, venalis, solvere, e vedremo che sia il contenuto che la forma del
te il suo episcopato s'itnpegnò per favorire la 1nissione in Inghilterra diretta da carmen figuratum insisteranno sul 1nedesimo tema,
sant'Agostino di Canterbury: cf. GREG. M, epist. 8, 4; 9, 213; 9, 222. Il contenu- (48) Ci si distacca qui dal testo di M. Reydellet, che congettura !usus per usus,
to dell'epistola è stato recentemente illu1ninato dalla GRAVER, Quaelibet auden- tradendo però così l'evidente giuoco di patole etimologico usus/abuti certamente
di, 226-2.36. Il poeta invita Siagrio a pagare il riscatto per la liberazione di un _voluto da-Venanzio. '
<I
· 11'
CARMINA, L. V, VI CARMI, L. V, 6 I
~ : · 1, '
.h,,j!;
:;:·:,:il·
' 1 ·1 1!·
compassionis, vestrae mercedis causas, indice singultu vix laxantei nella tua carità: i singhiozzi gli lasciavano a fatica la possibilità di par- :i
15
prorupit: quo voce int:rcepta tari: ~isce~um ~aer~re quam lu~ lare. La sua voce, rotta dall'afflizione delle sue fibre e i suoi occhi ri-
num flumine dum loqu1 non permltl1tur, ipso s!le>ltlO patrem lacri- fluenti di lacri;i1e non gli per?'ettevano di esprimersi: proprio in quel
mae fatebantur; quia, dum anxius in verbo genitor pendit nec ex- silenzio le lacrune rivelavano 1 suoi sentimenti di padre, poiché mentre
primit, tacente faucis organo, pupilla fletibus loquebatur. Tantum agitato e titubante proferiva parole smozzicate senza farsi capire, men-
est in caritate natura quod praevalet, ut parens ante se prodat af- tre taceva la lmgua nella sua bocca, era la pupilla a parlare col pianto.
Taoto è forte la natura nella carità, che un genitore si rivela con il sen-
i··,
1.,,
II
'" fectu quam labio. . . "
2. Fluebant igitur lumina suggestionem suam blandito ploratu timento prima che con le proprie labbra. 1; '"
i",'
'
conpunctam, ut etiam quamvis crudelem redd~rent lamenta cle- 2. Dunque la sua supplica fluiva dai suoi occhi, segnata da un de-
mentem; inrigabant lacrimae tam semen m1ser1_ae quam f:ugem licato pianto, tanto che i suoi lamenti avrebbero reso clemente anche
misericordiae 18: uno fonte manabant res maeror1s et muner1s, un- l'uomo più crudele; le sue lacrime irrigavano tanto il seme della di-
" de luctus et merces, ut unus rigans oculis alter bibens auribus, sgrazia quanto la messe della misericordia: da una stessa fonte scaturi-
quod iste torcularet in f!etu ille apothecaret in fructu. vano la tristezza e la consolazione - da qui il pianto e la ricompensa -
3. Itaque signo singulti fecit se intellegi mens captiva: et quasi di modo che, stillando dagli occhi l'uno, assorbendo con le orecchie
speculariter traxit maeror in facie qui videbatur angor m ~orde. l'altro, quello raccogliesse e mettesse da parte ciò che il primo aveva
Unde inter tacentes causa rerum cogmta, dum apud me valu1t hoc tratto dal torchio del pianto. i
,
0
fari quod fiere, videbatur affectus mire sin~ Hngua ~k loqui .. 3. Così la sua anima prigioniera si faceva intendere tramite il sin- !
4. lgitur cum me moveret lamentabihs con~1v1s tam iactura ghiozzo e la tristezza del volto riproduceva, quasi come uno specchio, I
quam patria, cum cernerentur vultus patris p~etatls 1mbre perfun- l'affanno che s1 mtravvedeva nel cuore. In seguito, poiché si capì, ben-
"'
di, ut paene totus et ipse in alieno aff~ctu m~grarem,_ lac'.1?'antes - -, ché tacessimo, la causa di ciò che accadeva, dacché per me i suoi pian-
ti erano alla stregua di parole (49), le sue emozioni sembravano in cer-
,'"''I
il.
oculi querellas mihi fixerunt ad vicem mcaustl et adm1rab1h modo 1:1
to modo parlare miracolosamente senza bisogno della Hngua. ;!
,, aqua, quae delere solet, per fletus scripsit. Quis eni';' flenti non i
crederet quem lapis non genuit? Quem non humamtas flecteret 4. Dunque, poiché sia la sventura deplorevole di questo mio con-
quem partus tigridis non effudit? cum lentisc~t blanditiis cursus cittadino che il pensiero della sua patria mi commovevano, poiché ve- ,Ii
pardi, virtus apri, dens leonis et moles elepha_nti. . . devo il suo volto di padre perfuso dall'acqua della pietà, tanto che an- , I
5. Qui tandem sedato querellarum strep1tu doloris si;1 prosp~- ch'i? m'i~?"edesimai quasi _del tutto negli affetti di un'altra persona, i ljl
'I
'" rum te designai antidotum: scilicet dum aeger mente s1b1 posclt suoi occh1 m preda alle lacrime mi segnarono di lamenti come fossero "'I',
medellam, si se dignanter inpendat vestra lingua sit malagma. Quo - ~ inchiostro e in modo prodigioso l'acqua, che solitamente cancella, at- ,,I
loquente media per verba me miscens, mihi de vobis credulus fl- traverso il suo pianto scrisse. Chi infatti, che non sia stato generato da li.
11' I
dem feci homini, ex hoc per me te consul1, se non flere'. .. u11a pietra, potrebbe non credere a chi piange? Chi, che non sia stato 'i.
dato alla luce da una tigre, non potrebbe essere piegato dai sentimenti I ''
6. Restabat tamen conici utrumne pro redemptlone dmge-
" rem: quod suboles valeret? an quod vobis p~oficeret? de co?"~e? umani? Visto che con le carezze si placano la corsa del leopardo, la
dio cogitans, ne vilitate pretii depretiaretur t1b1 me'.ces capt!Vl; il- forza bruta del cinghiale, il dente del leone e la potenza dell'elefante?
lud certe metuens, si caperetur in nummo, res per1ret m t~ento: 5. Finahuente egli, placato il fragore delle lamentele indica in te
praesertim cum desidere1n, thesauros ex aequo te tuo frul cum il benefico antidoto al suo dolore: secondo lui, alla ricerc~ di una me-
dicina per la malattia del suo spirito, la tua parola sarà il suo unguen-
martyre.
to, se si degnerà di intervenire in suo favore. Mentr' egli parlava, io
m'i~serivo. in mezzo ai suoi discorsi e, forte della mia fiducia in te, gli
dettl la mia parola che tu saresti stato consultato da me e lo pregai
pertanto di non piangere più.
. 6. Restava _nondimeno da d~cidere che cosa potessi proporti per
18 Cf. Ps. 125, 5. il suo riscatto: il controvalore di questo tuo figlio? Oppure qualcosa
che ti sarebbe tornato utile? Ero restio all'idea di risparmiare, temen-
6, 3. VERG. georg. 2, 490: rerum cognoscere causas.
do che con un prezzo assai basso il prigioniero divenisse per te una
(49) Fiere è correzione di M. Reydellet per /!eri o fiert' dei man?.scritti. merce deprezzata; questo poi soprattutto temevo che se si fosse calco-
(50) San Sinforiano, martirizzato ad Autun nel sec. III, sotto l 1IDperatore lato il suo valore in contanti, avrei dissipato il ~io patrimonio in tale
Aureliano· si veda M.-0. GARRIGUES, Sinforiano di Autun, BS XI, 1968, 1216- pagamento, tanto più che io desidero che tu possa godere del roio te-
1217. Nei' paragrafo seguente la citazione è tratta dall'ars poetica di Quinto
soro assieme al tuo martire (50). ·
Orazio Fiacco (65-Sa.C.).
CARMINA, L. V, VI CARMI, L. V, 6 309
308
'° 7. Quid vero pro munere modicitas proferret? Cm~ in ele- 7. Che dono potevano dunque offrirti le mie scarse risorse?
ctione cunctarer, venit in mentem litargico dktum Flacc! Pmdarici: Mentre in~~giavo !n tale decisione) quasi in stato di letargia, mi venne
pictoribus atque poet!s in rnente cio che disse Placco il pindarico:
quaelibet audendi semper fuit acqua potes'.as'. «Ai pittori e ai poeti
Considcrans versiculwn, si quae vult artlfex perm1sc1t uterque, fu data sempre egual facoltà di osare ciò che volessero». .
cur, etsi non ab artifice, n1isceantur utraque, ut ord1retur una tela Riflettendo su questi versi, se è vero che gli artisti di queste due disci-
55 pline mescolano ciò che vogliono, perché) anche senza essere artisti,
simul pocsis et pictura? . . non 1nescolare le due arti tra loro, in modo che poesia e pittura siano
8. Dehinc cum pro captlvo velim versu suggercre, ad'.cndcns
quae fucrint tempora Rcdemptoris,. qu.oto nos suae actaus an~o contemporaneamente ordite su un'unica tela?
Christus absolverit, totidcmquc vers1culis texercm carmen .quot ht- 8. In seguito, poiché volevo difendere in versi il prigioniero, po-
'" teris, hac protenus operis difficultate repulsus aut mag1s dif.ficulter nendo mente a quantl fossero gli anni vissuti dal Redentore, in quale
inclusus tam metri necessitate quam litterarum ep1to~e quid face- anno della sua età Cristo ci avesse liberato, ho steso un carme di al-
rem, quo prodircm? Nova calculatfone angustus m1h1 n~merus ~~ trettanti versi quante sono le lettere di ogni verso (51). Pui immediata-
gustias dilatavi!, quia praefixo tcrmmo non erat ~cc ub1 se prohx1- mente sconfortato dalla difficoltà di una tale opera, o piuttosto ne fui
. ' tas excuteret aut brevitas angularet, nec evagar1 propter descen~ inestricabilmente imprigionato: sia dalla costrizione del metro che dal
'i " dentes versus frenante repagulo orditura permisi!. In qi;o quippe numero fisso delle lettere. Che cosa avrei dovuto fare? in che direzio-
exordio supercrescente apice non licuit ve! solvere ve! fila laxare, ne avrei dovuto proseguire? Dopo un nuovo calcolo mi accorsi che il
ne numerum transiliens erratica se tela turbaret. __ --:-::- nut?ero limitato di lett~re accresceva le inie angustie, poiché, con un
9 Hinc cura commoveor, ut duo per capita, duo ex obliquo,_ lE!ll limite prefissato, non v1 era posto ove la prolissità potesse dispiegarsi
unus v~ro per medium discendentes int~gri versiculi le~erentur. 'if né ove la brevità potesse contorcersi e lo schema, con la sua barriera
Altera pars restiterat, quam inter omnes litteram md1tullio conio, ~-~~.
1
costrittiva, ngn permetteva di divagare, a motivo dei versi posti in ver-
70
carem, quae sic rec1peret 01nnem ut offenderet ne~1nem. --";!·:---.
ticale. Infatti in tale trama non era possibile né rompere né allentare le
10. Igitur huius telae cum licia nu~e~o. colleg1ssem, ~t texere_,~J!j fila. qual01:a ~i v~lesse una lettera in più, altrimenti la tela che si dispie-
coeperam, et se et me fila rumpeb.ant: mc1p1ens. ego operi propter ·.·~ ga m ogni direzione, oltrepassando il numero stabilito, sarebbe stata
absoluturum ligari atque mutata v1~e, dum capuv1 sol~ere. lora c~-;{!! sconvolta.
pio, me catena constringo, Nain. hu1_us oi:uscuh qua.e slt hmc co1:1" .~ 9. Perciò mi sono impegnato perché si leggessero dei versi com-
75
citur difficultas: ubi cum voluer1s, si add1s, crescit hnea; subtrahìs, pleti in verticale: due lungo le estremità, due in diagonale uno lungo il
perit gratia· .inutas non consonant capita; figis nec fugis litteram.
11 mezzo. Rimaneva l'altra parte: quale lettera collocare nel ~ezzo fra tut-
11. Itaque cui'n pendere! baec tela versibus laqueata, ut .si duo _ te, in modo che andasse d'accordo con tutte e non ne offendesse alcuna.
transirem adhuc tria non fugerem, ego incautuS passer quasi men· .:W· ., 10. Dunque, quando ebbi raccolto secondo il numero fissato i fili
., tita per n~bila incurri Ranther'.'111, qui~, quod cavere vd~b.am, h~c
pinna ligabar, aut magis, ut dictum. s1t, velut plumis mhtls, qum: ~
i;fi --- di questa tela, cominciai a tessere e subito i fili si rompevano e mi
ro~pevano _la testa: io cominciavo a trovarmi incatenato in un'opera
quifida viscata tendebar; inter haec 1llud .m~ .commovens, quod ta- .~ scr1t:a. per liberare un prigioniero e, per un reciproco mutamento di
le non solwn feceram, sed nec exemplo simili trahente ducebar. -~ destlm, m~ntre cercavo di .sciogliere i lacci del prigioniero, stringevo
me stesso m catene. Infatti da qui s'intuisce quale sia la difficoltà di
~uesto lavoro: s~ tu aggiungi qualcosa dove ti pare necessario, la linea
~ s1 allun~a; togh qualcosa, leleganza scompare; cambi qualcosa, le
.;.~
1.~:· .-j
: ,'• estrem1ta non s1 accordano più coi versi verticali; inserisci una lettera e
•!;t
..
non puoi più evitarla.
~
I
scesse i carmi figurati di Ottaziano Porfiri.o: Su que.sto punto nesce pelo Con tutto ciò ero perplesso, non soltanto perché non avevo mai com-
le prestare fede al nostro poeta;.forse egl: intese ~tr~ che non aveva a cu!l ~ò~-:.:_i\5-~ pdosto una tale opera, ma perché non ero neppure guidato da un mo-
dello per questo specifico tipo d1 canne dt 33 versi dt 33 lettere con doppia e _. .;~
_ello che mi accompagnasse (53 ).
"~"..
CARMINA, L. V, VI CARMI, L. V, 6 31I
310
12, His incertus et trepidus ipsa novitate snspensus utrumne 12. Incerto e turbato per questi motivi e, per la novità stessa
85 temptarem guae nu1nquam adgressus sim, an cautius respuerem, dell'impresa, indeciso se tentare ciò che non avevo mai affrontato op-
quam incaute proferrem, tamen, licet invitus, loquor pae:i~ quod pure, più prudentemente, rinunciare a un'opera così temeraria, nondiM
· nescio; et tu me vincis amore, ne vincar ab opere. Ecce ex1g1s a tne meno, ancorché malvolentieri, parlo un linguaggio che ignoro· e tu
et quod in me vix invenis; violentiam facis qui tuus, non rebellis possa superarmi in benevolenza, perché io non abbia a socco~bere
est; extorques nec repelleris; amor blandus tyrannus est. sotto questo peso, Ecco, tu pretendi da me anche ciò che a fatica in
'" 13, Ut hoc pararem conmercii, per incertum pelagi rudis nau- roe puoi trovare; tu fai violenza contro chi è tuo e non è ribelle; tu
ta vela suspendi: affectu raptus deferor per fluctus et scopulos. Ur- f;;ic· estorci a chi non ti resiste: l'amicizia è una dolce tirannia.
guis me praecipitem per ignota transire: quid est quod non obti- ···m·.·.·.;.·,'. 13. Per dare corso a questo scambio, io, navigatore inesperto, ho
neas? Sicut amas) sic imperas. ":~f'.!i alzato le vele verso un mare malsicuro: preso dal!' affetto, mi lascio tra-
14. Habes igitur opus sic uno textu quadratum, ut sit legenda ~1· sportare attraverso onde e scogli. Tu mi spingi a passare a rotta di col-
95
quinquifidum; et cum sint triginta tr~s tam versus qua~ litterae,
ad similitudinem Christi carnalis aetatls, qua nos absolvit unus re- ;7G
.;
~·i· lo per regioni sconosciute: che cosa c'è eh~ tu non potresti ottenere da
me? Tu comandi con la stessa forza con cui ami.
surgens, adhuc duo per capita, duo ex obliquo, unus quoque per .1j;1·· 14. Hai dunque il mio lavoro, composto da un unico ordito di
mdium legitu~ in discensu: und~ fit ut se fiuito versu littera n?~ ;:~.-_•..• forma quadrata, in modo che, alla lettura, si presenti diviso in cinque
fin1ret, qu1a etsl m d1recto perven1t ad term1num, tamen cursus ilh _:;_ parti. E, poiché sia i versi che le lettere sono trentatré, a somiglianza
100
superest in discensu, quia adhuc ~oni:ingitur in fi_n.ali ver~i~ulo. . ·-.:~:-1 del!' età carnale di Cristo, nel momento in cui egli unico a risuscitare ci
15, In meditullio autem parvi hums opuscuh illam flxtmus hk~~ salvò, si leggono ancora, in verticale, due versi lungo le estremità, due
teram quae inter viginti tres numeratur permedia ac tantas ante se ~~,-~~ in obliquo e uno attraverso il mezzo. Accade cosl che la lettera non fi-
respicit quantas et post se transilit, quia concurrentibus versibus et. -:.. J nisca con la fine del verso, poiché, anche se è giunta al termine in linea
dividitur tota et manet integra res divisa. Littera vero quae tingui- ;.;~Ì.-. diretta (54), tuttavia le rimane il percorso in verticale, poiché fa anche
105
tur in discendenti versiculo et tenetur in uno et currit in altero eti --:=-~4 parte del verso all'estremità,
ut ita dicatur, et stat pro stamine et pro trama currit in tramite, ut--=-c--='=~ 15. Inoltre, nel centro di questa piccola operina ho posto la lette-
esse potesi in pagina licia litterata. ' '. ra che si trova esattamente nel mezzo delle ventitré lettere dell'alfa be-
16. Ne tamen causa nos oneret, quod velut aragnea arte vide- ·-··;1 - to e ha davanti a sé tante lettere quante ne ha dietro di sé, poiché i
mur picta fila miscere: quod vobis conpertum est in Moysi pro-·
19
--9 -· - versi che in essa convergono se la dividono pur lasciandola intera: di-
videndosi rimane integra. Inoltre, la lettera colorata nel verso verticale
"" phetae libris, polimitarius artifex vestes texuk .sacerdotis . Unde, -·.-. i.
crnn desit hic coccinum, res est texta de m1n10. Versus autem ex 1 sta fissa in un verso e si muove in un altro e, per così dire, è fissa come
obliquo discendentes ab angulis ratione stant, etsi positione succli- l ordito e corre lungo il reticolo come trama, per quanto è possibile ave-
I nant. Qualiter autem conexi sint singulive quid continent satis est _Ì re su una pagina dei fili fatti di lettere.
' '
prudentiae sine indice rem probare. ·· 1 16. Tuttavia, non sia per me motivo di rimprovero il fatto che io
17. In su1nma, commendato me piae beatitati et exuheranti l do le viste di intrecciare fili colorati con la tecnica propria del raguo.
115
vestrae dulcedini, tribuentes petita confidenti vicarietate servitii, si _J Tu
fili
lo
di
hai
vari
trovato nei libri del profeta Mosè: un tessitore che adoperava
colori tessé le vesti del sacerdote. Qui, per mancanza dello
placet, hoc opere parieti conscripto pro me ostiario pictura servet ,
vestibulum. Ora pro me. ~-~-j
scarlatto, l'opera è stata intessuta con il minio. Ancora, i versi che di-
scendono in obliquo partendo dagli angoli, hanno senso compiuto,
anche se sono in posizione inclinata. Come poi siano stati collegati e
quale sia il contenuto dei singoli versi è cosa che chi ha sufficiente sa-
pienza può verificare senza alcun aiuto.
17. Finalmente, mi raccomando alla tua pia beatitudine e alla tua
sovrabbondante dolcezza. Concedimi ciò che ti chiedo, confidando
_j nella reciprocità dei favori: appeudi a una parete, se ti piace, questo
nuo lavoro e questo dipinto custodisca il tuo vestibolo come porti-
naio, al posto mio. Prega per me.
19 Cf. Ex. 28, 8. 35, 35. (54) In dire eto è correzione di Ch. Nisard per indirecto della tradizione.
---"!
11··1
"' ·!
CARMI, L. V, 6a 313
CARMINA, L. V, Via !
6a (55)
Vla *
Siagrio di Autun, ho realizzato quest'opera per sdebitarmi con te.
La divina maestà, non appena ebbe creato Adamo, infuse in lui il
sonno finché, sottrattagli una costola, fu plasmata Eva, da lui non dif-
ferente. Coniugi egualmente felici, avvolti da un mantello di luce, i
volti splendenti nei sacri campi! Dalla dilettevole riva saliva alle loro
narici una brezza godibile, le delizie dell'incenso li saziavano col loro
soffio rigoglioso. Un medesimo piacere accarezzava entrambi in quella
dimora fiorita. Tempe, regione nota per le sue qualità, nutriva i due
beati. Ma, proprio mentre erano ali' apice della prosperità in una glo-
ria cosl grande - tutta la terra miracolosamente obbediva a due uomi-
ni -, il mentitore dissimulato ben presto tirò fuori le sue armi avvele-
nate: il serpente, vanitoso, invidioso, nemico mascherato, crudele, che
sconfigge gli innocenti col suo veleno letale, con parole persuasive mi-
se l'un contro laltro coloro che la grazia divina aveva colmato di beni.
I
E allora l'uomo, nato dalla terra, .in quella novamente ricadde e, per ,.i
!'inganno del rettile, egli è cacciato dall'Oriente, dai paesi dell'Aurora. 'I
Noi discendenti moriamo, condannati (56) da questa legge imposta ai
nostri progenitori. Ma Dio, santo (57) e ottimo, luce da luce, che dal
trono del cielo spontaneamente ci elargisce i suoi beni, entra come
agnello che porta la vita nella carne pura di una Vergine. Da qui venne
la salvezza e la lucerna del mattino: la luce scaturita dal parto della
Vergine liberò il mondo. Pienamente Dio per parte del Padre, quindi
uomo fatto di carne per il ventre materno, il Creatore si abbassò alla
nostra pochezza per liberarci. O capo del Re messo in vendita, appeso
inchiodato alla croce! Oltraggiato con lance, voci, mani, frustate e fie-
le. Eppure tu, il Creatore, subendo questa sorte liberi i prigionieri.
Tardi ci fu concesso, tramite la tua morte, il vero riscatto della vita.
i
314 CARMINA, L. V, Via CARMI, L. V, 6a 315
Augustidunensis opus tibi salvo Syagri perciò intono inni a Dio che ci libera dalla colpa. Tu poi, spronato
d.,Jla gfon~ di una corona eterna, splendore dei Galli, perché anche la
Dius apex Adam ut fecit, dat somnia, donec I avulsa costa ,i notte brilh per te, spezza le cinghie dei gioghi e rivestiti delle armi del-
plasmata est Eva nec inpar: I felices pariter, dyploide lucis aperti :. )aluce. Sarà la libertà stessa (58) a liberarti e a colmarti di beni.
I ore coruscantes inter pia rura iugales; I ripae iocundae nari grat~ ·-
aura redibat, I turis deliciae saturabant ubere flatu, I una fovens O venerabile Siagrio, concedi a Fortunato questi suoi pii desideri.
ambos florosa sede voluptas, I nota bonis regio pascebat Tempe Lasciando liberi i prigionieri diverrai imitatore del Signore (59). Cristo
beatos. I At cum tam magno pollerent maius honore, I tota homi;. donò se stesso quando ci ritrasse dalla morte.
num 1nire parebat terra duorum, I occultus mendax mox exerit -~ Soave è il dono di Dio, la cui ricompensa, o caro, ti coronerà.
arma veneni: I serpens elatus, zelator, larveus hostis, I atrox inno. La pietà cara a Dio dona all'anima la libertà dalla morte.
cuos evincens felle nocenti I consilit suasu quos gratia diva bearati
I Et homo de terra tum denuo decidit illuc I reptantisque dolo
Eoo is excluditur ortu. I Hac nati morimur damnati lege paren•··
tum. I At Deus excellens aie et de lumine lumen I e caeli sollo
dum munera providet ultra, I castae carne rndi vivax introiit
agnus. I Prodiit inde salus matutinique lucerna I intactae partu .
lux eruit excita mundum: I a patre iure Deus, homo dehinc car~ f'.';'1
neus alvo, I ut nos eriperet, vili se detrahit auctor. I O regis venale..~;"'1
caput, quod de cruce fixit, I telo voce manu malfactus verbere fol: ..: ,
i4
le, I ac tu hac solvis captivos sorte, creator: I sera vera data est·vh:· __
talis emptio morte; I ymnos unde Deo loquor absolvente reatu: ./ •.... '.1··
..
Versus descendentes
Da Fortunato, sacer, haec pia vota, Syagri. I Captivos laxans,
Domini meditatio fies. I Cristus se misit cum nos a morte revexit: ·
il I Dulce Dei munus quo merx te, care, coronet. I Cara Deo pietas
animam dat de nece salvi. I
, I
.i I
VII. ITEM AD FELICEM EPISCOPUM NAMNETICUM 7. ANCORA A FELICE, VESCOVO DI NANTES (60)
Senti.o, summe pater, lumen venerab~e cun~tis, O sommo padre, lucerna che tutti venerano, dolce capo della
urbis dulce caput, mihi nomen amabile, Felix, città (61), nome per me amabile, Felice, che io abbraccio col cuore e
amplectens quem corde gero pietatis in_ulnis, stringo tra le mie braccia devote, avverto sopra di me il dolce peso, ma
pondus suave meutn - nec onus gravat.1stud amantem. questo fardello non grava chi ti ama. Perché tu, illustrissin10, inviti la
Cur humilem me, summe, vocas loca vtsere blanda mia umile persona a visitare le incantevoli regioni che) o caro amico, ti
quae te, care, tenent? tecum modularer in illis, ospitano? Con te io declamerei versi nei luoghi dove la fredda Loira
qua tua rura lavat vitrea Liger algidus unda. bagna i tuoi campi con la sua acqua cristallina. I.: affascinante territorio
Cariaci speciosus ager devexus in amnem: . di Cariacum (62) scende verso il fiume: Il da un lato questo dà piacere
bine ubi flumen aquis recreat, bine pamptnus umbrts con la sua acqua, dall'altro il pampino dà piacere con la sua ombra e
'° et crepitans Boreas pineta comata flagella!: Borea reboante sferza i pineti (63) dalle ricche chiome. Certo il terre-
uber nempe solum, piscoso litore pulchrum, no è fertile, è abbellito dalla riviera pescosa, ma per Fortunato (64) è il
sed Fortunato facies tua reddit amoenum. tuo volto a renderlo piacevole.
VIII. AD GREGORIUM EPISCOPUM POST ITINER 8. A GREGORIO, VESCOVO, DOPO UN VIAGGIO (65)
Cuhnen honoratum, decus almum, lumen opimum, Fastigio onorato, ornamento magnifico, splendido lume, pastore
pastor apostolicae sedis amore placens, . della sede apostolica apprezzato per il tuo amore,-sempre degno del
amplectende mihi semper, sacer aree Gregorl, mio abbraccio, Gregorio, sacro per la tua dignità, mai distante dal mio
nec divulse animo, vir venerande, meo, cuore, o uomo venerando: mi rallegro che colui che detiene l'onore
, gaudeo quod rediit Turonis antistes honore dell'episcopato sia ritornato a Tours e mi allieto perché in te è ritorna-
laetificorque mihi te remeasse patrem. to per me un padre. Con assiduità esultiamo per il compimento dei
Plaudimus instanter communia vota tenere, nostri comuni desideri, perché tu hai riportato ai cittadini e alla patria
ci.vi.bus et patriae te revocasse diem. la luce del giorno. Raccomando, signore, assieme a me stesso il servo
'I Praesentem fa1nulum mecum commendo, sacerdos, j ~ qui presente: desideriamo che a lungo tu guidi il tuo gregge.
optantes longe vos moderare gregem. '.
i
'"
I' Sa. AL MEDESIMO (66)
VIIIa. AD EUNDEM
Venerabile padre Gregorio, reso più nobile dalle tue sacre funzio-
Officiis generose piis, pater alme Gregari, ni, che manifestamente ti dirigi alle stelle con la tua anima che dona la
mente salutifera qui petis astra palam, salvezza, e ogni debole che è incoraggiato dai tuoi richiami avrà l'aiuto
I' et quicumque tuis monitis animatur inermis, delle sante schiere per conseguire la vittoria. Ti porgo il mio saluto
I militiae sacrae victor habebit opem. con affetto sempre devoto, o uomo benedetto da Dio, raccomandan-
Commendans humilem famulum me salvo salutem domi quale umile tuo servo. Se lo scritto è breve, non è di breve dura-
semper amore pio, vir benedicte Deo. ta l'ardore della mia amicizia; infatti il mio cuore ti venera più di
Pagina si brevis est, non est brevis arder amantis, quanto ti celebrino le mie parole.
nam plus corda colunt quam mea verba canunt. '
7, 8. SEDUL. carm. pasch. 4, 202: grates ageret pro munere tanto. (61) Urbis è correzione di F. Leo per orbis dei manoscritti.
8a, 6. VERG. Aen. 5, 296: amore pio; VEN. FoRT. carm. 1, 9, 7; 2, 1, 3; 4, 4, (62) Non si sa a quale regiOne odierna corrisponda questo territorio; il no1ne
16; 4, 9, 10. ricorda quello del fiume Cares, l'attuale Cher. Forse si tratta della regione attorno al-
(60) Su Felice di Nantes si rinvia alla nota 4 del libro III. ME~ER, Der Ge- la confluenza del Cher nella Loira.
legenheitsdichter, 87, ha notato la particolarità di ques~o carme, 1'.un1co t~a q?e!- (63) Pineta è correzione di F. Leo per picta della tradizione.
li a carattere epistolare che Venanzio abbia composto 1n esa~,etn e no1~ in disti- (64) Fortunato è correzione di F. Leo per Fortunatum della tradizione.
ci elegiaci. Probabilmente egli ha adoperato questa forma p1u ele~ata ~ omag- (65) Itiner, forma attestata in LUCR. 6, 339 e in Isrn. ori'g. 15, 16 1 8, è stata resti-
gio al vescovo Felice, che apprezzava più la grandezza dello stile epico che tuita da F. Leo dall'itinere dei manoscritti.
quello elegiaco, più dimesso.
(66) Seguendo gli editori) si assegna a questo carme e al seguente il 1nedesimo
- -j
CARMINA, L. V, VIIlb-IX CARMI, L. V, 8b-9 319
318
VIIIb. AD EUNDEM PRO LIBRO PRAESTITO 8b. AL MEDESIMO, PER IL P!UlST!TO DI UN LIBRO
Carmina diva legens proprioque e pectore condens, Nel leggere le poesie religiose, nel conservarle secondo il tuo cuo-
participans aliis fit tibi palma, parens. re e nel farle conoscere agli altri ottieni la palma, o padre (67). Questi
Haec quoque, quae ptidem tribuisti pastor ovili, versi, che tu, da pastore, molto tempo fa hai procurato al tuo ovile, io
grates persolvens debite laudo libens. li lodo di buon grado, com'è giusto, e te ne ringrazio. Ti attendano
Vos tamen hit1c maneant donaria celsa Tonantis, perciò i d~ni cel:sti dell'Onnipotente, per aver elargito a un povero
qui sacras inopi distribuistis opes. questi sacri tesori. Per aver avuto modo di conoscedi, in cambio di un
Quae ctun percontare queam) pro munere tanto omaggio cosl prezioso, il tuo favore risonerà più forte sulla mia bocca.
tunc 1nagis ore meo gratia vestra sonet. O s?mmo sacerdote, padre dolce d'amore, ti raccomando suppli-
Praesente1n famulum Prodo1nerem, sun1me sacerdos, chevole il servo Prodomere qui presente. A lui concedi ciò che è suo,
w commendo supplex, dulcis amore pater. secondo la misura di una bilancia precisa, e per te cresca in futuro la
Cui sua concedens iustae moderamine librae gloria della palma che Dio ti assegnerà.
cresca! honore Dei palma futura tibi.
9. AL MEDESIMO, PER UN INVITO
IX. AD EUNDEM PRO !NVITATIONE
O santo Gregorio, con paterna bontà tu 1n'inviti a venire a Tours
Invitans pietate patris sacer ire Gregari dove fai pascolare con amore le greggi del Signore, dove il santo ve'.
qua Domini Turonis pascis amore greges, scovo Martino dai fecondi meriti ti ha affidato quelle pecorelle che
quo sacer antistes meritis Martinus opimis egli precedentemente ebbe in sorte. Anche ora nei recinti e nei pascoli
fioriti di Cristo ambedue guidate le greggi, governandole come si de- ii':1 1
Vir bonitate placens et pastor pacis amator: tue figlie (70) ti salutano, venerabile. Io, poi, possa essere raccoman- I'
foederis oh studium sit veniale, precor. dato presso di te, te ne prego, beato padre. I
Vos quoque sed genitae propriae, venerande, salutant,
ast ego commender, quaeso, beate pater.
''i
CARMlNA, L. V, X-XIII CARMI, L. V, 10-13 321
320
X. AD EUNDEM PRO COMMENDA:f!ONE MULIERIS 10. AL MEDESIMO, PER RACCOMANDAJIB UNA DONNA
Summe pater patriae, specimen pietatis opimae, O somm? padre della patria, esempio di feconda pietà, caro capo
dulce caput Turonis, religionis apex, di Tour~, vertice della religione, tu che insegui sempre le cose di lassù,
iugiter alta sequens, clementi corde Gregori, Gregor10 dal cuore clemente, che con l'intelletto ti rivolgi là dov'è la
unde animae decus est huc ratione petens: gloria dell'anima: colei che avevi raccomandato quando venne qui, ac-
, quam commendasti venientem, celse sacerdos, coglila come un padre, o nobile sacerdote, ora che ritorna presso di te.
hanc redeuntem ad te suscipe more patris. Sia tu per lunghi anni, o caro, la risorsa di tutti e la tua vita sia, per me
Sis quoque longaevus cunctorum, care, recursus, come per gli altri, un campo seminato.
et mihi ve! reliquis sit tua vita seges.
11. AL MEDESIMO, SUL PROPRIO VIAGGIO
Xl. AD EUNDEM DE ITINERE SUO
O Gregorio, uomo santo degno di essere abbracciato, desidero
Iugiter opto libens, sacer amplectende Gregori, sempre di cuore vederti con gli occhi o venire a trovarti con brevi let-
cernere vos oculis,· quaerere litterulis. tere. Mi è dolce guardarti, ma se non mi è data la possibilità di vederti,
Dulce videre mihi, at si desit copia cerni, mi resterà almeno la consolazione di scrivere qualche parola a te, mio
spes erit oranti ve! dare verba patri. padre, che me la domandi. Pochi giorni fa, mentre mi allontanavo in
Nuper ab aspectu decedens concite vestro fretta dalla tua vista, sono passato, te lo voglio dire, attraverso i ghiac-
per glaciem vitreas me loquor isse vias. ci, su strade lisce come il vetro. Ma con l'aiuto-della Croce e per inter-
Sed crucis auxilio, Martino operante patrono, cessione del patrono Martino sono giunto incolume presso le madri, o
perveni ad matres salvus, opime pater. splendido padre. Esse vi salutano con venerazione, in molteplice osse-
Quae vos mnltiplici veneranter honore salutant; quio. Da parte mia, invio auguri di salute in vista di un ritorno.
ast ego pro reditu vota salutis ago.
'1
'' 12. AL MEDESIMO, BIGLIETTO DI SALUTO (71)
I
XII. AD EUNDEM SALUTATORIA
O sommo tra i vescovi, fonte opulenta di bontà, vertice per il tuo
I rango, lucerna per il mio amore, venerando per le tue sacre mansioni,
Summe sacerdotum, bonitatis opima facultas,
culmen honore tuo, lumen amore meo, nutrito di pietà, tu sarai conservato sempre nel mio cuore come pegno
officiis venerande sacris, pietatis alumne, di amicizia, brillante negli studi e fedele alla sacra legge, tu che sempre
pignore amicitiae corde tenende meae, persegui il bene futuro dell'anima tua: io dunque, o padre, ti prego e
florens in studiis et sacra in lege fidelis, chiamo a testimoni la terra, i mari e gli astri, perché tu voglia nelle tue
semper agens animae dona futura tuae: sante preghiere ricordarti di me, che sono tuo.
te, pater, ergo precans terram freta sidera testar,
',,I ut velis ore sacro me memor esse tuum.
i '
13. AL MEDESIMO, PER UN INVIO DI FRUTTA E DI PICCOLE MARZE
''I
\·: Nobile per le tue sacre funzioni (72), o Gregorio, santo per la tua
XIII. AD EUNDEM PRO POMIS ET GRAFIOLIS
dignità, col tuo dono ti rendi presente pur trovandoti lontano, o som-
Officiis generose piis, sacer aree Gregori, mo padre. Tu m'invii i genitori assieme alla loro prole, gli innesti con il
absens fis praesens munere, summe pater, loro prodotto: le marze e insieme i frutti. Ti conceda Dio onnipotente
qui mihi transmittis propria cum prole parentes, d1 raccogliere avidamente, ricolmo del frutto dei tuoi meriti, le mele
insita curo fructu: surcula, poma simul. che crescono nel paradiso.
Det Deus omnipotens, meritorum fruge repletus
mala legas avide quae paradisus habet.
(71) Il medesimo biglietto compare, diretto a un altro destinatario, in carm. 9, 8.
12, 7. Ov. ars 2, 468: sidera terra /retum. (72) Medesimo esordio in carm. 5, Sa
i
di
322 CARMINA, L. V, XIV-XV CARMI, L. V, 14-15 323
XIV. AD EUNDEM DE COMMENDATIONE PUELLAE 14. AL MEDESIMO, PER RACCOMANDARE UNA RAGAZZA
Cum graderer festinus iter, pater alme Gregari, Magnanimo padre Gregorio, io percorrevo di fretta la strada,
qua praecessoris sunt pia signa tui, lungo la quale vi sono i pii ricordi del tuo predecessore. Si racconta
- quod fertur convulsa iacens radicitus arbor che un albero che giaceva Il a terra sradicato davanti alle preghiere di
Mattini ante preces exiluisse comis; Martino si sia levato in alto con tutte le sue chiome: ora, per il merito
quae fidei merito nunc stat spargendo medellas, della fede, sta ritto e dissemina guarigioni, risana molti corpi e resiste
corpora multa medens, cortice nuda manens - pur privo di corteccia (73). Lì un padre e una madre piangevano con
fletibus huc lugent genitor genetrixque puellam gemiti per una ragazza (74), riempiendo l'aria delle loro grida e se-
voce inplendo auras et lacrimando genas. gnando di pianto le loro gote. Arresto il passo, tendo lorecchio: da
Figa pedem, suspendo aurem: mihi panditur ore quelle bocche mi si dice, a stento e in mezzo ai singhiozzi, che la loro
vix per singultus vendita nata suos. figlia è stata venduta. Faccio tÙteriori domande: il padre, tra i lamenti,
Quaero adhuc: questus perhibet nullo indice furto racconta che ella, incriminata per furto, subisce il giogo della schiavitù
furti ex obiectu hanc pater ire iugo; senza alcuna prova di tale furto; egli stesso avrebbe voluto produrre
se voluisse dare et iurantes ordine testes dei testimoni che giurassero uno dopo l'altro, dei quali egli conosceva
nomine quemque tenens nec potuisset egens. il nome, ma essendo povero non poté farlo. Il giudice non era presen-
1' Non aderat iudex, erat accusator adurguens: te, mentre l'accusatore incalzava. Così io che cosa avrei potuto fare, o
hic ego quid facerem, passe vetante, sacer? sant'uomo, dacché non avevo alcuna possibilità di agire? «Se fosse qui
«Si pius hic, dixi, praesens Martinus adesset, presente il pietoso Martino - dissi - non avrebbe certo tollerato, come
nil permisisset perdere pastor ovem». pastore, che una sua pecorella si perda>>. Pertanto, presi animo ricor-
Sed tamen invalui recolens te, summe sacerdos, dandomi di te, o som1no vescovo, di te che, per la tua pietà, rinnovi
20 spem praecessoris qui pietate re~ers. . quella speranza che si riponeva nel tuo predecessore (75). Esamina e
Discute, distringe ac, si sit secus, er1pe dttlc1s . sbroglia questa questione; se le cose stanno diversamente da come af-
et pater adde gregi: hanc quoque redde patrt. ferma l'accusatore, abbi la cortesia di far uscire la fanciulla e di ricon-
Me simul officio famulum tibi, care, subactum giungerla al tuo gregge, o padre: restituiscila poi al suo genitore. Allo
protege perfugio, pastor opime, pio. stesso tempo, o caro, custodisci con la tua pia protezione, pastore ma-
gnanimo, me, tuo obbligato servitore.
Pastor honoris apex, venerabilis aree sacerdos Pastore vertice del tuo ordine, vescovo venerabile per la tua di- 1.:.
et decus alme patru1n, religionis atnor, gnità, gloria benefica dei sacerdoti, amante della religione, onore dei
gloria pontificum, meriti pia palma, Gregori, vescovi, devota palma della virtù, Gregorio: la tua testa è giustamente
adsurgente gradu nobile iure caput: nobilitata dalla tua alta dignità. Fortunato prega che gli sia concesso 'i f
Fortunatus, opem tribni qui poscit Olympi, aiuto dall'Olimpo: o caro padre, fa' che egli lo ottenga per mezzo tuo.
per te, care pater) quo mereatur age. i'
Gloria pontificum, veneratio Christicolarum, Ctisto, esempio dei prelati, vertice e onore del mondo, voi che vegliate :1.
norma sacerdotum, culmen et orbis honor, sul paese per amore della vostra ricompensa celeste e correte in aiuto
qui loca perspicitis propriae mercedis amore, agli uomini perché si mostri la vostra autorità: ecco, un italiano viene
I succurrendo viris vester-ut extet apex: al vostro cospetto, straniero e ospite. Vi prego, la pecorella n 0 n si per-
ecce venit praesens ltalus, peregrinus et hospes: da ora che può vedere i pastori. Richiede un aiuto per raggiungere la
cernens pastores ne, precor) erret ovis. patria: questo povero esule ramingo possa trovare in voi favore. Io, il
Qualiter ad patriam properet, solacia poscit: vostro Fortunato, vi prego: nella vostra bontà di padri, rendetemi pro-
inveniat munus vos vagus exul inops. pizio il cielo, implorando Dio.
Me Fortunatum proprium pietate parentum
conciliate polo, quaeso, precando Deum. :i1·;
19. AD AREDIO, ABATE (76) i'
XIX. AD AREDIUM ABBATEM Desidero, o padre benigno, recarti una parola di saluto, poiché I 'i·J
da qui non posso vederti con i miei occhi. Infatti tale è la mia venera-
Opto, benigne pater, verbo tibi ferre salutem, zione per il tuo onore, che questo scritto, spedito da qui, viene a te al .i
si minus hinc oculo cernere te valeo. posto mio. O uomo beato, ti prego, ricordati anche di me, quando
Est etenim vestri tantus mihi cultus honoris, dalla tua bocca scioglierai preghiere nei soavi pascoli di Cristo. O pa-
ut pro me occurrat hinc tibi missus apex. store Aredio, io sono persuaso che le grazie di Dio mi saranno conces-
Quaeso, beate, tamen per dulcia pabula Christi
me quoque commemores, cum dabis ore preces.
Munera credo Dei tribui mihi, pastor Aredi,
su~ regione natale presso la madre Pelagia, fece vita contemplativa, fondò diverse
ch1~se e un monastero (monasterium Atanense), che più tardi prese il suo nome
(Saint-Yrieix). Morl in odore di santità nel 591. Fonte contemporanea è GREG. 'fuR.
(76) Aredio (PLRE III, 106-107) nacque a Limoges e presto entrò alla lui. 28 e 41; Mart. 2, 39 e 3, 24; vit. patr, 17. Si veda poi G. MATHON, Aredio di Li-
corte del re Teodeberto, educato dal vescovo Nicezio di Treviri. Rientrato nella moges, BS II, 1962, 394-395.
)26 CARMINA, L. V, XIX CARMI, L, V, 19 327
si Fortunati sis 1nemor, alme, tui, se se tu, magnanimo, sarai memore del tuo Fortunato. A mio nome ri-
pro n1e etiam sanctam genetricem, care, salutans. verisci poi, o caro, la tua santa madre (77). Quando questo servitore ;.111.
Cum redit istc puer, redde loquentis opem. ritornerà (78), dammi il soccorso della tua parola. Parimenti, 0 gran "
Vos itidem genitae propriae, pater ampie, salutant, padre, vi salutano con affetto devoto le vostre figlie: Agnese insieme a
Agnes amore pio cum Radegunde simul. Radegonda.
!.
-- ,
i
ì
'
j"
;
~ .
I
1
j
'
'
I
F (77) Su Pelagia (PLRE III, 988), madre di sant'Aredio, si veda GREG. TuR.
19, 12. VERG. Aen. 5, 296: amore pt'o; VEN. FoRT. carm. 1, 9, 7; 2, 1, 3; 4, rane. 10, 29; glor. con/ 102. La sua morte fu accompagnata da eventi miracolosi
4, 16; 4, 9, 10; 5, 8a, 6. (78) Il latore del biglietto. ·
I
INCIPIT LIBER SEXTUS LIBRO SESTO
'
i.
'
i
I. DE DOMNO S!GIBERTO REGE 1. SUL SIGNORE RE SIGIBERTO (1)
Vere novo, tellus fuerit dum exuta pruinis, All'inizio della primavera, quando la terra si è spogliata delle ne-
se picturato gramine vestit ager, vi, la campagna si riveste di erbe dai vari colori, le montagne allargano
longius extendunt frondosa cacumina montes in più ampia distesa le loro vette coperte di fronde e l'albero ombroso
et renovat virides arbor opaca comas. riJU1ovella le sue verdi chiome. La vite deliziosa inturgidisce nei suoi
, Promittens gravidas ramis genitalibus uvas tralci germoglianti, lasciando sperare uve succulente sui suoi rami fe-
palmite gemmato vitis amoena tumet. condi. r; ape voluttuosa ripone il suo miele nei favi cercando i fiori e
Praemittens flores gracili blandita susurro accarezzandoli col suo flebile ronzio; per rinnovare la sua stirpe, proli-
deliciosa favis mella recondit apes; fica nel suo casto giaciglio (2), desidera generare dai fiori figlie ope-
progeniem reparans casto fecunda cubili raie. Fedele ai propri legami per amore della posterità, l'uccello cano-
artifices natos gignere flore cupit. ro corre in fretta dai suoi piccoli. Ciascufio, pur nella vecchiaia, rin-
Nexibus apta suis pro posteritatis amore giovanisce nella propria discendenza e, quando ogni cosa ritorna, il '
,'j
ad fetus properans garrula currit avis. mondo è in preda alla gioia. Così ora tutto arride, quando, grazie alla
Semine· quisque suo senio iuvenescit in ipso, prosperità concessa dal cielo, la corte regale si arricchisce di un·matri-
omnia dum redeunt gaudia mundus habet. monio degno dei Cesari. In molteplice sequenza; venuti da ogni parte,
15 Sic modo cuncta favent, dum prosperitate superna tutti i più illustri duchi (3) si sono stretti attorno al re nei secoli felice:
regia caesareo proficit aula iugo. tante altezze di maggiotenti accorrono verso un'unica altezza. Ecco
Ordine multiplici felicem in saecula regem Marte con i suoi comandanti, la pace con la sua gloria (4). I palazzi or-
undique cinxerunt lumina tanta ducum. nati a festa sono in fern1ento per l'arrivo di tutti costoro: con il matri-
i Cwmina tot procerum concurrunt ctÙmen ad unum. monio del re il popolo vede compiersi i propri desideri. Voi, che siete
I. Mars habet ecce duces, pax habet ecce decus. lambiti dall'onda di una fonte irrigua, mostrate il vostro favore: grazie
!
Cunctorum adventu festiva palatia fervent, al vostro giudizio le cose piccole sogliono diventare grandi.
coniugio regis gens sua vota videt. Dispiega, o sole, un giorno felice e diffondi le tue chiome in raggi
Vos quorum inrigui fontis meat unda, favete: sereni, pervadendo la stanza nuziale della tua luce pura (5). Sigiberto
iudicio vestro crescere parva solent. esultante, creato per la nostra gioia, fa delle promesse solenni: egli, li-
25 Felicem, sol, pande diem radiisque serenis lo schema dell'epitalamio di CLAUDIANO, 9-10, e carm. mt'n. 25, nonché di SrnoNIO
sparge comas, thalamos sincero lumine conplens. APOLLINARE, carm. 10-11. La descrizione della stagione in cui la cerimonia ha luogo
Sigibertus ovans, ad gaudia nostra creatus, costituisce un topos per r esordio degli epitalami, peraltro raccomandata dai manuali
di retorica. In tutto il componimento abbondano le riprese da autori antichi.
(2) Gli antichi pensavano che le api non avessero vita sessuale 1na nascessero
1, 2. STAT. Theb. 6, 57: gramineis ... sertis I et pi'cturatus morituris floribus spontaneamente tra le erbe e le foglie: cf. VERG. georg. 4, 197ss. Perciò l'ape divenne
agger. - 3. COlUPP. Iust. 2, 322: frondosa cacumina silvae. - 4. qv. trist. 3, 1, 40: simbolo della castità. L'im1nagine prepara quanto il poeta affermerà ai vv. 25-36.
cingt't ... arbor opaca comas. - 6. Ov.fast. 3, 238: e tenero palmite gemma tumet; (3) I duchi erano dignitari che assistevano il sovrano a corte in questioni ain1ni-
DRAc. laud. det' 2, 220: palmt'te gemmato post pampinus admovet uv~s. - 21. nistrative e giudiziarie; altrimenti potevano essere inviati in inissioni speciali, co1ne
STAT. st'lv. 1, 2, 230: iarn festa fervei domus utraque pompa I ... I omnts honos, ambascerie o ispezioni fiscali.
cuneti vent'unt ad limt'na fasces. . (4) Venanzio sottolinea, qui e altrove, il ruolo di Sigiberto come sovrano paci-
fico: cf. M.H HOEFLICH, Between Gothia and R.omania. The Image o/ the King t'n
(1) Epitalamio per le nozze del re Sigiberto I con Brunichilde, figlia del re the Poetry o/Venantt'us Fortunatus, in "Res publica litterarwn", V (1982), 123-136;
visigoto Atanagildo, celebrate nella primavera del 566. I.I c?rroe, forn~at? da un BRENNAN, Thelmage of the Frankish Kings, 1-1 !.
prologo in distici elegiaci e dall'epitalamio vero e proprio tn esametri, riprende (5) Il motivo della luce è tipico dei panegirici rivolti a sovrani.
330 CARMINA, L. VI, I CARMI, L, VI, 1 33 1
vota facit, qui nunc alieno liber amore bero da altri amori, si sottomette ora a un caro legame, secondo il cor-
vincula cara subit, cuius moderante iuventa so della sua giovinezza la sua anima casta aspira al matrimonio, repri-
30 conubiu1n mens casta petit lasciva retundens. mendo le sfrenatezze. Egli, a cui nulla nega la sua età, si rifugia sotto il
Ad iuga confugit cui nil sua subripit aetas. giogo: si comporta se.condo la pudicizia del suo cuore, egli che da solo
Corde pudicus agens, rector tot gentibus unus governa tanti popoli ha posto tm freno pure a se stesso; perciò,
et sibi frena dedit, sed quod natura requirit, conformen1ente a quanto la natura richiede, egli si accontenta di un'uni-
lege maritali arnplexu est contentus in uno, ca unione, come prescrive la legge del matrimonio. In tal modo lamo-
35 quo non peccat amor, sed casta cubilia servans re non commette peccato, 1na, rispettando caste nozze (6), istituisce
instaurar de prole lares, uhi luserit heres. per la sua discendenza un focolare dove giocherà un erede.
Con il suo arco sibilante Cupido, mentre volava alla ventura, sca-
Torsit amoriferas arcu stridente sagittas gliò le frecce che destano amore: egli infiamma ogni specie sulla terra
forte Cupido volans, terris genus omne perurit e neppure il mare si sa difendere con le acque. Soggioga in fretta i
nec pelagus defendit aquis; mox vilia corda cuori più deboli, volgo inerte. Alla fine anche lo spirito di tmo splen-
I 40 subdit, vulgus iners. Tandem dehinc sensus opimi dido re beve quel fuoco che spirava nelle sue placide ossa, la fiamma
regis anhelantem placidis bibit ossibus ignem, blandamente s'insinuò in lui e attecchì nelle sue fibre. I} altezza reale
molliter incnmbens et inhaesit flamma medullis. fremeva e neppure nella notte propizia al sonno non vi era tregua per
Regalis fervebat apex nec nocte sopora il suo cuore; con gli occhi e con la mente riandava al volto che Amore
cordis erat requies. Oculis animoque recurrens gli aveva dipinto e, tormentando il suo spirito, spesso si dilettava ab-
" ad vultus quos pinxit Amor mentemque farigans bracciando un'immagine illusoria. In seguito, non appena Cupido si
saepe per amplexum falsa sub imagine lusit. ---4 rese conto che, grazie alla ferita del suo dardo, il mite re stava ardendo
Mox uhi conspexit telo superante Cupido della virginea fiaccola, felice disse a Venere; «0 madre, ho combattuto
i la mia guerra: un altro Achille è da me soggiogato, col cuore infiam-
virginea mitem torreri lampade regem
laetus ait Veneri: «Mater, mea bella peregi: i mato (7). Sigiberto, innamorato, è divorato dalla fiamma di Brunichil-
'° pectore flagranti mihi vincitur alter Achilles, de: ella gli piace ed è adatta alle nozze, nubile e nel pieno della matu-
Sigibertus amans Brunichilde carpitur igne; rità. La sua verginità è in turgida fioritura, tra le braccia di un marito
quae placet apta toro, maturis nubilis annis, ella piacerà per la sua giovinezza senza far torto al suo pudore: perciò
virginitas in flore tumens, complexa 1narito anzi sarà chiamata potente regina. La fanciulla ha il medesimo deside-
I primitiis placitura suis, nec damna pudoris rio, sebbene il pudore del suo sesso lo nasconda: amata da quell'uo-
55 sustinet, unde magis pollens regina vocatur. mo, ella lo respinge con mano troppo delicata e perdona a se stessa le
Hoc quoque virga cupit, quamvis verecundia sexus colpe che la fiamma suscitò. Ma ora avanza con gioia, poiché il rito ti
obstet: amata viri dextra leviore repellit chiama».
ignoscitque sibi culpas quas intulit ignis. Subito Venere mescola viole all'amomo profumato di ambrosia
Sed modo laeta veni, quoniam te vota requirunt». spicca con le unghie le rose e le ripone nell'avido grembo e tutti e du~
60 Mox Venus ambrosia violas admiscit amomo, con le ali leggere squarciarono le nubi. Non appena giunsero insieme
demetit ungue rosas gremioque recondit avaro per ornare l'illustre talamo, subito Venere cominciò a elogiare l' egre-
et pariter levibus fregerunt nubila pinnis. gia fanciulla, poi Cupido il marito; entrambi si mostrarono propizi per
Ut venere simul thalamos ornare superbos,
hinc Venus egregiam praeponere coepit alumnam,
" inde Cupido virum, nubentibus ambo faventes
matura tumentibus annt"s. - 54. CLAUD. 15, 188: nec damna pudori's I turpia suffici"unt;
8, 86;?v. ars 1, 100. - 57. STAT. Ach. l, 324: vestt'sque manu levt'ore repellit. - 61.
Ov. epist. 4, 30: delegere ungue rosam. - 63. CLAUD. carm. mt'n. 25, 116: ut thalami te-
28. STAT. silv. 1, 2, 28: subiit leges et /rena momordit I ille solutus amor. - 35. tigere fores.
VERG. Aen. 8, 412: castum.. , servare cublle. - 37. VERG. Aen. 5, 502: nervo stri-
dente sagitta. - 41. Ov. met. 2, 410: ossibus ignes. - 42. VERG. georg. 3> 271: sub· . ~6) Il pass~ggio a~quista particolare incisività data la frequente presenza di ri-
dita fiamma medu!Hs. - 43. VERG. Aen. 6, 390: noctisque soporae. - 45. CLAUD. chiami. al~a poes~a cl~ss1c~. Com~ sottC?linea GREG. TUR. Frane. 4, 27, Sigiberto inten-
10, 6: mens omnis aberrat I in vultus quos pinxit Amor. - 46. OV. epist. 17, 45: deva disttnguers1 dai suol fratelli, che intrattenevano telazioni con concubine.
falsa sub imagine lusae. - 51. Ov. met. 3, 490: t-ecto paulatim carpitur igni. - 52. , _(7).L'affermazione di Cupido è asseverata dalla presenza nel passo di echi del-
C1AUD. carm. mt'n. 25, 125: matura tumescit I virginitas; VERG. Aen. 7, 53: iam !,Achtlletde di STAZIO: S. BLOMGREN, De P. Papinii Statii apud Fortunatum vestt"giis,
matura viro, t'am plent's nubilt's annt's; DRAC. laud. dei 1, 384: virga decora rudls Ernnos", XLVIII (1950), 57-65, 59-60.
332 CARMINA, L. VI, I CARMI, L. VI, 1 333
et !item fecere piam. Sic deinde Cupido gli sposi e vennero a un'amabile contesa. Cupido dice alla madre alcu-
matri pauca refert: «Tibi quem promisimus hic est, ne parole di questo tono: «Ecco a te colui che ti ho promesso, Sigiber-
Sigibertus, amor populi, lux nata parentum, to, oggetto dell'amore del suo popolo, luce viva della sua famiglia; la
qui genus a proavis longo tenet ordine reges sua stirpe, fin dagli antenati attraverso nna lunga discendenza è regale
70 et reges geniturus erit, spes gentis opimae, e altri re egli genererà, speranza di una schiatta opulenta, grazie alla
quo crevit natale decus, generosa propago. quale si accrebbe lonore goduto alla nascita, nobile rampollo. Egli si
Ac melior de stirpe redit famamque priorum mostra superiore alla propria stirpe: una discendenza eccelsa riru1ova
posteritas excelsa fovet. Hic nomen avorum la gloria degli antenati. Costui, con la sua mano combattiva, propaga
extendit bellante manu, cui de patre virtus la fama degli avi: dal padre gli viene il valore, che ora il Naab testimo-
,, quam Nablis ecce probat, Toringia vieta fatetur, nia e la vinta Turingia riconosce, nell'unico trionfo ottenuto su due
proficiens unum gemina de gente triumphum, popolazioni; da Teodeberto, signore clemente, gli deriva la bontà (8).
per Theudebertum pietas, dominum venialem: Egli ce li ha restituiti tutti e dne, al posto di entrambi basta egli solo.
reddidit iste duos, pro ambobus sufficit unus. Egli regna sui territori dell'Occidente: nel fiore della gioventù (9), per
Cardinis occidui dominans in flore iuventae, la sua serietà snpera vecchi (10) e giovani: meritò di anticipare con le
so ia1n gravitate senes tenerosque supervenit annos: sue gesta la legge della natura. Sebbene egli sia giovane, la sua età
legem naturae meruit praeccdere factis, s'impone (11), non inferiore a nessuno. Chi controlla fin da subito i
quamvis parva tamen nulli minor imperai aetas. suoi sentimenti, chi nella sua giovinezza (12) è stato temperante, sarà
Qui sensum mature regit generosior hic est ora il più nobile (13 ). Così costui, all'inizio della sua vita, guida i po-
quisquis in angusto fuerit moderatior aevo. poli per essere padre e re, per non opprimere alcnno e sollevare (14)
I!
,,
"' Sic fovet hic populos ipsis intrantibus annis:
ut pater et rex sit, nullum gravet, ert"gat omnes. --1r tutti. Nessuna giornata trascorre senza _frutto: se non concede ciò che
è dovuto, se non elargisce con generosità~ egli 1-itlene di subire una
!' Nulla dies sine fruge venit: nisi congrua praestet, perdita ancora maggiore. Il suo volto, raggiante di luminosità, diffon-
perdere plura putat, si non concesserit ampia. 1 de la gioia; nessuna nube opprime il popolo sotto questo sovrano sere-
I
'°
Gaudia diffnndit radianti lumine vultus:
nubila nulla gravant populmn sub rege sereno.
.
' -
no (15). Poiché ha nn cuore maturo, si mostra indulgente verso i pec-
cati della gioventù: quando altri sbagliano, egli trionfa concedendo il
Pectore maturo culpas indulget acerbas. l perdono. Egli sa bene che la prima virtù in un principe consiste
Unde alii peccant, ignoscendo iste triumphat. I nell'essere pietoso - poiché chi sa perdonare ha sempre occasioni per
Doctus enim quoniam prima est in principe virtus
esse pium, quia semper habet qui parcere novit, lI
farlo -, per primo corregge se stesso là dove vuole che un altro si cor-
n5 cuius amplexu sint colla conexa sub uno ste siano unite in un unico reciproco abbraccio e possiate trascorrere
et totos placidis pergatis lusibus annos. tutti i vostri anni in moderati piaceri. Ciascuno dei due desideri tutto
Hoc velit alterutrum quicquid dilexerit alter. ciò che sta a cuore all'altro. Un'eguale salute accompagni entrambi e
Aequa salus ambobus eat, duo pectora servans, conservi i vostri cuori: il vostro unico ainore si sviluppi, cementato da
unus amor vivo solidamine iunctus alescat. un legame vivo. Sotto i vostri auspici si elevi la gioia di tutti, il mondo
140 Auspiciis vestris cunctorum ·gaudia surgunt, ami la pace, regni vittoriosa la concordia. Così novamente, da genitori,
pacem mundus amet, victrix concordia regnet. possiate celebrare le nozze dei vostri figli e godere i nipoti che verran-
Sic iterum natis celebretis vota parentes no dalla loro discendenza.
et de natorum teneatis prole nepotes.
I'
tu magis unde subis, mitior inde manes. virtù gareggia per possederti in misura maggiore. Eloquenza, decoro,
Est tibi summus honor, sed mens praecessit honorem, valore, bontà, intelligenza e grazia sono grandi in te: una sola delle tue
moribus ut vestris debitor extet apex. virtù avrebbe potuto ornare tutti gli uomini. Consel'vi nel tuo cuore le
j - ragioni di tutti, sei preso da un devoto zelo per la tranquillità del tuo
Iustitiae cultor, pietatis amore coruscas: :
quod te plus habeat, certat utrumque bonum. i
Lingua, decus, virtus, bonitas, mens, gratia pollent,
ornarent cunctos singula vestra viros.
l (22) Venanzio esordisce alludendo al significato del no1ne Sigiberto: il pritno
25 Cunctorum causas intra tua pectora condis,
1 ~.ement?, sigi, sig";ifica. infatti vittoriq (cf. il tedesco Sieg), e ai vv. 9-10 comparirà
l unmagtne della V1ttona alata. Il motivo era uno dei cardini del concetto di regalità
pro populi l'equie te pia cura tenet: presso i popoli gennanici .
. .(23) Ingenium è correzione di M.A. Luchi per hinc iterum o t'terum dei mano-
sc1·1ttL
(24) Per il topos della modestia si rimanda a CURTIUS Letteratura europea
97·100. ' '
la, 4. CLAUD. 16, 10: ah ni'mius consulis.urget amor! - 21. LucAN. 2, 389: . . (25) Sigiberto, in un momento non precisato del suo regno, fece coniare a Tre-
iustiti'ae cultor. y1n .delle 1nonete con l'effigie della Vittoria alata; potrebbe darsi che esse fossero già
in circolazione nel 566, e che Venanzio vi si sia ispirato.
(21) Questo carme è il primo dei panegirici che Venanzio indirizzò a s?- (26) Venanzio si riferisce alle cainpagne di Clotario I ricorclate alla nota 8.
vrani della dinastia merovingia, e. risale alla primavera del 566: 1nolto proba~il~ (27) Motivo encomiastico topico dell'imperator litteratus: cf. CURTIUS, Lettera-
mente fu decla1nato a corte, in un'occasione ufficiale; per maggiori dettagli si tura europea, 199-200. In conformità agli schemi convenzionali, le lodi delle virtù I'
veda GEORGE, Venantius Fortunatus. A Latin Poet, 40-43. pacifiche del sovrano fanno seguito all'elogio delle sue virtù belliche.
I
,i!
1::.1
.
·I'
! i
CARMI, L. VI, la-2 339
CARMINA, L. VI, Ia-II
popolo. Sei stato dato a tutti come unica salvezza: secondo l'ordine di-
omnibus una salus datus es quibus ordine sacro vino rinnovi a costoro (28) nel presente le gioie del passato. I: ottima
''
I
tempore praesenti gaudia prisca refe;s. tua sposa si è decorata del culto cattolico: gli edifici ecclesiastici si so-
Catholico cultu decorata est opuma comux, no arricchiti per opera tua. Cristo unl con amore a sé la regina Bruni-
Ecclesiae crevit te faciente domus. childe, in ragione dei suoi meriti, allorquando la donò a te. Poiché ri-
Reginam meritis Brunichilde~ Christus amor.e.
30
spetta (29) appieno il suo nuovo legame in quanto dono di Cristo, ella,
tunc sibi coniunxit, hanc 11b1 quando d~dit. che già prima era unita a te nel cuore, ora lo è anche nella fede e per-
Altera vota colens melius quia munere Chr1st1, ciò t'incanta di più (30). O pio re, godi di una così illustre regina: colei
pectore iuncta prius, plus ~odo lege placet. che ti è sposa una volta è stata acquisita due volte. Bella, sobria, ele-
,, Rex pie, reginae tanto de lu~~e gaude, gante, capace, pia, piacevole, benigna, eccellente per carattere, aspetto
adquaesita bis est quae t1b1 nupta semel, . e nobiltà. Ma, sebbene ella da sola avesse meritato tali onori, per que-
pulchra, modesta, dec~~s, sollers, pia, grata, benigna, sto è piaciuta prllna a un uomo e ora, ecco, piace a Dio. Possa tu vive-
ingenio, vultu, nobilitate potens. re splendido per lunghi anni con la sposa che il divino amore ha asso-
Sed quamvis tantum meruisset sola decorem, ciato a te.
40 an te tamen homini, nunc placet • eccedDeo.
Saecula longa micans cara cu~ ~on1uge ucas
quam tibi divinus consociavtt amor. 2. SUL RE CARIBERTO (31)
luogo comune, quello del plauso universale nei confronti del sovrano, su cui si veda
CuRTIUS, Letteratura europea, 181-182.
(2B) Quibus è correzione di F. Leo per qualis dell.a tradizioJ~·. (3.3) Il riferimento non è ai continenti conosciuti, che all'epoca erano tre: Eu-
(29) Colens è corr.ezionde 4idF · Leo ,P,<:1'0c5oalld~~aJ~Ìadf~et~~~~~~~L· enfasi topa, Asia, Africa (cf. lSID. orig. 14, 2, 1), ma alle regioni corrispondenti ai quattro
punti cardinali. Cf. Isrn. orig. 13, 1, 3, ove si afferma: quattuor autem esse clùnata
(.30) O ero l'unione e1 ue sara b' Il'
osta su que7ro p~nto evidenzia l'importanza attribui.ta dade1.nBtrraum111'chi1~ld~sd:1~ mundi; id est plagas: Orientem et Occidentem, Septentrionem et Meridiem.
P 'd · · tt lici Sulla conversione (34) Per l'atteggirunento del poeta nei confronti dei gallo-ro1nani e dei barbari,
e,d .esser~ con;1 Grati T~~a~r~!c o4 27:
Et quia Arrianae legi subiecta erat, per nonché più in generale per la storia intellettuale dei rapporti reciproci tra V e VI se-
1~;~J;~::~e'),; sa:rd~tum. atque ip{ius regis c~mmonltionem conversa, beatam colo, si rinvia a J. SzbVÉRFFY, À la source de l'humanisme chréti'en médiéval: "Roma-
fn unitate confessa Trini~atem cr.edtddit( aCtlqute ~hrtismeadtdf:tp. rima moglie Ingonda. nus" et "barbarul' chez. Fortunat, «Aevum", LXV (1977), 71-86.
(31) e 'berto pnmogen1to o ano eh f (35) Il regno di Childebetto I fu una stagione prospera per la Chiesa; nelle
Alla s aitizi~~e seg~ita alla inorte di Cl~t~rio ottenne la parte del re~~o I ~uoi città a lui sottoposte risiedevano vescovi energici e autorevoli, e fu dato grande svi-
d ll P. Childeberto I con capitale Pang1 (cf. GHEG. TuR. Franc.d4, ). . Pi luppo alle fondazioni 1nonastiche. Perciò Venanzio preferisce presentare Cariberto
t:rr?r~~f andavano dall~ Manica lungo la co~ta ~tl~nt.ica fino a Bar ::ut:U~ e; come erede di Childeberto I e non di ·Clotario I. Le lodi qui profuse hanno con ogni
T~!r~er;r~~J~r~~c~~~f~n~afi~e 56~ ~
renei; tra le .città appartehenti ai 'del verisimiglianza valore persuasivo più che asseverativo, secondo la nota tecnica esor-
tativa dello speculum princt'pum.
~t;i~~~ ~~i:?n~é:~~~e;si!~~r;i8~arme presenta la struttura di panegirico vero
_l
CARMINA, L. VI, II CARMI, L, VI, 2 341
340
15 Ille fuit n1itis, sapiens, bonus, omnibus aequus: L'altro era misurato, saggio, buono, giusto con tutti: finché in città
non cecidit patruus, dum stat in urbe nepos. c'è il nipote, lo zio non è spento. Il suo erede era degno di assumere su
Dignus erat heres eius sibi sumere regnum di sé il regno, egli che non è minore dello zio, la sua gloria lo testimo-
qui non est ilio, laude loquente, minor. nia. Cariberto ora è qui, che governa lo stato e fa rivivere nel tempo
Charibertus adest, qui publica iura gubernans presente le gioie del passato. Si è palesato a tal punto seguace dello zio,
'° tempore praesenti gaudia prisca refert. che come nipote è ora il tutore della vedova. Egli, col suo affetto ha
In tantum patruo se prodidit esse sequacem fatto rivivere il nome di Childeberto e per le figlie di costui egli è fra-
ut 1nodo sit tutor coniugis iste nepos tello e padre al tempo stesso. Queste, ben tutelate dal mite governo del
qui Childeberti retinens dulcedine nomen re, godono nel cugino di ciò che ci si attende da un padre (36).
eius natarum est frater et ipse pater. Altissima progenie, che risplendi di una nobile luce, la cui gloria
,, Quae bene defensae placido moderamine regis decorre dagli illustri avi (37). Infatti, qualunque io voglia ricordare tra
in consobrino spem genitoris habent. i tuoi antichi progenitori, mi scorre davanti una teoria di re di una stir~
Maxilna progenies) generosa luce coruscans, pe gloriosa, la cui fede profonda ha elevato la loro altezza fino al cielo
cuius ab excelsis gloria currit avis, e ha posto i loro piedi sopra le genti pagane: ha schiacciato i nemici
Nam quoscumque velim veterum memorare parentum superbi, ha confortato gli amici, ha favorito chi si assoggettava e ha ri-
stirpis honorificae regius ordo fluit, dotto a brani i tracotanti (38). Ma perché dovrei qui ripetere gli alti
cuius celsa fides eduxit ad astra cacumen encomi degli antenati, visto che è piuttosto la tua gloria a onorare la
atque super geutes intulit illa pedes, stirpe? Essi ingrandirono la patria con le armi, ma con spargimento di
calcavit hostes tumidos, erexit amicos, sangue: tu, governando senza violenza, acquisti un merito maggiore.
fovit subiectos couteruitque feros. Con il tuo amore per la pace ora fai vivere al sicuro coloro che le guer-
35 Cur tamen hic repetam praeconia celsa priorum, re coi loro minacciosi pericoli avevano fiaccato (39). Tutte le cose cele-
cu1n potius tua laus ornet honore genus? brano liete la prospera epoca di questo re, sotto il cui potere fiorisce
Illi auxere armis patriam, sed sanguine fuso, un'opulenta tranquillità: grazie a lui, in pace, i prodotti della terra so-
tu plus adquiris qui sine clade regis. no abbondanti; per i popoli a te fedeli la tua vita è una messe. Quando
Quos prius infestis lassarunt bella periclis le generazioni meritarono che tu nascessi quale loro re, il giorno ri-
hos modo securos pacis amore foves. splendette nel mondo con una luce più intensa. Tuo padre poi, con-
Omnia laeta canunt felicia tempora regis templando la gioia della sua nuova discendenza, disse di sentirsi innal-
cuius in auspiciis floret opima quies,, zato dall'onore della sua prole. Egli, sebbene fosse un sovrano dal ca-
per quem tranquille terrarum frugis abundat: po elevato, alla tua venuta innalzò ancor più la testa; ripose lieto le
devotis populis est tua vita seges. proprie speranze nel grembo dell'erede, e perciò il vecchio, con auspi-
45 Curo te nascentem meruerunt saecula regem,
Ante alias fratres regali germine natns, ci migliori, godette di maggior prosperità. Nato da stirpe regale prima
ordine qui senior, sic pietate ptior. degli altri fratelli, come sei il più vecchio, così sei il primo in pietà.
,, Praedicat hinc bonitas, illinc sapientia plaudit, Da una parte ti celebra la bontà, dall'altra ti applaude la sapienza:
inter utrumque decus te sibi quisque rapit. ciascuna di queste virtù ti vuole per sé. Dello zio rifulge la pietà e del
De patruo pietas et de patre fulget acumen, padre l'intelligenza: nel volto di un solo uomo vivono entrambi i pa-
unius in vultu vivit uterque parens. renti. Tu riunisci tutti i meriti che ebbe ciascuno dei due e, col favore
Quas habuere ambo laudes tn colligis omnes della legge, da solo fai rivivere due uomini (40). Tu risplendi sentiero
w et reparas solus lege favente duos. di giustizia, modello di sobrietà, e la tua ricca fede è uno specchio per
Semita iustitiae, gravitatis norma refulges la nostra vita (41). La moderazione dimora stabilmente nella tua ani-
et speculum vitae dat pretiosa fides. ma tranquilla, tu hai sempre un porto nel tuo cuore. Nessuna tempe-
Tranquillis animis moderatio fixa tenetur, sta entra coi suoi tumulti nelle tue fibre: per non vacillare nel senti-
qui portum in proprio pectore semper habes. mento, hai l'ancora della ragione. Il vento col suo soffio non agita gli
" Tempestas nullo penetra! tua corda tumultu, animi costanti, né li trascina blandendoli con facile volnbilità. Perciò
ne sensu titubes, anchora mentis adest; la gloria ti accompagna su una strada ben regolata, perché la tua ragio-
constantes animos non ventilat aura susurrans ne assennata si regge in modo maturO. Sempre attento, rimediti una
nec leviter facili mobilitate trahit. decisione fino alla sua radice profonda e ciò che è impenetrabile agli
Hinc bene disposito comitatur gloria cursu, altri è a te manifesto. Se gli affari pubblici sollecitano una riunione di
70 quod se mature mens moderata gerit. tutti i maggiorenti, in essi vi è la speranza di seguire i consigli dati dal-
Consilium vigilans alta radice retractas la tua autorità. Perciò, ogni volta che un'ambasceria parte con buoni
et res clausa aliis est manifesta tibi. auspici, si mette in marcia preparata se la tua-parola la guida. Poiché
Publica cura movens proceres si congreget omnes la pazienza in te fiorisce ed è meravigliosamente coltivata, vi è in te la
spes est consilii te monitore sequi. mansuetndine che ebbe in vita Davide. Guida della giustizia, cultore
,, Hinc quotiens felix legatio denique pergit, del venerabile diritto, trai da Salomone un saggio discernimento; tu
ingreditur caute quam tua lingua regit. però sei migliore per la grazia della fede (42). Infatti rinnovi, quanto
Quod tam mirifico floret patientia cultu, alla magnanimità, il carattere del grande imperatore Traiano (43 ). Per-
est tibi daviticae mansuetudo vitae 1. ché dovrei diffondermi ancora sulla maturità del tuo animo, tu che
Iustitiae rector, venerandi iuris amator, nella nostra epoca sei apprezzato per l'austerità dell'antico Fabio (44)?
"" iudicium sapiens de Salomone trahis, Se ti si presentano alcuni processi con diverse opinioni, tosto dalla
bocca del re sgorga l'autorità della legge. Sebbene le liti riecheggino di
r tu melior fidei merito. Nam principis ampli
Traiani ingenium de pietate refers. voci confuse, tu puoi sciogliere le fila di un'intricata contesa. Colui
Il Quid repetam maturum animum, qui tempere nostro che viene a te, richiedendo cose giuste, ottiene soddisfazione: chi è so-
antiqui Fabii de gravitate places? stenuto dalla sua causa riceve il premio della vittoria. La tua insigne
s.s Si veniant aliquae variato murmure causae, :r
pondera max legum regis ab ore fluunt. (41) In questi versi, che sembrano più adatti a Childeberto I che a Cariberto, si
Quamvis conf1,1sas referant certamina voces, può ravvisare ancora una volta la tecnica dello speculum principum.
nodosae litis solvere fila potes. (42) Il paragone non è tra Cariberto e Salomone come persone singole, ma
Obtinet adveniens fructum cnm iusta petuntur: piuttosto tra la fede veterotestamentaria, esemplificata in Salomone, e quella della
nuova legge di Cristo, esemplificata in Cariberto. Ne consegue che la fede di un so-
quem sua causa fovet praemia vietar habet. vrano come Salomone è necessariamente inferiore a quella di un sovrano come Cari-
berto, dal momento che la legge in cui crede il primo altro non è che l'ombra, men-
tre la fede con cui crede il secondo è la verità.
I Cf.Ps.131, 1. (43) Probabilmente Venanzio ha in mente il celebre aneddoto della madre che
chiede a Traiano di vendicare la morte del figlio, aneddoto originato da Diane Cas-
67. Ov. am. 1, 7, 54: ventilat aura comas. - 90. Ov.Jast. 5, 410: praemia doctor sio (69, 6, 3) e diffusissimo nella letteratura medievale sia latina che volgare: cf. loH.
habet. . DIAc. vita Gregorii, 2, 44; IOANN. SAiillSB. Polycr. 1, 317, 6; Novellino 69; Fiori e vita
(40) A causa della concezione patrimoniale dello stato vigente presso 1 di/ilosafi 26; DANTE Purg. IO, 76ss.
Franchi, Cariberto, figlio di Clotario I, e~edit~ anche p~rte del .regno che f~ (44) I Fabii erano una delle più antiche e prestigiose famiglie della Ron1a re-
dello zio Childeberto I: quest'ultimo morì mfatt1 senza fr~h maschi n~ 558, Palfa pubblicana; non è possibile determinare a quale loro esponente Venanzio intendesse
tanto la sua parte di regno fu incamerata dal fratello mtn?re ~lo tario I,. e alludere: forse a Quinto Fabio Massimo, detto il Temporeggiatore, l'eroe della se-
morte di quest'ultimo nel 561 le due parti riunite furono ripartite tra Cartberto conda guerra punica (fine III secolo a.C.), ma può pure darsi che il riferimento sia
e i suoi fratelli. generico, per indicare l'austerità degli uo1nini dei tempi antichi.
CARMINA, L. VI, II-III CARMI, L. VI, 2-3 345
344
Cuius clara fides valida radice tenetur: lealtà si fonda su una radice robusta: è più facile che una montagna si
antea mons migrat quam tua verba cadant. sposti piuttosto che le tue parole perdaoo valore. La speranza promes-
Spes prornissa stat nullo mutabilis actu: sa sta salda e n~ssun evento può mutarla: ciò che una volta è stato pro-
pollicitata semel perpetuata maoent. messo rimane. tn perpetu?. La casa che sta ben solida sulle proprie
" Illa domus proprio de pondere tuta tenetur fondamenta s1 conserva sicura grazie al suo stesso peso (45). Nono-
quae fondamento stat bene fixa suo. stante tu si~ w_i Sigambro (46), rampollo di un popolo glorioso, la lin-
Cum sis progenitus clara de gente Sigamber, gua launa fionsce nel tuo eloquio. Quale sarà il tuo parlare nella tua
floret in eloquio lingua latina tuo. lingua materna, se parlando superi perfino noi Romani (47)? Nel tuo
Qualis es in propria docto sermone loquella, volto, nella tua fronte liscia splende un giorno sereno: nessuna nube
mo qui nos Romanos vincis in eloquio? opprime gli animi sinceri. Una grazia delicata circonda il tuo viso sere-
Splendet in ore dies detersa fronte serenus: no: il popolo riceve l'allegrezza dal volto del suo re. Il tuo favore ricol-
sinceros aoimos nubila nulla premunt. m~ tutti di doni gener?si; perché tu approvi le mie parole, il popolo è
Blaoda serenatum circumdat gratia vultum, qu: m~~ testimone. O immensa bontà di Dio (48), che considera pro-
laetitiam populus regis ab ore capit. prio c10 che con generosa ricchezza dona ai suoi servi! Tu sollevi i di~
'°' Muneribus largis replet tua gratia cunctos: seredati, controlli con la legge i superbi, sei divenuto ogni bene in tut-
ut mea dieta probes, plebs mihi testis adest. to e per tutti. I;Onnipotente protegga il re in ricompensa della sua de-
O bonitas inmensa Dei, quae divite censu vozione e conservi il sovrano che ci ha dato come padre. I cittadini ti
quod famulis tribuit, hoc putat esse suum! desideri':1o, possa tu m?ltiplicare le gioie dei cittadini: il popolo ti rie-
Erigis abiectos, erectos lege tueris, sca graduo nel servtru, il re governi nella pietà.
110 omnibus in totum factus es omne bonum.
Protegat Omnipotens pietatis munere regem
et dominum servet quem dedit esse patrem. 3. SULLA REGINA TEODECmLDE (49)
Cives te cupiant, tu gaudia civibus addas,
plebs placeat famulans, rex pietate regat. Illustre progenie, che risplendi da una schiatta regale, a cui l'ori-
gine diede un nome prestigiosissimo fin dagli aotenati. La nuova glo-
ria della tua stirpe corre volaodo per il mondo e contemporaoeamente
III. DE THEUDECmLDE REGINA celebra da una parte tuo fratello, dall'altra tuo padre (50). Ma sebbe-
n.e la nobile discendenza dei tuoi avi brilli, tale gloria si moltipJica gra-
Inclita progenies, regali stirpe coruscans, z1e_alla. tua condotta. Vediamo in te tutto ciò che è oggetto di lode in
cui celsum a proavis nomen origo dedit. essi: sei l'ornamento, o Teodechilde, di un'antica stirpe. Un'anima ve-
f i Currit in orbe volaos geueris nova gloria vestri nerabile, dignitosa, solerte, devota, cara e magnanima: e, poiché sei
et simul hinc frater personat, inde pater. potente per nascita, vi è in te una grazia più graode. La tua nobile au-
5 Sed quamvis niteat generosa propago parentum, torevolezza rilu~e ?ell' evitare ciò che causa odio: sei tanto più amata
moribus ex vestris multiplicatur honor. quaoto meno fai ricorso al terrore. Un timbro delicato diffonde dalla
Cernimus in vobis quicquid laudatur in illis: tua bocca suoni dolcissimi:_ le parole del tuo colloquio sono come mie-
ornasti aotiquum, Theudechilde, genus.
'.!·' Mens veneranda, decens, sollers, pia, cara, benigna·,
(45) Proprio de pondere è correzione di F. Leo per propriore (-ri) pondere 0 pro-
10 cum sis prole potens, gratia maior adest. priore pendere della tradizione.
.,
I' . Evitaos odii causas micat ampia potestas. . ~46) Il ri.chiamo al popolo germanico dei Sigambri allude all'origine leggenda-
::I Quae terrore minus, plus in amore venis. ria de! Franch~ secondo GREG. TUR. Frane 2, 31, san Remigio, vescovo di Reims, al-
Mitis ab ore sonus suavissima dieta resultat lorche battezzo Clo~oveo _n~l ~96, pronunciò queste parole: Mitis depone colla, Si-
gamber; adora quod tncendistt, zncende quod adorasti.
(47) Topos dell'imperator litteratus, per cui si veda CuRTIUS, Letteratura euro-
pea, 199-200.
(48) Il poeta intende dire che la bontà del sovrano è pari a quella divina.
91. LucAN. 1, 138: nec iam validis radlcibus haerens I pondere fixa suo est. - 100. , (49) Del petsonaggio si è già parlato alle note 54, 56 e 57 del libro IV. Il carme
SIDON. carm. 4, 18: vincant eloquio. - 101. SEOUL. carm. pasch. 2, 77: tuncfronte ~ l:n pic~ol? pane.g.ir~c.o, _costituito dall'elogio della stirpe, cui fa seguito un elenco di
serena/ nubila mentis habens. tipiche vutu femm1ndt. E tran1andato per tradizione indiretta da Odoranno di Sens
nella sua biografia di Teodechilde (opuscula 1).
3, 5. PAUL. NoL. carm. 26, 282: quorum generosa propago. (50) Il padie era il re Teodorico I figlio di Clodoveo, il fratello il re Teodeberto.
I i,,
CARMINA, L. VI, III~IV CARMI, L, VI, 3-4 347
verbaque colloquii sunt quasi mella favi. le di favo. Quanto primeggi in gloria su tutto il sesso femminile, lauto
15 Fe1nineum sexum quantum praecedis honore, superi le altl'e auche pel' l'intensità della tua devozione. Se arriva uno
tantum alias superas et pietatis ope. sconosciuto, lo accogli con anitno cosi benevolo, come se egli fosse già
Si novus adveniat, recipis sic mente benigna stato apprezzato, per i suoi servigi, dai tnoi avi (51). La tua mano spar-
ac si servitiis iam placuisset avis. ge cibo per i poveri affamati, per mietere le messi con miglio!' frntto.
Pauperibus fessis tua dextera seminat escas, Per il fatto di sostenere i poveri sarai saziata per sempre e quel cibo
20 ut segetes fructu fertiliore metas. che il povero prende diventa tuo. Tntto ciò che elargisci ai bisognosi
Unde foves inopes, semper satiata manebis perviene a Cristo: auche se nessuno lo vede, rimaue imperituro (52).
et quem sumit egens fit tuus ille cibus. Quando lestremo istaute verrà a pone fine al mondo, mentre tutto
,, Pervenit ad Christum quicquid largiris egeno: perirà tu conquisterai una condizione migliore. Grazie alla tna genero-
'
'
etsi nemo videt, uon peritura mauent. sità si rinnovano le sacre chiese. Tu costruisci la casa di Cristo ed egli
,, Cum venit extremus finis concludere mundum la tua. Tu gliela costruisci sulla terra, egli te la darà nei cieli. Cosl, de-
omnia dum pereunt, tu meliora petis. stinata alla beatitudine, contrai uno scambio vantaggioso. Il talento
Ecclesiae sacrae, te dispensante, novantur. che invii al cielo rimaue tuo senza rischio: metti per te da parte le ric-
Ipsa domum Christi condis et ille tuam. chezze che hai con virtù seminato. Tu che vivi per il Signore non resti
Tu fabricas illi tetris, dabit ille supernis: priva delle glorie più alte: in terra detieni la regalità, deterrai la rega-
'° conmutas melius sic habitura polos. lità in cielo. Possa ora essere durevole la tua salute in questo mondo,
Stat sine fraude tuwn quod mittis ad astra talentum: per vantaggio del popolo; fortunata tu che, per i tuoi meriti, sarai eter-
quas bene dispergis has tibi condis ;ipes. namente nella luce.
Quae Domino vivis, summos non perd1s honores,
Regna tenes tetris, regna tenenda polis.
,, Sit modo longa salus pro munere plebis in orbe; 4. Su BERTICHILDE (53)
felix quale meritis luce perennis eris.
Anima devota a Dio, Bertichilde dal cuore fiammeggiaute, nel tuo
petto dimora Cristo col suo amore. Tu disprezzi il male che porta alla
1i IV. DE BERTHICHILDE morte e sei attenta a ciò che dà vita; più rifuggi la terra, più ti sollevi
'I
~i <
' .verso gli astri. Risplendi immacolata e non conosci il cattivo influsso
Mens devota Deo, Berchilde corde coruscaus del mondo, tu preservi il tuo corpo libero dalle miserie umaue. Alla
pectore sub cuius Christus amore manet, tua santa pudicizia si devono attribuire degne ricompense, o vergine a
despiciens mortale malwu, vitalia servaus'. Dio consacrata, che da quaggiù sarai tratta in cielo. Colui al quale tu
unde fugis terras, hinc petis astra mag1s. appari abbracciata dimora nei cieli: dov'è il tuo sposo, tu stessa sarai
, Inmaculata micans, nescis contagia mundi, assieme a lui. Non desideri adornare d'oro le tue braccia né il tuo col-
sordibus humauis libera membra geris. lo di gemme, ma piuttosto rifulgi pura del tuo casto cuore. Hai cam-
Digna pudicitiae debentur praemia sacrae, biato veste, hai permutato l'onol'e della famiglia presentaudoti al tala-
virgo dicata Dea, hinc rapienda polo. mo del Signore per unirti a lui come sposa. Con quale privilegio hai
I'
llie tenet caelos cui tu complexa videris: meritato di ottenere loggetto dei tuoi desideri, dacché tu, bellezza
[,, quo tuus est sponsus, huc eris ipsa ~imul. . creata, piaci al Creatore! Elargisci cibo abbondante ai poveri affamati,
Non cupis auro humeros nec collum p1ngere gemm1s,
I: sed melius casto pectore pura micas.
Mutasti vestem) mutasti gentis honorem,
cum thalamis Domini sponsa iuganda venis.
'' 15 Quam meliore via meruisti vota tenere,
quando Creatori, forma creata, places !
Pauperibus largas das esurientibus escas: (51) Probabile notazione autobiografica: Teodechilde accolse con favore Ve-
nanzio, nonostante egli non avesse ancora alcun merito nei riguardi della famiglia.
16. DRAC. !aud. dei 1, 429; PAUL. PETRIC. Mari. 6, 37: pietatis opem. - 20. MA; - (52) Dall'epitaffio di Teodechilde, carm. 4, 25, 15, sappiamo che la regina di-
-_ stribuiva elemosine in segreto.
TOR act. 1, 680: quod fructu fertiliore metas. - 31. STAT. silv. 2, 3, 16: stant stn.,
fraude lares. . . . (53) Personaggio altrimenti sconosciuto (PLRE III 229). Probabilmente fu una
4, 5. CLAUD. carm. min. 27, 10: patttur contagta mundt. nobildonna consacrata alla verginità, 1na non una monaca.
: i
111
'!
CARMINA, L. VI, IV-V CARMI, L. VI, 4-5 349
nescit habere famem qui tua tecla petit. chi si dirige alla tua dimora ignora che cosa sia la fame. A chi langue
Qui sine veste iacet, tegn1en pietate ministras: privo di vestiti, offri pietosan1ente una copertura: una volta che il nu-
unde calet nudus, frigora nulla times. do è al caldo, tu non ten1i il freddo. Grazie al tuo misericordioso ri-
Te redimente pia, captivi vincula laxant: scatto, i prigionieri sciolgono le loro catene: tu che liberi i prigionieri,
quae solvis vinctos, libera semper eris. sarai libera per sempre. Distribuisci ricchezze senza negare ad alcuno
Distribuis censum nulli sua vota negando ciò che egli desidera e rendi le tue ricchezze proprietà di tutti. Racco-
divitiasque tuas omnibus esse facis. gli nei cieli tntto ciò che seminasti nei campi. Ora spargi i semi, in fu-
,, Colligis in caelis quicquid dispergis in arvis. turo mieterai frutti più abbondanti. Tutto ciò che il mondo ha, passa
Semina nunc fundens, post meliora metes. in fuggitiva corsa: in un tempo esiguo tu costruisci ciò cbe godrai per
Quicquid habet mundus fugitivo tramite transit. sempre. Ti sia conservata la vita per lunghi anni quaggiù e abbi in se-
Tempore tu modico semper habenda facis. guito la vera salvezza nell'eternità.
Hic tibi longaevis sit vita superstes in annis,
rursus in aeternum sit tibi vera salus.
5. Su GELESVINTA (54)
V. DE GELESUINTA La fortuna ruota nell'incertezza del caso e la vita, nel suo oscillaH
re, non poggia mai stabilmente il piede (55). La ruota volubile trascina
Casibus incertis rerum fortuna rotatur sempre le cose umane nella precarietà e ciascuno procede sulla sua
nec figit stabilem pendula vita pedem. strada scivolando su fragile ghiaccio. A nessuno è assicurato il giorno,
Semper in ambiguo saeclum rota lubrica volvit per nessuno è più certa la propria ora: ci troviamo dnnque in uno sta-
et fragili giade lapsibus itur iter. to più fragile del vetro. Mentre l'ignoranza ingannatrice ci trascina col
5 Nulli certa dies, nulli est sua certior hora, suo passo incerto, il tranello del baratro si cela li dove si crede che ci
sic sumus in statu debiliore vitro. sia la strada. Inconsapevole è la mente degli uomini: ignora ciò che sia
Dum gressu ancipiti trabit ignorantia fallens, morte o salvezza, se sarà la stella dell'aurora o quella del tramonto a
h uc latet ars foveae, quo putat esse viae. segnare la fine di questa vita. Noi siamo oppressi da queste tenebre e
Nescia mens hominum quid sit necis atque salutis, ignoriamo la sorte futura: questi tempi incerti hanno una dnrata assai
ii; lucifer an vitae mors sibi vesper erit. effimera.
His premimur tenebris, ignari sorte futuri Toledo ti ha inviato due torri gemelle, o Gallia: ma mentre la pri-
et vaga tam fragile haec tempora tempus habent. ma sopravvive, laltra giace spezzata. Alta sni colli, bella nella sna ele-
gante sommità, per il soffio di venti ostili tracolla cadendo dal!' alto.
Toletus geminas misit tibi, Gallia, turres: Essa lasciò le sue fondamenta nelle patrie sedi, una volta staccata dalla
prima stante quidem, fracta secunda iacet. sua base, non stette a lungo in piedi da sola, dopo essersi allontanata
15 Alta super colles, speciosa cacumine pulchro, dalla propria regione. Un terreno nnovo la sommerse, ora giace in
flatibus infestis culmine lapsa ruit. queste terre, ahimè, esule e forestiera. Chi è in grado di riferire i segni
Sedibus in patriae sua fondamenta relinquens, _ premonitori di un così grave lutto (56)? Da quale stame il dolore co-
cardine mota suo, non stetit una diu
de proprio migrata solo: nova mersit harena
,-i exul et his terris, heu, peregrina iacet.
-r
I
T ':!, " Quis valet orditi tanti praesagia Iuctus?
GE, Venantius Fortunatus. A Latin Poet, 96-101. Problemi specifici discutono G.
DAVIS, Ad sidera notus: Strategies o/ Lament and Consolation in Fortunatus' De Ge-
!·i
::! lesuintha, "Agon", I (1967), 118-134; M. RoUCHE1 Autocensure et diplomatie chez
·:·_ Fortunat à propos del' élegie sur Galeswt'nthe, in AA.VV., Venanzio Fortunato tra Ita-
5, 9. VERG. Aen. 10, 501: nescia mens hominumfati; PAUL. NoL. carm. 27 '
':'.L'
'1 ~,: lia e Francia, 149-159. Si noteranno in questa lunga elegia i numerosi echi dai poeti
--~=iJ=-
,:1
539: necisatquesalutis. latini classici, nonché l'analogia tfa il ruolo della nutrice di Gelesvinta con quello
'
. (54) Sul personaggio di Gelesvinta e sulla sua triste fine si veda l'Intro~u-
zzone, pp. 61ss. Per un commento puntuale a questo carme, una lamenta(to e _____ i;
lE; della nutrice di Didone nell'Eneide, ma anche la presenza della Fama, che reca a
Brunichilde la notizia della morte della sorella, così come aveva recato ad Anna la
consolatio sulla morte della principessa, scritta probabilmente su istanza di ~a: , l'_.- notizia del suicidio di Didone.
degonda allo scopo di scongiurare funesti sviluppi nei rapporti sem~re tesiss~I .-· -.o··..... (55) La prima sezione del carine (breve accenno consolatorio) enuncia il tema
tra Sigiberto e Chilperico, si rhnanda a K. ST~INMANN, Die Gelesutn~ha-Elegt~ - . dell'instabilità delle cose umane.
des Venantius Fortunatus (Carm. VI 5). Text, Obersetzung, Interpretattonen, tesi ;. (56) La seconda sezione (lamentatio) co1nprende la gran parte del carme, e si
di dottorato, Ziirich 1975. Si veda anche, per un rapido inquadramento, GEOR· ---.i - ~- inizia con l'esposizione degli eventi.
.'[.
CARMI, L. VI, 5 351
CARMINA, L. VI, V
. quo coeplt · texere flenda dolor? minciò a tessere questa tragica vicenda? Quan~o fu richiesta in isposa
Stamme d per il paese delle fredde Orse, I.a regale .GelesVl~ta, ~h1amata a un tala:
e um .
pnmum al gen t e s iungi peteretur
. a arctos
mo regale, avrebbe voluto che 1 freddi mtens1 di qm fossero trapassati
regia regali Gelesuinta toro, fl . ·. dalle fiamme di Cupido, per vivere cosl riscaldata in questa gelida re-
. 'd' .
~ f1xa cupi meis cupere
t huc frigoraal · amm1s gione. Quando la fanciulla, atterrita da ciò che udi, comprese quel che
viveret et gelida sub regione c en.s. .. l'attendeva, si gettò tra le tue braccia, o Goisvinta. Allora, raccolta al
. . t dituque externta sens1t,
H oc u b1v1rgo me u au G . . tha tuos seno della madre, reclinata e confusa, ella si agguanta con le unghie e
currit ad amplexus, 01sum ' I' · ·.')
con le mani per non essere portata via. Stringe le sue braccia e intrec-
Tum matris collecta sinu inale sana ree mans, cia una catena senza la fune e col suo abbraccio rinserra la madre al
30 ne divellatur se tenet ungue mf anu. ,, proprio corpo, implorando, lei sua figlia, di poter rientrare in quelle
Brachia constringens nectit sine unebcatl?am viscere dalle quali un tempo ella venne alla luce. Si raccomanda, certa
et matrem amplexu per st1a me1n ra igat, di essere sollevata dal suo fardello per la protezione di colei che l'ave-
illis visceribus retmen· · f'l' 1 ia po scens
. f . va custodita al sicuro all'interno del suo grembo. Allora la casa diviene
ex qui'bus ante sl'b'11uc1s · 0 rigo ult. ' triste per il suo pianto, la corte risuona per l'agitazione, al pianto della
. · fasce levar1
35 comm1ttens secura e1us se f . regina si struggono anche tutti i dignitari. I volti del popolo si sfigura-
cuius clausa uteri pignore tuta ~lt. I l no di fiumi di lacrime. Piange anche il bambino che non sa che cosa
Tum gemi.tu f'lt maest a domus '. strep1t h au a tumu tu,
sia la compassione.
reginae fletu plorat et omnis. onor.cl Gli ambasciatori insistono per partire per i regni germanici: essi
In popu11. f ac1e .
. 1acrtmarum flumma. sor ent.
Infans qui affectum nescit et ipse getnlt.
.
rE
"'
raccontano i tempi lenti del lungo tragitto. Ma, commossi dai gemiti
della madre, s'int~n~riscono nell'intim?, ed essi, che prima _incalzava-
no, ora vogliono d1ssunulare la fretta. Fmtanto che la madre e trattenu-
Instant legati. germanica · reg na requiri
d .' 1 ta annodata dall'abbraccio della figlia, trascorrono due giorni, un ter-
-·
J(
narrantes longae tempora tar a vilae. 2; e un quarto. Gli ambasciatori insistono per ritornare nella regione a
Sed matrts . moti. gem1tu
· sua viscera soI vunt
loro familiare. Goisvinta, in lacrime, rivolge loro queste parole (57):
et qui conpellunt, dissimularedvo unt. ~ «Se io fossi prigioniera e minacciata dalla crudeltà di un truce Gelano,
" Dum natae amplexu genetrix no ata ted~tur forse, davanti a queste mie. lacrime, egli sarebbe stato un nemico pieto-
praetereunt duplices, tertia, quarta les.
I
so; se non fosse neppure pietoso di cuore, il nemico per la sua avidità
Instant legati nota regione ~ev~r~ . mi concederebbe che quei barbari predatori mi restituissero la figlia in
Quos his alloquitur Go1sum: a g~~s. cambio di un riscatto. Se neppure cosi intendesse flettere il suo animo
0111
<<:Si feritate trucis premerer capttvah . ' efferato, concederebbe alla madre di incamminarsi assieme alla figlia.
50
•
f orsan acl has
.
lacrimas et pius ostts erat;
· ihi cederet host1s r- . è. ~oncesso alcun .r!nvio, né ~i pieghi~mo con 1;1n riscatto'.
Ma. ora ·n. on
s1 nec corde pms, cup1dus m d d r,- Chi non e ma1 mdulgente fa pm danno d1 un nemico accamto. Dopo 1
ut natam ad pretium barbara prae a . arei. [ dolori dell'utero e i molti rischi del parto, dopo il peso delle gravose
Si neque sic animum velit incltt:are. cruentum, rr difficoltà che sopportai nel corso della gravidanza, non mi è permesso
matti. praestare1 quo simul 1ret Iter.fl · ull ~ di essere la madre della figlia che ho generato: per me cade ogni legge
55 N uncmoranulla cl at u, r Pretio neque ectunus o.
Qui nihil indulgei saevius host~ nocet.
f di natura. Privata del mio ·affetto sono respinta in lacrime, presso di
I i•1
. . ulta pertcula partus
rr
Post utert gem1tus, post m f u]'
,;• postque 1ab ons onus quod grave
. . eta t 1,
quae genu1. natae matrem me non.11cet . esse,
1
'.i w ipsaque naturae !ex '?ihi tota PJJ1 ·
Affectu ieiuna meo, lacrtmosa repe or ~
u
r
. /'d adArctas. -35. VERG. ecl. 9, 65: te fasce levabo. -
23. VERG. Aen. 6, 16. g.e t d;~us interior gemitu miseroque tumultu I miscetur;
Il
37. VERG. Aen. 2, 486 .. at t it icta tumultu /regia. - 47. VERG. Aen. 2, 737; lli
STAT. Theb. l, 5.16: vario s rep a oth. 430:/eritasque cruenta Geloni. - 52. oy.
530: nota ... regione. - 49.dPRun . PVERG. Aen. 2, 689: precibus si flecteris ullis;
epist. 1, 26: barbara prae a. - 55·
.1r: (57) Si tenga presente quanto osservato nell'Introduzione, p. 63 nota 62, circa
--1 ~- il tuolo preponderante svolto dai cinque discorsi diretti.
VEN. FORT. carm. 4, 25, 3.
CARMINA, L. VI, V CARMI, L. VI, 5 353
352
nec pietas aditum nec dat origo locrnn. voi la pietà non trova accesso né ha valore la mia origine. Perché me la
Quid rapitis? Differte dies, dum disco dolores rapite? Rinviate il giorno: finché mi avvezzi al dolore, sia l'indugio
solamenque mali sit mora sola mei. ]'unico conforto alla mia disgrazia. Quando la vedrò nuovamente
"' Quando iterum videam, quando haec mihi lumina ludant, quando i suoi occhi gioiranno al vedermi, quando mi getterò ancor~
quando iterum natae per pia colla cadam? una volta al s~o collo devoto? Da dove, vi prego, contemplerò i passi
Unde, precor, tene!ae gressu~ sp.ectabo puellae della mia gracile fanciulla e i suoi divertimenti allieteranno il mio ani-
oblectetque ammos matrts et ipse iocus?
Post causas quas regna gerunt, uhi 1naesta reclinem?
ll mo di madre? Dopo le trattative che i sovrani conducono dove mi ap-
poggerò nella mia tristezza? Chi mi darà il suo affetto, chl mi bacerà la
• Quis colat .affectu, lambiat ore caput? testa ~on le sue labbra? Chi correrà con le mani tese ai miei baci, quali
10
Extensis palmts quts currat ad oscula, ve! quae i1 braccia protese s1 getterann~ al mio collo? Chi terrò in grembo, affati-
cata da un dolce fardello, chi mi percolerà per ischerzo con mano deli-
cervici insiliant pendula membra meae?
Quem teneam gremio, blando .sub fasce laborans, !l cata? Sebbene tu sia cresciuta, non mi peserebbe portarti in grembo,
tu che per me eri un peso dolcissimo e leggero. Perché dovresti partire 'i,,
aut leviore manu verberer 1psa 1oco?
per lande sconosciute, lì dove non sarò più tua madre? Forse che i',I
Nec te ferre sinu, quamquam sis adulta, gravarer,
75
quae mihi dulce nimis et leve pondus eras. un'unica regione non ci può accogliere tutte e due? Le viscere che ti :1
Cur nova rura petas illic uhi non ero mater? hauno gener~to siano dunque squarciate dal pianto: per me le gioie I
quaque petisses iter, vox gravis una gemit. lil una parte l'affetto, dall'altra il tumulto bloccano il corteo: cosi da en-
trambe le parti. re_gnano agit~ione e pianto. L'uno ingiunge di partire,
.,.1,
,:11
"'
Progrediere fores tandem, sed turba morosa
solvere dum properat, se properando ligat. .. i . un altro per p1eta 1111plora di tornare indietro: cosl, secondo i senti-
~enti di '?gnuno, c'è chi tira e c'è chi trattiene. Un antico popolo si di-
1: i
sic per utrasque vices flebile ferve! opus. vide per il nu~vo regno (58): rimane il padre, si allontana il figlio; il 11
Alter abire monet, roga! alter amore redire: suocero resta, il genero parte. Chi vide quel tumulto avrebbe potuto !·11
sic variante fide, hic trahit, ille tenet. credere che tutta la patria emigrava e avrebbe pensato che addirittura I'
.'
90
Oividitur populus per regna novella vetustus; il suolo se ne andasse, come prigioniero. Escono dalle porte. Il carro si
stat pater, it genitus stat socer itque gener. fermò sul ponte, Gelesvinta sporse il capo e disse piangendo queste
Qui vidit strepitum, patriam migrare putaret parole: «0 Toledo, perciò mi hai nutrita nel tuo grembo, perché triste
et quasi captivum credere! ire solum. e ~epress.a ~o, tua cr~atu~a, fossi cacciata fuori dalle tue porte? E pet-
Procedunt partis. Serraco in ponte retento, che soffrtss1 ancor di pm, mentre tradisco con le mie lacrime il mio
95
protulit hoc fletu Gelesui_nta caput: dolore, tu, o mia regione, vivi in prosperità: perché io .sono strappata a
«Sic gremio, Talete, tuo nutr1bas, ut aegra te come una preda? In passato sono vissuta entro le tue mura (59) ora
excludar partis tristis alumna tuis? tutta intera ti contemplo: ora per la prima volta ti conosco, crudele,
',!'
. ''
Quoque magis crucier, prodens mea vulnera luctu,
'I
',I 10
stas felix regio: cur ego praeda trahor?
~ Antea clausa fui, 1nodo te considero totam,
nunc mihi nota prius, quando recedo, ferox.
I
CARMINA, L. VI, V CARMI, L. VI, 5
354 355
Hinc te dinumero currens per culmina visu; nel momento in cui ti abbandono. Da qui, correndo veloce con lo
en ego de numero non ero sola tuo. sguardo per i tuoi tetti, tutta ti osservo; ecco, soltanto io non sono più
105 Crudeles portae, quae me laxastis euntetn una dei tuoi. Porte crudeli, che avete permesso la mia uscita e non
davibus oppositis nec vetuistis iter! avete impedito il passaggio frapponendo i vostri catenacci! Sarebbe
Antea vos geminas adamans petra una ligasset stato n1eglio che una sola pietra, la più dura, avesse serrato i vostri
quam daret huc ullam ianua pansa viam. battenti piuttosto che una porta spalancata avesse aperto questa stra-
Urbs, pia plus fueras, si murus tota fuisses: da. O città, saresti stata più pia se fossi stata tutta un muro e un'alta
Ho me ire ut ne sineres, cingeret alta s1lex. cinta di pietre mi avesse impedito di uscire (60). Parto per luogW che
Pergo ignota locis, trepidans quidnam antea discam: non conosco, tre1no già ora per quello che conoscerò: la gente, la menN
gentem, animos, mores, op~l~a, rura, nem~s. talità, gli usi (61), le città, le campagne, i boschi. Chi troverò, ahimè,
Quem, precor, inveniam peregr1n1s advena terr1s straniera in terra straniera, ove nessuno mi viene incontro, né concittaN
quo mihi nemo venis civis, a1nice, parens? dina, né an1ico, né parente? Dimmi se n1ai potrà riuscirmi gradita e
.,, Dic, si blanda potesi nutrix aliena piacere, dolce una nutrice straniera, che lavi la mia faccia con la sua mano e
quae lave! ora manu ve! caput ornet acu? che orni con spilli la mia testa? Nessuna fanciulla danzerà in giroton-
Nulla puella choro neque collactanea ludat: do con me, né alcuna sorella di latte: qui restate, miei piaceri, miei
hic mea blandities, hic mea cura iaces. pensieri. Se non è possibile altrimenti, almeno un sepolcro spoglio mi
Si me non aliter, ve! nuda sepulchra tenerent: custodisse: non mi è concesso di vivere qui? Mi è caro qui morire.
,, 0 non licet hic vivi? Hic mihi dulce mori. Non godo del tuo abbraccio e mi allontano senza essermi saziata della
~
Non fruor amplexu neque visu piena recedo; tua vista: o crudele Toledo, che mi congedi da te, addio!». Il suo ani-
quae me dimittis, dura Talete, vale». - mo, così co1nmosso, prorompe in fiumi di lacrime e il fuoco che era in
.. '' Sic accensi ani1ni lacrimarum flumina rumpunt, lei fa scaturire acque abbondanti .
fixus et inriguas parturit ignis aquas.
125 Hinc iter arripiunt genetrix, nata, agmina flentum
Quaeso quid inspiciant oculi quem, nata, requirant? sa guarderanno i miei occhi, figlia mia, chi cercheranno? Tu che ora
Quae mea nunc tecum lumina ducis, amor, porti via con te gli occhi n1iei, amore mio, tu sarai il 1nio unico dolore·
tu dolor unus eris; quisquis mihi luserit infans, qualunque f'.":ciullo giocherà innanzi a me, nell'abbraccio di quest' aJ'.
"" amplexu alterius tu mihi pondus eris. tro 10 s~nuro il tuo peso. Che un altro corra, stia fermo, si sieda, pian-
Currat, stet, sedeat, fleat, intret et exeat alter, ga, entri ed esca, tu sola, dolce immagine, ritorni davanti ai 1niei occhi.
sola meis oculis dulcis imago redis. Dopo la tua partenza, io correrò tra baci di estranei e piangendo acco-
Te fugiente, errans .aliena per oscula curram sterò alle loro bocche il mio petto inaridito. Lambirò sui volti dei fan-
et super ora gemens ubera sicca premam. ciulli i loro occhi in preda al pianto e berrò, senza saziarmene, le loro
,,, De facie infantnm plorantia lumina lambam tenere lacrime.
et teneras lacrimas insatiata bibam. Magari con tale bevanda potessi trovare soltanto un po' di sollie-
Tali potu utinam ve! parte refrigerer ulla, vo, o potessero le onde di pianto mitigare la sete del mio desiderio!
aut plorata avidae mitiget unda sitim! Qu~u?que .cosa accad~à'. sarà un tor1nento; in questo stato nessuna
Quicquid erit, crucior: nulla hic medicamina prosunt, med1c111a mi reca beneficio: io sanguino dalla ferita infertami da te 0
''" vulnere distillo, Gelesuintha, tuo. Gelesvinta. Dimmi'. figlia mia, quale mano pettinerà e farà risplend~re
Qua, rogo, nata, manu cara haec coma pexa nitebit? codesta tua cara chioma? Chi, quando non ci sarò, sfiorerà con la sua
Quis sine me placidas lambiat ore genas? bocca I.e tue g.uan~e ~elic~te? Chi ti scalderà nel suo grembo, ti porterà
Quis gremio foveat, genibus vehat, ambiat ulna? sulle gmocchia, ti cmgera col suo braccio? Lì senza di me tu non
Sed tibi praeter me non ibi mater erit. . avrai alcuna madre. Infine, ora che tu parti, il mio amore timo~oso ti si
"' Quod superest, timibundus amor hoc mandat euntl: raccomanda: ti prego, sii felice, ma - bada, va', addio! Invia i tuoi salu-
sis, precor, o felixi sed - cave, vade, vale. ti a tua madre impaziente, anche soltanto attraverso il vento volubile·
Mitte avidae matri ve! per vaga flabra salutem: quando verrà,? suo so'.fio siaye~ me nunzio di gioia!». Allora la figlia:
si venit, ipsa mihi nuntiet aura boni» .. sopraffatrn dai lamenti strazianti della madre, triste, persa d'animo,
Filia tum validis genetricis onusta querelhs no? riusciva neppur~ a .esprimersi e, tenuta a lungo la bocca chiusa,
I' che a pena P?teva sciogliersi per parlare, disse poche parole - la lingua
no tristis, inops animi nec valitura loqui,
clausa voce diu, vix fauce solubile fandi era appesantita dalla ferita del cuore-: «Se lalta maestà di Dio volesse
pauca refert - cordis vulnere lingua gravis: ora concedermi un tempo di vita più lungo, non permetterebbe certo
«Maiestas si celsa Dei mihi tempora vellet questo viaggio. Ma poiché incombe irrevocabile la mia ultima ora (62)
nunc dare plus vitae, non daret ista viae. visto che ormai nessuno la contrasta, andrò dove la sua ira mi trascina'.
175 Ultima sed quoniam sors inrevocabilis instat, Tuttavia aggiungerò queste ultime parole e il tuo dolore le ricorderà:
I si iam nemo vetat, qua trahit ira sequar. da ora in poi ciò che è tuo non è più tuo. Addio, Goisvinta! (63 )».
I
Haec extrema tamen loquar et memoranda dolori: Troncano cosl i baci e distaccano le bocche attaccate ai volti; ora che
1,1
I hinc tua non tua sunt. Goisuintha, vale». non possono più accarezzarsi il loro amore accarezza l'aria.
Oscula sic rumpunt et fixa ori ora repellunt: Da qui Gelesvinta si dirige in carrozza verso le terre galliche (64):
180 dum se non possunt, aera lambit amor. mentre le ruote avanzavano, ella se ne stava triste e con gli occhi fissi.
Hinc pilente petens loca gallica Gelesuintha, Dall'altra parte la madre, tenendo dietro alla figlia con lo sguardo
stahat fixa oculis tristis eunte rota. continua anch'essa il viaggio pur rimanendo ferma nello stesso punto'.
E contra genetrix post natam lumina tendens, Tutta tremante, perché la mula non trainasse troppo velocemente la
uno stante loco, pergit et ipsa simul. leggera quadriga, o perché il cavallo indomito non facesse girare vorti-
'"' Tota tremens, agiles raperet ne mula quadrigas
aut equus inpatiens verteret axe rotas,
di
. (62) Venanzio sottoli°:ea.i presentimenti Gelesvinta su un suo destino tragi-
co, nel contempo pone ognt vicenda u1nana sotto la mat'estas Dei sì da anticipare la
ti'asfigurazione della principessa in una santa. '
149. VERG. Aen. 4, 328s. · 154. LUCAN. 3, 352: ubera sicca fame. · 158: .ov. (63) Il fatt? che la fi.g~a si rivolg~ alla.propria madre chiamandola per nome
epist. 4, 174: quae levet unda sitim; ENNOD. ~arm. 2, 93, l: parturzt.und~ sttim. - segna la separazione definitiva: da ora In poi Gelesvinta entra in un mondo nuovo
166. VERG, ecl. 5, 65: st's bonus o felixque tuts; STAT. Ach. 1, 386: stsfe~zx, tacea: nel quale non c'è più posto per la madre. '
sque, precor; 1, 941: i cautus ... ifelix. - 170. VERG. Ae~, 4, 300: ~a.evtt tnops ani- , .(64) Gallica si legge dall'edt'tio princeps in poi in luogo del gallt'arum dei mano-
mi. - 175. SEDUL. carm. pasch. 2, 14: extremae sors tnreparabtlts horae; VEN. scritti. P~r questo episodio (soprattutto i w. 181-184 e 193-194) Venanzio si è pale-
FoRT. carm. 4, 12, 1. - 176. Ov. epist. 12, 209: quo feret tra sequar. - 179. LU· semente t~pu~to alla scena dell'addio fra Achille e Deidamia in STAT. Ach. 2, 23ss.;
'i' ",j'' al proposito si veda BLOMGREN, De P. Papt'nii Statt'i, 60ss.
CAN. 4, 180: singultibus oscula rumpunt.
' '
CARMINA, L, VI, V CARMI, L. VI, 5 359
sollicitis oculis circumvolitabat amantem, cos~mente le ruote sul loro asse, seguiva con sguardo inquieto l'a1nata
illuc mente sequens qua via flectit iter. fjgha, accompagnandola poi con la mente fin dove la strada piegava il
Saepe loquebatur quasi secum nata sederet suo corso. Spesso ella le parlava, come se la figlia sedesse presso di lei
190 absentetnque manu visa tenere sinu. e le parve dHenere per mano nel suo grembo colei che era già lontana.
Prendere se credens in ventos brachia iactat Credendo dr abbracciarla getta le braccia ai venti e non trova la figlia
nec natam recipit sed vaga flabra ferit. ma colpisce l'aria leggera. In mezzo a tanti compagni di viaggio, ell~
Inter tot co1nites unam spectabat eunte1n, non vedeva che la figlia che si allontanava, le pareva di essere l'unica a
sola videbatur qua suus ibat amor. vedere la strada per la quale andava il suo amore. La madre era più
:~ Plus genetrix suspensa animo quam filia curru: sc?nvolta. nell' ~nimo. di quanto la figlia lo fosse sul carro: quella era
haec titubans votis ibat et illa rotis, agitata dar suor pensren, qnesta dalle ruote. Finché, lontana, sparì dal·
donec longe oculo spatioque evanuit ampio la vista e dal!' ampio spazio, né toccò più il suo sguardo quando I' oscu·
nec visum adtingit, dum tegit umbra diem. rità ebbe ricoperto quel giorno. Ella crede di scorgere confusamente il
Ipsa putat dubios natae se cernere vultus volto della figlia e, quando i suoi tratti svaniscono, ritorna la dolce im-
et cum forma fugit, dulcis imago redit. magine. O nome infiammato d'amore, o cura fedele: che cosa eri tu se
O nomen pietate calens, o cura fidelis, non una madre, anche se la tna creatura è lontana? Segni il tuo volto
quamvis absenti quid nisi mater eras? di pianto, commuovi il cielo coi tuoi lamenti, ricordando ogni singolo
Fletibus ora rigans, lamentis sidera pulsans, fatto, le dolcezze, le difficoltà, gli affetti; madre sensibile ansiosa ti-
.
morosa, piangente, preoccupata, a che cosa tieni dietro con' le tue' la-
singula com1nemorans, dulcia, dura, pia,
205 mobilis, inpatiens, metuens, flens, anxia mater,
crime? Che cosa presagisce il tuo amore profondo?
quid sequeris lacrimis? augurai altus amor? Ella intanto prosegue lnngo la via~segnata dal girare delle ruote·
Illa tamen pergit qua trita viam orbita sulcat; ciascuno empie dei suoi gemiti la campagna desolata. Ella passa pol
quisque suis vacuos fletibus implet agros. attraverso le caligini dei gioghi pirenaici, dove il mese di luglio è fred-
Inde Pyreneas per nubes transilit Alpes do e le piogge sono ghiacciate (65), dove svettar10 verso il cielo monta-
quaque pruinosis Iulius alget aquis, gne bianche di neve e le alte cime sbucano oltre le nnbi cariche di
I qua nive canentes fngiunt ad sidera montes pioggia. I:accoglie poi Narbona, dove il placido Aude, battendo lidi
atque super pluvias exit acutus apex. pianeggianti, si immette dolcemente nelle acque del Rodano (66). Do·
Excipit hinc Narbo, qua litota plana remordens po alcune città toccò la cinta di Poitiers, prosegnendo il sno viaggio
mitis Atax Rhodanas molliter intrat aquas. con il corteo regale, in quelle regioni dove l'illustre e assai famoso Ila·
,,, Post aliquas urbes Pictavas attigit arces rio nacque e dimorò parlando con eloquio tonante (67). Il Trace l'Ita·
regali pompa praetereundo viam I~, lo Scita, H Persiano, l'Indiano, il Goto, il Daco, il Britanno (6s) si
dissetano di speranza nelle sue parole, trovandovi delle armi. Il sole
inclitus ille quibus vere amplus Hilarius oris
et satus et situs est, ore tonante loquax.
1 coi suoi .raggi, egli con la sna parola, diffondono luce universale; quel-
Trax, Italus, Scitha, Persa, Indus, Gera, Daca, Britannus lo dona 11 g10rno alle montagne, questo dona la fede alle anime. Invero
huius in eloquio spero bibit, arma capir. io s.tesso, nuovo venuto, c?ntemplai costei mentre passava, mentre era
Sol radio, hic verbo generalia lumina fundunt: dehcatrunente trasportata 1n una torretta di argento su ruote. Per amo-
'j'''1
montibus ille diem, mentibus iste fidem. re. materno la pia Radegonda la volle a tutti i costi vedere, se qualcuno
1, Hanc ego nempe novus conspexi praetereuntem gliene avesse dato il modo (69); tuttavia spesso dolcemente s'intratten·
molliter argenti turre rotante vehi.
m Materno voluit pia quam Radegundis amore
cernere ferventer, si daret ullus opem. (66) In realtà il fiume Aude (Atax) non si getta nel Rodano, ma sfocia diretta-
filente nel 1nare.
~67) Per sant'Ilado di Poitiers si rinvia alla nota 44 del libro II. Nei versi se-
~.uentt V enanz~o sottoline~ la. ~uona a:c~glie~z~ tributata alla principessa nei territo-
203. Ps. PROSP. carm. de prov. 19: et /le#bus ora rigamus; VERG. Aen. 6, 699; 3, u appartenenti al regno d1 S1g1berto, in in1plic1to contrasto con il trattamento riser-
619: pu!satlsidera . . 205. CE 1335, 13: anxia mater. · 208. STAT. Theb. 3.' 51: vatole nel regno di Chilperico.
questibus implet agros. - 213. HoR carm. 1, 31, 7: non rura, quae Ltrts quieta I (68) Enumera.zione ~sindetica con effetto retorico (questo tipo di verso com-
mordet aqua taciturnus amnis. - 214. LUCAN. 1, 403: mitis Atax. - 219. PRUD. posto tutto da nomi propn, caro al poeta, è stato chiamato dai critici o/onomastico)
cath. 12, 203: Aeg;ypte, Thrax, Persa, Scytha. ~enza alcuna pretesa di rispondenza alla verità storica, Venanzio intende soltanto al
ermare la diffusione e l'universalità delle parole di Ilario.
(65) Cf. carm. praef. 4: Pyrenaeis occ_urrens Iulio mense nivosis. (69) Materno amore non sarà da intendersi in senso puramente metaforico: pur
,i;
!!
I
'I
360 CARMINA, L. VI, V CARMI, L. VI, 5 361
Saepe tamen missis dulci sibi dulcis adhaesit ne per lettera con quella dolce creatura e la stimò in silenzio e perciò
et placide coluit quod modo triste dolet. ora con tristezza si rammarica.
Toronicas terras Martini ad sidera noti Da qui si dirige, avanzando lentamente ma senza fermarsi, verso
inde petit lento continuante gradu. il territorio di Tours, patria di Martino, noto fino alle stelle. In barca
"" Vingennae volucer transmittitur alveus alno: oltrepassano il rapido corso del fiume Vienne: il corteo che l'accompa-
turba comes rapidis alacris exit aquis. gna (70) esce con agilità dalle acque veloci. Poi li accoglie la gelida e
Excipit inde repens vitrea Liger algidus unda veloce Loira dal vitreo flutto, la cui sabbia leggera non nasconde nep-
quo neque ve! piscem levis arena tegit. pure un pesciolino. Giunge lì dove la Senna dalle acque pescose si get-
m Pervenit qua se piscoso Sequana fluctu ta nel mare, congiungendosi nell'estuario di Rouen (71).
in mare fert, iuncto Rotomagense sinu. Dunque la fanciulla di stirpe reale si unisce in matrimonio e me-
Iungitur ergo toro regali culmine virgo ritò di essere venerata con grande affetto dal popolo; ella s'ingraziò al·
et magno meruit plebis amore coli. cuni con doni, altri con le sue parole, e così, ancorché le fossero sco-
Hos quoque muneribus permulcens, vocibus illos, nosciuti, se li fece suoi. Il popolo in armi giura per le sue stesse armi,
2'10 et licet ignotos sic facit esse suos. secondo la sua usanza, di esserle fedele; anch'ella vi si astringe seguen-
Utque fidelis ei sit gens armata, per arma do la legge (72). Regnava, conducendo la sua vita con corso tranquillo:
iurat iure suo, se quoque lege ligat. poiché elargiva donativi ai poveri ella era per loro una madre venuta
Regnabat placido conponens tramite vitam, da lontano. Per potersi assicurare il regno perenne, è riconciliata alla
pauperibus tribuens advena mater erat. !C. fede cattolica ed è perciò ancor più benvoluta .
Quaque magis possit regno superesse perenni,
"' catholicae fidei conciliata placet. .~ F
-- O profondissimo dolore, perché rimandi il momento del pianto e
perché, diffondendoti così a lungo, taci le lugubri vicende? Sorte ria
"'
Iufelix nutrix, audito funere alumnae
exanimum ad corpus vix animata volat.
1r trice, ho promesso alla tua buona madre che tu, o Gelesvinta, saresti
stata bene al sicuro da ogni male? Così i miei occhi spenti vedono la
Ipsa inter famulas incumbens prima fideles
f
i
.I haec tandem potuit clausa dolore loqui:
I. «Sic placidae matti promisi pessima nutrix
, I'. te longe incolomem, Gelesuintha, fare? (70) Comes è correzione di F. Leo per comis dato dalla tradizione.·
'~
li·,: Sic extincta meum mea cernunt lumina lumen, - . (71) Sui 1notivi che indussero a celebrare il matritnonio a Rouen, nell'estate del
1 · 568, si sofferma RoucHE, Autocensure, 154-s.
1•'1 (72) L'esercito giura fedeltà alla regina secondo le consuetudini germaniche
(per arma); Gelesvinta s'itnpegna a nome della legge, vale a dire a nome del Vangelo
:!1 e del cattolicesimo. Venanzio anticipa così quanto dirà al v. 246, a conclusione di
1:1· 229. VERG. ecl. 5, 43: ad sidera notus. questa breve laudatio della principessa, iniziatasi al v. 237: Gelesvinta si è convertita
I dall'arianesimo all'ortodossia cattolica, come fece la sorella Brunichilde.
vivendo rinchiusa nel suo monastero, Radegonda non cessò mai di occuparsi (73) Morte è correzione di F. Leo per sorte della tradizione 1nanoscritta.
della vita del regno e della famiglia regnante. In particolare ella si c?nside.rav~ (74) Cf. GREG. TUR. Frane. 4, 28: Ad extremum ent'm (Cht'lpericus) suggillari
come la madre dei figli di Clotario I, ancorché natigli da due successive ~nion1. iusst't a puero, mortuamque reppen't in strato. L'unico aspetto messo in evi.denza da
Pertanto Gelesvinta, moglie di Chilperico, era per lei una nuora. L'allusione a Venanzio è quello della prematurità di questa morte; nulla è detto sul fatto che si sia
«qualcuno che avrebbe potuto darle modo» di vedere la giovane ~arà certamen- trattato di una 1norte violenta, né si accenna ai responsabili.
te al vescovo di Poitiers Maroveo: solo costui avrebbe potuto dtspensare tetn· (75) Fzdeles è co'rrezione di F. Leo per ft'delis della tradizione manoscritta.
poraneamente Radegonda dalla clausura, 1na è nota l'ostilità con cui il presule (76) L'at1nosfera epico-tragica è inarcata dalla presenza di ecl1i del racconto
guardava al monastero di Santa Croce. , virgiliano della morte di Didone.
I
I
I'.
i,'
pallida sic facies qua rubar aute fuit. luce della mia vita: cosi pallido è il tuo volto che prima fioriva roseo.
Dic aliquid miseraus, miserae mihi redde loquellas. Abbi pietà di me e di' qualcosa, rispondi, parla a me disgraziata. Che
Quid referam ad matrem, si remeare licet? cosa dirò a tua madre, se mai mi sarà possibile ritornare da lei? Per
265 Hoc surn per tantos peregrina secuta labores. questo ti ho seguita lontano attraverso cosi tante difficoltà. È questa la
Pro vice tale mihi munus, almnna, refers. ricompensa che mi doni, pupilla mia, per tutto ciò che ti ho dato? Tu
Optabas pariter nobis vitam atque sepulcra: desideravi che noi fossimo insieme in vita e in morte: ora hai accettato ·
quae tecum vixi me sine passa mori. di morire senza di me, che ho vissuto con te? Magari ci fosse stato as-
Ordo utinam vitae iuvenique senique fuisset: segnato, a te giovane e a me vecchia, un ordine di vita nor1nale: tu sa-
resti rimasta in salute, mentre io sarei andata per priina incontro alla
210 te stante incolomi, me prius ire neci».
Vix pauca profert, vocem rapit alter ab ore
nec valet una loqui quod videt aula gemi.
r morte». A stento pronuncia queste poche frasi (77), che un altro le
porta via la parola di bocca (7 8), ed ella da sola non può esprimere il
lamento che si ode in tutta la corte.
Interea vehitur tristi lacrimata feretro Nel frattempo, tra i pianti, è trasportata su un triste feretro e un
solvit et exequias obsequialis amor. deferente affetto ne segue il corteo funebre. È portata, ornata, depo-
215 Ducitur, ornatur, deponitur, undique fletur
sta: dappertutto è pianto, e così è sepolta, straniera nella sua tomba.
conditur et tumulo sic peregrina suo. Qui all'improvviso si manifesta un segno mirabile: la lampada pensile
che arde in suo onore cade sulla pietra, ma non si rovescia e, rimanen-
Nascitur hic subito rermn mirabile siguum.
Dura pendens lichnus lucet ad obsequium, r. do intera, continua ad ardere; né il vetro s'infrange sulla pietra né il
decidit in lapidem nec vergit et integer arsit f fuoco si spegne nell'acqua (79).
2~0 nec vitrum saxis nec perit ignis aquis.
r Questa nuova voce giunse alle ignare orecchie della sorella ed ella
Fama recens resides germanae p erculit aures con affetto devoto così mosse le labbra: «Questo, ti chiedo, è il saluto
affectuque pio sic movet ora soror: che tu, o cara, hai inviato a tua sorella? Questo mi comunica la carta
«Hanc, rogo, germanae mandasti, cara, salutem?
Scripta tuis digitis hoc mihi charta refert?
,., Sollicitis oculis expectabam unde venires:
f scritta con le tue dita? Io ti aspettavo con occhi ansiosi, rivolti verso la
direzione dalla quale saresti dovuta venire: ma tu non hai percorso la
strada che io avevo auspicato. Io desideravo che la Spagna ti portasse
I
quale precata fui non agis illud iter. qui ai Galli: ora la tua cara sorella non ti ha qui, né nostra madre ti ha
Optavi Gallis te ut bue Hispauia ferret: presso di sé. Io, Brunichilde, non sono venuta costi per l'ultimo salu-
non te hic cara soror, non ibi mater habet. to; se non ho potuto fare nulla per te finché eri viva, ti avrei almeno
Extremo obsequio non bue Brunichildis adiv~ potuto rendere l'onore che si dà ai morti. Perché io, straniera, non ho
chiuso con dolcezza i tuoi occhietti e non ho bevuto con orecchie avi-
290
c
si tibi nil vivae, mortis honora darem.
ur peregrina tuos non dausi dulcis ocellos
rr de le tue ultime parole? Io non ho tributato alcun dovere alla mia
auribus aut avidis ultima verba bibi? r sventurata sorella e questa mia mano non ha seppellito il tuo corpo, le
Officium tristi nihil inpendi ipsa sorori, r tue maui, il tuo volto. Non mi fu concesso di spargere lacrime, né di
membra, manus., faciem nec manus ista tegit.
-
f
~
riassorbirle baciando il tuo viso, né ho lavato le tue gelide membra
con acqua tiepida. Cresciute assieme, riunite nelle medesime regioni,
m Non licuit fondi lacrimas nec ab ore resorbi
r
~,
frigida nec tepido viscera fonte lavo. perché, o dolore profondo, ci dividi sulla strada della morte?». Cosi la
I ~ ' Nutritas pariter, iunctas regionibus isdem, sorella superstite si strugge per la sorte della defunta; la chiama, que-
cur ad mortis iter dividis, alte dolor?». sta giace morta né, richiamata, si risveglia. La Germauia ode gli alti la-
300
Sicque relicta soror casu laceratur ademptae.
Haec vocat, illa iacet nec repetita redit.
r
r
Germanae validos audit Germania fletus t (78) Cioè: la nutrice ha da poco cominciato a profedre lamenti, che subito un
F
[ altro a sua volta, facendo lo stesso, finisce per impedirle di parlare ulteriormente.
-r (79) Cf. GREG. TUR. Frane. 4, 28: Post cuius obt'tum Deus virtutem magnam
276. INSCR. christ. Diehl 3346, 2: conditur in tumulo. - 292. Ov. triSt. 3, 5, 14:
1r ostendt't. Lyghnus enim ille, qui fune suspensus coram sepulchrum eius ardebat, nullo
tangente, dt'srupto fune, in pavimento conruit et, fugientem ante eum durt'tiam pavi-
auribus tlla btbi: - 296. VERG. Aen. 9, 487: nec... pressive oculos aut vo/,nera /.avi.
(77) Pauca è correzione di K. Steinmaru1 per paucus o paucos della tradi-
1fH men~l tamquam in aliquod molle elimentum discendi!, atque medius est suffossus nec
omntno contritus. Quod non sine magno miraculo videntibus fuit. Dal passo si com-
prende che il poeta ha reso con aqut's (v. 280) il non meglio specificato molle elimen-
tum di Gregorio.
zione manoscritta.
l
1:
quaque recurrit iter, questibus astra ferit, 1n~~ti della sorella: dovunque ella si porti, ferisce il cielo con i suoi ge-
nomine saepe vocans te, Gelesuintha, sororem: ro1t1, chiamando spesso per nome sua sorella, te, o Gelesvinta· le fonti
hoc fontes, silvae, flu1nina, tura sonant. i boschi, i fiumi, i campi risuonano di questo nome (80). Tu t;ci o Ge'.
Gelesuintha, taces? Responde ut muta sorori Jesvinta? Rispondi a tua sorella, come le rispondono gli ogget{i muti:
'°' respondent, lapides, mons, nemus, unda, polus. )e pietre, le montagne, i boschi, le acque, il cielo. Agitata interroga in . •. I
Anxia sollicitans ipsas interroga\ auras, wodo incalzante persino i venti: ma, riguardo alle condizioni della so-
sed de germanae cuncta salute silent. rella, tutto tace.
La notizia ben presto oltrepassa i finmi e le montagne e l'ala gra·
Nuntius hic suhito fluvios transcendit et Alpes vosa del dolore v~la assai rapida. Sarebbe stato desiderabile che, dopo
'10 maerorisque gravis tam cito pinna volat. aver r1emp1to ogn1 lnogo, questo dolore avesse percorso più lentamen-
Optandum fuerat, postquam loca cuncta replesset, te la strada verso la madre. Ma chi più ama più in fretta ascolta ciò che
tardius ad matrem hic dolor iret iter.
Sed quod fama refert qui plus amat et prius audit r reca la fama e, poiché il timore infonde certezze, ritiene certo ciò che
certo non è. Appena dunque il dolore lancinante colpl le orecchie del-
li
ac dubium credit, dante timore fidem. la madre, come (81) se i garretti le si spezzassero, ella cade e tracolla.
Max igitur matris iaculans dolor adtigit aures, Dopo aver udito di una morte, un'altra morte incombe e il suo fu qua.
. 'i
"' ac si succiso poplite lapsa ruit. si un decesso a corpo incolume. Allora Goisvinta, ancora pallida ma
Audita de morte una mors altera pulsar già nuovamente perfusa di un debole colorito, mentre riprendeva a fa-
et paene incolomi corpore funus erat.
Pallida suffuso tum Goisuintha rubare
!fC tica i sensi, disse queste parole: «Per questo dunque io mi consolavo
nel tenero amore di mia figlia, perché ora una ferita più profonda
''" molliter haec, anima vix redeunte, refert:
t
r- squarciasse le mie viscere? Se è ormai spenta la nostra luce, se mia fi-
«Siccine me tenero natae solabar amore, ;: glia è s~omparsa, perché, o vita invidiosa, mi conservi per versare que- 'i
.'l
ut mea nunc gravius viscera vulnus aret? ste lacrnne? O morte assai implacabile, hai commesso un errore: avre-
'il
Si nostrum iam lun1en obit, si nata recessit, ~_. sti dovuto. pren~ere la vita della. madre, invece ti è stata data la figlia.
quid me ad has lacrimas, invida vita, tenes? '
Magar11 fiumi s1 fossero gonfiatJ sommergendo i loro argini e la terra
"'
Errasti, mors dura nimis, cum tollere matrem
. r•.' avesse nuotato, come un naufrago, tra le acque dilaganti, o i monti Pi-
rI
:I funere debueris, sors tibi nata fuit. renei avessero toccato gli alti astri o le strade si fossero consolidate di
O utinam mersis crevissent flumina ripis 1 vitreo ghiaccio, quando ti lasciai partire verso il nord, o Gelesvinta, in : :
naufraga ceu fusis terra natasset aquis, modo che né il carro con le ruote né il cavallo avessero potuto avru1za-
alta Pyrenei tetigissent sidera montes, ,, re tra le acque. Era questo dunque ciò che la mia mente presaga teme-
aut vitrea glacie se solidasset iter, l J· va (82), che tu, figlia mia, non avresti potuto staccarti dal mio abbrac-
"" quando relaxavi te, Gelesuintha, sub Arcto, ~-
cio. Ci siamo conformati agli altrui desideri, seguendo ciò che ci fu in-
,1,
ut nec reda rotis, non equus isset aquis! i'
j ! giunto: ti sei allontanata come promessa sposa, per non ritornare più
I'
Hoc ergo illud erat quod mens praesaga timebat, da me. Era un amore profondo quello che mi faceva porgere con blan-
non passe amplexu veliere, nata, meo. 1jir da. dolcezza il !nio seno alle tenere labbra di mia figlia perché le suc-
33.-J Paruimus votis alienis, iussa sequentes; l; chiasse. Perche allora la vena della mia mammella produsse il latte co-
promissa existi non reditura mihi. 1, ~e ni;triment~? Perché ti ho dato alimenti e non ne riceverò? Spesso
Hoc erat altus amor, placida dulcedine natae H ~aciavo furtivamente, mentre tu dormivi; perché tu potessi dormire
quod teneris labiis ubera pressa <ledi. p1u comodamente, ponevo le mie membra sotto di te. A che cosa è
:1· Cur hinc lactis opem produxit vena mamillae? servito infine l'aver desiderato da te che una piccola nipotina giocasse
Cur alimenta <ledi nec habitura fui?
"" Saepe soporantem furtiva per oscula suxi,
ut leve dormires viscera subposui.
Optasse extremum de te quid profuit illud, , . -~80) Per il topos della natura che condivide i sentimenti umani (pathetic fallacy)
st nnv1a a CURTIUS, Letteratura europea, 107-110.
. . (81) Ac si è correzione di M. Reydellet per acsia, axt'a o anxia dato dai mano-
scnttI.
302. Ov. ars 3, 360: saepe recurrit ùer. -309. VERG. 9, 473: volitans pinnata ... I d' . \82) ~n queste paro~e vi ~ un altro .ricordo virgiliano che contribuisce a dare
nuntia Fama ... matrù ... auris. - 316. VERG. Aen. 9, 762: succiso poplùe. - 333, tgnttà ~pica alla narrazione: d ptesentimento della morte di Lauso da parte di
VERG. Aen. 4, 675: hoc t1lud germanafut't; 10, 843: praesaga mali mens. Mezenzto,
CARMINA, L. VI, V-VI
rI CARMI, L, VI, 5-6
luderet ut gremiis parvula neptis avis? nel grembo dei nonni? Io non ebbi né la fortuna di assistere alle tue
,4, Nec felix vota aut infelix funera vidi: nozze, né la disgrazia di assistere alle tue esequie: ahimè, nel primo ca-
perdidit heu nimius hoc labor, illud amor». so è stato frustrato il mio troppo impegno, nel secondo il mio troppo
Partitis lacri1nis soror hinc, inde anxia mater amore». Da una parte una sorella, dall'altra una madre angosciata, di-
vocibus haec Rhenum, pulsat et illa Tagum: videndosi le lacrime, commuovono l'una con le sue parole il Reno, l'al-
condolet hinc Batavus, gemit illinc Beticus axi'., tra il Tago. Qui i Batavi partecipano al loro dolore, là geme la regione
''° perstrepit hoc Vachalus, illud Hiberus aqurs: betica, da una parte risuona con le sue acque il Waal, dal!' altra l'Ebro
Tot lacrimas stillasse sat est, sed ab 1mbre vaports (83). E già abbastanza il versare cosi tante lacrime, ma da un'umida
non relevando sitim gutta ministrat opem. pioggia una goccia dà pur sempre sollievo, pur non estinguendo la se-
Affectus si forte potest mitescere, dicam: te. Se dunque l'emozione può calmarsi, io dirò: non bisogna piangere
Non ea flenda iacet quae loca laeta tenet. colei che giace, dacché dimora in luoghi felici. Dite se patì alcun dan-
,,, Dicite si quid ei nocuit quam tempore lapso no colei che col passare degli anni la via della morte ha rapito e che
mortis iter rapuit, vita perennis alit. ora si nutre della vita eterna. Ella ora cammina con Stefano, console
Quae modo cum Stephano caelesti consule pergit, celeste, rifulge illuminata da Pietro, principe degli apostoli. Esulta as- j
fulget apostolico principe dar~ Petro. . sieme a Maria, splendida madre del Signore; ella milita sotto il coman-
Matre simul Domini plaudens radiante Marra do di Dio, re eterno. Riconciliata con la Chiesa, trova grazia (84) eri- ' ,,
I
3w rege sub aeterno militat illa Deo. splende di una morte preziosa: dopo aver deposto quella vecchia, ora
Conciliata placet, pretioso funere fulget 2 ,. si riveste di una bella stola. E voglia Iddio concederci, nel suo amore,
deposita veteri, nuuc stola pulchra tegrt. di accostarci a questi volti morendo per mare o di spada! Ella ci invia i
Atque utinam nobis illos accedere vultus segni della sua beatitudine: quando il vaso di vetro cadde, !'acqua non
cedat amore Deus per mare, per gladios ! lo spense né il pavimento di pietra lo spezzò (85). Anche tu, o madre,
365 Vitae signa tenet, vitreo cum vase ca?ente : per grazia dell'Onnipotente, hai una consolazione nel!' altra tua figlia,
non aqua restinxit nec petra fregrt hum!. nel genero, nella nipote, nel nipote, nel marito (86). Credete, o Cristia-
Tu quoque, mater, habes consultum v~ce Tonantis ni, ella è viva perché ha creduto: non è bene piangere per colei che il
de nata et genero, nepte, nepote, viro. paradiso ha accolto.
Credite, Christicolae, vivam, quia credidit illa;
non hanc fiere decet quam paradisus habet.
"" 6. SUL GIARDINO DI Ur:rROGOTA (87)
VI. DE ORTO ULTROGOTHON!S Qui la primavera ricca di colori fa nascere erbe verdeggianti e ro-
se dagli effluvi paradisiaci (88). Qui il tenero pampino procura ombra
Hic ver purpureum viridantia gramina gignit durante 11estate e offre, con i suoi tralci ricchi di uve, un riparo fron-
et paradisiacas spargit odore rosas. doso: fiori delle più varie specie hanno reso variopinto questo luogo, il
Hic tener aestivas defendit pampinus umbras bianco e il rosso ne hanno poi rivestito i frutti. Qui !'estate è più mite,
praebet et uviferis frondea tecta comis
pinxeruntque locum variato germine flores (85) Si confrontino i vv. 277-280 con la nota 79. La menzione della lampadari-
pomaque vestivit candor et inde rubar. chia1na il suo valore di Simbolo della vita eterna, derivato dalla parabola delle dieci
vergini (Ml 25, 1-13).
Mitior hic aestas, ubi molli blanda susurro (86) La figlia è Brunichilde, il genero Sigiberto, la nipote Ingonda (nata verso
il 567), il nipote è Childeberto II (nato nel 570), il marito è Leovigildo, che Goisvin-
ta sposò dopo la n1orte di Atanagildo nel 567. Il fatto che si alluda a Sigiberto e non
2 Cf. Ps. 115, 15. alla terza sua figlia, Clodosinda, porta a datare il poemetto ad anni precedenti' al '"
575, quando Sigiberto fu assassinato e Brunichilde dette alla luce Clodosinda.
6, 1. VERG. ecl. 9, 40: hic ver purpureum; CULEX 50: viridantia gramina. - (87) Sulla tegina Ultrogota si veda l'Introduzt'one, p. 61, nonché la nota 36 di
4. VERG. georg. 4, 61:/rondea semper I tecta; VEN. FORT. carm. 3, 9, 22. - 6. Ov. questo libro. Nel comporre questo ca·rme, anch'esso una sorta di consolazione (e per
met. 3, 483: poma ... quae candida parte, I parte rubent. il quale si rinvia a GEORGE, Venantius Fortunatus. A Latin Poet, 101-105), Venanzio
ebbe probabilmente presente il poe1netto di Ennodio sul giardino di Teodorico re
(83) Si rimanda alla nota 80. . . degli Ostrogoti: ENNOD. carm. 2, 111.
(84) Venanzio riprende, in questo finale della consolatto, il v. 246: la co!1- (88) I primi otto versi tratteggiano un locus amoenus con echi virgiliani, ma i
versione di Gelesvinta al cattolicesimo è condicio st'ne qua non per la sua am1n1s· fiori descritti rimandano pure a simbologie cristiane: il colore viola collegato alla ve-
sione in paradiso, dovanza, e le rose simbolo del paradiso,
'! I
_l
;, 'I
aura levis semper pendula mala quatit. dove con un tenue sussurro una brezza leggera e delicata fa sen1pre
Haec magno inseruit rex Childebertus amore: dondolare le mele penzolanti. Il re Childeberto le ha innestate con
carius ista placent quae manus illa dedit. grande cura; cj_uesti frutti, curati dalla sua mano, sono ancor più ap-
'" De cultore trahit mellitum pianta saporem prezzati. La pianta trae dal coltivatore il suo dolce sapore, forse egli
forsan et hic tacitos miscuit ille favos. segretamente vi mescolò anche del miele. In onore del re si raddoppia
Regis honore novis duplicata est gratia pomis, il pregio dei frutti novelli: il loro odore è soave alla narice, il loro sapo-
nate suavis odor, dulcis in ore sapor. re è dolce in bocca. Quanto poté egli essere utile al benessere dei suoi
" Qualiter ille hominum potuit prodesse saluti sudditi, egli il cui tocco apporta piacere anche nel!' odore dei frutti?
cuius et in pomis tactus odore placet? Da quest'albero imperituro possano nascere frutti fecondi, perché
ogni uomo sia memore di quel pio sovrano. Egli passava di qui quan-
F elix perpetua generetur ab arbore fructus
ut de rege pio sit memor omnis homo.
• do si dirigeva alle sante soglie (89), ove ora certamente dimora grazie
Hinc iter eius erat, cum limina sancta petebat ai suoi meriti. Infatti in passato egli, benvoluto, talvolta entrava nei sa-
quae modo pro meritis incolit ille magis. cri luoghi, ora invece dimora senza fine sotto le volte beate (90). Possa
Antea nam vicibus loca sacra terebat amatus, tu, Ultrogota, possedere felice tutto ciò per l'intiera vita, madre esul-
nunc tamen assidue tempia beata tenet. tante, terza con le tue due figlie (91).
Possideas felix haec, Ultrogotho, per aevum
cum ge1ninis natis tertia, mater ovans.
7. VERSI SU FRUTTI, DECLAMATI ALLA TENUTA DI CANTOBLANDO (92)
VII. AD CANTUMBLANDUM VILLAM. DE POMIS DICTUM Con un viaggio fortunato siamo arrivati a Cantoblando, dove mi
rallegro di aver trovato il padre Aredio (93). Poiché la mia gola insi-
Venimus ad Cantum felici tramite blandum, stentemente reclama dal suo avido baratro, mele dorate attirano il mio
Aregium laetor quo reperisse patrem. sguardo. Da ogni dove arrivano mele dai colori più diversi: crederesti
Quod petit instigans avido gula nostra baratro, che io mi sia meritato un banchetto dipinto. Appena le toccai con le
excipiunt oculos aurea poma meos. dita, le misi in bocca, le masticai coi denti e la preda tolta dal suo po-
Undique concurrunt variato mala colore, sto pervenne nel mio ventre. Infatti ne apprezzai il sapore prima anco-
credas ut pictas me meruisse dapes. ra che la narice ne aspirasse il profumo: così la vittoria fu della gola e
Vix digitis tetigi, fauce hausi, dente rotavi la narice rin1ase priva di onori.
migravitque alvo praeda citata loco.
Nam sapor ante placet quam traxit naris odoreni:
sic vincente gula naris honore caret. 8. SUL CUOCO CHE GLI SOTI'RASSE ÙMBARCAZIONE (94)
'"
Pensieri, perché mi causate lamentele così insistenti (95)? Ahin1è,
VIII. DE coca QUI !PSI NAVEM TULIT indignazione, lascia finalmente il mio cuore. Perché mi ricordi l'acca-
I >
' '
i'
CARMINA, L. VI, VIII CARMI, L. VI, 8 371
Quid revocas casus? Iam me mea sarcina lassat. duto? Gi~ il mio fardello ~i sta sfinendo. Perché si raddoppia il pe-
Quod iactare puto, cur duplicatur onus? so da cUl mtendo hberarm1? Io vago, esule dalle patrie contrade, assai
5 Tristius erro nimis, patriis vagus exul ab oris,
più tristemente di Apollonia (96), straniero naufrago nelle acque. Quan-
quam sit Apollonius naufragus hospes aquis. do giungemmo a Metz, un cuoco del re, insistendo, mi portò via, men-
Venllnus ut Mettis, .cocus ille regius instans tre io ero assente, marinai e barca. Egli, che toglie i cibi dalle fiamme
absenti nautas abstulit atque ratem. bruciandosi la mano, non sa lasciar stare l'imbarcazione quando è pro-
De flammis ardente manu qui diripit escas, tetto dall'acqua. Nero nel cuore, nutrito dal fumo, ricoperto dalla fu-
10 ille rati nescit parcere tutus aquis. liggine, il suo volto è una seconda pentola, i suoi strumenti lo hanno
Corde niger, fumo pastus, fuligine tinctus reso del color del sudiciume - padelle, cuccume, bacili, vassoi, trep-
et cuius facies caccabus alter adest, piedi -, non è degno di versi, piuttosto sia segnato col carbone, e solo ! .
cui sua sordentem pinxerunt arma colorem, un'immagine disgustosa può dare idea di quell'uomo nero come la pe-
frixuriae, cocumae, scafa, patella,- tripes, ce (97). La cosa è oltremodo indegna, grave è l'ingiustizia di quel che
15 indignus versu, potius carbone notetur
ha fatto: valgono più i brodini di un cuoco che i miei diritti (98) si fa
et piceum referat turpis imago virum. valere il codice meno della pentola, tanto cbe la mia imbarcazion~ non
Res indigna nimis, gravis est iniuria facti: mi è più riconsegnata. Tuttavia, con la sua solita benevolenza 1ni of-
plus iuscella coci quam mea iura valent, ferse aiuto Villico, che pasce e moltiplica le pecorelle del Sign;re (99).
nec tantum codex quantum se caccabus effert, Dispiaciuto, egli accorse veloce con una barchetta leggera, mettendo-
20 ut mea nec mihi sit participata rates. mela a disposizione, ma io ero tutto inzuppato dalla pioggia, dal vento
Sed tamen auxilium solito porrexit amore e dal fiume. Feci scendere tutti gli altri, perché da li in poi ci seguisse-
qui Domini pascens Vilicus auget oves. ro a piedi: infatti se nessuno restava fuori, nessuno sarebbe entrato
Praestitit et gracili pavidus cum lintre cucurrit, neppure dentro (100). Ben presto si sarebbe stati sul punto di affon-
imbre, euro, fluvio sed madefactus ego. dare tutti, quando ci avesse colto il pericolo: nessuno sarebbe soprav-
" Iactavi reliqubs, sequerentur ut inde pedestres. vissuto per testimoniare quel naufragio. Dopo che facemmo sbarcare !
N am si nemo foris~ nemo nec intus erat. tutti, ero cosl prossimo al naufragio che l'acqua, con frequenti ondate
Mergere mox habuit cunctos, rapiente periclo; mi lambiva i piedi. Dissi: «Metti pure da parte la tua gentilezza, or;
naufragii testis nemo superstes erat. non voglio lavarmi». Nondimeno il liquido insisteva nel bagnarmi i
Sic vicinus era1n, postquam iactavimus omnes piedi. Una volta arrivato a Nauriacum (101), riferisco al re le mie sven-
'° ictibus ut crebris lamberet unda pedes. ture: egli rise e con voce benevola dispose che mi fosse portata una
«ObSequium, dixi, remove, modo nolo lavati», barca. La cercano ma, mentre tutta la corte regia stava viaggiando su1-
sed tamen instabat lympha rigare pedes. le acque, non era possibile trovare uno scafo. Restò con me soltanto
N auriacum veniens, refero mea tristia regi. Gogone, che mi offrl il suo aiuto (102): egli non rifiuta ai suoi amici
Risit et ore pio iussit adesse ratem. ciò che a tutti concede. Con delicatezza si rivolge a un conte Il presen-
>5 Quaerunt, nec poterant aliquam reperire carinam,
te, di nome Pappalo (103 ), perché mi procurasse una imbarcazione
donec cuncta cohors regia fluxit aquis.
I
I,
,; Restitit hic solus praestans solacia Gogo;
quod tribuit cunctis non negat ille suis. (97) Per questi tratti di "u1nori51no culinario" si rimanda a CURTIUS, Lettera- !.
''
'
tura europea, 481-484.
Dulcius alloquitur comitem qui Pappulus extat . ,(98) Gioe~ verbale sui due significati di ius: brodo (iuscellum, brodino) e di-
'" ut quamcumque mihi redderet ipse ratem. ritt?; st rammenti Crc. Verr. II 1, 121: ius Verrinum: giustizia di Verte I brodo di
ma.tale.
'I
11: (99) Si veda la nota 50 del libro III.
, (100) Ossia sarebbero annegati tutti perché l'imbarcazione sarebbe colata a
picco.
5. STAT. Theb. 1, 312: interea patrù's olùn vagus exul ab oris I Oedipodiont'es fur- (101) Toponilno non identificato
to deserta pererrat I Aoniae; VEN. FORT. carm. 4, 1, 17. -6. Ov. ept'st. 7, 62: nau- (102) Sul personaggio si rimanda.alla nota 1 del libro VII.
(103) Questo personaggio (PLRE III, 967) deve probabilmente essere identifi-
fragus hostis aquas.
cato con il Pappalo divenuto in seguito vescovo di Metz e morto nel 613-614: cf.
(96) Secondo F. Leo, il riferimento è alla Historia ApoUonii regt's Tyrt'; ro- ~A?TI-IIER: ~'évangélisati~n, ~1_7. I comt'tes erano i rappresentanti del sovrano nelle
manzo composto in greco verso il III secolo e tradotto in latino tra il V e il VIf Cltt~, a1!Jmlnts.trava~o la giustizia e detenevano il comando sulle truppe stanziate sul
che Venanzio dovette senza dubbio conoscere. In esso hanno molta parte peri- ter!itouo; ~tr~mentr.P?tev~o pr~sta!~ il loro servizio presso la corte, coadiuvando il
re tn questioni amm1n1stratlve e giudiziarie.
I colosi viaggi per mare, spesso concludentisi con naufragi.
'i. j I
CARMINA, L. VI, VIII-IX CARMI, L. VI, 8-9 373
372
Omnia perlustrans vidit sub litore lintrem; qualunque. Dopo aver ispezionato dappertutto, vide una barchetta
nec tamcn hic poterat sarcina nostra capi. sulla riva; tuttavia neppure in quella il mio bagaglio poteva essere con-
Nauriacu1n interea fecit me stare paru1nper tenuto. Nel frattempo mi trattenne per qualche tempo a Nauriacum e
ordinat et sumptus quos locus ipse dedit. procurò quei rifornimenti che il luogo poteva offrire. Ancorché mi
45 Quamvis parva ferat, satis est mihi sola voluntas, porti ben poche cose, per me è bastevole la sola volontà: l'aiuto che dà
est nec parva quidem quam dat amator opem. un amico non è poi piccolo. Nella sua bontà (104) questo amabile
II-
Addidit et comis mihi pocula gratus amicus, amico mi ha portato anche dei boccali per quel poco vino che poteva
in quantum poterat rure parare 1neru1n. trovare in campagna. Così, Pappolo, mi hai messo a disposizione una
Sic mihi iucundam direxti, Pappule, proram. imbarcazione apprezzabile (105). Vivi felice e·sta' bene, conte, mio
Felix vive, vale, dulcis amice comes. dolce amico (106).
Expecto te, noster amor, venerande Dinami, Ti aspetto, o venerabile Dinamio, oggetto del mio amore: sebbe-
quamvis absentem quem mea cura videt. ne tu sia lontano, io ti vedo e penso a te. Domando ai venti che passa-
Quae loca te teneant venientia flabra requiro. no quali siano i luoghi che ti ospitano; se tu sfuggi ai miei occhi, non
Si fugias oculos, non fugis bine animos. puoi sfuggire al mio pensiero. Tu ti trovi bene nel regno di Marsiglia,
, Massiliae tibi regna placent, Germania nobis: io in Germania (108): sottratto al mio sguardo, sei unito a me e pre-
vulsus ab aspectu, pectore iunctus ades. sente nel cuore. Laggiù, lonta110 da te, una parte di te (109) è rinrnsta I·.
Quo sine te tua pars hucusque oblita remansit fino ad ora dimenticata e tu non richiami al tuo cuore le membra ab-
bandonate. Se ti ha colto il sopore, anche i sogni dovrebbero parlarti
''I
nec revocas animo membra relicta tuo.
Si sopor obrepsit, tibi me ve! somnia narrent: di me: infatti il riposo solitamente fa sl che coloro che hrumo un'anima
nam solet unianimes ipsa videre quies. sola si vedano. Se sei sveglio, lo confesso, la colpa non ti concederà
Si vigilas, fateor, veniam tibi culpa negabit; perdono; sei infingardo e non hai nessun pretesto con cui scusarti. Per
nil unde excuses desidiosus habes. la seconda volta il ciclo annuale dello zodiaco, nel trascorrere dei me-
Altera signiferi revolutis mensibus anni, si, stanca gli affannati cavalli del Sole, da quando tu, allontanandoti,
solis anhelantes orbita lassat equos, hai portato via con te i miei occhi; e ora, lontano da te, non vedo nul-
15 cum mea discedens rapuisti lumina tecum la, neppure in pieno giorno. Magari tu mi donassi parole scaturite dal-
et modo nil sine te cerno patente die. la fonte della tua eloquenza: l'invio di un foglio mi farebbe dialogare
Ve! mihi verba dares de fonte refusa loquaci, con te. Ma tuttavia, con maggior affetto, ti esorto a venire finalmente
ut faceret tecum pagina missa loqui. qui, così restituirai, amico mio, la luce ai miei occhi.
Sed tamen ut tandem venias huc carius hortor
et revocas oculis lumen, amice, 1neis.
'
•I
545; all'epoca in cui ricevette i carmi di Venanzio egli esercitava funzioni subalterne,
probabilmente di carattere giudiziario, nella Provenza sottoposta alla corona d'Au-
strasia (cf. carm. 6, 10, 33 e 37). In seguito egli fu per due volte rector Provùtciae, ri-
cevendo contestualmente il titolo di patricius. Nello stesso periodo rivestl la funzio-
ne di rettore del patri1nonio della Chiesa romana in Provenza: cf. GREG. M. epist. 3,
(104) Comis è correzione di M. Reydellet per comes o comes o della tradi. 33. Dinamio si dilettava pure di letteratura: Venanzio (carm. 6, 10, 57) ricorda suoi
zione. versi, dei quali forse abbiamo un saggio in ANTII. 786a e in CARM. cod. Petav. 22; si
(105) Espressione a doppio senso: Pappalo è andato a cercare una barca conservano inoltre due lettere in EP1sT. Austras. 12 e 17, nonché una Vi'ta Maximi
per il poeta; il banc~etto ha sostituit? l~ J;>arc~. " ,, " ,, Reiensis (ed. S. Gennaro, La «Vt'ta s. Maximi episcopi R_eiensis" e la "Vita s. Virgi'lt'i [,
(106) Gioco di parole: comes significa sia compagno che conte . episcopi Arelatenst's'1, "Annuario del Liceo-ginnasio statale Mario Cutelli - Catania", '
(107) Come nota KOEBNER, Venantius Fortunatus, 17, qu~sto carme segue 1964-1965, Catania 1966). Morl nel 595.
I·., (108) Rispettivamente la parte meridionale (Provenza) e la parte nordorientale
cronologicamente il successivo, indirizzato anch'esso a Dinarruo. Il segu:nte fu
scritto verisimilmente dt1rante i mesi estivi del 566: ricorda l'incontro tra 1 due e (Austrasia) del regno di Sigiberto I.
non presuppone ~essuna corr.ispondenza.~terio~e. J!1que~to carme invece V~ (109) Venanzio riprende il concetto dell'animae dimidium meae, adoperato da
nanzio lamenta dt non aver ricevuto not1z1e dall amico, e 1 vv. 13-14 datan~ ~ 01·azio in riferimento a Virgilio e Mecenate (HOR. carm. l, 3, 8; 2, 17, 5). Questo
'' carme un anno dopo il seguente, Dinapiio (PLRE III, 429-430 n. 1), su cut ~1 tratto conferisce al carme un'aura augustea e rimanda a un contesto in cui il patrono
~ i
veda GEORG3, Venantius Fortunatus. A Latin Poet, 141-146, nacque verso 1! del poeta, Mecenate, era poeta egli pure: un duplice co1npllinento al destinatario.
CARMINA, L. VI, X CARMI, L. VI, 10 375
374
X. ITEM AD DINAMIUM 10. ANCORA A DINAMIO
Tempora praecipiti vos invidistis amori, O tempi, siete gelosi di un'amicizia calorosa, voi (110) che avete
officium voti quae vetuistis agi impedito che io sciogliessi l'impegno di un voto in poesia lirica e con
per lyricos modulos et fila loquacia plectris fili che parlano percossi dal plettro, come Erato fa risonare il dolce
qua cytharis Erato dulce relidit ebur. avorio sulla sua cetra. Ecco, il cane assetato fa vedere la sua stella che
5 Ecce vaporiferum sitiens canis exerit astrum porta con sé l'afa, e l'arsura rantola nei campi screpolati. Pertanto, te-
et per hiulcatos fervor anhelat agros. . · mendo gli umori del corpo, per non esser colpito da qualche febbre,
Hinc metuens saniem, ne quo iacularer ab 1gne, 111i sono fatto togliere del sangue e porto dei legacci alle braccia. A
sanguine laxato brachia nexa gero. partire dal punto in cui il sangue è stato prelevato, il braccio è legato
Labitur unde cruor, nodo manus inde tenetur da un nodo e la vena incisa rende immobile la mia mano destra, in
10
et dextram innocuam vena saluta ligat, modo che sono riarso dalla sete di un'amicizia intensa senza trovare
ut sine temperie validi sitis urat runoris: alcun sollievo. Questa fu la causa che m'impedì di dar corso ai miei
causa meis votis obstitit ista gravis. desideri.
Nescio quam prosit ratio perfuncta medellae; Non so quanto sia di giovamento tale metodo curativo: tuttavia
me tamen inde nocet quod reticere facit. 111i danneggia nel fatto che mi costringe a tacere. Sarebbe stato suffi-
,, Scribere si digitis sinerer, satis illa fuisset: ciente che alle mie dita fosse concesso di scrivere: ora il prhno pensie-
nunc mihi prilna tui cura, secunda mei. ro è per te, il secondo per me. A causa di questo affetto per te io sono·
Ex studio studiis retrahor: silet unda Camenae. distratto dagli studi: la sorgente della Camena è silenziosa. Gli umori
Carne fluit sanies, ne riget ore latex. promanano dalla mia carne, per non uscire dalla bocca. Il fuoco delle
Musicus ignis abest, algent in fonte sorores. muse se n'è andato, le sorelle gelano presso la loro fontana, infatti il
N am sanguis latices hinc gelat unde rigat. mio sangue gela le acque colandovi sopra. Se, infiammato nell'animo,
Si qua calens animo recitanda poemata pangam, io compongo poesie degne di essere lette in pubblico, tu stesso sai,
I
scis ipse hoc studio quam gravet arte labor. per questa stessa pratica, quanto pesi la fatica dell'arte. Infatti chi su-
Nam cruor ablatus magis otia lenta requirit, bisce un salasso ha a maggior ragione bisogno di ozi neghittosi, dove il
quo neque frigus hiat nec vapor ustus arat freddo non lo inghiotta, né la calura riarsa lo segni (111); si porta in
'i' ,, secretumque petit neu flabilis aura flagellet, luoghi appartati, per non essere percosso dal soffio del vento, dove il
quo recreai1s animum stat virar, halat odor. verde rinfranca lanimo e dove olezzano i profumi. Ma io metto in se-
Ast ego posthabeo affectu mea seria vestro; . conda linea i miei seri problemi rispetto all'affetto per te; il mio pen-
cura tui faciem, nam 1nea terga tenet. siero per te occupa il volto, quello per me la schiena. Ora, dopo il su-
Post sudorem habui modo nam dare membra quieti: dore, devo concedere alle mie membra il riposo: l'affetto per te inver- I
30 ordine postposito tempora rumpit amor. I tendo l'ordine delle cose affretta i tempi (112). Quando voglio augura- I
1
Duca parum propriam, tibi dum volo ferre salutem, re a te la salute, tengo (113) in poco conto la mia, ma quando assecon-
I
sed mea prospicio, cum tua vota colo.
'i
,, Partibus Italiae advecto mihi Rhenus et Hister
quem cecinere prius quam daret ipse locus,
l brarono, prima che mi fosse offerta l'occasione di conoscerti: insigne
per il tuo aspetto, illustre per la stirpe, perspicace nella giurispruden-
I
insignem specie, celsum lare, lege sagacem,
omnibus aequalem spe, sale, pace, fide.
Incidit unde mihi, fateor, te sorte videndi
Arctoi gelida sub regione calar,
r
1[
h
za, ti mantieni pari a tutti per speranza, spirito, tranquillità e lealtà.
Perciò, te lo confesso, nacque in me, pur nella gelida regione dell'Or-
sa, un ardore di vederti, e con piacere mi entusiasmo tutto per codesto I
~ (111) Arat è correzione di F. Leo per urat o erat della tradizione manoscritta.
10, 6. CATULL. 68, 62: aestus hiulcat agras .. - 23. IuvENC. ?' 566: torpent (112) Il senso è poco chiaro.
atia lenta. - 27, VERG. ecl. 7, 17: posthabui tamen tllorum mea seria ludo. (113) Duca è correzione di F. Leo per dt'co della tradizione 1nanoscritta.
['
. (114) Dui'lance è correzione di F. Leo per due/lance o cluellance della tradizio-
i (110) Vas è correzione di F. Leo per quos della tradizione manoscritta. ne 1nanoscritta.
'1 I
I I
. i I,,
I
376 CARMINA, L. VI, X CARMI, L. VI, 10. 377 'I
1.:
plusque libens vultus efferveo lotus in illos tuo volto, più che una truppa di stranieri per il ritorno in patria; e cor-
ad patriae reditus quam peregrina cohors, rerei, per vederti, più veloce di quanto correrei all'abbraccio di mio
visibus atque tuis issem velocius ac si padre se fossi il figlio di Telamone (115). Difficilmente con altrettanto
ad patris amplexus de Telamone satus.
45 Vix quoque tam cupidus vario sinuamine sulcat •. ardore il contadino incide ad arte il suolo formando un solco cangian·
te e il marinaio incide le acque con la nave. Perciò, o venerando, una
fr
,>
rusticus arte solum) navita aplustre fretum. parte di me sta con te quale tua clie11te e tu vieni qui come una metà
Ex ilio, celebrande, cliens stat pars mea tecum dell'anima inia, conosciuto dal cuore pritna di essere visto dagli occhi;
et venis huc animae pars mediata meae 1 se non ti tocco con la mano, io ti abbraccio con il pensiero. lo non
antea corde mihi notus quam lumine visus; ! cingo ancora le mie braccia intorno al tuo collo, ma è l'affetto a intrec·
quem mente adstringo, si neque tango manu. ~ dare quel legame che le dita non possono formare. Mi trovo distante,
r
50
Brachia qui necdum circum tua colla catena assai lontano da costì, ma raggiungo ciò che desidero: dove non arrivo
quod digiti nequeunt, alligat illud amor. ! col piede, ci vado tutto col cuore. Benché tra di noi si frappongano la
Longius inde absens ibi sed pertingo quod opto: ~ Saona e il Rodano, noi nuotiamo con l'affetto e ciò che impedisce il
quo pede non venia, pectore totus eo. l nostro passaggio non può impedire i movimenti dei cuori.
,, Nos licet obstet Arar Rhodanusque, natamus amore ~ Ho anche letto alcuni tuoi versi inviatimi sotto uno pseudonimo,
nec vetat ire anitnum qui vetat ire gradum. f dove l'immagine dell'autore era come riflessa attraverso uno specchio.
Legi etiam misses alieno no1nine versus, . ~.' Dalla fonte delle Camene tu ti propaghi ai quattro lati dell'orbe (116),
quo quasi per speculum reddit imago virum. ~ dalle acque della tua eloquenza sei condotto a luoghi che non conosci.
f Inoltre, tu, per farti dimenticare da noi, non puoi allontanarti in alcun
60
Fonte camenali quadrato spargeris orbi,
ad loca guae nescis duceris oris aquis.
Hinc quoque non aliquo nobis abolende recedis,
f posto, senza che, una volta che tu ti sia lì stabilito, non sia conosciuto
grazie ai tuoi 'scritti. Tu penetri come proprietario all'interno del mio
quo fixus scriptis nosceris esse tuis. campicello (117): o per sempre felice, dolce amico, salute. Attendo
Interiora mei ·penetrans possessor agelli, uaa parola di conforto e desidero un tempo atmosferico migliore (118),
felix perpetue, dulcis amice vale. in modo che le mie parole corrano a te; godi di lunga salute. Ai vesco- ,
: i
,
65 Spectans oris opero mélioraque sideris optans, vi Teodoro e Sabaudo (119), primo l'uno per la prossimità della sua
currat ut affatus, stet tibi longa salus. residenza, l'altro per la sua sede, all'egregio Felice, concessoci dalla
Sacris Theodoro primo lare, sede Sapaudo gloria del mondo, all'esimio Albino, a Elia e al caro Giovino (120) ::1
,1 Felici egregio quem dedit orbis houor, rendi, a nome di Fortunato, deferenti saluti. La mia lira (121) modula
Albino eximio, Heliae claroque lavino . r per te questi versi, in canto semplice: ma in futuro risuoni il barbi-
w pro Fortunato redde salutis opus. r to (122) per una composizione originale (123 ). ,,li
f !Il;
Haec tibi nostra chelys modulatur simplice cantu, ~ I
i., sed tonat archetypo barbitus inde sopho. ' I,:n •
L
r 557 papa Pelagio lo nominò vicario-apostolico. Morl nel 586 (cf. GREG. TUR. Frane.
81 39). Per Giovino si rimanda a carm. 7, 11 e 12. Teodoro è il primo "per residen-
za», cioè per la vicinanza a Marsiglia, dimora del destinatario del carme· Sabaudo è
44. Ov. met. 13, 123: Telamone satus. - 47. VERG. Aen. 8, 268: ex illo celebratus. il primo per dignità della sede, essendo la sua una metropoli ecclesiasti.e~ e non una
"48, HoR. carm. 2, 17, 5: te meae ... partem animae; 1, 3, 8: animae dimidium sede suffraganea. Felice è probabilmente un senatore di Marsiglia (PLRE III, 481 n.
meae. - 55. CLAUD. 17, 53: Arar Rhodanusque. - 63. VERG, ecl. 9, 3: ut possessor 3 ), padre del vescovo Marcello di Uzès, cf. STROHEKER, Die senatorische Adel, 172 n.
agel/i. 147 e 191 n. 238. Albino (PLRE III, 38 n. 2), all'epoca promettente funzionario
i: dell'amministrazione austrasiana della Provenza, è nominato in GREG. TuR. Frane. 4, I ,
(115) Aiace. 43: tra il 572 e il 574 fu rector Provinciae. Nel 581, tre mesi prima di morire, fu desi-
(116) Le regioni attorno ai quattro punti cardinali (cf. la nota 21). gnato vescovo di Uzès da Dina1nio, senza però ottenere il placet del re Childeberto
II: cf. GREG. TuR. Frane. 6, 7. 'I
(117) Venanzio intende dire che Dinamio ha invaso il ca1npo letterario, a • I
sé riservato. (121) Nostra chelys è correzione di F. Leo per nostra chelt'si o nostrae helisi del-
(118) Vale a dire un mitigarsi della calura soffocante denunciata nel- la tradizione manoscritta.
l'esordio. (122) Il barbiton è una lira a sette corde, e simboleggia la poesia lirica: d. HoR.
(119) Theodoro è correzione di F. Leo per t(h)eodori della tradizione ma- carm. 1, 32, 4. Venanzio ripete ciò che ha affermato ai vv. 3-4: insiste sulla modestia
noscritta. di questo carme e promette che in futuro comporrà una poesia in tnetro lirico, il so-
(120:1 Teodoro, vescovo di Marsiglia: cf. DuCHESNE, Fastes épiscopaux, I, lo che convenga all'illustre amico.
275 n. 8: partecipò al sinodo di Mi'ì.con del 585 e morì dopo il 591. Sabaudo, ar- . . (123) Arch~typo è correzione di F. Leo per arc(h)itipho o arcytip(h)o della tra-
civescovo di Arles (PLRE III, 1112): fu presente al sinodo parigino 4el 552; nel dizione 1nanoscritta.
INCIPIT LIBER SEPTIMUS LIBRO SETTIMO
I. AD GoooNEM
I 1. A GoGONE (1)
Orpheus orditas moveret dum pollice cordas Quaodo Orfeo pizzicava col pollice la trama delle corde e queste
verbaque percusso pectine fila darent, fila, percorse dal pettine, rimandavano parole (2), ben presto, al suono
mox resonante lyra tetigit dulcedine silvas, della lira egli con la sua dolcezza commosse le selve, e al canto della
ad citharae cantus traxit amore feras. cetra attrasse con amore le bestie. Da ogni parte i giacigli si vuotarono
Undique miserunt vacuata cubilia dammas, e ne uscirono caprioli; arrivò persino la tigre, mettendo da parte la sua
deposita rabie tigris et ipsa venit. ferocia. Sollecitato dalla melodia, l'usignolo (3) volando velocissimo,
Sollicitante melo nimio filamela volatu, accorse sfinito, dimentico dei suoi piccoli. Ma, sebbene avesse le ali
pignora contemnens fessa cucurrit avis. spossate per il lungo tragitto, il volatile si rinfrancò quando giunse nel
Sed quamvis longo spatio lassaverat alas, luogo che desiderava.
ad votulì1 veniens se recreavit avis. Così, rapito dal fascino della tua dolcezza, Gogone, il viaggiatore
Sic stimulaote tua captus dulcedine, Gogo, straniero intraprende il cammino verso regni lontaoi. Come Orfeo fa-
longa peregrinus regna viator adit. ceva con la sua lira, con la tua lingUa tu richiami tutti, veloci, senza in -
Undique festioi veniant ut promptius omnes, dugi (4). Perfioo l'esule, una volta giunto qui affaticato, grazie alle tue
sic tua liogua trahit sicut et ille lyra. cure non sente più il dolore per. cui in precedenza si affliggeva. Tu
,, Ipse fatigatus huc postquam venerit exul strappi via i gemiti agli afflitti e semini in loro la gioia; perché poi non
antea quo doluit te medicante caret. inaridiscaoo, li fecondi con la pioggia delle tue parole. Con i tuoi detti
Eruis adflictis gemitus et gaudia plantas; costruisci favi e li riempi di un miele nuovo, col nettare del tuo dolce
ne tamen arescant, oris ab imbre foves. eloquio tu vioci le api (5). Da una fonte copiosa sgorga l'autorevole
Aedificas sermone favos nova mella ministraos grazia delle tue labbra, dal tuo intimo fluisce una parola che è un ban-
dulcis et eloquii nectare vincis apes. chetto (6). Nella tua sensibilità sempre attenta regna un'estrema sag-
Ubere fonte rigat labiorum gratia pollens gezza, un focolaio nascosto dove nuota acqua salata; nello splendore
cuius ab arcano vox epiùaoda f1uit.
Pervigili sensu dives prudentia regnat
fomite condito cui salis unda natat, met. 10, 145, con l'intento di esaltare la dulcedo di Gogone, i suoi 1nodi delicati e la
sua liberalità.
(3) Venanzio designa l'uccello con il nome di Filamela, l'eroina del 1nito che fu
I' violentata dal cognato T ereo, il quale poi le tagliò la lingua in modo che non potesse
rivelare alla sorella Procne l'onta subita. Filamela riuscl a comunicare con la sorella
1, 1. Ov. met. 10, 145: impulsas tentavit pollice chordas. ricatnando la scena della violenza su una tela. Procne si vendicò imbandendo al ma-
rito le carni del figlio. Tereo adirato volle uccidere entrambe le donne, ma queste ot-
(1) Gogone (PLRE III, 541-542), per il quale si .rffiianda a GEORGE, Ve- tennero dagli dèi di essere trasformate, rispettivamente Procne in rondine e Filo1nela
nantius Fortunatus. A Latin Poet, 136-140, era un cons1gliere del re S1g1berto I, in usignolo. Cf. Ov. met. 6, 424-674; SERV. ecl. 6, 78; I-iYG.fab. 45. '::
che fu inviato in Spagna per portare Brunichilde .all~ corte di ~et~ (cf. vv. 41- (4) Il riferimento è a un tempo alla benevola accoglienza dservata da Gogone
42). Dopo l'assassinio del sovrano nel 575, Bruntchilde lo no1n1no tutore del- al poeta, ma anche all'abilità dimostrata nel compito affidatogli da Sigiberto di cura- 'I
i! Perede Childeberto II (cf. GREG. TUR. Frane. 5, 46). Morl nel 581 e compose re l'organizzazione del matrimonio, con particolare riguardo alla scorta della sposa e '
. I dei poemetti andati perduti inentre si conservano quattro sue lettere in EPIS'T. agli inviti ufficiali da recapitare ai dignitari di ogni parte del regno .
Austras. 13, 16, 22, 48. Se~ondo MEYER, Der Gelegenheitsdù:hter, 42, questo (5) La 1nenzione successiva di Orfeo e delle api richiama i temi del libro IV
:i carme fu steso in Austrasia nel 566. delle Georgiche virgiliane: l'apicoltura e il mito di Aristèo e Orfeo. Esso appare certo
'' (2) Giuoco di parole: le corde forinano tUl ordi~o, pe.cten designa i! plettro come un omaggio alla cultura letteraria di Gogone.
ina anche il pettine con cui si tirano le fila; le corde 1nfatt1 sono dette fila n.el.v. (6) Labt'orum grafia designa il fascino della forma 1 l'eleganza dell'eloquio, vox
2. Venanzio si richiatna qui alla figura di Orfeo quale ce la presenta Ov1d10, epulanda designa invece la parola che nutre, la profondità del pensiero.
-~
CARMINA, L. VII, 1-11 CARMI, L. VII, 1"2
380
,, qui fulgore auimi radios a pectore vibras del tuo animo tu mandi vibranti raggi dal cuore e una luce interiore
brilla a imitazione della luce del giorno. Ma, alternativamente, ora il
et 1nicat interior lux imitata diem.
Sed vicibus mundum modo sol modo nubila complent,
at tua semper habent corda serena diem.
I
- !..
sole ora le nubi awolgono il mondo: il tuo cuore sereno invece gode
sempre dello splendere del giorno. Sei ritenuto, per la tua anima ma-
Visceribus promptis templum pietatis haberis nifesta, un tempio della pietà e sei una casa edificata con doni celesti.
:io muneribusque sacris es fabricata domus. La tua figura elegante risplende di luce propria, cosicché il tuo stesso
Forma venusta tibi proprio splendore coruscat volto riflette la tua personalità. Racchiudi in un'unica figura ogni virtù
ut mentis habitum vultus et ipse probet. e non vi è nulla di più grande rispetto a ciò che rivela il tuo aspetto.
Omne genus laudum specie concludis in una Sei divenuto grande per volontà del re Sigiberto: nessuno può ri-
nec plus est aliquid quam tua forma gerit. cusare il giudizio del re. Egli, sapieute, ha scelto te sapiente; egli, ami-
,, Principis arbitrio Sigiberthi magnus haberis: co, ha scelto un amico: come un'ape esperta che sceglie i fiori. Sul suo
iudicium regis fallere nemo potesi. esempio hai imparato a essere quel che ora sei e, servo benevolo, ri-
Elegit sapiens sapientem et amator amantem fletti i comportamenti del tuo padroue. Da poco tempo, attraverso
ac veluti flores docta sequestra! apes. molti pericoli, hai portato dalla terra di Spagua la più grande gioia
Dlius ex merito didicisti talis haberi all'esimio sovrauo (7). Tu lo ami tauto quanto sono preziosi i beui che
40 et domini mores serve benigne refers. gli hai procurato: nessuno poté dargli con le armi ciò che tu gli hai da-
Nuper ab Hispanis per multa pericula tetris to con le tue parole (8), Se io tacessi questi meriti, ti loderebbero i
egregio regi gaudia summa vehis. miei silenzi; non aspettarti parole tu che sei padrone del mio cuore (9).
Diligis hunc tantum quantum meliora parasti: Io canto il vero quando ti elogio e la simulazione non mi condanua;
nemo armis potuit quod tua lingua dedit. parlo prendendo a testimone il popolo: sarò immune da ogni colpa.
45 Haec bona si taceam, te nostra silentia laudant
Codesta tua gloria possa salire alta per lunghi anni, questa vita ti con-
nec voces spectes qui mea corda tenes. servi a lungo e quella futura ti ricompensi.
Vera favendo cano neque me fallacia damnat,
teste loquor populo: crimine liber ero.
Haec tibi longinquos laus ardua surgat in annos, 2. AL MEDESIMO,
haec te vita diu servet et illa colat. PER AVERLO INVITATO A CENA (10) I;
'" i' ;
Nettare, vini, cibo, drappeggi, cultura, ricchezza: mi hai ricolma- I, I,
II. ITEM AD EUNDEM CUM ROGARETUR AD CENAM to, Gogone, di questi tuoi doni generosi. In te rivive Cicerone, tu sei il I
nostro nuovo Apicio: da una parte sazi con le parole, dal!' altra nutri I
Nectar, vina, cibus, vestis, doctrina, facultas, cou i cibi. Ma ora perdonami: satollo di carne boviua, mi fermo. Infat- ! 'I
ti nel ventre c'è una battaglia, se una 1niscela di carne si agita. Là dove
I '
muneribus largis tu mihi, Gogo, sat es.
giace il bove, penso che fuggano il pollo e l'oca: tra corna e ali non 1.:
Tu refluus Cicero, tu noster Apicius extas: 11!
hinc satias verbis, pascis et inde cibis. sarà uua battaglia ad armi pari. Ora già chiudo gli occhi appesantiti : i
Sed modo da veniam: bubla turgente quiesco. dal sonno: infatti questi versi leggeri sono la prova del mio dormire. I,,ì'
I
Quas mihi porrexit modo pagina missa querellas, Per quaoto riguarda le rimostraoze che la lettera da te inviata mi
inmunem culpae me loquor esse tuae. ha appe.na pres;iitato, dichiaro di essere scevro da una colpa che è
Nam causam Remus tua plus praesentia laesit: tua. Fu mfattl piuttosto la tua presenza a Rein1s a recar danno all'affa-
quo vos peccastis crimine culpor ego. re: e io sono incolpato di una mancanza commessa da te. Tuttavia, non
, Non tameu ex tali titulo dulcedo peribit: sarà, pe~ ~~a tale circost~iza che perirà il nostro dolce legarne: il frutto
fructus amicitiae corde colente manet. dell am1c1z1a permane nei cuori che lo coltivano.
I_'·•,,'
Nubila quae rapido perflante Aquilone venitis, Nuvole, che avaozate sospese nell'aria al soffio dell'impetuoso ,.1'
pendula sidereo quae movet axe rota, A9uilone, mosse da una ruota dall'asse splendente, ditemi come stia il
dicite qua vegitet carus mihi Gogo salute. t;'~o caro G?gone. Che cosa fa, sereno nell'aoimo, in piena tranquil-
Quid placidis rebus mente serenus agit? hta? Forse s1 sta trattenendo lungo le rive del Reno dalle gonfie onde,
, Si prope fluctivagi remoratur litora Rheni per ~strarre dalle. acque con la rete il pingue salmone, oppure sta pas-
--
10
ut salmonis adeps rete trahatur aquis,
an super uviferi Musellae obambulat amnem,
quo levis ardentem temperet aura diem,
pampinus et fluvius medios uhi mitigat aestus:
vitibus umbra rigens, fluctibus unda recens.
.
-.(
li'
r
segg1aodo lu!°?o d corso della Mosella feconda di uve, perché la brez-
za leggera m1ugh1 la calura del giorno, quando i pampini e il fiume at-
ten~ano la caoicola del mezzodl: l'ombra è fresca grazie alle viti, l'on-
da e fresca grazie alla corrente. Oppure lo ospita la Mosa che dolce-
mente risuona~ dove dimorano la gru, l'oca selvatica, l'oca domestica e
Aut Mosa dulce sonans, quo grus, ganta anser olorque est, ~ il cigno, ricca di un triplice traffico: dei voltatili, dei pesci, delle bar-
r'
triplice merce ferax - alite, pisce, rate - ? che? .Oppure lo ospita l'Aisne, là dove s'infrange sulle sponde erbose,
An tenet herbosis qua fraogitur Axona ripis
cuius aluntur aquis pascua, prata, seges?
t• le cm acque nutrono pascoli, prati e campi? L'Oise, la Sarre, il Chiers,
la Schelda, la Sambre, la Somme, la Sure (13 )? Oppure il fiume che
15 Esera, Sara, Cares, Scaldis, Sate, Somena, Sura? b.agna .Metz e prende il s_uo nome dal sale (14)? O piuttosto, dacché
seu qui Mettis adit de sale nomen habens?
Aut aestiva magis nemorum saltusque pererrans
l' siamo m estate, percorre 1 boschi e le balze per catturare le bestie con
la ret.e o .uccid~rle .con la laocia? Sono i boschi delle Ardenne oppure
cuspide, rete feras hinc ligat, inde necat? 'l quelh de~ Vos!l1 a r!Sonare fragorosamente della strage di cervi, caprio-
Ardenna an Vosagus cervi, caprae, helicis, uri
caede sagittifera silva fragore tonat? rf li, alci, b1sont1 perpetrata con le frecce (15)? Oppure ferisce tra le cor-
na la fronte di un robusto bufalo (16) e l'orso, l'onagro, il cinghiale
, 'I Seu validi bufali ferit inter coruua cao1purn ~- non scampaoo alla morte? Oppure coltivaodo le sue terre (17), egli ara 'I
~-
,'I
nec mortem differt ursus, onager, aper?
An sua rura colens exusta novalia sulcat ---r--
r
trebbe trattarsi della Sambre, che nasce anch'essa presso Cambrai ma per gettarsi
. ~·
nella Mosa a Namur in Belgio. La Siìre/Sauer nasce anch'essa sull~ alture del Lus-
I 4, 9. VERG. georg. 3, 331: aestibus ... mediis; Ate. Avrr. carm. 3, 277: miti" semburgo, taglia s.e~ondo la latitudine J'omo!1~1no granducato pe~ poi immettersi
get aestus. - 20. VERG. Aen. 9, 541: caelum tonat omnefragore. nella Mosella da stntstra, a sud-ovest d1 Trevtr1, appena qualche chilometro prima •j'.,:
~-
r- della confluenza (sul lato opposto) della Sarre/Saar.
'
(i!' (11) Biglietto scritto in Austrasia nel 566, verisitnilmente dopo un malin- -
' (14) La Seille (Salia): nasce sul versante occidentale dei Vosgi e confluisce nella
! 'i teso fra i due amici. Cf. MEYER, Der Gelegenhet'tsdichter, 88. Mosella presso Metz: cf. carm. 3, 13, 5.
(12) Questo carme, secondo KOEBNER, Venantius Fortunatus, 67, fu invia· (1?) Helicù ~ geniti~o di un helt'x, presumibilmente modellato su una parola
I',' 'I
to a Gogone da Poitiers. ~ennan1ca che designava 1 alce (d. alce, parola non latina attestata in CAFS. Gal!. 6,
(13) Verso olonomastico consistente in un'enumerazione dei principali 7, .li CALP. ecl. 7, 59 e PLIN. nat. 8, 39, nonché il tedesco Elch): in latino classico in-
fiumi dell' Austrasia. L'Oise (Esara) è un affluente di destra della Senna, ndla fdatt1 helt'x~ i;>testito dal greco, significa «edera». - Uri è correzione di F. Leo per ursi
quale s'itnmette poco a ovest di Parigi. La Sarre/Saar (Sara) scorre nella regione ella trad1z1one.
omonima prima di gettarsi nella Mosella (riva destra) a sud-ovest di Treviri. Il (16) Si mantiene qui il testo dei manoscritti in luogo della congettura validus
Chiers (Cares) nasce presso il Lusse1nburgo e si getta da destra nella Mosa ptes· bufalus di M. Reydellet.
so Sedan. La Schelda (Scaldis) nasce nella Francia settentrionale presso Cam· (17) Un podere presso Metz di proprietà di Gogone è menzionato in EPIST.
brai e sfocia presso Anversa. Il Sate non è stato identificato con certezza: po- Austras. 22.
'i
I r
CARMINA, L. VII, IV-V CARMI, L. VII, 4-5
et rude cervici taurus aratra gemit? il maggese esaurito mentre il toro ge1ne, col suo collo indomito sotto
" Sive palatina residet modo laetus in aula, l'aratro? Oppure ora risiede felice nell'aula palatina e i cortigiani (18),
cui scola congrediens plaudit amore sequax? facendoglisi intorno, lo acclamano con ossequioso entusiasmo? Oppu-
An cum dulce Lupo pietatis iura retractant re, egli assieme al caro Lupo (19) prende misure caritatevoli e di co-
consilioque pari mitia mella creant mune accordo producono miele delicato con cui nutrire il povero e
quo pascatur inops, viduae solacia praestent, dare aiuto alla vedova, assegnare un tutore al minore, dare sostegno al
30 parvus tutoretn sumat, egenus opero? bisognoso? Qualunque cosa essi facciano, possano insie1ne dat cotso
Quidquid agunt, pariter felicia vota secundent ai loro prosperi auspici e possano beneficiare del!' amore di Cristo re.
et valeant Christi regis amore fruì. Vi prego, o venti, che andate e venite, tecate loro notizie per conto del
Vos precor, o venti, qui curritis atque reditis, loro Fortunato.
pro Fortunato nuntia ferie suo.
Ingenio torrente loquax de fonte salubri lutare scaturiscono le tue parole, dal tuo ingegno vivace e con il fluire
1'
divitiasque pias ore fluente rigas. del tuo eloquio sgorgano tesori di pietà. Se ti capita di scorgere qual-
cu110 che soccombe al travaglio, la tua lingua lo ristora come il Nilo ri-
Si videas aliquem defectum forte labore,
Nilus ut Aegyptum, sic tua lingua fovet. r swra l'Egitto: Tu; che racchiudi nel tuo cuore le patrie leggi, puoi
" Qui patrias leges intra tua pectora condens I sc10ghere le fila di una causa complicata. O venerando, tu sazi le mas-
se con banchetti frequentissimi e chi entra in casa tua ne esce sfamato.
inplicitae causae solvere fila potes.
Assiduis epulis saturas, venerande, catervas
et repletus abit qui tua tecta petit.
'
i Quando vai in campagna, il popolo vi accorre per essere nutrito e, ac-
t compagnandoti, ottiene i propri alimenti. Possa tu vivere per molte
Si venis in campos, ibi plebs pascenda recurrit ! generazioni, esaudendo i voti di tutti, e rimanere per sempre un gran-
t- de sulla bocca del popolo.
40 consequiturque suas te comitando dapes.
Vota feras cunctis per saecula longa superstes
et maneas populi semper in ore potens. ! 6. SU PALATINA, FIGLIA DEL VESCOVO GALLOMAGNO '
~ MOGLIB DEL DUCA BODEGISILO (21)
'
quae meruit celso digna piacere viro. suo stato, ella che per la sua dignità meritò di piacere a un marito illu-
Eligit e multis quam carus amaret amantem stre. Egli sceglie tra molte la sposa amorevole per amarla teneramente
et iudex patriae iudicat ipse sibi. e, essendo giudice della patria, è buon giudice per se stesso. Possiate
Ambo pares iuncti longos maneatis in annos entrambi rin1anere uniti per lunghi anni e le vostre gioie accompagni-
et quaecumque volunt gaudia vestra ferant. no il compimento di tutti i vostri desideri.
Antiqui proceres et nomina celsa priorum Arretrino i magnati antichi e tutti gli eccelsi nomi dell'antichità,
cedant cuncta Lupi munere vieta ducis. vinti tutti dal prestigio del duca Lupo (24). La saggezza di Scipione, la
Scipio quod sapiens, Cato quod maturus agebat, virtù di Catone, la fortuna di Pompeo: tutto tu, da solo, possiedi.
Pompeius felix, omnia solus habes. Quando costoro furono consoli la potenza di Roma risplendeva, ma
, Illis consulibus romana potentia fulsit, ora che tu sei duca per noi Roma ritorna. Quando tu concedi udienza
te duce sed nobis hic modo Roma redit. rinasce in tutti la fiducia, la tua lingua franca riconosce il diritto alla
Te tribuente aditum cunctis fiducia surgit, franchezza. Chi portava la tristezza nel suo cuore confuso, dopo averti
visto si ritrova con una migliore speranza. Fondato sulla serietà d'ani-
libertatis opem libera lingua dedit.
Maestitiam si quis confuso in pectore gessit, Il mo e profondo nei pensieri, profondi dalla tua bocca il sale di un ma-
rn postquam te vidit spe meliore manet. ·--1fr re tranquillo (25). Ma giovano piuttosto al popolo le tue doti di elo-
Fundatus gravitate animi, quoque corde profundus -~1r- quenza: tu infondi sapore ai pensieri come il sale marino ai cibi. Radi-
ll
tranquilli pelagi fundis ab ore salem. ce della saggezza, vena di fecondo sapore, vivace nell'ingegno, bocca
I che parla eloquentemente; tu rifulgi in due aspetti paralleli, sei dotato
·Sed facunda magis plebi tua munera prosunt:
tu condis sensus, nam salis unda cibos. :Ire in entrambi: la tua lingua può esprimere tutto ciò che concepisci nel
15 Consilii radix, fecundi vena saporis,
ingenio viVax, ore rotante loquax, '][
u cuore. Con i tuoi consigli si rafforza l'autorità del re, l' amministrazio-
ne dello stato è efficace grazie al tuo aiuto. Con dedizione sempre
,, nuova sottoponi il tuo corpo a grandi fatiche: vi vedi un dolce peso
liu
qui geminis rebus fulges in utroque paratus,
' I per la tranquillità del sovrano. Felice quella mente che veglia sui casi
quicquid corde capis prodere lingua potesi.
1•: Pectore sub cuius firmantur pondera regis della patria e, anima generosa, vive per tutti gli uomini! Giungono de-
' I' ' pollet et auxilio publica cura tuo. . . gli ambasciatori: sono catturati dalle tue risposte e, colpiti dalle frecce
I
Subdis amore novo tua membra labonbus amphs: delle tue parole, subito soccombono. La tua parola è una lancia e
pro requie regis dulce putatur onus.
O felix animus patriae qui consulit actus
uu un'arma è anche la tua voce quando parli: Sigiberto ha in te un presa-
gio di vittoria. Il tuo pensiero è il portavoce dei sentimenti del popolo
I et vivit cunctis mens generosa viris! ~ - -1 !l>'-
-! 1r
ili
!
,, Legati adveniunt, te respondente ligantur
I ~ -1 r~
·i et iaculo verbi max iacuere tui. sotto Sigiberto I; dopo l'assassinio di quest'ultimo sostenne apertamente Brunid1il-
,, I Lancea sermo fuit, quoque vox armata loquentis, lr de, attirandosi così l'ostilità dei nemici della regina. Nel 581, in grave pericolo nella
~ersona e nel patrimonio, mise la moglie al sicuro e si rifugiò alla corte di Gontrano,
,,ì i
auspicium palmae te Sigiberthus habet.
Responsum gentis sensu profertur ab ilio ir,t fino al compimento della maggior età di Childeherto II (cf. GREG. TUR. Frane. 6 4).
Ritornò in Austrasia nel 587. Il carme, nel quale Venanzio sottolinea la fedeltà di
·,r
Lupo all'ere?ità dell'aristocrazia senatoriale dalla quale proveniva, non è precisa-
1nente databile: secondo J.W. GEORGE, Venantius Fortunatus. Persona! and Polt'tt'cal
'
,l,: Poems. Translated wt'th Notes and Introduction by Judith George, Liverpool 1995, 59
_, 7, 17. VERG. Aen. 2, 61: in utrumque paratus. - 24. Ov. trist. 3, 5, 32: mens nota 9, risalirebbe al periodo immediatamente successivo all'arrivo del poeta in Gal-
lf'
'
' generosa. ---1 - li.a e celebrerebbe l'accesso di Lupo al rango di dux, tna la validità dell'argomenta-
' 1 ~ Zione portata dalla studiosa scozzese è stata giustrunente contestata da N. ADKIN
(23) Questo carme (Su cui si veda GEORGE, Venan#us Fortun,atus. A Latin j i~~ The Occasion of Venantius Fortunatus, Carmen 7, 7, "Orpheus", XIX-XX (1998~
Poet, 79-82) e i due seguenti hanno per destinatari? ~~p~, .duca ~1 Champagne
(PLRE III, 798-799 n. 1), fratello di Magnulfo cui e mdinzzato 11 carm. 7, 10.
---_;
j .,
f· 1999), 1-2.
(24) L'esordio è iinprontato al topos del «sopravanzainento» (Ùberbietung) sul
Lupo, su cui si veda GEORGE~ '!ena~tius Fortu_na~us. A-La_tzn Poet, 132-136, fu -i .-· quale si veda CURTIUS, Letteratura europea, 182-186. '
tra i primi a esercitare patroclfll? ,nei confronti di V~anz10 (cf. carm: 7, 8,, 49- _J :.- (25) L'usuale metafora del sale cotne spirito e saggezza viene adoperata anche
50): tra le più influenti personaltta del regno austras1co, ricoprl la carica di dux
~-1
~ l --
altrove dal poeta.
. i.,
'" et votum populi vox valet una loqtù. e la tua voce da sola può esprimere ciò che tutta la gente desidera. La
Cuius ab ingenio sortita est causa triumphum, causa che, grazie alla tua sagacia, ha ottenuto il trionfo è più giusta
adsertoris ape iustior illa fuit. grazie. "'!a. v~lentla del patroci~atore ..Nessuno infatti potrà esporre i
r
Nullus enim poteri! proprias ita pandere causas, propri dmtrl cosl come la tua ltngua rmomata tuona in difesa di tutti.
ceu tua pro cunctis inclita lingua tonat. Come il Nilo feconda l'Egitto, quando, in piena, trabocca, così tu, con
Nilus ut Aegyptum recreat, dum plenns inundat, il fiume del tuo eloquio, tutto rinsaldi. La giustizia è prospera e le leg-
35 I gi, sotto il tuo giudizio, sono benigne: per le cause tu sei sempre una
sic tu colloquii flumine cuncta foves.
Iustitia fiorente favent te iudice leges
!L bilancia stabile con pesi in equilibrio. I dignitari di corte (26) ti cerca-
causarumque aequo pendere libra manes. no e accorrono presso di te; tu però non chiedi onori: sono gli onori a
Ad te confugiunt, te cingula celsa requirunt chiedere te. Nel tuo grembo si accresce l'autorità che hai ottenuto e
nec petis ut habeas, te petit omnis honor. sotto la tua guida, la dignità concessa sa innalzarsi. Quanto meritata'.
In cuius gremio nutritur adepta potestas, mente mantiene sempre gli onori concessigli colui grazie al quale le
quo rectore datus crescere novit apex. più alte dignità giungono al loro apice! Improntato all'animo antico
Qua1n merito retinet concessos semper honores della stirpe romana, in armi tu conduci guerre, in pace tuteli il diritto.
\ per quem digna magis culmina culmen habent! Fondato su entrambi questi mezzi, da una parte sulle armi dall'altra
45 Antiquos animos romanae stirpis adeptus
sulle leggi, con quanto merito primeggia colui a cui arride ogni gloria!
bella moves armis, iura quiete regis. I Sassoni e i Dani, popolazioni rapidamente sconfitte, testimoniano
Fultus utrisque bonis, bine armis, legibus illinc, quale sia il tuo valore, unito al favore celeste (27). Dove il fiume Bor-
quam bene fit primus cui fave! omne decus! daa scorre con sinuosa corrente, lì lo schieramento nemico, al tuo imM
Quae tibi sit virtus cum prosperitate superna peto, sterminato tracolla. Allora metà del\' esercito obbedi ai tuoi co-
'" Saxonis et Dani gens cito vieta probat. maudi: quanto meritatamente vince chi esegue i tuoi ordini! Vittorio-
Bordaa quo fluvius sinuoso gurgite currit, so, sudavi per il peso della tunica ferrata ed eri scintillante in una nu-
hic adversa acies te duce caesa ruit. vola di polvere; hai combattuto assai a lungo, incalzando la schiera che
Dimidium vestris iussis tunc paruit agmen: fuggiva, fino ad arrestarsi al Lahn dalle vitree acque (28). Qnel fiume
quam merito vincit qui tua iussa facit! offrl un sepolcro a chi vilmente fuggiva: i fiumi fanno le guerre dalla
55 Ferratae tunicae sudasti pondere vietar
parte dei condottieri fortunati. La Gallia ha meritato di averti come
et sub pulverea nube coruscus eras lume tra i suoi cittadini, tu che risplendi fulgente dovunque con la
tamque diu pugnax ade fugiente secutus, . lampada del cuore. Vi è chi si distingue per la bellezza della figura, chi
Laugona dum vitreis terminus esset aqu1s. per la sapienza: ciascuno ha la propria virtù, ma tu ne hai numerose.
Qui fugiebat iners, amnis dedit ille sepulcrum: Quando fai visita ai sovrani (29), riempi della tua presenza i venerandi
'° pro duce felici flumina bella gerunt. palazzi e, entrando assieme a te, l'onore si moltiplica. Al tuo giungere
Inter concives meruit te Gallia lumen l'augusta dimora brilla di una nuova serenità e la dimora regale riac-
lampade qui cordis splender ubique micas. quista il sno genio tutelare. Infatti, quando la corte ti vede ritornare,
i Sunt quos forma potens, sunt quos sa~1entia praefert: essa recupera la vista: agli occhi dei duchi, fari del regno, tu sei il loro
1!
singula sunt aliis, sed bona plura ub1. faro comune: aiuto del sovrano, gloria della patria, presidio della tua
I ,; I Occurrens dominis veneranda palatia complens famiglia, consigliere per gli altri, unico oggetto d'amore per tutti. Cosa
65
et tecum ingrediens multiplicatur honor. ancora potrei dire della tua mirabile soavità, tu che, ricolmo di netta-
'
Te veniente novo domus emicat alma sereno re, costruisci favi con la bocca? Un'amabile grazia accompagna il volto
et reparant genium regia tecta suum. .
Nempe oculos recipit cum te videt aula red1re
,, quem commune ducum lumina lumen habent: (26) I sovrani merovingi donavano ai loro funzionari più validi delle cinture
. !.I principis auxilium, patriae decus, arma parentum, con disegni assai elaborati sulle fibbie.
consultum reliquis, omnibus unus amor. {27) Queste campagne contro i Dani e i Sassoni guidate da Lupo non ci sono
Admiranda etiam quid de dulcedine dicam note da nessuna fonte storica. Come pure non identificato resta il fiume Bordaa no-
minato nel seguito.
nectare qui plenus construis ore favos? (28) Secondo il lessicografo G. PERIN, Lexicon totius Latinitatis, VI, Onomasti-
15 Cara serenatum comitatur gratia vultum fln ]-Z, ~adova 19402, s.v., l'idronimo Laugona potrebbe corrispondere al Lahn, afM
uente d1 destra .del Reno, nel quale confluisce a meridione di Coblenza.
75. PROSP. carm. de t'ngrat. 322: comitetur gratt'a cursum. (29) Sigiberto I e Brunichilde.
I I,
; 11
I '·i:
'I;
CARMINA1 L. VlI, VII~VIII CARMI, L. VII, 7 °8 393
392
fulget et interius perpetuata dies: sereno, dentro di te risplende un giorno senza fine (30). Tu che sazi
Qui satias escis, reficis sermone ben1gnus, con cibi, ristòri benigno con i tuoi discorsi: lasciando stare i banchetti,
sepositis epulis sunt tua verba dapes. le tue parole sono leccornie. Chi è in grado di parlare degnamente di
Quis tibi digna loqui valeat, quem voce potente te, che il pio sovrano con voce potente celebta quale suo ornamenw
so rex pius ornatum praedicat esse suum? to (31)? Possa tu godere della più alta dignità, mentre egli regna per la
Sit tibi summus apex ilio regnante per aevum vita: godi ora di quella terrena e ti accolga quella futura.
vitaque sit praesens atque futura colar.
8. AL MEDESIMO (32)
VIII. AD EUNDEM
Quando luglio brucia torrido le sabbie infocate e la terra inaridita
Aestifer ignitas cum Iulius urit harenas è assetata anche sulle rive polverose, il pampino illanguidito proietta a
siccaque pulvereo margine terra sitit, stento la sua ombra ristoratrice e l'erba mollificata ripiega le sue palli-
languidior placidas vix pampinus explicat umbras de chiome. Le foglie si volgono a terra in balla del vapore di Febo e
mollior et glaucas contrahit herba comas. cosi a fatica il bosco protegge la sua fresca copertura. La giovenca,
, Summissis foliis Phoebi regnante vapore nauseata dal pascolo, per il caldo abbandona le balze e neppure l' er-
vix sua defendit frigida tecta nemus. vo (33) dà nutrimento ai cavalli spossati. Il cane batte il suo labbro
Pabula fastidens fugit aestu bucula saltus,' con la lingua, protesa molto più all'infuori del solito, la pecora triste-
E'
ipse nec adflictis pascitur ervus equis. mente ansima trascinando i fianchi esausti. Il viaggiatore che si trova a
Longius expositam linguam canis ore flagellar,
f- percorrere il suo cammino in queste ore bollenti si brucia, ché il sole
w ilia lassa trahens tristis anhelat ovis.
! cocente gli infiamma i capelli. Egli, poiché la terra è disseccata, spesso
Forte viator iter gradiens ferventibus horis
~ con ansia invoca acque abbondanti per ristorarsi con un piccOlo sorso,
uritur ac;censis sole premente comis.
Qui arescente solo, modico recreetur ut haustu,
saepius inriguas anxius optat aqu~s,
r oppure l'ombra di un albero ondeggiante, dalla verde cima affusolata,
perché opponga le sue fronde al sole e mitighi la sua sete. Se, per
un'inaspettata fortuna, un bosco vicino fa vedere la sua ombra e l' on-
da fresca di una fonte cristallina gorgoglia (34), l'uomo vi si dirige in
15 arboris aut tremulae viridante cacumme fuso
l
frondibus oppositis temperet umbra sitim. fretta, si distende con gioia su quei campi ridenti e rigira le sue mem-
Prosperitate nova si iam prope lucus opacet bra in quel giaciglio erboso. Poiché ha ottenuto ciò che desiderava,
et vitrei fontis sibilet unda recens, gode di un duplice piacere: da una parte lombra allevia il peso della
huc properans placidis homo laetus sternitur arvis, giornata, dall'altra l'acqua spegne la sete. Se conosce a memoria qual-
20 volvit in herbosos et sua membra toros.
Vota secuta tenens gemino refovetur amoeno: r che poesia, la recita cantando e una brezza delicata richiama soavi me-
lodie. Se per. caso conosce Omero, ben noto ad Atene, o Virgilio, che
hinc levar umbra diem, hinc fugar unda sitim. [ è letto a Roma nel Foro di Traiano; oppure se apprese la sacra dottrina
.·
r-~~.
Carmina siqua tenet, cantu modulante recurrit dal plettro davidico, aprendo la bocca intona un canto di celebrazio-
I provoca\ et placidos blandior aura sonos; ne. Oppure tocca con le dita la lira, la tibia, la zampogna, lo zufolo:
! !:i :I ,, Si sibi forte fuit bene notus Homerus Athents ciascuno, ispirato dalle sue muse, delizia gli uccelli con la poesia. Cosi
rr
I aut Maro Traiano lectus in urbe foro; io, prostrato per il violento calore delle sollecitudini, sapendo che sei
.
!i vel si Davitico didicit sacra dogmata plectro,
'_
'
in salute, ristorato dalla fonte mi sento in forze .
psallit honorificum fauce rotante melum.
Tangitur aut digito lyra, tibia, fistula, canna:
}o quisque suis Musis carmine mulcet aves.
(30) Venanzio applica a Lupo il motivo della luce, tipico della panegiristica de-
Sic ego curarum valido defessus ab aestu stinata ai sovrani.
noscens te salvum fonte refectus agor. (31) Topos dell' <<inesprimibile»: cf. CURTIUS, Letteratura europea, 180-182.
(32) Il carine è datato al 573 o al 574 sia da MEYER, Der Gelegenhet'tsdt'chter,
89, che da KOEBNER, Venantius Fortunatus, 71nota1.
8, 10. LucAN. 4, 757: longe trahit ilia; Ov. Ib. 169; HoR. epist. 1., 1, 9. - )\: (33) Ervus equis è correzione di F. Leo per herbus equis o herbt's equus della
O\' · me'" 1' 493·fiorte vt'ator- VEN. FoRT. carm. 1, 21, 23. -22. Ov. epist. 4, 1 / . tradizione manoscritta.
· ' carm. 6, 5, 158. - 30. ov. trtst.
quae levet undr,l st'tim; VEN. FoRT. · 4, 1, 12·. carmt' (34) St'bilet è correzione di M.A. Luchi per st'bilat o si bt'bat della tradizione
tnanoscritta.
ne mulcet oves;fast. 2, 116.
394 CARMINAi L. VII, VIII CARMI, L. VII, 8 395
O nomen mihi dulce Lupi replicabile semper O dolce nome di Lupo, degno di essere sempre da me ripetuto,
quodque mei scriptum pagina cordis habet, che sta scritto sulla pagina del mio cuore, l'arca indistruttibile del mio
,, quem semel inclusum tabulis dulcedinis intus petto lo racchiude in sé, incluso una volta per tutte al suo interno, sul-
non abolenda virum pectoris arca tenet; le tavole dell'affetto (35); detieni tesori di bontà, una benevolenza pre-
thesauros pietatis habens, pretiosa voluntas ziosa che produce nel tuo anilno monete d'oro puro! La tua mente au~
producens animo pura talenta suo! rea vince tutte le ricchezze che possiede il mondo e, nello scintillio del
Divitias quas mundus habet mens aurea vincit tuo cuore, eguaglia la bellezza delle pietre preziose. La tua sensibilità
gemmarumque decus corde micante refert. squisita come un aroma emana odori soavi e dona all'anima ciò che di
Sensus aromaticus suaves diffundit odores, solito dona l'incenso buono. Dal tuo cuore escono parole dal sapore
hoc tribuens animae quod bene tura soleni. del miele e dalla tua bocca doni erudizione condita con saggezza (36).
Melle saporatum refluens a pectore verbum Tu brilli nella mia mente come Venere, che dopo le tenebre della
et sale conditum reddis ab ore sophum. notte coi suoi raggi supera la luce delle stelle. Come la luce del sole,
,, Post tenebras noctis stellarum lumina subdens uscendo dall'Oriente, rinnova il mondo, così le tue parole illuminano
Lucifer ut radiis, sic mihi n1ente nites. la mia anima. Quando la lontana Germania catturò il mio sguardo, tu
Ut recreat mundum veniens lux solis ab ortu, eri un padre e un consigliere della patria (37). Quando meritai di ve-
inlustrant animum, sic tua verba meum. dere con gioia il tuo volto benigno, subito un doppio giorno splendet-
Cum peregrina meos tenuit Germania visus, te per me nel mondo. Tutte le volte che ho intavolato discorsi con la
Jo tu pater et patriae consuliturus eras .. tua eloquenza, io ho creduto di giacere disteso tra rose dall'odore di
Quando merebar ovans placidos intendere vultus ambrosia. La tua benevolenza, che resta la stessa verso tutti 1na è mag-
mox geminata mihi fulsit in orbe dies. giore verso di 1ne, mi ha legato col suo affetto e perciò io accorro a te.
Conserui quotiens vestro sermone loquellas E ora, in cambio dei grandi benefici, chi può ripagarti in maniera de-
credidi in ambrosiis me recubare rosis. gna degli onori concessimi? Soccombo per la materia e perché la mia
,, Omnibus una manens, sed plus tua gratia nobis ~- lingua non è all'altezza (38). Così dopo (39) una scalata vi è sempre
vinxit in affectu me properante suo. una cima più alta al di sopra: da una parte mi sprona il mio attacca-
Nunc quoque pro magnis quis digna rependat honoris? mento, dall'altra mi è di ostacolo il tuo prestigio. Altri dunque faccia-
Materia vincor et quia lingua minor. no a gara per renderti lodi al posto mio e ciascuno ti celebri con una
Sic post ascensum culmen supereminet altum: supplica o con un discorso di cui è capace: il Romano ti esalti con la li-
60 hinc meus urguet amor, hinc tuus obstat honor. ra, il barbaro con l'arpa (40), il Greco con la cetra di Achille, ti celebri
Sed pro me reliqui laudes tibi reddere certent la crolla britannica (41). Quelli cantino il tuo eroismo, qnesti la tua
et qua quisque valet te prece, voce sonet, autorità nel diritto, l'uno ti presenti abile con le armi, l'altro nelle let-
Romanusque lyra, plaudat tibi Barbarus harpa, ture. E poiché governi a dovere sia gli affari di pace che quelli di guer-
Graecus Achilliaca, crotta Britanna canat. ra, quello canti la tua gloria di giudice, quest'altro quella di condottie-
~ Illi te fortem referant, bi iure potentem, ro. Io ti dono versi da poco, la poesia barbara ti doni i suoi cantici: co-
ille armis agilem praedicet, iste libris.
Et quia rite regis quod pax et bella requirunt, ~
iudicis ille decus concinat, iste ducis. '' (36) Il sale simboleggia la saggezza, il miele la dolcezza dell'eloquio. Cf. carm.
Nos tibi versiculos, dent barbara carmina leudos: ' 7,1,21-22e7,7,12.
.i (37) Questa sezione finale del carme costituisce da sola un piccolo panegirico:
introduzione con dichiarazione di modestia da parte del poeta, meriti del destinata-
rio nella sfera militare e in quella civile, perorazione finale, in cui ancora una volta
compare l'itnmagine della luce, motivo proprio della panegiristica rivolta a sovrani e
47. Ov. Pont. 3, 1, 127: solis ab ortu. - 52. Ov. am. l, 8, 10:/ulget in orbe dies. - alti dignitari.
60. CLAUD. 16, 10: ah nimius consulis urget amor.I; VEN. FORT. carm. 6, la, 4. (38) Ancora una volta ricorre il topos dell'<<inesprimibile»: d. la nota 31.
(39 Post è congettura proposta in apparato da F. Leo e accettata da M. Reydel-
(35) Adoperando questo linguaggio, Venanzio intende dire che, come let per per, per et o et per dei 1nanoscritti.
l'arca conteneva le tavole dell'alleanza mosaica, così il suo petto è lo scrigno in (40) Dell'esecuzione di simili canti abbiamo testimonianza in CHRON. Fred. 4,
cui è iscritto il nome di Lupo. Il legame di amicizia che unisce Venanzio a Lupo ~-" 1 On onore di Gontrano) e in PAUL. DIAC. Lang. 1, 27 (in onore del re longobardò
è dunque solido come il patto con cui Dio legò a sé Mosè. Tutta la sezione se- Alboino). Delle loro caratteristiche però non conoscia1no nulla.
gt1ente riecheggia dell'insegnamento dei libri sapienziali della Bibbia, quantun" (41) La crotta (termine celtico, crowd, crwth), una sorta di liuto usato dai bardi
que non contenga alcuna citazione esplicita. della Gallia.
I'
I
CARMINA, L. VII, VIII~X CARMI, L. VII, 8-10 397
70 sic variante tropo laus sonet una viro. sl, con varie modalità, un'unica lode risuoni per l'eroe (42). Questi ri-
Hi celebrem memorent, illi te lege sagacem, cordino la tua fama, quelli la tua dimestichezza con le leggi, ma io, Lu-
ast ego te dulcem semper habebo, Lupe. po, ti considererò sempre il mio dolce amico.
Officiis intente piis, memorator amantis, Dedito tutto alle pratiche devote, memore di chi ti è amico, sem- ·
prompte per affectum consuliture tuum, pre pronto a dare consigli in nome del tuo affetto, con molta delica-
carius absentis nirniun1 miseratus amici, tezza hai avuto grande pietà per un amico lontano, giacché il tuo affet-
quando latente loco signa requirit amor. to cerca mie notizie in questo luogo nascosto. Per quali meriti mi è
' Unde meis meritis datur hoc ut protinus esset stato concesso che Lupo abbia preso benevolmente a cuore le attese
spes Fortunati cura benigna Lupi? di Fortunato? Esule dall'Italia, credo, da più di otto anni, vago vicino
Exul ab Italia nono, puto, volvor in anno al mare della costa oceanica. Tanto tempo è trascorso e fino a ora nes-
litoris Oceani contiguante salo. suna lettera scritta dai miei parenti mi ha consolato cli questa separa-
Tempora tot fugiunt et adhuc per scripta parentum zione. Ciò che avrebbero potuto fare un padre, una madre, un fratello,
10 nullus ab exclusis me recreavit apex. una sorella, una schiera di nipoti, una patria, lo hai fatto tu con pio af-
:' fetto. La delicata lettera mandatami con il tuo benevolo nome mi ha
Quod pater ac genetrix, frater, soror, ardo nepotum,
quod poterat regio, solvis amore pio. ricreato con le acque di una fonte soave come il nettare. Né soltanto la
Pagina blanda tuo sub nomine missa benigno tua dolce missiva mi ha rincorato: da parte tua- arriva ancora un mes-
nectarei fontis me renovavit aquis. saggero inviato a questo scopo. Chi potrà mi chiedo, ringraziare con
" Nec solum a vobis me dulcis epistula fovit, parole cosl tante gentilezze? La mia lingua non riesce a manifestare la
missus adhuc in rem portitor inde venit. dolcezza del mio affetto. Ma, dal!' alto, il Re celeste ti restituisca tutto,
Munera quis poterit, rogo, tot memor ore referre? Egli che insegna che ciò che è fatto ai piccoli è fatto a Lui.
Affectum dulcem pandere lingua nequit.
Sed tibi restituat rex cuncta supernus ab alto
20 quae minimis fiunt qui docet esse suum 2 • 10. A MAGNULFO, FRATELLO DI LUPO (44)
semine iustitiae plebs sua vota 111etit. ni la giustizia con laratro (46) di uu giusto coltivatore e il popolo mie-
Nemo caret propriis, alienis nemo recumbit: te le proprie aspirazioni. Nessuuo è privo del proprio, nessuno minac-
sic facis ut populum non vacet esse reum. cia laltrui: così fai in modo che il popolo non abbia occasione per es-
" Sollicitudo tua reliquis fert dona salutis sere colpevole. La tua sollecitudine arreca doni salutari a tutti e il pro-
et labor unius fit populosa quies. digarsi di uno solo diventa la tranquillità di una comunità. Per essere
Aequalis concors ut ab omnibus, alme, voceris, definito da tutti uomo giusto e conciliante, o generoso, da un lato sei
legibus hinc iudex, hinc bonitate parens. un giudice secondo le leggi, dall'altro un padre per la tua bontà. Per-
Da paucis veniam, quoniain mihi portitor instat: donami per la brevità, ma il postiglione incalza: infatti la materia im-
'° nam de fratre Lupi res monet ampia loqui. pone di parlare diffusamente del fratello di Lupo. Possa il Signore
Sic tribuat Dominus, meritis reparetis ut illum concederti di imitare coi tuoi meriti colui che, al pari di te, io venero
quem pariter tecu1n cordis amore colo. con tutto il cuore.
Prosaico quotiens direxi scripta relatu ! Quante volte ti ho indirizzato scritti in prosa! Eppure dalla tua
Nullaque de vestro pocula fonte bibo. fonte io non bevo alcuna coppa. Colui che un tempo avevi ristorato
Quem prius inrigua recrearas ditior unda con l'abbondanza delle tue rinfrescanti acque, ora non riceve neppure
nec modo Castaliis redditur haustus aquis. un sorso dalla fonte Castalia. Se vi fosse in me un minor interesse per
Si me cura minor vestri tenuisset amoris, il tuo affetto, alle mie mani sarebbe già stato possibile stringere il tuo
iam fuerat licitum stringere cplla manu. collo. Ora invece ricevo di meno perché amo di più e, poiché desidero
Nunc magis inde minus capio, quia diligo maius sempre più incontrarti, piango i miei propositi frustrati (48). Dato che
et cum plus cupiam, vota negata gemam. hai riversato il mio cuore nel sicuro ricettacolo del tuo, perché; mi
Qui sibi transfudit mea pectora pectore tuto, chiedo, i nostri occhi non vedono la medesima luce? Mio caro amico,
rn cur, rogo, non pariter lumina lumen habent? ti saluto, sebbene per lettera; ma un tuo scritto mi dia l'aiuto con cui
Vel quod, amice, licet scriptis fero, care, salutem risollevarmi.
sed mihi qua relever pagina reddat opem.
Sigybertht' regis, remoto ab honore lavino rectore Provinciae, Albinus in loco eius sub-
rogatur; GEORGE, Venantius Fortunatus. A Latin Poet', 146-150). Questo carme risale
15. ARATORact. l, 286: dona salutis. probabilmente a poco tempo dopo la conoscenza tra i due, che si deve pensare avve-
12, 5 . .ARATOR act. l, 1065: pondera rerum. nuta durante i festeggiamenti nuziali della primavera del 566.
(48) Modo elegante per dire che la malignità della sorte ha finora tenuto sepa-
(46) Aratro è correzione di F. Leo per aratrum dei codici manoscritti. rati coloro che si vogliono bene. La fonte Castalia era, nella mitologia, una sorgente
(47) Giovino (PLRE III, 715-716 n. 1), nominato anche in carm. 6, 10, 69, situata sulle pendici del monte Parnaso, sacra ad Apollo e alle Muse, che qui me-
esponente dell'antica nobiltà senatoria, fu patrizio e governatore della Provenza taforicamente designa l'ispirazione poetica.
finché, dopo il 573, fu rimosso da Sigiberto I che gli sostitul l'Albino ricordato (49) Lettera consolatoria a seguito della caduta in disgrazia di Giovino (si veda
da Venanzio nel passo suddetto (cf. GREG. TuR. Frane. 4,43: In regno autem la nota 47).
i, . 400 CARMINA, L, VII, XII CARMI, L, VII, 12
nemo pedem retrahit quo sibi limes erit. de là dove si trova per lui il limite. Esso trascina le teste degli impera-
Imperiale caput, regnum trahit, aeque senatum tori, i regni e pure il senato e) quando giunge l'ora, li rapisce senza in-
uec spectante die cum venit bora rapit. dugiare neppure un giorno. A che giovano le armi agli eroi? Cadono
Quid sunt arma viris? cadit Hector et ultor Achilles Ettore e il vendicatore Achille, Aiace baluardo acheo muore sullo scu-
Aiax in clipeo murus Achaeus obit, do (50). E che basta forse, per chi è insaziabile, ciò che egli ripone nel
Quid satis est cupido gremio quod condit avaro? suo avido grembo? Attalo, traboccante di sovrabbondanti ricchezze
deliciis rejluis Attalus auctus abest. (51), non c'è più. Chi sarà cosl abile da non sprofondare nell'ultima fi-
,, Quis non versutus recubet dum fine supremo? ne? In Odissea cadde la potente astuzia di Palan1ede (52). La venustà
De Palamede potens ars in Ulixe perit. del corpo svanisce, morl il bellissimo Asture (53), giace Ippolito e nep-
Forma venusta fluit, cecidit pulcherrimus Astur, pure Adone sopravvive. Non sfuggono i più veloci: bisogna andare do-
occubat Hyppolitus nec superextat Adon. ve incombe la fine. Quirino, veloce nell'uccidere il fratello, ebbe come
Non agiles fugiunt; quo terminus instat eundum. destino la morte. A che giova, mi chiedo, il canto? Orfeo, che deliziava
N am cum fratre celer sorte Quirinus abit. con melodie cristalline, e la voce vibrante della sua cetra giacciono.
Quid, rogo, cantus agit? Modulis blanditus acuris Che giova poi agli intellettuali la loro dotta eloquenza, dato che an-
Orpheus et citharae vox animata iacet. ch'essi scompariranno, essi che seppero (54) parlare sulla curva sferi-
Docta recessuris quid prodest lingua sophistis, cità del mondo? Archita, Pitagora, Arato, Catone, Platone, Crisippo,
qui valuere loqui curva rotunda poli? la folla dei Cleante giace in vile cenere. Che potere ha poi la poesia?
,, Archita, Phytagoras, Aratus, Cato, Plato, Crysippus, Marane, Lisa (55), Menandro, Omero: le !Ol'o membra sono ricoperte
turba Cleantharum stulta favilla cubat. da sepolcri privi di epitaffio (56)? Quando arriva l'ultimo istante, la
Quidve poema potest? Maro, Lysa, Menander, Homerus poesia non giova neppure alle Muse e non serve padroneggiare il can-
quorum nuda tapho membra sepulchra tegunt? to con l1eloquio. Così, mentre i 1nomenti fuggono, le cose presenti pas-
Cum venit extremum neque Musis carmina prosunt sano e la pedina sottratta alleggerisce la scacchiera della vita.
30 nec iuvat eloquio detinuisse melos. Tuttavia esiste una salvezza, pia, grandiosa, dolce e nobile: consi-
Sic dum puncta cadunt, fugiunt praesentia rerum ste nel poter essere graditi a Dio, eterno e trino. In ciò vi è la vita, la
et vitae tabulam tessera rapta leva!. . forza, leternità e lo sfuggire alla morte, e perciò dopo la sepoltura na-
Est tamen una salus, pia, maxima, dulcis et ampia: sce una gloria feconda. Insomma, dopo un'esistenza arricchita dal fio-
perpetuo trino posse piacere Deo. re dei meriti, dal sepolcro promana il dolce odore dei giusti; il soffio
,, Hoc valet atque viget, mane! et neque fine peribit, di questa brezza è più gradevole del!' effluvio del!' aroma sabeo e vince
bine quoque post tumulum nascitur almus honor. gli odori balsamici che diffonde una selva lussureggiante (57). La can-
Quod superest habitu meritorum flore beato, nella, la caleudula, il croco, la viola, la rosa, il giglio arretrano, nessun
suavis iustorum flagrat odor twnulo, odore simile fu mai aspirato da narici. Che dire del fatto che la morte
gratius aura fluens quam spire! aroma Sabaeum genera in loro una potenza ancora più grande e che, quando sono cu-
40 vincens quae pinguis balsama silva reflat. stoditi nei sepolcri, essi ravvivano le membra indebolite (58)? La loro
Cinnama calta crocus violae rosa lilia cedunt,
ut similis nullus nare bibatur odor. (52) Neppure chi è astuto può sfuggire alla morte: Venanzio prende ad esem-
Quid quod morte magis virtus generatur in illis pio la morte dello scaltro Palamede, condannato per alto tradimento a seguito ddle
dumque sepulcra tenent languida membra fovent? accuse calunniose sparse da Odisseo: cf. VERG. Aen. 2, 81ss.
(53) Guerriero troiano: cf. VERG. Aen. 10, 180: Pulcherrimus Astur. Nulla si di-
I
ce nell'Eneide sulla sua morte. ·
(54) Valuere è correzione di F. Leo per voluere dei inanoscritti.
' I
: I il I',, 12. Ov. met. 13, 281: Graiu1n murus Achilles. - 17. VERG. Aen. 10, 180: sequitur (55) Evidente errore, sia esso deil poeta sia esso dei copisti. Secondo M.A. Lu-
pulcherrimus Astur. -26. CLAUD. 17, 87: quidquid I docta Cleantheae sonuerunt chi, Venanzio avrebbe potuto scrivere Lysis, nome di un filosofo pitagorico che fu
atria turbae. - 41. ORIENT. comm. 2, 147: violas casias melt"lota crocumque I can· precettore di Epamit1onda, menzionato due volte da CICERONE, de orat. 3, 139 e off
didapuniceis Lilia iunge rosis. - 44. Ov. epist. 21, 156: languida membra cadunt. I, 155.
.r (56) Nuda tapho è correzione di C. von Barth (Adversariorum commentariorum
(50) Sullo scudo di Aiace si ritnanda a SERV. ecl. 3, 105. ·. ~ llbn" LX, Frankfurt atn Main 1624, 233) per nuda tabo o nudata della tradizione 1na-
(51) Verositnilmente Attalo I re di Pergamo, del quale POLIBIO 18, 41, 3 noscritta.
afferma che non aveva altre credenziali che la sua ricchezza al rno1nento in cui ' (57) Era convit1zione comune a quell'epoca che i corpi dei giusti sprigionasse-
succedette al cugino Eumene nel 241 a.C. -Refluis è correzione di G. Fabriciu.s ro un odore soave: cf. ad esempio GREG. TUR. glor. con/ 40.
,f ,i (Collectio poiifarum veterum ecclesiastù:orum, Basilea 1564) per resolvis o solvts (58) La virtù tautnaturgica dei corpi dei santi: essi guariscono i malati (v. 44),
dei manoscritti. rimettono sulla retta strada i traviati (v. 45), resuscitano i morti (v. 46).
I
1.1'
i 1:,
I , h
i-i - : j':,·
. ,. I
CARMINA, L. VII, XII CARMI, L, VII, 12
402
45
Multorum dubiam solidant pia funera vitam pi~ '."~rte rinsalda la vit~ sregolata di molti e dai loro sepolcri gli uo-
et redit ex tumulo vivificatus homo. m1~1 rtt~rnan? risollevati. Un'urna venerabile racchiude i preziosi te-
Nobilis urna tegit pretiosa talenta Tonantis sori dell Onmpotente e sotto terra riposa un essere che vola sopra le
ac terris recubat quod super astra volat. stelle. Chi per amore di Dio ha vissuto comportandosi santamente di-
Qui sub an1ore Dèi sacro moderamine vivens venta uno straniero sulla terra, un cittadino del cielo quando vi pervie-
'° fit peregrinus humi, civis eundo poli. ne. Infine, dopo quelli che brillano quali fondamenta (59) e dopo Pie-
Denique post illos qui fondamenta coruscant tro e Paolo, prime luci nella fede, quale è il numero dei santi che riful-
postque Petri ac Pauli lumina prima fide gono sparsi nel inondo, quanta grazia, riversata da queste colonne è
quis numerus radiat sanctoru1n sparsus in orbe, all'opera! Attraverso luoghi, attraverso popoli, le loro stelle regolan~ il
quanta columnarum gratia fusa viget! mondo, tutto quanto abbracciano le acque dell'Oceano. Il Settentrio-
,, Per loca per populos munda sua sidera praesunt, ne, il Mezzogiorno, l'Oriente e l'Occidente onorano le luci illuminate
quidquid ab Oceanis circulus ambit aquis. dalle loro virtù. Per il resto, è nulla tutto ciò che appare su questo
Arctos 1neridies oriens occasus honorat mondo, infatti quaggiù siamo soltanto superbia, fumo e ombra.
lumina muneribus clarificata suis. Perché dunque la vita che ti è stata donata si trascina nel timo-
De reliquo nihil est quodcumque videtur in orbe, re (60) come un mormorio e non rispondi, o Giovino, a Fortunato
60
nam tnmor hic totus fumus et umbra sumus. nemmer,io in. poche righe? Vedi il tempo che passa e non rompi il tuo
Cur igitur metuens trahitur data vita susurro lungo silenzio e, per non sollevarmi, tu taci lasciandomi cosi nello
nec Fortunato pauca, Iovine, refers? sconforto. Non pensavo così, ricolmo di gioia, quando la Germania
Tempora lapsa vides neque longa silentia rumpis, aveva fatto incontrare i nostri sguardi) che la nostra amicizia sarebbe
i
1ne quoque ne recrees ad mea damna taces. ' piombata nel silenzio. Avevo piuttosto creduto che, con il trascorrere
6 Non ita rebar oVans, postquam Germania nostros
5
del tempo, l'intensità del tuo affetto si sarebbe raddoppiata. Invece
contulerat visus, ut resileret amor. ahimè, i desideri, come ora vedo, prendono la strada opposta: il tem'.
Credideram potius quantum se tendere! aetas po si allunga, ma laffetto si abbrevia. Forse che io mi sto allontanando
ut vestri affectus se duplicare! opus. dal tuo cuore tanto quanto sono lontano dal tuo occhio e siamo en-
Heu magis, ut video, yota in contraria currunt: trambi tanto distanti nell'anin1o quanto lo siamo nello spazio? Non ti
10 tempora longantur, sed breviatur amor. rendo la pariglia, perché sono legato a te nel cuore: un' anin1a ffie ser-
An quantum ex oculo, tantum tibi corde recedo ba dolci affetti si esprime in altro modo. Infatti chi con una fedeltà af-
et tam longe animo quam sumus ambo loco? fettuosa ha conquistato il cuore di un amico arde ancor più di affetto
Non ego sic refero, quoniam tibi pectore nector; quanto meno scorge l'altro con gli occhi e, sebbene lo tengano lonta-
praedicat hoc aliter mens uhi dulce fovet. no un muro, la distanza o la corte, con il suo cuore egli è la dov'è la
75 N am cui cara fides animum sociavit amici
persona cui è affezionato.
quod minus est oculis flagrat amore magis Scorge con laffetto colui che non vede nel volto e la sua voce rie-
et licet absentem paries locus aula retentet cheggia da una regione lontana. Che fai? Dove ti trovi? Sembra che ri-
.i I corde suo illic est est uhi forma placens, sponda a chi tace: parla tra sé l'amicizia, chiusa nel cuore. Se soffia un
Prospicit affectu quem vultu non videt ipso ve?to leg~ero: _crede ~he gli arrivi un saluto da laggiù: il sussurro porta
oo et vox longinqua de regione sonat. ali orecch10 c10 che 1uomo ha nel cuore. Dunque, venerabile amico,
Quid gerit aut uhi sit, tacito dare verba videtur; per questo motivo io, tuo devoto, ricerco colui che la distanza non lo
intra se loquitur pectore clausus amor. spirito, rende lontano. Tu sei sempre oggetto di ricordo (61) s~lla mia
Si volat aura levis, putat inde venire salutes;
hoc fragor aure refert quod homo mente gerit.
ii s5 Hinc tuus ergo cliens ego, care colende, requiro,
absentem faciunt quem loca, non animus,
qui semper nostro memoralis haberis in ore: ::
. I.
48. ARATOR act, 1, 825: super astra volat. - 52. INSCR. christ. Diehl 1765, 1: hic (59) I patriarchi e i profeti dell1Antico Testamento.
Petrus et Paulus, mundi <duo> lumina praesunt; VEN. FORT. carm. 3.' 7,' 3. -. 60. (60) Metuens è correzione di C. Brower per metu della tradizione manoscritta.
I-IOR. carm. 4, 7, 16: pulvis et umbra sumus. - 63. Ov. ars 2, 505: taciturna stlen- . (61) Memoralis è correzione di F. Leo per memoraris della tradizione 1nano-
scrttta.
tia vitet.
'' li,,
i I
CARMINA, L. VII, XII-XIII CARMI, L. VII, 12-13
scribimus et haec duro, non sine te loquimur. bocca: anche mentre scrivo queste parole, non sto parlando senza di
Affectu studio, voto tua brachia cingo te. Con affetto, con slancio, con desiderio cingo le tue braccia e in un
atqt;e per amplexum pectora, colla ligo. abbraccio, lego a me il tuo cuore e il tuo collo. Tu cammini co~ me e
90
lngrederis mecum pariterque move;1s an1at?r a me affezionato, ti muovi con me: come per dirti parole delicate, ti
et quasi blanda loquens oscub libo labns. bacio sulle labbra. Ti ho davanti agli occhi, ma la tua diletta immagine
Ante oculos habeo, sed cara refug1t imago; scompare e qu1 non riesco a trattenere colui che pure possiedo. Con
hic quoque quem habeo non retinere queo. movimento alterno ora svanisci e ora riappari: appena t'involi dai miei
,, Alternis vicibus modo vadis et inde recurris: occhi che, ecco, già novamente ti profili. Quando mostri la schiena, il
vix fugis ex oculis, ecce figura r7dis . tuo volto benevolo si presta al 1nio sguardo; se totni indietro sui tuoi
et cum terga dabis, facies mihi cern1tur 1nsons: passi, mi pre~ent.i la fronte. Spesso poi mi sembra che tu mi invii paro-
si pede conversus, fronte_reg:essus ades. le affettuose In risposta: tu costl magari taci, qui invece mi stai parlan-
Saepe etiam videor dare te pia dieta relatu: do. Poco conta il fatto che non puoi essere posseduto perché sei lonta-
'"" illic forte taces, hic mihi verba refers. no; infatti, cosi come tu sei costi sei anche qui, tutto mio. Il modo in
Hoc de te minus est, quia prendi non potes absens; cui noi due abbiamo vissuto insieme per poche ore non svanirà dai
nam velut illic es totus et hic meus es. miei occhi, finché durerà questa vita. Oh, quante volte ti mandammo
Qualiter ambo simul paucis habitav!mus horis epigrammi su deferenti fogli e ora la tua pagina tace, per non voler
non fugit ex oculis, dum manet !sta dies. . rinfranc~rmi .. Mi chiedo, cbi ci restituirà le ore che abbiamo perso re-
,,, Misimus o quotiens timidis epigrammata chartls stando st!enz10s1? La luce leggera e fugace non richiama indietro il
et tua, ne recreer, pagina muta silet. - tempo. Dinuni, uomo mio che ben conosco, che fai? An1ico 1nio, in
Quis, rogo, reddat eas taciti quas perdimus horas? eh~ cosa.sei occup~to? s~ sei impegnato nelle tue terre, perché ti sot-
tempora non revocat lux levis atque fugax. . mu at m1e1 r1ch1am1? Scr1v1, quando avrai l'animo rilassato mandami
Dic homo uote meus: quid agis? quid, amice, recums? poe~ie dai versi sublllni e, come un terreno della tua camp~gna, colti-
si tua rura colis, cur mea vota neges? vami con la voce e col canto. Ti prego, fa' passare per il mio petto
no
Scribe vacans animo, refer alta poemata versu l'aratro della tua bocca, perché il solco della tua lingua sia la mia semi-
et quasi ruris agrum me cole voc~, melo. na, cosicché la messe del petto si animi di spighe ricolme e il mio (62)
Per thoraca meu1n ducas, precor, or1s aratrum, fertile campo pulluli di grano. Infatti se tu mi rivolgi la parola, mio
ut linguae sulcus sint sata nostra tuus, buon aimco, con le tue labbra di feconda pietà vinci la dolcezza del
115
pectoris unde seges gravidis animetur aristis ~ele dei favi.; essa 1~ è più gustosa del liquido succoso che produce
pullulet et nostrum forra novrue forax .. 1olivo e ml ristora p1u soavemente dei profumi aromatici.. Assieme a
N am mihi si loqueris, bone v1r, ptetatls op1mae tuo padre Aspasia e a tuo fratello Leone, a me egurumente cari stam-
exsuperas labiis dulcia mella favis . mi bene, dolce amico, per lunghe giornate. '
I, plusque liquore placet quem fert oleagma suco
t20 suavius et recreat quam quod aroma reflat.
Cum Aspasia pariter caris patre, fratre Leone 13. A FELICE, SUO COMPAGNO (63)
longa stante die, dulcis amice, vale.
A pena riesco a toccare con la mia umile mano la porta di chi è I
degno delle rute vette del!' orgoglio pierio. Ma poiché in patria una
XIII. AD FELICEM SOCIUM stessa aula scolastica ci vide compagni, ponendo fiducia nel!' amicizia
batto, o 1nagnanimo, alle tue porte.
Ardua Pierio cui constant culmina fastu;
vix humili vrueo tangere claustra manu.
. (63) È.il compagno .di stud~ degli anni ravennati, molto probabilinente origina-
Sed quoniam patriae fuit aula sodruibus una, no anch egh della Venetta, che m seguito divenne vescovo di Treviso: cf. Mart. 4
adfectu fidens pulso, benigne, fores. ~6?. Ali~ calata dei Longob~rdi in Italia nel 568 intavolò delle trattative con il re Al~
oino, nuscendo così ad ~vitate che la sua città fosse saccheggiata: cf. PAUL. DIAC.
La~g. 2, 12-13. Sembra piuttosto strano che Venanzio abbia indirizzato al vecchio
118. ORIENT. comm. 1, 150: destillant crispls dulc;ia mellafavis; SEOUL. carm. anu~ ~_?hanto quattro versi: si tratta probabilmente di quanto rimane di un carme
iI pasch. 2, 268: eloquia superantque favos atque omnia metla. . .P!U esteso, oppure di
assai . un b reve b'igI'tetto tn
· versi· ehe accompagnava una missiva
_~ pr~sa, andat~ success.1va11?en~e perduta. L'aggettivo piert'o si ricollega al monte
(62) Nostrum è correzione di F. Leo per nostro della tradizione 1nanoscritta; ~- ero tn Tessagha, ove gh antichi ponevano una delle dimore delle Muse.
CARMI, L. VII, 14
CARMINA, L. VII, XIV
+06
14. Su MUMMOLENO (64)
XN. DE MUMMOLENO
Mentre procedevo stanco sul mio cammino, quasi nel\' ombra del-
Dum mihi fessus iter gradior prope noctis in umbra, la notte, al tramonto del sole, quando il giorno già si dilegua; guardan-
solis in occasu ia1n fug1ente d1e, . . do i pascoli che verdeggiano d'erba sulle rive del fiume, ho nutrito pu-
cum super undarum viridantes. gram1~e ripas re me stesso. I miei occhi erano attratti e io ero trascinato in quel luo-
pascua conspexi, pastus et ipse fui. go per volontà del mio desiderio e, abbandonata la mia strada, mi so-
' Huc oculis captus voto <lucente. trahebar no diretto verso luoghi più accoglienti. Infatti Mummoleno, che con le
deflectensque viam prosperiora. peto._ sue nobili iniziative rende sempre più sontuosi gli alti palazzi del so-
Mummolenus enim, qui celsa palatia reg1s vrano, che per i suoi meriti è il più illustre tra i suoi concittadini e che
altis consiliis crescer~ r1te _fac1t) una gloria singolare eleva sopra i magnati, potente per la sua nobiltà,
inter concives merito qui clarior. exta~ 1 buono d'animo, sereno nel volto, pronto .nell'ingegno e uomo di ac-
quemque super proceres unica p ma evat, corta lealtà, la cui famiglia fin dalle origini brilla di luce splendente
io nobilitate potens, animo b?nus, ore serenus, - tuttavia egli con la sua vita supera le glorie degli antenati-, egli dun-
ingenio sollers et pr.ob1tate sagax, que giunse qui saziato da laute pietanze: soltanto l'averlo visto fu per
cui genus a proavis rad1ant~ l~ce coruscat me un nutrimento. Grandi vassoi furono caricati di vivande generose,
- moribus ipse tamen vic1t honore .patres - i piatti erano straripanti come fossero colline rigonfie: da ogni parte la
15
huc ergo adveniens epulis expletus op1m1s: mole delle montagne, al centro vi era i.ma sorta di valle dove il pesce
quem vidisse mihi constitit esse c1bum. . . percorreva, con più facile via, il suo cammino (65). Quello nuotava
Fercula magna quidem dapibus cumulata bemgms nell'olio invece che nel!' acqua, al posto del fondale marino e' era il
ac si colle tumens discus onustu~ erat; piatto, per lui la tavola prese il posto del vortice. Tuttavia, prima di
. ontis opus medium quasi valhs habebat, tutto, mi furono dati frutti delicati che tra il popolo prendono il nome
un d1que m ' b .
uo meliore via piscis age at iter. . . di persici (66). Egli si stancò di offrire, ma io non mi stancai di man-
'" Ille ~atans, oleum pro un.dis, pro cae~p1te d1scum giare; da uha parte mi costringeva a parole, dall'altra mi ammanniva
incoluit, cui pro gurg1te me~s~ ft~t; portate. Ben presto, come una partoriente, mi ritrovai con il ventre ri-
Attamen ante aliud data su~t rmhi m1trn poma gonfio e stupii che il mio stomaco si fosse tanto inturgidito. All'inter-
persica quae vulgi nomme dieta sonant. no era un fremere di tuoni e di vari rumori; erano l'Euro e l'Austro
L it dando - sed non ego lassor edendo -, che sconvolgevano le mie viscere. La sabbia durante le tempeste eoli-
" as~~cibus hinc cogens, hinc tribuendo dapes: che non è altrettanto scompigliata, l'imbarcazione che vaga sospinta i
Mox quasi parturiens '.ubito me ventre tetendi dal mare non trema così, non altrettanto si rigonfiano con un turbine
admirans uterum sic tumu1sse meum. d'aria i mantici che il fabbro accalorato pone a servizio dei martelli (67).
Intus enim tonitrus vario rumore fremebat: Un tuono si avvicendava a un altro: era tutto un eruttare di mormorii
Jo viscera conturbans Eurus et Auster ~rat. e, senza che io vi partecipassi, vi fu dentro di me un'epica battaglia.
Non sic Aeoliis turbatur harena procell1s . Governatore (68), possa tu godere di lunga salute assieme alla tua no-
nec vaga per pelagus puppi~ adacta trem1t bile consorte ed esser chiamato nonno, grazie alla discendenza dei
nec sic inflantur ventorum turbme folles tuoi figli. Potente e onorato per i tuoi meriti, possa tu vedere tempi fe- ' (
malleolis famulos quos faber ustus habet. lici e godere di piacevoli svaghi.
" Alter in alterius ructabat mole susurros .
,,
: '
;
et sine me mecum pugna superba fu1t. I
(64) Originario di una famiglia della nobiltà gallo-romana di Soissons, Mum-
'
' Sit tibi longa salus celsa cum ~onmge, rector, moleno (PLRE III, 898 n. 2) era uno dei consiglieri di Sigiberto. Il suo nome com-
I' et de natorum prole vocerts avus. pare in GREG. TUR. Frane. 6, 45 e 10, 2, ove si leggono anche i nomi dei figli, ricor-
Laudis honore potens felicia tem~ora cernas dati da Venanzio al v. 38: Bodegisilo e Bobone. Il prhno di questi in ogni caso non è
'
iI
410 CARMINA, L, VII, XVI CARMI, L. VII, 16 'f"I
max voluit meritos amplificare gradus. mente egregia meritava di più, volle subito elevare il tuo rango i
11
Instituit cupiens ut deinde domesticus esses: conformemente ai tuoi meriti. Volentieri egli dispose che tu da quel
momento divenissi suo do1nestico: immediatrunente tu salisti e con te
Il
crevisti subito, crevit et aula simul.
,, Florebant pariter veneranda palatia tecum, salì la corte. Con te prosperavano i venerandi palazzi, la reggia ap-
plaudebat vigili dispositore domus. plaudiva all'attento amministratore. Pure finché durò la breve infan-
Theudebaldi etiam cum parva infantia vixit zia di Teodebaldo (76) tu avevi grande sollecitudine nell'assisterlo.
huius in auxilium rnaxiina cura fuit. Tutelavi con nobile agire i pubblici diritti e così facevi che il giovane
Actibus eximiis sic publica iura fovebas sovrano avesse l'aria di un vecchio (77). Chi governava eri tu, stando-
ut iuvenem regem redderes esse senem. gli accanto come fossi il suo tutore, e le opere a te affidate erano con-
Ipse gubernabas veluti si tutor adesses dotte a buon fine. Tenesti ancora il primato alla magnifica corte di
commissumque tibi proficiebat opus. Clotario (78), che ti invitò a governare i palazzi con simile dedizione.
Chlotharii rursus magna dominatus in aula I re sono cambiati, ma tu non hai cambiato la tua carica e sei stato il
quique domum simili iussit amore regi. degno successore di te stesso. Tanto era l'amore da parte del popolo,
35 Mutati reges, vos non mutastis honores
tanta la tua abilità nel!' amministrazione, che nessuno ti avrebbe sot-
successorque tuus tu tibi dignus eras. tratto di proposito l'incarico. Ancora adesso, grazie alla stima del mite
Tantus amor populi, sollertia tanta regendi, re Sigiberto, sono stati concessi ai tuoi servizi favori liberi da ogni ob-
ut hoc nemo volens subripuisset onus. bligo (79). Egli ha disposto che tu sieda fra i potenti più nobili, ren-
Nunc etiam placidi Sigibercthi regis amore dendoti suo commensale, con ulteriore salita di rango. Questo sovra-
40 sunt data servitiis libera dona tuis. no, migliore degli altri, ti ha giustamente procurato onori maggiori e
Iussit et egregios inter residere potentes, la tua condizione testimonia ciò che egli considera di più. Così la tua
convivam reddens proficiente gradu. condotta fu tale da meritare dignità sempre più alte e, quanto più tra-
Rex potior reliquis merito meliora paravit scorre la tua vita, tanto più cresce il tno rango. Quale sia stato il tuo
et quod maius habet hoc tua causa docet. valore, lo canta la triste Sassonia: per un vecchio fiero è un merito il
45 Sic tuus orda fuit semper maiora mereri
non aver temuto le armi per il bene della patria e per il grande amore
vitaque quam senior tam tibi crevit honor. verso il sovrano; laggiù giacciono le care salme di due tuoi figli. Non
Quae fuerit virtus, tristis Saxonia cantat: devi addolorarti profondamente perché ambedue sono caduti da pro-
laus est arma truci non timuisse seni di, ché morire per la gloria è vivere per sempre. Il tuo volto impronta-
pro patriae votis et magno regis amore to a serenità promana d'allegrezza e riflette senza nubi la gioia fidu-
50 quo duo natorum funera cara iacent. ciosa del tuo animo. Generoso con tutti, elargisci molti beni in carità
Nec graviter doleas cecidisse viriliter ambos: e leghi a te gli uomini tramite i tuoi donativi. Possa tu godere di dure-
nam pro laude mori vivere semper erit. vole salute, vivendo felice anni tranquilli, e una prole feconda possa
Laetitiam vultus hilari diffundit ab ore far rivivere il proprio padre.
I
'
'
I
et sine nube animi gaudia fida gerit.
,, Munificus cunctis largiris multa benignus
et facis adstrictos per tua dona viros.
Sit tibi longa salus placidis felicius annis
(76) Quando Teodeberto morì nel 547, Teodebaldo, natogli da Deuteria nel
'i'1 1
, I·! atque suum reparet proles opima pattern. 533 (cf. GREG. TuR. Frane. 3, 27: Tunc commotus [Theudoberthus], relicta Deuteria,
: I·,, de qua parvolum filium habebat Theodobaldum nomen, Wt'sigardem duxt't uxorem),
I I era ancora un bambino: cf. GREG. TUR. Frane. 4, 6.
(77) Cf, la nota 73.
(78) Alla morte di Teodebaldo, avvenuta nel 555, il prozio Clotario I ne ere-
ditò la parte di regno, d. GREG. TuR. Frane. 4, 9: Qut' (Theodovaldus) paulatim deci-
,, dens, septimo regni sui anno mortuus est, regnumque eius Chlothacharius rex accepit,
, . 'I copulans Vuldotradam, uxorem eius, stratui suo.
(79) Gioco di parole tra servi#is e libera: elevandolo al rango di conviva regis,
i I,':,:
Sigiberto esonera Condane da ogni obbligo di servizio. La dignità di commensale
'' del re è menzionata sia nella Lex Salica che nella Lex Gundobalda dei Burgund~ en-
trambe del secolo VI: LEX SAL. Merov. 41, 8 (ed, K.A Eckhardt, MGH LNG IV 1,
l .''
Hannover 1962): LEX Burg, lib, const, 38, 2 (ed. LR van Salis, MGH LNG II 1,
I 11 Hannovet 1892 [rist. anast. ivi 1973]).
I
_i.-
:1: 1 I
I I
Si prodi verbis affectus posset amantis, Se l'affetto di un amico si potesse esprimere a parole, la mia pagi- '
i
l
carmina plura tibi pagina nostra daret. na ti dedicherebbe molte poesie. Ma poiché non riesco a esprimere
Sed quod ab ore loqui nequeo quod pectore gesto, con la bocca ciò che porto nel cuore, basterà che, tra molti versi, io
sit satis ex multis ve! modo pauca dari. ora te ne mandi pochi (81). Ma se valuti le intenzioni di chi ti celebra
5 Nam si respicias votum per verba canentis, attraverso il nu1nero delle parole, io, che ti invio poche cose, avrei pre- ! i
malueram rnaius qui tibi parva fero. ferito inviartene di più. Vedo il tuo affetto tutto pervaso di dolcezza, "
Aspicirnus sensurn totum in dulcedine fusurn dove il tuo cuore sereno risple11de, senza ombra di inganno. Dalla tua
quo sine nube doli corda serena micant. bocca si riversa, come da una fonte pura, nettare stillante e io volentie-
Puro fonte rigans nectar de fauce redundat ri bevo le tue parole con tutto il cuore. Previdente, sincero, attento,
rn cuius verba libens pectore corde bibo giudizioso, onesto, la tua mente ha sempre il sale dell'aninrn. Ammini- I
··'
Providus, exertus, vigilans, moderatus, honestus, stri i cospicui patrimoni di una nobile regina: ella ti ha affidato tutto e
condimenturn animae mens tua semper habet. ha la prova della tua lealtà. Nessuno poteva riuscire più caro alla pia
Reginae egregiae patrimonia celsa gubernas: sovrana di chi per i suoi meriti sarebbe stato sin1ile a lei. Gonduario,
quae tibi conmisit sensi! ubique fidem. possa tu vivere, sempre ben voluto, una lunga vita, per poi dimorare
15 Nemo piae poterat reginae carior esse stabilmente, assieme alla tna sposa, nella luce perpetua.
quam qui pro meritis talis et ipse foret.
Gunduari, longo vigeas placiturus in aevo,
coniuge cum propria luce perenne manens. 18. A FLAVO (82)
Tutte le volte che una mia lettera si avvia verso il caro Flavo, la i'.I.i
XVIII. AD FLAVUM scrupolosa attenzione per i .miei doveri mi avverte di esprimermi cosi. ·1
',i '
Ora con andamento prosaico, ora scrivendo poesie, l'amicizia, con de-
Ad carum totiens mea pergit epistola Flavum: r licati discorsi, onora il suo debito. Nessun viaggiatore che intende
sic monet officii sedula cura loqui. rl mettersi in cammino passa a mia insaputa per di qua, senza che io gli
Nunc quoque prosaico, modo mittens car1nina versu affidi qualche parola da recare a te, perché il foglio che rinsalda l'ami-
blandior affatu debita solvit amor. f cizia possa andare spesso a cercarti: se la persona manca, come posti-
l
, Quin tibi pauca ferat qui vult iter ire viator -l glione mi va bene il vento. Io contemplo le nubi che passano con ani-
nemo mihi tacite praetereundus abit, mo assorto e non ricevo alcun segno inviatomi dalla tua mano. Forse
fotus amicitiae te ut pagina saepe requirat che presso di te la carta, quasi fosse merce esotica, è rifornita di rado?
et si vir desit, portitor aura placet. L'amicizia non può estorcere anche ciò che le circostanze non consen-
I
Attonitis animis ego per vaga nubila pendo tono? Per poter scrivere, distacca da un faggio una striscia di cortec-
10 nullaque suscipio signa relata manu. cia: mi sarà caro leggere le tue parole sul legno. Oppure la tua lingua
An tibi charta parum peregrina merce rotatur? • ;<--
ha in uggia il mormorio della lingua di Romolo? Ti prego, mandami
,I non amor extorquet quod neque tempus habet? qualche parola, magari in lettere ebraiche. Tu, che conosci la scrittura
Scribere quo possis, discingat fascia fagum: achemenide, sc.rivimi ciò che vuoi, o piuttosto componi versi melodio-
cortice dieta legi fit mihi dulce tui. si in stile argolico. Verga barbare rune (83) su tavolette di frassino: un
' " An tua romuleum fastidi! lingua susurrum?
" Quaeso ve! hebraicis reddito verba notis.
rI' i' Doctus Acherneniis quae vis perscribito signis,
aut magis Argolico pange canora sopho.
.
(81) Venanzio anche qui adopera il topos dell' «inesprimibile».
.(82) Secondo MEYER, Der Gelegenheitsdichter, 90, questo Flavo fu il referenda-
nus di Gontrano che nel 580 sarebbe divenuto vescovo di Chalon (PLRE III, 487, ove
Barbara fraxineis pingatur rhuna tabellis per errore è detto Flavius): cf. GH.EG. TUR. Frane. 5, 45 e 10, 28. Tuttavia, né questo
carme né il seguente, indirizzato a Flavo e a suo fratello Evodio, fanno alcun cenno al
rivestimento di cariche pubbliche. Secondo KOEBNER, Venantius Fortunatus 67 i due
18, 4. Ov.Jast. 5, 596: debita solvt't honos. fratelli dimoravano nella Gallia del sud, dal momento che il poeta attribuis~e a' Flavo
una grande cultura (vv. 15ss.); ma in realtà si tratta soltanto di una galanteria.
(80) Gonduario (PLRE III, 567) dovette essere l'am1ninistratore dei beni - -- (83) Le rune sono una scrittura alfabetica scandinava, testimoniata anche nel-
(1 di una regina, forse di Brunichilde: cf. vv. 13-14. l'Europa centrale.
·'l
:1'
I
1I
',,
CARMINA, L. VII, XVIII-XX CARMI, L. VII, 18-20
'° quodque papyrus agit virgula plana valet. bastoncino piatto tiene le veci del papiro. Oppure ritorni a me una pa-
Pagina vel redeat perscripta dolatile charta: gina scritta su carta lisciata: ciò che vi ·potrò leggere sarà frutto della
quod relegi poterit fructus amantis erit. nostra amicizia.
I'
;i
Qua1n bene conveniunt genitor quos sustulit unus, Come stanno bene assieme coloro che un unico genitore ha alle-
si simul hos unun1 pectus utrosque tenet! vato, se un unico cuore unisce assieme tutti e due! Ed è proprio con 11,
"
I
Visceribus hisdem genitos Flavum Evodiumque un unico affetto che il mio intimo abbraccia Flavo ed Evodio, generati ,1
prorsus amore uno viscera nostra tegunt. dalle medesime viscere. Nel volto dell'uno io vedo il volto dell'altro e '
, Alter in alterius mihi visu visus habetur l'aspetto di un fratello riproduce l'immagine del!' altro. Dal viso del
et fratris speciem fratris imago dedit. primo riconosco il viso del secondo: allo stesso modo l'immagine che
Unius ex facie facies mihi nota secundi: s'imprime in uno specchio riproduce il suo modello. Pertanto, con pa-
sic speculo similem forma repressa refert. ri auspicio, auguro a entrambi buona salute: dopo di loro io sarò il ter- I
I
Ergo pari voto paribus dans vota salutis zo. Questo io desidero, che anche una lettera unisca noi tre che siamo .I I
10 ambos inter ego tertius alter ero, legati in cari abbracci da un unico affetto. :1:
hoc cupiens ut quos caris amplexibus idem
tres amor unus habet, nos quoque charta liget. I
,, I
20. A S!GIMONDO (84) I
XX. AD S!GIMUNDUM Fortunato saluta il carissimo Sigimondo degno di ogni lode I.
!I, ,I'
'
Carissimo et omni gratia praedicando Sigimundo Fortunatus sa- Io rimango fedele nell'affetto per te e con desiderio impellente i1'r
I)
lutem spesso domando alla gente quale sia, caro amico, il tuo stato di salute. ·1:
Qualunque viaggiatore giunga provenendo dalle regioni settentrionali,
Fixus amore tuo votis inhiantibus adstans io lo trattengo tempestandolo di domande, sebbene egli vada di fretta.
::i
quae tibi, care, salus, saepe requiro viros. Che lo abbiano mosso affari privati o affari di stato, nessuno si allonta-
Quisque viator adest properans aquilonis ab axe, nerà da qui per la sua strada senza che io lo interroghi. Come stai nel I
" ,,. I:
I
I
quamvis festinum sollicitando moror. corpo? Quali regioni, carissimo, ti trattengono? Il mio affetto richiede I
Seu privata virum seu publica cura citabit, ogni notizia) secondo un preciso ordine. Se uno straniero feroce in ar- I ::1
·il
bine, nisi percuncter, nullus abibit iter. mi calpesti le terre d'Italia o quali terre occupino i Franchi (85), suv- .i!'
Quam vegetus membris? Quae te loca, care, cohercent? via, stendi sulla pagina. Ti prego, raccontami che cosa fai; io, per quel
Ordine disposito cuncta requirit amor. che posso, mi auguro che tu viva a lungo, tu che sei metà della mia
Si gravis arma tenens italas terit hospes harenas anima. ,,, !i I
w aut quae francus habet pagina pandat age. 11;
'
!:
Quid geris, oro, refer; tamen ut queo longius opto
vivas pars animae dimidiata meae.
(84) Destinatario di questo carme e del seguente, Sigimondo (PLRE III, 1149)
è 1nenzionato anche in carm. 7, 10, 5 e in carm. app. 4. Egli, come l' Alagisilo cui è as-
•I
I 'I'I' I
''!
sociato in carm. 7, 21, fu probabilmente un ufficiale al servizio di Sigibeito I. li'
(85) Lo straniero che occupa l'Italia è naturalmente il popolo longobardo, che :i·
invase la penisola dalle Alpi orientali nel 568. Venanzio allude poi a un intervento
franco in Italia: si tratterà della campagna difensiva organizzata da Gontrano nel 11''
573-574, allorché i Longobardi, dopo aver conquistato tutta la pianura padana, pre-
mevano sulle Alpi occidentali. Gontrano riuscl a contenere i loro assalti grazie
19, 9. .ARATDR act. 1, 242: ergo pari voto; VEN. FORT. carm. 2, 8, 41. all'abilità del suo generale Mummolo. Tuttavia, Sigimondo e Alagisilo non erano I
'
20, 3. INSCR. christ. Diehl 1767, 9: quisqut's lectoradest. -9. Ov. Pont. 3, 1, certo le persone meglio informate, poiché, se anche risiedevano nel meridione della ,: ~ ;
8: quam terit hostù equo. - 12. HoR. carm. 2, 17, 5: te meae ... partem animae; 1, Gallia, certamente erano funzionari di Sigiberto, i cui territori si estendevano verso ,, I
3, 8: animae dt'midium meae; VEN. FoRT. carm. 6, 10, 48. occidente. "
-ì
CARMINA, L. VII, XXI-XXIII CARMI, L. VII, 21-23 417
Nomina amicorum mihi dulcis epistula pandit: Una gradita lettera mi porge i nomi di due amici: da una parte tu,
hinc Sigimunde nitens, hinc Alagisle decens. 0 splendido Sigimondo, dall'altra tu, nobile Alagisilo. Una fortunata
Prosperitas felix ventorum flamina fudit prosperità ha liberato il soffio dei venti, dacché la brezza mi dà notizie
quru1do mihi caros nuntiat aura viros .. di persone care. Lo giuro su entrambe le vostre teste; i miei auspici
5 Testar utrumque caput, tantum mea vota 1uvantur hanno ricevuto tanta soddisfazione quanto una messe si sviluppa dopo
quantum fit florens laeta sub imbre s~ges. una pioggia abbondante. Perché io non soffra la sete sotto le cocenti :.1
Ne sitiam rapidis aestivo tempore flammis, calure della stagione estiva, tu mi hai ristorato con i flutti di una fonta-
nectarei fontis me recreastis aquis. na di nettare. Dopo la terra d'Italia tu, Reno, mi doni dei parenti:
Post italas terras mittis mihi, Rhene, parentes: all'arrivo di questi miei fratelli (86) non sarò più uno straniero. In
10 adventu fratrum non peregrinus ero. tempo di guerra sorgono nuove speranze di pace, poiché sono giunti a
Tempore belligero pacis nova gaudia surgunt, me coloro che il mio affetto desidera. Voi avete raddoppiato per me la
hi quia venerunt quos meus optat amor. solennità del giorno festivo, cosl il vostro onore possa aumentare gra-
Qui mihi festivae diei duplicastis honorem, zie al favore del sovrano.
sic vester crescat munere regis honor. I
•••••
Servitii nostri non inn1e1nor omnia praestas immemore dei miei servigi, tutto mi proemi e volentieri formuli be-
et tibi devotis das pia vota libens. n~augura~ti auspici a chi ti è devoto. Tu che sei così disponibile a elar-
, Ut bona distribuas modo qui tam promptus haberis, gire 1 tuoi benef1c1, le tue sostanze possano accrescersi secondo l'au-
unde magis praestes amplificentur opes. mentare della tua generosità.
a a
Qui legis in pulchro circumdata verba metallo, Tu, che leggi queste parole scritte sul bordo del bel metallo- se ti
si venias purus, hoc imitaris opus. accosti con animo puro) assomiglierai a quest'oggetto. Infatti ~ome
Nam velut argentum calida fornace probatur, l'argento si saggia in una calda fornace, cosl l'uomo si svela co~ la pu-
sic se purgato pectore prodit homo. rificazione del proprio cuore.
b b
Qui venis ad caros conviva fidelis amicos Tu, che giungi come convitato fedele presso cari amici ricevi in
quod minus est epulis plus in amore capis. affetto quel che manca a questo banch~tto. Queste cose non le ha por-
Non haec per pelagus peregrinus detulit hospes: tate attraverso il mare un ospite forestiero: prendi con gioia ciò che le
-..,,;;
sume libens patrii quod genuere lares. - ,-r· patrie campagne hanno prodotto.
-
, F
e e
r.
~c~e se sei assillato dal pensiero di esprimerti in maniera ricer-
-- -- tf
~
!
Quamvis doctiloquax te seria cura fatiget,
hac -veniens festos misce poeta iocos. cata, v1en1 qua, poeta, e offnci qualche motto scherzoso. Tuttavia in
Sic tamen) ut propriam rationem servet honestus, .t ~odo tale che l'uomo onesto conservi la giusta dignità; infatti parole
nam solet incautus sermo movere manus. r mcaute spesso fanno alzar le mani.
-. ~
i d '
1 d
Vita brevis hominum, fugiunt praesentia rerum: _f' . Breve è la vita degli uomini, le cose presenti fuggono: tu bada
tu cole quae potius non moritura manent. : 1-
p1~ttos~o ~l~ cose ~he, non destinate a morte, permarranno. Costrui-
sci la g!Us!lzia, semma (90) la pace, ama Cristo, ricerca quelle delizie
,,,
Erige iustitiam, sere pacem, dilige Christum,
expete delicias quas sine fine geras. che potrai godere senza fine. li'
• 1
e e
Pelle palatinas post multa negotia rixas: D~po. tanti impegni, lascia da parte le liti del palazzo: la tavola ge-
vivere iucunde mensa benigna monet. nerosa lnVlta a vivere serenamente. Le contese, l'ira il frastuono i tri-
Causae irae strepitus sileant, fora iurgia leges: bunali, i. litigi, le leggi tacciano: possa tu godere il rlposo che u; gior-
11., no prop1z10 ti concede.
hic placeat requies quam dat amica dies.
I i
f f
11
Quem rogo, pacificos animos ad prandia defer: Te ne prego, porta al convivio un animo pacifico: cercati altrove r :'
'!;
hostem quaere alibi, si tibi pugna placet. un avversario, se ti aggrada la battaglia. Rinuncia ad attaccare liti in '!
Deliciis mediis lites agitare recuses: mezzo a queste delizie: il campo ti porga le armi, la tavola ti serva ver-
arma tibi campus, mensa ministret olus. dure.
1· i , . (89) Il te_rmine gavata (nella lingua classica gabata) designa una scodella w1a
~oto.la., Dal primo ~ei se.t~e epi~r~mmi par. di capire che in questo caso si tratta~se di
"' P atti d argento, su1 quali 1versi d1 Venanzio erano destinati a essere incisi0
. ' I. 24e, 3. STAT. silv. 3, 5, 87: nulla/oro rabies aut stricate in iurgia leges . (90) Sere è correzione di F. Leo per cole o ycre della tradizione manoscritta.
i
I
I I',,
:·, ,.
''i, i
i
CARMI, L. VII, 24-25 421
CARMINA) L. VII, XXIV-XXV
420
g
g
S~ pensi di essere coraggioso e di inflessibile virtù, combatterai
Si tibi magnanimus rigida virtute videris, grandi ~uerre, ~en_za pericoli, davanti ai bicchieri. A raccomandare
secure ad calices fortia bella refers. questi c1b1 a chi viene qm per assaggiare le vivande della mia tavola
--- i-'
Qui venit huc nostrae dapes cognoscere mensae, sarà sufficiente il piacere con cui essi sono stati iinbanditi.
--·
commende! positos gratia sola cibos. ~
ta dei libri I"VII fu pubblicata nel 576 (si veda l'Introduzione ai carmi pp 79ss)
Galattorio fu conte della città di Bordeaux, all'epoca parte del regno di G~ntran~·
'
1---
~™~'~· .
(92) Gondegis~lo,_ alias Dodone (PLRE III, 563 ), era conte di Saintes allorché
'
Gontrano lo preconizzo vescovo di Bordeaux nel 585: cf. GREG. TuR. Frane 8 22·
Tunc rex, da~a praecepti~ne, iussit Gundegisilum Sanctonicum comitem cogn~m~nt~
Dodonem eptscopum ordinare, gestumque est ita. 11
4 Cl. Mt. 25, 33-34. (93) Quo è correzione di M. Reydellet per qui della tradizione.
(94) Et Fjùnus è corre.zione di C. Brower per ethimus della tradizione. Himus è
25, 14. VERG. Aen. 1, 105: cumulo praeruptus aquae mons. una defo~maz1?ne del classico Imaus, nome antico della catena dell'Himalaya. Il pa" !I
(91) Venanzio celebra la nomina comitale :J-i Gala~torio (PLRE. Ill, 50~ 'I
rdag?ne dt un fiume con una montagna è un'esagerazione epica: qui è adoperata per
es1gnare la Garonna.
in carm. 10, 19: evidentemente il presente carme e posteriore. Inoltre, il Gond ei_
gisilo vescovo di Bordeaux qui nominato al v. 7_ e su~ceduto a ~er~rando ~l-
(95) Gioco di parole tra pices (pece) e apices (lettere scritte). La richiesta è na"
turaltnente una galanteria.
585> cf. la nota seguente. Questo carme pertanto e fuon posto, po1che la racc
: 1·1 I
'.I,
;;
; ,: 'I·,
'
INCIPIT LIBER OCTAVUS LIBRO OTTAVO
Aonias avido qui lambitis or~ Camena~ Voi che con labbra bramose sfiorate le Camene aonie e che sor-
Castaliusque quibus sum1tur aure hquor, bite dalle orecchie il nettare castalio; voi che i granai di Demostene
quos bene fruge sua Demosthenis horrea ditant arricchiscono abbondantemente dei loro prodotti e che. il generoso
largus et inriguis implet Homerns a9u;s, Omero ricolma di acque fecondatrici; voi ai quali due ricchi servitori
fercula sive quibus fert dives uterque m1111ster, ammanniscono le loro vivande: Tullio il cibo del suo eloquio, Marane
5
Tullius ore cibum, pocula fonte Maro; le bevande della sua fonte; e anche voi, che gustate pietanze che mai
vos quoque qui numquam .moritu:as car~itis escas, ( periranno, che Cristo nutre dei frutti del paradiso, che, pervasi dal
quos paradisiaco ger~m~ Ch~1stus aht, [ tuono dell'eloquenza, siete governati ora dai precetti di Paolo e poi
facundo tonitru penetrati qm retmentur . r-· dalla chiave di Pietro: da qui io, Fortunato, vi saluto con la voce di
.,.
nunc monitis Pauli, postea clave Pettli un'umile preghiera - l'Italia mi ha dato alla luce, ora mi ospitano le
f
10
Fortunatus ego hinc humili prece voce saluto, terre della Gallia - risiedendo a Poitiers, nella città dove un tempo
- Italiae genitum gallica rur~ te?ent -:• nacque sant'Ilario, padre conosciuto nel mondo intero. Sulle veloci
li ruote della sua oratoria egli giunse fino agli Indi e la sua mente
Pictavis residens qua sanctus Hilanus ohm
natus in urbe fuit, notus in orbe pater. I straordinaria è venerata anche nell'estrema Tule. Egli inonda del suo
I
I ., Eloquii currente rata peneu·avit ad Indos. nome tutte le terre, quasi un nuovo sole; il Persiano e il Britanno go-
ingeniumque potens uluma Thyle coht. dono esultanti i suoi doni. Per lamore di Cristo egli sciolse le nevi
Perfundens cunctas vice solis nomine terras della Scizia e, grazie alla sua fervente dottrina, si riscaldano anche i
I!·' cuius dona favens Persa, Britannus habet. cuori freddi.
. Venuto a cercare Martino, assecondai il desiderio di Radegonda,
Christicolo scythicas laxavit amore pruinas:
'° dogmate ferventi frigida corda .calent. . t generata dal sacro cielo della terra Turingia: di stirpe regale, nipote
[ dev~ta di Erminefredo (2), ha per parente Amalafredo, nato dal fratel-
Martinum cupiens voto Radegund1s adhaes1
,I quam genuit caelo t~rra tho~inga s~cro, l lo di suo padre. La sua anima, adornata di virtù, ha disprezzato gli
I
,1,
germine regali pia nepus Hermmefred1
Mens
cui de fratre patris Hamalafredus adest.
ornata bonis fugitivos sprevit honores,
r onori effimeri e ha saputo rimanere costante nell'unico amore per
Dio. Ha scambiato i mantelli regali con una veste color del latte; lari-
!'° copre un abito a lei caro, più semplice di quello di una serva. Un tem-
I
: i 25
sciens in solo firma manere Deo. [ I
I,
r
'
50 spiritus_ hic vivit, se~ caro functa. 1acet. scrive è per lei un banchetto, tutto ciò che insegnano Gregorio e Basi- I
Terram habitans cados mtrat bene hbera se;isu, lio, ciò ffie proclamano il severo Atanasio e il mite Ilario - che difen-
atque homines inter i~ s~per astra pet1t. dendo un'unica causa sono uniti da un'unica luce-, ciò che proclama-
Cuius sunt epulae qu1cqu1d pia regula pang1t, no il tuono di Ambrogio e la saetta di Girolamo, o ancora ciò che
quicquid Gregorius Basilii;sq':'e docent, spande Agostino dalla sua fonte copiosa, ciò che hanno scritto il soave
55
acer Athanasius, quod lems Bilarms edunt, Sedulio e l'acuto Orosio. La Regola di san Cesario è una traccia nata
quos causae socios lux tenet una duos, per lei (4). Ella, digiunando, si nutre di questi cibi e mai si cura della
quod tonat Ambrosius, Hieronim~s atque coruscat, carne se prima non è sazio lo spirito. Ora tacerò il resto, perché me-
sive Augustinus fonte fl~e11te ngat, glio delle mie parole le assicurano la gloria la testin10nianza dell'Onni-
Sedulius dulcis, quod Orosms edu acutus. potente e il suo giudizio. Ciascuno, secondo quanto può fare, le invii i
60
Regula Caesarii linea nata s1b1 es\. .
His alitur ieiuna cibis, palpata nec umquam
fit caro sit nisi iam spiritus ante satur. con Melania maggiore, come in GREG. TUR. Frane. 1, 40: Melania vero matrona nobi-
Cetera n.udc taceam, melius quia teste Tonante lis et incula urbis Romanae Ht'erusolimis ab devott'onem abù't, Urbano /ilio Romae re-
'' iudicioque Dei glorificanda manent. licto. Quae ita se in cuneta bonitate ac sanctt'tate ontnt'bus praebut't, ut Theela vocare-
tur ab t'neolis. Ancora, HIER. epist. 22, 41 associa esplicitamente Tecla a Eustachio.
,I., Meriterà riportare qui l'osservazione di M. REYDELLET, Venance Fortunat. Poèmes,
Il, ad loe.: «Vulnera quo curet del v. 42 ricorda una frase di san Girolamo nell' orazio-
(3) Venanzio presenta) quali modelli di Radegonda, s~ ~i~ure di nobi~:
'
"
ne funebre per Fabiola, epist. 77, 3: Dum 1nulta dt'aboH vitat vulnera, unum t'ncaitta
'
'
I
I
d
Ja
donne della tarda antichità, le quali consacrarono la lo~o vergtn1ta o ~ro V ,
Di 0 ancora decisero di vivere nella continenza, facen o . ono ai
vulnus aecept't. Girolamo parla poi di un secondo matrimonio di Fabiola dopo u11 di-
vorzio da un marito particolarmente indegno. Senza insistere, Girolamo le rimpro-
ovai:zdia.a, tto,le loro sostanze· Paola con le due figlie Et1stochio e Bles1lla, Fa- vera di avere in tal modo mancato l'ideale evangelico del matrimonio, Il vulnus che
poven u e · . Me! · , · · il ente
bi la e Marcella furono tutte an;iiche di san Girola1no; ania e verts1~ m Radegonda con l'aiuto di Fabiola può curare è della stessa natura. Separandosi da
I o! · · r Seguono due figure evangeliche, Marta sorella di Lazzallro Clotario I) anche la regina è andata contro la nor1na evangelica. Venanzio ci sta forse
M ean1amagg1oe. - )lf' d tlisue
I· (Le 10 38 e Gv 12, 2) e Maria Maddalena (Gv 20, 11 . n me u~ mar r, el- confidando qui uno scrupolo di coscienza di Radegonda?». EustoehiUm si legge
' : . ' · di' pone d'i alcun documento certo ma che erano assai venerate n nelFedizioni a strunpa, dall'editt'o prineeps in poi, in luogo di eu(t)st(h)ocht'am della
qual inons1 s l bb · · Ufatto
iI la tarda antichità Eugenia e Tecla. Questa sce ta potre e sp1egars1ul~n Ila tradizione manoscritta.
che Eu enia è r;ppresentata a Sant' Apollinare Nuovo a Ravenna, urna n~ 0 (4) Sull'adozione della Regola di san Cesario di Arles da parte del 1nonastero
· Jelle ver ini· Tecla invece era particolarinente venerata ~a ~an M~r~in di Santa Croce si rin1anda alla nota 11.
%0T~urs (cf. s3LP.' SEV. dt'al. 2) 13, 4) e forse è citata per assoc1az1one di tdee
CARMINA, L. VIII, I-lii CARMI, L. VIII, 1-3
65 Cui sua quisque potest sanctorum carmina vatum canti dei santi profeti (5), un dono prezioso in un piccolo formato.
mittat in exiguis munera larga libris. Chiunque poi le invierà libri della sacra Scrittura, sappia che cosl ar-
Se putet inde Dei dotare manentia tempia ricchirà i templi perenni di Dio. A voi, che leggete questi versi, richie-
quisquis ei votis scripta beata ferat. . do ancora di inviarmi parole di saluto, ché per me una lettera leggera
Haec quoque qui legitis, rogo, reddite verba salut1S; avrà il peso dell'affetto.
nam mihi charta levis pondus amoris erit.
i!'.
I
• !.___
iI l
CARMINA, L. VIII, III CARMI, L. VIII, 3
Carmine davitico plaudentia brachia texunt di Davide le loro mani si uniscono in un applauso e si crede che in-
creditur et sacro tripudiare gradu. treccino danze sacre. La stirpe umana, unita alle schiere angeliche, ri-
, Coetibus angelicis hominum sodata propago sponde con un inno di gloria, per amore della lode. Alternatamente
reddit honorificum laudis amore sonum. vanno salmodiando i divini carmi e cantano al Creatore mistiche paro-
Alternis vicibus divina poemata psallunt le. La fulgente corte celeste rimbomba del sidereo frastuono e l'eco
atque Creatori mystica verba canunt. delle lodi del Signore scuote gli astri. Da nna parte risuonano le melo-
Lucida sidereo caeli strepit aula tumultu diose voci dei patriarchi, tra i quali vi è la più grande palma nella fede, .
laudibus et Domini concutit astra fragor. Abramo. I profeti restituiscono poi le parole a Colui che le aveva loro
Hinc patriarcharum resonant modulamina vocum ispirate 1 innanzi a tutti Mosè, di cui il mare attesta le virtù di condot-
inter quos Abrahae est maxima palma fide. tiero. Dall'altra parte esultano i fratelli e la nobile moltitudine dei san-
A quo acceperunt, reddunt dehinc verba prophetae, ti, la luce degli apostoli con Pietro principe di dottrina, che grazie ai
Moyses arite alias dux mare teste viros. suoi meriti può rianimare le Sepolte ceneri e può, con un comando
15 Inde favent fratres et celsa caterva piorum,
della sua voce, richian1arle in vita. Da un'altra parte ancora, con egua-
lumen apostolicum praemeditante Petra le ricompensa, una schiera devota segue quel senato: tra costoro vi è
qui valet ex 1neritis cineres animare sep1Ùtos Stefano, vittorioso, che è il primo in onore; la fede ricongiunge nei cie-
et revocare die1n voce iubente potest 1. li coloro che furono strappati alla terra con pietre, spade, fame, sete,
Hinc mercede pari sequitnr pius ardo senatum freddo, fiamme. Ah, con varie traversie così l'ira degli empi li travolse:
in quibus est Stephanus vietar honore prior ', anche se il tipo di supplizio fu differente, ora li accoglie una medesima
'" quos saxis gladiisque, fame, site, frigore, flammis luce.
ereptos terris iungit in astra fides. Risplende poi la vergine Maria, pia madre di Dio: ella pasce le pe-
Casibus heu variis quos sic tulit ira furentis, core del virgineo gregge cieli' Agnello. Ella sta nel mezzo, attorniata da
etsi mors dispar, lux tamen una tenet. una schiera di fanciulle e guida questo esercito fulgente di luce di ca-
,, Inde Dei genetrix pia virga Maria coruscat stità. Cantano la loro gioia durante i banchetti del paradiso: una rac-
virgineoque agni de grege ducit oves. coglie viole, un'altra spicca rose. Spezzano con le dita le gemme dei
Ipsa puellari medio circumdata coetu prati e i gigli, e mietono le piante odorose coronate di fiori. Lì esulta
luce pudicitiae splendida castra trahit. Eufemia e del pari esulta Agata e assieme Giustina, a cui si unisce Te-
Per paradisiacas epulas sua vota canentes cla. Qui regnano Paolina, Agnese, Basilissa ed Eugenia (10) e tutte ca.-
'° ista legit violas carpit et illa rosas. loro che un santo pudore ha elevato ai cieli. Beate coloro che, per il lo-
I I Pratorum gemmas ac lilla pollice rumpunt ro amore verso Cristo, ottennero che i loro nomi vivessero, scritti sul
et quod odoratum est flore comante metunt. libro eterno! Unita a queste compagne rifulge Casaria, gloria di Ades
' I
Eufemia illic pariter quoque plaudit Agathe ai nostri tempi: grazie agli insegnamenti di Cesario partecipa della luce
et Iustina simul consociante Thecla.
,, Hic Paulina, Agnes, Basilissa, Eugenia regnant
,•i. 11
et quascumque sacer vexit ad astra pudor. sezione di carm. 6, 1; segue una sezione di exempla (vv. 36ss.), parallela alla sezione
Felices quarum Christi contingit amore detta 7tEpÌ yliµou dell'epitalamio profano (cf. carm. 6, 1, 40-46 e 102-106) mentre
vivere perpetuo nomina fixa libro 3 ! l'enumerazione dei celesti che assistono al trionfo della vergine in paradiso (vv. 129-
148) riflette il topos dell'affluire di tutti i maggiorenti alla ceri111onia nuziale (cf.
Has inter comites coniuncta Casaria fulget, carm. 6, 1, 60-63 ). In generale il componitnento riprende le fattezze del carme nuzia-
temporibus nostris arelatense decus, le e conserva il linguaggio tipico della poesia erotica, misticizzandone però il sogget-
Caesarii monitis luci sociata perenni to: la verginità è vista non tanto come tale quanto cotne preparazione alle nozze mi-
I': I I stiche con lo Sposo divino. La trasposizione del matrimonio sul piano celeste per-
I:.! mette al poeta di conservare intatta la forma epitalamica, mantenendo tutto quel pa-
: 1·
1 Cf. Act. 9, 40. 'Cf. Act. 7, 58. 3 Cf. Apoc. 3, 5; 13, 8; 17, 8; 20, tdmonio di topoi che erano stati esclusi dall'epitalamio cristiano quale lo aveva con-
15; 21, 27. cepito Paolino da Nola (cf. PAUL. NOL carm. 25). Si veda inoltre BRENNAN Death-
I
less Marriage, 73-97. '
: I .: I 3, 9. STAT. Theb. 1, 516: vario strepit icta tumultu I regia; VEN. FoRT. (10) Delle otto martiri qui nominate due, Eugenia e Tecla, sono già occorse in
carm. 6, 5, 37. - 25 . .ARATORact. 1, 57: Maria del genetrix. carm. 8, 1, 46; più avanti, ai vv. 171-172, compariranno i nomi di Eulalia e Cecilia.
Sarà interessante notare che otto di queste dieci 1nartiri si trovano rappresentate nei
Les débuts, 37; è stato definito dalla CAMPANALE, Il De virginitate, 75-128, un lnosaici. della basilica ravennate di Sant' Apollinare Nuovo, mentre si dirigono in
«epitalrunio .mistico». La sua struttura è infatti quella tipica dell'epitalamio tar- proc~ssione verso la Vergine: Eufemia, Agata, Agnese, Eulalia, Cecilia, Giustina,
doantico: l'esordio (vv. 1-32) condivide le stesse immagini della corrispondente Paolina ed Eugenia.
':!
_,.,
430 CARMINA, L. VIII, III CARMI, L. VIII, .3
431
si non martyrii, virginitatis ope. perenne, se n?n tramite il ~artirio, tramite la verginità. Gigliola li rie-
Quos Liliola refert aequatis moribus ambos voca entrainb1 col'l la sua vita condotta a loro in1itazione e una sin1ile
et claram heredem proxima palma manet palma attende quest~ i~ustre e;ede (11)'. e tutte coloro che vigilando
I 45 et quaecumque suos vigilans meditabitur actus, 1m1teranno le loro az1on1 parteciperanno msieme a costoro di tale ono-
I bis erit egregio participanda gradu. revole rango. Con fede fecondata dall'amore per Cristo Radegonda si
I
Concipiente fide Christi Radegundis amore attacca a tutto. ciò che prescri~e la Regola di Cesario; ella raccoglie il
Caesarii lambit regula quicquid habet, 1111ele che rifluisce dal cuore di questo vescovo e ne beve tonenti sen-
cuius pontificis refluentia pectore mella za mai ~~zi~rsene. Più ne sorbe dalla fonte, più la sete autnenta ~ cre-
'° colligit et rivos insatiata bibit.
Quantum fonte trahit, tantum sitis addita crescit r sce, e pm si bagna della rugiada di Dio, più s'infiamma. Ella vive non
per sé ma per tutti, sei1za differenze, e imbocca beata l'augusta via che
et de rote Dei plus madefacta calet. porta .~l cielo. Ma ella riserva il suo più grande affetto a te, o pia ma-
Nec sibi, sed cunctis generaliter unica vivens dre, p1u che a tutte le altre: ha scelto di associare te al coro celeste. Ciò
felix angustam pandit ad astra viam. testimoni~ che ella desidera ardentemente avere quale propria madre
55 Sed tibi prae reliquis, mater pia, carior instat) te, che sei su~ figha: ella ora po_ne a capo, designandola al proprio po-
eligit excelso consociare choro. sto, la cara cJfscep°.l~ che nutri nel suo grembo; e colei che ti guidò
Res probat ipsa tamen quoniam quae filia constas sempre con 1 automa del suo pastorale (12) ora preferisce sottomet-
te matrem votis optai habere suam t~rsi p~ontamente al tuo comando. Ella trae vantaggio dal fatto che tu
quamque suis genibus caram nutrivi! alumnam sia a lei stessa preposta: ora che tu t'insedi nella carica ella vede esau-
60 praeficit ecce suo constituendo loco dito il suo voto. '
et quae te semper baculi moderamine rexit Ecco, alfine, per grazia dell'Onnipotente la madre gode del gior-
prompta sub imperio vult magis esse tuo. no di festa che spesso con preghiere agognava. Le sue fibre si ristora-
Proficit illa sibi, cum tu praeponeris illi, no in emozioni segrete e gioie abbondanti pervadono il suo cuore mo-
illa subit voto te potiente gradu. d~sto,. Ella,. tendei:ido .gli occhi verso questi momenti a lungo attesi,
°' Ecce diem festum tandem pietate Tonantis, miete i doni celestl natl dal seme della gioia. Supplichevole, ella auspi-
quam precibus genetrix saepe rogabat, habet. ca per te l'unico onore che ancora ti manca: che tu sia gradita a Cristo
t< Cuius respirant tacito praecordia pulsu tanto da essere unita a Lui in cielo. Per poter ottenere ciò dovrai sfor-
\•'
r+i1
angustosque animos gaudia larga replent. zarti nel tuo agire: ma questa breve fatica sarà ricompens;ta da un ab-
i•· Expectata nimis oculos ad tempora tendens bon_dante raccolt°.·, Bisogna sottomettere il collo al giogo, nel servizio
semine laetitiae dona superna metit. al Signore: tutto clo che per amore sopporterai non sarà pesante bensl
I' ,,
10
Optat adhuc supplex unum quod restai honoris leggero. Ricerca nella madre l'esempio, senza cercado altrove: davanti
l1 '
, ut placeas Christo consocianda polo. ai tuoi occhi puoi vedere opere da imitare; è giusto che tu quaggiù
ii '
Qualiter haec capias labor esse videtur agentis, p~rcor;a con_ egual passo il medesimo cammino di colei con la quale
"
lìi.,
1 ·11
"
sed labor iste brevis fruge replendus erit.
,, Servilio Domini subdenda est ad iuga cervix
se1 ansiosa di entrare nella luce eterna. La veneranda Cesaria, dolce e
:;: ' nec grave sed leve fit quicquid amore feres 4.
![ ,
Non aliunde petas, in matre exempla require, ~na lettera inviata da Cesaria minore a Radegonda e a una tale Richilde (certamente
'1,I
11: aspicis ante oculos quod mediteris opus, il nome sec~lar~ di Agnese) i da cui si apprende che Radegònda aveva inviato un suo
I!"'~'
11 ·
I'
I !
"°
cum qua festinas simul esse in luce perenni
condecet hic simili currere lege viam.
messo per richiedere al convento arelatense una copia della Regola di san Cesario
(ed. W. Gundlach, MGH EE III, Berlin 1892 [rist. anast. Miinchen 1994] 450-
'11'' i.
'.53). La lettera~ q1;1-estione acc?~l?agnava l'invio del testo della Regola ei d~l suo
1111
'.I
; .1
Sit tibi dulce decus veneranda Casaria praesens, contenuto, pare risalire alla fase m1z1ale del monastero di Santa Croce tra il 552 e il
il i~" 557, Tutto ciò s.embra in contraddizione con quanto si legge in GREG. TVR. Frane. 9,
40, se~ondo c.u1, Radeg~nda si.sarebbe recata person~lmente ad Arles, ma soltanto
~!!''
j
j'_;
!l.ìll
,··
,i.,
4 Cl. Mt. 11, 30. verso il 57?i c10~ dopo 1esplosione dd contrasto con il vescovo di Poitiers Maroveo.
Una soluzione e offerta dalla lettera ai vescovi di RADEGUND. epist. Greg. Tur.
r
::: I
'
(11) Venanzio allude all'adozione da parte del convento di Santa Croce ~an~. 9,_ 42, e dalla testim_onianza di Venanzio (vv. 81-84): tra il 552 e il 557 la Rego-
111 , "I' della Regola monastica di san Cesario di Arles. La Cesaria qui menzionata (Cq- fu m~ata da Cesaria minore a Poitiers e nel 570 Radegonda visitò Gigliola ad Ar-
I :'r,·. saria è una licenza per necessità 1netriche) è Cesaria minore, nipote di Cesan~ les. SulP1ntera questione si rinvia a SANTORELLI, La Vita) 54-61.
Ili'.' I ~· maggiore e di san Cesario: ella divenne badessa del monastero di San Giovann1 . , (12) Metafo~a per indicar; l'autorità della badessa, la quale non aveva però
,i· 1 ·
1
in Arles alla morte della zia, fondatrice dell'istituzione) verso il 524/525. Nel dtrttto d1 portare tl pastorale, nservato a vescovi e abati: cf. J.-M. BESSE Abbesse
J 1: 1' r 561 al governo della comunità le era succeduta la badessa Gigliola. Sopravvive DACL I, 1924, 42. ' '
: ''
1· "il 1'
11 ìi'.
. 111 .,
',,l'i ' "
CARMINA, L. VIII, III CARMI, L. VIII, 3 433
432
praesule Caesario non caritura tuo. gloriosa, ti sia .sempre vicina: ella, col tuo vescovo Cesario, mai ti ab-
Illos corde sequens mandataque corpore conplens, bandon~rà: Tu, seguendoli in spirito e adempiendone i precetti nella
ut teneas flores, has in1iteris apes. pratica, imita queste api per appropriarti i fiori. Considera colui che
., Respice qui voluit nasci se ventre puellae volle nascere dal seno di una vergine e come la carne del Dio altissimo
et Domini Summi qua caro carne venit. venga dalla carne. Lo Spirito venerabile toccò un utero intatto· deside-
Spiritus intactum venerabilis adtigit alvum, rando abitare in quella verginal dimora, Dio entrò iu essa: i~nara di
virgineam cupiens inhabitare domum, rapp.orti ~on un uomo, la Vergine iuviolata divcnue consapevole della
hanc Deus ingrediens hominis quae nesciit usum) nascita di un uomo da lei stessa. Concepito grazie alla fede, non entrò
sola suo nato conscia virga viro. in gioco alcun seme e uon vi fu altro uomo da cui nacque l'Uomo.
I
Concipiente fide nullo se semine lusit O beata verginità, degna di un parto dall'Onnipotente e che me-
et quo factus homo est non fuit alter homo. ritò di dare alla luce il proprio Signore! Le pudiche membra di una
Virginitas felix quae parto est digna Tonantis, vergiue div~ug?no tempio del Creatore e Dio prende ql1el giaciglio
quae meruit Dominum progenerare suu1nl come propria dunora.
,, Tempia Creatoris sunt membra pudica puellae Quanto può riuscir gradita una sposa per la sua verginità a Colui
et habitat proprius tale cubile Deus. al quale una madre piace soltauto se è vergine! Sara, Rebecca, Rache-
Quantum sponsa potest de virginitate piacere le, Ester'. Giuditta, Anna: Noemi (13), ancorché elevino più di altre la
ipsa cui genetrix non nisi virga placet! .
'
I·._•_•_·
'-
loro gloria al cielo, nondimeno nessuua di costoro ha meritato di dare
Sarra, Rebecca, Rachel, Ster, Iudith, Anna, Noemi a!la luce il ~adre del .mondo (14): Maria, colei cbe partorì il Signore,
mo quamvis praecipue culmen ad astra levent, rimane vergme. Ella, unmacolata, attacca al suo seno il Dio bambino e
nulla tamen meruit 1nundi generare pàrentem: nutre il Pane celeste donandogli il. suo latte, Pertanto egli ora nel cor-
quae Dominum peperit, clausa Maria manet 5, po di colei che destina come sua sposa ama ciò che egli, il Sauto, in
Intemerata Deum suspendit ad obera natum precedenza aveva eletto come segno di onore per colei che sarebbe di-
et panem caeli munere lactis alit 6 . venuta sua madre. Con libertà si addentra nel cuore che egli solo co-
105 Hoc ergo in sponsae nunc viscera diligit ipse
nosce e con gioia si avvia per U11a strada dove nessuno fu mai· consi-
quod prius in matrem legit honore sacer. dera proprie quelle membra non macchiate da alcun oltraggi~ e che
Pectora liberius penetrat sibi cognita soli non furono mai possedute da un altro uomo. Con il suo dolce affetto
et quo nemo fuit laetior intrat iter, abbraccia quel cuore, votandosi tutto a un amore da cui è lontano
haec sua membra putans quae nulla iniuria fuscat, ogni altr? amant~. ~eutre Dio desidera che il suo regno sia eguale per
quae neque sunt alio participata viro. tutu, Cnsto pero rifugge dal prender parte a tale condivisione. Egli
Mitis in affectu pectus conplectitur illud desidera es~ere coerede nei banchetti del paradiso, ma vuole abitare
promptus amore colens quo alter amator abest. da solo la dimora delle vergini. Il Re in persona difende meglio le for-
Curo sua regna Deus pariter velit omnibus esse, t~zze del!a pudicizia; s.e la moltitudiue a lui dedita non rompe il patto
hoc commune tamen Christus habere fugit. di fedelta, se vede egli stesso che la loro volontà è perseverante Dio
115 Per paradisiacas epulas cupit esse coheres, dispoue di armi in difesa dei suoi servi: egli equipaggia chi lo am~ con
virgineam solus vult habitare domum. corazza, scudo ed ehno e lo colloca in una postazione sicura, sulla ci-
Castra pudicitiae melius rex ipse tuetur; ma della moutagna. Presto egli si avanza contro il nemico in tua dife-
si sibi non violet turba dicata fidem,
ipse voluntatem si viderit esse fidelem,
i,1 1
1
Ballista iaculans pro te mox exit in hostem, la Scrittura port,ano il nome di Anna: la madre di Sa1nuele, quella di Tobia, quella di
'! Raguele, nonch~ la prc;ifetessa me~zionata in Le 2, 36. Ster per Esther (o più corretta-
'i
~en~e, Reste~) e una licenza 1netr1ca. Sulla fortuna di questo verso (e di tutto il De
~trgznttate) si veda R. LEOTTA, Un'eco di Venanzio Fortunato in Dante "Giornale
,,,. ,. 7 Cf. Eph. 6, 13-17.
5 Cl, Cant. 4, 12. 6 Cf. Io. 6, 51; Sap. 16, 20. italiano di filologia", n.s., XV (1984), 121-124; nonché P. LENDINARA ÌJonne bibli-
c~e da .Venanzio Fortunato ad un ignoto compilatore anglosassone, in A~.Vv., Studi di
95. SEDUL. hymn. 2, 13-14: domus pudici pectoris I templum repente fi't Dei. - filologia classt"ca in onore di Giusto Monaco, IV, Palermo 1991, 1497-1510.
103. SEnu;.,. carm. pasch. 1, 97: et serum suspendt"t ad ubera natum. (14) Non Dio Padre, ma il Verbo eterno per quem omnia/acta sunt.
I.
'
- •!
!I
CARMINA, L. VIII, lii CARMI, L. VII~, 3 435
434
perdat ut adversos qui tibi .bella mov:ent. . sa, saettaudo con la balestra, per abbattere i nemici che ti muovono
"' Currit ad amplexus post proeha gesta trmmphans, guerra. Dopo aver condotto la battaglia, triorifaute corre ad abbrac-
infigens labiis oscula casta sacris. ciarti, daudo casti baci sulle tue labbra consacrate. Ti accarezza, ti
conforta, ti venera, ti onora, ti protegge e colloca le tue caste me1nbra
Blanditur refovet veneratur honorat obumbrat
et locat in thalamo membra pudica suo. r
i
nel suo letto nuziale.
I magnati del cielo arrivano solleciti e in gran numero alle nozze
I Siderei proceres ad regia vota frequentes regali, disponendosi a formare un coro, Lì, oltre ai Cherubini, ai Sera-
.,, certatim veniunt adglomeraudo chorum. fini e agli altri beati conti alati (15) che l'ombra di Dio avvolge, rifulge
! Quo praeter Cherubin, Sera~hin reliquo~que beatos la gloria dei ventiquattro profeti antichi (16): essi, con sentinlento
aligeros comites quos teglt umbra Dei, i. estatico, plaudono con la voce e con le maui. Sui loro carri arrivano da
una parte Elia, dall'altra Enoc e, prinla di loro, la vergine Maria, per
bis duodena senum concursat gloria vatum,
attonito sensu plaudere voce, manu. un privilegio del suo Figlio. Accompagnato dal volo di Paolo, conosci-
m His venit Helias, illis in curribus Enod1 tore della legge, Pietro, principe degli apostoli, accorre dalla cittadella
et nati dono virga Maria prior. romana. Tutti assieme si radtu1ru10 per la festa, recando i loro doni, co-
Iurisconsulti Pauli comitaute volatu loro le cui ceneri sono custodite dalla città regina del mondo. La nobi-
princeps romana currit ab aree Petrus. le Acaia manda il suo Andrea, culmine apostolico che risplende di
Conveniunt ad festa simul sua dona ferentes raggi di luce. La venerauda Efeso invia Giovahni, eccellente per i suoi
'40 hi quorum cineres urbs caput orbis habet. meriti, e la Terra Santa i due sauti Giacomo. La feconda Gerapoli, lie-
Culmen apostolicum radianti luce coruscum ta dei propri auspici, Filippo; Edessa presenta come pio dono Tom-
nobilis Andream mittit Achaia suum. maso. Ancora, l'India reca il trionfante Bartolqmeo, lalta città di Nad- li
Praecipuum meritis Ephesus venerauda Iohannem daver l'illustre Matteo. Inoltre, la Persia, aprendo il suo seno, mauda
felice V>'rso gli astri le luci gemelle di Simorie e Giuda, e il torrido
I!'
dirigit et Iacobos terra beata sacros, ii
Egitto, fertile pur senza piogge, manda Marco, a cui si unisce l' evange-
,., laeta suis votis Hierapolis alma Philippum, ''
producens Thomam munus Edessa pium.
Inde triumphantem fert India Bartholo~eum,
lica tromba di Luca (17). I:Africa dona Cipriauo, l'illustre Siscia Qui-
rino (18), dagli altipiaui della Spagna si leva la gloria di Vincenzo (19). ""
I
Matheum eximium Naddaver alta virum. La feconda Britannia presenta l'esimio Albano, dalla città di Marsiglia
i
Hinc Sinlonem ac Iudam lumen Persida gemellum giunge il martire Vittore (20). La bella Arles porge alle stelle i pii doni
150 laeta relaxato mittit ad astra sinu, di Genesio (21), accompagnati dal suo Cesario. Anche Dionigi si af-
et sine rare ferax Aegyptus torrida Marcum, fretta dalla città di Parigi e tu, o Sinforiano, giungi da Autun (22). La
Lucae evangelica participante tuba.
Africa Cyprianum, dat Siscia clara Quirinum;
Vincenti Hispana surgit ab aree decus. dhnensione di regalità delle nozze mistiche; ciò acquista importanza se si tiene conto
che il destinatario del carme è una sorta di «Corte 1nonastica», regale, nobile e dotta:
,,, Egregium Albanum fecunda Britannia profert,
la fondatrice della comunità era stata una regina, e buona parte delle monache pro-
Massilia Vietar martyr ab urbe venlt. veniva dall'aristocrazia,
Porrigit ipsa decens Arelas pia dona Genesi (16) I ventiquattro vegliardi che sono rappresentati in Ap 4, 4 seduti attorno al
astris, Caesario concomitante suo. trono divino. I profeti in senso stretto sono 17 (5 maggiori: Isaia, Geremia, Baruch,
Ezechiele e Daniele; 12 minori: Osea, Gioele, Amos, Abdia, Giona, Michea, Nawn,
Ipse Parisiaca properat Di?nisius ".rbe,
Abacuc, Sofonia, Aggeo, Zaccaria e Malachia), ma Venanzio considera tali anche i
Augustiduno Symphonane vems. principali patriarchi: Abramo, Mosè, Davide, Salomqne ecc.
11 . .
·i' •. (17) Le fasi dell'evangelizzazione sono descritte in maniera assai simile in carm.
5,2, 7-14.
"
(18) Quirino fu vescovo di Siscia, l'attuale Sisalc in Croazia, e perì durante la
126. SIL. 12, 738: na#s infigunt oscula matr~s. - 134:.PAUL. NOL: carm. 20, 324:
persecuzione di Galerio: cf. PRUD. pert'st. 7. ·
voce manu stimulis; OlUENT. comm. 2, 232: tam dubu gressu lumtne voce ma.nu. ~
' 141. INSCR. christ. Diehl 1778a, 1; CARM. cod. Petav. 9, 20: culmen apostolicum'. (19) Qui il poeta richiruna esplicitamente san Vincenzo, martirizzato a Sara-
DRAC. laud. dei 1, 679: radiata luce rubentem. - 155. PAUL. PETRIC. Mart. l, 11. . gozza in Ispagna nel 304 (cf. la nota 28 del libro!).
(20) Albano di Verulamium fu martirizzato in Britannia durante la persecuzio-
; I misitfecunda ... I Pannonia. ne di Diocleziano: cf. CONSTANTIUS vita Germ. 16-18; GILD. Brit. 10 chron. III, p.
(15) Il paragone della corte c.el~ste coi; la cort~ impe~iale (~. proceres,~~ 31, 20. Vittore di Marsiglia: si rinvia alla nota 78 del libro X.
129) impone di rendere con «conti>> il termtne comtt~s. Il titolo dt come.s co _ (21) Su san Genesio si rimanda alla nota 23 del libro V.
,I pare per certi alti dignitari a partire dall'età tetrarchica. Come osserva la CAM (22) Ad Autun esisteva una basilica a lui intitolata: cf, VIEILLARD-TuOIÉKOU-
PANALE, Il De virginitate, i2s, Venanzio sceglie di porre in luce soprattutto la ROFF, Les monuments, 44,
I;
, ~I
'i'':
:, 'i
I CARMI, L. VIII, 3 437
CARMINA, L. VIII, Ili
436
città di Javols invia Privato, la ricca Alvernia Giuliano e insieme la bel-
Privatum Gabalus, Iulianum Ar~ernus ah:.mdans, la Vienne reca Feneolo (23)_ Contemporaneamente la Gallia invia Ila-
Ferreolum pariter pulchra Vienna. gerl! .. rio e Martino, e Roma n1anda te, o mio beato Lorenzo. La prospera
Hinc simul Hilarium, Martinum Gallia '.'1mit, Vicenza rende Felice, tale per i suoi meriti, e Aquileia porta il suo
te quoque, Laurenti, Roma, beate m1ht. Fortunato; la cara Ravenna Vitale e gli altri di cui conserva la sepol-
'"' Felicem meritis Vicetia laern rdundtt. tura (24); tu, Milano, Gervasio e il mio Ambrogio; Padova presenta
et Fortunatum fert Aqmleta suum, qui Giustina, Calcedonia Eufemia; Eulalia solleva il capo dalla città di
Vitalem ac reliquos quos cara Ravenna sepultat, Merida (25). La terra dei Siculi presenta Cecilia, la Seleucia Tecla (26);
G ium Ambrosium, Mediolane, meum; ed è presente pure la beata legione di Agauno. Chi potrebbe tener die-
Iustin:~·~ata~i, Eufem.iam huc Calchedon offert, tro a tante luci dell'Europa e dell'Asia? E chi potrebbe parlare dei
Eulalia Emerita tolht ab urbe caput. tuoi figli, o Roma? Radunati dalle più diverse parti del mondo, il cor-
"" C aeciliam Sicula profert, Seleucia
. d Theclam teo regale li trascina a schiere congiunte. Entrano attraverso le porte
et legio felix Agaun~s1s a . est. infiammati di luce celeste, la cittadella del cielo si apre e accoglie que-
Europae atque Asiae quts lumma tanta rec:i~rat? sti grandi. Allora avanzano lentamente, in ordine, k potenze vestite di
vel tua quis possit pignora, Roma, l~qut. toga pretesta, per prendere posto nella sede dei patrizi. I,,a nobiltà del
m Undique collectos divers1s parubus orb~s cielo, ricca della Croce e del sangue di Cristo, si affretta a celebrnre la
agminibus iunctis regia po_mpa trahtt. festa nuziale. I poveri della terra ora traboccano della ricchezza del
Intrant sidereo vernantes lumme ~ortas, r cielo e, davanti a cotali cousoli, rendono omaggio alle nozze del Re. In
excipit hos proceres urbs pat acta po 1. ogni parte occupano in ragione del loro. rango i nu1nerosi sedili e i pa-
lncedit sensim tum praetextata potestas dri ammutoliscono estatici quando il Re prende la parola. Allora, l'ar-
mo ordine, patricio sic poutura l~co. . .
Nobilitas caeli dives cruce, sangume Chrtstl _r,- 11!'
cana maestà di Dio rivolge con ferma autorità la parola ai magnati che
la sua mano dirige: «Questa vergine ha conservato la castità promessa-
festinat festos concelebrare toros. -- ' ~ mi e non ha voluto rompere un patto stretto di comune accordo: se-
Paupertas terrae ce:isu c~eleste re~undans ~~
~ &- guendo le orme dello Sposo con animo zelante e uniformandosi a quel
J;
consulibus tantls regia vota c?lit. l \è che io desidero, giunge qui inviolata. Avanzò attraverso i triboli, evi-
'"' Undique distincte numerosa sedilta complent A!:,
tando le punte delle spine, in mezzo ai rovi non seppe sentirne gli acu-
attonitique silent rege loquente .patres. lei. Vipere, sepi, giacoli, basilischi, emorròi e aspidi, con le loro fauci
Maiestas arcana Dei tum pondere f!xo . orripilanti, lanciarono i loro sibili senza attaccarla. Da w1a parte una
alloquitur proceres quos s~a dextra reg1t: freccia volante, dall'altra un arco la spaventarono nel suo cammino,
Haec mihi pollicitum servav1t vtrgo pudorem ma ella seppe procedere cautamente in mezzo alle insidie tesele. Tra
'f; "" « nec voluit placitan,i dila.c~rare f!dem: .
sollicitis animis spons1 vest1g1a secta:is
et mea vota petens inviolata veni~.
Per tribulos gradiens spinae cavefectt acumen, Brioude, luogo del martirio; sull' argo1nento si rimand~ a L. PIETRI, Prosopographie
sentibus in mediis nesc1a ferre veRres. . d'un pèlerinage: Saint-Julien de Brioude (V'-VI' siècles), "Mélanges de l'Ecole
195 Vipera seps iaculus ~as~i~cus en:o:ro1s aspis
Française à Rame", e (1988), 23-38; nonché più in generale G. MATHON, Giuliano
di Brioude, BS VI, 1965, 1191. Ferreolo invece fu martirizzato a Vienne, dove in se-
faucibus horrific1s sibila tors1t mers. guito il vescovo Mamerto ne ritrovò il corpo in una medesima tomba assieme alla te-
',I 1' Inde sagitta volans, hinc t~rr~it arc?s euntem: sta di Giuliano, come attestano SIDON. epist. 7, 1, 7 e_GREG. TUR. Iul. 2.
! docta sed insidiis caut1us ire su1s s. (24) Felice e Fortunato, vicentini, prestaVano servizio 1nilitare ad Aquileia
quando furono colpiti dalla persecuzione di Diocleziano: cf. CHROMAT. serm. 7. Qui
furono uccisi entrambi, 1na mentre le ossa di Felice furono portate nella sua città na-
tale, quelle di Fo1tunato rimasero nel luogo del martirio. Sul verso si veda G. CUSCl-
8 Cf. p,, 90, 5.13. TO, Cristianesimo antico ad Aquileia e in Istria (Fonti e studi per la storia della Vene-
. . 'b b .. PAUL · Pmmc. Mart. 6, zia Giulia. Serie II - Studi, 3), Trieste 1977, 93-97. Su Vitale si rimanda alla nota 9
: genitos dtversts partt us or ts, ciel libro I.
, ;I' 175 VERG, A en, 12 • 708 · · t
I,
34: diversis ... partibus orbis I agmtna conventun . (25) Su Giustina ed Eufemia si rinvia alla nota -10. A Eulalia di Nlerida è dedi-
d' l ld te l'invasione alamanna del 27~: cato PRuD. perist. 3.
'1,,.11, (23) Privato vescovo 1~a:~as!ul~o s~~~uppò soprattutto a Mende, res1- (26) L'aggettivo Sicula non si riferisce qui alla Sicilia, ma alla popolazione dei
',I I 1· cf. GREG. TUR. F_ra~c. 1, 3~. ILLARD-TROIÉKOUROFF, Les monuments, 17~. Siculi', stanziati nel Lazio antico (cf. PLIN. nat. 3, 56): Cecilia è infatti una martire ro-
!! I denza dei vescovi d1Javuls. cfd.V:IE iografica a Ferreolo: il primo fu decap1- 1uana. L'aggettivo sarà stato scelto da Venanzio per creare assonanza con il parallelo
'!I: I' I Giuliano è associato ne a tra iy~ne ag entre il resto del corpo fu inumato ~ Seleucia. 1
,:j I
tato e la sua testa fu portata a ienne, m
CARMI, L. VIII, 3 439
CARMINA, L. VIII, III
. I q~1, c?me nel resto del carme, i motivi erotico-elegiaci sono naturalment~ cdstia-
231. Ov. met. 8, 232: qua te regione requiram? - 232. VERG. Aen. 9, 391: quave n1zzat1 e trasportati sul piano mistico dell'amor spt'rt'talis.
sequar. - 235. VERG. Aen. 8, 369: nox rut't etfuscis tellurem amplectitur alt's.
CARMINA, L. VIII, III CARMI, L. VIII, 3
440 441
Ecce procellosos suspecta interrogo ventos I Ecco, levando lo sguardo, domill1do ai venti forieri di tempeste quali
quid mihi de Domino nuntiet aura meo. -t notlz~e la br~zz~ ml ill1nunc1 riguardo al mio Signore. Non potendo la-
Proque tuis pedibus cupio caementafavare 10 -t va.re.' tuo1bpb1ed1 d.es1der~ lav~re i blli'.'cchi di pietra da essi calpestati e
et tua tempia mihi tergere cri~e hbet. r ml piacere e asciugare 1 tu01 temp con i miei capelli. Posso soppor-
245
Quicquid erit tolerem, sunt <;>n~n1a dulc1a dura: tare ~ualunque cosa,. ogni angustia sarà un piacere: fino a quando ti
donec te videam, haec nuh1 poena placet .. vedro, queste pene mi saranno gradite. l)erciò tu ricorda che io ricerco
Tu ta1nen esto memor .quoniam tua vota requ1ro; l'union; con te; la mia sollecitudine è per te, la tua sollecitudine sia
est 1nihi cura tui,.sit tibi cura mei". per me .
Haec referens avidis iactabat brachia palmis, Ella, leggendo queste parole, alzava le braccia con mani bramose
250
si posset plantas forte tenere meas 11 ! per riuscire ad afferrare i miei piedi; poiché la sua mano, frustrata ri'.
cum decepta sibi sine me sua dextra ~ed1ret, tornava a lei senza avermi toccato, goccia a goccia il suo volto si 'ba~
.!,
luminis instillru1s ora lavabat aqu1s. . . gnava delle acque degli occhi. Quando si coricava a terra senza mai
Cum recubaret humo neque vieta sopore qu1evtt, addor.men~arsi vinta dal so~no, spesso giacevo accanto a le/ per conso~
consuliturus ei saepe simul iacui, !aria; 10 mi addoloravo assieme a lei, asciugavo i suoi fiumi di lacrime
255
condolui pariter, lacrimaru1n flumin~ tersi, dandole baci dolci come il miele rosseggiante dei favi. Ora dunque e]'.
oscula dans rutilis mel\ificata fav1s. la :egm e goda di un amore gradito, ella che già da lungo tempo era
Nunc igitur regnet placitoque fruatur amor~ unita a me nel cuore». .
quae mihi irun pridem pectore mncta fu1t». La reggia del cielo rin1bomba (28) del plauso dell'assemblea lì
riunita. Il suo nome è in1mediatamente scritto nel libro eterno. Una
Adsensu fremzt aula poli residente senatu. ricch.ezza P.erenne è consegnata ali' eternità dei secoli, l'Olimpo riversa
,,, Nomen perpetuo scribitur inde libro. 1su01 teson nel talamo della vergine. Sul suo capo è posto un diadema
Traditur aetetnum 1nansura in saecula censum, risplendente di berilli, ove con vari disegni compare anche il chiaro
virginis in thalamos fundit Olymp1;1s opes. smeraldo. Una fascia ornata di ametiste raccoglie i brillill1ti capelli, in-
Inseritur capiti radiill1s diadema berilhs, trecciata con arte m un nodo ornato di perle. Sul suo collo risplende
ordinibus variis alba zmaragdus mest. una collill1a cesellata di sardonici1e, i metalli di Sardi brillano di luce
265
Alligat et nitidos ametistena vitta capillos, rosseggiante. Alla mano destra le è posto un braccialetto di calcedonio
margaritato flexilis arte sinu. . decorato con diaspro e la sua mano suda per la quill1tità di zirconi. Fili
Sardoniche inpressum per colla monile coruscat, di lamina d' o:o int~ssono una rete nella veste adorna di genune, per
'I Sardia purpurea luce metalla r;iic~t. . un dono del cielo vt campeggiano artistici medaglioni. La bella cintura
Dextrae armilla datur carcedone, 1asp1de m1xta, è c~rica di piccole gemme di topazio, una fibbia di crisolito la chiude
I . ~·
2 0
7
aut iachinteo sudat honore manus. a.ss1eme a un ago (29) dorato; e sopra a tutto ciò sta una veste: batista
I ''
' ' Brattea gemmatam cycladem fila catenant, tinto due .volte nella porpora, quale può portare una vergine che va
'
sidereis donis arte sigilla tument. spos~ a D1~. La regma, colmata da questi doni, sederà sul talamo e la
Pulchra topaziacis oneratur zona lapillis, vergme schiaccerà sotto i suoi piedi il sole del cielo.
crysolita aurata fibula claudit acu,
veste superposita: bis cocto purpura bysso,
275
qualem nupta Deo ferre puella potesL ''"
His cumulata bonis thalamo regma sedeb1t
atque poli solem sub pede virga preme!.
I: I 1
442 CARMINA, L. VIII, III CARMI, L. VIII, 3 443
Cui tamen hoc opus est, cum virginitatis honore Perciò per lei, oltre all'onore della verginità, bisogna che la sua
2so ut placeat sponso mens moderata suo, mente giudiziosa possa piacere al suo Sposo, che una pazienza costan-
inconcussa gravem teneat patientia vultum, te domini sul suo volto improntato a serietà, che non prenda corso'
viribus ira suis ne labefacta ruat, l'ira, vinta dalle sue stesse forze, che una tempesta turbinosa non spos-
neu faciles animos veutosa procella fatiget, si il suo animo generoso, che l'ancora del cuore la tenga ferma in mez-
fluctibus in mediis ancbora cordis agat. zo ai flutti. La pazienza rifulge quale particolare gloria delle virtù:
'"' Virtutum speciale decus patientia fulget: Giobbe t'indicherà le tracce su cui dirigere il tuo cammino. Ma per-
qua gradiaris iter lob tibi signa dabit. ché dovrei parlare di quest'umile, decorato dalla grazia celeste? Quan-
Quidve loquar humilem quem gratia celsa decorat? to più si umilia, tanto più si erge' verso l'alto. Quanto diversa e distan- ";'
et quantum ima petit, surgit ad alta magis. te è la situazione per due diverse persone: colui che giace ascende, co- I
I
Quo diversa nimis divisa est causa duobus: lui che è eufiato di orgoglio precipita. Di ciò dettero prova Giuseppe e
"" qui iacet ille subit, qui tumet ipse cadit. i) Faraone: il primo fu estratto dalla cisterna, l'altro annegò nel mare.
Haec exempla quidem Ioseph Faraoque dederunt: E poi lecito domandare la ricompensa per le proprie azioni, sempre
tollitur ille lacu, mergitur iste freto 12. che la peste cieli' avarizia non schiacci il proprio cuore. Se il povero,
Est etiam laudis stipendia poscere, tantum accontentandosi del minimo, non richiede cose maggiori, egli regna
ne premat ipsa suum pestis avara sinum. nel suo piccolo poiché possiede Dio. Zaffira e la donna che elargl due
295 Contentus minimis, si non 111aiora requirat, monetine: la prima, per essersi tenuta il proprio danaro, muore; 1) altra
pauper in angusto regnai habendo Deum. donando tutto il suo, vive. O felice assai colui che neppure la mollezza
Sapphyra vel mulier geminos largita minutos, corrompe e che consuma nella fatica le proprie membra per sua vo-
illa teneudo perit, haec sua dando man et 13. lontà! Disprezza le trappole delle ricchezze, gli ungueuti, i vasi cesella-
O nimium felix quem non modo mollia frangunt, ti, le vesti a strascico, in modo che il suo stesso rigore sia il custode
'°" iudiee qui sese membra labore terit! dell'anima sua, tenendo anche presente quanti vantaggi offra l'avere
Spernit opum laqueos, unguenta toreumata fluxus, bisogni più misurati: solo la sobrietà fece vincere Giuditta. E perché
ut custos animae sit rigar ipse suae, dovrei diffondermi sulla dolcezza di un'anima nutrita dalla grazia, dal
hoc etiam recolens quid possit parcior usus: momento che le sue care viscere portano entro di loro i suoi simili?
sobrietas Iudith vincere sola facit 14. Chi è pacifico, abbraccia con gioia, da solo, tutti: nel suo affetto strin-
305 Quidve anirnum dulcem memorem quem gratia pascit, ge tutti i cuori al suo. O felice assai, volontà fiorente di carità, senza la
",,i
cum intra se populos viscera cara ferant? quale nulla piace al popolo e neppure laltare riesce gradito a Dio!
Pacificus, gaudens unus conplectitur omnes, Ogni volta che lanimo fluttua in qualche amaritudine, c'è bisogno che
stringi! in affectu pectora cuncta suo. la speranza accompagni la fede e ci fortifichi nelle awersità. Le aspe-
O nimium felix, florens bonitate voluntas, rità non la prostrino, né le prosperità la rendano orgogliosa: si avanza
''" qua sine nil populo nec placet ara Deo! più sicuri nel cammino teueudo la mezzeria della strada. Questi sono i
Hoc opus, ut quotiens aliquo mens fertur amaro, beni che l'uomo acquista, se glieli concede la grazia di Cristo, se egli lo
firme! in adversis spes comitata fidem. ispira e ne guida i passi.
Aspera non frangant, tumidos neque prospera reddant: Adornata di queste qualità, tu diffondi raggi luminosi; possedeu-
sic mediocre tenens cautius itur iter. do queste gemme, sei anche tu una gemma splendente. O felice vergi-
m Haec bona sumit homo, tribuat si gratia Christi,
inspirante ilio vel moderante gradum. 'i\
;i''I' His ornata bonis radiantia lumina fundis, I
I
I has retinens gemmas tu quoque gemma micas. '
'
12 Cf. Gen, 37, 23-24; Ex. 14, 28. 13 Cf, Act. 5, 1-10; Mc. 12, 42; Le.
21, 2, 14 Cf. !ud, 12, 17·19,
279. SEDUL. carm. pasch. 2, 67: cum virginitatis honore. - 284. CLAUD. carm.
mt'n. 29, 5.3: fiuctihus t'n medù's. - 285. PAUL. PETIUC. Mart. 4, 645: vt'rtutum ... I
... speciale decus. -286. VERG. georg. 1, 463: sol tibi signa dabit. ~ .317. Ov. trt'st.
i 2, .325: radi'antt'a lumina solis.
I
-I
:' I
Virginitas felix nullis aequanda loquellis, nità, che nessun discorso può eguagliare, neppure se tU1 suono centu-
'
i no nec si centenus suppleat ora sonus! plicato si produca da cento bocche! Per prima cosa, essa risplende
Quod prius est, sine sorde nitet venerabilis orbi, senza macchia per la venerazione del mondo intero, poiché non ha
naturae proprium non vitiando bonu1n, contaminato il bene proprio della sua natura, conservando gelosa-
I,
corporis inlaesum servans pretiosa talentum, mente illeso il talento del corpo (30) e custodendo senza temere alcun
perpetuas retinens 'nescia furis opes 15. furto ricchezze eterne. Non opprime le sue membra irrigidite con il
.125 Non premit incluso torpentia viscera fetu feto racchiusovi e non langue triste, appesantita dalla sua creatura .
aut gravefacta iacet pignore maesta suo. Tra le affannose passioni dell'anima e del corpo, la sua salute provata
Inter anhelantes animae seu corporis aestus è appesa a un filo fragile, quando la ferita del suo utero causata dagli
in dubio pcndens stamine fessa salus, strali si rigonfia e la malsana idropisia della voluttà cresce. La pelle
quando suis iaculis uteri laesura tumescit imbruttita si tumefà oltre le misure umane, tanto che la madre ha ver-
"" atque voluptatis morbida cresci! hydrus. gogna di ciò che con amore porta in sé. Fugge e si sottrae, in preda al-
Ultra hominis habitum tantum cutis effera turget, la vergogna, ai propri genitori, fin quando il fardello deponga il suo , I
ut pudeat matrem hoc quod amore gerit. peso, liberandola. Chi potrà eguagliare a parole i gemiti del parto e 1:
I· ,
Se fugit et propriis verecunda parentibus aufert, chi avrà modo di versare in poesia cosl tante lacrime, quando le sue ' '
.;,1
donec depositum sarcina solvat onus. viscere liberano il pesante segreto e i muscoli agitano con dolori acu-
m Quis gemitum partus verbis aequare valebit tissimi le sue interiora? La porta del corpo, forzata dal parto, si apre,
aut cui tot lacrimas carmine flere vacet, ed esce alla luce un bambino, magari senza la luce della vita. La ma-
cum sua secretmn co1npago relaxat onustum dre, dimentica di se stessa, do1nanda se la creatura viva e segue, triste i. '
'40
atque dolore gravi viscera fascis agit?
Vieta puerperio membrorum porta fatiscit
exit et ad lucem fors sine luce puer.
.. e con gli occhi stanchi, il neonato. Guarda l'essere che avrebbe nutri-
to, disteso, ella che non è già più sua madre: ella lo ha appena partori-
to, ed è già preda della morte. Non meritò di essere chiamata né ma-
1
·:11
I
Sin vivat genitus genetrix se oblita requirit dre di tale frutto né vergine: e dolendosi della duplice perdita, lamen-
tristis et ad natum lumina lassa trahit. ta il suo triste matrimonio. [ ... ] (31) né può trovare consolazione nel
Respicit expositum) nec iam sua mater, alu1nnum: f pianto della sua creatura. Non asciugherà sul volto del bambino lacri-
guae vix dum peperit, haec modo funus habet. me a lei care, né placherà i suoi vagiti donandogli il proprio latte. Tri-
345 Nec mater fructu meruit nec virga vocati: ste, ella condanna le proprie membra in un pianto straziante: ahimè,
haec duo damna dolens se male nupta gemit. quel seno dove giacque il ban1bino è ora immerso nel dolore. Cosa ac-
Non validus uu- uu- spes rapta dolores, cade se al fanciullo è conservata la vita, che però non durerà a lungo?
nec fletu nati se fovet illa sui. Quando comincerà ad emettere suoni delicati con la voce accozzando
Non caras lacrimas infantis ab ore resorbet gli imperfetti mugolii di una lingua ancora informe, quando il bisbi-
aut teneras voces lacte fluente rapit. glio della sua tenera bocca riempie la madre di gioia: se gli capita in
Tristis decrepito damnat sua viscera luctu: quel momento un malanno, essendo cosl strappato dal seno materno?
11·. i. · quo iacuit natus, heu, dolet ille sinus. La sua età sarà cresciuta per suo danno. La genitrice, in preda alla di-
'I !
Quid si vita manet pueri nec semper habenda? sperazione, si percuote e si strappa i capelli, preme le proprie mam-
I ', ~ I in.cipiat teneros ut dare Voce sonos, melle inaridite sulle labbra del defunto; versando lacrime moltiplica i
1' "
~ ~ >55 inperfecta rudis conlidens murmura linguae,
Ii '
CARMINA, L. VIII, III CARMI, L. VIII, 3 447
,, I
infundens lacrimas lamenta resuscitat ardens suoi lamenti appassionati' e dalla sua tiepida fonte bagna il corpicino
et gelidum corpus fonte tepente lavat. gelato. Si strazia il volto, si strappa le chiome, si percuote il petto;
Dilacerat facien1, crineni aufert} pectora tundit; ahimè, il dolore così armato .ferisce le proprie membra. Se vede il
heu dolor armatus sic sua membra ferit. bambino di un' altr~ donna, piange la sua creatura e geme triste, perché
"' Si videt alterius natum, sua pignora deflet suo figlio, della stessa età, ~ niorto. Se un altro bambino piange (32),
aequalemque suum tristis obisse gemit. corre, si ferma, è gioioso, le si prbfi!a davanti agli occhi l'immagine
Alter si ploret, currat, stet, gaudeat it1fans, del figlio suo. In ogni istante ella ricerca colui che in una volta generò, , ;I
ante oculos nati luditimag<l sui. ma il fanciullo non si appiglia al collo dell'infelice madre (33 ). Che di-
Quem semel effudit, per cuncta momenta requirit re poi se, cosa ancçir più grave, a morire sia lo stesso sposo? Colei che "i
nec miserae matris pendet ad ora puer. fu sposa novella, già langue vedova. Dal talamo al tumulo, prima ve-
"" Quid si aliud gravius, moriatu' ut ipse iugalis? stita di bianco, poi improvvisamente di nero, ella abbraccia il corpo
Quae novinupta fuit iam viduata iacet. gelido per il quale un tempo s'infiammò, ne appresta il funerale, cele-
De thalamo ad tumulum, modo candida, tam cito nigra brando cosl un matrimonio capovolto; ahimè, toglie gli ornamenti del
ante quibus caluit frigida membra tenet, letto nuziale per adornarvi il sepòlcro. Spesse volte gemendo rende
n5 construit exequias perversaqUe vota celebrans visita alla tomba del marito e, disprezzando la propria casa, venera
exornat tumulum, heu, spoliando torum. con amore la morte. Si prostra sul sepolcro in cerca di vane consola-
Saepe maritalem repetit miserando sepulchrum zioni e ora abbraccia le ossa di colui di cui poco prima abbracciava il
contemptaque domo funus amata colit. corpo. Ella lo piange con lacrime copiose, con invocazioni destinate a
Incumbit tumulo solacia cassa requirens; dissolversi: per deferenza verso il defunto, lamore perde i propri oc-
cuius membra prius, nunc super ossa· premit. chi. Chi può esporre: tutte le disgrazie che capitano a una donna del
''° Fletibus inriguis, perituro carmine, luget: popolo? A fatica si potranno esporre quelle di una regina che resta
funeris obsequio lumina perdit amor. vedova (34).
Quot mala plebeiae veniant quis panciere possit? «Non proibisco il matrimonio, ma gli preferisco il grembo di una
Vix bene reginae quae viduata manet. vergine», è ciò che proclama Paolo, la tromba apostolica, dalla sua
1
3s5 «Non veto coniugiun1, sed praefero virginis alvum» 6 bocca. Gloriosa verginità, che ricevi come ricompensa i cieli, sei gradi- .:'1
quod dat apostolica Paulus ab ore tuba. ta a Cristo e parteçiperai del suo talamo; non piangi alcun funerale, ''
Inclita virginitas, caelos quae dote mereris, ma provi gioie senza fine, il tuo amore vive per sempre e per te Cristo
cum thalamis Christi' consocianda places, non muore mai. Lassù tu possiedi il regno, qui risplendi vittoriosa, in-
'
I funera nulla gemis, sine limite gaudia sumis, tatta e sicura in ogni luçgo, santificata da Dio.
vivit amor semper nec tibi Christus obit. Agnese, cara a Dio, e venerabile per i tuoi meriti, io offro a te queH
'"" lliic regna tenes, hic vincis et integra fulges sti versi: per essere gradita a Dio agisci a sua gloria, in modo che, per
omni tuta loco, sanctificata Deo. disposizione del Giudice, sia data a entrambi noi una ricompensa:
!; Haec tibi, cara Dea, meritis venerabilis Agnes, quando a te sarà donata una corona, a me sia almeno concesso il per"
offero: quo placeas, tu faciendo colas, dono. Desidero che tu, o Cristo, guidi le anime attraverso questi flutti
!.1
395 iudicis ut iussu munus tribuatur utrisque: navigando con l'albero e l'antenn.a della Croce (35), cosicché, dopo
quando corona tibi, tunc mihi ve! venia. aver attraversato tutti i marosi clel vortice mondano, la tua mano ci
Opto per hos fluctus, animas tu, Christe, gubernes conduca nel porto della vita eterna.
arbore et antemna velificante crucis,
ut post emensos mundani gurgitis aestus
400 in portum vitae nos tua dextra locet. 'r
(32) Ploret è correzione di C. Brower per plorat della tradizione manoscritta.
(33) Pendet si legge nelle edizioni a stampa, a partire dall'editio princeps, in
luogo dipendit della tradizione. Al v. 372, staccandoci dal testo di M. Reydellet, ac"
cogliamo la lezione nov{nupta, presente nei manoscritti più autorevoli e difesa da
; i
BLOMGREN, Studia Fortunatiana, 181-183.
(34) L'idea sorprende. Forse vi è un riferimento alla vedovanza di Brunichilde,
e in tal caso avremmo un eleinento per la datazione del carme: tra il dicembre del .1:'
575 (assassinio di Sigiberto) e il 28 maggio 576 (morte del vescovo Germano di Pari-
gi, che consacrò Agnese badessa). ·
16 Cf. 1 Cor. 7, 8.34.38.40. (35) Per questa metafora, cf. la nota 11 del libro IL
!:
448 CARMINA, L. VIII, IV
IV. AD VIRGINES
: I
4. ALLE VERGINI
iI,
'i
!
,, ! •
; '
::.:.:'
Basilica di Aquileia:
Cripta degli scavi · mosaico
(fine sec. III), (36) Nella letterarura patristica è tipico il passaggio della corona dei martiri a
quella delle vergini, si veda per esempio AuG. serm. 304, 3.
(37) Arra ha qui il senso specifico di pegno versato dallo sposo alla fidanzata,
un uso attestato da GREG. TUR. vlt. patr. 20, 1.
CARMINA, L. VIII, V-VII CARMI, L, VIII, 5-7 451
450
Regali de stirpe potens Radegundis in orbe, Radegonda, nata da stirpe regale, autorevole nel mondo: altri re-
altera. cui caelis regna tenenda manent, gni ti attendono, nei cieli, per essere da te posseduti; hai disprezzato il
despiciens mundum meruisti adquirere Christum, roondoi 1neritando così di guadagnare Cristo e, 1nentre vivi nascosta
I ~ et dum <in> claustra lates, bine super astra vides. nel chiostro (38), da quaggiù il tuo sguardo penetra oltre le stelle. Cal-
, Gaudia terreni conculcas noxia regni, pesti le gioie nocive dei regni terreni, per avere il favore del Sovrano e
ut placeas regi laeta favente polo. lapprovazione del cielo. Ora percorri la via stretta, per poi entrare più
Nunc angusta tenes, quo caelos largior intres 17: agevolmente nei cieli: seminando lacrime mieterai le vere gioie. Maceri
diffundens lacrimas gaudia vera metes 18. il corpo, ma i digiuni ti nutrono l'anima; salve a te, che il tuo Signore
Et corpus crucias, animam ieiunia pascunt, conserva nel suo amore.
10 salve qurun Dominus servat amore suus.
6. ALLA MEDESIMA, SU ALCUNE VIOLETTE
VI. AD EANDEM DE VIOLIS
Se la stagione, secondo la consuetudine, mi procurasse candidi
Tempora si solito mihi candida lilia ferrent gigli, o se ci fosse una splendida rosa dal dolce color rosso, io, racco-
aut speciosa foret suave rubore rosa, gliendoli nei campi o sulla zolla di un semplice giardino, avrei inviato
haec ego rure legens aut caespite pauperis horti volentieri dei piccoli doni a persone grandi (39). Ma poiché non di-
misissem magnis munera parva libens. spongo di tali primizie, mi sdebito almeno con fiori di seconda scelta:
Sed quia prima mihi desunt, ve! solvo secunda: chi vi offre delle viole, vi offre pure le rose della sua amicizia. Infatti
profert qui violas, fert et amore rosas. tra le erbe odorose le purpuree viole che vi ho inviato appartengono a
Inter odoriferas tamen has quas misimus herhas una specie nobile (40). Dipinte di regale porpora profumano pure e i
purpureae violae nobile germen habent. petali saziano sia con il loro odore che con la loro bellezza. Possiate
avere voi due entrambe le virtù di cui esse godono e la bellezza peren- 'I
Respirant pariter regali murice tinctae
w et satura! foliis hinc odor inde decor. ne dei fiori sia il profumo della vostra grazia.
Haec quod utrumque gerit pariter habeatis utraque
et sit mercis odor flore perenne decus.
7. ALLA MEDESIMA, SUI FIORI COLLOCATI SULL ALT/IRE
VII. AD EANDEM DE FLORIBUS SUPER ALTARE Il mondo si congela per il ghiaccio di un freddo invernale e le
campagne, prive di fiori, perdono ogni bellezza. Nella stagione prima- ' ,,,,
'
Frigoris hiberni giade constringitur orbis verile, quando il Signore sconfisse l'inferno, l'erba rinasce rigogliosa e
totaque lux agri flore carente perit. fa mostra delle sue chiome. Allora gli uomini adornano gli usci e i pul-
Tempore vernali Dominus quo Tartara vicit, piti con fiori e le donne irrorano il petto di profumi di rosa. Voi invece
surgit aperta suis laetior herba comis. non recate profumi a voi stesse, ma a Cristo e donate ai suoi templi ·',,
i
, Inde viri postes et pulpita floribus ornant, anche codeste primizie. Avete intrecciato variopinte corone sugli altari
,I,•
hinc mulier roseo conplet odore sinum.
At vos non vobis, sed Christo fertis odores,
i has quoque primitias ad pia tempia datis.
(38) In claustra è correzione di M. Reydellet per claustra o causa .della tradizio-
I
Texistis variis altaria festa coronis, ne manoscritta. ·
' , , (39) Venanzio si rivolge a Radegonda e ad Agnese: il motivo è tipico della tra-
dizione epigrammatica: il poeta dona soltanto ciò che egli stesso poté raccogliere: cf.
17 Cf. Mt. 7, D. 18 Cf. Ps. 125, 5. MART. 7, 31: 7, 91; AusoN. 392, 7-9, p. 255; 412, p. 270; PAUL. NoL. carm. 1.2. In I'I';'
i Venanzio il tema ritorna in carm. 10, 12; 10, 17; 10, 18.
5, 9. PAUL. NoL. carm. 27, 587: ieiunia pascunt. , (40) Il ~olore p~rpureo ~elle viole s_irnb?leggia la duplice condizione di regina
6, 9. HoR. carm. 2, 16, 35: Afro I murice #nctae. , ; dr vedova; il poeta moltre nprende qui un espressione oraziana, tratta da un'ode
7, 1. CLAUD, 26, 60: Aquila glacie constringat arenas. - 7, ANTH. 257, 2: stc ~centrata sul rifiuto dei valori dd mondo: un chiaro 01naggio alla condotta di vita
dt Radegonda.
vos non vobt's metlificatis apes.
452 CARMINA, L. VIII, VII-IX CARMI, L, VIII, 7-9 453
rn pingitur ut filis floribus ara novis. parati a festa, l'ara si adorna come di filari di fiori novelli. Una schiera
Aureus ordo crocis, violis hinc blatteus exit, d'oro (41) è formata dai crochi, una purpurea dalle viole; qui rosseg-
coccinus hinc rubricat, lacteus it1de nivet. gia lo scarlatto, Il biancheggia il color della neve. r; azzurro sta presso
Stat prasino venetus: pugnant et flore colores, al verde (42): nei fiori i colori si sfidano e sembra che in quel luogo
I
inque loco pacis herbida bella putas. pacifico si combattano guerre tra piante. Una piace per il suo bianco-
" Haec candore placet, rutilo micat illa decore; re, un'altra risplende di rosseggiante bellezza; questa ha un odore più
suavius haec redolet, pulchrius illa rubet. soave, quella presenta un rosso più intenso. Così, con i loro differenti
Sic specie varia florum sibi germina certant, aspetti, le specie dei fiori gareggiano fra loro, in modo che il loro colo-
ut color hic gemmas, tura revincat odor. re superi quello delle pietre preziose, il loro odore vinca quello degli
Vas quoque quae struitis haec, Agnes cum Radegunde,
floribus aeternis vester anhelet odor.
( incensi. Quanto a voi, Agnese e Radegonda, che avete allestito tutto
ciò, il vostro odore possa emanare la fragranza dei fiori eterni (43 ).
20 l
. ~· I
I
I
VIII. ITEM AD EANDEM PRO PLORIBUS TRANSMISSIS 8. ANCORA ALLA MEDESIMA, PER UN INVIO DI FIORI
I
,:. '1' :
O regina potens cui aurum et purpura vile est,
floribus ex parvis te veneratur amans. fr O potente regina, che dai poco valore ali' oro e alla porpora, cl1i ti
vuol bene ti ossequia con piccoli fiori. Anche se non vale per la mate-
i·'t !
Et si non res est, color est tamen ipse per herbas: ria, nondimeno il colore si ottiene tramite le erbe: la porpora grazie al- '
purpura per violas, aurea forma crocis. f le viole, la bellezza dell'oro grazie ai crochi (44). Ricca dell'amore di '
I'
Dives amore Dei vitasti praemia mundi: t Dio, tu hai scansato i tesori del mondo: -disprezzando quelle vanità, 'I,,
illas contemnens has retinebis opes. r terrai salde queste ricchezze. Accetta il dono di vari fiori che io t'invio: i.'
I,
I i I
annua vota colens hodie claudenda recurris:
errabunt anin1i te repetendo mei.
·. r
i
l~
poli per designare i colori delle due fazioni del circo: la preziosa allusione giocava
probabilmente sui contatti che Radegonda intratteneva con la corte di Bisanzio.
9, 3. PAUL. NoL. carm. 15, 1: annua vota mihi remeant. (43) Per la metafora biblica dell'odore si rimanda alla nota 36 del libro V.
(41) Ordo è q'ui impiegato nel suo significato militare, preparando c?sì la
1netliaforadei vv. 13-14: i colori sono disposti come in uno schieramento di bat·
1t
_ f.·
(44) Crocis è correzione di M. Reydellet per crocus o crocos della tradizione rna-
noscritta.
(45) Venanzio allude al ritiro quaresitnale di Radegonda e Agnese; cf. il carn1e
seguente. Probabil1nente egli inviò i fiori in occasione del loro ritorno alla vita co-
I
~L . ' .. .
(42) I vocaboli adoperati da Venanz10 sono gli stessi tn uso a Costantmo-
-
r----
<
munitaria.
f;
, ,
I '·:1···'\.:
·1 454 CARMINA, L. VIII, 1x~x1 CARMI, L. VIII, 9-11 455 !
·'
I , Lumina quam citius nostris abscondis ocellis! miei occhi! Senza di te io sono oppresso da un'oscurità fitta e pesante.
" Nam sine te nimium nocte pren1ente gravor.
Omnibus exclusis uno retineberis antro:
Ti rinchiuderai in un antro, tenendone lontani tutti gli altri: è me piut-
tosto che tu poni in clausura, facendomi restar fuori, E sebbene tu ti
nos magis includis quos facis esse foris, ritiri fuggendo il mondo per brevi giornate, questo mese sarà più lun-
Et licet huc lateas brevibus fugitiva diebus, go di un anno veloce, Ti riservi un tempo con l'intento di non farti ve-
10 longior hic mensis quam celer annus erit. dere da parte di chi ti vnol bene, nonostante che i momenti in cui ti ~
Tempora subducis, ceu non videaris amru1ti, vedo mi sembrino già ora troppo brevi, Pertanto, saremo uniti a te I'
cum vos d1un cerno hoc mihi credo parum. nella preghiera e ti seguirò con il cuore anche costà dove non mi è
Sed tamen ex voto tecum veniemus in unum permesso accedere, Questo è il mio augurio: le gioie pasquali ti resti-
et sequor bue animo quo vetat ire locus, tuiscano a noi in salute e in quello stesso momento ritornerà per noi
15 Hoc precor, incolumem referant te gaudia paschae, una luce raddoppiata (46), ,
et nobis pariter lux geminata redit
I~
! I
Fervor eram totus, tristis rogus, igne caminus, infocato, e una febbre occulta pervadeva visibilmente il mio corpo (48),
febris et in fibl'is stabat operta patens, fino a quando Cristo mi concesse la grazia di un sudore abbondante e
donec Christus opem sudore undante refudit, un fuoco caldissimo cacciò via i gelidi umori. Restituito alla salute io, ,,'
fervidus et gelidas ignis abegit aquas, 0 padre benigno, auguro a te salute: ti prego, o pastore, vieni in aiuto
,, Redditus ergo isti, pater alme, saluto saluti: a una pecorella debilitata.
auxilium exili sis, rogo, pastor ovi.
10, 12. VERG. georg. 4, 142: quotque in flore novo pomtS se fertilis arbos I
induerat. lo stile dell'ufficialità, in cui Venanzio si dichiara convinto che Gregorio vorrà inter-
venire affinché nel monastero l'ordine sia al più presto ristabilito. ·
(48) Fibrù si legge nelle edizioni a stampa, a partire dall' editio princeps, in (52) Radegonda, morta due anni prima, nell'agosto del 587, è ora la 1nadre ce-
luogo difebris presente nei manoscritti. . . , . . leste del presule.
(49) Questo carme e la lettera che segue si riferiscono ai torb1d1 avvenuu (53) Le raccomandazioni cui qui Venanzio allude sono contenute nella lunga
nel monastero di Santa Croce nel 589, sui quali si sofferma a lungo GREG. TuR. lettera indirizzata da Radegonda ai vescovi: HADEGUND. epist. Greg. Tur. Frane. 9, 42.
Frane. 9, 39ss.; 10, 15-16. Sempre da Gregorio sappiamo che la badessa che era (54) Di questa lettera si noterà la sintassi sconnessa: evidentemente è stata
succeduta ad Agnese, morta poco dopo Radegonda, aveva nome L::ubovera. ~critta sull'onda dell'emozione suscitata dalla gravità dei fatti. La proposizione finale
(50) Teina esortativo dell'imitatio Martini: cf. la nota 75 del libro V. tiltrodotta da suggero ut causa ... resta senza il suo verbo, che co1npare soltanto verso I
(51) Ai versi di tono personale fa seguito questa lettera, redatta secondo la fine del testo: praecipiatis, dopo che il lega1ne è stato ripreso con in causa. I'
'
'I
458 CARMINA, L. VIII, XIII~XV CARMI, L. VIII, 13-15 459 ·1 ·'
i
I
XIII. AD EUNDEM 13. AL MEDESIMO (55)
, I
i
1
Antistes Domini, bone pastor et auctor honoris, r Vescovo del Signore, buon pastore e campione dell'onore, degna
rite decus generis quo est generosa fides:
Iustinam famulam pietate memento, beate;
'
f'
gloria di una famiglia in cui la fede è una tradizione (56): ricordati, o
beato, di Giustit1a, tua serva nella pietà; prega per me, tu che 1ni sei
i_
per te et commender, stirpe vel aree pater, padre per stirpe e per autorità. Io ti rendo grazie perché la dolce im-
' magine di mia nonna mi è stata finalmente restituita e si ripresenta allo
hinc referens grates, aviae quia reddita tandem f I
ad vultus neptis dulcis imago venit. sguardo di sua nipote. Tu, o pastore, mi hai donato queste gioie che ·I,
!1
Ista diu nostris votis dans gaudia, rector, da lungo tempo auspicavo; possa tu ora prendere il posto intermedio
inter avam et neptem tu mediator agas. tra nonna e nipote (57).
I
XIV: AD EUNDEM SALUTATORIA 14. AL MEDESIMO, BIGLIETTO DI SALUTO
Alme, beate pater, lumen generale, Gregori, Venerabile Gregorio, padre beato, luce della nazione, legittimo
iure sacerdotu1n culminis aree caput, capo dei sacerdoti per la tua autorità e per il tuo rango; rendo grazie
i!; reddo Deo grates de vobis prospera noscens, a Dio, perché ricevo notizie felici sul tuo conto e ora grazie alla tua
vestris nunc scriptis laetificatus agens. lettera sono pervaso da letizia. Ti saluto, e, con parole di umile pre-
i
ghiera, mi raccomando a te, che il mio cuore sempre doverosrunente
I
Me quoque commendans humili prece voce saluto, - ;---
unicus in campis publica turris ades. ne quale suo amato capo, padre ospite della sacra cattedra di Martino,
lj.
I ! I Vir date dulce caput regioni, care Gregori, io, Fortunato, raccomando umilmente 1ne stesso al mio patrono; possa
I: 1•·1,
I', Martini retinet quem sacra sella pattern, la tua vita essere a lungo, in questo mondo, rivolta a Dio.
' ' me Fortunatum humilem commendo patrono;
sic tua vita diu hoc sit in orbe Deo.
, 1· i
I !I I
' '
(55) Biglietto scritto a nome di Giustina (PLRE III, 743 n. 2), figlia di una so-
rella di Gregorio di Tours. Venanzio la nominerà anche in carm. 9, 7, 81, esso pure
,I I indirizzato a Gregorio. Al 1nomento d~'i dissidi esplosi .1;1.el monastero, ella era prae-
I I posita, cioè pdora: cf. GREG. TuR. Frane. 10, 15.
r. i
(56) Questo è il senso dell'aggettivo generosus, qui accostato etimologican1ente
! '
a genus< La famiglia di Gregorio vantava infatti di discendere da Vettio Epagato,
! I martire lionese perito nel 177.
I .. 1 (57) Nell'ordine di parentela e di affetto. La nonna è Armentaria (PLRE III,
''I I
121), madre di Gregorio, che viveva in Borgogna. Venanzio le dedica il carm. 10, 15.
Giustina ringrazia lo zio di aver persuaso Armentaria a recarsi a Poitiers per visitare
11' 15, 6. SEOUL. carm. pasch. l, 338: pia castra. la nipote.
•
f
' '. i1 I' '
CARMINA, L. VIII, XVI-XIX CARMI, L. VIII, 16-19 461
11 11,
I
Si qua mihi veniet quotiens occasio dulcis, Ogni volta che mi si presenta qualche gradita occasione, io desi- !.,I
I!,
opto, sacer, calamo solvere vota meo. dero, padre santo, renderti partecipe con la penna dei miei auspici.
'
Summe pater patriae, toto venerabilis orbe, Sommo padre della patria, venerabile nel mondo intero, caro a me
undique care mihi, fulgida cura Dei: ovunque tu sia, in te risplende lo zelo per Dio: raccomando a te la mia
J com1nendans humilem tibi me, sacer aree Gregori, umile persona, o Gregorio, sacro per la tua autorità, ti supplico di ri-
pro famulo proprio, quaeso, precare Deum. volgere preghiere a Dio per questo tuo servitore.
! '
'.'
'
" XVII. ITEM AD EUNDEM DE EA RE 17. ANCORA AL MEDESIMO, SULLO STESSO ARGOMENTO
Si cessent homines velociter ire, per austros Se dovessero venire a mancare i postiglioni dai rapidi spostamen- "'
ad te, care pater, carmina missa velim. ti, io vorrei che le mie poesie, o caro padre, fossero inviate a te dai i
Nunc ta1nen est quonia1n gerulus mihi, porrigo verbum, venti. Pertanto, poiché ora (58) ho a disposizione un postiglione, tiri-
sed minus eloquio quam quod amore colo. volgo la parola, non tanto per fare letteratura quanto per laffetto che ,i
i'
5 Dulcis, opime, decus nostrum, pie papa Gregori, nutro per te. O magnifico, dolce amico, nostra gloria, pio vescovo
versiculis brevibus solvo salutis opus. Gregorio, con questi brevi versucci ti rendo il mio deferente saluto.
Sed memor ipse mei commenda, quaeso, Tonanti: Tu ricordati di me e raccomandami, te ne prego, all'Onnipotente: pos-
sic te consocium reddat honore throno. sa egli onorarti, rendendoti compartecipe del suo trono.
Gurgitis in morem si lingua fluenta rigaret, Se la mia lingua potesse diffondere acque al modo di un vortice,
turbine torrentis vel raperetur aquis, oppure se fosse trascinata a precipizio dalle acque di un torrente tur-
ad tua praecipue praeconia summa, Gregori, binoso, per celebrare confacentemente le tue altissime lodi, o Grego-
dum non explerem flumine, gutta forem. rio, io non sarei che una goccia, poiché il mio fiume non potrebbe as" I
I
'I
Munificumque patrem aequaret nec musa Maronis: solvere il suo compito. Neppure la musa di Virgilio potrebbe essere
'. fers, bone, quanta mihi quis valet ore loqui? ali' altezza di un padre così generoso: o buon pastore, chi può dire a
Hac brevitate, sacer, famulum commendo subactum parole tutto ciò che tu mi doni? Con questi brevi versi, o santo padre,
me Fortunatum: sit veniale, precor. raccomando 1ne stesso, Fortunato, tuo servo e suddito: ti prego, possa
:j l io ottenere il perdono.
'!i
: i I
f
XIX. AD EUNDEM PRO VILLA PRAESTITA
.
! ;;
' 19. AL MEDESIMO, PER AVER MESSO A DISPOSIZIONE UNA TENUTA
Tramite munifico celebravi! pagina cursum,
carmine dulcifluo quam tuus edit amor, La pagina inviata dal tuo affetto (59), con una poesia che gronda
in qua forte loci facta est conlatio doni, dolcezza, ha compiuto il suo viaggio lungo il cammino della genero-
qua Vigenna procax litote frangit aquas, sità, con la quale mi è stato offerto in dono un terreno, dove l'impe-
, lapsibus et tumidis dum fertur nauta carinis, tuosa Vienne infrange le sue acque sulle rive e dove il navigante si la-
iugera culta videt quando celeuma canit. scia trascinare dalle gonfie correnti sulla sua imbarcazione, e conte1n"
pia i terreni coltivati cantando la cadenza dei rematori. O caro amico,
16, 3. ARATOR act. 1, 564: venerabilis orbi; VEN. FoRT. carm. 8, 3, 321:
19, 5 PAUL NoL. carm. 17, 109: navitae laett'solt'tum celeusma I concinent.
(59) L'esordio del carme, con l'allusione all'attività lettel'aria di Gregorio di
(58) Nunc si legge nelle edizioni a stampa, a partire dall' editio princeps, in Tours, presenta il dono della tenuta in termini simili all'analogo dono fatto al poeta
luogo di tunc dei manoscritti. Orazio da parte di Mecenate, protettore di letterati e letterato egli stesso.
CARMINA, L. VIII, XIX-XXI CARMI, L. VIII, 19"21
Grates, care, gero, pietatis fruge repleto, serbo gratitudine per te, che sei ricolmo del frutto della pietà, tu che
qui facis unde decens multiplicetur apex. fai in modo che il tuo glorioso rango aumenti il proprio prestigio. An·
Et sine his mea sunt a te quaecumque tenentuf: che senza questo tuo dono, ogni cosa che tu detieni è mia: il gregge
grex habet omnis agris quod bone pastor habes 19, possiede tutto ciò che tu, o buon pastore, possiedi nei tuoi terreni.
rn
-f
XX. AD EUNDEM PRECATORIA PRO IPSO AGRO ! 20. AL MEDESIMO, I'
~ LE1'l'ERA DI SUPPLICA PER LO STESSO TERRENO i·,: !
::
Munifici reparans Mattini gesta, Gregari,
texit ut ille habitu nos alis ipse cibo. O Gregorio, tu rinnovi le gesta del generoso Martino: come egli ,1
Discipulus placidum sapiens imitando magistrum ricoprì con la sua veste, tu ci nutri col tuo cibo. Saggio discepolo, che
ille ubi dux residet miles habebis opem. imitand.o il sereno tuo maestro avrai, soldato, la ricompensa nel luogo
, Ut clamidem ille prius, sic tu partiris agellum, ove quèl comandante dimora. Come egli un tempo divise il suo man-
ille tegendo potens tuque fovendo decens, tello, così tu dividi il tuo podere; egli fu grande nel rivestire, tu glorio-
ille inopem antiquum relevans, tu, care, novellum: so nel sostenere; egli risollevò una povertà antica, tu, o caro, una l'e·
fit dives merito paupere quisque suo. cente. Ciascuno a buon diritto diventa ricco del suo povero. Quando
Quando reposcetur, vestris redit usibus arvum lo richiederai, il terreno ritornerà a tuo uso e il podere sarà restituito
10 et domino proprio restituemus agrum. al legittimo proprietario. Perciò ti rendo abbondanti grazie, o dolcissi-
Unde amplas refero grates, dulcissime rector, ma guida, e io, tua pecorella, rinnovo la inia gratitudine, o pastore,
et repeto pangens haec, tua, pastor, ovis. stendendo questi versi. Ma non ti rendo tanto quanto io ti devo, omio
Nec tanttun recido quautum tibi debeo, praesul: presule, nondimeno, te ne prego, cerca di muovere Dio a pietà nei ri-
pro Fortunato sed, rogo, flecte Deum. guardi di Fortunato.
XXI. AD EUNDEM PRO PELLIBUS TRANSMISSIS 21. AL MEDESIMO, PER UN INVIO DI PELLI
Egregio conpacta situ, falerata rotatu La tua pagina densa ed egregiamente architettata, decorata e tor·
atque Sophocleo pagina folta sopho nita, improntata allo stile sofocleo, nella sua magnificenza ha inondato
me arentem vestro madefecit opima rigatu, la mia aridità con la tua vena e ha fatto si che il registro con cui ora mi
fecit et eloquio quod loquor esse tuo. esprimo sia il tuo. Dolce, caro, amabile, eloquente, benevolo Gt'Cgo·
' Dulcis care decens facunde benigne Gregari rio, padre della patria, allo stesso tempo santo e accorto, per i tuoi do-
atque pater patriae, hinc sacer, inde cate, ni, per i tuoi meriti, per il tuo animo e per il tuo comportamento equi-
muneribus, meritis, animis et moribus aequis, librato, in ogni tua funzione ti guadagni l'ammirazione: io, l'umile
omnibus officiis unde colaris habens: Fortunato, mi prostro di fronte alla tua eccellenza e, con supplice pre- ! '
me Fortunatum tibi celso sterno pusillum, ghiera, mi raccomando a te come è giusto che faccia chi è tuo; tu hai
10 commendo et voto supplice rite tuum; procurato che i calzari (60) che mi hai inviato siano allacciati e chele
cui das unde sibi talaria missa ligentur piante dei miei piedi siano ricoperte con pelli bianche. Per tutto ciò, il
pellibus et niveis sint sola tecta pedis. Signore ti dia una stola candida (61): possa tu, che doni queste cose ai I,'
! , I
Pro quibus a Domino detur stola candida vobis: piccoli, accumulare ricchezze eterne.
qui datis hoc minimis, unde feratis opes.
{60) I talaria sono i calzati alati del dio Mercurio; qui Venanzio adoperailter·
mine per ischerzo.
19 Cf. Io. 16, 15. (61) La veste degli eletti: cf. Ap 6, 11; 7, 9; 13.
:.,
l'I
1:
LIBERNONUS LIBRO NONO I
II
,,
i'''
i:
,,:1'1·:
I
Ordo sacerdotum venerandaque culmina Christi, Ordine dei vescovi, venerabili principi di Cristo, che la fede beni-
I
quos dedit alma fides religione patres, gna ci ha dato come padri nella religione (2), nella mia piccolezza in-
I
parvolus opto loqui regis praeconia celsi: 't tendo tessere gli elogi del nostro eccelso sovrauo: il vostro affetto no- I
sublevet exigui carmina vestet amor. biliti i versi dell'umile cautore (3 ).
Re glorioso in armi, nato da illustri sovrani; per primo, dopo gli
' Indite rex armis et regibus edite celsis, antichi, governi i primi regni (4), signore che hai la gloria della nascita,
primus ab antiquis culmina prima regens, accresciuta dal tuo governo, potente fiore germogliato dalla radice pa-
rector habens nascendo decus, moderando sed auges, terna. Voi, con eguali imprese, vi nobilitate a vicenda: tu hai decorato ::~
de radice patris flos generate potens, la schiatta e la famiglia dell'avo decora te. Hai ricevuto su di te lo
aequali serie vos nobilitando vicissim splendore dalle origini della tua famiglia, ma grazie a te questo splen-
10 tu genus ornasti, te genus ornat avi. dore si riflette più glorioso sui tuoi autenati. Quando tu nascesti a tuo
Excepisti etenim fulgorem ab origine gentis, padre, una nuova luce nacque nel mondo (5), e tu ora spargi ovunque
sed per te proavis splendor honore redit. i nuovi raggi del tuo nome, del quale riecheggiano l'Oriente, la Libia,
Te nascente patri lux altera nascitur orbi, l'Occidente e il Settentrione: dove tu non arrivi col tuo piede, giungi
nominis et radios spargis ubique novos, con la tua fama e con la tua gloria (6). Con il tuo nome, o sovrano, hai
u quem praefert Oriens, Lybies, Occasus et Arctus: percorso ogni parte del mondo e tu compi il medesimo cammino della
quo pede non graderis, notus honore venis. ruota del sole: tu ormai sei conosciuto nel Mar Rosso e nel mare In-
Quidquid habet mundus peragrasti nomine, princeps,
curris et illud iter quod rota solis agit,
cognite iam ponto et rubro pelagoque sub Indo, assolto, i sovrani rischiavano la sc_on1unica per aver portato avanti l'accusa. Nono-
stante il clima di minaccia instaurato durante il sinodo, la 1naggioranza dei vescovi
era favorevole a Gregorio, e questi fu infine riconosciuto innocente, mentre Leuda-
1, 5. HoR. carm. 1, 1, 1: atavis edite regibus. - 18. PRUD. apoth. 626: rata sto e le altre persone coinvolte furono uccise o esiliate. Venanzio, scrivendo questo
solis. panegirico del re Chilperico, non intendeva esercitare bassa adulazione abbando-
nando il suo amico a se stesso, come si pensava in passato (cf. ad es. MEYER, Der Ge-
(1) Il sinodo fu convocato nel 580 dal re Chilperico nella sua tenuta di legenheitsdiehter, 113-126, e KOEBNER, Venantius Fortunatus, 95-105), ma intendeva
Berny-Rivière: i vescovi dovevano esprimere un giudizio circa l'accusa formula- invece porre la proprkl abilità poetica e retorica a supporto della difesa di Gregorio
ta a Gregorio di Tours da parte di Leodasto, conte della 1nedesima città, secon· e per prevenire futuri sviluppi (cf. GEORGE, Venantius Fortun_atus. A Latin Poet, 48-
do cui il presule avrebbe diffuso la voce calunniosa che la regina Fredegonda, 57). Il panegirico segue lo schema tradizionale: introduzione, famiglia e giovinezza
moglie di Chilperico, intrattenesse una relazione adulterina con Bertrando ve- del personaggio celebrato, virtù civili e militari; non 1nanca un rapido cenno alla 1no-
scovo di Bordeaux. Sulla vicenda Gregorio si sofferma, ovviamente a lungo, glie (vv. 115-126).
nella sua opera storica: GREG. TUR. Frane. 5, 49. Dietro all'ac.cu~a si nasc?t;td~ (2) Viste le circostanze esposte nella nota precedente, il presentare il panegiri-
vano motivi diversi: dopo l'assassinio di Sigiberto (575), Brun1childe sposo il fi- co a Chilperico nella farina di un'allocuzione ai vescovi radunati per il sinodo riveste
glio ribelle di Chilperico, Maroveo. Il vescovo Pretestato di Rouen, che celebr~ un'iinportanza particolare.
le nozze, fu posto sotto accusa nel 577 da una giuria presieduta da Bertrando .d1 (3) Topos della modestia: cf. CURTius, Letteratura europea, 97-100.
Bordeaux, che fino ad allora era stato un sostenitore di Gregorio e di Venanzw: (4) L'evidente richian10 a Orazio è un 01naggio nel segno della tradizione im-
Chilperico e Fredegonda riuscirono a far condannare Pretestato, e tentarono <l1 periale ro1nana a un sovrano che fu letterato e poeta; cf. GREG. TuR. Frane. 5, 44, e
corro1npere Gregorio: cf. GREG. TUR. Frane. 5, 18. Leodasto, ostile da lungo la nota 18.
tetnpo a Gregorio (GREG. TUR. Frane. 5, 47-49), approfit.tò della situazi~ne per (5) La tipica i~11magit;te della luce, caratteristic~ dei pan~~iri~i P«;r sovrani.
vendicarsi delle umiliazioni subite: la sua accusa era particolarmente pencolosa (6) Altro n1ouvo topico, quello del plauso universale, g1a visto m earm. 6, 2, 2,
per Chilperico, poiché Bertrando gli era cugino, e se poi Gregorio fosse stato e per il quale si rimanda a CuRTIUS, Letteratura europea, 181-182.
I
CARMINA, L. IX, I CARMI, L. IX, 1
1.
transit et Oceanum fulgida fama sopho. diano e la tua fulgida fama di saggezza travalica l'Oceano. Non vi è
Non1en ut hoc resonet non iinpedit aura nec unda: vento né corrente che ill1pedisca al tuo no1ne di risonare: così tutte le
sic tibi cuncta simili, terra vel astra, favet1t. realtà assieme, sulla terra e in cielo, plaudono a te. Sovrano apprezzato
Rex bonitate placens, decus altum et nobile getmen, per la tua bontà, alta gloria e nobile rampollo, in cui le altezze di tanti
in quo tot procerum culmina culmen habent, potenti trovano il loro vertice, difensore della patria, speranza e ba-
25 auxiliu1n patriae, spes et tutamen in armis, luardo nelle battaglie, coraggio che rincuora il popolo, rinomato valo- !i
I 'i•
fida tuis virtus, inclitus atque vigor, re, o potente Chilperico: se ci fosse qui un traduttore barbaro, rende- I
Chilperice potens: si interpres barbarus extet, rebbe il tuo nome con "forte adiutore" (7). I tuoi genitori non ti die- I'
"adiutor fortis" hoc quoque nomen habes.
'' dero invano questo nome: ciò era augurio e presagio della tua gloria
'
Non fuit in vacuum sic te vocitare parentes: (8). Già allora le circostanze davano indizio su chi sarebbe stato il ,:, ;
praesagum hoc totum laudis et omen erat. nuovo nato e ora gli appellativi dati un tempo sono confermati dai do- .'li i
•,
I:
Iam tunc indicium praebebant tempora nato, ni che sono seguiti. Sulla tua delicata testa era concentrata ogni solle-
dieta priora tamen dona secuta probant. citudine di tuo padre e così tu, tra tanti fratelli, eri Punico suo amore l1
In te, dulce caput, patris omnis cura pependit, (9). Egli infatti già allora si rendeva conto che tu meritavi cose più al- I·
1:
inter tot fratres sic amor unus eras. te; perciò tuo padre ti pose al primo posto e ti dedicò tutte le sue at-
,, Agnoscebat enim te iam meliora mereri: tenzioni. n genitore preferl il figlio che amava di più: nessuno può 1'1
'
"
11
unde magis coluit, praetu!it inde pater; contestare il giudizio del sovrano. I
i
praeposuit genitor cum plus dilexit alumnum: Sei cresciuto sotto grandi auspici, o massimo principe, ritnanendo
i.
iudicium regis frangere nemo potest. sempre oggetto· del!' an10re del popolo da una parte, di tuo padre
Auspiciis magnis crevisti, 1naxime princeps, dal!' altra. All'improvviso, la sorte invidiosa di cosl tanti meriti, cercò
40 hinc in amore manens plebis et inde patris. di mettere scompiglio nel tuo quieto regno (10), turbando gli animi
Sed meritis tantis subito sors invida rerum, dei popoli e i patti stretti coi tuoi fratelli (11); ma proprio quando vo-
perturbare parans regna quieta tibi, leva danneggiarti, ti favorì nella prosperità. Alfine, quando già il peri-
concutiens animos populorum et foedera fratru1n, colo incombeva sul tuo capo robusto, quello stesso istante che offriva i:
laedere dum voluit, prosperitate favet. l'occasione per colpirti allontanò invece la morte da te. Quando tu fo- •I
i'
., Denique iam capiti valido pendente periclo, sti imprigionato e accerchiato da armi assassine, la sorte, per opera di 1
quando ferire habuit, reppulit hora necem. Dio, ti sottrasse alla spada. Giunto sulla soglia estrema ritornasti dalla ·'
Cum retinereris mortis circumdatus armis, morte alla vita: il giorno che avrebbe potuto essere per te l'ultimo di-
eripuit gladio sors operante Deo. venne il primo. Quando i nemici bramavano scatenare guerre a tuo
Ductus ad extremum remeas de funere vitae, danno, la fede, forte contro le armi, combatté in tua difesa (12). La tua
· ultima quae fuerat fit tibi prima dies. causa, senza tuo intervento, raggiunse con successo il giudizio e I'ec-
Noxia dum cuperent hostes tibi bella parare, celso trono ritornò alla propria sede (13 ).
pro te pugnavi! fortis in arma fides.
Prospera iudicium sine te tua causa peregit,
et rediit proprio celsa cathedra loco.
(10) In realtà il regno di Chilperico non fu quasi mai in pace; anche qui biso-
25. VERG. Aen. 5, 262: decus et tutamen in armis. - 41. LuCAN. 4, 503: sors t'nvi- gnerà scorgere l'intento del poeta di riconciliare Chilperico e Gregorio, e di porre
cosl fine a un periodo di altissima tensione. A questo scopo egli dipinge Chilperico
da. - 47. VERG. Aen. 9, 462: armt's eircumdatus ipse.
come un buon sovrano cristiano amante della pace.
(7) L'elemento Chdp- corrisponde al tedesco Hilfe e all'inglese help "aiu- (11) Il riferimento è probabilmente ai tentativi di Chilperico di awantaggiarsi
to", mentre l'elemento -rieh corrisponde al tedesco reich e all'inglese rich "ric- sui suoi fratelli: cf. GREG. TUR. Frane. 4, 22. Venanzio presenta tali awenimenti co-
co, potente". Sull'importanza dei "nomi parlanti" nella cultura medievale si rin- 1ne tentativi falliti della sorte di ininare l'unità dei sovrani fratelli.
via a CURTIUS, Letteratura europea, 553-559. (12) Gli awenimenti cui Venanzio si riferisce sono ignoti. Forse allude a episo-
(8) Quello dei partenti che accompagnano la fanciullezza di un principe è di accaduti durante la spartizione seguita alla morte di Clotario I, o forse più plausi-
un altro topos della panegiristica. . bilmente allude all'assedio di Soissons nel 576 e all'insurrezione che Chilperico attri-
(9) Clotal'io ebbe in tutto sette figli, cinque da Ingonda (Gontaro, Childe- bul al figlio Meroveo (GREG. TuR. Frane. 5, 3 ), fatti che costituivano i prodromi del-
rico, Cariberto, Gontrano e Sigiberto), uno da Aregonda (appunto Chilperico) la vicenda in cui era coinvolto Gregorio. Il riferi1nento alla fede è forse volto a invi-
e uno da Consina (Cranno). Il riferimento di Venanzio a una particolare predi- tare Chilperico a rispettare la Chiesa, presente in quel 1nomento nelle persone dei
lezione per Chilperico non deve essere preso troppo seriamente: probabihnente vescovi riuniti per il sinodo. '
è un segnale che il poeta invia al sovrano per persuaderlo che nel regno che fu (13) Secondo la GEORGE, Venantius Fortunatus. Persona! and Politt'cal Poems,
di Sigiberto non ci sono persone in grado di minacciare la sua autorità. ad loc., il verso si riferisce forse al processo contro Pretestato: Venanzio affermereb-
r
CARMINA, L. IX, I CARMI, L. IX, 1
55 Rex bone) ne doleas, nam te fortuna querellis O buon sovrano, non rammaricarti: infatti la sorte ti ha colpito I
unde fatigavit, bine meliora dedit. con sofferenze, ma ti ha ricompensato di queste con favori più grandi. I
et per maerores gaudia nata n1etis 1, 'J: prosperi e tu raccogli le gioie semioate nella tristezza. Tu, che hai pati-
Mttlti1nodas perpesse minas tua regna resumis, to le più diverse minacce, ora ti reimpossessi del tuo regno; infatti di
namque lahore gravi crescere magna solcnt. solito è con pesanti fatiche che crescono le cose grandi. Le avversità
Aspera non nocuit, sed te sors dura probavit: non ti furono di ostacolo, anzi, la crudeltà della sorte ti ha temprato:
unde gravabaris, celsior inde redis. l'esser passato per questi crucci ti ha reso ancor più grande. Il conti~
Altior adsiduis crescis, non frangeris ar1nis, nuo esercizio delle arn1i non ti ha prostrato, ma ti ha cresciuto e nobi-
et belli artificem te labor ipse facit. litato e l'impegno stesso ti rende maestro in guerra. Attraverso molti
" Fortior efficeris per multa pericula princeps pericoli sei diventato un sovrano più forte e, grazie ai tuoi sudori, godi
ac per sudores dona quietis habes. dei premi della pace (14). Il mondo non si addolora per ciò che ha
Nil dolet amissum te rege superstite mundus, perso finché tu, suo sovrano, sei in vita; e il regno che era dovuto alla
cui se servarum debita regna gradu. tua nobiltà si è conservato per te. Il Creatore ha provveduto al bene
Consuluit domui, patriae populoque creator, del casato, della patria e del popolo, preservandoti in vita, eroe temu-
quem gentes 1netuunt, te superesse virum. to dalla popolazione. Tu sei acclamato con il titolo di vittorioso e pro-
'" Ne ruat armatus per Gallica rura rebellis, teggi vasti territori, perché i sediziosi non imperversino arn1ati per la
nomine victoris hic es et ampla tegis: Gallia. Di fronte a te tremano il Goto, il Basco, il Dano, lo Iuto, il Sas-
quem Geta, Vasco tremunt, Danus, Euthio, Saxo, Britannus, sone, il Britanno: è noto che tu, assieme a tuo padre, li soggiogasti tut-
cum patre quos ade te domitasse patet. ti io battaglia (L'5). Sei (16) il terrore dei lontanissimi Frisoni e degli
75 Terror es extremis Fresonibus atque Suebis, Svevi, i quali non preparano guerre ma chiedono la tua dominazione.
qui neque bella parant, sed tua frena rogant. A tutti costoro tu sei stato dato quale terrore nel confronto su quei
Omnibus bis datus es timor ilio iudice campo, campi di battaglia e, grazie a questo timore inusitato sei divenuto og-
et terrore novo factus es altus amor. getto di amore profondo. In te, sovrano, il territorio ha una muraglia
In te, rector, habet regio circumdata murum di cui circondarsi e una porta ferrea leva alto il suo capo. Tu da meri-
ac levat excelsum ferrea porta caput. dione risplendi alla patria come torre adamantioa e con scudo fermo
"" Tu patriae radias adamantina turris ab austro proteggi i desideri della comunità. Perché nessuno turbi questa tran- '1 ''
et scuto stabili publica vota tegis. quillità, costruisci propugnacoli di pietà e dai incremento alla ricchez- I'
.I;
Neu gravet haec aliquis, pia propugnacula tendis za del paese difendendone con cura le frontiere. I
ac regionis opes limite forte foves. Cosa dovrei poi dire, o sovrano, della tua amministrazione della iJ
"' Quid de iustitiae referam moderamine, princeps? giustizia (17)? Nessm10 ritorna malcontento, se a ragione domanda l1
Quo male nemo redit, si bene iusta petit, giustizia; nella tua onesta bocca ha sede la bilancia del!' equità e il cor- i ,.:·
cuius in ore probo mensurae libra tenetur so delle cause procede io lioea retta. Il vero non tarda a palesarsi, l' er-
rectaque causarum linea currit iter. rore e la falsità non approdano a nulla e, davanti ai tuoi giudizi, la fro- I
i
Nec mora fit vero, falsus nihil explicat error de si dilegua e ritorna l'ordine. Che ancora? Col tuo ingegno accorto e I I I
i·,·
iudiciisque tuis fraus fugit, orcio redit. I
capitale del regno dopo la lunga occupazione ad opera di Sigiberto, che durava dal I'
562.
(14) Venanzio sviluppa ora quanto anticipato al v. 43: l'indole di Chilperico è
1 Cf. Ps. 125, 5. fondatnentalmente pacifica.
(15) La partecipazione di Chilperico alle campagne di Clotario non gode di al-
58. SEDUL. carm. pasch. 1, 350: gaudia longa metam; VEN. FORT. carm. app. 2, tre testimonianze e, poiché negli anni di. regno non intraprese alcuna spedizione
90. - 71. LUCAN. 2, 429: Gallica rura; VEN. FORT. carm. 8, 1, 12. - 82. lNSCR. esterna, pare più probabile che le parole di Venanzio evochino non la realtà dei fatti
c;hrist. Diehl 391, 10: publica vota. ma il topos del plauso universale. Per le spedizioni di Clotario I si veda Gll.EG. TUR.
Frane. 3, 7 (Turingi), 3, 11 (Burgundi), 3, 29 (Spagna), 4, 10 (Sassoni), 4, 14 e 16
be dunque che la rimozione di Pretestato è 'stata accettata, ma nel contempo il (Franchi Ripuari e Sassoni), 4, 20 (campag11a di Cranno in Brit.annia).
sovrano non deve pensare che tra i presuli presenti al sinodo vi siano traditori. (16) Es è integrazione di F. Leo; i codici più accreditati presentano il verso la-
Aitrimenti, secondo REYDELLET, La royauté, 318, cathedra può essere inteso co- cunoso, '
me "capitale": Soissons, ora riconquistata da Chilperico, riassuine il ruolo di (17) Domanda ironica, l'intento è di persuasione, non certo di esposizione,
CARMINA, L. IX, I CARMI, L. IX, 1 471
470
doctior ingenio vincis et ore loquax, con la tua orat~ria elo.quente t;i superi tutti i sudditi che governi nel
discernens varias sub nullo interprete voces, tuo regno (18), 111tend1 senza bisogno di interpreti le parlate più varie :!
et generum linguas unica lingua refert. e la tua lingua, da sola, si esprime negli idiomi delle diverse nazioni (19). !,
95 Erigit exiguos tua munificentia cunctos,
La tua munificenza risolleva tutti i poveri e tu consideri tuo ciò che 11 '
et quod das famulo credis id esse tuum '· elargisci a un tuo servitore. Così di conseguenza i tuoi encomi poi si
Qualiter bine itidem tua se praeconia tendunt estendono e il fragore di questo cumulo di lodi fa tl'emare le stelle.
Allo stesso tempo ti arridono le armi e ti favoriscono con il loro I i,
laudis et hoc cumulo concutit astra fragor.
Cui simul arma favent et littera consta! amore: amore le lettere: nelle prime sei forte per il tuo valore nelle seconde 'I!,
I,
100 hinc virtute potens, doctus et inde places. sei appre~zato per ~a tua cultura. Abile in entrambi i ~ampi, saggiato
Inter utrun1que sagax, armis et iure probatus nelle armi e nel dmtto, ora r!splendi come guerriero, ora rifulgi come
belliger hinc radias, legifer inde micas. legislatore. Nel tuo valore nvtve tuo padre, nella tua eloquenza tuo
De virtute pater, reparatur avunculus ore, zio,. ma nel!' amore per la cultura superi ogni esponente della tua
doctrinae studio vincis et omne genus. s~hiatta. Pur ess~ndo eguale agli altri re, godi di maggior prestigio gra-
'°' Regibus aequalis de carmine maior haberis, zie alle tue poesie (20), nella dottrina religiosa non vi fu parente che ti
dogmate ve! qualis non fuit ante parens. eguagliasse. Le armi ti rendono simile ai tuoi familiari ma la cultura ti
Te arma ferunt generi similem, sed littera praefert: rende superiore. Cosi allo stesso tempo tu eguagli e' superi i sovrani
sic veterum regum par simul atque prior. antichi. O re, degno della inia massima ammirazione, il cui vigore con-
Admirande mihi nimium rex, cnius opime duce fortunate battaglie e la cui lima leviga poesie. Tu governi le armi
proelia robor agit, carmina lima polit. con le leggi e fai rispettare le leggi con le armi: così due diverse disci-
uo
Legibus arma regis et leges dirigis armis: pline procedono di pari passo. Se ciascuno potesse apprendere, o so-
artis diversae sic sffi1ul itur iter. vrano, ogni tua singola qualità, in molti più celebrerebbero le buone
Discere si possit, rector, tua singula quisquis, azioni che tu, da solo, compi.
ornarent plures quae bona solus agis. . Si consolidi pertanto e cresca codesta tua prosperità e ti sia possi-
:i '
115 Sed tamen haec maneant et crescant prospera vobis
bile godere del trono 111 un regno sempre più vasto, assieme con la tua
et liceat solio multiplicante frui consorte (21), che decora il regno con le sue virtù e governa parteci-
coniuge cu1n propria, quae regnum moribus ornat pando della maestà del sovrano: prudente nelle sue decisioni solerte
principis et culmen participata regit accorta, utile alla corte, di valente ingegno, gradita per la g~nerosità
, I
provida consiliis, sollers, cauta, utilis aulae, dei suoi donativi. I:illustre Fredegonda eccelle in tutte le virtù: dal suo '',,'I
ingenio pollens, munere larga placens, volto risplende una luce serena (22), ella si dà carico dei pesi assai in- ' I !1.. :1
,;I I
genti degli affari di governo, ti venera con bontà, ti aiuta con la sua di-
omnibus excellens meritis Fredegundis opima, ~' '·i]
atque serena suo fulget ab ore dies, s\'onibilità. Grazie. a lei, che esercita il potere assieme a te, i tuoi palaz-
'1.1
regia magna nimis curarum pondera portans, zi crescono e, con il suo aiuto, la tua casa fiorisce di gloria. Ella si ado-
te bonitate colens, utilitate iuvans. pera perché al marito siano raddoppiati gli auspici di salute e ottiene ,1,l,
125 Qua pariter tecum moderante palatia crescunt,
per te le preghiere di Radegonda. Ella, per i propri meriti, rifulge co- 'I,, '•
,lt,' I''
111 i i
cuius et auxilio floret honore domus. ll·i1!
'·'
,,!
il;
Quaerens unde viro duplicentur vota salutis ' ·:;
et tibi mercedem de Radegunde facit. st. a?ast. 1978]~ 45?-457). Altri ca?lpi in cui si rivolse l'interesse di Chilperico furo-
Quae meritis propriis effulget gloria regis no 1alfabeto, d1. cu1 propose una riforma mediante l'aggiunta di nuovi segni (si veda
W. SANDERS, Dze Buchstaben des KOnigs Chilperù:h, "Zeitschrift filr deutsches Alter-
tum und deutsche Literatur", CI [1972], 54-84), e la legislazione (si veda F. BEYER-
I , i'
,,'
I i!'
LE, Das legislative Werk Chilpert'chs I., "Zeitschrift der Savigny-Stiftung flir Rechts- '1'
2 Cf. Mt. 19, 21.
geschichte", Germanische Abreilung, LXXVIII [1961] 1-38).
100. ARATOR act. 2, 78: virtute potens; VEN. FoRT. carm. 2, 12, 5. - 117. HoR. (19) Sulle relazioni tra i due gruppi etnici si rim~da alla nota 34 del libro VI.
Per il concetto seguente, già più volte visto nei carmi venanziani si rinvia alla nota
epist. 2, 1, 2: res Italas ... moribus ornes. 56 del libro III. '
(18) Topos dell'imperator litteratus: cf. CURTIUS, Letteratura europea, 199- (20) Si veda la nota 18.
200. Chilperico era il più colto dei figli di Clotario I: s'interessava di teologia e (21) Brev~ elogio di Fredegonda, in cui Venanzio ne sottolinea il potere e l'in-
di pedagogia e compose anche alcune poesie, di scarso valore letterario se pre- fluenza sul mal'lto e sulla corte; analoga1nente nel panegirico a Sigiberto il poeta ave-
stia1no fede a GREG. TuR. Frane. 5, 44. Di lui ci resta un Hymnus in sollemnita- va dse:rvato alcuni versi a Brunichilde, carm. 6, la, 29-40.
te sancii Medardi episcopi (ed. K. Strecker, MGH PLMA IV 2, Berlin 1914 [ri- (22) Anche per la regina si adopera la consueta immagine della luce.
CARMINA, L. IX, I-II 473
:. I
472
'i·'
r
I,
et regina suo facta corona viro. me gloria del sovrano, e, una volta divenuta regina, come corona del :
Tempore sub longo haec te fructu prolis honoret, suo consorte. Possa ella per lungo tempo onorarti col frutto della pro- '
surgat et inde nepos, ut renoveris avus. le, dalla quale nasca poi un nipote, che faccia rivivere io sé suo nonno '
!;I
Il. ITEM AD CHILPERICUM ET F'REDEGUNDEM REGINAM 2. ANCORA.A CHILPE!UCO E ALLA REGINA FREDEGONDA (26)
:.1,•. ·,,,
,i
Aspera condicio et sors inrevocabilis horae! Condizione amara e destino irrevocabile del tempo (27) ! Ciò che ~ .:' ·I
quod generi humano tristis origo dedit, la triste origine diede al genere umano, quando il serpente seduttore ,.I ,1;1.: .;1
',!,\· .. I
curo suadens coluber proiecit ab ore venenum, srrizzò ~alla gola il suo veleno e, per il morso di quel rettile, la morte
;lii:,;
,,
morsu et serpentis mors fuit Eva nocens: s mcarno m Eva colpevole. Da quel momento la terra ereditò da Ada-
mo nostro padre il dolore e il mondo in gemiti raccoglie dalla madre 1:, i
sumpsit ab ipso ex tunc Adam patre terra dolorem, lji 1,
et de matre gemens mundus amara capii. amari frutti. Quei due, causa la loro prevaricazione, sono condannati a :~ :. . I ~
Praevaricando duo probro damnantur acerbo: un~ dolorosa infaic;iia: l'uno è fiaccato dalla fatica, l'altra geme nel par- :;! ... i!
ille labore dolet, haec generando gemit 3. torire. Da qui denva la morte vorace, che giunge fino ai loro discen-
, 1.1! 1.:;.
Mors venit inde vorax, transmissa nepotibus ipsis, denti, ~ H peccato originale ghermisce i loro eredi. Ecco, i nostri pro- w·: ','.',I:\
heredesque suos tollit origo nocens. gen1tor1 c1 hanno trasmesso queSta triste empietà: ogni creatura corre I· 'i.:::
a rovina a motivo dei suoi primordi. Per primo cadde Abele, ucciso da ".·:;
Ecce hoc triste nefas nobis genuere parentes:
coeperat unde priu~, bine ruit omne genus.
Primus Abel cecidit miserando vulnere caesus,
, (2?) Questo carme fu scritto quale consolazione per la morte dei due figli di
Chilp~rtco e F~·edegonda, Clodoberto e Dagoberto, morti durante l'epidemia di dis-
3 Cf. Gen. 3. senter1~ scopp1at.a .~ella tarda estate del 580, venti giorni dopo la conclusione del si-
no~o d.1 Bernr-Riv1ere (GREG; TuR. Frane. 5, 34). La morte dei due bambini provocò
2, 1. SEDUL. carm. pasch. 2, 4: sors inreparabilis horae. - 3. ARA'fOR act. 1, sene dtf~colt~ per la su.cce~s1one: Teodeberto, figlio di Chilperico e Audovera, era
733: venenum I semper ab ore vomt't. stato ucciso c1nque anni pruna (GREG. TUR. Frane. 4, 50); Maroveo si era suicidato
(23) Venanzio ~ottolinea che la prosperità familiare è legata a una condotta nel 578 (GREG. TuR. Frane. 5, 18). L'unico figlio a rimanere in vita era Clodoveo in
di vita all'insegna de]a retta fede e, conseguentemente, al rispetto di c~i quella rotta.ca~ padre, eh~ lo fece ammazzare dina poco: cf. GREG. TUR. Frane. 5, 39. Ve-
fede rappresenta: la Chiesa. I sovrani avranno ric.or~ato .queste parole di na po- nanzio mtende qut sollevare il re dal suo profondo dolore (ricordato anche da
chi giorni, quando persero uno dopo l' ~tra due figli: ~: Il ~anne seguente. GREG: 1:UR. Frane. 5, 3~, non certo favorevole a Chilperico) per ricondurlo ai suoi
(24) All'inizio della parte conclusiva del panegirico il poeta fa una nuova doveri di sovrano cattolico, Per questo carme e il seguente cf. inoltre GEORGE, Ve-
professione di modestia: cf. la nota 3. . . ·, .
nantius Fortunatus. A Latin Poet, 88-92.
illustri personaggi dell 1 Antico Testrunento, tutti accon1unati dalla morte (vv. 13-40);
(25) Edomites <hostes> tuearis è ricostruzione di F. Leo; nei manoscritti il . ~27) L'esor~io a cara~tere di lamentatio (vv. 1-12) è seguito da un catalogo di
verso si presenta corrotto e lacunoso.
-~
CARMINA, L. IX, II CARMI, L. IX, 2 475
474
ac fraterna sibi sarcula membra fodent 4. una deplorevole ferita, e il sarchio del fratello gli trafigge le membra.
" Post quoque Seth obiit, sub Abel vice redditus isdem, In seguito mori anche Set, donato ai progenitori in luogo di Abele e,
et quamvis rediit, non sine fine fuit 5. sebbene ne avesse preso il posto, la sua vita non fu senza fine. Che do-
Quid Noe memorem, laudatum voce Tonantis? vrei dire di Noè, lodato dalla voce dell'Onnipotente? Egli, che fu tra-
Quem levis arca tulit, nunc gravis arva premit 6, sportato dall'arca leggera, ora è oppresso dal peso della terra. Così an-
Sic quoque Sem et Iafeth, iustissima denique proles che Sem e Iafet e ancora la prole più giusta e la progenie più santa
20 sancta et progenies tale cucurrit iter 7. percorsero lo stesso cammino. Che dire del patriarca Abramo e di
Quid patriarcha Abraham vel Isac, Iacob quoque dignus s, Isacco e anche del meritevole Giacobbe, giacché non vi è nessuno che
cum de lege necis nemo solutus adest? sia esentato dalla legge della morte? Anche Melchisedech (28), sacer-
Melchisedech etiam, Domini sacer ore sacerdos 9, dote consacrato dalla parola del Signore, anche Giobbe e i suoi figli . I·;,
lob quoque seu geniti sic abiere sui. scomparvero. Perfino il legislatore Mosè, amico di Dio e degno del
" Legifer ipse iacet Moyses Aaronque sacerdos, suo alloquio, ora giace, e pure il sacerdote Aronne morl. E il suo suc-
alloquiisque Dei dignus amicus o bit 10• cessore, l'inclito Giosuè, condottiero del popolo, e tutti i padri di cui
Successorque suus, populi dux inclitus Iesus, si legge nei sacri libri, tutti morirono. Che dire ancora di Gedeone di
quos legitis libris occubuere patres. Sansone o di ciascuno dei successivi giudici (29)? Nessuno sfu~ge
Quid Gedeon, Samson vel quisquis in ordine iudex 11 ? quando a condannare alla morte è il Signore. Davide, potente re
;o Mortis sub Domino indice nemo fugit. ~-
d'Israele e profeta, fu composto nel sepolcro assieme a suo figlio Salo-
Israhelita potens David rex atque propheta mone. Isaia, Daniele, Samuele e il beato Giona, che sopravvisse nelle
est situs in tumulo cum Salomone suo. profondità del mare, ora giacciono schiacciati dalla terra. Pietro, de-
Esaias Danihel Samuel Ionasque beatus, tentore del primato e delle chiavi, Paolo, principe nella dottrina, seb-
vivens sub pelago, stat modo pressus humo. bene anime eccelse: i loro corpi ora la terra ricopre. Colui del quale
" Princeps clave Petrus, primus quoque dogmate Paulus, nessuno è più grande nel genere umano, Giovanni Battista, uomo po-
quamvis celsae animae, corpora terra tegit. tentissimo, anch'egli è morto. Elia ed Enoch attendono entrambi
Semine ab humano cui nullus maior habetur 12, l'identica sorte: chi è nato da un uomo dovrà anche morire (30). Persi-
vir baptista potens ipse Iohannes obit. no il Creatore, Cristo, che rapidamente risorse trionfante dai morti,
Enoch Heliasque hoc adhuc spectat uterque 13: poiché nacque quale uomo quaggiù nella carne fu sepolto sotto terra.
qui satus ex homine est et moriturus erit. Chi, mi domando, non muore, dacché la nostra Salvezza ha gu-
Ipse creator ovans surgens cito Christus ab umbris, stato il sapore della morte (31)? Giacché Egli, mia vita, volle morire
hic quia natus homo est, carne sepultus humo. per me? Dimmi, che mai potranno gli imperatori e le maestà dei so-
Quis, rogo) non moritur, mortem gustante salute? vrani, se le membra del Creatore hanno dimorato tra le pietre? Le
Dum pro me voluit hic mea vita mori? --_ f· braccia non salvano i forti e la porpora non salva i re: tutti gli uomini
., Dic mihi, quid poterunt Augusti aut culmina regum, provengono dalla polvere e saranno polvere. Nasciamo tutti eguali, ed
membra creatoris cum iacuere petris? egualmente tutti moriremo: un'unica morte viene da Adamo, l'unica
Brachia non retrahunt fortes neque purpura reges, salvezza è Cristo. Diversa è la condizione, tuttavia la morte è la stessa
vir quicumque venit pulvere, pulvis erit. per tutti: allo stesso modo muoiono fanciulli, giovani e vecchi.
Nascimur aequales morimurque aequaliter omnes: Ora pertanto io ti domando, alta maestà: che cosa dobbiamo fa-
50 una ex Adam est mors, Christus et una salus. re, dal momento che, essendo peccatori, non possiamo aiutarci in nul-
Diversa est merces, funus tamen omnibus unum:
infantes, iuvenes, sic moriere senes.
Ergo quid hinc facimus nunc te rogo, celsa potestas, , (28) Melchisedech, re di Sale.tn, è il simbolo del sacerdozio regale. Venanzio
~ote aver avuto presente la rappresentazione di Melchisedech che offre pane e vino,
cum nihil auxilii possumus esse rei? figura dell'Eucaristia, nei mosaici della basilica di San Vitale a Ravenna. Si ricordi
che a Melchisedech il poeta aveva paragonato il defunto re Childeberto I in uno dei
carmi parigini: carm. 2, 10, 17-24.
4 Cl. Gen. 4, 1-16. 5 Cl. Gen. 4, 25 - 5, 8. 6 Cl. Gen. 5, 29; 9, 29.
(29) I giudici erano i capi d'Israele durante il periodo dell'insediainento nella
7 Cf. Gen. 10. 8 Cf. Gen. 12, 1 - 36, 43. 9 Cf. Gen. 14, 18-20. io Cf. ,L terra di Canaan, si veda il libro biblico otnonimo.
Ex. 19; 34. 11 Cf. Iudic. 6-8; 13-16. 12 Cl. Mt. 11, 11. 13 Cf. Gen. 5, (30) Sul topos dell'inevitabilità della morte, tipico della consolatz'o, si rinvia a
21-24; 4 Reg. 2. CURTIUS, Letteratura europea, 94-96, che cita anche il nostro luogo.
subentra poi la consolattO, mentre manca completamente la laudatio dei defun- . (31) Da qui il tono del carme comincia a 1nodificarsi: una serie di domande in-
ti, vista la loro giovanissima età. vita Chilperico a riprendersi dalla prostrazione del momento.
~ : .'
r
I I
~I
CARMI, L. IX, 2
i '
CARMINA, L. IX, II 477 I,
55 Ploramus, gemimus) sed nec prodesse valemus: f la? Piangiamo, gemiamo, ma non siamo in grado di ottenere un bene-
!.
.,,,
luctus adest oculis, est neque fructus opis. fi~io: il pianto cola dai nostri occhi, ma non ne verrà, come frutto, un
Viscera torquentur, lacerantur corda tumultu; aiuto. Le nostre membra si tormentano, i cuori si lacerano nel turba-
sunt cari extincti, flendo cadunt oculi. ?1ento; ,~ nostri cari sono estinti, i nostri occhi soccombono al pianto.
Ecce vocatur amor neque iam revocatur amator, Ecc~, s. mvoca lamore, ma non si può richirunare chi ci amava: colui i.. I
1
6u nos neque ia1n repetit quem petra mersa tegit. che e r1co?erto da una pietra infissa nella terra non tornerà più a noi.
111
Quamvis clamantem refugit mors surda nec audit, La morte e sorda: ancorché egli gridi, ella non lo bada e non lo ascol- 1,
nec scit in affectum dura redire pium. ta, né, nella sua durezza, sa tornare a sentimei1ti più miti. Insomma
Sed, nolo atque volo, migrabo cum omnibus illuc;
ibimus hinc omnes, nemo nec inde redit:
anch'io, che lo voglia o n'." migrerò laggiù insieme con tutti gli altri:
tutti ce ne andremo da qui e nessuno da ll ritornerà indietro: finché la
carne ;norta riprenderà vita, alla venuta (32) del Signore e l'uomo ri-
I!
65 donec ad adventum Domini caro mortua vivat,
surgat et ex proprio pulvere rursus homo, sorgcra dalla propria polvere, quando la pelle idratata comincerà a ri-
coeperit ut tegere arentes cutis uda favillas coprire ~e secche ceneri .e le spoglie vive s'innalzeranno dai sepolcri.
Allora c1 .moveremo tutt1yer prendere posto in un'altra regione: noi
Il
i•
et vivi cineres de tlunulis salient.
Ibimus ergo omnes alia regione locandi, che ora ~1amo trattenuti in terra straniera, ci dirigeremo verso la no- '''
I
10 ibimus ad patriam quos peregrina tenent. stra patria. 1. 'i
Ne cruciere igitur, pie rex, fortissime princeps, Non ~~vi d:in_qi:e .affliggerti, o pio sovrano, principe valentissi- . ,j·,
:I i::
quod geniti pergunt quo petit omnis homo. mo,. perche 1 tu01 fi~h s1 sono incamminati verso il luogo cui è diretto ,,,:1'
Quale placet figulo vas fictile, tale paratur; ogm uomo. Il vasato foggia un vaso di argilla cosl come a lui piace:
quando placet figulo, vasa soluta ruunt 14, '\uando. aggrad.a al .~asato, '.vasi ca?ono frantumandosi (33 ). Non pos-
75 Quod iubet omnipotens, non possumus esse rebelles,
srnmo. ribellarci a c10 c!;e dispone 1Onnipotente, al cui sguardo trema-
cuius ad intuitu1n sidera terra tremunt. no 1 cieli e la terra. Egli crea l'uomo: che possiatno dire? È Lui che ha
Ipse creai hominem: quid dicere possumus? Idem dato ed è Lui che riprende: non compie alcun crimine. Ecco siamo
qui dedit et recipit: crimina nulla gerit 15. su~ creatu.ra e lo spirito vitale ci deriva da Lui: quando ce lo co~wnda,
illius ecce sumus figmentum et spiritus inde est: no! che s:amo opera sua ce ne andiamo da qui. Se gli aggrada, in
cum iubet, hinc·imus qui sumus eius opus. un ora egli tramuta le ~ontagne, i mari e gli astri, sue creature che gli
Si libet, in hora montes freta sidera mutai rendono gloria; che puo fare l'uomo che è fumo?
cui sua facta favent: quid homo fumus agit? . , Pertanto ti pre~o, o potente. sovrano, fa' ciò che è meglio per te,
Rex precor ergo potens, age quod tibi maxime prosit, cio che reca vantaggio alla tua anuna, con laiuto di Dio: sii nobilmen-
quod prodest animae cum deitatis ope: te :virile, vinci il tuo dolore.con la rassegnazione: il peso che non si può
85 esto virile decus, patienter vince dolores:
evitare, al~en~ si sopp~rt1. Nessuno vive senza ciò che porta con sé
quod non vitatur, ve! toleretur onus. dalla nascita: s1 sopporti almeno con la ragione ciò che nessuno può
Quod trahimus nascendo, sine hoc non transigi! ullus: catnbiare.
quod nemo inmutat, vel ratione ferat. Abbi cura di nostra signora la regina, che ti ama e che tu ami:
Consuleas dominae reginae et amantis amatae, qu.ando tu le sei vicino, ella è ricettacolo di ogni bene; fa' che ella pla-
90 quae bona cuncta capit te sociante sibi; chi il d~lore del suo affetto d1 madre. Non piangere assieme a lei e
materno affectu placare iubeto dolentem, non lasciarla versare lacrime (34). Non è giusto che ella sia triste quan-
nec simul ipse fleas nec lacrimare sinas. do sei tu, suo sposo, a regnare, ma piuttosto, nobilitata dall'unione
Te regnante viro tristem illam non decet esse, con te, ne abbia gioia. Ti rivolgo questa preghiera, auspicando per la
sed magis ex vestro gaudeat alta toro. tua consorte una vita lunga: abbi cura di tua figlia (35), abbi cura della
95 Deprecar hoc etiam, vitam amplam coniugis optans,
'
I
1!
I
1111
I, '
. I' CARMINA, L, IX, II-IV CARMI, L. IX> 2-4
11
i' pro vice germani cum redit ipse patri 25, padre al posto di suo fratello, potrà darti, per mezzo della tua sposa,
!i un figlio (41). Suo pa,dre possa giocare con lui e la madre possa nutrir-
ille tibi poterit de coninge reddere natum,
cui pater adludat, ubere mater alat, lo al suo seno; egli, in mezzo a voi due, arrampicandosi al collo dei ge-
qui medius vestri reptans per colla parentum nitori, possa procurare durevoli gioie ai sovrani e alla patria.
regibus et patriae gaudia longa paret.
succedunt iterum vernalia tempora muudo luce del giorno. Ancora una volta i campi si rinnovano di fiori odorosi I
grataque post glaciem provocat aura diem. e ogni bosco rinverdisce delle chiome degli alberi; i tronchi si incurva- I
Rursus odoriferis renovantur floribus arva, no sotto il peso di frntti dal dolce sapore e il campo sorride perché
frondibus arboreis et viret omne nemus; l'erba è ritornata.
dulce saporatis curvantur robora pomis, Così anche voi, miei signori, che già foste addolorati a causa delle
et redeunte sibi gramine ridet ager. tristi perdite, vi prego, rallegratevi con animb più sollevato. Ecco, que~
Sic quoque iam, domini, post tristia damna dolentes ste ridenti giornate richiamano la Pasqua di Cristo e, ancora una volta,
vos meliore animo laetificate, precor. il mondo intero vibra di nuove preghiere. Esulti ancor più la gioia ne-
Ecce dies placidi revocant paschalia Christi, . gli alti palazzi dei sovrani e, per vostra concessione, i servitori possano
orbs quoque lotus item per nova vota fremll. partecipare a tali sante feste. l:Onnipotente aumenti, per nostro van-
,, Gaudia plus faveant per celsa palatia regum taggio, la vostra salute in questo mondo e possano le vostre maestà go-
et per vos famuli festa beata colant. vernare a lungo la patria.
Omnipotens nobis vestram addat in orbe salutem
atque diu patriam culmina vestra regant.
4. EPITAFFIO SULLA TOMBA DEL PRINCIPE CLODOBERTO (44)
:.!
IV. EP!TAPH!UM SUPER SEPULCHRUM DOMNI CHLODOBERTI Le morti crudeli dei sovrani provocano nel popolo il pianto,
quando squallidi sepolcri ricoprono con terra il capo del mondo.
Fiere monent populum crudelia funera regum, Dunque, in questo tumulo riposa Clodoberto, che fu strappato al
!
cum caput orbis humo maesta sepulchra tegunt.
Hoc igitur tumulo recubans Chlodobertus habetur,
!
segui infatti la morte di un primo figlio frutto di adulterio. A rinfacciare al re il suo
peccato e la conseguente punizione divina fu il profeta Natan; come a Davide, Dio '
può garantire una nuova progenie anche a Chilperico, purché questi si penta e si ri- II :ilI
25 Cf. 2 Reg. 12, 13-25. concili con la Chiesa. 1· I
(42) Il carme è stato co1nposto, come indica il cenno alla stagione nell'esordio,
3, 3. Ov. trist. 4, 7, 1: post frigora brumae; VEN. FORT carm. 6, 1, 108. · 8. circa sei mesi dopo il precedente, verso la fine dell'inverno del 581. È ancora una
VERG. ecl. 7, 59: nemus omne virebit. consola#o, ma il tono è sensibilmente diverso: qui l'immediatezza del dolore è assen-
4, 2. Ov.fast. 2, 562: maesta sepulcra; VEN. FORT. carm. 4, 18, 6. te, e Venanzio esorta i sovrani ad approfittare delle imminenti festività pasquali per
uscire dal loro luttuoso isolamento, e riprendere i ruoli e le responsabilità che sono
(41) Effettivamente, circa quattro anni più tardi, a Chilp~rico.e Fredegon- :=-- loro propri. @
da nacque Clotario II (GREG. TuR. Fr~nc; 6, 4~), c~e .al ragg1u_ngunento d~a (43) Un esordio impregnato di richiami letterari se1nbra concepito apposita-
maggiore età divenne re. Dopo aver elirnrnato 1 cug1n1 Teodorico II e Teo e- mente per fare presa su Chilperico, uomo di cultura e poeta.
. I berto II, figli di Childeberto II, nel 613 fece ucci~er: l'ultirn.o o.st~co~o. a~~ sua (44) C!odoberto (PLRE III, 297), figlio di Chilperico I e di Fredegonda, morì
definitiva affermazione la quasi settantenne Bruntchilde; qumd1 riunifico il re- nel 580, all'età di 15 anni, nella villa di Berny-Rivière: sulle cause della morte si ri-
gno franco per la secdnda volta, cinquantacinque a~ dopo il nonno .(e suo manda alla nota 26. Gravemente malato, fu portato a Soissons sulla to1nba di san Me-
omonimo) Clotario I. Morl nel 629. Il ricordo della vicenda del re D~v1de ac· f d_ardo nella speranza di un miracolo, ma morì poche ore dopo. Fu sepolto nella stessa
quista qui .particolare valore: la nascita di Salomone da Betsabea ormai vedova r,, città, nella basilica dei Santi Crispino e Crispiniano: d. GREG. TUR. Frane. 5, 34.
I
,,
CARMINA, L. IX, rv~vr CARMI, L. IX, 4-6 ;,
qui tria lustra gerens raptus ab orbe fuit, Jllondo all'età di quindici anni (45). Nobile prole discendente dal bi- :j
, de proavo veniens Chlodovecho celsa propago, snonno Clodoveo, nipote di Clotario e creatura di Chilperico che lo
I"
Chlothariique nepos Chilperidque genus; ebbe dalla sua consorte, la regina Fredegonda: la nascita di questo
fanciullo aveva accresciuto le aspettative della Francia. Proprio quan- :'::
quem de regina sumpsit Fredegunde iugali, ' I
r
auxerat et nascens Francica vota puer. do prendeva corpo in lui la grande speranza del padre e della patria, i
Quo patris et patriae dum spes adulesceret ampia, una sorte nemica se lo portò via, affrettando il giorno della sua scom-
IO accelerante die sors inimica tulit. parsa. Ma nessuno di coloro che lo amavano pianga per lui, ché egli
Sed cui nulla nocent quenùi contagia mundi, ora non è più turbato dal contatto con il lamentevole mondo ma è
non fleat ullus amor, quem modo dngit honor. circondato di gloria. Infatti il fanciullo innocente, vissuto senza cade-
N aro puer innocuus vivens sin e crimine lapsus [ re nella colpa, esulta per essere stato accolto nella rocca del regno
perpetui regni se favet aree fruì. " eterno.
Dulce caput, populi, Dagoberte, pereunis amore, Dolce testolina, Dagoberto, sempre vivo nell'affetto del popolo,
Auxilium patriae, spes puerilis obis, soccorso della patria, nostra giovane speranza, tu muori; nobile, venu-
Germine regali nascens generosus, et infans to alla luce da una stirpe regale, appena nato fosti mostrato al paese e
Ostensus terris, mox quoque rapte polis, presto poi sei stato rapito verso i cieli. Discendi dalla potente schiatta
Belligeri veniens Chlodovechi gente potenti, del guerriero Clodoveo, prole dalla gloria pari a quella dell'esimio an-
Egregii proavi germen honore pari, tenato. Nobile fanciullo che eguaglia i sovrani antichi, rampollo del
Regibus antiquis respondens nobilis infans, padre Chilperico e di F redegonda. L'acqua del venerabile lavacro ti
Chilpericique patris ve! Fredeguude genus. aveva da poco purificato: perciò, sebbene tu sia stato strappato da
Te veneranda tamen mox abluit unda lavacri: quaggiù, la luce divina ti ospita nel suo trono. Dunque tu vivi nella
'I
Hinc licet abreptum lux tenet alma throno. gloria e, quando verrà il Giudice del mondo, tu risorgerai, splendido e
'' Vivis honore ergo et, curo iudex venerit orbis, raggiante nel volto.
Surrecturus eris fulgidus ore nitens.
'
I 11. CLAUD. carm. min. 27, 10: patitur contagia mundi.
6, 1. CLAUD. carni. min. 40, 21: crebraquefacundofestinet Httera cursu. (47) Con questo carme Venanzio si scusa presso l'amico Gregorio di Tours,
:, per non essere ancora riuscito a completare il carme in strofe saffiche minori che
i '1 (45) Manca la laudatio del defunto, evidentemente vista la sua giovanissi- Gregorio gli aveva richiesto. L'occasio11e per questo desiderio del vescovo fu offerta
! ma età. da un manuale di metrica che egli aveva comperato e prestato all'amico: il trattato
(46) Dagoberto (PLRE III, 383 n. 1), l'alno figlio di Chilperico I e FreM conteneva un catalogo dei vari metri, con esempi e discussioni: cf. carm. 9, 7, 33-36 e
, I,.' gonda, fu il primo dei due a morire: quando cadde ammalato, nella villa di 41-48. Secondo MEYER, Der Gelegenheitsdichter, 127, l'opera in questione poteva
Berny"Rivière, non era ancora battezzato. Si provvide perciò in1mediatament~·a essere il De metris di Terenziano Mauro (secc. II-III). Il canne è interessante in
,ii I
som1ninistrargii il sacra1nento, ma in poço tempo morì. Fu trasportato a Parigi quanto svda l'aspetto letterario dell'amicizia fra i due: Gregorio, che nella prefazio-
e sepolto nella basilica di San Dionigi: cf. GREG. TUR Frane. 5, 34. Il carine ha ne della sua Historia Francorum lamentava la decadenza ddl'istruzione nella Gallia
forma acrostica: le lettere iniziali di ogni verso, lette di seguito, danno il nome t~e~ovingica, apprezzava perciò in Vena.nzio la formazione poetica sui modelli classi-
del defunto: Dagobercthus. Questa carattedstica induce a pensare che il carme·--· ci ricevuta in Italia, mentre Venanzio stimava Gregorio come un autorevole promo-
possa essere servito da vero e proprio epitaffio, inciso sulla pietra tombale. ',_. ~-.- tore della cultura, impegnato nella storiografia.
I
11
CARMINA, L. IX, VI-VII CARMI, L. IX, 6-7
I
i Quaeque iniunxisti, pater, ecce poemata misi, zo (48), un padre nella tua diocesi. Ecco, o padre, ti ho inviato le poe-
et mihi proficient si tibi, care, placent. sie che mi avevi commissionato: se ti saranno gradite, o caro, possano
Hoc mandas etiam quo Sapphica metta remittam: a 1ne essere di giovrunento. Mi comandi anche un'altra cosa, che io ti
da venian1, modici dum seges urguet agri. invii delle poesie saffiche: perdonall1i, ma la messe del mio esiguo
Dum meto, da spatium: tihi mox parere parabo; ' ~ campicello mi angustia. Dammi tempo finché io avrò mietuto: ben
si saturer fructu, fors meliora cano. ' presto mi appresterò ad ohbedirti. Forse canterò in modo più degno
Condere si valeo, cum metro mitto libellum; qualora io mi sazi del raccolto. Se riuscirò a comporli, ti manderò un
quae cape tu voto quo tibi dictat amor. quadernetto con i versi; tu accettali con lo spirito col quale il mio af-
fetto li avrà scritti per te.
piacevoli poesie. i I
(48) San Gregorio di Nazianzo (329-389) uno tre dei grandi Padri della
Chiesa fioriti in Cappadocia (gli altri sono i fratelli san Basilio Magno e san (51) Il principale poeta lirico corale della grecità, vissuto tra la fine del VI e la
:1 Gregorio di Nissa). Vescovo di Nazianzo dal.372 e di _qostantinot;ioli cl.al :19 al prima metà del V secolo a.C. Di lui ci resta una raccolta di epinici, canti in onore dei
381, quando si dimise amaramente durante d II concilio ecumenico! si r~co~da vincitori nei giochi degli agoni pan-ellenici: oliinpici, pitici, isttnici e nemei.
I, come uno dei più tenaci avversari dell'eresia ariana. Fu anche versatile e ispira- (52) Il poeta Quinto Orazio Flacco, autore di numerose liriche in strofe saffi-
che minori (65-8 a.C.). Nell'esordio di carm. 4, 2 (in strofa saffica), Orazio elogia "
to poeta. · • i lj
(49) Per le circostanze in cui fu concepito il carme si rinvia alla nota 47. l'eloquio di Pindaro, che intende assumere come perfetto e inarrivabile modello. Ve-
J
I,
Oltre che tramite diverse odi oraziane, Venanzio avrà conosciuto la strofa saffi-
ca minore attraverso alcuni componimenti più recenti: AUSON. 151 p. 5, 197 P·
risimilmente proprio da questo passo deriva a Venanzio la conoscenza dd nome del
poeta greco. : il
56, 198 p. 57; nonché SIDON. epist. 9, 16, 3. (53) La lirica latina, cotnposta a imitazione di qu.ella greca, si differenziava dal I
(50) Nella religione greca ddle origini Dione era la moglie di Zeus, madre suo modello per un fattore fondamentale. Mentre infatti i testi lirici greci erano can-
'' di Afrodite; poi fu soppiantata da Era. Conservava lUl luogo di culto a Dodona. tati con accompagnatnento di lira (talvolta ·di strumenti a fiato), i testi lirici latini ri-
Forse Venanzio adopera il nome per designare Venere ~tessa, sulla sc.ort~.di prendevano i 1netri di quelli greci, ma erano fatti per essere esclusivainente letti, sen-
Ov.Jast. 2 461e5, 309. Il sentimento cantato da Venanzio con espress1on11n- za canto e senza alcun aècompagnamento strumentale. Nondimeno dall'originale
tense lung~ tutto il carme è l'affetto derivante dall'amicizia, non certo l'amore contesto greco derivò tutta la terminologia dell'arte metrica e poetica in generale,
coniugale; egli qui segue una tradizione di 1natrice ascetic~, che rappresen~a sicché l'idea di "cantare" per recitare ritnase viva anche se·divènne una metafora e
i i l'amore spirituale attraverso un linguaggio prettamente erotico. Sulla stessa li- rimane tuttora viva nella nostra letteratura: Dante divise il suo poema in cantich; e
' nea si pongono i numerosi canni privati per Radegonda raccolti nd libro XI e queste in canti, I' Ariosto e il Tasso aprirono i loro poeini rappresentando se stessi in
nell'Appendlx carmlnum. veste di "cantori", e gli esempi potrebbero moltiplicarsi.
CARMINA, L. IX, VII CARMI, L. IX, 7
Qui vel haec olim mihi si fuissent Anzi, se quest'arte mi fosse stata un tempo insegnata, i!'
1,; nota prudentum docili Camena, quando mi lasciavo istruire dalla Camena dei sapienti,
per tot oblitus fueram benignam dopo tutto questo tempo avrei scordato
20 tempora Musam: la musa benigna (54):
';
cum labor doctis sit, ut ista paogant ' .
~ poiché il comporre queste cose è fatica da dotti
dogma nec quisquam rapienter intrat e nessuno si addentra facilmente nelle sue regole,
et satis constent resonare paucis 1na si sa che questi metri risuonano
metta poetis. per pochi poeti.
! I
25 Non leve est nautae rate transfretare Non è cosa da poco, per un navigatore, solcare gli oceani
vincere aut vastum pelagus natatu; con un'imbarcazione, o aver ragione del vasto mare a nuoto: ;
,.
,I
vix procelloso repetunt sub austro quando soffia lostro tempestoso, con difficoltà gli scafi
carbasa portum. ritrovano il porto (55).
!
Arduum nobis iter et profundum, ncammino sul quale tu mi ordini di proseguire I i
;o quo iubes pergi: tamen ibo votis; è arduo e profondo: tuttavia andrò perché tu lo desideri;
I
si minus possum pedibus viare, se non sono in grado di percotrerlo a piedi
sarà l'affetto a guidarmi.
i,
I ducor amore.
Regiis verbis humili repugnat, Con le sue parole degne di re è ostico alla mia umiltà,
divites versus i11opi recusans ricusa alla ·mia povertà i suoi ricchi versi
et mihi Mopso reserare nolens e a me, che sono un Mopso (56), non vuol rivelare
40 docta sophistis; la dottrina dei sofisti.
(54)-Si vedano i vv. 49-52, ove Venanzio afferma di non praticare più q1;1e- poesie siano assai diversi) per compiacere la cultura letteraria del destinatario, cui i
sto 1netro da vent'anni. Se, come è probabile, egli si riferisce al tirocinio poettc? carmi di Sidonio Apollinate erano certamente familiari.
esercitato nelle scuole ravennati, questo carme si dovrebbe datare. tra il 585. eµ (56) Uno dei pastori protagonisti delle Ecloghe virgiliane (segnatamente della
587 anno della morte di Radegonda (cf. v. 78). Venanzio sottolinea con msi- quinta e dell'ottava), rozzo e illetterato.
ste~za che scrivere in metro saffico è cosa lunga e difficile (carm, 9, 6, 10 e 9, 7, (57) L'epodo è un genere lirico che adotta uno sd1ema metrico formato da tri-
,, I 25-32): il fatto che il contenuto di questo carme sia assai poco significativo, t?-11- metri e dimetri giambici alternati, o, più in generale, da versi più lunghi alternati a
,
,,
I
, I
to da farlo se1nbrare poco più che un vuoto esercizio, sembra confermare 1af- vetsi più brevi. Tale forma fu escogitata dal poeta greco Archiloco (sec. VII a.C.) e
·,:! j1 fermazione. . ffi importata a Roma da Orazio, autore nei suoi anni giovanili di 16 epodi
(55) Per l'immagine si veda SIDON. epist. 9, 16, 3 (sempre 1n 1netro sa 1- (58) Trimetrumve è correzione di F. Leo per l'insensato tomearva o tumearva
co). Può darsi che Venanzio intendesse alludervi (ancorché i temi delle due della tradizione manoscritta.
488 CARMINA) L. IX, VII CARMI, L. IX, 7
! !
quae volens isto memorare metro se io volessi ricordarli in questo metro
nomina frango. ne spezzetterei i nomi (59).
I
Maxime qui nunc resolutus arte Soprattutto ora che io, abbandonata qualsiasi pratica,
!. ' '° postque bis denos loquor istud annos, mi riesprimo dopo vent'anni in queste strofe (60),
clara quod scripsit citharam terencio che la celebre vergjne di Lesbo inventò pizzicando
Lesbia virgo. la sua cetra (61).
Scire qui vult haec, Lybicas harenas Chi vuol padroneggiare questo metro, provi
ante per litus numerare tendat, a contare le sabbie lungo le coste della Libia,
55 cuncta quam metris rationc cauta prima di circoscrivere ogni cosa in poesia con il metro
carmine cingat. e con ragionata attenzione.
Scito nam, pastor, nec adhuc cucurri Insom1na sappilo, pastore: non ho ancora terminato
ordinem totum religens libelli; di leggere l'intero contenuto del tuo libretto;
sed satis, crede, est, satis est amanti ma è sufficiente, credimi, è sufficiente per chi ama ', :.
sola voluntas. la sola volontà.
Forte non possum piger ire gressu Si dà il caso che io sia pigro e non possa recarmi
10 quo vocat blandus meus ille vultus: dove mi invita quel mio volto suadente:
in vicem nostram, rogo te, libelle, ti prego, o libretto, al mio posto 1·
redde salutem. recagli un saluto. i
I,
'i Sit memor fili pater, ore dulci Il padre sia memore del suo figlio, con dolci parole
hunc precans qui nos, mare et astra fecit, preghi Colui che creò noi, il mare e le stelle,
I 15 ac piis votis bene se colentem e conservi nel cuore chi lo onora
pectore servet; con devote preghiere. i
' I
'
(59) Secondo F. Leo, Venanzio intende riferirsi ai nomi dei nietri che derivano
liil da quelli dei poeti, come l'archilocheo, l'aristofaneo, il ferecrateo ecc. Più semplice-
1nente si può pensare in generale ai no1ni dei poeti: pochi sono di facile inserzione in
un metro con1e la strofa saffica, il cui schema ammette pod1issime variazioni.
11 (60) Si veda la nota 54.
(61) Citharam è correzione di Ch. Brower per cithara della tradizione mano-
scritta.
7, 53, VERG. georg. 2> 105: quem qui scire velt't, .Libyci velt't aequoris idem I · (62) Venanzio fa uso del topos dell'envoi al libretto appena terminato and1e in
discere, quam mu!tae Zephyro turbentur arenae; Ov. met. 4, 617: Libycas ... are- Mart. 4, 621ss. Si tratta di un motivo presente già in CATULL. 42, 1-4 e 45, 1-6, in
nas; CATULL. 61, 199s. 1-IoR. epist. 1, 20, nonché in AusoN. 413 p. 270, 33ss.
i'
'i
.._:;~
.I
11
'
!I
~ ~
d ! : 490 CARMINA, L. JX, VII-IX CARMI,· L. IX, 7-9 491
. Il
I
et refer quantum sibi cara profert
neptis honorem.
![ e riferiscigli quale onore la nipote a lui cara
gli abbia procurato.
!
"' Haec tibi promptus prece voce mente
salvo, vix implens, ego pauper arte,
sed tamen largo refluens amore,
!
!
•
Con preghiere recitate e meditate dedico prontamente a te
questi versi, completandoli a stento, io che manco di tecnica,
ma che nondimeno abbondo di profondo affetto,
'
care Gregari. !!. caro Gregorio.
Domine et dulcis ora pro me et tibi reputa qui me in Galliis . 't. Mio signore e dolce amico, prega per me e considera che io, dopo
posito post tot annos ... ! cosi tanti anni che dimoro nelle Gallie (64) ...
'
VIII. AD BAUDOALDUM EPISCOPUM 8. A BAUDOALDO, VESCOVO (65)
facimento degli argini del Reno (v. 27). Secondo MEYER, Der Gelegenheitsdichter, 10
8, 7. Ov. ars 2, 468: sidera terra fretum; VEN. FoRT. carm. 5, 12, 7. e 27, questo carme sarebbe stato scritto, assieme a carm. 2, 11 e 12, nel 566/567, nei
tnesi immediatarnente successivi all'arrivo di Venanziò alla corte di Sigiberto, e sa-
(63) Per Giustina si rimanda alla nota 10 del libr<? VIII. . rebbe stato inserito in questa posizione perché Venanzio non disponeva di una co-
i : ; ~i (64) Il periodo è incompleto: nel seg~ito pr?~a~~~ente d p~e.ta protesta- pia al momento della pubblicazione della prhna raccolta nel 576. Più Verosimilmen"
' va la perdita di dimestichezza con i generi poetlct p1u 1mpegnativ1, dovuta al te, per la GEORGE, Venantius Fortunatus. A Latin Poet, 210, il carme dev'essere stato
tempo trascorso e alla lontananza dagli ambienti di più elevata cultur,a. . scritto in occasione di un incontro tra i due non altrimenti docu1nentato, avvenuto
· ·, I,i·
I i
(65) Baudoaldo vescovo di Meaux, succedut~ a Edeno, qu~st ~ttmo an- prima del 587, anno in cui con ogni probabilità Sìdonio era già morto.
' . cora in vita nel 551. Il carine è identico al 5, 12, dedicato a Gregorio d1 To.urs. (67) I motivi dell'assenza del vescovo dalla sua sede ci restano oscuri.
. I I
(66) Per Sidonio, vescovo di Magonza, tra i primi patroni di Venanzio. all_a (68) Il verso ci è stato tramandato incompleto; F. Leo propone in apparato
' I sua venuta in Gallia, si rinvia alla nota 36 del libro II. Qui il poeta celebra il rl- d'integrarlo con <gaudia crede dapis>.
::I'''
:11
1
I'
1
I.
I CARMI, L, IX, 9-10 493
' CARMINA, L, IX, IX-X
492
. Ecco. che Sid<;ni?, c'?me u~ pa~re, tende una mano alla città: gra-
porrigit ecce manum genitor Sidonius urbi, zie a~ suoi restauri, I antt'.'~ rovtna e c"?c~lata da questi luoghi. Egli
quo renovante loco prisca ruina perit; esercita con santa autor1ta il potere dell episcopato e, grazie al suo ze-
iura sacerdoti sacro moderamine servans, lo, la sua stessa. dignità .risulta accresciuta. O Chiesa (69), tu generi
per cuius studium crevit et ipse gradus. senz~ sosta frutti fecondi, tu che sei governata da un uomo (70) unito
Parturis assidue gravidos, ecclesia, fructus, a te m. amore. apo.stolico. Poiché è sposa amata di un tale marito, essa
quam vir apostolico iunctus ainore regit; accoglie eredi nati da una stirpe celeste. Sotto la tua attenta custodia il
suscipit heredes cadesti ger1nine natos, lupo non rapisce gli agnelli, se tu sei il pastore del gregge, non si perde
tali nupta viro quando marita placet. neppu~e una ~e:orella: tu le conduci guardingo al sicuro attraverso
Te vigili custode lupus non diripit agnos, pascoh tranquilh (71) e offri loro campi ricchi di fiori, perché nessun
te pascente gregem non ovis ulla perit: veleno possa danneggiarle. Osservi serenamente il digiuno, per farti
n cautius in tuto per mitia pascua ducis, cibo del popolo e sfami gli altri con ciò di cui privi te stesso. Ricopri
toxica ne noceant, florea ruta pa.ras. coi;i ui;ia veste i. m~di. e sciogli le catene .ai prigionieri (72): togliendo lo-
Sis cibus ut populi, placide ieiunia servas ro il giogo rest~tutsci il loro collo alla hbertà. Sei una casa per gli esuli
et satias alias subtrahis unde tibi. e pur~ un nutnmento per gli affamati (73 ): beato colui al quale Cristo
Nudos veste tegis captivo vincula solvens, è debitore per tutto ciò! La tua sapienza ti rende onesto la divina
, '" . deposito reddens libera colla iugo. f Provvidenza ti rende. modesto, [ ... ] (74) fa sì che le tue par~le superi-
Exulibus domus es, set et esurientibus esca: ;_
no la dolcezza del imele. Hat restaurato i templi vetusti che ora si er-
felix cui Christus debitor inde manet! ' g~no belli ed eleganti: c?sì radichi ancor più nel popoi; lamore verso
Te doctrina probum, providentia sacra modestum .' Dio. Per recare vantaggio al tuo popolo hai pure irreggimentato le ac-
et facit eloquio vincere mella tuo. que (75) del Reno: quali benefici porterà alle terre colui che fa del be-
~ Tempia vetusta novans specioso folta decore ne alle .acque? Pe.r il fatto che qui i templi risplendono (76), poiché so-
inseris hinc populis plus in amore Deum. no stati restaurati da te (77), tu vivi in eterno per le lodi che a te si ri- . i
Ut plebem foveas et Rheni congruis amnes: versano. Possa tu godere (78) per lunghi anni di tutto ciò come frutto
quid referat terris qui bona praebet aquis? dei tuoi meriti e possa tu a lungo esaudire i desideri del tuo gregge.
Hic quod fana micant, a te instaurata quod extant,
'" vivis in aeterno laude fluente tibi.
Haec <habeas> longos meritorum fruge per annos 10. A RAGNEMODO, VESCOVO (79)
et crescente diu de grege vota feras .
. : I . Sommo padre della patria, Ruccone, con nome (80) per me deli-
z10so, che per laffetto occupi l'intimo del mio cuore: tutto ciò che noi
X. AD RJ\GNEMODUM EPISCOPUM
due abbiamo Uatto ~alla i;iostra antica amicizia, o magnifico, cresce
l'.J sempre nei nue1 sentunentl. Infatti io non dimentico mai le persone
Summe pater patriae, dulci mihi nomine Rucco,
i
'1,'' interiora mei cordis amore tenens:
quidquid amicitiae veteris collegimus.ambo
!'il crescit in affectum semper, opime, meum. (!4) I manoscritti hanno fact't et oppure fecit et; F. Leo propone in apparato
,I 1:1,
, Nam mihi nulla meos oblivio tollit amantes: ars facit.
.(75) Congruis amnes è correzione di C. Brower per congrues amnis dei mano-
' scritti .
.(7?) Quod fama micant è correzione di C. Brower per quos fama micat dei ma-
'li .i 9, 7. S3DUL. carm. pasch. 1, 341: iura sacerdoti:' Lucas tenet. lloscnttt.
(77) A te è correzione di F. Leo per et dci 1nanoscritti.
I f ! (69) Ecclest'a è ·correzione di F. Leo per ecclesiae della tradizione mano· al (7~) Ha~eas è integrazione di F. Leo per la lacuna presente nella tradizione; in
scritta.(70) Quam vir ... amore regit è correzione di F. Leo per quamvis ... amore ternativa egh propone haec longos metito.
, (79) S? Ragnetno?~· detto Ruccone, si ritnanda a carm. 3, 26, scritto durante il
regum della tradizione manos~ritta. . . . ~r1mo s.~gg1.orno a ~ar1g1,. quar.i-do Ragnemodo da diacono divenne sacerdote. Qui,
I (71) Tuto è correzione dt F. Leo per toto della trad1z1one i:nanoscr1tta. opo p1u di 15 anru, lo ntrovtamo elevato sulla cattedra episcopale di Parigi ove
(72) Cap#vo è correzione di F. Leo per captivorum, capttvum o captorum ·· {u.ccede.tte a Ger~~no nel 57~. ~orl nel 591. Il fatto che Venanzio si rivolga ~ra a
,f u1 con tl vezzeg.g1a:1vo Ruc~o u1d~ca la lunga familiarità tra i due.
I
' ' 111'1
I•
della tradizione manoscritta. , ,
(73) Domus es, set et esurientibus è restituzione di F. Leo; nella tradtztone ,r (80) Nomtne e cortez1one d1 F. Leo per lumine della tradizione 1nanosc1'itta.
il verso è variamente sfigurato.
~
CARMI, L. IX, 10-12 495
CARMINA, L. IX, X-XII
494
che mi vogliono bene: per me giungerà l'estremo istante, prima che si
ante sit extremum, quarn mihi desit amor.
estingua in me laffetto. Pertanto, o santo padre, ti rivolgo un veloce
Unde, beate pater, properans dependo salutem,
saluto, auspicando che tu possa mantenere a lungo la tua carica. An-
optans longinquo te superesse gradu.
che le tue figlie (81) ti rendono grazie di cuore per il tuo dono di can-
Hinc etiam genitae reddunt tibi pectore grates
dido marmo pario: ogni volta che le vivande vengono servite su quel
10 munere pro niveo mar1nore de Pario:
piatto (82),.esse nella loro pietà scorgono te sotto le apparenze del tuo
quae, quotiens epulae disco tribuuntur in ilio,
regalo. Inoltre, per la serie di pietre preziose (83) ti renda onore la ve-
in doni specie te pietate vident.
neranda croce dell'altare, per la quale codesto tuo dono è di orna-
Nam pro gemmarum serie tibi reddat honorem
cui data proficiunt crux veneranda throno. 1nento.
Mio dolce amico, nome di una persona che amo e che ricordo,
Faran1odo, uomo pronto a ogni buon ufficio: se non sono venuto a te
Dulcis amice mihi, memorabile nomen amantis,
promptus in officiis vir, Faramode, bonis,
di persona, la lettera che invio ti porga un saluto e ti renda la mia de-
ferenza che non mi riesce di dimostrarti personalmente. Ti prego di
si non ipse adii, te pagina missa salutet
voler raccon1andarmi alla maestà dei sovrani e riceverai i miei ringra-
solvat et obsequium quod minus ipse gero.
ziamenti per quest'atto di ossequio. Una tua lettera mi venga a trovare
, Commendesque libens domnis me regibus, oro,
con affetto profondo; per il momento abbi la cortesia di rispondermi
et referas grates pro pietatis ope.
al rientro di questo postiglione.
In penso affectu me pagina vestra requirat,
hoc remeante tamen redde benigne vicem.
selmaro (ed. B. Krusch, MGH SRM III, Hannover 1896 [rist. anast. ivi 1995], 537-
I
543), ove è anche riportato questo carme (17); il 1nedesimo testo ci informa poi (8)
che nel monastero una delle attività principali era la copiatura di manoscritti. Si ve-
da ~l~re.sl 9".M. FuSCONI, Drottoveo, BS IV, 1964, 841-842. Il carme risalirà con ogni
ver1s1m1ghanza al 580 o al 581, quando il poeta si trovava a Parigi.
' (85) .PLRE rn .. 477 .. Secondo MEYER, Der Gelegenheitsdichter, 21s., questo
' personaggio sarebbe identico al Faramodus presbyter, fratello di Ragnemodo detto
Ruccone, vescovo di Parigi, menzionato in GREG. TUR. Frane. 10, 26. Questi, dopo
I' (81) Radegonda e Agnese. la morte del fratello nel 591, intendette succedergli, ma non fu designato. Ad ogni
(82) Come si dirà al v. 11, si tratta di un discus, cioè un vassoio, un misso-
' conto questo Faramodo rivestiva la carica di referendarius (segretario del re incari-
;ium simile a quello appartenuto al re Chilperico e passato poi a Childeberto II,
cato di riportare le suppliche dei sudditi o di trasmettere ai giudici i pareri dd sovra-
ricordato da GREG. TUR. Frane. 6, 2. no) ~robabilmente presso la corte di Chilperico. Come ha osservato KoEBNER, Ve-
(83) Oltre al piatto Ragnemodo donò anche delle pietre preziose per or-
nanttus Fortunatus, 38, questo è l'unico personaggio di quell'runbiente a cui Venan-
!.: nare la croce delFaltar maggiore della cappella del 1nonastero, che verisimil- zio abbia dedicato dei versi: evidentemente i funzionari della Gallia occidentale non
mente custodiva al suo interno la reliquia della Croce inviata da Bisanzio. dovevano sentire particolare interesse verso la tradizione culturale ro1nana interesse
che invece era assai più marcato nella parte orientale, soggetta a Childeber~o II.
(84) Abate, e forse fondatore, del monastero parigino di San Vincenzo e
discepolo del vescovo Germano (v. 3). Possediamo una sua Vita, scri~ta da Gi-
498 CARMINA, L. IX, XIV-XVI CARMI, L. IX, 14-16 499
Visa <his> temporibus venerandi antistitis acta, ora godi della luce. Questi miracoli del venerando presule sono stati
sed tamen aeterno sunt memoranda die. visti ai nostri tempi, ma tuttavia saranno ricordati per l'eternità. ,I
' I;,
II ìI
XV. DE DOMO LIGNEA' 15. Su UNA CASA IN LEGNO
!.
Ritorna a Paro, parete costruita di metallo petroso (91): grazie ai ·• •: I
Cede Parum, paries lapidoso structe metallo: . 'iii'
artificis merito praefero ligna tihi. meriti di questo costruttore, io ti preferisco il legno. I palazzi a più '
Aethera mole sua tabulata palatia pulsant, piani toccano con la loro mole il cielo e in essi non si apre neppure
quo neque rima patet consolidante manu. una fessura (92): le mani li hanno costruiti solidamente. Tutto ciò che
Quidquid saxa, sablo, calcis, argila tuentur, è di solito costituito da pietre, sabbia, calce (93) e argilla, tutto questo
singula silva favens aedificavit opus. edificio lo ha costruito un unico bosco generoso. Lo circonda un por-
Altior inmitior quadrataque porticus ambit tico quadrilatero, alto e pretenzioso e il costruttore si è sbizzarrito
et sculpturata lusit in arte faber. nell'arte della scultura.
Indite dux, meritis totum vulgate per orbem, Duca illustrissimo, conosciuto nel mondo intero per i tuoi meriti, ,,,
quem nimis egregium splendida fama refert, una fama gloriosa ti dipinge come assai eccellente: io non ti rispar-
non ego praeteream praeconia celsa, Chrodine, mierò encomi solenni, Crodino, perché non paia che soltanto io voglia
ne videar solus magna silere bonis. sottacere le tue imprese alla gente onesta. A te plaudono insieme la
Itala terra tibi, pariter Germania plaudunt, terra d'Italia e la Germania, le tue lodi risuonano sempre sulle bocche
laus tua cunctorum semper in ore sonat. di tutti. Illustre per i tuoi antenati, più nobile per la dignità della tua
Clarus ab antiquis, digno generosior ortu, nascita, tu ti saresti fatto apprezzare dai sovrani e dalla patria. Gli altri
i regibus et patriae qui placitnrus eras. ti dichiarano loro tutore e loro padre spirituale e si fa a gara nell' egua-
Te tutorem alii nutritoremqne fatentur gliare la tua pietà. Tu non rifiuti ad alcuno i tuoi doni perché tutti ne
w et fit certamen de pietate tua. godano e le ricchezze che profondi in beneficenza aumentano il tuo
Ut habeant alii, nulli tua dona recusas: patrimonio. Volentieri tu vai in cerca di persone cui poter elargire e
tu tibi plus auges quas bene fundis opes. desideri essere vicino a tutti; cosl tu li rendi tuoi. Tu sei il bene della
C.ui possis praestare, libens exq:iiris, et optas, nazione, non sei molesto con nessuno, sei giusto con tutti: nessuna ru-
ut sis apud cunctos: hos fac1s esse tuos. beria alberga in chi è alleato della giustizia. Mite nel colloquio, calmo, !'I j
1 Es generale bonum, nulli gravis, omnibus aequus,
5
serio e moderato: a te tutto è stato dato, perché recassi in te ogni de- t ~
1 I
coro. Legato agli stranieri, sei caro anche ai Romani: beato te, che per- ,i '~l ' :
iustitiae socium nulla rapina tenet.
Mitis in alloquio, placidus, gravis atque modestus, mani sempre sulle bocche del popolo. ·
omnia cui data sunt, ut decus omne geras.
'( Gentibus adstrictus, Romanis carus haberis,
felix qui populis semper in ore manes.
,:I
I
I
',I i1·
LIBER DECIMUS LIBRO DECIMO
tunatus. A La#n Poet, 94-95, è una ~o~solatl°. ~ P.r?sa per la p~rd1~a della ftgha
la discendenza umana prima di nutrirla. Fu certamente attraverso di
esso che la morte s'insinuò sotto forma di alimento. Al suo contatto ,,1;
di dieci anni. Come per la consolatto tn versi mdir1zzata a Chilpertc? (carm. 9, !''
2) e per gli epitaffi dei due suoi figli (carm. 9, 4-5), manca l~ laudatto della d~
funta; qui Venanzio giustifica questa scelta con la volontà di non aumentare il
dolore del padre(§§ 9-10), ma in ogni caso la sua tenera età av~ebbe offerto po-
ca materia. La lettera si apre con il tema dell'incertezza della vita umana (§ 1) e beri dal pericolo grazie alla. loro verginità. Lo stile è piano e comprensibile, in forte
dell'ineluttabilità della morte dopo il peccato originale(§§ 2-6). Nel fatto ;he I~ contrasto con lo stile artificioso e involuto di molti scritti in prosa di Venanzio: que-
figlia abbia avuto la grazia di morire vergine il padre deve trovare moU".o ~ sta caratteristica, unitamente alla precisione teologica degli argo1nenti consolatori, è
,,
consolazione (§§ 13-14) e in ogni 1nodo egli deve accettare, sull'esemp.10 ~ segno di profonda partecipazione personale, come si evincerà ancQr più dal confron-
Giobbe e del re Davide, la volontà del Signore(§§ 15-17). A questo tnottvo si to con l'altra consolatt'o in prosa, ept'st. (carm. 10, 4).
i. 'I
i ,,1,, alterna la lamentatio: Eva è nostra matrigna (§ 4), ma la figlia di Salutare, re- (2) Inveterati densa radice è ricostruzione di F. Leo: nei 1nanoscritti il testo è
denta da Cristo, morendo vergine, ha evitato la doppia colpa ereditata com.e variamente sfigurato.
~ ' il I'
i donna. La lettera si conclude affermando che risorgeranno coloro che sono h- (3) Quin è correzione di F. Leo per in dei manoscritti.
I.i
! 1
i
I 502 CARMINA, L. X, II CARMI, L. X, 2 503
•,I
.tactu laesit hoc parentes et posteros: illos gustus, nos sucus; quo- mortale questo frutto nocque ai progenitori e ai loro posteri: l'assaggio
20 niam virulentae suasionis poculum, quod pater 1nale sorbuit, in danneggiò loro, il succo danneggia noi: poiché il padre, che assunse
prole transfudit et, ut ita dictum sit, quod a fonte manavit, in rivo con suo danno la bevanda dal consiglio avvelenato, la trasmise alla
defluxit. propria prole e, per dirla cosl, quel che scaturl dalla fonte scorse a val-
4. Intulit hoc igitur illa mater de genere sed noverca de crimi- le qual finme.
ne, infelix cunctis Eva monades) quod certe sola sic extruit ut uni, 4. A introdurre questo veleno fu colei che è madre per la stirpe,
25 versa destrueret, cum veterata machinatione dccipulae rudem vi- ma matrigna per la sua colpa, Eva, individuo disgraziato agli occhi di
rum perdere! et periret. Sed proles quid boni faciat, si se in calum- tutti, ché senza dubbio ella sola agì in modo tale da distruggere ogni
niam vel mali parentis extendat, aut ut illum iterum detrahendo cosa, quando, cedendo all'antico espediente (4) dell'inganno, con-
ren1ordeat qui semel morsu perierat, cun1 ipse sibi suffecerit suus dannò l'ingenuo marito e perì ella stessa. Ma quale beneficio ricaverà
lapsus, noster occasus? la discendenza, continuando ad accusare il cattivo progenitore, o ri-
'° 5. Itaque puto incongruum si vel illum remorsero per quem cordandone le colpe per lacerarlo ancora, lni che già una volta morì a
gratis venit ingratu1n, cuius occasione vitalis alhnoniae mors coepit causa di un morso, procurando (5) a se stesso la rovina e a noi la ca-
depasci, cui dum oculorum apertio promittitur, lux fugatur et divi- duta?
nitate promissa homo lapsus redit in terram: hinc est quod prolem 5. Giudico pertanto inopportuno il mordere a mia volta colui tra-
genitam nocens esca traxit in praedam. mite il quale, senza nostro contributo, giunse l'infelicità e per il cni
35 6, Fecit illa captivitas nos prosperis exules, adversis consortes, peccato la morte incominciò a pascersi del!' alimento della vita. Gli era
et tantum peregrinatio gravior, quam mors dura notior. Nascitur stato garantito che i suoi occhi si sarebbero aperti, invece la luce gli fu
ab Adam vetere usque ad novum hominem vita nostra cum morte. sottratta e, benché gli fosse stata promessa la divinità, quella creatura
7. Hinc se nec Abel exuit nec Enoch effugiet neque Noe se cadde e ritornò alla terra; per questo motivo quel!' alimento pernicioso
i! subtraxit, qui diluvio mortem distulit non mutavit; hoc patriarcha ha tratto in cattività la prole cbe egli generò.
4o non 'rennuit, hanc legem legifer non avertit, propheta sustinuit et 6. Quella prigionia ci rese privi di qualsiasi bene, ci dette in sorte
plus quam propheta succubuit: Sarra quoque, Rebecca Rachel An- ogni avversità, e il nostro peregrinare è tanto più gravoso quanto più
na Elisabeth, licet sexus inferior, tamen hoc simul bibit amarum '· ci è familiare l'implacabilità della morte. Dal!' antico Adamo fino al-
8. Quid conqueratur de reliquis, cum ipse triumphator mortis l'uomo nuovo la nostra vita nasce assieme alla morte.
pro parte qua caro factus est et morti subiectus est? Nec fuerat 7. Abele non si spogliò di tale condizione, né la sfuggirà Enoch,
45 plenus homo, si non sensisset et tumulum: nec r>eu~ crederetur, né vi. si sottrasse Noè, il quale a causa del diluvio procrastinò la sua
i
! i! nisi surgeret de sepulchro 2. morte, ma non la trasformò (6): il patriarca non ricusò questo stato di
9. Hinc est quod loquor, carissime et fidae dilectionis mihi vo- cose, il legislatore non mise da parte questa legge, il profeta la tollerò e
: !
to conexe, eo quod tuos per apices natae sanctae transitum con- il più che profeta vi si sottomise (7). Anche Sara Rebecca Rachele
queraris, vix singultu rumpente indicans calamo tristi, decennalis Anna, Elisabetta, sebbene appartenenti al sesso debole t~ttavia an'.
50 aetatis inruente funere pubertatis tenerae floscula marcuisse, cum eh' esse bevvero questo amaro calice. '
paene nuptiali retracta de limine non ad patris votum thalamo da- 8. Perché ci si deve lamentare, del resto, se perfino il trionfatore
,, '
,, tur sed tumulo, et diverso cantico non toro traditur sed sepulchro, della morte, limitatamente alla sua natura umana, si fece carne e fu
,f Egli pure soggetto alla morte? Egli non sarebbe stato pienamente uo-
:r mo, se non avesse provato anche la sepoltura e non sarebbe stato con-
siderato Dio, se da quel sepolcro non fosse risorto.
·'. f 9. Perciò io ti dico, mio carissimo amico, legato a me da un patto
1 Cf. Gen. 4, 8; 5, 24; 9, 29; 23, 2; 25, 8;°35,19; 49, 31; Deut. 34, 5; Mt '
14, l-12; Mc. 6, 14-29; Le. 7, 26. 2 Cl. Io. 1, 14. di fidata (8) amicizia, per il fatto che tu, nella tua lettera, ti disperi per
I t1 transito della tua santa figliola, informandomi con tristi e faticose
·i :1
,!,, '' (4) Cum veterata è correzione di F. Leo per quem veterata o quae invetera- parole, interrotte dai singhiozzi, che il tenero fiore di un'adolescente
;1
ta dei manoscritti. di dieci anni di età è appassito con una morte improvvisa. Come rapita
'' (5) Suffecerit è correzione di F. Leo per sufficert't o sufficeret della tradi-
sulla soglia delle nozze, ella non è stata portata al talamo secondo il
,, 'I·
, 1' I
zione manoscritta.
desiderio del padre, bensì al tumulo, e non è stata accompagnata al
''' (6) Per la morte di Abele e di Noè s~ rinvia ai passi segnalati nell'apparato
biblico. Per la vicenda di Enoch, trasportato da vivo in cielo ma comunque de·
·stinato alla mor:e corporale, si rimanda a carm. 9, 2, 39.
(7) I quattro personaggi biblici ricordati sono nell'ordine: Abramo, Mosè,
Isaia e Giovanni il Battista: per le loro morti si vedano i passi segnalati nell'ap· . , (8) Fidae è correzione di Th. Mommsen, accettata da F. Leo, perfide della tra-
parato biblico. dizione manoscritta.
ii'.
CARMINA, L. X, II CARMI, L. X} 2
504
'
ad cuius forte vota iam festinans familia fervebat, sedtùe parentela letto nuziale ma al sepolcro con cantici diversi. Forse la famiglia già si
excitabatur et patria, mater erat prece suspensa, ipsa adsurgebat preparava in fermento alle sue nozze, il parentado e la regione si de·
stavano con sollecitudine, la madre stava ansiosa in preghiera e cresce- I
55 cura nutricis: iuncea pubertate, rosea modestate, festiva arte sui
vano .le preoccupazioni della nutrice. Ella era come un giunco per la
(
,•
sexus ornata.
10. Sed quo me rapit formae decorse prodere tam cito fugax, sua giovinezza, cotne una rosa per la sua modestia, ornata del delizio-
quam caro mendax, cum defunctae si praedicetur gloria, adcre- so fascino del suo sesso. i
. . 10. Ma dove mi sta portando la bellezza esteriore, per poi rivelai·· .:\•
scant lamenta? 'i'
11. Habuisti igitur istud pater, sed non tuum: reddidisti po- s1 m breve tempo così fugace quanto la carne è ingannatrice? Se si ce-
w
lebra la gloria della defunta, il dolore cresce.
i
tius commendatum. Ploratur velut amissum; sed consideretur non
11. Dunque, tu hai avuto, come padre, questo bene, ma non era
I
perditum quod ad Christum redit intactum. .
12. An certe conquereris quasi solus ista perpessus s1s, cum tuo: hai piuttosto restituito ciò che era stato affidato a te. Ora tu lo
.J:. . ·.
casus hic vinca! et reges? An felicior Augusto, fortior Alexandro, rimpiangi, come fosse perduto: ma non bisogna considerare perduto
· .. :
Ii:
., favorabilior Traiano, sanctior es Theudosio? Cum hoc habeat obi- ciò che ritorna intatto a Cristo. .
tu aequale tam miles quam princeps: patienter dolendum est quod 12. E poi ti lamenti come fossi tu il solo ad aver patito queste co-
habes commune cum munda. se, 1nentre una disgrazia così è capace di abbattere persino i re? Forse 1
1 1i
13. Quantas autem feminas ab ipso primo conplexu retraxit che tu sei più prospero di Augusto, più valoroso di Alessandro, più i' I~ :
ad tumulum, et pertulerunt dispendium agnito viro, non habito: amato di Traiano, più santo di Teodosio? Quando invece il destino di :: ]'
,, quae bis lamentandae sunt: antea pudorem perdere, sic perisse! morte è il medesimo per il soldato come per il sovrano: bisogna soffri· •:'
,1:
14. U nde quamvis conqueraris talem te tali casu amisisse su- re con sopportazione ciò che si ha in comune con il mondo intero.
13. Qµante donne poi la morte ha condotto-alla tomba proprio ''
. I
bolem, nulli tamen novum est, ut non potuisset hoc vitare puella
quod venit per feminam. illud potius inspice, ut ista res funeris sit nel momento del loro primo abbraccio, ed esse sopportarono il danno
virtutis, et ad illorum exempla te coaequa qui dolore vieto surgunt di aver conosciuto il loro marito senza poterlo possedere. Costoro sono ., 1·
I ·,
1. Si hnmanae consuetudinis isto se generaliter per omnes Agli illustri signori e in tutto magnifici che sono al servizio dei lo- 1
1 i'i.
unus usus extendit et ab antiquis atavis ipso tradente genere et ad ro sovrani e che io abbraccio con ogni affetto (10). '
il\
, nos usque naturali quodammodo lege pervenit, eo quod post triti- 1. Se ordinariamente in questo mondo negli atteggiamenti umani . 11,,
cei panis oblectantem candorem ve! suavitatem pascentem ad or- è .co~une a tutti un identico comportamento, che dagli antichi proge- .I,·,,
,. 'I,,
deaceae frugis aristosa cibaria fastidioso nimium dente nare fauce n1tor1, trasmess". dalle stesse generazioni di uomini (11), è giunto a noi I ; ~ .!
transitur (cum delectabilis escae dulcedine permutante ad convi- per una sorta di legge. naturale, dopo l'allettante candore del pane di lj'
vium pergere, nisi fames urgueat, austeritas epuli non invitat), bine frumento e la sua nutriente dolcezza (12), si passa ad alimenti con bar- I 'I
rn est quod inlustris ac magnifica celsitudinis vestrae gratia, copiosa be di spiga ricavati dall'orzo con denti naso e bocca assai schifiltosi '
I,',
poiché, a meno che non si sia tormentati dalla-fame di fronte ali~
i 1:1,.
cotidianae disciplinae doctrina superinundante refecta et ferventis ,·, '!:'..
ingenii studio lucubrante polita, post illum, ut dixerim, detersum squi~ite~za di. ':'n dbo allettante, una mensa imbandlta frugalmente .'ti,:
~on mvlt~ a dmgersl verso di essa. Allo stesso modo l'illustre e magni-
: ,1;:'·i
eloquentiae vestrae nitorem et perspicue clarum exercitatione pur- I
gante ad linguae nostrae rubiginosam facundiam fastidiose vestri fica grazia della vostra altezza, rianimata dal riversarsi abbondante I
" sensus fulgida lux inclinat: cwn tale sit quod sermonis nostri ru- della vostra inesauribile perizia nella disciplina quotidiana e raffinata
mores vacillantes auditis, ac si post epulas coturnicis aut fasidis vi- dal dotto pei:sare d?l vostro fervente ingegno: dopo quel lindo splen-
ris delicatissimis cibos ingeram pecuales. dore - per dirla cosi - della vostra eloquenza, limpidamente chiaro e
2. Sed inter haec una spe praeswnptionis videor animari eo purificato dall'esercizio, la fulgida luce della vostra sensibilità si ab-
quod aliquatenus post regales delicias esca desideretur ruralis et bassa con rip':'gnanza alla loquela arrugginita della mia lingua. Perché
'° saepe rusticus offerat quod animum potentis oblectat. il fatto. che vol ora ascoltiate i tremolanti rumori del mio parlare, è co-
, I
! 'i.,
'·,,
3. N am quamvis regum conviviis auro intermicante purpurata me se to, dopo un banchetto a coturnici e fagiani, an1mannissi .a uomi-
palla coruscet, saepe tamen iucunditate piacere mensa plus adsolet ni raffinatissimi alimenti destinati agli animali. . i.I
ve! adumbrata foliis ordinatis ex palmite ve! superiecto hederae . 2. Ma, nel mezzo di tutto ciò, credo di rinfrancarmi per una fidu- I.''
corymbo crispante. Igitur habet et de silva reductus pastor quod c10sa speranza, perché dopo un banchetto da re si sente in una certa !1' i
,, proferat; cui si desint reliqua, tamen dignantem convivam ve! de misura il bisogno di un cibo rustico, e spesso è il contadino a offrire I
lacte dives invita!. quel che può deliziare lanimo del potente.
'i;
"' 3. !"fatti, sebben~ nei ban~hetti dei s'.'vrani mantelli di porpora 'li
'"
'I• rosseggmo tra il balugmare del! oro, nondimeno una tavola riesce di I:"! ",
solito più gradita quando è ricoperta solamente da una teoria di foglie
I
Uatte dai rami, oppure quando vi è gettato sopra un frastagliato ramo
d1 ede~a. Dun'\ue, anche u? pastore ritornato dal bosco ha qualcosa '!J'1,
da .°.ffore: .se gh manca ogm altra cosa, ricco almeno del proprio latte :!
egl1111vita il commensale che se ne compiace. i
p,
(10) Lettera indirizzata da Venanzio, in qualità di soprintendente del mo- guardo è che il titolo potrebbe essere stato intenzionahnente soppresso al momento 'i
nastero di Santa Croce, ad alcune imprecisate personalità di una corte, con tut- della pubblicazione.
ta verositniglianza quella di Austrasia, per sollecitare l'appoggio dei sovrani
(Childeberto II e la madre Brunichilde) a una petizione di Radegonda. Il titolo
(11) Genere et è correzione di F. Leo per generet dei principali manoscritti.
(12) Oblectantem candorem vel suavitatem pascentem è correzione di F. Leo
i
originale con i no1ni dei destinatari è andato perduto. L'opinione di F. Leo ari· per oblectante candore vel suavi~ate pascente della tradizione manoscritta.
CARMI, L. X, 3-4
CARMINA, L. X, III~IV
(13) Questa lettera, scritta a nome di Radegonda, e sulla quale .si, veda do e poco ,persuasivo. Non ~i ~ercepi~ce una parti~olare partecipazione emotiva, ma
GEORGE Venantlus Fortunatus. A Latt'n Poet, 95, è ancora una consolatto 1n oc- traspare p1utt~s~o la v_olonta d1 compiacere la destmataria con le acrobazie dello sti-
casione della 1norte della figlia di un'illustre vedova: la fan:iu~a aveva fa~t<;> _par- le. In conformlta con il tono della lettera nella traduzione si è adottato il voi,
te della comunità monastica di Santa Croce(§§ 1-3). Lo ~~le e quello art1f~c1oso
e ricercato dell'epistolo~ra~a uffi~iale .del t~po quale c1. e ,noto d~e Episto~d.~
(14) Ut è correzione di F. Leo per et della tradizione manoscritta,
(15) Conpari è correzione di F. Leo per non pari della tradizione manoscritta.
Austrasicae, e lo stesso impiego di vari motivi consolatori riesce piuttosto fr
CARMINA, L. X, IV-V CARMI, L. X, 4-5 511
., 3. Hinc est quod, <quod> matri de illa genitalis causa contu- l 3. Ne consegue che una sorta di amore adottivo mi riempiva di
lerat, mihi totum velut adoptivus amor explebat, quia, cum vobis tutta la gioia che (16) a voi, sua madre, aveva dato il fatto di averla ge-
genita, nobis tamen erat renata. E.quide1n o.ptaver~m pro tne~itis nerata, perché ella era sì nata da Voi, ma da noi era rinata. E per I'ap-
eius, illa superstite vobiscum loqm .de gaudio m~g1s, quam tnstis punto avevo desiderato, in ragione dei suoi meriti, di parlare delle
'; ì
I
!
i;
I
conlatio nasceretur ex fletu. Sed lllV!da rerum ser1es, quae 1llud ce-
'" lerius subripit quod magis piacere cognov~rit, rem mihi desidera-
bilem paene uno momento et offerte ~olu1t et aufer:e: Ve! .quare
nobis rem attulit quam subducere festlllav1t? Cum mhil s1t m hu-
' gioie che ella ci ha procul'ato mentre era in vita, piuttosto che far na-
scere dal pianto questi tristi discorsi. Ma l'ostilità delle sorti umane,
che sottrae a noi con più rapidità ciò che ha capito esserci più gradito,
volle quasi offrirmi e strapparmi nello stesso istante una cosa pel' me
! mana conditione crudelius quam aut non videre quod habeat aut desiderabile. E poi, perché ci ha mostrato una cosa che poi si è affret-
.: I
'. videre quod perdat. . . tata a sottrarci? Dacché nell'umana condizione nulla è più crudele del
4. Sed quousque suum maerorem dolor 1nportunus exacu1t ac fatto di non vedere ciò che si possiede; o di vedere ciò che si sta per-
25
praeceps sine freno moderatae consolationis exc':'rrit? Cum intel- tf dendo.
legat hoc temperati debere quod emendare neqmvertt et aequam- 4. Ma fino a quando questo gravoso dolore acuirà la nostra affli.
miter toleret quod infectum facete non valeb1t;. pra~sertlm cum m zione e dilagherà senza il freno moderatore di una consolazione? Poi-
I: illa tot admiranda refulserint, ut nec apud hom!lles 1ll sermone de- .! ché si rende conto che ciò che non può essere guarito deve essere mi~
I, I ;1
'° fecerit et apud Deum de opere praemia vive1.'tis spectet. ì rigato e pazientemente sopporta ciò che non sarà in grado di rendel'e
5, Nam praeter reliqua bona quae cum illa laudauda sunt (nec inoffensivo. Soprattutto alla luce del fatto che in lei rifulgevano cosl
tamen clausa iacent in tumulo dum volvuntur per ora cunctorum) taute mirabili qualità che ella non soccombeva mai discorrendo trn la
I, gente e ora si aspetta da Dio il pl'emio per ciò che operò nella sua vita.
hoc unum breviter adsero: si fides et persecutio Christi martyrem I
facit non habes in tali filia quod deflere, quia illi et recte credere e 5. Infatti, oltre alle buone qualità che sono·dalodare assieme a lei
i: contigit et perferre, et licet festinasset in iuventute sors debita) ta- (e che tuttavia nari languiranno chiuse nella tomba, finché passeranno
35
men est innocentia secura de pahna. sulla bocca di tutti), questa sola cosa brevemente dichiaro: se la fede e
la persecuzione ci rendono martiri di Cristo, non dovete piangere per
nulla una tale figlia, perché ella ebbe la sorte di credere rettamente e
i:
I:
V. IN NONUNE DOMINI NOSTRI IESU C<IBISTI INCIPIUN'f VERSUS, - " di perseverare; e sebbene il destino assegnatole sia arrivato presto, nel-
DE ORATORIO ARTANNENSE la sua giovinezza, tuttavia la sua innocenza si è assicurata la palma.
'
i I· Quisquis ad haec properas venerandi limina templi
dona precaturus quae dat amore Deus: 5. IN NOME DI NOSTRO SIGNORE GESÙ CRISTO S'INIZIANO I VERSI.
baec in honore sacri Gabrielis culta coruscant, SULL'ORATORIO DI AllTANNE (17)
- i
qui pia iussa dei rite minister agit 5,
Zachariae veniens qui nuntia detulit astris 6, Chiunque sia tu che ti avvicini alla soglia di questo tempio vene-
Elisabeth datus est quando propheta potens, rando per ottenere quei doni' che Dio nel suo amore elargisce: tutta
quique redemptoren1 e caelo regem omnipotentem questa meraviglia risplende in onore di san Gabriele, che esegue fedel-
post ait ut tetris ventre Maria daret 7. mente gli ordini di Dio quale suo ministro. Egli, scendendo dalle stel-
Quae sacer antistes nova tecta Gregorius effert, le, rifel'Ì lannuncio a Zaccaria, allorché fu dato a Elisabetta il più
ut sibi caelestes restituantur opes. grande tra i profeti e, in seguito, proclamò che il grembo di Maria
avrebbe donato alla terra il Redentore, il Re onnipotente venuto dal
cielo. Il santo vescovo Gregorio (18) ha innalzato questo nuovo edifi-
cio, perché gli siano l'estituite ricchezze celesti.
VI. IN NOMINE DOMINI NOSTRI IESU CHRISTI VEHSUS 6. IN NOME DI NOSTRO SIGNORE GESÙ CRISTO.
AD ECCLESIAM TORONICAM QUAE PER GREGORIUM EPISCOPUM VERSI PER LA CATTEDRALE DI TOUl{S CHE FU RESTAURATA
RENOVATA EST DAL VESCOVO GR!JGORIO (19)
Emicat altithroni cultn venerabile templum Risplende il tempio di Colui che regna dall'alto, dal venerabile
egregium meritis, nobilis arcis apex; ' ornamento, eccezionale per il suo valore, culmine della nobile città.
quo propria tunica dum operit Martinus egentem, f Qui Martino rivestì con la propria tunica un bisognoso e compì una
gestorum serie fulgida.signa dedit.
Namque idem antistes, sacra dum mysteria tractat,
ì,. serie di fulgidi gesti miracolosi. Infatti, mentre questo vescovo cele-
brava i santi misteri, sulle sue mani comparve un luccichio di brillanti
lumll1a gemmarum est visus habere manu, e tutta la parte di braccio non ricoperta da indumenti fu avvolta da
ac de veste fuit quantum sua dextera nuda gemme scintillanti (20). Ancora, mentre il santo benediceva il santo al- 'i. I
tantum membra sibi gemma corusca tegit. tare del Signore, fu visto levarsi dal suo capo un cerchio di fuoco. Il
Sanctus item Domini almum dum benediceret altar, santo vescovo Gregorio innalza ora questo tempio restaurato, rinno- ,I
10 de capite est visus flammeus ire globus. vando cosl il suo culto e il suo onore primitivi.
quae modo tempia sacer renovata Gregorius effert Le splendenti altezze del meraviglioso tempio brillarono, ma do-
et rediit priscus cultus honorque suus. po un lungo servizio brilla davanti ai nostri occhi un'aula nuova. Quan-
' do stava avviandosi a decadenza (21), ba saputo rinascere in forme mi-
Fulgida praecipui nituerunt culmina templi gliori: era diroccata, dopo la caduta è risorta dall'abbandono più soli-
postque usus veteres praemicat aula rudis, da. Gregorio ha riedificato il tempio (22) con l'aiuto di san Martino:
15 in senium vergens, melius revirescere discens, egli ha fatto rivivere oggigiorno quell'antico patrono.
diruta, post casum firmius acta situ. I santuari del Signore risplendono, stagliandosi su luoghi elevati:
Martini auxiliis operando Gregorius aedem sebbene siano eccelsi per la loro magnificenza, sono anche alti sulle ci-
reddidit iste novus quod fuit ille vetus. me. Fu il trascorrere invidioso degli anni ad atterrarli dalle fondamen-
ta, come una parete che si sgretola a causa dell'infiltrazione del!' acqua.
Clara supercilio Domini delubra nitescunt: Il pastore Gregorio si applicò a rinnovare questo edificio, e non ci ad-
alma licet merito, sunt quoque celsa iugo; .dolora il fatto che era tracollato, ora che, ingrandito, è la nostra gioia.
invida subruerat quam funditus ipsa vetustas,
ut paries liquidis forte solutus aquis,
quam pastor studuit renovare Gregorius aedem, da F. Leo: le strofe di questo carme erano destinate a fare da didascalie agli affreschi
dedicati alla vita di san Martino che decoravano l'interno della basilica turonense.
nec cecidisse dolet quae magis aucta favet; Le ripetizioni sono così spiegate dalla studiosa francese: Venanzio preparò per Gre-
gorio due serie di iscrizioni mctdche, lasciando al presule il compito di scegliere
quelle ~he me&li? s! co~fac_essero a illust~~re gli affreschi1 che in quello stesso perio-
6, 1. Ov. Pont. 3, 3, 91: venerabile templum. do venivano dip1nt1 all mterno della basilica restaurata. Secondo B. BRENNAN, Text
(19) La chiesa in questione è la cattedrale di Tours, per la quale si veda and Image: «Readt'ng" the Walls of the St'xth-Century Cathedral o/Tours, "TheJour-
GREG. TuR. Frane. 10, 31, nonché VIEILLARD-TROIÉKOUROFF, Les monuments1 nal of Medieval Latin", VI (1996), 65-83, 78, i vari affreschi erano disposti fungo
304-306. Fu costruita alla metà del sec. IV dal vescovo Litorio, predecessore di l'arcus mat'or della basilica, oppure distribuiti lungo le pareti in guisa di stazioni, co-
san Martino. Quando Gregorio fu eletto vescovo essa era semidistrutta a s:gui- me al giorno d'oggi con le iminagini della Vt'a Cruct's.
to di un incendio scoppiato nel 558; egli la fece ricostruire nel 590, come ricor- (20) Sono i tnedesilni miracoli ricordati dal poeta in carm. 1, 5, 7 -20 e in Mart.
da in Frane. 10, 31. Al suo interno si trovava la cellula sanctt' Martint' celebrata 3, 24-73 e 4, 305-330. Come si è già notato a proposito di carm. 1, 5, anche.qui Ve-
da Venanzio in carm. 1, 5. Nel sec. VIII prese il titolo di San Maurizio; fu com- nanzio presenta come avvenuti simultanerunente e nello stessò luogo (la cellula) due
pletamente ricostruita tra i secc. XII e XIII e de?i~ata a .san G~ziano, pr'?tove: miracoli che nella Vt'ta sancti Martt'nt' sono descritti come avvenuti a grande distanza
scovo di Tours. Il carme presenta alcune caratteristiche smgolart: ?embra.1~a~tt di tempo. Tuttavia, qui la sitnultaneità è 1nessa in rilievo ancor maggiore: se infatti in
formato dalla giustapposizione di due diversi componimenti che, m term1n1 di_f- carm. 1, 5 i due miracoli erano descritti uno dopo l'altro, qui sono descritti uno
ferenti, trattano il medesimo soggetto. Entrambi si iniziai;io ~on un elogio all'interno dell'altro. Secondo BRENNAN, Text and Image, 79-81, questo primo tt'tu-
dell'edificio e del suo costruttore e continuano con una serie dt strofe conte- lus introduttorio (o quello alternativo dei vv. 79-92) era probabilmente posto a dida-
nenti ciascuna il racconto di un ~pisodio della vita di san Martino. Degli otto scalia de~' affresco dell'abside, che rapJJresentava Cristo Pantocratore con, a sinistra,
miracoli narrati nella prima parte (w. 1-78), cinque sono presenti anche nella san Martino e, a destra, Gregorio nell'atto di offrirgli la basilica, secondo il modello
seconda parte (vv. 79-132), la quale annovera in tutto sette racconti di mirac.oli. ravennate di San Vitale.
La prima parte poi si conclude con un epilogo, di cui la seconda .par~e è priva. (21) In sent'um vergens è ricostruzione di F. Leo; nella tradizione il testo si pre-
Scartata l'ipotesi alquanto macchinosa di MEYER, Der Gelegenhettsdzchter, 62- senta variatnente corrotto.
69 la teoria che gode oggi di maggior credito è quella formulata dalla PIETIU, (22) Aedem si legge in 0DDONE DI CLUNY, Vt'ta Greg. 12, che cita questi versi;
La' vt'lle, 828-830, la quale parte dall'idea che fu già di Ch. Brower, poi accolta i manoscritti di Venanzio hanno t'dem.
CARMINA, L. X, VI CARMI, L. X, 6 515
514
25 Ambianis tremulum cernens Martinus egenum Ad Amiens Martino scorge un bisognoso in preda al tremore e,
dimidiae clamidis mox ope membra tegit. subito, ne ricopre le membra con una metà del suo mantello (23). Ma
Sed coram angelicis turmis se hanc nocte silenti è Cristo a dichiarare, al cospetto delle schiere angeliche, che nel silen-
pauperis in specie Christus habere refert. zio della notte egli stesso ne è stato il beneficiario, sotto le .sembianze
O sacer antistes, meritis referende sub astr1s ! di quel povero. O santo vescovo, che per i tuoi meriti sei stato elevato
unde tegis nudum, hinc tua palla Deum. alle stelle! Poiché tu vestisti un ignudo, il tuo mantello rivestì Dio.
'·;i )0
Tra i magnifici vasi che ha foggiato il divin vasaio, il vaso Martino
.I 'I
I Inter opima Deus figtÙus quae vascula fecit risplende glorificato dai suoi meriti. Mondò con i suoi baci preziosi le
Martinus meritis vas in honore nitet. macchie di un lebbroso: il bacio di pace che egli gli diede fu per costui
Leprosi maculas pretiosa per oscub purga~s, una terapia (24). Così quell'uomo beato curò con la bocca le piaghe di
cui quod ab ore dedit pax medtcma futt. un malato: il tocco della sua saliva opera come il Giordano (25).
35 Ulcera morbosi curans sic fauce beatus, Quanto è magnanima la fede di Martino, cittadino cieli' eternità!
quod Iordanis agit tacta saliva facit. Dovunque egli si trovasse, la morte vedeva sbarrata la sua strada. Alla
fine, allorché un catecumeno languiva con il volto spento, egli sten-
Quam generosa fides Mattini in saecula civis ! dendosi sopra di lui mise in fuga le armi della morte. Parimenti-per il
Qui quocumque fuit, mors ibi perdit iter. figlio di una vedova, impiccato e poi liberato: dove è presente questo
Denique cum extincto caticuminus ore iaceret, uomo di Dio, non è possibile andare incontro alla morte (26).
se superextendens effugat arma necis: Il santo insisteva perché fosse tagliato un pino oggetto di super-
I
sic viduae genito laqueato, deinde reducto; stizione: la folla dei paesani credeva che quel giusto ne sarebbe stato
est vir uhi iste Dei, non licet ire mori. schiacciato. Quando l'alto albero, fesso dalla·scure, già minacciava il
i tracollo, al segno della Croce gli fu intimato di raddrizzarsi (27). Qual
Fanaticam pinum sanctus succidere cogens). è la forza di questa fede, se la Croce fa muovere l'ingente mole del pi-
iustum ibi subposuit rustica turba preml. no in un senso contrario alla legge di natura!
45 Caesa secure arbor cum iam daret alta ruinam, Non appena egli ebhe sfiorato con un dito un uomo tumefatto
I I
ad crucis imperium est ire coacta retro. per il morso di un serpente, che già dettava le sue ultime volontà (28),
i i Quis vigor hic fidei, validae. dum pondera pini il terribile morbo si raccolse in quel punto, ed egli lo estrasse dalla fe-
I quo natura negat crux facit ire viam! rita con il dito. Il male già scompare e quello risolleva il capo (29). Ec-
I I
' co un unguento nuovo: l'aver tratto fuori il morbo con le dita e l'aver
. ". '
Serpentis morsu tumida supre?'~ ~egenti . così sconfitto la morte grazie al tocco di quel medico!
hic digitum ut posuit, pestts mtqua flutt Un brigante defunto era venerato con mal riposto onore: alla vo-
collecto morbo huc et ab ulcere pollice tracto, ce di Martino, lì giunto, quell'ombra si vide costretta a parlare e am-
dumque venena cadunt erigit ille caput. mise pubblicamente di essere stata dannata per la quantità delle sue
Unguentumque novum, digitis traxisse venenum malefatte e di non essere un giusto, ma piuttosto un criminale (30). O
et tactu artificis sic superasse neces ! santa voce, che induci a parlare i cadaveri dei defunti e a cui le ceneri
che giacciono dopo la morte danno risposta!
,, Dum latro extinctus falso coleretur honore,
voce huc Mattini cogitur umbra loqui, .r
publice se referens scelerum pro mole peremptum t"'
' ~
se quoque nec iustum, sed magis esse reum. -: f (24) Cf. i w. 97-100, nonché Mari. 1, 487-513.
O vox sancta, loqui defuncta cadavera cogens, ·r (25) Il fiume dove san Giovanni istitul il battesimo di penitenza: cf. Mt 3, 6;
~'
cui post fata iacens dat sua verba cinis ! ~
,..., Mc 1, 9; Le 3, 3; Gv 1, 28. Venanzio sostiene dw1que che co1ne le acque del Giorda"
.-- no risanavano le pecche dell'anima, cosl la saliva di san Martino risanava i difetti del
t., corpo. ,
(26) Cf. i w. 117-120, nonché Mari. 1, 159-201.
~--
27. VERG. Aen. 4, 527; 7, 87: sub nocte silenti. - 48. CLAUD. rapt. Pros. 1, praef. (27) Cf. i vv. 121-124, in cui però non vi è più alcuna menzione della scommes-
4: quas natura negat praebuit arte vt'as; VEN. FoRT. carm. 3, 10, 10. sa con i pagani del luogo, cui invece qui si accenna almeno indirettamente (v. 44).
1 (28) Tumido suprema regenti è correzione di F. Leo per tumidum suprema re-
(23) Cf. i w. 103-106, nonché Mari. 1, 50-67" Da notare che nelh Vita
questo miracolo è presentato come il primo u:a qu~lh ope~a~t da san Martino e,
conformemente a questa idea, qui è collocato tn prima pos1z1one.
t
r
gentem della tradizione manoscritta.
(29) Cf. Mari. 3, 97-120.
(30) Cf. w. 129-132, nonché Mari. 1, 223-234.
~·
r
'
1'
Pergeret in fluvium dum vipera lapsa natatu Una vipera scivolata in un fìu1ne continuava a nuotare e aveva
et prope litorei tangeret ora soli, quasi riguadagnato la linea della riva: per comando di Martino fu ri-
Martini imperio liquidas revocatur ad undas succhiata verso le limpide onde e, spossata dallo sforzo, percorse ari-
transactumque viae lassa recurrit iter. troso il tratto già coperto (31). Quanto amore per il Signore ardeva
, I
'I
" Quantus amor domini tali sub corde calebat, sotto quel cuore, se nella sua potenza ricacciava persino i veleni nelle
' quando venena potens ipsa retorquet aquis! acque!
! Per i meriti di Martino anche in altre persone, riarse dalla febbre,
Martini meritis aliis quoque febre crematis una sua lettera asciutta provocava abbondanti sudori. La sua carta li
sudores refluos pagina sicca dabat; curava co1ne una medicina salutare e lo scritto riversava acqua sul fuo-
unde salutifero medicamine charta fovebat co divampante (32). Quanta grazia di Dio stillava dalle sue parole, se
atque graves ignes littera tinguet aquis. una sua scrittura era come una scaturigine per chi era infiammato dal-
Gratia quanta Dei huius sermone rigabat, la febbre!
febre ubi succensis fons suus ibat apex! O beato, gloria (3 3) del creato, di altissima misericordia: il vesco-
vo Gregorio, cui tu hai donato la tua sede episcopale, ti offre questo
Alme, decus rerum, pie summe, Gregorius, arcis, tempio, o santo. Questo edificio era stato infatti distrutto dalle fonda-
tu cui das sedem, dat tibi tempia, sacer. menta da un antico crollo: ora è ornato con rinnovato in1pegno ed è
,, Nam veteri fuerant haec funditus eruta lapsu rinomato. Tu, buon Creatore del mondo, nella tua onnipotenza ricom-
tecta, labore novo quae modo culta cluunt. pensa nei cieli colui che ti offre questo dono in terra.
Iure potestatis cui tu, bone conditor orbis, Nel corso di lunghi tempi questo alto edificio fu vinto e rovinò,
\ baec danti in terris culmina redde polis. perché in questo sito sorgesse un tempio più bello. Qui Martino, men-
'li tre trattava i santi misteri del Signore, fece salire al cielo dal suo capo 1i
Vieta vetustatis per tempora culminis arca un cerchio di fuoco. Tuttavia il tempio, per non languire e tracollare
diruit, ut melior surgeret aula solo, con una fine miserevole, poté trovare un vescovo che corresse in suo
quo sacra Martinus Domini mysteria tractans aiuto. Ora, tornato in vita, risplende grazie all'impegno di Gregorio:
a capite igniferum misit in astra globum. già cadente nella sua vecchiaia, fiorisce ora di nuovo prestigio. Il ve-
Ne tamen ipsa ruens miserando fine iaceret, scovo, restaurando queste primitive fondamenta, le innalzò più splen-
i i' pontificem meruit qui sibi ferrei opem. dide di quanto precedentemente brillavano. Ora questa elegante basi-
I' s5 Quae rediviva micans instante labore Gregari, lica è apprezzata, provvista co1n'è di ampie finestre circolari: all'inter-
. '
,I decidua in senio, flore! honore novo. no dell'edificio, tra le tenebre della notte, è rinchiuso il giorno. Lo
Fundamenta igitur reparans haec prisca sacerdos sfarzo della pittura rende ancor più sfolgorante ledificio: penseresti
'! extulit egregius quam nituere prius. che le figure delineate con i colori abbiano vita.
Nunc placet aula decens, patulis oculata fenestris, La semente della Pannonia ti donò, Gallia, un suo frutto: una ter- .
90 quo noctis tenebris clauditur aree dies. ra ingrata (34) ha generato un cibo celeste. Martino, illustre per i suoi
Lucidius fabricam picturae pompa perornat, meriti, che per dono divino detiene, quale senatore, il posto più alto 11,
ductaque qua fucis vivere membra putes. nella dimora dei cieli. Egli guarisce con baci medicinali le macchie I i
della lebbra e la sua pura saliva guarisce un uomo· contagiato. Costui 'l,ii
[Leprosum purgavit] non dovette affaticarsi per raggiungere il fiume del Signore: il santo gli I:!
Pannoniae satio misit tibi, Gallia, fructum
gignens caelestem terra maligna dapem,
95 Martinum inlustrem meritis, qui munere divo :, '
- ~
,,
'1
518 CARMINA, L. X, VI
. ·. '
f,
CARMI, L. X, 6
mo quod Iordanis habet, sanctus ab ore dedit. donò dalla sua bocca la virtù che possiede il Giordano. Questo stesso
Qui sacer ipse mihi te, pastor, agente, Gregari, santo, per tuo intervento, vescovo Gregorio, cancelli le numerose
Fortunato adimat tot maculosa reo. macchie del peccatore Fortunato.
Quando il povero Martino divise il suo mantello con un bisogno-
[Clames divisa] so, Cristo affermò di essere ben ricoperto da quella veste. O ricca po-
Dum clamidem Martinus inops divisit egeno, vertà, che ricopri il Signore del suo mantello: a te viene incontro Dio,
i: Christus ea meinorat se bene veste tegi. il Creatore delle stelle! .,
'I '°'
Dives paupertas, Do1ninum quae texit amictu, Tu che hai desiderio di conoscere le gesta del beato Martino, qui
cui Deus occurrit qui dedit astra faber ! potrai in breve apprendere i prodigi di questo eroe. Dunque, dopo
'i
I che il santo ebbe dato la sua tunica a un bisognoso e piccola era la
[Tonicam dedit] parte di tunica che gli rimaneva, poiché le maniche troppo corte non
Noscere qui mavis Marrini gesta beati, ricoprivano le sue braccia, la mano del!' eroe fu vista ricoprirsi di pie-
hic poteris breviter discere mira viri. tre preziose (35). O beato assai quell'uomo al quale toccò di avere le
Denique cum tunicam sacer ipse dedisset egenti membra rivestite del fulgore di nobili pietre al posto della lana, per-
ché, quando poi sarebbe stato ricoperto di polvere e cenere; incedesse
,,,',,
uo ac sibi pars tunicae reddita parva foret,
quod non texerunt manicae per brachia curtae ornato di gemme per opera degli angeli!
i
visa tegi gemmis est manus illa viri. Puoi sperimentare le grandi cose che Dio, amante generoso, ope- i
O nimium felix cui contigit in vice lanae ra nei suoi servi nelle gesta di Martino; questi meritò di resuscitare i .I
nobilium lapidum lumine membra tegi, cadaveri dopo il termine della vita e, dove scacciò la morte, là riportò
U5 ut, cum adhuc cinere adspersus foret atque favillis, la luce.
artifice angelico gemmeus iret homo! Un albero cadeva e stava per schiacciare il beato Martino: non
appena egli tracciò il segno della Croce, il pino, deviato, retrocedette.
[Mortuos suscitavit] Chi non presterà orecchio alla potenza divina, se con la deviazione del
Quid Deus in famulis operetur opimus amator, tronco anche gli alberi si danno alla fuga?
Martini gestis magna probare potes; Quando Martino voleva divellere alcuni idoli dai loro piedistalli, '!:,,
ducere qui meruit de morte cadavera vitae una gran tromba d'aria si abbatté dal cielo e li distrusse (36). Il cielo si
rettulit atque diem reppulit unde necem. degna di scendere in campo come alleato di quel giusto: quanto gran-
i i.
"" de è la fede di colui alle cui battaglie si affianca il cielo!
[Pinus excisa] Un ladro era venerato per errore come un martire: al giungere di
Dum cadere! Martinum arbor pressura beatum, Martino dichiara di essere un malfattore. L'ombra del reo defunto non
mox facit ipse crucem, pinus abacta redit. tace e non si nasconde al balugi~ante risplendere del merito della
Quis non virtuti divinae commodet aurem, virtù e della fede.
dum trabe conversa dant quoque ligna fugam?
[Idola prostrata]
i,
"' Idola dum cuperet Martinus sternere fulta,
I '1I1
conterit haec caelis magna columna ruens.
Auxilium ad iusti dignando milita! aether:
quanta fides cuius currit ad arma polus !
'i
II
··.
:lj I
J ,,
Praecelsis dominis famulor dum corde pusillus Mentre io con animo timoroso, obbedendo (38) agli eccelsi si-
fluminibusque vagis per vada pergo rate: gnol'i, mi avventuro in nave attraverso le acque di fiumi tortuosi), ecco
ecce supervenit venerandi in saecula civis giungere il giorno per sempre glorificato dai meriti di Martino, vene-
Martini meritis luce perenne dies. rabile cittadino dell'eternità (39). Egli, con i suoi miracoli, fa ora par-
, Qui modo de Gallis totum mire occupa! orbem, lare dei Galli il mondo intero e la sua virtù raggiunge luoghi ove nes-
et virtus pergit quo pede nemo valet. suno può arrivare a piedi. Egli, come un alto faro, diffonde la propria
Qui velut alta pharus lumen pertendit ad Indos, luce fino agli Indiani; lo onorano l'Ispano, il Moro, il Persiano, il Bri-
quem Hispanus Maurus Persa Britannus amat. tanno. Lo conoscono l'Oriente e l'Occidente, l'Africa e l'Artide: la
Hunc Oriens, Occasus habet, hunc Africa et Arcthos: gloria di Martino è in tutti i luoghi abitati del mondo. Egli percorre i
rn Mattini decus est quo loca mundus habet; flutti delle coste oceaniche, compie il giro del mondo per essere a ser-
quique per Oceani discurrit marginis undas: vizio di tutti (40). È salito al cielo grazie alla cenere e ai dolorosi cilici:
omnibtls ut praestet, circuit orbis iter. ora egli, che prima nel mondo era povero, si staglia adorno di gemme
Per cinerem ascendens, per dura cilicia caelos là dov'è la gloria dei patriarchi e dove risplendono i profeti, dov'è il
stat modo gem1natus, pauper in orbe prius, · sacro gruppo dei ventiquattro vegliardi e risplende il senato tra i dodi-
., quo patriarcharum decus est radiantque prophetae 8 , ci apostoli, dove siede sul suo trono Cl'isto in persona, lol'o re e loro
· quo est sacra turba senum bis duodena patrum 9 , an10re; dove primeggiano Pietro con la chiave e Paolo con la dottrina
inter apostolicum numerum rutilante senatu e negli altri rifulgono la palma, la corona e fa fede. Lì tutto fiorisce
quo sedet ipse throno, rex sibi Christus an1or, della luce abbagliante dei martiri, il cui sangue è scritto con gloria nel
I
quo excellit ctun clave Petrus, cum dogmate Paulus, libro della vita; lì i confessori stipano i palazzi ornati di pietre preziose
'' fulget et in reliquis palma corona fides, e le volte dorate mantengono un giorno senza fine. Lì ora dimora, do-
quo loca martyribus vernanti lumine florent po molte lacrime, la grande Radegonda (41) e forse ora ella tiene per
atque libro vitae est scriptus honore cruor 10 , mano Eugenia (42): tra tutti costoro Martino è abbellito da diademi e
quo confessores gemmata palatia complent una fulgida cintura calllpeggia sui suoi santi fianchi. Egli canta il me-
aeternumque tenent aurea tecta diem, · raviglioso trionfo di Cristo stùla morte e acclama con alllOte al Dio
~ stat quoque post lacrimas uhi nunc Radeguudis opima, che risorge. È questo quel Martino che voi, o sovl'ani, venerate conie
forsan et Eugeniam nunc tenet i.Ila manu: vostro patl'ono: voi l'onorate in terra, egli è memore di voi nei cieli.
I !'',:
: I I hos inter Martinus habet diademata pulcher Possa egli, sotto le stelle, tra le angeliche schiere (43), celebrare voi
atque sacris lumbis fulgida zona viret,
canta! et egregios Christi de morte triumphos
'° atque resurgenti plaudit amore Deo. co, assassinato nel 584, tornarono a far parte del regno di Childeberto, dopo essere
Hunc quoque Martinum colitis quem, regna, patronu1n, state occupate per un brev<i': periodo da Gontrano. Dal riferimento al dies nata#s di
san Martino, possiamo datare con precisione il ~arme, dato che la sua prima presen-
vos hunc in terris, vos memor ille polis: tazione dovette avvenire 1'11 novembre 588, festa del santo.
vos intra angelicas turmas canat ille sub astris, (38) Famulor è correzione di F. Leo per /amulos o /amulus della tradizione 1na-
if
'
noscritta.
(39) Secondo MEYER, Der Gelegenheitsdichter, 45-46, Venanzio non-ha scritto
questo canne il giorno di San Martino durante un viaggio fluviale: per un acceso de-
!·
8 Cf. Apoc. 4, 4. 9 Cf. Apoc. 21, 14. 10 Cf. Apoc. 21,27.
voto del santo sarebbe stato itnpensabile non partecipare alle solenni celebrazioni in
suo onore: cf. del resto i dimostrativihaec (v. 41) e hic (v. 65), da cui s'intende che il
poeta prese parte alle ceritnonie assieme ai sovrani. Il riferimento sarà dunque al
lI
'•:,
I. 7, 12. Ov. trist. 5, 14, 34: orbù iter. viaggio affrontato per giungere presso il re in tempo per le celebrazioni.
(40) Il topos del plauso universale è applicato non a un regnante, ma al santo
i
(37) Il carme risale certamente a ~opo ~ 587, ann?, della .morte di ~ade: patrono: cf. CURTIUS, Letteratura europea, 181-182.
gonda, che qui il poeta rappresenta t!a t beati (v. ~~). Ptu precisamente s1 Pl!~ (41) Hadegonda 1norì il 13 agosto del 587: cf. GREG. TuR. Frane. 9, 2. Dettagli
datare questo c01nponimento, co1ne 1 due succe.ss1v~, al 588, qua~do .Vena?Zl sul trapasso si hanno in GREG. TUR. glor. con/ 104 (che ne celebrò pure i funerali), e
. .
, ritornò alla coi'te di Austrasia, assieme a Gregorio dt T ours: quest ultimo VI era in BAUDON. 21. Mancano invece, sorprendentemente, in VEN. FORT. vita Radeg. 38 .
stato inviato come agente diplo1natico dal re di Borg?g1:1a Gon~rano, ~he avd:i (42) Eugeniam è correzione di F. Leo per Eugenia della tradizione manoscritta.
1!1
~
I II
appena ceduto Tours e Poitiers a Childe?~rto I~~ S1 :ncordera infa~tt c~e . (43) Vos intra angelicas turmas è correzione di F. Leo per vos inter angelicas
i''/.
I'.,
587, con il trattato di Andelot, Tours e Pottiers, gta patte del regno d1 Chilperl- turmas o vos inter angelicis turmis della tradizione manoscritta.
"'i -· --·'
. , I·
'1. !,
CARMINA, L. X, VII CARMI, L. X, 7 523
522
cui vos ante homines fertis honore diem. che festeggiate pubblicamente questo giorno in suo onore. Possa egli
,, Nomina vestra legat patriarchis atque prophetis leggere i vostri nomi davanti ai patriarchi e ai profeti, oggi che il suo ·
cui hodie in templo dipticus edit ebur. no1ne è scritto in un dittico eburneo nel tempio. Egli, che voi venerate
Reddat apostolicos proceres reliquosque patronos e a cui dedicate devote festività, renda vostri patroni gli eminenti apo-
quem vos bic colitis vel pia festa datis. stoli e gli altri beati. Quell'intercessore, al quale voi date gloria nei
Pergat et ad Cbristum pro vobis ille precator templi con le vostre preghiere, possa giungere per voi fino a Cristo.
'" cui vos in templis vota precando datis. Racconti, al cospetto del Re del cielo, queste sue feste solenni, perché
sia dato a voi quaggiù, o sovrani, aiuto di salvezza. Il Signore lo consi-
.: :
., .I Ante poli referat sua haec sollemnia regem,
dentur ut hinc vobis, regna, salutis opes . deri come vostro patrono, perché l'amore di colui che ora venerate si
. ' . ,11 Deputet et Dominus vestrum hunc esse patronu1n,. . prenda cura di voi. Ed egli che quando dimorava (44) in terra compl
numerosissimi miracoli, elargisca anche ora a voi nella sua potenza le
'I
I
:J
I.
I
ut modo qui colitur vos colat huius amor.
" Quique dedit habitans miracula plurima tetris,
distribuat vobis hic quoque mira potens.
Cuius gemmata est tunc dextera visa beati,
I [
sue meraviglie. La mano di questo beato apparve un tempo ornata di
gemme: quella mano protegga voi assieme ai vostri cari. Egli, che un
tempo poté richiamare in vita i cadaveri, anche ora elevi preghiere (45)
''
!ii' 11
vos simul et vestros protegat illa manus. per la vostra incolumità. Egli, che strappò via il morbo dalla carue di
I
I
Qui tunc pron1eruit revocare cadavera vitae, ' un uomo che ne era affetto, tenga lontani da voi i veleni nocivi. Egli,
'" bic quoque pro vestra vota salute ferat. che volse all'indietro il cammino di un serpente, metta in fuga e faccia
! retrocedere ogni grave sciagura. Egli fece sl che la casa di Liconzio
Qui percusso homini abstraxit de carne venenum,
noxia de vobis ipse venena vetet. ., (46) fosse preservata dalla peste: per sua intercessione questa casa pos-
Qui serpentis iter fecit revocare retrorsum, ' sa fiorire incontaminata. Il suo sontuoso mantello ricoprì un bisogno-
ipse graves casus hinc fuget ire retro. so in preda al tremore: lala di questo eroe apostolico vi protegga.
,, Qui de peste domum salvam dedit esse Lyconti, Egli, che restitul il figlio al grembo di una madre vedova, conceda
haec domus incolomis floreat huius ope. quaggiù a te, madre e nonna, una discendenza: Childeberto possa
Cuius opima clamys tremebundum texit .egenum, conservare la sua prole novella (47), come re che detiene saldamente il
eius apostolici vos tegat ala viri. suo regno e acquisisce regni nuovi. Possa tu, o madre, secondo i tuoi
Qui viduae matri revocavit ad ubera natum, dolci desideri (48), vedere anche da tua figlia, così come dalla tua cara
60 ipse tibi hic tribuat pignora, mater, ava,. nuora, ciò che i tuoi auspici si attendono. I fedeli godano pertanto
ut Childebertus maneat cum prole novella, gioiosamente delle loro feste e voi siate il vertice dell'onore reso ai ser-
rex sua regna tenens et nova regna trahens, vi del Signore: ti sarà cosl ancor più gradito, o Brunichilde, avere un
de genita ut videas genetrix, ut dulcius optas, patrono, ché egli, magnanimo, protegge in questo mondo il casato re-
i deque nuru cara quod tua vota rogant; gale (49). Egli t'istruisca, ti guidi e ti conduca per via, perché tu possa
I
" unde hic felices habeant sua festa fideles risplendere, unita a lui, delle tue opere di pietà.
I et domini famulis sitis honoris apex,
!!i
,: I' ..
quo tibi plus libeat, Brunichildis, habere patronum,
quando domum et dominos servat in orbe pius.
11.! li i Sic quoque te erudiat, regat et sic tramite ducat,
(44) Quique dedit habitans è ricostruzione di F. Leo; la tradizione si divide tra
1 actibus ipsa piis ut sibi iuncta mices. il lacunoso qui dedit habitans e qui dedit hic habt'tans.
: I 1·: ", (45) Vota è correzione di F. Leo per dona della tradizione manoscritta.
• ! (46) Venanzio trae la menzione di questo personaggio, che egli già aveva nomi-
nato in Mart. 4, 427, da SULIJ. SEV. dt'al. 3, 14, 3. Si veda STROHEKER, Die senatori-
sche Ade!, 190 n. 230.
, (47) Childeberto II, figlio non ancora ventenne di Brunichilde, aveva già due
flg!t: Teodeberto, nato da una concubina nel 585, e Teodorico, nato dalla moglie
Faileuba nel587. Cl. GREG. TuR. Frane. 8, 37 e 9, 4.
(48) All'inizio del 588 la sorella di Childeberto, Clodosinda, andò fidanzata al
re dei Visigoti Reccaredo, dopo essere stata in un primo tetnpo promessa ad Aularo
re dei Longobardi (cf, GREG. TuR. Frane. 9, 15 e 25). L'auspicio di Venanzio non si
realizzò, poiché al nuovo fidanzamei1to non seguirono poi le nozze.
59. SEDUL carm. pasch. l, 97: et serum suspendit ad ubera natum; VEN. FORT. (49) Dominos è correzione di Th. Mommsen, accettata da F. Leo per dominus
---- !;-"'---
Si praestaretur praeconia pandere regum, Se il mio compito fosse quello di tessere le lodi dei sovrani, non I
ac vestro in statu est cuhnen in orbe pium. poi (53) brillano la famiglia, la patria e la protezione, il decoro e il ran-
·11
Hicque parentela et patria et tutela coruscat, go, opere di pietà, giornate tranquille: qui vi è una dolce speranza per 'I
10 hic decus atque gradus, hic pietatis opus, chi è fedele e i doni della salvezza: dopo che in Dio si trovano in voi.
hic tranquilla dies, hic spes iucunda fideli, Io qui unisco i miei auspici e le mie gioie a quelle del popolo: Cri-
postque Deum in vobis dona salutis habent. sto misericordioso faccia sì che crescru10 e si sviluppino. La benevo-
Hic ego cum popolo mea vota et gaudia iungo, , lenza di Dio vi conceda la sua protezione per lungo tempo in questo
quae pius amplificans crescere Christus agat. mondo e, per dono del cielo, possiate mantenere a lungo il vostro re-
15 Praestet cura Dei vos longa in sede tueri,
gno (54). Governate le terre da voi possedute e possiate acquisirne di
caelesti ac dono regna tenere diu. nuove, e moltiplicate devotamente codeste ricchezze prendendone par-
Adquiratis adhuc aova ve! possessa regatis te, per poter vedere matura la messe che, per opera di tuo figlio, tua
ac pie participes has foveatis opes, creatura, fiorisce per te, madre splendente di gloria. Perché dal figlio e
ut tibi quae floret de nato et germine, messem dai nobili nipoti che ti sono nati sia donata a codesta nonna un'altra
20 maturam videas, mater honore micans; inclita progenie. Da Childeberto - dolcezza, fiore, salvezza - possa tu,
sic ut et ex genito genitisque nepotibus amplis sua madre, avere un frutto e il popolo vedrà compiersi i suoi desideri.
altera progenies inclita detur avae. Il Creatore ti ricolmi di doni da tua figlia e da tua nuora e, con i tuoi
De Childeberto dulcedine flore salute pii meriti, possa tu stare gradita al cospetto di Dio. Quando sarò ritor-
fructum habeas genetrix, plebs sua vota videns. nato qui, sia concesso a me piccino di rivolgerti parole di saluto, unen-
,, De nata atque nuru cumulet tibi dona creator do la mia gioia a quella di signori tanto benevoli. Siano prosperi gli af.
cumque pio merito stes placitura Deo. fari dei sovrani, crescano le gioie del popolo; esulti la regione, questa
Hic ego promerear rediens dare verba salutis, gloria duri a lungo.
congaudens dominis parvulus ipse piis:
prospera sint regum, populorum gaudia crescant:
,o exultet regio, stet honor iste diu. (cf. vv. 3-4), risente del clima di speranze di pace e sicurezza suscitato dalla sigla del
tratt~to d~ Andelot del 587, .c?e mise ~i~1e alle lotte seguite all'assassinio di Chilperi-
co: s1 addivenne a ~na defin1txva spartlztone tra Gontrano e Childeberto II del regno
appartenuto a Cariberto. Inoltre sul trono di Austrasia fu confermata la discendenza
di Brunichilde, e nuove prospettive in questo senso si aprirono con l'impostazione
di una nuova alleanza tra l'Austrasia e il regno visigoto (v. la nota 48). Secondo
KoEBNER, Venantius Fortunatus, 109, il carine fu scritto da Venanzio al 1nomento
del suo congedo dalla corte austrasiana verso la fine del 588, mentre secondo la
GEORGE, Venantius Fortunatus. A Latin Poet, 57-59, gli auspici espressi dal poeta
porterebbero piuttosto a una datazione più a ridosso del trattato cioè negli ultiini
mesi di quello stesso anno 587. ' -
. . (51) Il carme non è un panegirico in senso stretto, ma presenta alcune caratte-
rtsttche che lo rendono assai vicino al genere panegiristico: il topos della 1nodestia
(cf. CUR11US, Letteratura europea, 453-459) e l'immagine della luce quale metafora
della regalità.
(52) Al posto del catalogo di eventi e imprese contemplato dallo schetna del
panegirico, Venanzio inserisce concetti astratti esprimenti qualità dell' anitn6: ciò
8, 4. Ov. epist. 21, 242: luminafixa tenens. evoca un senso di prosperità e stabilità.
(53) I-ficque è correzione di F. Leo per hisque della tradizione manoscritta.
(50) Il tono ottimistico di questo breve panegirico, verisimilmente recitato (54) Le parole di Venanzio ricalcano da vicino il testo del trattato di Andelot:
di fronte a un ampio uditorio costituito anche da persone estranee alla corte PACTIO reg. Greg. Tur. Frane. 9, 20.
~ i
I
I CARMINA, L. X, IX
:'! 526 CARMI, L. X, 9 527
pervenio qua se volvere Sura valer. r la Siìre (60) riesce a formare un'ansa. Da qui, tra i rilievi dei colli e le ,•i:
Inde per extantes colles et concava vallis depressioni della valle, scorriamo sulle docili acque fluviali fino alla I,,,
i,''
'"
ad Saram pronis labimur amnis aquis.
Perducor Treverum qua moenia celsa patescunt,
-."r
- l"
Saar (61). Sono condotto fin dove fanno mostra di sé le alte mura di
Treviri, nobile città e capitale di un altrettanto nobile popolo (62).
urbs quoque nobilium nobilis aeque caput. Da qui, trasportati dal fiume, oltrepassiamo le antiche altezze del se-
Ducimur hinc fluvio per culmina prisca senatus, r nato (63), dove le stesse rovine danno prova della sua potenza. Da
quo pater indiciis ipsa ruina potens. -~ ~ ogni parte possiamo vedere montagne dalle vette minacciose, dove si
; I
I,
~i
"
Undique prospicimus minitantes vertice montes,
- .
: ,: ! (58) Questa e le successive notazioni, dalle quali emerge il quadro di una cam-
i i! 9, 11. CLAtD. rapt, Pros. 1, 221: patulis illudere campis. - 14. PROP, 3, 21, pagna ricca e ubertosa, prospera e in pace, risentono del clitna instaurato dal trattato
14: iam liquidum nautis aura secundat iter. - 17. VERG. ecl. 1, 82: summa procul di Andelot; più avanti Venanzio descriverà il fumo che sale dai villaggi (vv. 17-18), i
I1 vt'llarum culminafumant. - 19. CLAUD. 7, 47: valles et concava. fertili vigneti (vv. 29-42), i campi ben lavorati (vv. 65-68) e l'abbondante pesca (vv.
'!i
69-74). L'atmosfera classica delle descrizioni paesaggistiche, creata per sottolineare
(55) Descrizione di un viaggio compiuto, quale ospite della corte austra- il ruolo dei Franchi quali legittimi eredi di questa parte dell'impero romano, deriva
siana, da Metz sul corso della Mosella fino ad Andernach, alla confluenza di anche dallo stile, improntato a richiami ovidiani.
quest'ultimo fiume nel ~eno. L'it~ner~rio è dunq~e, a .un.d.ipresso, il me~esi~o (59) Affluente di sinistra della Mosella, nella quale si getta poco a nord di
di quello percorso ventidue annt prtma al seguito d1 S1g1berto e descritto 1n Metz.
carm. 6, 8. Lo scopo del carme, che risale al 588, è di celebrare in Childeberto (60) Si veda la nota 13 del libro VII.
II il degno erede dei fasti della Gallia romana, 1na anche quello di mostrare (61) Saram è correzione di L. TRoss, Decimus Magnus Ausonius. Mosella. Mt't
'l!.I
quanto la presenza a corte di un poeta nutritosi alle fonti dei classici contrib~i verbessertem Texte, metrischer Ùbersetzung, erkliirenden Anmerkungen, einem krùt'-
I' I sca a dare questa prestigiosa immagine del sovrano franco, della sua corte ·e tn schen Commentar und histort'sch-geographt'schen Abhandlungen von L. T. Mit dem
generale del suo regno. Come ha rilevato NAVARRA, A proposito, 1.30-131, Ve: Moselgedt'cht des Venantius Fortunatus und anderen Zusiitzen, Hamtn 1824, ad loc.,
·1 ,:··
:
nanzio, nonostante l'argomento, non prese a modello la Mosella di Ausonio: v1 per Suram della tradizione manoscritta (cf. v. 18). Per il fiume Satre/Saar si rimanda
'
·i:: I sono piuttosto convergenze letterarie e spirituali con i carmi odeporici di Enno-
:1 alla nota 13 del libro VII.
, I
dio. Per un commento puntuale a questo carme si veda Die Moselgedichte, 104- (62) Il poeta insiste sul prestigio del regno austrasiano, sottolineando in parti-
109· sugli aspetti descrittivi si soffertna invece M. ROBERTS, The Descriptt'on o/ colare gli aspetti di continuità con l'antica Roma: le mura di Metz (v. 1) e di Treviri,
Landscape in the Poetry o/Venantius Fortunatus: the Moselle poems, "Traditio", descritta come «nobile capitale dei tempi antichi>> (v. 45) e della quale egli ricorda
i'. .,i XLIX (1994), 1-22. Per un rapido inquadratnento GEORGE, Venantt'us Fortuna- pure gli edifici del periodo romano; ancora «la cittadella di Andernach» (v. 63 ),
tus. A IAtt'n Poet, 182-184. (63) Probabilmente Venanzio allude al piccolo edificio fortificato di Ffalzel, ri-
(56) Childeberto Il e la madre Brunichilde. . tenendo erroneamente eh' esso avesse nel passato rivestito funzioni ufficiali (del resto
(57) Cucurrt' si legge nell'edizione parigina del 1644 in luogo di cucurrtt il nome Pfalzel deriva da palatz'um). Si veda al proposito E.M. WIGHTMAN, Roman
dei manoscritti. Trierand the Treveri, London 1970, 169.
1
~
I,'
I ,
! !
I,
! '"
il
CARMINA, L. X, IX CARMI, L. X, 9 529 . I'
'I
nubila quo penetrans surgit acuta silex, ergono rocce aguzze che squarciano le nubi, dove cime dirupate svet~ I i
qua celsos scopulos praerupta cacumina tendunt tano con alti macigni e cumuli di irta roccia si sovrappongono fino a
hispidus et tumulis cresci! ad astra lapis. raggiungere le stelle. Qui queste dure rocce non possono restare senza
Nec vaca! bue rigidis sine fructibus esse lapillis: frutti: in effetti esse partoriscono e dalle pietre scaturiscono vini. Qui
Jo denique parturiunt saxaque vina fluunt. puoi vedere da ogni parte colli rivestiti di tralci e una brezza delicata
Palmite vestitos hic respicis undique colles lambisce le chiome dei pampini (64); le viti piantate tra le pietre si ad-
et vaga pa1npineas ventilat aura co1nas; densano a file serrate e queste linee dipinte si protendono fino alla ci- i
cautibus insertis densantur in ordine vites ma. I campi coltivati dai contadini risplendono tra gli spuntoni dei
sassi: la vite ridente rosseggia (65) in mezzo alle bianche pietre, dove 1,·i
atque supercilium regula picta petit;
J5 culta nitent inter horrentia saxa colonis: le rocce scabre producono dolcissimi grappoli e l'uva feconda, che i1:
i''i. i
in pallore petrae vitis amoena rubet, cresce sulla dura e sterile pietra, riesce gradita; là dove i vigneti si rive- ,1
stono di chiome sotto la montagna calva e un ombroso verde ricopre 'I
aspera mellitos pariunt ubi saxa racemos, '/
et cote in sterili fertilis uva placet larida petraia. Qui il vignaiolo spicca uve colorate, ed egli stesso, rac-
quo vineta iugo calvo sub monte comantur, cogliendole, pende dalle rocce sospese.
'
et tegit un1brosus sicca metalla virar; Fu una delizia per i miei occhi e mi cibai di leccornie, godendo
queste piacevolezze e seguendo i sovrani nella navigazione. Da qui in
inde coloratas decerpit vinitor uvas,
rupibus adpensis pendit et ipse legens. poi sono trasportato dalle acque fino a dove la Contrua (66) si riempie Ii
I
:I:
Delicias oculis habui dapibusque cibatus, d'imbarcazioni, ove sorgeva l'antica e nobile cittadella. Giungo poi
haec iucunda tenens, navita regna sequens dove due fiumi confluenti si congiungono: da una parte lo spumoso
45 hinc quoque ducor aquis qua se rate Contrua conplet, Reno, dal!' altra la Mosella fecondatrice. Durante tutto quel viaggio le
quo fuit antiquum nobilitate caput. onde rifornivano i sovrani di pesci (67) e una grande abbondanza bru-
Tum venia qua se duo flumina conflua iungunt, licava nelle acque per i dignitari.
bine Rhenus spumans, inde Musella ferax. Tuttavia, perché non mi mancasse alcuna piacevolezza durante il
Omne per illud iter servibant piscibus undae viaggio, io mi pascevo delle Muse: il mio orecchio beveva il loro canto.
regibus, et dominis copia ferve! aquis. Gli strumenti musicali, emettendo il loto suono, percotevano le mon-
Ne tamen ulla mihi dulcedo deesset eunti, tagne, e le rocce scoscese riecheggiavano i loro canti. Le corde bron-
pascebar Musls, aure bibente melos: zee immediatamente emettevano delicati sussurri e dall'alpe la bosca-
vocibus excussis pulsabant organa montes glia rispondeva vicendevolmente al suono dei pifferi. Una musica, ora
reddebantque suos pendula saxa tropos. tremula e fremente, ora limpida e cantabile, risuona dalla roccia tale e
55 Laxabat placidos max aerea tela susurros, quale si libra nell'aria. I canti riuniscono le due sponde separate in
respondit cannis rursus ab alpe frutex. una sola dolcezza e, sui colli e sui fiumi, unica era la voce di quelle
Nunc tremulo fremitu, modo plano musica cantu melodie. La grazia dei sovrani ha richiesto tutto ciò per divertimento
: i. "
talis rupe sonat qnalis ab aere meat. del popolo: essi trovano sempre il modo di giovare con la loro solleci- ·i' I ,I."'.
Carmina divisas iungunt dulcedine ripas, : tudine (68). 'r.
'1 •
i
- l
CARMINA, L. X, IX-X CARMI, L. X, 9-10 531
530
Antonnacensis castelli promptus ad arces Da qui mi avvicino (69) velocemente alla rocca della cittadella di
inde peraccedens sarcina pergo ratis. Andernach (70), procedendo quale carico della nave. Sebbene qui vi
65 Sint licet hic spatiis vineta in collibus amplis,
siano distese di vigneti su colli spaziosi, la parte opposta è una fertile
altera pars plani fertilis extat agri: ca1'.:pagnayiane.ggiante; tuttavia la ricchezza di quel luogo meraviglio-
plus tamen illa !od speciosi copia pallet, so e maggiore di ogm altra, perché quei popoli godono di un secondo
I raccolto dalle acque (71).
alter i:juod populis fructus habetu~ aquis.
Denique dum praesunt reges in sedibus aulae . Infine, q~ando i _sovrani ~i sono. assisi sul loro trono nella reggia e
ac mensae officio prandia festa colunt, off;onc: pranzi frstos1 on;aggiandoc1 della loro tavola, si guarda nelle
70
retibus inspicitur quo salmo fasce levatur, retl e s1 trae dagh 1ntrecc1 un salmone, e il re conta i pesci, stando se- : ·1· I
et numerat pisces, cum sit in aree sedens; duto s'.11 trono. n re god? della tavola, mentre un pesce guizza dall' on- i'\
:~ I.; :
rex fave! in mensa, resilit dum piscis ab unda, da e rinfranca il suo ammo al presentarsi della preda. Da una parte
atque animos reficit quod sua praeda venit. egli vede q~esta p_rosperità, _dall'. altra rei;de lieti i suoi palazzi: prima si
Illuc fausta videns, huc laeta palatia reddens · sazia con gh occhi e poi SI nfocilla col cibo. Lo straniero è accolto alla i
75
pascens ante oculis post fovet ipse cibis. tavola del Reno come fosse un cittadino e la folla degli abitanti si com-
Praesentatur item 1nensae Rheni advena civis, piac? del banch~tto. Il Signore possa offrire a lungo questa vista ai so-
turbaque quo resedens gratificatur edens. vram. e vo1 pos~iat~ proc~rare al vostro p~polo giornate piacevoli. Dai
Ista diu Dominus dominis spectacula praestet, vostn volu bemgm maggiate a tuttl la gioia; che le vostre maestà siano
et populis dulces detis habere dies: rallegrate cfai vostri sudditi (72).
80
vultibus ex placidis tribuatis gaudia cunctis,
vester et ex vestris laetificetur apex.
10. VERSI SULLORATORIO DI AKfANNE (73)
'
X. VERSUS DE ORATORIO ARTANNENSE . Q':'esta t~rr~ custodisce i grandi talenti dei beati, questo terreno è I
ncco .d1 teson d1vm1. La parte destra risplende della gloria dell'angelo I•:
Gabnele, che dal!a sua sacra bocca recò al mondo la gioia: quando la I1,:1·I<1.:
Magna beatorum retinet haec terra talenta,
Vergme concepl I eterna salvezza, questo messaggero le annunziò i do-
divinis opibus dives habetur humus.
m .del Reden:ore. Dalla parte sinistra sta una pietra del sepolcro che
Pars dextra angelico Gabrihelis honore coruscat,
Cnsto occ~po con 1! suo corpo durante la sua breve morte, prima di
gaudia qui mundo detulit ore sacro,
sal1te vmc1tore al Padre. Qui, brilla con le sue sante reliquie anche
f: quando aeternalem concepii virgo salutem,
quel Gr_egorio (74) che uscì illeso dal fuoco e non perl affogato nella
I' dona redemptoris nuutius iste ferens.
pece. V1 _sono anche Cosma e lo stesso Damiano, n1edici di salvezza
I Laeva est parte lapis tumuli, quem corpore Christus
,1 non con 1 ferri, ma con la medicina della fede (75). Vi è poi Gitùiano
pressit morte brevi, victor eundo patri.
sgozzato da una spada amica (76): il popolo dell'Alvernia lo venera~ i!,
11
Hic quoque reliquiis micat ille Gregori~s almis, I
'il i I'
w qui probus igne redit nec pice mersus obit. :·I i
,,. ,, I Sunt etiam Cosmas, Damianus et ipse, salubres gresso civile P?rtato avanti da Childeberto non riceve il suo co1npletamento. Un •i
I:':
,. ; non ferro artifices, sed medicante fide. contesto ben diverso da quello del primo viaggio di carm. 6, 8. ;.1 j:
; :i (73) ~er l'edifi~io ~le reli9-uie in esso contenute si rimanda a carm. 10, 5; que- li
Est Iulianus item, gladio iugulatus amico,
plebs quem Arverna colens arma salutis habet;
sto carme s1 trovava, inciso su pietra o dipinto, all'interno dell'oratorio. I.I''I i:
\74) Gregorius è la l~one di alcuni manos:ritti, mentre altri leggono Georgius,
preferito ?alla PIE'~RI, La, vtlle, ~03 nota 285, Ella identifica questo martire Giorgio con li :
. '
i
I
quello cui e~a dedicato 1 oratorio celebrato dallo stesso Venanzio in carm. 2 12 che a I·.;
64. Ov. tt'ist. 1, 3, 84: sarcina parva rati. sua volta co1ncid.erebbe con il G~orgio menzionato in GREG. 'fuR. glor. mart. '100'. I'
. . (75) I santi Cosi;?a e Damiano, due fratelli 1nedici decapitati a Cirro, presso An-,
(69) Peraccedens è correzione di BLOMGREN, Studia Fortunatiana, 135, per tioch1a, al tempo dell ltllperatore Diocleziano; d. F. CARAFFA, Cosma e Damiano BS
per accedens dei manoscritti. . N, 1964'.223-225.1? Oc~i~ente il loro c~ùto si propagò tra il V e il VI secolo, soPrat-
'l:' (70) Andernach si trova lungo il corso del Reno, circa 25 ktn a valle dt tutto per 1f11pulso ~et papi Sllllmaco e Felice IV; a,Tours non è attestato prima dell'epi-
scop~to d1 Gregorio: d. GREG, TUR. Frane. 10, 31: In cellula sancti Martini ecclesiae ipsi
Coblenza. contigua sanctoru'!1 <;asma~ et Damt'ani martyrum reliquias posui; Prnnu, La ville, 502.
i I.
(71) Ritorna il motivo encomiastico della prosperità del paes~.
(72) Da questa conclusione .si ricava che Venanzio conce]?Ì il suo. ca:1~e, (76) San Giuliano di Brioude, martire sotto Diocleziano assieme al co1npagno
'
verisimilmente declamato davanti alla corte radunata, come l 1mprescindibde Ferreolo. Venanzio lo ha ~ià ~enzionato in carm. 5, 3, 11e8, 3, 161. La sua Vt'ta è
I!,!. contributo della tradizione culturale e letteraria romana, senza la quale il pro·. stata composta da Gregorio dr Tours (cf. la nota 23 del libro VIII).
1.'i
1 I '
- -. t-
532 CARMINA, L. X, X-XI CARMI, L. X, 10-11 533
15 lvlartinusque sacer, retinet quem Gallicus orbis, trova in lui le armi della salvezza. Ancora, san. Martino, onorato da
cuius Christum operi! dimidiata clamys, tutto il mondo gallico, il cui mantello dimezzato rivesti Cristo: spo-
se tunica spolians nudu1n qui vcstit egenu1n, gliandosi della sua tunica, egli ricoprl un bisognoso ignudo e perciò ri-
unde datae sibi sunt alba topazus onyx, cevette in dono quelle perle bianche, quei topazi e quegli onici, che al-
quac 1neruere aliqui hoc in corpore cernere sancti, cuni poterono vedere sul corpo del santo, miracolo che fu svelato dal
gemmarumque sonus quo_d pat~fecit opu~. rumore delle pietre (77). Qui si aggiunge, per i suoi abbondanti meri-
Additur hic meritis cum nomme V1ctor op11111s, ti, Vittore (78): conformemente al suo nome, egli, per la grazia del
munere martyrii qui tenet alta poli; martirio, risiede nelle altezze del cielo. Qui è la palma recente di Nice-
hic veteris virtute viri nova palma Niceti, zio (79), uomo autico per le sue virtù, che protegge nel suo grembo e
urbem Lungdunum qui fovet ore, sinu. con le sue preghiere la città di Lione. llvescovo Gregorio (80) implo-
25 I-Iorun1 past~r ope1n corde, ore Gregorius orat, ra, a parole e col cuore, l'aiuto di costoro, perché egli possa vivere
vivat ut allithrono vit sine fine Deo. nell'eternità dinanzi ali' eccelso trono di Dio. ·
Xl !N NOMINE DOMINI NOSTRI lESU CHJUSTI 11. IN NOME DI NOSTRO SIGNORE GESÙ CRISTO.
VERSUS FACTUS IN MENSA IN VILLA SANCTI MAKl'INI VERSI DECLAMATI A TAVOLA, NELLA TENUTA DI SAN MARTINO,
ANTE DISCRIPTORES DAVANTI AGLI ESATTORI DEL FISCO (81)
Cnm videam citharae cantare loquacia ligna Poiché vedo che il legno sonoro della cetra canta, che la lira si
dulcibns et chordis admodulare lyram unisce a quel suouo con le sue corde soavi (del cui dolce canto paiono
(quo placido cantu resonare videntnr et aera) risouare anche le campane) e che la delicata zampogna blandisce le
mnlceat atque aures fistula blanda tropis: orecchie con le sue modulazioni, sebbene io non sia altro che un con-
5 quamvis hic stupidus habear conviva re~eptus, vitato sciocco accolto da voi, anche la mia zampogna muta intende di-
et mea vult aliquid fistula muta loqw. re qualche parola.
Eçce dies, ~n quo Christus surrexit ab imo, Questo è il giorno nel quale Cristo è risuscitato dagli abissi, dopo
infernae legis rumpere vincla potens, avere infranto nella sua potenza le catene della legge dell'inferno, al-
quando et vinctorum lacrimantia niilia solvit lorché liberò migliaia di auime incatenate e piangenti ·e il TaFtaro scon-
et revomunt multos Tartara fracta viros. quassato vomitò molti uomini. Si aggiunge qui un altro fatto: che uel
Additur hic alind, quod Mattini anla beati luogo in cui ora si sta svolgendo un festoso banchetto, risplende la ba-
emicat haec ubi nunc prandia festa fluunt, silica del beato Martino. Egli, con il suo agire, riusci a toccare le orec-
qui valuit gestis aures pulsare Tonantis, chie dell'Onnipotente e, grazie ai suoi meriti, ottiene ciò che la sua
obtinet et meritis quod petit alta fides, profonda fede richiede; nella sua pietà restituì a vita cadaveri di de-
15 qui pie restituit defuncta cadavera yitae funti e, amico di Dio, ne assicura con prontezza l'aiuto. Ora è suo le-
atque Dei prompte praebet am1cus opem; gittimo successore l'esultante Gregorio, che con la parola e con la fede
!1, cui successor ovans modo rite Gregorius extans,
I
I'
. 11, 15. VERq. 11.en. 6, 306: defunctaque corpora v#a; LUCAN. 3, 720: de- (80) Naturahnente Gregorio di Tours.
I functum parte cadaver. (81) Da GREG. TuR. Frane. 9, 30 e Mart. 4, 6, ma anche dal carme seguente,
sappiamo che gli esattori erano due e che i loro nomi erano Fiorenziano e Romolfo:
!
(77) Su questo tniracolo si ri1nanda a qu.ant.o osser~ato n~~ nota 2?·. furono inviati a Poitiers nel noven1bre del 589 dal re Childeberto II, su invito del ve-
(78) Con ogni verisilniglianza si tratta d1 Vittore dt Marstgha'. ma~tt~tzzato scovo locale Maroveo. Ottenuto il pagatnento delle tasse dai cittadini di Poitiers, si
sotto Diocleziano e menzionato in GREG. TUR. glor. n:art. ?~.A 1~1 fu int1~~l~t~ spostarono a Tours, dove però si trovarono di fronte all'opposiziOne del vescovo ~ ,I ,
la più antica abbazia in terra francese, fondata da Giovanni Cassiano agli m1z1 Gregorio. Questi ricordò loro che, per dspetto verso san Ma1tinò, il re Clotario I di-
!
I del V secolo (GHEG, TuR. Frane. 9, 22; VIELLARD-ThOIÉKOUROPF, Les manu,
ments, 161 n. 153). Si veda M.-0. GARIUGUES, V#tore a Marsiglia, BS XII,
chiarò la città di Tours esente da qualsiasi itnposta, esenzione che venne mantenuta
anche dal figlio Cariberto. Dopo l'intervento di Gregorio, i due esattori decisero di
1969, 1261-1273. . attendere un pronunciamento ufficiale da parte di Childeberto II. Il pronunciatnen-
(79) Nicezio vescovo di Lione (PLRE III, 944 n. 1), che fu ,zio della ma- to non tardò a giungere, con la confer1na delle esenzioni concesse dal nonno e con-
1,
dre di Gregorio di Tours: st veda GREG. TUR. F~anc. 5, 5, nonche STR~I-IE~, fermate dallo zio: d. l'Introduzione generale, pp. 36s. I versi di Venaqzio furono re-
Die senatorisch,e Ade!, 195 n. 259. GREG. TUR. ~tt. patr. 8, ~e ~arra la vita e rl- citati in occasione di un banchetto tenutosi il giorno della festa di San Martino, du-
,1 cotda i miracoli operati nei luoghi ove si custodivano sue reliquie. rante il quale egli accolse gli esattori a nome di Gregorio.
I
I
I
I
_,,,
ille quod adquirit, hic regit ore, fide. governa ciò che quegli mise assieme. È lui che qui presente ci invita,
Qui rogat hic praesens, alibi licet insidet absens, anche se altrove, lontano, dimora e, buon pastore della città (82), ci
w exhibet atque cibos pastor in urbe bonus. ammannisce questi cibi. Ora dunque celebrate solennemente questo
Nunc igitur celebrate diem sollemniter omnes giorno voi tutti, ai quali Dio onnipotente ha concesso di trovarvi qui
quos Deus omnipotens hic dedit esse pares, tutti eguali. Il benigno Martino nel suo amore vi ha radunato presso di
quos sibi Martinus collegi! amore benignus sé e, ecco, vi fa qui banchettare con le sue vivande. Sotto il governo di
et facit ecce escas hic epulare suas. Childeberto e di Brunichilde, sovrani in perfetta salute, alle cui altezze , '
'
,, Ergo sub incolomi Childeberto ac Brunichilde, Dio ha concesso di amministrare questi regni, voi, da loro inviati, reg~
quos tribuit celsos regna fovere Deus, gete questo popolo fedele e date (83) sollievo ai poveri, sempre se vi
vos, quos miserunt, populum moderate fidelem sia ancora qualche bisognoso. Apprendete dai sovrani il bene e opera-
et relevate inopes, si quis et extat egens; te benignamente: le vostre gioie siano il vostro nutrimento nella fede.
ac bona de dominis nascendo et agendo benigna Voi che siete stati invitati alla tavola del beato Martino, accettate con
sint quoque laetitiae pabula vestra fide. gioia ciò che questo giorno con amore vi dona. Il buon vescovo Gre~
'" Quos invitavit Martini mensa beati, gorio, venendo a sapere tutto ciò da lontano, plauda a voi e il popolo
sumite gaudentes quod dat amore dies. celebri queste vostre gioie. Possa ottenere da Cristo colui che lo ama,
Quae borius antìstes nascendo Gregorius expers e a cui questo edificio appartiene, che Dio protegga dalla sua sede i
plaudat et haec populus gaudia vestra canat. sovrani, voi, il popolo tutto.
35 Cuius et haec domus est a Christo exoret amator,
a. AD GREGORIUM EPISCOPUM Pastore venerabile per me e per il mondo tutto, tu, sull' esen1pio
del Signore, non vuoi perdere neppure le pecorelle più piccole: con
· Exemplo Domini mihi ve! venerabilis orbi, animo sollecito tu estendi la tua cura lungo i tuoi pascoli e visiti con la
quì minimas non vis perdere, pastor, oves, tua parola le tue greggi perché non abbandonino l'ovile. Dunque, il la-
sollicitis animis curaro per pascua tendens, tore di questo foglio si dispera per la figliola scelleratamente strappa-
ne desint caulis, circuis ore greges: tagli; in tempo di pace ha la sua prole prigioniera. Gregorio, successo-
, hic igitur gerulus genitan1 flens impie demptam, re del pio Martino sulla sua gloriosa sede, tu che sei il padre del popo-
captivam subolem tempore pacis habens; lo, te ne prego, restituisci questa fanciulla a suo padre. Quel santo
Martinique pii successor honore, Gregari, continua a illuminare i ciechi per i suoi meriti di pietà: tu restituisci
qui pater es populi, hanc, rogo, redde patri. costei al padre accecato, che così vedrà la luce del giorno.
Iugiter ille sacris meritis inluminat orbos:
'° orbato hanc patri redde videndo diem.
b. ANCORA PER IL MEDESIMO MOTIVO A ROMOLFO (85)
b. ITEM PRO EADEM RE AD ROMULFUM
Se pure io ti vedessi sempre, amico mio, con occhi anelanti, an~
Si rapidis oculiste se1nper, amice, viderem, che cosl laffetto difficilmente sazierebbe la mia avidità. Se non posso
sic quoque vix avidum me satiaret amor;
(84) I destinatari del secondo e del quarto epigramma sono i due discriptores
menzionati nel carme precedente. A quel che par di capire, essi sequestrarono la fi-
glia di un uomo che -non era in grado di pagare le tasse dovute. Secondo CH. NI-
SARD, Venance Fortuna!. Poésies m§lées, ad !oc., Venanzio, ritornato a Poitiers dopo
12a, 1. ARATORact. 1, 564: venerabilis orbi; VEN. FoRT. carm. 8, 3, 321. aver partecipato al banchetto turonense con i due esattori, ricevette una supplica da
parte di quel padre e la trasmise a Gregorio e ai due funzionari rilnasti ancora a
(82) Urbe è correzione di F. Leo per òrbe della tradizione inanoscritta. Tours.
(83) Moderate ... relevate sono correzioni di F. Leo per moderare ... releva- (85) Romolfo (PLRE III, 1094-1095 n, 1), comes palaui di Childeberto Il, no·
re della tradizione manoscritta. tninato da GREG. TUR. Frane. 9> 30 e Mart. 4, 6.
---'--
CARMI, L. X, 12-1.3 537
CARMINA, L. X, XII-XIII
scorgere il tuo volto qui pr~sente, io volentieri ti saluto, mio caro, an- 1.
qui, si praesentis non possum cernere vultu1n, I.
ch~ soltanto per lettera. T1 raccomando poi con rispetto, mio buon I
te mihi vel scriptis, care, saluto libens.
5 Hunc etiam famulum co1nmei1do benigne, verenter,
amico, questo tuo servo: possa la tua loquela aiutarlo, se egli domanda ''
11
~iò che è giu~to. Egli, crudelmente torturato, piange la creatura che gli
1
'
et si iusta petit, hunc tua lingua iuvet,
e stata strappata; le sue rag1om domandano che la figlia gli sia restitui-
qui tortus graviter genitam sibi luget abactam, ta per tuo interessamento. Dopo aver ascoltato il poveretto siccome
per vos ut redeat filia causa rogat,
paupere ut audito, dum estis medicina dolenti,
s~i medicina di chi soffre, Dio abbia benevolo riguardo ver;o di te, a
ricompensa della tua sollecitudine.
10 et vestris curis sit pia cura Deus.
-- L
"
CARMINA, L. X, XIII-XV CARMI, L. X, 13-15 539 I
I
"
I :
custodesque gregi caelestis contulit àgnus, designati quali custodi del gregge; voi agite da buoni pastori per soste- ,,I
vos bene pastores, ut foveantur oves: nere le vostre pecorelle. Ecco, sta qui un viaggiatore che sta percor-
ecce viator adest peragens iter inscius illud rendo, senza averne pratica, la strada verso i territori d'Italia, ahimè, 1.;· I''·
finibus Italicis, heu peregrina gemens. lamentandosi di trovarsi in terra straniera. Voi siete aiuto degli esuli,
I ,:; .
Exulis auxilium, errantis via, norma salutis, cammino degli errabondi, regola della salvezza: degnatevi di patroci- ' '
ad reditum patriae sitis honore patres. nare il suo ritorno in patria. Gettate (89) questi semi, per raccogliere
Semina iactetis, mercedis ut ampia metatis un'abbondante ricompensa e possa per voi prodursi una messe centu~
rn et redeat vobis centuplicata seges. plicata. Io, l'umile Fortunato, mi raccomando alle altezze vostre e, per
Fortunatus enin1 humilis commender opimis vostro tramite, sante eccellenze, mi appello al Signore.
ac per vos Domino, culmina sancta, precor.
XV. AD AruvlENTARIAM MATREM DOMNI GREGORII EPISCOPI Due volte beata per i suoi meriti la madre dei Maccabei, per se
stessa e per il mondo: la nobiltà della sua stirpe divenne ancor più no- ••. ,,i:,
Felix bis meritis sibi Machabaea ve! orbi bile nelle sue creature. Ella dal suo seno inviò al cielo sette palme e "''l'':iI
..
(nobilitas generis nobilior genitis), quel grembo generò la gloria del martirio. Anche tu sei grande per la
quae septem palmas caelo transmisit ab alvo, tua prole, Armentaria, e giustamente beata: nel tuo pa1to non sei affat-
•
·:·:.,;·i
1 ·1
jl, I.•'
1', 1':'
martyriique decus protulit ille uterus 11 • to minore del grembo di colei che ti precedette. Quell'antica donna fu
, Tu quoque prole potens, recte Armentaria felix, più grande nel numero dei figli, ma tu con uno solo (95) la superi: ciò i.
nec minor ex partu quam prior illa sinu. che essi poterono in tanti, eccolo tutto nel tuo unigenito (96). Insigne .I
Illa vetus numero maior, tu maxima solo:
quod poterant plures, unicus ecce tuus. ricorderà altresl che Venanzio dedicò al santo due suoi scritti: la Vt'ta sancti Hilarii e
il Lt'ber de virtu#bus sancti Hilarit' (vol. II).
(93) Gregorio di Tours, che consacrò Platone vescovo.
i
I. 11 Cf. 2 Mach. 7, 20-29.41. (94) Per Armentaria si rimanda a GREG. TUR. vit. patr. 7, 2, nonché a
STROHEKER, Dt'e senatorische Ade!, 148 n. 35. Nipote del vescovo Gregorio di Lan-
(89) Iactetis ~correzione di F. Leo per iecantae o iactantes della tradizione gres (cf. carm. 4, 2), andò sposa al senatore Fiorenzio in Alvernia nel 534ca. Oltre a
manoscritta. Gregorio ebbe altri-due figli: Pietro, e una figlifl che sposò un certo Giustino. Rima-
(90) Arcidiacono della chiesa di Tours e amico di Gregorio (cf.·Franc. 5, sta vedova si ritirò in Borgogna, sua regione natale. Era ancora in vita quando il fi-
49) Platone fu eletto vescovo di Poitiers, quale successore di Maroveo, nel 592: glio Gregorio fu eletto vescovo.
cf. GREG. Tml. Mart. 4, 32. Il carme fu composto appunto in occasione della (95) Solo è correzione di F. Leo; la tradizione manoscritta è frammentaria ma
sua consacrazione episcopale. lascia presupporre colo quale lezione dell'archetipo. '
(91) Childeberto II e la madre Brunichilde. . . (96) Ecce tuus è correzione di F. Leo per hoc tuus, hocqt,te tuus o hoc tuus est
(92) Sant'Ilario di Poitiers, sul quale si rimanda alla nota 51 del hbro I. S1 della tradizione manoscritta.
I
I
~ -
CARMINA, L. X, XV-XVII CARMI, L. X, 15-17 54'
540
Fetu clara tuo, geniti circumdata fructu, per la tua creatura, circondata dal frutto di tuo figlio, per te Gregorio
est tibi Gregorius palma corona decus. è palma, corona, gloria (97). Io, Fortunato, mi raccomando rivereute a
Me Fortunatum humilem commendo verenter te; tu, te ne prego, implora per me l'aiuto del cielo.
ac mibi caeles\em quaeso preceris opem.
'i I: 40 occurrens pariter quos sua cura fovet? .rf' ti saluto, o conte Sigoaldo, e prego perché, con l'aiuto del re (104), tu
,JI i' unde catervatim coeuntia milia pascens elargisca donativi sempre migliori.
I • I erogat ut habeat, rex quoque cuncta regat .
Te Fortunatus, comes, hinc, Sigoalde, salutans
regis ut auxilia des meliora precor. 18. SULLA COLAZIONE DEL DIFENSORE (105)
111
I illa tuum pectus protegat, ista latus.
Alta fides etiam, dilectio fida nitescat,
11 et Fortunato sis, comes, amplus amor.
le, che ora gli è stata concessa, e che il poeta auspica sia la premessa per l'ulteriore
:.·1,I ascesa alla dignità di dux (v. 8).
(108) Giustiniano I, imperatiore dal 527 al 565, nacque verso il 482 da oscura
'·1
I •
19, 18. Ov.fast. 3, 420: pontificalis honos. famiglia romana o illidco-romana stanziata in Macedonia, presso Scupt' (Skopje). Do-
'i : vette la sua rapida fortuna all'ascesa al trono imperiale dello zio Giustino I nel 518:
i,11 i
(107) Per la figura di Galattorio si rimanda al carm. 7 ,- 25. Il carme fu da quel momento, quando aveva ormai più di trent'anni, rivestì le cariche di console
: I scritto in occasione della sua nomina comitale, concessagli dal re Gontrano, o (521) e di magt'ster militum, e fu poi fatto patrizio, prima di essere associato al trono
forse, come vorrebbe ora la GEORGE, Venan#us Fortunatus: the End Game, 41, poco prima della morte dello zio. Nulla di certo si sa della sua attività prhna del 518,
,I;::1.1 da Childeberto ]I dopo che ebbe ereditato dallo ·zio il regno di Borgogna Nei ma dal momento che lo zio proveniva dall'esercito è verosimile pensare che quanto
i.!', primi versi Venanzio riasswne il cursus honorum dell'amico: dapprima si distin- ci dice Venanzio non sia lontano dal vero.
11: !
se come defenso1· a Bordeaux (v. 3), poi il sovrano lo promosse iudex (v. 5), os- (109) Il pentametro manca in tutti i manoscritti; si segnalerà l'integrazione pre-
sia assistente di un comes. In questo ruolo egli poté aspirare alla dignità co1nita- sente nella stampa parigina del 1644: immortale pùS artibus auge decus .
.I _f.:'
li
i
,,,l"
LIBER UNDECIMUS LIBRO UNDICESIMO tI,,
·I:
'·
'P
,,
,,
:i:
I
I. EXPOSITIO SYMBULI 1. SPIEGAZIONE DEL SIMBOLO !'
'!I
,, I
[Il testo è presentato separatamente alle pp. 600-613]
II. ITEM ALIUD AD DOMNAM RADEGUNDEM :I i
'
Quo sine me mea lux oculis errantibus abdit 2. ANCORA UN ALTRO ALLA REGINA RADEGONDA
ne_c patitur visu se reserare meo?
Omnia conspicio simul: aethera flumina terram; Dove mai si è nascosta, a mia insaputa, la mia luce, oscurando co-
cum te non video, sunt mihi cuncta parum. sì i miei occhi, senza che intenda rivelarsi al mio sguardo (1)? Tutto
Quamvis sit caelum nebula fugiente serenum, osservo a un tempo: l'aria, i fiumi, la terra; ma se non vedo te, tutto
te celante mihi stat sine sole dies. ciò per me è poco. Anche se il cielo è sereno al dissolversi della fo-
Sed precor horarum ducat rata concita cursus schia, se tu ti nascondi, per me la giornata resta senza luce. Ma io pre-
et brevitate velint se celerare dies. go che la mota delle ore compia veloce il suo giro e che i giorni voglia-
Consultum nobis sanctisque sororibus hoc sit, no abbreviarsi, trascorrendo cosi più veloci. Per me e per le sante so-
ut vultu releves quos in amore tenes. relle vi sia questa consolazione, che tu tistori con il tuo volto coloro
che custodisci nel cuore.
virgineosque choros moderamina sancta docentes siate elargire le ricchezze (4) della vita eterna, istruendo con santi pre-
perpetuae vitae distribuatis opes. cetti i cori delle vergini. Una duratura salute vi mantenga unite corpo-
15 Hinc longinqua salus teneat vos corpore iunctas, ralmente in terra e nuovamente vi unisca l'amore nella luce eterna.
rursus in aeterno lumine iungat amor.
4. ANCORA UN ALTRO ALLA MEDESIMA, PERCHÉ BEVA DEL VINO
IV. ITEM ALIUD AD EANDEM, UT VINUM B!BAT
Se la devozione e il santo affetto concedono grazie a chi le richie-
Si pietas et sanctu5 amor dat vota petenti, dei tu, generosa dei tuoi doni, accontenta i tuoi servi. Con questi versi
exaudi famulos munere larga tuos. Fortunato e anche Agnese (5) pregano insistentemente te, che ora sei
Fortunatus agens, Agnes quoque versi.bus orant, assai indebolita, di bere un po' di vino salutare. Il Signore ti accordi
ut lassata nimis vina benigna bibas. qualunque cosa per cui tu lo abbia pregato, ed entrambi noi chiedia-
, Sic tibi det Dominus quaecumque poposceris ipsum, mo di poter vivere per te cosl come tu ci ami. Entrambi ti chiediamo
et ti.bi, sicut amas, vivat uterque rogans: supplichevoli - se non ti rechiamo fastidio - di confortare, o madre
suppliciter petimus, si non offendimus, ambo, doviziosa, i tuoi due figli. Non sia ora la gola a indurti a bere vino, ma
ut releves natos, mater opitna, duos. la necessità: questa bevanda iufatti ristora l'organismo spossato. Cosl
Non gula vos, sed causa trahat modo sumere vina, anche san Paolo, unica tromba per molte genti, consiglia a Timoteo di
10 talis enim potus viscera lassa iuvat. bere vino per non indebolire lo stomaco.
Sic quoque Timotheum Paulus, tuba gentibus una,
"
ne stomachum infirmet sumere vina iubet 1.
5. ANCORA UN ALTRO ALLA BADESSA, SUL PROPRIO COMPLEANNO (6)
\
V. ITEM AL!UD AD ABBATISSAM DE NATALE SUO O dolce nostro decoro, santissima vergine di Cristo, Agnese, cbe
per i tuoi meriti permani immacolata: è cosl che ti aggradò di trascor-
Dulce decus nostrum, Christi sanctissima virga, rere la giornata di oggi, nell'essermi più del solito (7) prodiga del tuo
Agnes quae meritis inmaculata mai1es: 'i aiuto? Non hai voluto donare le dolci parole della tua lingua alla si-
sic tibi conplacuit hodiernum ducere tempus, gnora, che, quando tu le parli, si nutre dalla tua bocca? Ho constatato
ut mihi nec salitan'l distribuisses opem? poi che ti sei astenuta dal cibo e mi è quasi venuta fame in vece tua.
, Nec dare nunc dominae modtùamina dulcia linguae, Lo sento, un torpido sonno ba appesantito i tuoi splendidi occbi; vuoi
cui duro verba refers pascitur ore tuo? forse prendere in anticipo molte notti? A chi non basterebbero questi
Abstinuisse cibis etiam vos ipse probavi lunghi periodi di riposo, ora che la notte dura circa il doppio del dì?
et quasi pro vobis est mihi facta fames. Le nuvole coprono ogni cosa, non si scorgono né la luna né gli astri; se
Audio, somnus iners radiantes pressit ocellos; tu sei felice nel!' anima, le nebbie si allontanano da me. Colei che mi ha
an nimias noctes anticipare volis? ordinato di scrivere queste parole possa assaporare le gioie vere e, as-
Cui non sufficiant haec tempora longa quietis, sieme a te, una volta condotta alla reggia celeste, 1ni sia propizia.
cum prope nox teneat quod duplicata dies?
Nubila cuncta tegunt, nec luna nec astra videntur; in Venanzio agens significa solitamente «con le11a, con zelo, co11 insistenza», e per-
si sis laeta animo, me nebulae fugiunt. tanto gli studiosi moderni sono propensi a non sovrapporre al testo interpretazioni
15 Gaudia vera colat quae nos haec seri.bere iussit tutt'altro che certe. Probabil.tnente il carme fu inviato dal poeta a Radegonda duran-
et tecum faveat ducta sub aree poli. te una malattia o una convalescenza di quest'ultiina: la donna infatti ordinaria1nente
era 1nisuratissima nel bere: cf. vt'ta Radeg. 15: ex t'llo tempore quo ... velata est, usque
ad t'nft'rmt'tatem ... potum vero praeter aquam mulsam atque pt'ratium non bt'bt't, vt'ni
1 Cf. 1Tim.5, 23. vero puritatem ... non contt'gt't.
(6) Secondo MEYER, Der Gelegenheitsdt'chter, 20, si tratta di un biglietto di bo-
5, 1. HoR. carm. 1, 1, 2: dulce decus meum. - 9. Ov. am. 3) 9, 49: pressit ocellos. nario rimprovero scritto ad Agnese, su idea di Radegonda. Venanzio, giunto nel mo-
(4) Opes si legge nell'edizione parigina del 1644 in luogo di opus dei ma· nastero il giorno del suo compleanno, trova ad accoglierlo con un regalo la sola Ra-
noscritti. . degonda, poiché Agnese dorme ancora. Nondimeno in casi ç:ome questi, in cui tra
(5) Gioco di parole tra agens e Agnes. Alcuni studio.si, a~ esempio CH. autore e destinatari vi è una profonda intimità, è spesso difficile ravvisare i contorni
NISARD Venance Fortunat. Poést'es milées, ad !oc., hanno visto In questo agens precisi delle circostanze cui si ,allude.
una br~chilogia per agens t'n rebus: Venanzio si qualificherebbe esplicitame~te (7) Nec solt'tam è correzione di F. Leo per nec spletam, nec spleta o nec exple-
co1ne procuratore per gli affari esterni del monastero di Santa Croce. Tuttavia, tam dei manoscritti.
CARMINA, L. Xl, VI~VIII CARMI, L. XI, 6-8 551
550
VI. ITEM ALIUD AD EANDEM 6. ANCORA UN ALTilO ALLA MEDESIMA (8)
Mater honore mihi, soror autem d1ùcis amore, Madre mia per la tua dignità, nel tuo amore sei per me una dolce
quam pietate fide pectore corde colo, sorella che io venero con devozione e fede, nel cuore e nell'anima, con
caelesti affectu, non crimine corporis ullo: un affetto spirituale senza alcuna 1nacchia corporale: io non amo ciò
non caro, sed hoc quod spiritus optat amo. che desidera la carne, ma ciò cui anela lo spirito. È mio testimone Cri-
, Testis adest Christus, Petro Pauloque ministris, sto, con i suoi servi Pietro e Paolo, e lo vede santa Maria con le sue
cumque piis sociis sancta Maria videt, sante compagne: io non ti guardo né con altri occhi né con animo di-
te mihi non aliis oculis animoque fuisse, verso che se tu fossi Tiziana, mia sorella dal ventre materno (9). Per
quam soror ex utero tu Titiana fores, me è seinpre stato co1ne se nostra n1adre Radegonda con un unico
ac si uno partu mater Radegundis utrosque, parto ci avesse generati entrambi dal suo casto seno e co1ne se le care
10 visceribus castis progenuisset, eram, mammelle di quella santa donna (10) ci avessero nutriti ambedue in-
et ta1nquam pariter nos ubera cara beatae sieme, con l'unico latte che vi fuoriusciva. Ahimè, io temo le mie svenM
pavissent uno lacte fluente duos. ture, che per caso, con un sommesso bisbiglio, parole malevole possa-
Heu mea damna gemo, tenui ne forte susurro no far travisare i miei sentimenti; tuttavia lanimo mio ha fermamente
impediant sensum noxia verba meun1; deciso di vivere con i tuoi stessi desideri, qualora tu voglia essere onoM
15 sed tamen·est aniinus simili me vivere voto,
rata da un dolce affetto.
si vos me dulci vultis amore coli.
"
:·!i,
7. ANCORA UN ALTRO ALLA-MEDESIMA
VII. ITEM AL!UD AD EANDEM
Che dirò alla cara madre, quali parole rivolgerò alla dolce sorella,
Quae carae matri, quae dulci verba sorori solo e lontano dagli affetti del mio cuore? I.; anima trepidante (11) ri-
solus in absenti cordis amore loquar? cerca con la voce coloro che lo spazio tiene divise e a un te1npo chiede
Quas loctis excludit mens anxiavoce requirit con devote preghiere di poterle vedere. Te io prego, cara sorella, di
et simul ut videat per pia vota rogat. voler con benevola carità portare a termine quei servizi alla madre che
5 Te peto, cara soror, matri pietate benigna io ho trascurato. Ella, degna, assieme a te viva per l'eternità, e io prego
quod minus inpendi tu famulare velis. che sia concessa a noi tre una sola salvezza in Cristo. Né ora la vita
llia decens tecum longo mihi vivat in aevo presente, né quella futura ci separino; ci protegga piuttosto un'unica
11.
et tribus in Christo sit precor una salus. salvezza e uno stesso giorno ci sorprenda. Lunghi anni però vi conserM
vino quaggiù, secondo i miei desideri, in modo che sorella e madre
I
Nos neque nunc Praesens nec vita futura sequestret, I,
s~d tegat una salus et ferat una dies. siano per me certo conforto.
Hic tamen, ut cupio, vos tempora longa reservent,
ut soror et mater sit mihi certa quies.
8. ANCORA UN ALTilO ALLA MEDESIMA
VIII. ITEM ALIUD AD EANDEM La più felice delle sorti ha fatto seguito ai miei voti, dacché le
mie preghiere hanno meritato di ricevere i doni richiesti. Il cibo delle
1:,,
Accessit votis sors iucundissima nostris,
. dum meruere meae sumere dona preces.
erotiche; pertanto non dobbiamo nutrire alcun dubbio circa la verità di quanto qui
affermato da Venanzio.
(9) L'esistenza di questa sorella è ricordata da Venanzio anche in carm. 7, 9,
11 e in Mart. 4, 670. <J
(8) I rapporti così confidenziali di Venanzio con Agnese non mancarono (10) L'appellativo beata dato a Radegonda fa supporre che il carme risalga al
di dare adito a illazioni e dicerie; in questo carme il poeta protesta la natura breve periodo compreso tra la sua tnorte (13 agosto 587) e la morte della destinata-
esclusivatnente spirituale della loro relazione. Casi silnili non erano rari i:ella ria Agnese, certo anteriore al 589, quando a capo del monastero era Leubovera (cf,
Chiesa antica basterà ricordare la vicenda di san Girolamo e le sue atn1ch~ GREG, TuR. Frane. 9, 39). . ·
Marcella Pa~la ed Eustachio. Tra persone unite da un'amicizia volta all'ascesi (11) Mens anxia è correzione di C. Brower per menanxia della tradizione ma-
era piutt~sto co1nune il ricorso a espressioni di affetto appassionate, addirittura noscritta.
CARMI, L. XI, 8-10 553
552 CARMINA, L, XI, VIII-X
I,
CARMINA, L. XI, XII-XV CARMI, L. XI, l2-15 557
credite, dum spargit iam gula vieta cibos. la mia gola, vinta, ormai rigetta il cibo. Ma tu, benigna e dal cnore ve-
Sed mihi da veniam, venerando corde benigna: nerabile, perdonami: quel che il mio affetto si è permesso sia per me
quod praesumpsit amor sit veniale mihi. un peccato veniale. Ora codesto venerando coro preghi per me Cristo,
Nunc Christum pro me chorus ille verendus adoret, perché la colpa non pesi su me peccatore.
ne peccatorcm me mea culpa gravet.
,,
'
XVI. ITEM ALIUD PRO PRANDIO 16. ANCORA UN ALTRO PER UNA COLAZIONE
i;.
Nescivi, fateor, mihi prandia lassa parari: Non sapevo, lo confesso, che si preparassero per me pranzi este-
sic animo merear posse placere tuo; nuanti: possa io così 1neritare di riuscire gradito al tuo cuore. Nessuno
nec poterant aliqui vultu me avellere vestro, poteva allontanarmi dal tuo volto, se non avesse abilmente messo in
si non artificis fraus latuisset inops. opern un inganno meschino. Chi mi potrà offrire altri pasti se, con pa-
, Quis mihi det reliquas epulas, uhi voce fideli role sincere, dico che tu sei la delizia dell'anima mia? Lontano da te, I
delicias aniinae te loquor esse meae? ancorché pranzando, ho osservato il digiuno e senza di te nessun cibo I
A vobis absens colui ieiunia prandens, poteva saziarmi. Per me, che ne sono avido, la tua voce sarebbe stata il I
nec sine te poterat me saturare cibus. cibo più pregiato: le tue dolci parole avrebbero ricolmato il mio spiri- I'
Pro summis epulis avido tua lingua fuisset, to. Ma, contrariamente alla consuetudine, è il medico a causare atroci
rn replessent animum dnlcia verba meum. ferite e, ingannatore, ingannando dà prova della propria arte (20). Egli .;·; i
:1 '!
1
1
1
Ordine sed verso medicus fera vuh)era gignit riteneva che io potessi saziarmi del solo 1nio cibo, quando it1vece non
I
et fallax artem decipiendo probat. mi sazia neppure tutto quanto il mare e la terra producono. Ma ora
il Que1n numqua1n saturat quidquid mare, terra mìnistrat, perdonami, ti prego, nella tua pronta benevolenza: non mi pesi l' accu- I
I'
credebat solo me saturare 1neo. sa per una colpa altrui. I.:
,:I 15 Sed modo da veniam, quaeso, pietate parata, 1:
alterius facinus ne mihi constet onus. I,;'
17. ANCORA UN AL!'RO PER UN PROPIUO REGALO
11
XVII. ITEM ALIUD PRO MUNERE SUO Ho messo insieme con le inie mani questo regalo affettuoso, spe-
ro che sia gradevole per te e per la mia signora. Ancorché paiano inde-
Conposui propriis manibus hoc munus amoris, gne nella loro povera veste, le piccole cose che ora vi reco possano
sed tibi ve! dominae sit rogo dwce meae, crescere col sentimento. Se bene consideri, per tutti coloro che si vo-
quamvis exiguo videantur iuepta paratu: gliono bene vi è sempre una grazia maggiore nei regalucci piccoli.
crescant affectu quae modo parva fero.
, Si bene perpendas, apud omnes semper amantes
muneribus parvis gratia maior ìnest. 18. ANCORA UN ALTRO PER LE PRUGNETTE
XIX. PRO ALIIS DELICIIS ET LACTE 19. PER ALTRE LECCORNIE E PER IL LATTE
.I
Inter multiplices epulas ieiunia mittis Tra molteplici vivande tu mi invii il digiuno: facendomene vedere
I atque meos animos plura videndo cremas. moltissime, tormenti il mio spirito. Gli occhi rimirano ciò che il medi-
co (22) ha proibito di mangiare e la sua mano preclude ciò che la mia
11
XXI. DE ABSENTIA SUA Se non glie!' avessero del tutto impedito il vento e la pioggia, il vo-
stro amico vi avrebbe raggiunto a vostra .insaputa. Adesso non voglio
Si me non nimiun pluviatilis aura vetaret, essere trattenuto lontano neppure per un'ora in più, poiché io m'illu-
dum nesciretis, vos repetisset a1nans. mino quando l'amica si offre al mio sguardo.
,I Nec volo nunc absens una detenter ut hora,
cum mea tunc lux est quando videtur amans.
22. ANCORA SU UN BANCHETTO
XXII. ITEM DE CONVIVIO A titolo di opera di pietà, in nome di quella divinità che comanda
le stelle, in nome di ciò che la madre ama, anche il fratello desidera
Per pietatis opus, per qui pius imperat astris, che, mentre noi assumiruno il cibo, tu ci dica qualcosa: se tu cosl farai,
per quod mater amat, frater et ipse cupit, io sarò due volte sazio.
ut, du1n nos escam capimus, quodcumque loquaris:
quod si tu facias, bis satiabor ego.
22a. ANCORA SUL MEDESIMO ARGOMENTO
XX!Ia. ITEM DE EADEM RE Con varie leccornie ho espanso la mia pancia rigonfia, mangiando
di tutto: latte, legumi, uova, burro. Ora mi si portano altri piatti ripie-
Deliciis variis tumido me ventre tetendi, ni di nuove pietanze e i cibi mescolati assieme sono ancora più delizio-
omnia sumendo: lac olus ova butur.
Nunc instructa novis epulis mihi fercula dantur,
(22) Non sappiamo molto sull'arte 1nedica nell'occidente romano-barbarico,
et permixta simul dulcius esca placet. ma certamente nelle corti e nelle abbazie vi erano medici. Sull'argomento si possono
vedere i vari contributi raccolti nella miscellanea Symposium on Byzantine Medicine,
a cura diJ. Scarborough, "Dumbarton Oaks Papersii, XXXVIII (1984).
!I
CARMINA, L. XI, XXIIa-XXV CARMI, L. XI, 22a-25
N am cum lacte mihi posuerunt inde buturum: si. Mi hanno infatti ammannito, assieme al latte, anche burro: altro f I
un de prius fuerat, huc revocatur adeps. grasso si accumula là dove ce n'è già da molto tempo. ,
I
I
i
.I
l:ii
XXIII. ITEM VERSUS IN'CONVIVIO 11ACTUS 23. ANCORA VERSI IMPROVVISATI DURANTE UN BANCHETTO (23)
I:
Inter delicias varias mixtumque saporem Mentre io sonnecchiavo e mi cibavo, tra varie leccornie e molte-
'i, dum dormitarem dumque cibarer ego plici sapori (aprivo la bocca, poi ancora chiuc\evo gli occhi e mangia- :I 1
(os aperiebam, claudebam rursus ocellos vo, facendo molti sogni), avevo l'animo confuso, credeten1i, inie care,
,
,
et manducabam somnia plura videns), e non riuscivo con facilità a parlare liberamente. Non potevo scrivere
confusos anilnos habui, mihi credite, carae, versi né con le dita né con la penna: la mia Musa, ubriaca, aveva reso
nec valui facile libera verba dare. malferme le mie mani. I vini infatti furono cosi graditi a me e agli altri
Non digitis poterrun, cala1no neque pingere versus, che ne bevvero, che sembrava addirittura che la tavola nuotasse in
fecerat incertas ebria Musa manus. quella bevanda. Ora però, cosi come ho potuto, ho dedicato alla ma-
Nam mihi vel reliquis sic vina bibentibus apta dre e pure alla sorella una piccola poesia dal tono affettuoso, Sebbene
ipsa videbatur mensa natare mero. il sonno mi tenga in pugno con i suoi molti lacci, l'affetto mi ha spinto
10 Nunc ta1nen, ut potui, matri pariterque sorori a scrivere, con 1nano vacillante, queste parole.
alloquio dulci carmina parva dedi.
Etsi me somnus multis inpugnat habenis,
haec dubitante manu scribere traxit amor. 23a. ANCORA SUL MEDESIMO ARGOMENTO (24)
'1
,
i''i
CARMINA, L. XI, XXV-XXVI CARMI, L. XI, 25-26
Ipsa futurarum titubans mens anxia rerum sa e perplessa sugli avvenin1enti futuri, ignora che cosa le prepari la
ventura ignorat quid sibi lux pariat. giornata successiva. Cosi, una volta accom1niatatomi da voi, l'amore-
, N am me digressum a vobis Eomundus amator vole Eomondo (28) mi ha accolto con quella cordialità che gli è solita.
illa suscepit qua bonitate solet. Allontanatomi di lì in gran fretta, mi faccio condurre alla reggia di Ca-
Bine citus excurrens Cariacae devehor aulae; riacum (29); indi giungo fino alla località di Tincillacum (30). Là il san-
Tincillacensi perferor indc loco. to vescovo Domiziano (31) mi sequestrò, conducendomi alle solenni
Bine sacer antistçs rapuit me Domicianus, celehrazioni in onore di sant'Albino (32). Rilasciato da quel luogo, i
ad sancti Albini gaudia festa trahens. flutti e le tempeste mi trascinano a bordo di una piccola imbarcazione,
Inde relaxatus, per plnra pericula fessum fiaccandomi con molti pericoli, là dove il violento vento del Nord, ir-
puppe sub exigua fluctus et imber agit, rompendo, aveva sconvolto il fiume e le onde si sollevavano, inarcan-
quei gravis incumbens Aquila subverterat amnem dosi in vortici minacciosi. Gli argini non contenevano più i flutti in-
et 1nale curvatos extulit unda sinus; grossati: le acque dilagavano, invadendo le campagne appena lavorate.
15 nec sua co1nmotos capiebant litora fluctus:
Un,unica incursione con rabbiosa violenza s'impadronisce di pascoli,
invadunt terras aequora fusa novas. campi, boschi, messi, arhusti, saliceti. Mentre io ero ll, in balla dei
Pascua rura nemus segetes viburna salictum . flutti, in mezzo al loro sinistro fragore, la tempesta mugghiava imper-
viribus iratis una rapina tenet. versando con orribili soffi e la barca si alzava sulle creste delle onde
Huc mihi commisso per confraga murmura ponti per poi ricadere, salendo i liquidi sentieri di montagne vaganti (33). Il Il
nocchiero perveniva alle nubi quando la barca s'innalzava, poi nuova- II
flatibus horrificis laxa fremebat hiemps ·I
surgebatque cadens per aquosa cacumina puppis, mente essa ritornava al livello del terreno quando l'ondata si allonta- I
ascendens liquidas monte vagante vias; nava. Mentre la tempesta schiumava tra i flutti molesti del fiume, l'im- "11
quo rate suspensa modo nubila nauta tenebat, barcazione caricava acqua in sempre maggior quantità; le onde sfiora- "I'
gurgite subducto rursus ad arva redit. vano la carena con minacciosa delicatezza e, nel loro sciagurato ab- I,
braccio, ci avrehbero causato grave danno. Ma la scarsità del tempo
I
" Fluctibus infestis pelagi spumante procella
assidue rapidas prora bibebat ,aquas; iinpedisce di ricordare i 1niei vari lamenti: conservo nel cuore i bron- "!,!.
aequora lambebant inimica pace carinam, tolii che poi a un tempo riferirò. La divina potenza mi conceda soprat- :ì
tristius amplexu nos nocitura suo. tutto questo: di potervi presto rivedere felici. I''
:1
Sed mora nulla vetat varias memorare querellas:
post referenda simul murmura corde tega. i
'" Hoc mibi praecipue divina potentia praestet, 26. ANCORA UN ALTRO (34)
i1
ut cito felices vos revidere queam.
Dappertutto il ghiaccio s'irrigidisce compatto, indurito dalla bri-
na, e l'erba flessibile non solleva le sue avvizzite chiome. La terra lan- :I il
gue, rivestita da una rigida crosta di ghiaccio e la neve alta e leggera ri-
!
XXVI. ITEM ALIUD
copre le chiome degli alberi. I fiumi scorrevoli hanno formato Llll mu-
Passim stricta riget glacies concreta pruina
, nec levat adflictas flexilis herba comas.
(31) Domiziano, vescovo di Angers: fu tra i presenti in occasione della dedica-
Terra iacet crustata gelu sub cortice duro, zione della cattedrale di Nantes (carm. 3, 6, 25) e a lui Venanzio dedicò la Vita di
mollis et arboreas nix tegit alta comas. sant'Albino (cf. val. II), patrono della diocesi. Fu eletto certrunente prima del 556,
anno in cui partecipò al sinodo di Parigi; nel 567 intervenne a quello di Tours, e
morl nel 572, cf.. DUCHESNE, Fastes épiscopaux, Il, 358.
25, 17. DoN. vita Verg. l. 137: pascua rura. - 19. Ov. trist. l, 11, 7: murmu- (32) Sant'Albino fu abate del monastero di Tincillacum dal 504 al 529 e in se-
ra ponti, guito vescovo di Angers: cf. CH. LEFEBVRE, Albino di Angers, BS I, 1961, 720-721.
La visita di Venanzio al monastero e alla città in festa, come pure la successiva stesu-
(28) Personaggio altrimenti sconosciuto. ra della Vita sancti Albini fanno pensare che il suo cult'a sia stato particolarmente in-
(29) Per questa locaUtà, verisimilmente situata presso le successive con- crementato da Domiziano.
fluenze nella Loira dei fiumi Cher, Indre e Vienne, si riinanda a carm. 5, 7, 8, (33) Ancora il topos letterario del mondo alla rovescia, per il quale si rinvia a
nonché a vita Germ. 58. CURTIUS, Letteratura europea, 110-115. L'esagerazione drammatica conferisce tratti
(30) Il luogo non è stato mai identificato con precisione, ma seguendo di parodia epica alla descrizione del pericolo occorso al poeta.
l'itinerario di Venanzio doveva trovarsi lungo la Loira, poco ad oriente di An- (34) Il destinatario, non specificato nel titolo, è quasi certa1nente Radegonda.
ge1·s, tappa successiva del viaggio (cf. la nota seguente). Anche il significato del carme resta piuttosto oscuro. Per la GEORGE, Venantius Far-
- f'
L
- l
i
I
CARMINA, L. XI, XXVI CARMI, L. XI, 26
Proflua crustatum struxerunt flumina murum ro incrost~to e l'acqua condensata si è rivestita di una pelle pesante.
et densata gravem vestiit unda cutem. Le acque s1 arrestano per la loro stessa massa, il liquido si compatta da
Mole sua frenantur aquae, se lympha ligavit, se stesso: a stento ricava per sé un passaggio tra i suoi stessi sbarra-
obice sub proprio vix sibi praebet iter. menti. Nel letto dei fiumi si è formata una sponda di cristallo: io non
Fluminibus mediis nata est cristallina ripa, intendo passare al di sotto, né si può passare al di sopra. Il ghiaccio si
10 nec cupimus subter, nec super itur iter. è rigonfiato ancor di più all'irrompere del vento del Nord: a chi darà
Asperius tumuit glacies Aquilone fremente: transito l'acqua che combatte contro se stessa (35)? Ma se adesso si
cui dabit illa viam quae sibi pugnat aqua? genera quel vento caldo che allora, all'inizio dei tempi, aleggiava sulle
Sed si concipitur nunc spiritus ille caloris, acque, se voi con assidue preghiere intenerite (36) l'Onnipotente, ot-
qui tum in principio perferebatur aquis 3, terre~e anche per me, secondo il vostro desiderio, condizioni -più favo-
,5 assiduis precibus si flectitis omnipotente1n, revoli. Ché magari io potessi obbedire di cuore a ogni vostro coman-
et mihi, ceu cupitis, prosperiora datis. do, così come mi fa piacere il volerlo!
N am vobis parere animo quodcumque iubetur
passe utinam sic sit quam mihi velie placet!
3 Cf. Gen. 1, 2.
26, 15. VERG. Aen. 2, 689: precibus si flecteris ullis; VEN. FORT. carm. 41
25, 3. - 17. LuCAN. 1, 372: iussa sequz' tam passe mihi quam velie necesse est;
VEN. fORT. carm. l, 5r23. (35) I versi seguenti, dal 13 al 18, sono conservati in un unico manoscritto lo
st.esso _che ~i ha ~onservato, ancora una volta da solo, i canni dell'AppendtX. In al~u
tunatus. A Latin Poet, 175-176, è possibile che la descrizione di una natura pa- ru altn t7stimo1:1~ ~ v. 12 segue la subscriptio, la cui interpretazione pone non pochi
ralizzatasi da se stessa sia u1ia metafora per i sentimenti del poeta, e che perta~ ptoblen1i: e~p!tctt in quantum auctor habuit, oppure explicit in quantum habuit au-
to vi fossero degli screzi tra lui e Ra4~gonda, screzi ch'~g~ no~ sapeva come ri- ctor usque finem.
I solvere, pur sentendosi frustrato dall ISolamento che egh s1 era imposto. (36) Flectitis è correzione di F. Leo per Jlectibus del manoscritto.
'
;i
'
"•,
;I
''
'' ·.·1·
,., '
',
'i
111
1.!1
l:.1
1·
111
I 11
'
il
:I i·.
1:
11
il
!,
"
ii
!
"
'I·,
:'i•I
il
,I
'
I
1,
r,
I
INTRODUZIONE 571
1. Tanta pietatis profonda misericordia, filii dilectissimi, circa 1. Dilettissimi figli, la misericordia del nostro Salvatore, con la ·,,,
i~
genus humanum nostri patuit salvatorfs, qua nos ereptos de conca~ quale egli si offrl al genere umano, strappandoci cosl dai ripetuti nau-
tenatis mundi naufragiis ad portum perpetuae detulit libertatis, ut fragi di questo mondo. e ci menò al porto della perpetua libertà, è tal-
nec verbis exsequi nec lingua patefieri neque ipsa valeat cogitatio- mente profonda e pietosa che non si può (1) esprimere a parole né
ne pulsari; cui parum videbatur de limo quod condidit quod cruo- proclanrnre con la lingua e neppure attingere col pensiero. A Lui sem-
re redemit, quod baptismo renovavit, nisi ad salutis cumulum, brava poco l'averci creati dal fango, l'averci redenti col suo sangue,
mens nostra ne lapsum ignoranter incurreret, instrueret etiam qua~ l'averci rinnovati con il battesilno, se non avesse pure impartito alla il '
!iter exoraret: ne, si non docuisset quemadmodum deberenms iu- nostra anima, a coronamento della salvezza, insegnamenti su come
stas voti preces offerte, essemus aut certe temerarii aut erroris nu~ pregarlo, perché non cadessiu10 per ignoranza nel peccato e perché
10 be confusi et nesciendo quae petere magis admitteremus peccaw noi, se Egli non ci avesse insegnato in qual maniera noi dovessimo of~
tum, potius quam purgare deberemus admissum, et unde expecta- frirgli giuste preghiere per ciò che bramiamo, non fossimo o in balla
bamus passe venire suffr_agium; videremur incurrere detrin1entum) del caso oppure avvolti dalla nube del!' errore e, non sapendo che cosa
cum de oratione iucondita fieret periculi plus causa quam voti. richiedere, commettessimo un peccato piuttosto che espiare quello già
2. Inde retiuentes eius mysteria et quam multa sint iu brevita' commesso, e ci paresse soprawenire un danno da dove ci aspettavamo
" te coniata, propter aedificationem ecclesiae paucis docemus expli- che provenisse un aiuto, poiché da una preghiera disordinata può de-
care, quia tunc nobis melius placebunt auditu, cum pa_tuerint in~ rivare più un motivo di pericolo che di speranza,
tellectu. ltaCJ.ue ad ipsum veniamus sanctae orationis sermònem. 2. Perciò, tenendone presenti gli insegnamenti e condensandone
3. PATER NOSTER QUI ES IN CAELIS. Ecce vox Domiui praedi- in breve la molteplicità, per incremento della Chiesa li illustriamo e
cantis, de quo propheta dicit: Nubes pluant iustum 1, arcanae scien- commentiamo in poche parole, perché soltanto ciò che sarà reso chia-
w tiae lumen effudit et, ut nostram ariditatem sermonis imbre refice- ro al nostro iutelletto potrà essere apprezzato dalle nostre orecchie.
ret, veluti fans aquae salientis erupit. Passiamo dunque allo specifico contenuto di questa santa preghiera.
4. Quis enim tantum secretum mysterii caelestis hominibus 3. PADRE NOSTRO CHE SEI NEI CIELI. Ecco: la voce del Signore, del
revelaret aut hoc docere ve! praesumeret ve! sciret? Numquid quale il Profeta dice: Le nubi facciano piovere la giustizia, con la sua
Abraham, Moyses, propheta ve! angelus, nisi unigenitus, cui soli in predicazione svelò la luce di una sapienza nascosta e, per ravvivare la
" maiestatis plenitudiue pater est notus? Nam reliqui tantum merue- nostra aridità con la rugiada della sua parola, scaturì come una fonte
runt de Dea in terra cognoscere quantum ipse de caelo voluit mi- di acqua zampillante.
nistrare: filius enim, in quo pater est totus unitate substantiae, non 4. Chi infatti avrebbe potuto rivelare agli uomini un cotanto se-
confusione personae, subiectu1n habebat hoc nasse, non alterius greto del mistero celeste, e chi avrebbe potuto aver l'audacia o la ca-
munere, sed potestate naturae 2. pacità d'insegnarlo? Forse Abramo, Mosè, un profeta o un angelo, o
non piuttosto l'Unigenito, Egli che solo conosce il Padre nella pienez-
za della sua maestà? Infatti gli altri meritarono di conoscerlo sulla ter-
ra per quella parte che Egli iutese rivelare loro dal cielo; il Figlio iuve- !
ce, nel quale è tutto il Padre iu unità di sostanza e non in sovrapposi-
zione di persona, aveva in sé questa conoscenza non per concessione
di un altro, ma per prerogativa di natura.
1 Is. 45, 8. 2 Cf. Io. 1, 18. (1) Valeat è correzione di F. Leo per valeant della tradizione manoscritta.
574 EXPOSITlO ORATIONIS DOMINICAE, 5-11 SPIEGAZIONE DELLA PREGl-IIERA DEL SIGNORE, 5-11 575
'° 5. Ergo dicendo patrem nostrum esse in caelis peregrinatio- 5. Pertanto Egli, dicendo che il Padre nostro è nei cieli, ci indica
nem nobis sig11ificat dwn sumus i11 terris, iuxta illud: Incola sum il nostro pellegrinaggio mentre siamo in terra, conformemente al det-
ego in terra 3 unde videtur instruere, ut ad excelsa iugiter anitnurn
1
to: Io sono straniero sulla terra. Con ciò pare che Egli ci insegni a ele-
elevantes ea Deo tribuente festinemus peragere) quae nos in aeter- r
vare continuamente animo verso le cose di lassù e ad affrettarci a
nae vitae beatitudinem placato patre Christo duce fadant introire compiere, finché Dio ce lo concede, quelle opere che ci permetteran-
" et promissa praemia filii valeant obtinere: unde audito Deo patre no di entrare, con la benevolenza del Padre e sotto la guida di Cristo,
nullus tam crudelis sit filius, ut non festinet ad veri genitoris am- nella beatitudine della vita eterna, dimodoché noi, suoi figli, possiamo
plexos. · , ottenere il premio promesso. Per cui, dopo aver ascoltato Dio padre,
6. Item congrue Pater noster, quia homo renascendo per ba- nessun figlio sia cosi crudele da non affrettarsi ad abbracciare il suo
ptismum effectus est Dei filius, qui prius per praevaricationem fa- vero genitore.
~o ctus fuerat inhnicµs et perditus: ergo cuius gratia fruitur irun pa- 6. Altrettanto appl'Opriatamente Padre nostro, perché l'uomo, ri-
trem libere confitetur. Sed licet non simus de eo patre sic filii quo- nascendo per mezzo del battesimo, è divenuto figlio di Dio, egli che in
modo persona domini nostri Iesu Christi, quia ille de ipsius est na- precedenza a causa della sua prevaricazione gli era divenuto nemico,
tus substantia, nos autem dignatus est creare de terra: attamen per rovinandosi: perciò egli liberamente riconosce come suo padre Colui
gratiam unigeniti nos effici meruimus adoptivi, et ideo qui in ec- della cui grazia egli gode. Ma, sebbene non siamo figli di questo Padre
45 clesia catholica ex aqua et spiritu sancta nascitut, inter Dei filios in quel modo in cui lo è la persona di nostro Signore Gesù Cristo, poi- :, I
conputatur. · ché Questi è nato dalla sostanza del Padre, laddove il Padre si è de-
7. Item: Pater noster qui es in caelis, in hac confessione et gnato di creare noi dalla terra, tuttavia per mezzo della grazia del-
Deum veneramur et n1andata sequimur et fidem nostram exponi- l'Unigenito noi abbiamo meritato di divenire suoi figli adottivi, e per-
mus et eos qui patrem in caelis denegru1t refutamus. ciò chi nella Chiesa cattolica nasce dall'acqua " dallo Spirito Santo è
8. Item dicendo: Pater noster habemus quod in ipso diligere: nel novero dei figli di Dio.
agnoscendo Deum habemus pariter quod timere. Timeamus ergo 7. Ancora: Padre nostro che sei nei cieli. Con questa attestazione
quod iustus est, amemus quod pius est, ne quod ille sollicite con- noi veneriamo Dio, ne seguiamo i precetti, dichiariamo la nostra fede
tulit nos velimus perdere neglegenter et divina beneficia nostro e confutiamo coloro che negano che vi sia un Padre nei cieli.
sint excessu calcata. 8. Ancora, dicendo: Padre nostro, abbiamo ciò che dobbiamo
,, 9. Quisquis ergò patrem illum appellat, sicut decet filium sic amare in Lui; riconoscendone la divinità abbiruno allo stesso tempo
vitam suam inmaculate dispense!, quia ipse est filius qui non con- ciò che dobbiamo temere. Temiamolo dunque perché Egli è giusto,
tribulat genitorem, non exasperat coheredem, fratris caritatem amiamolo perché Egli ci ama, per non voler gettar via senza riguardi
non violat, testa1nentum conditoris non dissipat, sequitur monita, ciò che Egli nella sua sollecitudine ci ha donato, calpestando così con
festinat implere mandata: quod si recalcitraverit, proie~tus contu- le nostre trasgressioni i divini benefici.
'" maciter de possessione discedit, nec aliqua iam fronte hereditatem 9. Dunque, tutti coloro che lo chian1ano Padre, regolino la pro- .
11
'•,i
,,
repetit quem admissi culpa damnavit. Unde qui ad Deum patrem pria vita in modo irreprensibile, così com~ conviene a un figlio, poiché
venin1us Christi fratres dicimur, si in peccati crimine non verse~ è figlio colui che non affligge il pl'Oprio genitore, non irrita il pl'Oprio
mur: nam amitti! nomen filii qui fuerit servus peccati. coerede, non oltraggia l'affetto del fratello, non dilapida leredità del
10. Quod autem non singulariter Pater meus, sed Pater noster genitore, ne segue gli ammonimenti, si affretta a compiere ciò che gli è
" dicimus ad hoc pertinere cognoscitur, ut nullus pro se tantum, sed stato comandato. Se invece si ribellerà, una volta escluso dalla pro-
generaliter pro omnibus misericordem Dominum deprecetur, qua- prietà, se ne allontanerà con insolenza e per lui, condannato dalla re-
tenus ab hoste perfido cuncti pariter liberentur. sponsabilità di ciò che ha commesso, non vl sarà più sfrontatezza che ·.1'
11. Omnes enim qui in ecclesia conveniunt eodem se muro gli permetta di riprendersi il diritto ali' eredità. Perciò noi, che ci pre- i
concludunt, quoniam, etsi n1ulta membra·sunt, tamen in uno Chri- sentiamo davanti a Dio padre, siamo definiti fratelli di Cristo, se non I
ci troviamo accusati di alcun peccato: infatti chi sarà servo del peccato I
perderà il nome di figlio. I
10. Quanto al fatto che noi non diciam? Padre mio, al singolare, .!
:1
ma Padre nostro, è evidente che ciò accade perché nessuno invoca la
misericordia del Signore soltanto su cli sé ma, in generale, su tutti, per-
ché tutti egualmente siamo liberati dagli inganni del nemico.
11. Infatti tutti coloro che si riuniscono in una chiesa si fanno
l Ps. 118, 19. racchiudere dallo stesso muro, poiché, quantunque le membra siano
EXPOSITIO ORATIONIS DOMINICAE, 11-16 SPIEGAZIONE DELLA PREGIIIllRA DEL SIGNORE, 11-16 577
10 sti corpore continentur et ideo qui simul iunguntur in templo se~ 1nolte, tuttavia esse sono contenute nell'unico corpo di Cristo e per-
parari non debent nec in voto; nam sicut in n1embris nostris respi- tanto coloro che si riuniscono assieme nel tempio non devono essere
cimus qualiter humerus humero, manus manui, pes pedi subve- separati nella preghiera. Infatti come nelle nostre membra possiamo
niunt, ita congruum creditur ut n1011itis orationibus lacrimis nobis osservare come il braccio viene in aiuto al braccio, la 1nano alla mano,
ipsis a nobis invicem succurratur, propter illud: Invt'cem onera ve~ il piede al piede, così si ritiene confor1ne che noi stessi venia1no in aiu-
75 stra portantes 4. to a noi stessi, vicendevolmente, con esortazioni, preghiere e lacrime,
12. Denique frequenter alter pro alterius crimine confidenter secondo la frase: Portate i pesi gli uni degli altri.
obtinet qui pro se suggerere non confunditur ex pudore, quia in 12. Infine, spesse volte una persona che non è turbata dal pudore
suo facinore verecundia nil praesumet. Ergo unusquisque suppli- nel difendere se stessa, con la sua fiducia ottiene misericordia per il
cet pro omnibus in commune, quoniam sicut in se divisa domus peccato di un'altra, che nella sua timidezza, a motivo della propria
so non stabit 5 sic unita ruinae non subiacet; et bene Dominus auctor
1
cattiva azione, non osa chiedere nulla. Pertanto ciascuno supplichi per
pacis sic docuit, ut quidquid unus peteret omnibus videretur pro- tutti in comune, perché, come una casa divisa al suo interno non reg-
ficere. gerà, così invece, se sarà unita, non sarà soggetta a rovina. E giusta-
13. Item bene Pater noster additur, quia nisi quis recte credat mente il Signore, autore della pace; ci ha fornito questo insegnamento) i
ih Christo non potesi habere patrem in caelo: non est enim ipse che qualunque cosa rum persona richieda sembri giovare a tutti.
"' pater Arriano Iudaeo Futino Manichaeo Sabellio et reliquis pesti- 13. Ancora, giustamente si aggiunge Padre nostro, perché se non I
bus veneno pravi cordis infectis et pessimae confessionis falce suc- si crede rettamente in Cristo non si può avere un Padre in cielo: infatti "11
cisis, qui de filio quam iniuste a Deo patre nostro recensi sunt, ex egli non è Padre per lariano, per il giudeo, per Fatino, per il mani- Il;. . 1.1
patre suo diabolo tfrucore carnat. Et ideo nobis pater in caelis est, cheo, per Sabellio (2) e per le altre pesti infettate dal veleno del loro if
qui recte filium confitemnr in terris. . cuore depravato e recise dalla falce di una pessima testimonianza. li
'° 14. SANCTIF!CETUR NOMEN TUUM, Vigilanter considerandum [ ... ] (3 ). E pertanto Egli è Padre nei cieli per noi che in terra ne rico- il
est quid in hoc vocabulo admonitio divina significet, dicendo san- nosciamo con retta fede il Figlio. I
f
1;
ctificetur nomen tuum. Numquid invenitur superior a quo Deus 14. SIA SANTIFICATO IL TUO NOME. Bisogna considerare con atten- !.
':'·' pater sanctificari valeat, quasi ut nos videamur aliquid illi arando zione che cosa ci voglia dire l'avvertimento divino mediante questa I,.,
praestare, cum magis ipse cuncta sanctificet? Sed sanctificetur id frase, dicendo sia santtficato il tuo nome. Forse che esiste un'entità su- I"
',I 95 est benedicatur nomen tuum incessanter omnibus linguis universis periore, dalla quale Dio padre possa essere reso santo, come se a noi
in locis, cuius dona sunt hoc ipsum quod respiramus et vivimus. sembrasse che pregandolo gli attribuissimo qualcosa, quando invece è
'l' .l
I ·1• 15. Sancti/icetur nomen tuum: Deus cum sit omnium elemen- Lui a santificare ogni cosa? Ma sia santificato, cioè sia benedetto il tuo
'!, •I' torum concentu laudandus et sanctus, ut in nobis nomen eius nome incessantemente da tutte le lingue in tutti i luoghi, ché il fatto
:i ~' sanctificetur, id est firmiter teneatur, optamus et in ea qua no~ stesso che respiriamo e viviamo è U11 tuo dono.
'1
>oo abluit baptismi sanctitate vivamus. 15. Sia santificato il tuo nome: poiché Dio è degno di essere loda-
;1 16. Ergo in hoc tempere non novam sanctificationem require- to dall'armonia di tutti gli elementi ed è santo, noi desideriamo che il
1!1 mus, sed quam incontaminatam percipimus ut sine vitii macula suo nome sia santificato in noi, cioè sia saldamente conservato, e desi-
deriamo di vivere in quella santità del battesimo con la quale Egli ci ha
il conservemus. Nam in homine fructus bonae conversationis sancti-
ficatio Dei est. mondati.
i' 16. Dunque non andremo in cerca di tma nuova santificazione
I nel tempo presente, ma desideriamo conservare senza macchia di pec-
I 4 1 Cor. 12, 20; Gal. 6, 2. 5 Cf. Mc. 3, 25.
cato quella santificazione incontaminata che già abbiamo ricevuto. In- i:
I ,] fatti il frutto di una buona condotta nell'uomo è la santificazione di
·.1·.!
i ~
(2) Venanzio elenca qui valie eresie cristologiche e trinitarie: l'arianesimo, Dio.
111!
1
r: nato agli inizi del IV secolo, che concepiva Cristo come creato e non generato
dal Padre né a lui coeterno. Pur condannato dal primo concilio di Nicea del
325 (DS 1.30), si diffuse ampiamente tra le popolazioni germaniche, in primis 11
Goti e Longobardi, nonostante la nuova condanna emanata dal secondo conci- non si sarebbe veramente incarnato assumendo la natura umana: queE:ta idea fu con-
li
111 lio di Costantinopoli, quinto ecwnenico, del 553 (DS 433); come eresia cristo· dannata, assieme ad altri aspetti del pensiero manicheo, dal primo concilio di Braga
logica, Venanzio elenca anche il Giudaismo, che rifiuta di riconoscere in Cristo del 563 (DS 451-464). Affine a quella di Fatino fu anche la dortrina di Sabellio, con- ,:;
.I"
il Messia. La dottrina di Potino di Sirmio (sec. IV) pare fosse caratterizzata dal- dannata dal concilio di Roma del 382 (DS 154).
; :1·1 (3) Il testo è corrotto. Th. Mommsen propone di ricostruire cosl il pensiero:
f : la negazione della distinzione delle tre ipostasi divine e della divinità di Cristo;
':d fu condannata nel primo concilio di Costantinopoli del 381 (DS 151, 157). qui de /-ilio, quem t"niuste a dea patre nostro secernunt, resct"verunt ex patre suo dt"abolo
i 111 L'eresia opposta caratterizza il pensiero dei manichei, secondo i quali Cristo factum e carne.
: "11 •
I !11 I
I ::1,,1 I•
:ii
I•
EXPOSITIO ORATIONIS DOMINICAE, 17-25 SPIEGAZIONE DELLA PREGHIERA DEL SIGNORE, 17~25
579
17. Hoc quoque ordine nomen eius recte sanctificari dicimus 17. Diciamo giustamente che il suo nome è santificato anche in
'"' ut, si quis dono divinitatis vitam vi<leat nobis esse sinceram, gratia~ questo, che, quando qualcuno vede che la nostra vita è integra per do-
largitori referat et in nostris operibus sanctum nomen eius extollat, no dclla divinità, ne rende grazie al donatore ed esalta il suo santo no-
quoniam recte omnis laus illi redditur a quo vota conplentur. me nelle nostre opere, poiché giustamente si rende ogni lode a colui
18. Item sanctificetur nomen tuum: quia ipsa oratione non che esaudisce le nostre preghiere.
110 continetur expressum in nobis sanctificetur nomen tuum, videmur 18. Ancora sia santificato il tuo nome: poiché in questa preghiera
non tantun1modo pro nobis optare sanctificetur nomen eius, sed et non è detto espressamente sia santificato in noi il tuo nome, ci pare di
pro illis,. qui necdum ad baptismi meruerunt gratiam pervenire; desiderare che non soltanto per noi sù1 santificato il suo nome, ma an-
nam in Christi pienissima caritate docemur etiam pro inimicis ora- che per coloro che non meritarono ancora di giungere alla grazia del
re 6, quia et ipse non amicos et fideles, sed adversarios suos et culh battesimo; infatti nell'assoluta pienezza della carità di Cristo ci si inse-
11
m pabiles de mortis carcere liberavi!. gna a pregare anche per i nostri nemici, perché anch'Egli liberò dal
I!,
19. ADVENIAT REGNUM TUUM. Dubitari non licei Dominum carcere della morte non i suoi amici e i fedeli, ma i suoi avversari e i
,,I'
Deum semper hic et ubique regnare nec aliquando de regni sorte colpevoli.
sanctam trinitatem sumpsisse principium nec haberi fine clauden- 19. VENGA IL TUO lillGNO. Non bisogna dubitare che il Signore
dum, re vera cum apud Deum stabilitale sua tempora non muten- Dio regna sempre, qui e dovunque, né, riguardo alla condizione del
120.. tur,- cuius nec sol occidit neque nox in vice succedit: sed cum dicih regno, che in un dato momento la santa Trinità abbia avuto un inizio 1
mus adveniat regnum tuum, non ut illi aliunde obveniat, id est ut né ritenere che esso si concluderà con la sua fine, poiché in verità
ei regnum praestetur a superiore persona, sed nobis scilicet ut ilh presso Dio i tempi a motivo della sua immutabilità non cambiano: per
!ud adveniat, quod per mediatorem Christum poscimus repromis- Lui il sole non tramonta né la notte gli succede vicendevolmente. Ma
sum, ut cum ilio regnemus liberi qui in mundo servivitnus sub le- quando diciamo venga il tuo regno non è perché esso giunga a Lui da
125 ge peccati. · un qualche altro luogo, cioè perché gli sia concesso il regno da una
20. Ipse enim postulavi! a patre dicens: Pater, ubi ego sum, et persona ·a Lui superiore, 1na naturalmente perché esso pervenga a noi,
isti sint mecum, et alibi: Tunc iusti fulgebunt sicut sol in regno patris e noi lo· chiediaino essendoci esso stato promesso per t'nezzo del me-
eorum 7, diatore Cristo, per regnare assieme a Lui, liberi, noi che nel mondo
21. Denique ob hoc evacuavi! Tartaros, ut repleat caelos. eravamo schiavi, sottoposti alla legge del peccato.
i uo Ergo hac ratione precamur ut regnum eius adveniat: non ut ipse, 20. Egli stesso infatti lo richiedette al Padre dicendo: Padre, dove
,I quod possidet, hoc adqnirat, sed quod est nobis pollicitus ut per- sono io anche costoro siano con me, e in un altro passo: Allora i giusti
solvat. risplenderanno come il sole nel regno del Padre loro.
22. Potesi et sic intellegi: Adveniat regnum tuum id est: venia! 21. Dunque per questo motivo egli svuotò gli inferi per riempire i
in corde nostro regni tui sincerum desiderium, ut possimus diaboli cieli. Pertanto è con questo intendimento che preghiamo che venga il
n5 vincere blandimentum; tunc enim in nobis serpentina falsitate suo regno: non perché Egli acquisti ciò che già possiede, ma perché ci
subdolus hostis non praevalet, quando nos constanter respexerit elargisca quel che ci ha promesso.
divini regni desideria concepisse: id est, regnante Christo non pos- 22. Si può intendere anche cosl: Venga il tuo regno, cioè: venga
sit in nostris corporibus regnare peccatum. nel nostro cuore un desiderio sincero del tuo regno, perché possiamo .
23. Item cum dicimus adveniat regnum tuum, admonemur ut sconfiggere le lusinghe del diavolo; infatti lo scaltro nemico, con la
"" nihil de terreni regni divitiis exspectemus qui omnem spem in fu- sua falsità di serpente, non avrà la meglio su di noi se vedrà che noi
turi regni facultate plantamus. abbiamo concepito con fermezza il desiderio del regno di Dio: vale a
24. Item: Adveniat regnum tuum. Agnoscitur bis verbis eas in: dire che quando regna Cristo nei nostri corpi non vi può regnare il
crepare personas quae saeculi istam vitam diutius volunt protrahe- peccato.
re, cum omnes iusti regnum illud ut festinanter veniat videntur 0- 23. Ancora, quando noi diciamo venga il tuo regno, siamo avverti-
145 ptare. ti di non attenderci nulla dalle ricchezze del regno terreno, dacché
25. Ve! certe adveniat regnum tuum hoc est: Christus nobis fondiamo ogni nostra speranza nei beni del regno futuro.
adveniat quem cotidie sanctorum chorus veneranter expectat, in 24. Ancora: venga il tuo regno. Si ravvisa in queste parole un rim-
provero verso quelle persone che intendono protrarre più a lungo
questa vita terrena, n1entre sembra che tutti i giusti desiderino con an"
sia l'avvento di quell'altro regno.
25. E senza dubbio questo significa venga il tuo regno: venga a
6 Cl. Mt. 5, 44. 7 Jo. 17, 24; Mt. 13, 43. noi Cristo, che ogni giorno il coro dei santi aspetta con venerazione,
I'
11 '
'i!. •
EXPOSITIO ORATIONIS DOMINICAE, 25-30 SPIEGAZIONE DELLA PREGHIERA DEL SIGNORE, 25-30
cuius pro1nissione se confidlll1t iusti regnare, de cuius adventu per le cui promesse i giusti confidano di regnare,. della cui venuta
apostolus ait: Tunc rapiemur simul in nubibus obviam Christo in ae. l'Apostolo dice: Quindi noi saremo rapiti insieme tra le nubi, per anda·
1so ra et sic semper cum Domino erimus 8 . re incontro a Cristo nell'aria e coslsaremo sempre con il Signore.
26. Sed videamus, qui rapientur cum beato Paulo in nubibu" 26. Ma vediamo chi sono coloro che saranno rapiti insieme con
numquid homicidae luxuriosi fallaces ebriosi adulteri rapaces ma. san Paolo tra le nubi: forse gli omicidi, i lussuriosi, gli ingannatori, gli
ledici? Tales enim nisi correpti fuerint, non solum quia non pos. ubriaconi, gli adulteri, i ladri, i calunniatori? Uomini di tal genere, se
sunt in ilio itinere participari curo sancto apostolo, cuius modo non saranno redarguiti, non soltanto non possono prender parte a
155 monita non secuntur, aut occurrere Christo i'vel paterna vel prosu- quel cammino assieme al santo Apostolo, del quale ora non ottempe·
1nunt: itnmo magis, si se a facie Dei in fissuris petrarum valerent rano ai precetti, né andare incontro a Cristo [ ... ] (4): anzi, piuttosto, se
abscondere, super se cadere tunc montes optarent 9. essi riuscissero a nascondersi allo sguardo di Dio nelle fessure delle
27, Ergo advertamus quibus illud regnum promittitur: Beati rocce, si augurerebbero che in quel momento le montagne cadessero
pauperes spiritu, quoniam ipsorum est regnum caelorum 10, In prin. su di loro.
''° cipio beatitudinum humiles corde praeposuit ac per hoc exclusit 27. Consideriamo dunque a chi si promette quel regno: Beati i po·
superbos et tumidos, ubi dicit pauperes spiritu regnaturos. veri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Egli ha posto gli mnili di
28. Deinde: Beati mites, beati qui lugent, beati qui esuriunt et cuore al principio delle beatitudini e, cosl facendo, ne ha escluso i su·
sitiunt iustitiam, beati misericordes, beati pacifici, beati mundo perbi e gli orgogliosi, quando dice che i poveri in spirito regneranno.
corde et reliqua 11, Ecce illi invitantur ad aeternam requiem qui 28. Poi: Beati i miti, beati gli afflitti; beati quelli che hanno fame e
,~ tali desudaverint temporaliter in labore, Vere hoc est indeficien· sete della giustizia, beati i mùericordiosz; beati gli operatori di pace, bea·
ter regnare, coronam beatitudinis istis ornatam floribus posside· ti i puri di cuore e quanto segue. Ecco, sono chiamati all'eterno riposo
re, Deum sine confusione 1nereri conspicere, .quo praesente inve- coloro che in vita si consumarono -in tali angustie. Ciò è veramente re-
niet anima quod amavit. gnare senza fine, possedere la corona della beatitudine, ornata da que·
29. Nam si in hoc saeculo dicit se ad praesens humana regna· -r sti fiori: 1neritare di vedere Dio senza restarne confusi; alla sua presen-
"" re fràgilitas et paupertas, si quaedam illi blandiatur de falsa pro· za l'anima ritroverà loggetto del suo amore.
speritate fugitiva felicitas: quanto magis illud regnum quaerendum 29. Infatti se per il momento in questo mondo l'umana fragilità e
est, ubi semper liliorum rosarumque blandior lux adridet, ubi pi· la miseria proclamano il loro regno, se le lusinga una certa quale effi-
ctura floris odoriferi non marcescit, ubi loci fecunditas neque nu· mera felicità derivata da una falsa prosperità, quanto più bisogna ri·
be premitur neque s9le siccatur, ubi non finitur c1un possessore cercare quel regno, dove sempre sorride mm più delicata luce di gigli
,,, possessio, ubi quidquid desidera! animus dat aspectus, u~i iustus e di rose, dove il colore dei fiori odorosi non sbiadisce, dove la fertilità
gemmas calcabit in plateis, quas modo reges non habent m coro· del luogo non è né soffocata dalle nubi né inaridita dal sole, dove il
nis, ubi mortalitas translata in inmortalitate cum angelis sorte simi· 'i possesso non ha termine con la fine del possessore, dove lo sguardo
li gloriatur, ubi hominibus et Deo fit una possessio: ibi desideretur offre all'anima tutto ciò che essa desideri, dove il giusto calpesterà sul·
consortium ubi tantae felicitatis gratia possidetur. le piazze pietre preziose che ora neppure i re possiedono nelle loro co·
30. FIAT VOLUNTAS TUA SICUT IN CAELO ET IN TERRA. Quid est rone, dove la mortalità trasfusa nell'immortalità si gloria assieme agli
quod sic petitur, ut fiat voluntas Dei? Numquid aliquis potuit eius angeli di una sorte simile alla loro, dove è data un'unica dimora agli
resistere voluntati, ut non faceret aliquando quod voluit omnipo· uomini e a Dio (5). Si desideri essere partecipi di quel luogo dove si
tens? Ergo non quia illum potesi aliquid inpedire, sed ut in nobis possiede la grazia di una così grande felicità.
inpleatur eius voluntas operetur, quoniam a?~~rs~rio resist~n~e 30. SIA PATIA LA TUA VOLONTA, COME IN CIELO COSÌ IN TERRA.
135 nos voluntatem eius inplere non possumus, n1s1 1ps1us patrocm10 Perché mai si fa questa richiesta, che sia fatta la volontà di Dio? Forse
muniamur. che qualcuno ha mai potuto resistere alla sua volontà, tanto da non fa. 11
~-- re anche una sola volta ciò che voleva l'Onnipotente? Dunque sia fatta ''i
31. Si vero quaeritur quae sit Dei voluntas, habes decem prae- 31. Se poi ci si chiede quale sia la volontà di Dio, hai i dieci coman-
cepta quae per Moysen dei sunt voluntate vulgata; habes Dei fi- damenti che, per volontà di Dio, sono stati resi pubblici da Mosè. Hai il
lium, qui patris voluntatem sciens quae erant abscondita reseravit Figlio di Dio, che, conoscendo la volontà del Padre, rivelò ciò che era
'°" et quae obumbrabantur in luce transfudit. Itaque voluntas Dei est nascosto e portò alla luce ciò che era celato nell'ombra. Dunque la vo-
agnita, excusatio non erit succursura. . lontà di Dio è riconosciuta e non ci verrà in aiuto alclll1a giustificazione.
32. Nam qui de caelo descendit ad terras, quid aliud suae vo- 32. Infatti Colui che discese dal cielo sulla terra, che cos'altro
luntatis esse vult credi, nisi salva redemptione nos debere earitatis vuole che si creda riguardo alla sua volontà, se non che, fatta salva la
et hnmilitatis ornamenta sectari? Quoniam et ipse hoc dignatus est redenzione, noi dobbiamo (6) rivestirci delle armi della carità e del-
195 facere ea caritate nimia, humilitate sincera. Deinde qui templum si- l'umiltà? Poiché anch'Egli si è degnato di far ciò nella sua abbondante
bi elegit in virgine, quid docet nisi dona pudicitiae custodire? Qui carità, nella sua sincera nmiltà. Infine, chi scelse una vergine come
iustitiam coluit, dolum in ore non habuit 12 , misericordiam prae- proprio tempio, che cosa insegna se non a serbare il dono della pudi-
buit, culpas indulgenti laxavit, munda corde semper incessit, quid cizia? Egli ebbe in onore la giustizia, non ebbe menzogna sulle labbra,
aliud nisi quo nos post sua vestigia verbis traheret et exemplis? offrl misericordia, perdonò le colpe a chi le perdonava, visse sempre
200 3 3. Ideoque orandum est, ut, si perire nolumus, ipsius volun- nella purezza del cuore; a che scopo se non per trascinare noi dietro i
tas operetur in nobis iuxta apostolum dicentem: Qui in vobis ope- suoi passi con le sue parole e con il suo esempio?
ratur et velie et operari pro bona voluntate 13; sicut alibi Dominus 33. E pertanto bisogna pregare perché, se non vogliamo dannar-
noster locutus est: Non vos me, sed ego elegi vos 14 . Alioquin homo ci, si operi in noi la sua volontà, secondo quanto dice l'Apostolo: È
Christum inveni. Dio che suscita in voi il volere e l'operare in ragione della vostra buona
34. Beatus Paulus voluntatem habebat ad Christum re vera, volontà, e come in un altro passo nostro Signore disse: Non voi avete
'"' cuius per ecclesias populum devastabat? Sed quando redemptor scelto me, ma io ho scelto voi. Del resto io, uomo, ho trovato Cristo.
dignatus est in persecutore suo magis pius esse quam iustus, ut ad 34. San Paolo aveva veramente la propria volontà rivolta a Cristo,
meliora accederet, euro per caecitatis amaritudinem castigavit et quando ne distruggeva il popolo nelle singole chiese? Quando però il
col:porale lumen obduxit, ut ei spiritales oculos aperiret 15; de quo Redentore si degnò di essere più misericordioso che giusto nei con-
"" dixit: Ego illi ostendam quanta eum pro me pati oporteat 16 . fronti di quel suo persecutorei perché questi si rivolgesse a cose mi-
35. Unde et ipsam bonam voluntatem pietas Christi contulit, gliori, lo castigò tramite l'amara pena della cecità e gli velò la luce cor-
non fragilitas humana possedit. Audiamus ipsum Dominum lesum porale, per aprirgli gli occhi spirituali; riguardo a ciò Egli disse: Io gli
Christum in infirmitate carnis positum quid dixerit: Pater, si possi- mostrerò quanto dovrà soffrire per il mio nome.
bile est) transeat a 'me calix iste. verum tamen non sicut ego volo) 35. Dunque, anche la stessa buona volontà è un dono della mise-
m sed sicut tu 11. Filius Dei dicit: Verum non quod ego volo, sed sicut ricordia di Cristo: la fragilità umana non la possedeva. Ascoltiamo
tu, pater 18: et homo quare tam superbus sit, ut voluntatem sibi ex quel che ha detto il Signore Gesù Cristo in persona, quando era calato
se esse dicat ad bonum et non potius Dei munus esse testetur? nella debolezza della carne: Padre mio, se è possibile, passi da me que-
36. Quod si bona voluntas ex homine est sine Dei inspiratio- sto calice 1 Però non come voglio io, ma come vuoi tu. Il Figlio di Dio
ne, dicat ergo Christianus in oratione: fiat voluntas mea, quoniam dice: Però non ciò che voglio io ma come vuoi tu} o Padre: e ruomo,
"" bona est. Sed absit ut hoc aliquis confiteri praesumat. Imma magis perché sarà talmente superbo da dire che la propria volontà verso il
deprecetur ut fiat voluntas Dei in homine, non hominis voluntas, bene gli viene da sé e non riconoscere piuttosto che è un dono di Dio?
quae bonum velle non habet nisi Dominus inspiret iuxta illud: 36. Perché, se la buona volontà viene dall'uomo senza ispirazione
Deus meus} misericordia eius praeveniet me 19. Ergo non hominis di Dio, il cristiano dovrebbe dunque dire nella sua preghiera: Sia fatta
voluntas praevenit Deum, sed Dei misericordia praevenit homi- la rnia volontà, perché è buona. Ma non sia mai che qualcuno ardisca
225 nero non voluntatem; quoniam sicut scriptum est Deus est qui t'u- di professare ciò. Anzi, preghi piuttosto perché sia fatta la volontà di
stificat impium 20; item: Spiritus ubi vult spirat 2 1. Dio nell'uomo, non la volontà dell'uomo, che non è capace di volere il
bene se non glielo ispira il Sigrlore, conformemente alla frase: La gra-
zia del mio Dio mi verrà in aiuto. Dunque, non la volontà dell'uomo
viene in aiuto a Dio, ma la misericordia di Dio viene in aiuto all'uomo
non alla sua volontà; poiché, come sta scritto: È Dio colui che giusti/ic;
l'empio; ancora: Il vento soffia dove vuole.
12 Cf. Is. 53, 9. 13 Phil. 2, 13. 14 lo. 15, 16. 15 Cf. Act. 9, 8.
16 Act. 9, 16. 17 Mt. 26, 39. 18 Mc. 14, 36. 19 Ps. 58, 11. (6) Debere è correzione di F. Leo per dedere, dederet o dederit della tradizione
20 Ro1n. 4, 5. 21 Io. 3, 8. manoscritta.
BXPOSITIO ORATIONIS DOMINICAB, 37-42 SPIEGAZIONE DELLA PREGHIERA DEL SIGNORE, 37-42 585
37. Igitut quare non unusquisque recognoscit tenebtas suas 37. Dunque, perché ciascuno non esamina le proprie tenebre,
ne inluminatus tamquam lampas, quae aliunde succenditur, pe; perché, illuminato come una lampada che si accende per intervento
ventositatem suae supetbiae extinguatut et subducto splendete esterno, non sia poi spento a causa della vanità della sua superbia, ri~
''° maneat in caecitatis caliginem, dum, si quid bonum velie habet manendo cosl, una volta sottratta ogni luminosità, nella caligine della
sui esse putet arbitrii et non exinde gratias referat conlatori, ne au~ cecità, mentre, qualora concepisca qualche buon intento, lo ricondu-
diat quod dicitur: Qui autem non habet, et quod habet auferetur ab ce al proprio arbitrio, e non tende piuttosto grazie a Colui che glielo
eo 22? Hoc est: per gratiam praevenitur, nisi Deo illud adscripserit, conferisce, per non dover sentire ciò che è detto: A chi non ha, sarà
per superbiam hoc amittit; quoniam iuxta scripturam ipsa voluntas tolto anche quello che ha? Ciò significa: colui che è aiutato dalla gra-
2i5 a Domino praeparatur 23. zia, se non attribuirà questo aiuto a Dio, egli lo perderà a motivo della
38. Audiamus in hac parte doctorem ubi dixit: Qui loquitur sua superbia; poiché, secoudo la Scrittura, la stessa volontà è predòpo-
mendacium de suo loquitur 24. Quare non addidit et: qui loquitur sta dal Signore.
veritatem de suo loquitur, nisi ut hoc exemplo, quando veritatem 38. Ascoltiamo a questo proposito il maestro, dove disse: Chi dice il
aliquis loquitur, de Dei gratia, non de suo habuisse hoc bonum falso parla del suo. Perché non aggiunse anche: Chi dice la verùà parla I
"" specialiter agnoscatur? Quoniam de nostro solum habemus men- del suo, se non perché con questo esempio, quando si dice la verità, si
dacium. N am cum ipsa veritas Deus sit qui loquitur de Deo, unde riconosca segnatamente di aver ricevuto questo bene dalla grazia di Dio, ··.1
in homine mendace causa veritatis sit, nisi ipsa veritas se ministret, non dal proprio? Poiché noi, dal nostro, abbiamo soltanto la menzogna. :1
hoc est, nisi in hominem ipsam bonam voluntatem Deus veritatis Infatti, poiché Dio è la Verità medesima d1e parla di Dio, da dove verrà
inspiret qui et velie tribuit et posse conplevit? nell'uomo mendace il fondamento della verità, se la Verità in persona
39. Sed si quis obiciat quod apostolus ait: Velle adiacet mihi, non gli s'infonde da sola, vale a dire, se il Dio della verità, che ci donò il '· •'
cum ipse dicit: Deus qui in vobis operatur et velle et operari pro bo- volere e ci dotò del potere, non ispira nell'uomo la buona volontà?
na voluntate 25; ergo si quis dicat quia ipsam bonam voluntatem 39. Ma se qualcuno dovesse obiettare che l'Apostolo dice; C'è in
Deus non inspirai: quantum ad hanc intellegentiam, beatus apo- me il desiderio del bene, nondimeno egli dice anche: È Dio che suscita
stolus discrepa! se.ntiendo diversa; sed absit ut ille vir pacificus, in voi il volere e l'operare secondo la vostra buona volontà; cioè se qual-
250 qui uno eodemque locatus est spiritu, in his dictis ecclesiae gene~ cuno dicesse che non è Dio a ispirare la buona volontà, quanto a que~
rasset scandalum. sta esegesi, il santo Apostolo non è d'accordo e vede le cose in altro
40. Unde doctor gentium velie sibi adiacere dicebat? Quo- modo; ma non sia 1nai che quell'uomo amante della pace, che è posto
niam non solum inspiratus, sed etiam vas electionis fulgebat qui al servizio dell'unico e medesimo Spirito, con queste parole avesse ge-
docuit dicens: Deus est qui in vobis operatur et velle, deinde: Quid nerato scandalo nella Chiesa.
,,, habes quod non accepisti? 26, Ac si diceret: quid boni est in te, nisi 40. In base a che cosa il Dottore delle genti affermava che era in
det ille qui fecit te? lui il desiderio del bene? Poiché non solo era ispirato, ma rifulgeva an-
41. N am si bonam voluntatem Deus non confert, sed ex te est che come strumento eletto, egli che ci ammaestrò dicendo: È Dio che
quod tu habes, iste mentitus est. Quid est quod habes, quod non suscita in voi il volere. E poi: Che cosa mai possiedi che tu non abbia ri-
acceperis? Unde tolle Dei voluntatem: mox agnosco, si tu per te cevuto? Come se dicesse: Che cosa vi è in te di buono, se non te lo dà
"' ad bonum habes aliquam voluntatem, cum nisi a Christo velut lu- Colui che ti ha creato?
cerna inlumineris, cotidie, nesciendo quid elegerit divina potestas, 41. Infatti se non è Dio a conferire la buona volontà, ma ciò che
excedis. tu possiedi viene da te, egli ha mentito. Che cosa mai è ciò che tu pos-
42. Dicamus humiliter quia nihil boni velle habemus, nisi sin- siedi, che tu non abbia ricevuto? Da ciò elimina la volontà di Dio: al-
gulis diebus Domino largiente sumamus, iuxta quod legitur: Omne lora capisco, se in te vi è una certa volontà verso il bene grazie a te I
,~ datum bonum et omne donum perfectum desursum est 2', ut domni stesso; mentre, se non sei illuminato da Cristo come una lucerna, ogni I,
I
Pauli teneant dieta concordiam et nos omne bonum ad Dei refe- giorno, ignorando che cosa abbia scelto la maestà divina, ti perdi.
rentes gratiam fidelem consequimur doctrinam. N am qui cum 42. Umilmente affetmiamo che neppure possediamo alcun bene
apostolo Paulo, id est oculo ecclesiae, et cum beato Augustina eius se non lo riceviamo ogni giorno dalla generosità del Signore, secondo
sequace consonat, in eo ignorantiae caligo non regnat. quanto si legge: Ogni buon regalo e ogni dono perfetto viene dall'alto,
in modo che le parole di san Paolo siano in accordo tra loro e noi, at-
tribuendo ogni bene alla grazia di Dio, ci manteniamo fedeli alla retta
dottrina. Infatti la caligine dell'ignoranza non regna in colui che è in
22 Mc. 4, 25. 23 1 Reg. 2, 3. 24 lo. 8, 44. 25 Rom. 7, 18; Phil. sintonia con l'apostolo Paolo, cioè con locchio della Chiesa e con il
2, 13. 26 Phil. 2, 13; 1 Cor. 4, 7. 27 Iac. 1, 17. beato Agostino suo seguace.
EXPOSITIO ORATIONIS DOMINICA.E, 43-49 SPIEGAZIONE DELLA PREGHIERA DEL SIGNORE, 43-49
43. Quod autem de duabus viis, id est spatiosa et angusta, di- 43. Quanto poi a ciò che si dice sulle due vie, cioè su quella am·
"" citur, ut quis per quam elegerit gradiatur quid est 28 ? Per spatio- pia e su quella angusta, che vuol dire che ciascuno deve camminare
sam laxatis frenis libere discurrimus famulando peccatis; in angu. per quella che ha scelto? Scorrazziamo liberamente (7) a briglie sciolte
sta vero consideremus apostolum dicentem: Vol-atione qua vocati' per la via ampia, se siamo schiavi del peccato; nella via angusta badia-
estis per Dominum Iesum Christum 29, mo invece ali'Apostolo che afferma: Con la vocazione che avete rtl'evu·
2"15 44. Et ideo 11on elegit aliquis neque ad viam pervenir nisi vo. to per mezzo del Signore Gesù Cristo.
catus fuerit ab ipso qui via est et vita et veritas 3o, Sed in hac via 44. E pertanto nessuno ha scelto né giunge alla via, se non è stato
cum apostoli verbis et praeceptis evangelicis excurramus dicentes chiamato da Colui che è la via, la verità e la vita. Ma percorriamo que·
ad eos qui iam ex Iudaeis in Christo erant fide conversi: Si vos fi- sta via, con le parole dell'Apostolo e con i precetti evangelici, dicendo
lius liberaverit, tunc liberi eritis 11. a coloro che, da Giudei che erano, si erano già convertiti a Cristo gra-
45. Et quando sit istud adtendite ipso Domino praedicante: Si zie alla fede: Se il Figlio vi farà liberi, allora sarete liberi.
"" manseritis in verbo rneo, vere discipuli mei estis et cognoscetis veri- 45. E ponete mente a quando ciò accadrà, dacché è il Signore
tatem et veritas liberabit vos 32; ac per hoc hortatur, ut seguendo i]. stesso a rivelarcelo: Se rima"ete fedeli alla mia parola, sarete davvero
!ud quod dedit per gratiam nos ad veram liberationem perducat. miei discepoli~· conoscerete la verità e la verità vi farà liberi; e con qUeste
Unde tunc homo in bonum perfecte liberum possidebit arbitrium, parole ci esorta a seguire ciò che Egli ci donò con la sua grazia, per
2s5 quando omnino non poterit servire peccato. condurci alla vera liberazione. Quindi l'uomo avrà pieno possesso del
46. Item fiat voluntas tua sicut in caelo et in terra, id est: sicut
in caelis angeli, ita te homines venerentur in terris; et quemadmo-
libero arbitrio rivolto al bene soltanto quando non potrà in alcun mo· I.I.
do essere schiavo del peccato. .,!I''
dum illi concordia inculpabili, caritate devoti in laude Dei viden- 46. Ancora: Sia fatta la tua volontà, come in cielo cosi in terra, :~ i .
tur iugiter i11haerere, ita nos in suo timore et amore iubeat sine la- ;!il
cioè: come gli angeli nei cieli, cosi gli uomini ti Venerino sulla terra, e :~ I I
be purgare. (ii I
290
come quelli paiono continuamente intenti alla lode di Dio in irrepren·
47. Item fiat voluntas tua, id est: sicut spiritus, qui de caelis sibile concordia e consacrati alla carità, cosi Egli ci ordini di emendare :'11
1
est, caelestia cogitat, ita caro, quae de terra est, terrena non cupiat, noi stessi, fino a essere senza macchia, nel timore e nell'amore nei suoi
1 I
sed guae sunt spiritus, haec intendat et quasi facta concordia pari- confronti.
ter ad caelos ascendat. 47. Ancora: Sia fatta la tua volontà, cioè: come lo Spirito, che vie·
48. Ergo sicut in caelo, id est in spiritu, ita in terra, id est in
"' carne, fiat Dei voluntas, ut iam post adventum Christi non caro,
ne (8) dai cieli, concepisce pensieri celesti, così la carne, che viene dal-
la terra, non deve concepire desideri terreni, ma deve rivolgersi a ciò
quae mater est criminis, spiritum festinet, sicut et Eva, decipere,
che è dello Spirito e, una volta raggiunta la concordia, ascendere
sed Adam, qui est in typo spiritus, carnem habeat famulantem; nec egualmente al cielo.
dominus ancillae, sed ancilla serviat dominanti.
48. Dunque: Come in cielo, cioè nello spirito, cosl in terra, cioè
;oo 49. Sicut in caelo et in terra: homo ante baptismum carnalis
nella carne, sia fatta la volontà di Dio, perché subito dopo la venuta di
esse discribitur, post baptismum spiritalis efficitur: ideoque pro iJ.
Cristo non sia la carne, che è madre del peccato, ad ingannare subito
lis qui adhuc sine lavacro loti sunt, a nobis oratur ut, sicut nos vi-
demur facti esse caelestes per baptismum, et illi, qui adhuc ab ec· lo spirito come fece Eva, ma Adamo, che è figura dello spirito, abbia
clesia peregrini sunt, tanto beneficio non fraudentur, sed per mu· la carne al suo servizio; e non sia il padrone a servire la schiava, ma la
)05 nificentiam Domini nobiscum dona similia consequantur; quia et schiava a servire il suo padrone.
cum illi consortes facti fuerint, nos facultatem non amittemus, sed 49. Come in cielo cosi' in terra: l'uomo, prima del battesin10, è de- •1·
1:1
augemus. Quare sit autem invidia, ut homo non oret pro homine, finito quale creatura carnale, dopo il battesimo è reso creatura spiri· ·i I../ .
cum Christus, ut nos adquireret, suo sanguine non pepercit? tuale: e pertanto (9) da parte nostra si prega per coloro che non sono 11
ancora stati purificati da quel lavacro, perché, come noi riteniamo di 1·
essere divenuti creature celesti grazie al battesimo, anche essi, che so- I~· ,'
:1
no ancora estranei alla Chiesa, non siano privati di un cosi grande be· I 1 <,i
l.
28 Cf. Mt. 7, 13-14. 29 Eph. 4, 1. 10 Cf. Io. 14, 6. 31 Io. 8, neficio ma, grazie alla generosità del Signore, ottengano doni simili a I ;' ~
I
36. 32 Io 8, 3 ls. '•
quelli di cui godiamo noi; poiché anche quando essi saranno resi com·
(7) Libere discurrimus è ricostruzione di F. Leo: nei manoscritti il passo è partecipi, noi non perderemo la nostra ricchezza, ma la aumentere1no.
variamente sfigurato, Ma per quale motivo deve esistere il malanimo, con l'effetto che l'uo·
(8) Est è correzione di F. Leo per et della tradizione manoscritta. mo non preghi per l'uomo, quando Cristo, per redimerci, non ebbe ri-
(9) Efficitur ideoque è correzione di Ch. Brower per e/ficitur deoque o e/fi-
citur dea quae dei manoscritti. guardo del suo sangue?
EXPOSITIO ORATIONIS DOMINICAE, 50-55 SPIEGAZIONE DELLA PREGI-IIERA DEL SIGNORE, 50-55
50. Item fiat voluntas tua. Voluntas patris erat quod filius 50. Ancora: Sia fatta la tua volontà. La volontà del Padre era che
>10 praedicavit, quod operatus est, quod passus et mortuus est et re~ il Figlio predicasse, che operasse, che patisse, morisse e resuscitasse;
surrexit; sicut ait: Non veni voluntatem meam /acere} sed voluntaM come egli dice: Sono disceso non per fare la mia volontà, ma la volontà
tem eius qui me misit, patris 33. Ergo orandum est, ut nos sirniliter di colui che mi ha mandato, il Padre. Dunque bisogna pregare, perché
1nereamur dicere agere sustinere et in ipso resurgere, ut possirnus anche noi meritian10 di parlare, di agire, di soffrire e di risorgere in
cun1 ipso regnare. . Lui, per poter regnare con Lui.
m 51. Item fiat voluntas tua. Deus incommutabiliter bonus quid 51. Ancora: Sia fatta la tua volontà. Dio, che è immutabilmente i I
aliud nisi semper vult bonum, quamvis nos moles inpediat pecca- buono, che altro vuole se non sempre il bene, sebbene noi ne siamo
torum? Ergo bene videmur optare, ut nobis ca contingant quae esclusi per il peso dei nostri peccati? Pertanto ci sembra doveroso de-
Deus vult, cum sciamus illum bonae voluntatis haberis. siderare che tocchi a noi ciò che Dio vuole, dato che sappiamo che
52. PANEM NOSTRUM COTID!ANUM DA NOBIS RODIE. Conside- Egli di buona volontà[ ... ] (10).
320 randum est quam mirabiliter orationis huius ornatus sit textus, ut 52. DACCI OGGI IL NOSTRO PANE QUOTIDIANO. Bisogna considera-
nominatis aeternis temporalia peterentur. Nam tria ista quod po- re quanto mirabilmente sia stato ornato il testo di questa preghiera,
scimus, id est: Sancti/icetur nomen tuum, adveniat regnum .tuum, perché, dopo aver menzionato le cose eterne, ora si richiedono quelle I
fiat voluntas tua, propter aeterna consequenda hic sunt necessaria temporali (11). Infatti queste tre cose che noi domandiamo~ cioè: Sia
et hic incipiunt, sed perfecta in futura vita possideri credenda sunt santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà - so- I
125 et perpetua permanebunt. no quaggiù necessarie al conseguimento dei beni eterni e s'iniziano
53. Ergo panem nostrum da nobis quantus animae et carni est quaggiù, ma è da credere che esse saranno possedute appieno e per-
necessarius, spiritaliter ve! corporaliter, et dimitte nobis debita no- marranno senza fine nella vita futura (12).
stra, sicut et nos dimlttimus debitoribus nostris et ne nos inducas in 53. Pertanto: Dacci il nostro pane, quanto è necessario all'anima e
temptationem, sed libera nos a malo ad praesentis vitae oportunita- al corpo, spiritualmente e corporalmente, e: Rimetti a noi i nostri debi-
no tes pertinere videntur. Denique nominis eius sanctificatio et reM ti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori e non ci indurre in tentazioM
gnu1n eius in spiritu et corpore nostro post resurrectionem perfeM ne, ma liberaci dal male, sembrano riferirsi alle situazioni della vita
cte manebunt. presente. Dunque, la santificazione del suo nome e il suo regno si
54. Item panem nostrum. Quisquis ad veram salutem perveni- compiranno in modo perfetto, dopo la resurrezione, nel nostro spirito
re meruit, Christum esse panem vitae perpetuae non ignoret, quia e nel nostro corpo.
,,, dixit: Ego sum panis vivus qui de caelo discendi 34, Unde iste panis 54. Ancora: Il nostro pane. Tutti coloro che hanno meritato di
non est comn1unis cum reliquo, quia ille corpora protegit, iste noM giungere alla vera salvezza non devono ignorare che Cristo è il pane
vit animas enutrire; et qui illum manducat esurit, qui autem isto della vita eterna, poiché disse: Io sono il pane vivo disceso dal cielo.
fruitur nulla fame torquetur. Et ideo tanto magis iste cibus quae- Questo pane dunque non ha nulla in comune con il pane usuale, per-
rendus est quanto plus reficit epulatus. ché quello fortifica il corpo, questo è in grado di nutrire l'anima: e chi
55. Quod vero cotidianum panem petimus, hoc insinuare vi- mangia quello avrà nuovamente fame, chi invece si nutre di questo
detur ut communionem eius corporis, si est possibile, omnibus non sarà tormentato da fame alcuna. E perciò bisogna tanto più ricer-
diebus reverenter sumamus: quia cum ipse, vita nostra, sit nutri- care questo cibo quanto più l'assumerne ci ristora.
mento nostro, peregrinos nos facimus, si ad eucharistiam tardi acM 55. Per il fatto poi che noi richiediamo il pane quotidiano, ciò
ceda1nus. sembra suggerirci di ricevere con deferenza, se è possibile, tutti i gior-
ni la comunione al suo corpo: perché, visto che Egli, nostra vita, è il
nostro nutrimento, se ci accostiamo tardivamente all'Eucaristia noi ci
escludiamo da noi stessi (13 ).
33 lo 6, 38. 34 [o, 6, 41.
3·15 56. Item dum dicimus: Panem nostrum da nobis badie, co- 56. Ancora, quando diciamo: Dacci oggi il nostro pane, capiamo
gnoscimus non nobis sufficere quod praeterito die Deum rogavi- che non basta l'aver pregato Dio il giorno passato, se non ci impegnia-
1nus, nisi et eo qui in praesente oratione vace1nus: propter illud: mo nella preghiera anche nel giorno presente: ciò a motivo di quel
Sine intermissione orantes 35. detto: Pregate incessantemente.
57. Sive sic advertendum est, quod, postquam ad Christum 57. O piuttosto bisogna interpretare cosl, che, dopo che siamo
350 pervenimus et 1nundum curo pon1pis suis reiecimus, non nobis ne- giunti a Cristo e abbian10 rinnegato il mondo con le sue vanità, non ci
cesse sit ad escam amplius quat11 cotidianus usus exigit ut quaera- è necessario più cibo di quanto il vivere quotidiano richieda che noi ci
1nus, re vera cum adventum Domini iugiter cxpectemus: nam in- procurian10) dacché in verità aspettiamo ogni momento la venuta del I,
pedimenta mundi faciuut homines miseros. Et sciamus panem illi Signore: infatti i fardelli del mondo rendono gli uomini miserabili. E
I'
sufficere cui Deus non deficit: quod Helia habitante in beremo mi- noi dobbiamo sapere che il pane è bastevole per colui al quale Dio I
355 nistravit 36. non viene a mancare: quel che Egli ammanniva a Elia quando questi I I!,
58. ET D!MITTE NOBIS DEBITA. Bene post escam quaesitam po- dimorava nel deserto (14). !'
:i,."
stulatur venia peccatorum, ut qui dei cibo pascitur deo vivat, si ei 58. E RIMETTI A NOI I NOS11U DEBITI. Giustamente, dopo aver ri-
'I
dimittantur peccata; et congrue, ne se humana extollat superbia, chiesto il nutrimento, si supplica per il perdono dei peccati, perché
petendo veniam videtur confiteri delicta; cum tamen, si purgare chi si nutre del cibo di Dio viva per Dio, se gli sono rimessi i peccati.
)60 desiderat, saepius ad orationem recurrat. E a giusta ragione pare che richiedendo il perdono si confessino i pro-
59. Convenienter autem debita peccata dicuntur, quia et de- pri misfatti, pere.bé l'umana superbia non si esalti, ché infatti chi desi-
bentur et requirenda sunt. Nam sicut debitum a creditore requiri- dera espiare ricorre assai di frequente alla preghiera.
tur, ita peccatum a Deo in die iudicii necesse est exigatur, nisi hic, 59. Giustamente poi i peccati sono detti debiti, perché sono do-
dum vivimus, per pietatem eius indulgentiae ista nobis exactio vuti e di essi ci sarà chiesto conto. Infatti come il debito è reclamato
'"' condonetur. Et merito hic remitti cuncta rogamus ubi delicta com- dal creditore, così il peccato sarà necessariamente reclamato da Dio
mitthnus, quoniam in futuro sicut peccari non licet ita non vacat nel giorno del giudizio, a meno che quaggiù, mentre siamo in vita,
paeniteri. questa esazioue ci sia condonata grazie alla magnanimità della sua in-
60. Sed addendo SICUT ET NOS DIMITTIMUS DEBITORIBUS NO- dulgenza. E giustamente noi chiediamo che ci sia perdonato tutto
STRIS qui pium se ostendit et legem inposuit, ut nisi quis peccanti quaggiù dove com1nettiamo i peccati, poiché nella vita futura, come
"" culpas indulserit sibi indulgeri a Domino non expectet, propter il- non sarà possibile peccare, così non vi sarà neppure occasione di pen-
lud: In qua mensura mensurati fueritis remetietur vobis 37 ; item mi- timento.
sericordiam et iudicium cantabo tibi 38: quoniam qui in nobis pius 60. Ma, con l'aggiunta di COME NOI LI RIMETTIAMO AI NOSTRI DE-
est vult nos esse aliis miserentes. Unde merito de culpa vapulat qui BITORI, Colui che si mostra misericordioso ci ha pure imposto una leg-
magistri verba declina!. Summa est aelemosina alteri remittere ge, secondo cui chi non avrà perdonato le colpe a chi pecca non dovrà
375 quod in te videatur peccasse. aspettarsi (15) indulgenza per sé da parte del Signore, a motivo di quel
61. Item Dimitte nobis debitum: quid ergo? De baptismi fonte detto: Col giudizio con cui giudicate sarete giudicati; ancora: Amore e
surgentes et corpore Christi commuuicantes mox nobis dimitti giustizia voglio cantare a te: poiché Colui che è misericordioso con noi
peccata? Sed fragilitas nostra conservare puritatem lavacri non va- vuole che noi siamo misericordiosi con gli altri. Per cui meritatamente
let, ut de fonte percipit, nisi dignetur Dei gratia custodire. Et b~- chi si allontana dalle parole del maestro subisce il castigo per la sua
3so ne: Sicut et nos dimittimus debitoribus nostr/s, ut ostenderetur qu1a colpa. Perdonare al tuo prossimo il peccato che sembra aver commes-
II
Deus pacis cum omnibus vult nos concordes. so verso di te è la più alta delle elemosine. I i·
61. Ancora: Rimetti a noi il debito: che, dunque? Siamo riemersi 11
351Thess.5,17. 36 Cf. 3 Reg. 19, 3-8. 37 Mt. 7, 2. 38 Ps. 100, to bisogna che siano perdonati i nostri peccati? È che la nostra fragi- i~
1. lità non ha la forza di conservare la purezza del battesimo, quale l'ha
(14) Significative concordanze sono riscontrabili tra questo e il seguente
ricevuta dal fonte (16), se non è la grazia di Dio a degnarsi di conser- i
paragrafo e CYPR. domin. o.r~t. 19"22. Entrambi .gli autori. ~ntepong?n? la spi~ varla. E giustamente: Come noi lo rimettiamo ai nostri debitori, per di- I:
gazione spirituale della pet1z1one a quella matertale e, un1c1 tra. tut1;1 ,gh eseget~, mostrare che il Dio della pace ci vuole in concordia con tutti. I
portano l'esempio biblico di Elia nutrito nel deserto per grazia d1v1na. La di- :I
!·
pendenza di Venanzio da Cipriano è in questo caso sicura ed evidente. Cf. CO-
STANZA, La quarta pett'zione, 96-97, che pone in parallelo i due passi.
(15) Exspeclet è correzione di F. Leo per exspectat, spectat, spectet della · (16) Ut de fonte è correzione di Th. Mommsen, recepita da F. Leo, per de fon-
tradizione manoscritta. te o quam de fonte della tradizione manoscritta.
I! 592 EXPOSITIO ORATIONIS DOMINICAE, 62 SPIEGAZIONE DELLA PREGI-llERA DEL SIGNORE, 62 593
62. NE NOS INDUCAS IN TEMPTATIONEM. Numquid Deus ali- 62. NON CI INDURRE IN TENTAZIONE. Forse che Dio induce qual-
quem in laqueum temptationis induci! aut ab inimico cupiat sub. cuno nel laccio della tentazione, o forse vuole che un nemico lo insidi,
plantari, qui monet ne incidatur? ... Egli che mette in guardia perché non si cada? ... (17).
(17) La parte finale del trattato, relativa alle ultime due petizioni del Pater, è
andata perduta.
I
! I
.i
I
I i'
I
I
'·
INTRODUZIONE
Negli anni immediatamente precedenti, già altri scrittori ecclesiasti- dandolo di tutti quegli aspetti che risultavano ormai inutili. È cosz' omes-
ci~ quali Niceta di Remesiana J, Ambrogio 4 e Agostino 5 avevano com- so ogni approfondimento teologico connesso con le polemiche antiereti-
posto dei brevi trattati sul Symboh1m Ap?swlorum; Rufino ~on _si che, come ogni riferimento a recensioni del Simbolo diverse da quella
òpirò ai loro scritti, ma piuttosto agli ~segetz .orientali;. nella fattispecie, oggetto di commento. A tale proposito, bisogna osservare come la forma
tra le fonti da lui stesso nominate, abbiamo Gregorio di Nissa (Cateche- del Simbolo quale si può ricostruire dal commento di Rufino non è iden-
sis fidei 32) e Cirillo di Gerusalemme (Catecheses 13-1.8). Inoltre, al tica a quella commentata da Venanzù.>. Quest'ultimo evidentemente pren-
confronto con i suoi predecessori latini, l'opera di R~jino presenta mag- de a oggetto della sua trattazione la professione di fede usata nella Chie-
gior estensione e maggior elaborazione, tanto che gza. alla fine del V se-. sa di Poitiers, che risulta essere meno sviluppata rispetto a quelle cono-
colo Gennadio poté affermare che dopo la composizione del trattato di sciute dal suo predecessore.
Rufino, gli scritti dei suoi predecessori, ancorché illustri~ era come se Ad esempio, nel secondo articolo, Et in Iesum Christum, unicum
neppure esistessero 6, filium, in Rufino si ha !'ampliamento Dominum nostrum, non testimo-
La struttura del commento è assai semplice: dopo aver dato conto niato in Venanzio 9, Cosz' per quanto riguarda la crocifissione e la morte
della leggendaria origine apostolica del testo, egli passa in rivista i diver- di Cristo: in Rufino si ha menzione della crocifissione, della sepoltura e
si articoli del Simbolo, commentando doviziosamente ciascuno di essi. della discesa agli inferi, laddove la seconda fase non compare in Venan-
Consapevole poi delle divergenze che presentavano i testi in uso nelle di- zio 10 . Ancora, al mistero dell'Ascensione si accompagna in Rufino l'idea
verse città, egli ne tenne conto nel corso della trattazione, fornendoci co- della regalità di Cristo che siede alla destra del Padre, tratto assente in
sì una sorta di tavola sinottica dei vari Simboli locali, con speciale atten- Venanzio ll, Nell'ultimo articolo, all'espressione resurrectionem carnis
zione al testo di Roma, che egli considera superiore a tutti gli altri, e a in Venanzio corrisponde huius carnis resurrectionem in Rufino, il quale
quello di Aquileia. . . . _ . dedica pure un paragrafo della sua esposizione ali'approfondimento del
r: intenzione di Rufino è quella di offrire, basandosi sulla professio- dimostrativo huius 12.
ne di fede, un'esposizione più completa e sintetica possibile di tutte le r:unico tratto in cui Venanzio si distacca sensibilmente dalla traccia
verità della fede cristiana. Particolare attenzione è dedicata alle proposi- rufiniana riguarda la crocifissione di Cristo. Sappiamo quanto il tema
zioni inerenti il Padre e il Figlio, movendo dalle quali Rufino espone la della Croce, come albero della salvezza, fosse caro al poeta, che ebbe mo-
teologia trinitaria alla quale era stato dato un'enorme sviluppo dalla lot- do di celebrarlo in versi meravigliosi in occasione del!' ingresso a Poitiers
ta ali'arianesimo protrattasi anche dopo la condanna solenne da parte della reliquia inviata dall'imperatore Giustino II 13. Quello stesso senti-
del concilio di Nicea nel 325 '·Analogamente, trattando l'incarnazione mento trova ora spazio in questa omelia, in unione ali'altro tratto distin-
di Gesù, Rufino espone la dottrina ortodossa, facendo tesoro, della specu-. tivo del pensiero venanziano: il valore universale del sacrificio redentore
!azione sorta per contrastare l' apollinarismo, che negava I esistenza di del Cristo, esteso non soltanto al genere umano, ma a tutto il mondo
un 1anima umana in Crù·to. . creato1 intellettuale, animale1 inanimato 14.
Venanzio esattamente due secoli dopo, non intendeva certo redige- Per la compilazione delle note si è tenuto presente il recentissimo
re un trattato' ma un'omelia da recitare ai suoi fedeli di Poitiers. Scelse lavoro dello studiso francese p. A.-G. Hamman, a commento della tra-
cast di attin;ere al trattato ru/iniano) ~he1 come si è già an.ticipato1 a duzione francese dei due commentari di Rufino e Venanzio curata da F
quell'epoca era divenuto ormai un classz~o, il co"!mento al Simbolo per Bilbille Gaven e ].C. Gaven e uscita nel 199715, i
eccellenza B. A questo scopo egli raccorcia assai zl testo orzgznale, sfron-
I
,1,
II (cf. Sacrosanctum ConczHum, 36, 1: Linguae Latinae usus, salvo particulari iure, in I
I
ritibus Latinis servetur).
3 Exp/anatio symboli, ed. A. E. Burn, Cambridge 1905, 38-52.
4 Explanatio symbo/i, ed. Faller, CSEL 73, 1955, 3-12.
5 De symbolo sermo a_d catechumenos, ed, Vander Plaetse, CCL 46, 1969, 185-
1
9 Expos. symb. 15-16; cf. RuFIN. symb. 6.
19~ i
6 GENNAD. vir. ili. 17: proprio autem labore, immo gratzae et ano exposuit
· v·d 10 Expos. symb. 21.29; cf. RuFIN. symb. 12. I
idem Rufinus 'symbolum', ut in eius comparatione alii nec exposuisse credantur. 11 Expos. symb. 31.33; cl. RuFIN, symb. 29.
12 Expos. symb. 39; cf. RUFIN. symb. 34.43.
7 Cf. DS 125-130. . . , . . d ll' r ·
8 La notorietà del trattato d1 Rufino nel Medioevo e test~on1ata . a alll;P 1s~1- 13 Cf. carm. 2, 1-6.
mo nu1nero di manoscritti che ce lo tramandano. La scelta d1 Ven.anz10, .lo ripe1:1a- 14 Cf. KOEBNER, Venantius Fortunatus, 114.
mo non sarà pertanto da attribuire, come pure è stato fatto anche m anni recen~i, a l5 Lo stesso profitto non si è tratto dalla traduzione, che oltre a essere stata
un 'suo supposto lega1ne con una fantomatica "spiritualità aquileiese", quanto ptut- condotta sul vecchio testo di Luchi-Migne, è in ogni caso viziata da diversi frainten-
tosto ali' autorevolezza dell'opera rufiniana. dimenti, nonostante la relativa semplicità del dettato fortunaziano.
i' I
EXPOSITIO SYMBULI SPIEGAZIONE DEL SIMBOLO
(carm. XI, I) (carm. 11, 1)
1. Summam totius fidei catholicae recensentes, in qua et inte- 1. Esaminiamo (1) il compendio di tutta la fede cattolica, nella
gritas credulitatis ostenditur et unius Dei omnipotentis, id est quale si presenta la totalità del nostro credere e si proclamano l'egua-
sanctae trinitatis, aequalitas declaratur et mysterium incarnationìs glianza dell'unico Dio onnipotente, vale a dire della santa Trinità; il
filii Dei, qui pro salute humani generis a patre de caelo descen- mistero dell'incarnazione del Figlio di Dio, che, discendendo dal cielo, !' i
,I
dens de virgine nasci dignatus est, quo ordine ve! quando pertule- mandato dal Padre, per la salvezza del genere umano si è degnato di
rit, quomodo sepultus surrexerit et in carne ipsa caelos ascendens nascere da una vergine; quale sia stato il momento e lo svolgimento ii
I
ad dexteram patris consederit iudexque venturus sit, qualiter re- della sua passione, come dopo la sua sepoltura Egli sia resuscitato e, \·,I f
n1issionem peccatorum sacro baptismate renatis contulerit et re- nella medesima carne, sia asceso al cielo e abbia preso posto alla destra
surrectio humani generis in eadem carne in vitam aeternam futura del Padre e come sia imminente la sua venuta in veste di giudice; come
io sit, quia multa in syinbulo paucis verbis conplexa sunt, mediocri- abbia concesso la remissione dei peccati a chi rinasce nel santo battesi-
ter nobis sermo temperandus est, ne aut breviter dicendo non ape- mo e come vi sarà la resurrezione del genere u1nano, nella medesima
riat intellectum aut prolixitate verbi generetur fastidium. carne, per la vita eterna. Poiché nel Simbolo molte verità sono com-
2. Itaque resurgente Christo et ascendente in caelo, misso pendiate in poche parole, bisogna che noi diamo una giusta misura al
I
sancta spiritu, conlata apostolis scientia linguaru1n, adhuc in uno nostro discorso, per non impedirne la comprensione con una brevità !i.1'
" positi hoc inter se symbulum, unusquisque quod sensit dicendo, eccessiva e per non ingenerare noia con un'esposizione prolissa. .1.1,
condiderunt, ut discedentes ab invicem hanc regulam per omnes 2. Dunque, al risorgere di Cristo e al suo ascendere al cielo, quan- 'i'
gentes aequaliter praedicarent r. do fu inviato lo Spirito Santo e fu donata agli apostoli la conoscenza ;. i
3. Denique symbolum graece conlatio dicitur, quia hoc ipsi delle lingue, essi, che din1oravano ancora tutti assieme nel medesimo
inter se per sanctum spiritum salubriter contulerunt. Dicitur et in- luogo, composero tra loro questo Simbolo, ciascuno dicendo quel che
20 dicium, quod per hoc .qui recte crediderit indicetur, ergo cunctis avvertiva, in modo da predicare concordemente a tutte le genti, una
credentibus quae continentur in symbulo salus animarum et vita volta separatisi,.questa regola di fede (2).
perpetua bonis acdbus praeparetur. 3. Simbolo poi significa, in greco, composizione, perché gli apo-
4. CREDO IN DEUM PATl\EM OMNIPOTENTEM. Praeclarum in stoli composero (3) quest'opera tra di loro, ispirati dallo Spirito Santo,
primordio ponitur fidelis testimonii fundamentum, quia salvus es- per la salvezza. Significa anche contrassegno, perché grazie a questo
" se poteri! qui recte salute crediderit, apostolo praedicante: Credere s'individua chi rettamente crede (4). Dunque, per tutti coloro che cre-
oportet accedentem ad Deum '; item: Corde creditur ad iustitiam 3 ; dono in ciò che è contenuto nel Simbolo sarà disposta, grazie alle loro
buone azioni, la salvezza dell'anima e la vita eterna.
4. CHEDO IN DIO PADRE ONNIPOTENTE. Nell'esordio si pone lo
l Cl. Act. 2, 1. 2 Hebr. 11, 6. J Rom. 10, 10. splendido fondamento della testimonianza della fede, perché potrà
salvarsi colui che avrà .creduto rettamente nella salvezza, secondo
(1) Questo pritno paragrafo introduttivo è un'aggiunta originale di Ve- quanto afferma lApostolo: Chi si accosta a Dio deve credere; ancora:
nanzio ed è una sorta di compendio del Simbolo che sarà poi commentato. Po-
trebbe trattarsi di una parafrasi in discorso indiretto del simbolo battesimale in
uso a Poitiers, ma è una pura ipotesi. Sarà in ogni tnodo da notare co1ne questo
co1npendio iniziale presenti alcune discrepanze rispetto all'esposizione che se- circa la sincerità della leggenda. Da notare ancora come Venanzio dprenda da Rufino
gue: non vi è ad esempio alcun cenno alla discesa agli inferi, poi trattata al § 29; il riferimento a una prima fase della predicazione, nella quale le verità fondatnentali
mentre a proposito dell'Ascensione vi è la precisazione in carne ipsa, assente nel non erano state fissate in forma scritta ma erano tramandate oralmente.
commento(§§ 31-32). (3) Contulerunt è correzione di F. Leo per condiderunt della tradizione mano-
(2) Il riferimento leggendario a un'origine apostolica di questa formula di scritta.
fede compare nel sec. IV. Se, all'incirca nel 404, Rufino, nel riferirne, vi premet- (4) Cf. RUFIN. symb. 2: Symbolum enim Graece et indidum dù;(potest et conla-
te «secondo i nostri antenati>> (RUFIN. symb. 2), prendendo quindi una posizione tt'o, hoc est quod plures in unum conferunt. Id enim Jecerunt apostoli in his sermoni-
prudente, Venanzio, quasi tre secoli più tardi, pare non nutrire più alcun dubbio bus, in unum conferendo unusquisque quod senst't.
602 IlXPOSITIO SYMBULI, 4-13 SPIEGAZIONE DEL SIMBOLO, 4-13
et: Credidi propter quod locutus sum 4; ve! illud: Iustus ex fide vivit 5 Con il cuore si crede per ottenere la giustizia; e: Ho i~eduto, perciò ho
et: Nisi credzderitù, non intellegitis 6, parlato; o quel detto: Il giusto vivrà mediante la fede, e: Se non credere-
5. Ergo ve! in rebus humanis nullum opus incipitnr, nisi la- te non comprenderete.
'" bor omnis ad effectum venire credatur. Unde credendum est in 5. Dunque neppure nelle cose umane non s'inizia opera alcuna
Deum, a quo tam praesens vita quam futura tribuitur. se non si crede che tutto lo sforzo profuso porterà a un effetto. Per-
6. Deus autem appellatio est snbstantiae sempiternae sive ti- tanto bisogna credere in Dio, dal quale ci è donata tanto la vita pre-
moris divini. Igitur Deus est sine principio, sine fine, simplex in- sente quanto quella futura.
corporens inconprehensibilis. 6. Dio poi è l'appellativo della sostanza eterna o del timore di-
,, 7. Patrem autem cum audis, agnosce quod habeat filium ve- vino (5). Dunque Dio è senza principio, senza fine, semplice incorpo-
raciter genitum, quomodo possessor dicitur qui aliquid possidet et reo inafferrabile.
dominus qui alicui dominetnr. Deus ergo pater secreti sacramenti 7. Quando poi senti la parola Padre, devi riconoscere che Egli
vocabulum est, cuius vere filius est verbum et speculum et caracter ha un Figlio veramente generato da Sé, come si dice possessore colui
et hnago vivens patris viventis, in omnibus patri similis, eiusdem che possiede qualcosa e dominatore colui che domina su qualcosa.
40 naturae et in divinitate genitus, genitori per omnia coaequalis. Pertanto Dio padre è la denominazione del mistero nascosto, del qua-
8. Nec quaeratur quomodo genuit filium: quod et angeli ne- le il Verbo è veramente Figlio: specchio, carattere e immagine vivente
sciunt, prophetis est incognitum. Unde illud dictum est: Genera- del Padre vivente, simile in tutto al Padre, della medesima natura e ge-
tionem eius quis enarravt't? 7, Quam secretam originem cum pro- nerato nella divinità, in tutto eguale a Colui che lo ha generato (6).
prio filio novit ipse solus qui genuit. 8. Né ci si domandi come Egli abbia generato il Figlio: neppure
" 9. Nec a nobis Dens discntiendus est, sed credendus: qui in gli angeli lo sanno e lo ignorano i profeti. Per cui fu detta questa frase:
nobis ipsis nescilnus quod sapimus, quomodo sapientia ingenium Chi ha mai raccontato la sua nascita? Questa nascita segreta è conosciu~
aut intellectus consilium aut mens nostra generat verbum. ta soltanto da Colui che lo ha generato, insieme con lo stesso Figlio.
10. Sed, ut breviter dicamus, sufficit nos scire quia lux genuit 9. E noi non dobbiamo metterci a discutere su Dio, ma dobbia-
splendorem, propheta testante: In splendoribus sanctorum ex utero mo credere in Lui, noi che di noi stessi ignoriamo quel che sappiamo,
'" ante luci/erum genui te 8; et illud: Hiç Deus noster, et non reputabi'. come la conoscenza generi l'intelligenza, l'intelletto la decisione, la no-
tur alter ad eum 9; et post: In tem's visus est et inter homines con- stra mente la parola (7).
versatus est 10. 10. Ma, per dirla in breve, a noi è sufficiente sapere che la luce ha
11. Omnipotens vero dicitur eo quod omnia possit et om, generato lo splendore (8), come testimonia il Profeta: Tra gli splendori
nium obtinet potentatum; quia pater omnia creavit per filium. dei santi dal mio seno prima del!' aurora ti ho generato; e ancora: Egli è
,, 12. ET IN IESUM CHRISTUM. Iesus Hebraice salvator dicitur: il nostro Dio e nessun altro può essergli paragonato; e dopo: È apparso
hoc nomen digne convenit principi qui papula se sequenti possit sulla terra e ha vissuto fra gli uomini.
salutem tribuere: cuius figuram Iesus Nave gerens populum de de- 11. È detto poi Onnipotente per il fatto che può tutto e detiene il
serto in terram repromissionis certum est induxisse, et iste de te- dominio su tutte le cose (9); poiché il Padre creò ogni cosa attraverso
nebris et terra ignorantiae se sequentes ad caelos educit 11 . il Figlio.
~ 13. Christus dicitur a crismatis tmctione, et hoc nomen ponti- 12. E IN GESÙ CRISTO (10). Gesù, in ebraico, significa Salvatore;
ficale est vel regale, quoniam reges unguebantnr oleo corruptio- questo nome è degno e appropriato a quel sovrano che può donare la
nis: hic autem ab spiritu sancta oleo exultationis divinitus unctus salvezza al popolo che lo segue: si sa con certezza che Giosuè figlio di
Nun, che ne recava in sé la prefigurazione, guidò il popolo dal deserto
alla terra promessa; Gesù conduce coloro che lo seguono dalle tene-
4 2 Cor. 4, 13. 5 Rom. 1, 17. 6 Is. 7, 9 (Vet. Lat.). 7 Is. 53, 8. bre e dalla terra dell'ignoranza fino ai cieli.
8 Ps. 109, 3. 9 Bar. 3, 36. 10 Bar. 3, 38. 11 Cf. los. 1-12.
13. È detto Cristo dall'unzione con il crisma, e questo è un appel-
(5) Il riferimento al timore divino, che pare qui poco pertinente, non deri- lativo pontificale o regale, poiché i re erano unti con un olio corrutti-
va da Rufino: cf. RUFIN. symb. 4. bile: Costui invece è stato unto dall'alto dallo Spirito Santo con olio di
(6) Venanzio riprende questa spiegazione da RUF1N. symb. 4: in realtà la
paternità di Dio non si spiega soltanto con la generazione del Figlio, tna altresl
con la sua natura di Creatore di tutte le cose. Rufino focalizzava l'attenzione
sull'Unigenito per controbattere l'eresia adana, che affermava la creaturalità del
Verbo, negandone la coeternità col Padre (~v 7tO'tE O'tE O'ÒK iìv: ci fu un tempo (8) Cf. RUFIN. symb. 5.
in cui il Verbo non e' era). (9) Cf. RuFIN. symb. 5: omnipotens autem ab eo dicitur quod omnium teneat
(7) Il medesimo atteggiamento si trova in sant'Ilario di Poitiers, ad esem-
~--
potentatum.
pio HIL. trin. l, 10; 2, 11. (10) Per questo articolo e il seguente, cf. RUFIN. symb. 6.
I
EXPOSITIO SYMBULI, 13-21 SPIEGAZIONE DEL SIMBOLO, 13-21
604
100 eius sorte missa et in conspectu populi maligni manibus exte11sis eia, e con;e, mentre sulla sua veste sarebbe stata gettata la sorte, Egli
in die pependerit prnedixerunt diligens lector inveniet. sarebbe rimasto appeso durante un'intera giornata con le braccia te-
22. Ta1nen ut breviter dicatur: in cruce suspensus est, ut nos a se, alla berlina del volgo malvagio; tutte cose che il lettore attento po-
damnatione ligni vetiti dissolvere!; felle vero potatur, ut amaritu- trà reperire.
dinein praevaricati pomi et nin1is acidi atnputaret; spinis corona- 22. Infine, per esprimermi in breve (15): fu sospeso sulia Croce
105 tur, ut maledictae terrae vetustum crimen erueret; lancea percuti- per assolverci dalia condanna dell'albero proibito; fu poi dissetato con
tur, ut per plagam lateris aqua fluente vel sanguine baptismum ve! fiele per ~ancellare il sapore anrnro del pomo delia trasgressione, fin
mysterium martyrii promulgaret; et ut dicatur aliquid altius: in co- troppo acido; fu coronato di spine per estirpare l'antico crimine dalla
sta Christus percutitur, ut vulnus nobis infixum per Evam, quae terra maledetta (16); fu trafitto dalla lancia per rendere noto il battesi-
de costa viri formata fuerat, a1nputaret. mo o il mistero del martirio con l'acqua che grondava dalla ferita del
HO 23. Ut tamen ad hoc inteliegendum aliquantulum extendamur suo costato o con il suo sangue. E, per affermare qualcosa di più
(sicut dicit scriptura: Cordis oculi aperti sint ad intellegendum quid profondo: Cristo fu trafitto nel firu1co per eliminare la ferita infertaci
sii altùudo, latitudo et profundum i5; quod est crucis significatio): da Eva, che era stata plasmata dalla costola dell'uomo (17).
quare Dominus in patibtilo se pati elegerit quaeritur; ratio tamen . 23. Ma per concentrarci ancora un pochino nella comprensione
haec redditur: crux species trophaei est quod devictis hostibus so- di tale fatto - come afferma la Scrittnra: Gli occhi della mente siano
115 let fieri triumphanti; et quia Dominus tria regna sibi subiecit, sus- aperti p~~ comprendere quale sia laltezza, lampiezza e la profondità: e
pensus in aera victoriam de caelestibus et spiritalibus nequitiis est '.'JUesto·e il simbolo della Croce (18) - , ci si domanda per qual motivo
adeptus; expandens autem manus ad populos, palmam de terre- il Signore abbia scelto di patire su uno strumento di supplizio. Certo
nis. Quod vero sub terra crux fixa est, ostendit eum et de Tartaro si rende questa spiegazione: la Croce è l'immagine del trofeo che si
triumphare. ~uole tribntare al trionfatore una volta debellati i nemici (19). Perché
'" 24. Et quia de aliis brevitatis causa praeteriemus plurima, non il Signore sottomise a Sé tre regni: sospeso nell'aria conseguì la vittoria
generemus fastidium, si pro honore sanctae crucis nobis hic sermo i
sui mali celesti e spirituali; allargando poi le sue braccia alle genti ri-
distenditur, ut vobis aedificatio et illi cresca! praeconium. portò il trionfo su quelii terreni; infine il fatto che la Croce sia stata I
25. Ergo quia nec ipsa sidera in conspectn Dei pro humano conficcata nelia terra dimostra che Egli trionfa anche sul Tartaro. I
crimine non erant pura et erat tota terra polluta, ideo suspensus 24. E poiché, per amore di brevità, tralasceremo moltissime altre
120 est Christus in aera, ut si1nul terras et astra purgaret; aut quia ipse cose, non procureremo tedio se, in ragione dell'onore dovuto alla san-
dixerat: Sicut Moyses exaltavit serpentem i6, ideo cruci suspenditur, ta Croce, il nostro discorso qui si allarga, perché si accrescano la vo~
ut adimplerentur verba quae creator praedixerat; aut quia inter stra istruzione nella fede e la sna celebrazione (20). 111
caelum et terram grandis erat discordia, ut tolleret reconciliator se 25. Dunque, poiché al cospetto di Dio neppure le stelle erano pn-
re a causa della colpa dell'uomo e tutta la terra era contaminata Cri- ,,
sto fu sollevato nell'aria per questo motivo, per purificare a un t~rnpo !' !li
la terra e il cielo. Oppure perché Egli stesso aveva detto: Come Mosè i;
LI
i5 Eph. 1, 18; 3, 18. i61o. 3, 14. I
innalzò il serpente; perciò è appeso alla Croce, perché si adempissero ;I
(15) I passi veterotestamentari in questione sono discussi da RUFIN. symb. le parole delia profezia del Creatore. Oppure perché vi era fra il cielo :
,( \1!
e la terra nna discordia tanto grande, che il Riconciliatore eliminò tale
ij
I
13-25. "'!
(16) Cf. RUFIN. symb. 20.
(17) Cf. RUFIN. symb. 21. !1
1,,,
(18) Cf. RUF1N. symb. 12: questa spiegazione del passo paolino in riferi-
mento alla Croce si trova già in Ireneo di Lione (sec. II), Demonstratio praedica- della Croce e a quello della redenzione operata da Cristo, vista come riscatto non I !;::
tionis apostolicae 34, nonché nell'o1nelia pasquale greca anonima attribuita in soltanto del. genere umano, ma di tutta la natura creata, che nella sua bellezza ritrae
passato a san Giovanni Crisostomo o a sant'Ippolito di Roma (PG LIX, 1859, 1:opera ~alvifica del Sig!1o~e. Tali temi car~tteri~zano il ciclo di carmi composti per
741-746), 1na risalente con ogni probabilità alla seconda metà del II secolo. 1 accoghmento della rel1qu1a della Croce e 1 elegia pasquale dedicata a Felice di Nan-
(19) Nell'antica Roma il trofeo era costituito da parte dell'armamento del tes~ in particol~e d. carm. 2, 2, 21e3, 9, 31ss. Nondimeno, le diverse esegesi che
ne1nico vinto, esibita durante il cotteo trionfale, a riprova della vittoria conse- eglt P.ropo~e di q?esto 1nistero sono lasciate allo stadio di vie aperte, senza che egli
guita. ne sviluppi co1np1utamente alcuna. I(OEBNER, Venantius Fortunatus, 114 fa notare .I
(20) Cf. RUFIN. symb. 20. I seguenti paragrafi 25-27 sviluppano in tnodo come u!1a _siffatta concezione si basi su un'idea contraddittoria di peccat~, ché esso
assai ampio un tema che in Rufino resta allo stato di spunto basato sulla male- non puo nguardare creature prive di volontà. Egli individua nella sensibilità poetica
dizione inferta da Dio alla terra in Gen 3, 17 (e che peraltro fu riccrunente svi~ di Venanzio l'origine dell'equivoco: questi percepiva la bellezza della natura come ,,
'
luppato dalla teologia siriaca a partire dalle parole di san Paolo in Rm 8, 19-22). S?~n_ia pure~za, 1na sapeva che soltanto la salvezza è som1na purezza, e ritenne per-
Questo riferimento qui però non compare, e tutto il discorso è perciò opera c10 di avve1t1re come presente nella natura non soltanto l'opera creatrice del Padre
originale di Venanzio, che ancora una volta dimostra la sua affezione al teina ma anche quella redentrice del Figlio. '
SPIEGAZIONE DEL SIMBOLO, 25-31
608 EXPOSITIO SYMBULI, 25-31
(21) Per ridea tipicamente venanziana della Croce come bilancia, sulla strana vista l'importanza del tema di Giona nella cultura cristiana di Aquileia, testi-
quale il corpo di Cristo sorpassa, riscattandolo, il peso dei peccati dell'umanità, 1noniata dalle tre raffigurazioni del profeta nella parte sudorientale del grande mo-
cf. carm. 2, 6, 23 e laud. Mar. 169. Il medesimo concetto si ritrova nel Liber or- saico della basilica teodoriana, certamente visibile negli anni del prilno soggiorno
dinum Mozarabicus, dell'XI secolo (ed. M. FÉROTIN, Monumenta Ecclest'ae litur- aquileiese di Rufino (371-373; quandCbegli vi fece ritorno, verso il 4001 probabilmen-
gt'ca, V, Paris 1904 [rist. anast. Ro1na 1998]), 200: in statera crucis pretium no- te il mosaico non era più visibile, essendosi nel frattetnpo iniziata in quel medesimo
strae salutis appendlt. sito la costruzione della basilica posteodoriana sud). L'interpretazione della storia di
(22) La medesima idea in carm. 2, 1, 9s. e 2, 2, 24; 2, 4, 27s. Giona come figura della morte e resurrezione di Cristo risale a Gesù stesso.
(23) Cf. RUFIN. symb. 16. Fin dai primissimi tempi cristiani si osserva un (27) Per questo paragrafo e il seguente cf. RUFIN. sy1nb. 29-30.
grande scrupolo nell'inseri1nento di questa testimonianza di carattere storico: (28) Il salmo 67 fu adoperato nella liturgia della festa dell'Ascensione fin dalla
cf. Lc3, I; At 3, 13 · 13, 28; 1Tm6, 13. sua istituzione quale festività autonoma nel sec. IV (nelle epoche precedenti il miste-
(24) Questa interpretazione, niente affatto scontata, occorre anche in uno ro dell'Ascensione era celebrato assieme alla Pentecoste). San Gregorio di Nissa è
scritto attribuito a Gregorio di Elvira, Ps. OruG. tract. 14, 10-12-. autore di un'omelia per ii Ascensione consistente in un co1nmento a tutto il salmo.
(25) Cf. RUFIN. symb. 15. (29) Per questo tipo di costruzione in cui è da sottintendere un secondo non
(26) I passi veterotestamentari in questione sono discussi da RUFIN. symb. dopo ubi, si veda epist. (carm. 5, 6) 1 con la nota 53.
28, il quale tuttavia non menziona la vicenda del profeta Giona, cosa piuttosto
I I
: :., I 610 EXPOSITIO SYMBULI, 31-37 SPIEGAZIONE DEI. SIMBOLO, 31-37 6n
. 11
, I.I
160 carnis naturam caelos intrare stupuerunt dicentes: QuiS est iste rex era assiso: perciò gli angeli vedendo la natura carnale entrare nei cieli,
gloriae? 22 • stupirono e dissero: Chi è questo re della gloria?
32. Nam et ipsum sedere mysterium est carnis adsumptae et 32. Infatti anche lo stesso fatto di stare assiso è mistero dell'as-
provectum sedis non divina, sed humana natura requirit: inde et sunzione della carne e l'elevazione del suo seggio riguarda non la na-
hoc dictum est: Parata·sedes tua, Domine 23, Et: Dixit Dominus Do- tura divina, ma quelli umana (30). Perciò anche questo è stato detto:
M mino meo: sede a dextris meis 24 et illud: A modo videbitis filium Il tuo trono è allestito, o Signore. E: Il Signore disse al mio Signore: siedi
hominis sedentem a dextris virtutù 25. alla mia destra (31) e quello: D'ora innanzi vedrete il Figlio dell'uomo
33. !UDICATURUS VIVOS ET MORTUOS. Aliqui dicunt vivos iustos, seduto alla destra della maestà.
mortuos vero iniustos; aut certe vivos quos in corpore invenerit ad~ 33. PER GIUDICARE I VIVI E I MORTI. Alcuni chiamano "vivi" i giu-
ventus dominicus et n1ortuos iam sepultos; nos tamen intellegamus sti e invece "morti" gli ingiusti; oppure più verisimilmente "vivi" colo-
170 vivos et mortuosi hoc est animas et corpora pariter iudicandaS. ro che la venuta del Signore sorprenderà nei loro corpi e "morti"
34. Nam de adventu Domini et Malachias ait: Ecce venit Do- quelli che saranno già sepolti. Tuttavia noi invece intendiamo i vivi e i
minus omnipotens 26 et Daniel: Ecce in nubibus caeli quasi filium morti, cioè le anime e i corpi, entrambi da sottoporre a giudizio (32).
hominis 27; et illud: Sicut fulgor ab oriente, ita erit adventus filii ho- 34. D'altra parte, sulla venuta del Signore anche Malachia affer-
minis 28, ma: Ecco, viene il Signore onnipotente, e Daniele: Ecco, sulle nubi del
35. Cmmo IN SANCTO SPIJUTU. In huius commemoratione my- cielo, uno, simile ad un figlio di uomo; e quello: Come la folgore da
sterium trinitatis impletur: unus pater, unus filius, unus Spiritus oriente, cosi' sarà la venuta del Figlio dell'uomo (33 ).
sanctus; ut fiat distinctio personarum) vocabula secernuntur: pater 35. Crumo NELLO SPIRITO SANTO (34). Con la menzione di questa
ex quo omnia et qui non habet patrem; filius ex patre genitus; spi- divina Persona si completa il mistero della Trinità: uno è il Padre, uno
ritus sanctus de Dei ore procedens et cuncta sanctificans. è il Figlio, uno è lo Spirito Santo; i vocaboli si diversificano perché vi
mo 36. Ergo una divinitas in trinitate, quia dixit symbolum: Credo sia distinzione delle Persone: il Padre, da cui tutto procede e che non
in Deum patrem et in Iesum Christum et in spiritum sanctum. Ergo ha padre; il Figlio generato dal Padre; lo Spirito Santo che procede
in ubi praepositio ponitur, ibi divinitas adprobatur, ut est: Credo dalla bocca di Dio e santifica tutte le cose (35).
in patre) in filium) in spiritum sanctum. Nam non dicitur in sancta 36. Dunque una sola divinità nella Trinità, perch{il Simbolo af-
ecclesia nec dicitur in remissione peccatorum, sed remissionem pec- ferma: Credo in Dio Padre e in Gesù Cristo e nello Spirito Santo. Per-
•ru catorum [credit]. tanto dove s'inserisce la preposizione in, lì si comprova la divinità, co"
37. SANCTA ECCLES!A. Sancta, quia una est ecclesia sine ruga, me si ha: Credo nel Padre, nel Figlio, nello Spirito Santo. Infatti non si
sicut una fides, unum baptisma, in qua unus Deus, unus Dominus, dice nella santa Chiesa e neppure nella remissione dei peccati, ma si
unus spiritus sanctus creditur 29; de qua in cru1ticis legitur: Una est crede la remissione dei peccati.
37. LA SANTA CHIESA (36). Santa, perché una sola è la Chiesa sen-
za difetti, come una è la fede, uno il battesimo; in essa si crede un solo
Dio, un solo Signore, un solo Spirito santo. Di essa si legge nei Canti-
22 Ps. 23, 8.10. 23 Ps. 92, 2 (Vet. Lat. ~8). 24 Ps. 109, I. 25 Mt.
26, 64. 26 Mal.3, I. 27 Dan. 7, 13. 8 Mt. 24, 27. 29 Cf. Eph. 4,
4-6. (33) Questo e altri passi dall'Antico Testa1nento adduce RUFIN. symb. 32.
(34) Cf. RuFIN. symb. 33.
(30) Si avverte l'eco della polemica antiariana condotta da Rufino: l'eresia (35) Manca qui la precisazione sulla processione dello Spirito sia dal Padre che
faceva infatti leva· sulle debolezze umane per confermare la tesi dell'inferiorità dal Figlio, che peraltro si trova per la prima v~lta già. n~l cosiddet.to Sy~bolum Ath~
di Cristo rispetto al Padre. nasianum, composto verisimilmente nella Gallia 1ner1dio!1ale ~re~1one di Arl~s), tra il
(31) Il 109 è il salmo cristologico per eccellenza, interpretato in tal senso 430 e il 500 (DS 39, § 23; un commento a questo testo e attnbutto, co? o?nt pro~a
già dagli evangelisti e da san Paolo. bilità falsamente, a Venanzio: cf. voi. II). Dalla fine del sec. VI la prec1saz1one fu in-
(32) Le pri1ne due esegesi, non presenti in Rufino, sono patrimonio comu- trodotta nel Simbolo apostolico in Spagna, e poi, dall'età carolingia, nel resto del-
ne del pensiero dei Padri e derivano rispettivamente da Mt 16) 27: Filius enim l'Occidente. Nondimeno la verità di fede della processione dello Spirito dal Padre e
hominis venturus est in gloria Patris sui cum angelis eius: et tunc reddet unicuique dal Figlio è solidamente fondata nella Scrittura (Mt 10, 20; Le 24, 49; Gv 14) 16.26;
secundum opera eius; e da2 Tm 4, 1: Testificorcoram Deo, et Iesu Christo, qui iu- 15, 26; 16, 13-15.17; Gal 4, 6) nonché nella tradizione ecclesiastica (DS 800, 850,
dù:aturus est vivcs et mortuos; ancora prima, da At 10, 42. La terza esegesi è in- !300).
vece ripresa da RUFIN. symb. 31: si tratta nondimeno di un'allegoria inutile, che (36) Cf. RUFIN. symb. 37. L)inserimento della Chiesa all'interno della profes-
denota una cattiva antropologia: a essere giudicato sarà infatti l'uomo nella sua sione di fede è assai antico: si trova per la prima volta nella recensione etiopica della
interezza (corpo e anima). La dicoto1nia è di origine greca ed è incornpatibile cosiddetta Epistola Apostolorum, uno scritto apocrifo conipilato in Asia Minore tra
con l'insegnamento della Bibbia. L il I60 e il I70: cf. DS I.
'
'r;-
,,
,,
11
Padre e lo Spirito Santo del suo impero glorioso e regna vincitore nel '
cielo. Amen.
APPENDICE AI CARMI
"'.,'
I,
,,
~ :
'
~ .
-- -- ..___
INTRODUZIONE
!. La silloge si apre con un carme che è senza dubbio tra i più famosi e
'. tra i più studiati tra quelli composti da Venanzio: lelegia che va sotto il
'I'
! titolo di De excidio Thoringiae 6. Essa si colloca nella tradizione lettera·
ria del!' epistolografia poetica in dùtici elegiaci, ed è una lettera scritta
dal poeta a nome e su commissione di Radegonda, indirizzata a Costan-
tinopoli, al cugino di lei Amala/redo.
1
1. COMPOSIZIONE DELL'APPENDIX CARMINUM L esordio del carme) improntato al genere epico} con echi virgiliani
e lucanei 7, dipinge una scena di profonda desolazione, il cui senso di
I filologi moderni, a partire da F. Leo, hanno dato il nome di Ap. morte è acuito dal!' assenza di qualsivoglia riferimento ai suoni, e da po-
pendix carminum all'insieme di tutti quei carmi di Venanzio Fortunato chissimi cenni ai colori 8: una battaglia è appena terminata, e sul terreno
che non ci sono stati tramandati nel corpus degli undici libri. giacciono i cadaveri degli sconf#tZ: Appena al v. 20 apprendiamo le circo·
La stragrande maggioranza (1-31) sopravvive nell'unico manoscrit· stanze storiche in cui questa scena terribile si situa: esse rimandano al-
to L (Parisinus Latinus 13048), scoperto da B. Guérard verso il 1830 '· i'anno 531, quando il regno di Turingia fu abbattuto dai franchi guidati
Della struttura e del contenuto di questo manoscritto abbiamo già riferi· da Clotario I•.
to nell'Introduzione alla raccolta dei Carmina. Qui aggiungeremo che i Il regno turingio era retto allora dal padre di Amala/redo, Ermene·
primi tre carmi dell'Appendix, tutti connessi con l'iniziativa di Rade. /redo, che due anni addietro era succeduto al proprio fratello Bertario, che
ganda volta a ottenere per il suo monastero un frammento della reliquia egli stesso uccise assieme al terzo fratello, Baderico. Bertario era il padre
della vera Croce di Cristo conservata a Bisanzio erano già conosciut~ es-
1
di Radegonda, la quale, rimasta orfana, fu adottata dallo zio, e poté cosi'
sendo stati editi da Ch. Brower come libelli singulares, sulla scorta di un trascorrere la propria infanzia a palazzo in compagnia del cugino.
manoscritto di Trevi>'i oggi perduto. Del tutto ignoti erano invece i rima· Al momento della conquista Bertario fu ucciso, mentre la moglie
nenti carmi (4-31): di questi, ben 22 (10-31) sono biglietti privati inviati Amalaberga, vera ispiratrice delle lotte fratricide cui si è accennato, riu·
a Radegonda e ad Agnese. set' a mettersi in salvo con Amala/redo fuggendo nella Ravenna ostrogota
Nella nostra edizione non compaiono i nn. 32 e 33, creati artificial- governata da Atalarico, nipote di Teodorico, sotto la reggenza della ma·
mente da F. Leo, estrapolando da due carmi (4, 5 e 4, 6) due distici per dre Amalasunta 10 . Radegonda invece fu fatta prigioniera dai conquista·
ciascuno, per il solo motivo che questi non sono tramandati da nessun tori e assegnata al bottino di guerra personale di Clotario: i due cugini
manoscritto ali'infuori di L, e che ora sono stati reintegrati al loro posto furono pertanto separati e cadde ogni contatto tra di loro. Quando poi;
da M. Reydellet 2• nella primavera del 540, Ravenna dovette capitolare di fronte alle trup-
Il carme 34, indirizzato al vescovo di Treviri Magnerico, è invece pe bizantine comandate da Belisario, il re ostrogoto Vitige, che nel frat·
tramandato nella raccolta delle Epistolae Austrasicae 3 nonché, per tra· tempo era succeduto ad Atalarico, fu sequestrato e condotto a Costanti·
dizione indiretta, nella Vita Magnerici composta dall'abate Eberuino 4. nopoli assieme ai principali notabili di stirpe germanica, tra cui vi era
Il testo latino presentato riproduce quello stabilito da W Gundlach 5.
spetta l'usus scribendi venanziano: ad esempio, il fatto che egli scrivesse il suo nome
secondo la forma classica Fortunatus, e non Furtunatus co1ne si legge nell'intitulatio,
1 _GUÉRARD, Notice, 75-111. Quasi tutti i carmi inediti furono poi ristampati da è assicurato dall'acrostico in carm. 3, 5.
J.-P. i'vtigne, PL LXXXVIII, 1850, 591-595: Appendix. Venantii Fortunati versus 6 Co1ne osserva W. BULST, Radegundis an Amalafrid, in AA.Vv., Bibliotheca
praevit's edi'toribus ignoti. I. Ad Radegundem et Agnetem: vi sono co1npresi soltanto docet. Festschrtft fiir Carl Wehmer, Atnsterdan11963, 369-380 [ora in W. BULST, La-
carm. app. 10; 13-18 (con 16 e 17 statnpati di seguito, come fossero un unico carme); teinisches Mittelalter. Gesammelte Beitriige, I-Ieidelberg 1984, 44ss.], 371, il titolo è
21-22; 24-26; 29. con ogni verisimiglianza un'addizione posteriore, dal motnento che la fine della Tu-
2 La legittimità dell'intervento di F. Leo era stata già contestata da KOEBNER, ringia non è che la premessa, da cui si sviluppa il contenuto dell'elegia, e la sua de-
Venantius Fortunatus, 139-140. scrizione occupa soltanto i pri1ni 42 versi. Apparentetnente il canne nacque senza al-
3 EPIST. Austras. 14. cun titolo.
4 EBERUINUS, vz'ta Magnert'ci 50; AS Iulii, VI, Antverpiae 1729 [rist. anast. 7 F.E. CONSOLINO, L'elegia amorosa nel De excidio Thoringiae di Venanzio
Turnhout 1968], 190. In questa fonna soltanto era conosciuto da F. Leo, il quale Fortunato, in AA.VV., La poesia cristiana latina in distici elegiaci, Atti del convegno
nella sua edizione lo pose in chiusura dell'AppendtX, assegnandogli il n. 34. internazionale, Assisi 20-22 marzo 1992, Assisi 1993, 241-254, 246.
5 MGH EE lii, Berlin 1892 [rist. anast. Miinchen 1994], 128-129; ripubblica· ~La fine ossetvazione è della PISACANE, Il De excidio Thoringiae, 178.
to con aggiunte e correzioni in CCL CXVII, 1957, 432-433. L'ortografia adottata da GREG. TuR. Frane. 3, 7ss.
Gw1dlach rispecchia in toto quella del inanoscritto, la quale però certa1nente non ri- 10 PROCOP. Goth. 1, 13.
618 INTRODUZIONE INTRODUZIONE
pure il giovane Amala/redo. Ptù tardi eglt; in qualche maniera gua- ma, ri<chiando il naufragio, pur di riabbracciare il cugino 14 risponde
dagnato alla causa di Bisanzio, si arruolò nelle legioni straniere del- pienamente ai canoni delle epùtole ovidiane 15, ma posta in bocca a Ra-
!'impero, ove ottenne particolare distinzione 11. degonda, una regina fattasi monaca giunta ormai ali' età di cinquant'an-
I: occasione per Radegonda di tentare di riallacciare i rapporti ni, è con ogni evidenza una finzione, che sarebbe assurdo prendere alla
con questo suo cugt'no, da cui non aveva avuto pt'ù alcun segno di' vi. lettera. Del resto l'intento è frustrato fin dall'inizio, data la premessa, si-
ta, rfrale all'incirca al 569-570, quando inoltrò all'imperatore Giusti- gnificativamente affidata a una protasi del!' irrealtà: sacra monasterii si
no II la richiesta di ricevere in dono una reliquia della Croce 12, per- n1e non claustra tenerent 16.
ché l'iniziativa andasse a buon fine la principale preoccupazione del- Tutto ciò rafforza la convinzione che il carme fosse stato concepito
la regina era quella di presentarsi adeguatamente all'imperatore e ai in primis come un omaggio poetico per un circolo colto e raffinato, in
suoi dignitari; come una donna sensibile) colta e pia, assolutamente grado di apprezzarne la letterarietà, dalla quale poter indirettamente
degna di possedere una reliquia così veneranda. A tale proposito si è avere cognizione della sensibilità d'animo e della preparazione culturale
recentemente ipotizzato che il vero destinatario del carme, I'ambien- della scrivente 17,
te in cui si voleva che esso fosse letto e conosciuto non fosse stato Recentissimamente il car1ne è stato analizzato secondo una nuova
tanto Amala/redo, quanto piuttosto la corte di Bisanzio, e lo scopo prospettiva, prendendo cioè le mosse non già dal referente immediato,
sarebbe stato appunto quello di convincere l'imperatore che la mona- vale a dire dal!' iniziativa bizantina di Radegonda, ma dalla situazione
ca che presentava una richiesta così importante non era affatto bar- interna del regno franco nel periodo in cui Venanzio compose lelegia.
bara e incolta, ma ùtrutla e capace di sentimenti profondi 13. La richiesta inoltrata a Giustino II non costituirebbe un motivo suffi-
E proprio tale nota intimamente sentimentale avrà suggerito a ciente per commissionare un carme) la cui composizione dovette essere
Radegonda la forma poetica: solo in poesia era possibile esprimere alquanto impegnativa, e, a un'analisi diligente, non si spiega per qual
quel che ella voleva. Per rispondere al meglio alle aspettative della motivo, contestualmente alla richiesta stessa, Radegonda avrebbe dovuto
sua committente, Venanzio, come gt'à anticipato, ricorse al patrimo- tentare di riprendere il contatto con un suo parente che in quasi qua-
nio espressivo del!' epistolografia latina in versi, e segnatamente al rant) anni non si era mai preoccupata di cercare, e la cui influenza sulla
modello delle Heroides ovidiane: le lettere poetiche inviate dalle corte in ogni caso doveva essere assai limitata se non inesistente. Certa-
eroine del mito ai loro amanti lontani. La situazione di Radegonda è mente, che il carme avesse avuto Amalafredo e Bisanzio come destinata-
infatti per molti versi simile a quella delle eroine: anch'ella lamenta ri ufficiali; non c'è alcun dubbio; ma, alla luce del costante impegno del-
la sua solitudine, la sua lontananza dalla persona amata - natural- la regina di mediare i quotidiani contrasti che aizzavano l'uno contro
mente si tratta di affetto parentale - ed esprime la recriminazione di laltro i suoi figliastri, è possibile che l'elegia fosse stata pensata per esse-
essere stata dimenticata. re letta in primis in patria.
Sebbene non vi siano riprese letterali da alcuna delle epistole In quegli anni infatti Sigiberto, dopo la conclusione positiva del!'al-
ovidiane, in tutta la seconda parte del!' elegia - quella propriamente leanza con il regno vi<igotico grazie alle nozze con Brunichilde, stava
personale - latmosfera ovidiana è perseguita e marcata, anche a dando corso a un avvicinamento all'Impero d'Oriente, con il quale ave-
prezzo di qualche forzatura nei confronti della vicenda di Radegon- va in comune Finteresse a contenere la pressione dei nuovi barbarz; gli
da, simile ma pur sempre non coincidente con quella di un'amante Avari e i Longobardi, che minacciavano sia la frontiera orientale del re-
abbandonata. Se infatti dal punto di vista dell'argomentazione risul- gno franco, sia quella settentrionale dell'impero 1B. I: attività politica e
ta ben chiaro al lettore come il pensiero di Radegonda sia tutto rivo!- diplomatica del sovrano d'Austrasia era però vista con sospetto dal fra-
. to ali' indietro, si limiti cioè a rievocare un passato felice cui la cru- tellastro Chilperico, il quale, rimasto sempre più isolato, temeva che un
deltà umana ha posto fine per sempre, e sappia che non vi è alcuna eccessivo rafforzamento del potere di Sigiberto, che tra l'altro godeva
possibilità di mutare il corso degli eventi; laddove i discorsi delle dell'appoggio di tutti i vescovi esponenti dell'aristocrazia gallo-rama-
eroine ovidiane sono sempre animati dalla speranza di convincere
lamato a ritornare presso di loro, nondimeno, sul piano della forma,
Venanzio si mantiene più aderente ai topoi del genere letterario: ad 14 Vv. 105-122.
15 Cf. Ov. epist. 2, 133-138; 17, 189-200.
esempio la volontà di tentare con ogni mezzo una traversata maritti- 16 V. 105.
17 GEORGE, Venantt'us Fortunatus. A Latin Poet, 165; CONSOLINO, L 1elegia
amorosa, 253·254.
l8 Si ricordi che nel 566 Sigiberto era stato itnpegnato in una ca1npagna contro
gli Avari, i quali già anni prima avevano tentato di invadere l'Austrasia. In quell'oc-
11 PROCDP. Goth. 4, 25. casione Sigiberto riuscì a salvarsi a stento e si trovò costretto a riscattare la propria
12 Si veda l'Introdu:done generale, pp. 29s. libertà; cf. GREG. TOR. Frane. 4, 29 (che designa gli Avari con il termine Chuni, cioè
13 GEORGE, Venantius Fortunatus, A Latin Poet, 165. Unni, assimilando i due popoli, cf. la nota 8 del libro VI).
620 INTRODUZIONE INTRODUZIONE 621
na 19, potesse risolversi a suo danno 20 . Probabilmente fu anche per que- gine precedenti, acquista sotto questo profilo un valore particolare, met-
sto motivo che egli cercò di scongiurare l'esclusività dell'appoggio visigo- tendo in evidenza una tragedia che non è dei soli potenti, ma che investe
tico al/!Austrasia, chiedendo in moglie per sé la principessa Gelesvinta. tutti.
La situazione si fece ancora più pericolosa nel 568, quando la morte di Veri destinatari del carme sarebbero dunque i tre figli di Clotario I,
Cariberto rimise in dùcussione tutti gli equilibri faticosamente raggiunti dei quali Amala/redo finisce con essere il simbolo: sono loro i parenti
in selle anni di scontri politici e militari. In particolare, il territorio di lontani, spiritualmente lontani, che Radegonda cerca per mettere dinan-
Tours e Poitiers assegnato in un primo mo1nento a Sigiberto, divenne a
1 zi alla propria dolorosa esperienza, perché questa non abbia a ripetersi.
un tempo il principale terreno di scontro e il primo dei premi in palio Una volta completato, il carme fu certamente inviato a Metz per
per il vincitore. «Il 568 dovette davvero apparire come l'orlo del baratro l'approvazione da parte della corte: in questa occasione poté essere tratta
che solo la protezione di Cristo poteva allontanare. La richiesta della la copia che, unitamente alle copie degli altri poemi del "ciclo bizantt~
preziosa reliquia non era solo un'azione politica nell'ambito del disegno no", sta ali'origine della prima parte del manoscritto L 25.
di un partito laico o religioso, ma l'espressione di un bisogno reale di Alla seconda fase della vicenda della reliquia sono invece collegati i
1
scongiurare un immz'nente catastrofe» 21 . due carmi' successivi~ conosciuti ròpettivamente con i titoli di Ad Iusti-
Alla richiesta inoltrata a Costantinopoli non poteva dunque non num et Sophiam Augustos e Ad Artachin, titoli che non sono però atte-
essere collegato il proposito di intervenire attivamente a difesa del bene stati nella tradizione manoscritta.
comune, e la volontà mediatrice e pacificatrice di Radegonda, che pur Quando l'ambasceria rientrò a Metz da Bisanzio, alcuni suoi com-
fattasi monaca non aveva mai smesso di agire da regina, non poteva non ponenti proseguirono per Poitiers, recando a Radegonda non soltanto la
rivolgersi primariamente a quello tra i suoi figliastri la cui condotta, sia preziosa reliquia della vera Croce, ma pure altri doni da parte dei digni-
sul piano morale che su quello politico e culturale, fosse meno difforme tari imperiali. Tra questi vi erano dei drappi pregiati di seta, regalatile da
dai dettami della dottrina ecclesiastica e dagli interessi della gerarchia, un tale Artachi, un parente di Amala/redo 26. Le stoffe furono accompa-
vale a dire Sigiberto, che fin dalla sua ascesa al Iran? fu fedele continua- gnate anche dalla notizia che il cugino era morto diversi anni prima 21.
tore della politica filocattolica del padre Clotario. E pertanto probabile In risposta Radegonda, tramite la penna di Venanzio, invia al parente
che la linea seguita dalla regina coincidesse con le posizioni del!' alto cle- sconosciuto una lettera di ringraziamento (carm, app. 3). ' I
ro di estrazione gallo-l'Omana, di cui ella condivideva, seppure dalla Si rammenterà infine che nel passato alcuni studiosi, in pdmis Ch. .; '
clausura, l'ideale di santità attiva 22, e che era favorevole al re dell'Au- Nisard, vollero attribuire il carme sulla rovina della Turingia, cosi come
strasia e ostile a Chilperico, il cui comportamento matrimoniale e le cui carm. app. 3, direttamente a Radegonda e non a Venanzio 28, Nondime-
velleità teologiche lo rendevano ai loro occhi un sovrano dissoluto e tra- no la paternità fortunaziana è stata più volte dimostrata con ottimi argo-
cotante 23. menti 29, e si può dire che non vi sia più nessuno che dubiti dell'autenti-
Radegonda scelse dunque, avvalendosi del talento poetico di Venan- cità dei due componimenti 30,
zio, di rammentare e di proporre alla meditazione le sventure da lei subi-
te in gioventù, e che potevano essere ascritte a una situazione politica
per molti aspetti assai prossima a quella che stava vivendo la Gallia. Fai-
de tra diversi rami della famiglia regnante portarono all'indebolimento
dello stato turingico, e di questo stato seppero approfittare i Franch~ che
se ne impadronirono senza eccessiva difficoltà, causando lutti e sofferen-
ze per un intero popolo 24. La scena iniziale del carme, descritta nelle pa-
25 Si veda l'Introduzione ai car1ni, pp. 81s., nonché KOEBNER, Venantius Fortu-
natus, 128.
26 Carm. app. 3, 17-18.
19 A questo proposito si rimanda all'Introduzione ai carmi, pp. 56s. 27 Ibid. 3,1 L .,1
20 PISACANE, J/De excidio Thoringiae, 191. 28 Cn. NISARD, Des poésies de sainte Radegonde attribuées jusq'ici à Fortunat,
21 PISACANE, Il De excidio, 194. "Revue historique", XXXVII (1888), 49-57 [ripubblicato in ID. Le poète Fortunat,
22 PISACANE, Jl De excidio, 206. Pads 1890].
23 PISACANE Il De excidio, 189. L'allinea.tnento della regina sulle posizioni dei 29 Dapprima E. REY, Del' authenticité des deux poèmes de Fortunat, "Revue de
vescovi gallo-ro1n;ni fornisce una spiegazione in più_per la viva ostilità nutrita nei Philologie", n.s., XXX (1906), 124-138; in seguito TARDI, Fortuna!, 196-200.
suoi riguardi dal vescovo di Poitiers Maroveo (v. l'Introduzione generale, pp. 28 e 3CJRecentisshnamente l'idea è stata ripresa, dapprima co1ne ipotesi, a opera di
33, nonché la nota 68 del libro V): quest'ulthno - per lo n1eno stando al suo no1ne - P. DRONKE, Women Writers o/ the Middle Ages, Ca1nbridge- New York 1984, 86,
doveva essere di stirpe gennanica, e probabilmente schierato con la fazione fedele a poi in modo più reciso da K CHEREWATUK, ·Radegund and Epùtolary Tradition, in
Chilperico. Sulle cii-costanze della sua elezione, PISACANE, Il De excidio Thoringiae, AA.VV., Dear Sister. Medieval Women and the Epistolary Genre, a cura di E. Che-
190. rewatuk - U. Wiethaus, Philadelphia 1993, 20-45. Puntuale è giunta la confutazione
24 PISACANE, Il De excidio, 195-196. da BRENNAN, The DisputedAuthorship, 335-345.
APPENDIX CARMINUM APPENDICE AI CARMI
Condicio belli tristis, sors invida rerum! Triste condizione della guerra, sorte invidiosa delle cose umane!
Quam subito lapsu regna superba cadunt ! Con quale repentino tracollo cadono regni grandiosi! Edifici che era-
Quae steterant longo felicia cuhnina tractu no rimasti prosperi in piedi per lunghe epoche ora giacciono, abbattu-
li vieta sub ingenti clade cremata iacent.
, Aula palatino quae floruit antea cultu,
ti e bruciati sotto una cocente sconfitta (2). Il palazzo che in preceden- ·
za fioriva di ornamenti regali ora è ricoperto non da soffitti a volta ma
I hanc modo pro cameris maesta favilla tegit. da tetre ceneri. I tetti splendenti, che brillavano alti e decorati di bion-
Ardua quae rutilo nituere ornata metallo, do metallo, sono ora cosparsi di fosca cenere. I potenti, fatti prigionie-
pallidus oppressi! fulgida tecta cinis. ri, sono condotti presso un dominatore nemico, la loro eccelsa gloria è
Missa sub hostili domino captiva potestas, precipitata in un'umile condizione. La moltitudine dei servitori tirati a
decidit in humili gloria celsa loco. lucido, tutti della medesima età, giace priva di vìta in mezzo a squalli-
Stans aetate pari famulorum turba nitentum da polvere. L'illustre e fitta corona degli influenti (3) maestri di palaz-
funereo sordet pulvere functa die. zo, privata di ogni sepoltura, rimane senza gli onori dovuti alla morte.
Clara ministrorum stipata corona <potentum> Quel gruppo (4) dalle rosse chiome cbe superano l'oro fiammeggian-
nulla sepulcbra tenens mortis honore care!. te, divenuto ora color del latte, giace disteso al suolo. Ahimè, cadaveri
i 15 Flamn1ivomum vincens rutilans in crinibus aurum
Raptus ab amplexu matris puer ore pependit, della madre, rilnane col volto proteso, senza che nessuno versi per lui
funereas planctu nec dedit ullus aquas. gocce di luttuoso pianto. Perdere la vita cosl è un destino meno tragi-
Sorte gravi 1ninus est nati sic perdere vita1n: co per il neonato che per la madre, che sospirando ba perduto anche
perdidit et lacrimas mater anhela pias. le lacri1ne di pietà. Ancorché io sia una donna barbara, non riesco a
Non aequare queo vel barbara femina fletu piangere quanto si converrebbe, né, pur in preda all'afflizione, giungo
cunctaque guttarum maesta natare lacu. a nuotare in un lago di lacrime (6). Ciascuno ebbe i propri lutti, sol-
Quisque suos habuit fletus, ego sola sed omnes: tanto io li ebbi tutti: quel che è dolore pubblico, per me fu privato. La
est mihi privatus publicus ille dolor. fortuna ba assistito quegli eroi che il nemico abbatté; mi ritrovo fra
,, Consuluit fortuna viris quos perculit hostis; tutti unica superstite per piangere. E non sono costretta a piangere
ut flerem cunctis illla superstes agor. soltanto i miei parenti defunti: compiango anche coloro che generosa-
Nec solum extinctos cogor lugere propinquos: 1nente sono stati mantenuti in vita. Spesso comprimo gli occhi del mio
hos quoque, quos retinet vita bei1igna, fleo, volto cosparso di lacrime: nascondo i singhiozzi soffocandoli, ma la
saepe sub umecto conlidens lumina vultu; mia pena non cessa. Attendo volentieri, se mai il vento rechi qualche
murmura clausa latent nec mea cura tacet. buona notizia, ma non vi è neppure l'ombra di alcuno dei miei paren-
Specto libens, aliquam si nuntiet aura salutem, ti. La sorte ostile ba strappato al mio abbraccio colui alla cui vista mi
nullaque de cunctis umbra parentis adest. confortavo di un tenero affetto. Forse che, sicco1ne la mia pena non ti
Cuius in aspectu tenero solabar amore tormenta nella lontananza, l'amara sconfitta ha cancellato il nostro
solvit ab a1nplexu sors inilnica 1neo. dolce legame? Ricordati almeno, Amalafredo, quel che io, Radegonda,
45 An, quod in absenti te nec 1nea cura remordet, sono stata per te sin dai tuoi primissimi anni: quanto un tempo tu,
affectum dulcem clades amara tulit? fanciullo, mi abbia voluto bene, tu nato dal fratello di mio padre, di-
Vel memor esto, tuis primaevis qualis ab annis, letto parente. Ciò che avrebbe potuto essere mio padre defunto, ciò
''
.!'
Hamalafrede, tibi tunc Radegundis eram, che avrebbe potuto essere mia madre, una sorella o un fratello, quello
quantum me quondam dulcis dilexeris infans per me eri tu solo. Tenuta sollevata dalle tue mani affettuose, ah, mi
et de fratre patris nate, benigne parens. attaccavo a te con baci carezzevoli, io piccolina ero dilettata dalle tue
Quod pater extinctus poterat, quod mater haberi, dolci parole. Difficilmente passava (7) un'ora senza che tu ritornassi a
quod soror aut frater tu mihi solus eras. me; ora i secoli passano veloci e non ascolto più tue parole. Rimedita-
Prensa piis manibus heu blanda per osculipendens vo rabbiosi affanni nel mio cuore trafitto: come tu potessi ritornare (8),
mulcebar placido famine parva tuo. quando e donde, o parente mio. Se tuo padre, tua madre, o gli affari
55 Vix erat in spatium, quo te minus hora referret; della corte ti trattenevano, anche quando ti affrettavi per me eri sem-
saecula nunc fugiunt, nec tua verba fero. pre in ritardo. La sorte mi dette avviso che di lì a poco tu, o caro, mi
Volvebam rabidas inliso in pectore curas, saresti mancato: un ainore impraticabile non può durare a lungo. Se
ceu revocareris, quando vel unde, parens. non ci racchiudeva un'unica dimora mi tormentavo angosciata: appe-
Si pater aut genetrix aut regia cura tenebat, na tu ne uscivi fuori, credevo che te ne fossi andato lontano (9). Ora
cum festinabas iam mihi tardus eras. poi, tu sei ali' ombra dell'Oriente ed io ali' ombra dell'Occidente: io so-
Sors erat indiciu1n, quia te cito, care, carerem; no ospite delle acque dell'Oceano, tu di quelle del Mar Rosso. Il mon-
inportunus amor nescit habere diu. do intero s'interpone tra due persone cbe si vogliono bene: il mondo
Anxia vexabar, si non do1nus una tegebat, divide coloro che in precedenza nessun luogo aveva separato. La terra
egrediente foris rebar abisse procul.
65 Vos quoque nunc Oriens et nos Occasus obumbrat,
Quantum terra tenet tantu1n divisit amanten1: ha allontanato da me il mio affetto di tanto quanto essa si estende: se
70 si plus arva forent, longius iSses iter. le terre fossero più estese, tu avresti compiuto un viaggio ancor più
Esto tamen, quo vota tenent meliora parentum, lungo. Nondimeno tu, costà ove ti trattengono i più buoni auspici dei
prosperius quam te terra Thoringa dedit. tuoi parenti, abbi maggior prosperità rispetto a guarita te ne concesse
Bine potius crucior validis onerata querellis, la terra turingia. Piuttosto, fiaccata dai forti lamenti, io mi tormento
cur mihi nulla tui mittere signa velis. perché tu non vuoi inviarmi neppure un segno di vita. _Magari una let-
n Quem volo nec video, pinxisset epistola vultwn, tera avesse tratteggiato il volto di colui che desidero vedere e pure
aut loca quem retrahunt ferret imago virum: non vedo, o un'im1nagine mi avesse ricordato l'uomo che la distanza
qua virtute atavos repares, qua laude propinquos, tiene lontano da me: con quale valore tu eguagli i tq.oi antenati, con
ceu patre de pulchro ludit in ore rubar. qnale gloria i tuoi parenti, come nel tuo volto faccia capolino il colori-
Crede, parens, si verba dares, non totus abesses: to rosso del tuo bel padre. Credi, parente mio, se tu mi facessi avere
,, pagina missa loquens pars mihi fratris erat. qualche parola, per me non saresti lontano del tutto: le parole del fo-
Cuncti munus habent, ego nec solatia fletus, glio inviatomi sarebbero una parte di mio fratello. Tutti godono di
o facinus, quae, dum plus amo, sumo minus ! qualche grazia, io neppure della consolazione del pianto. O ingiusti-
Si famulos alii pietatis lege requirunt, zia, maggiore è il mio affetto, minore è la consolazione che ne ricevo!
cur, rogo, praeterear sanguine iuncta parens? Se vi è chi, per la legge della pietà, va alla ricerca dei propri servitori,
~ Ut redima! dominus vernam, saepe ipse per Alpes perché io, mi chiedo, parente con vincolo di sangue, debbo esser tra-
frigore concretas curo nive rumpit aquas; scurata? Il padrone, per riappropriarsi lo schiavo nato in casa, spesso
intrat in excisis umbrantia rupibus antra, di persona oltrepassa le Alpi dense di gelo e neve, facendosi breccia
ferventem affectum nulla pruina vetat, tra i ghiacci; entra in spelonche ombrose, in anfratti rocciosi: non vi è
et duce cum nullo, pede nudo, currit amator neve che possa fermare un affetto appassionato. Senza alcuna guida, a
90 atque suos praedae hoste vetante rapit. piedi nudi, l' amru1te corre e sottrae al nemico la preda, nonostante
Adversas acies et per sua vulnera transit, questi tenti d'impedirglielo. Passa attraverso le schiere avversarie, anM
quod cupit ut capiat nec sibi parcit amor. che a prezzo di ferite, per impossessarsi di ciò che desidera e I' amore
Ast ego pro vobis momenta per omnia pendens non rispar1nia se stesso. Io invece, in ogni istante in apprensione per
vix curae spatio mente quiete fruor. te, difficilmente godo nel mio cuore di un momento tranquillo, scevro
,, Quae loca te teneant, si sibilat aura, requiro, d'angoscia. Se il vento sibila, mi chiedo quali luoghi ti stiano ospitan-
nubila si volitant pendula, posco locum: do; se le nuvole si muovono sospese nell'aria, mi chiedo in quale luo-
bellica Persidis seu. te Byzantion optat go tu ti trovi: ti reclama la bellicosa Persia o Bisanzio? Sei forse gover-
ductor Alexandrae seu regis urbis opes? natore di Alessandria e amministri le ricchezze di quella città? O risie-
An Hierosolymae resides vicinus ab aree, di nelle vicinanze della città di Gerusalemme, ove Cristo Dio nacque
100 qua est genitus Christus virgine matre Deus? dalla Vergine madre? Neppure queste cose mi ha mai rivelato il testo
Hoc quoque nulla tuis patefecit littera chartis, di una tua lettera, così il mio dolore è ancor più profondo e imbraccia
ut magis bine gravior sumere! arma dolor. le sue armi contro di me. Se né la terra né il mare m'inviano segnali da
Quod si signa mihi nec terra nec aequora mittunt, parte tua, almeno giungesse un uccello recando buone notizie! Se io
prospera vel veniens nuntia ferret avis ! non fossi rinchiusa nel sacro cinto di questo monastero, mi sarei pre-
105 Sacra n1onasterii si me non claustra tenerent, sentata senza preavvisarti nella regione in cui ti trovi. Sarei andata co-
inprovisa aderam qua regione sedes. raggiosamente per mare tra fortunali che infrangono le onde, con
Prompta per undifragas transissem puppe procellas, gioia avrei navigato tra venti e tempeste: sospesa sulle acque, avrei cal-
flatibus hibernis laeta moverer aquis. cato, più forte di loro, i marosi gonfiati (10) e, piena di affetto, non
Fortior eductos pressissem pendula fluctus, avrei temuto ciò che il navigante paventa. Se un'onda, a,ssieme a piog-
110 et quod nauta timet non pavitasset amans. ge minacciose, avesse sfasciato la mia imbarCazione, sarei giunta a te
Imbribus infestis si solveret unda carinam, trasportata dal mare affidandomi a un'asse. Se, perseguitata da un av-
te peterem tabula remige vecta 1nari. verso destino, non mi fosse stato possibile aggrapparmi a una tavola
Sorte sub infausta si prendere ligna vetarer,
86. Ov. trist. 3, 10, 31: undas I /rigore concretas. (10) Eductos è correzione di F. Leo per eductus o eluctans della tradizione.
A.PPENDIX CARMINUM, I APPENDICE AI CARMI, 1
628
ad te venissero lassa natante manu. di legno, sarei arrivata da te, sfinita, dopo aver nuotato con le mie
u5 Cum te respicerem, peregrina pericla negassen1,
braccia. Al momento di guardarti avrei dimenticato i pericoli della tra-
naufragii dulcis mox relevasses onus; versata, ben presto la tua dolcezza avrebbe cancellato il peso (11) del
aut mihi si quernlam raperet sors ultima vitam, naufragio. Se poi il destino mi avesse alla fine strappato questa vita
ve! tumulum manibus ferret harena tuis. fatta di lamenti, almeno sarebbe stata mia tomba la sabbia ammuc-
Ante pios oculos issem sine luce cadaver, chiata dalle tue mani. Cadavere senza vita, sarei passata dinanzi a oc-
120 ut vel ad exequias co1nmoverere meas. chi pietosi, perché tu ti commovessi almeno davanti al mio funerale.
Qui spernis vitae fletus, lacrimatus hu1nares Tu, che disprezzi il pianto dei vivi, mi avresti seppellito in lacrime, e
atque dares planctus qui modo verba negas. tu, che ora neghi perfino le tue parole, avresti pianto per me. O paren-
Quid fugio memorare, parens, quid differo luctus? te mio, perché rifuggo da certi ricordi, perché rinviare il pianto? Per-
De nece germani cur, dolor alte, taces, ché, o profondo dolore, non mi parli dell'uccisione di mio fratello? Di
125 qualiter insidiis insons cecidisset iniquis
come egli, innocente, cadde per un iniquo agguato e fu strappato al
oppositaque fide raptus ab orbe fuit? .mondo per aver prestato fiducia (12)? Ahimè, io rinnovo il mio pianto
Ei mihi, quae renovo fletus referendo sepultos rievocando chi è sepolto e soffro una seconda volta parlando di eventi
atque iterum patior, dum lacrimanda loquor! dolorosi! Egli, quando desiderava con ardore di vedere il tuo volto
Ille tuos cupiens properat dum cernere vultus, nel suo sentimento fu impedito dal mio. Evitava di essere duro con m~
no nec suus impletur dun1 melts obstat amor. e procurò ferite a se stesso. Egli, che ebbe timore di far del male, ora è
Dum dare dura mihi refugit, sibi vulnera fixit: causa del mio dolore. Il giovane fu colpito quando gli spuntava la pri-
laedere qui timuit, causa doloris adest. 1na tenera barba e io, spietata sorella, ero lontana e non vidi il suo fu-
Perculitur iuvenis tenera lanugine barbae, nerale. Non soltanto l'ho perduto, ma-neppure-chiusi i suoi occhi, né,
absens nec vidi funera dira soror. chinata sopra di lui, gli dissi un'ultima parola; non riscaldai le sue
u.5 Non solum amisi, sed nec pia lumina clausi fredde membra col calore delle mie lacrime, né ricevetri i baci del caro
nec superincu1nbens ultima verba dedi, fratello mentre moriva; e neppure mi strinsi in lacrime al suo collo in
frigida non calido tepefeci viscera fletu, un pietoso abbraccio, né tenni sospirando il suo capo nel mio grembo
oscula nec caro de moriente tuli, sventurato. La vita a lui si negava: perché (13). il respiro, che già se ne
amplexu in misero neque collo flebilis haesi usciva da mio fratello, non fu piuttosto strappato dalla bocca della so-
140 aut fovi infausto corpus anhela sinu. rella? Avrei inviato quale dono funebre al suo feretro quel che avevo
Vita negabatur: quin iam de fratre sorori preparato per lui vivo (14): il mio affetto almeno può adornare il de-
debuit egrediens halitus ore rapi? funto? Credimi, fratello mio, io, scellerata, sono la responsabile della
Quae feci vivo, misissem listra feretro: tua sorte: non ho dato sepoltura a colui della cui morte sono stata io la
non licet extinctum vel meus ornet amor? sola causa. Io, che mi sono allontanata una volta sola dalla patria, sono
145 Impia, crede, tuae rea sum, germane, saluti;
rimasta due volte prigioniera (15) e con la morte di mio fratello fui per
mors cui sola fui, nulla sepulchra dedi. la seconda volta alla mercé dei nemici. Allora, questo dolore mi ripre-
Quae semel excessi patriam, bis capta remansi sentò innanzi voi, padre, madre, zio e parenti, voi sulla cui sepoltura
atque iterum hostes fratre iacente tuli. avrei piauto. Nessun giorno è privo di lacrime, dopo la morte del mio
Tunc, pater ac genetrix et avunculus atque parentes, fratello, che portò con sé nell'aldilà la mia gioia. Così furono stermina-
"" quos flerem in tumulo reddidit iste dolor. ti i cari parenti di me disgraziata, e (16) il sangue regale fu il primo di
Non vacat ulla dies lacrimis post funera fratris,
qui secum ad manes gaudia nostra tulit. quod feci .vi~o mt'sissem listra feretro e qutd feci ut non comes irem lecta pheretro.
Sic miserae dulces consummavere parentes Quanto at ltstra, secondo GUÉRARD, Notice, 82, si avrebbe qui la più antica attesta-
zione dell'uso di questa sorta di bordure o cinghie con cui si decoravano il feretro e
regius ac serie ·sanguis origo fuit? la chiesa in occasione dei funerali, costwne che sarebb~ derivato alla Gallia 1nedieva-
le dai popoli dell'Europa settentrionale.
. . (15) Secondo .Nis.ar~, Venance Fortuna!. Poésies milées, ad /oc., la prima pri-
(11) Relevasses onus è correzione di C. Brower per relevastt's onus o rele- gionia sarebbe da nferirst al motnento della conquista franca della Turingia, la se-
vasse manus della tradizione. conda a quando fuggì da Aties, da dove poi Clotario la fece riprendere e sorvegliare
(12) Venanzio 01nette di ricordare che il responsabile della 1norte del fra- finché non la sposò. Ritengo però più probabile, alla luce di quanto segue, riferire la
tello di Radegonda fu il re Clotario I, cf. GREG. TuR. Frane. 3, 7. seconda prigionia al ritiro nel 1nonastero, cui la regina si risolse dopo che Clotario le
(13) Quin è correzione di F. Leo per qut'a della tradizione. assassinò il fratello. ·
(14) Il verso è stato così ricostruito da F. Leo; la tradizione si divide fra (16) Ac è correzione di F. Leo per hac della tradizione.
APPENDIX CARMINUM, I-Il APPENDICE AI CARMI, 1"2 631
15:i Quae mala pertulerim neque praesens ore referrem, una serie? Neppure ora potrei rievocare (17) a parole i mali che ho pa-
nec sic laesa tuo consulor alloquio. tito, e, cosi ferita, non ho neppure la consolazione di poter colloquiare
Quaeso, serene parens, vel nunc tua pagina currat, con te. Ti prego, rnio fortunato parente, giunga almeno ora un tuo
mitiget ut validam lingua benigna luem. scritto, in modo che le tue parole benevole leniscano questo terribile
Deque tui similis inihi cura sororibus haec est, flagello. Sollecitudini simili a queste nutro anche per le tue sorelle, che
quas consanguineo cordis amore colo. io amo con l'affetto cordiale riservato ai consanguinei. Ma non mi è
Nec licei amplecti quae diligo membra parentum, possibile abbracciare le membra delle parenti che amo, né posso ba-
oscular aut avide lumen utrumque soror. ciare con affetto di sorella entrambi i loro occhi. Se esse, co1ne io mi
Si, velut opto, manent superis, rogo redde salutes auguro, sono ancora tra i viventi, ti prego di salutarle e di dar loro, co-
proque meis votis oscula cara feras. me miei auguri, dei baci affettuosi. Ti prego di raccomandarti (18) ai
165 Ut te commendes Francorum regibus oro, sovrani dei Franchi, che mi venerano con quella deferenza che si deve
qui me 1naterna sic pietate colunt. a una madre. Possa tu godere per gran tempo dello spirito della vita e
Tempore longaevo vitalibus utere flabris la mia salute fiorisca grazie al tuo prestigio. Cristo, asseconda i miei
et mea de vestro vernet honore salus. desideri: questo scritto veda coloro che io amo e ritorni a me una let-
Christe, fave votis: haec pagina cernat amantes tera ornata di dolci scritture. Possa essa sollevarmi giungendo veloce a
dulcibus et redeat littera picta notis, destinazione, in ossequio al mio desiderio, ché da lungo tempo mi tor-
ut quam tarda spes cruciat per tempora longa, menta una speranza lenta ad avverarsi.
hanc celeri cursu vota secuta levent.
___:_,__,,_ -
APPENDIX CARMINUM, II APPENDICE AI CARMI, 2
qui sequitur quod ait dogma cathedra Petri, e sul mondo, romano, egli che segue i dogmi sanciti dalla sede di Pie-
quod cecinit Paulus passim, tuba milibus una, tro (21), tutto ciò che sempre proclamò Paolo, unica tromba per mi-
gentibus et stupidis fudit ab ore salem, gliaia di fedeli, che di fronte ai pagani attoniti traeva dalla sua bocca la
cuius quadratu1n linguae rota circuit axem sapienza: la ruota della sua parola ha percorso i quattro angoli del cie-
e[oquiique fide frigida corda calent. lo e, grazie alla fede nel suo annunzio, i cuori gelidi si riscaldano.
Gloria su1nma tibi, rerum sator atque redemptor, Massima gloria a te, Creatore e Redentore di tutte le cose, che
qui das Iustinum iustus in orbe caput. nella tua giustizia poni Giustino a capo del mondo. La fede della
Ecclesiae turbata fides solidata refulget Chiesa, un tempo scossa, risplende rinsaldata e la venerabile legge ri-
et redit ad priscum lex veneranda locum. torna a occupare il suo antico posto (22). Rendete grazie a Dio, poiché
,, Reddite vota Deo, quoniam nova purpura quidquid il nuovo sovrano (23) accetta tutto ciò che ha stabilito il concilio di
concilium statuir Calcedonense tenet. Calcedonia (24). Grazie ai tuoi meriti, Augusto (25), afferma ciò an-
Hoc meritis, Auguste, tuis et Gallia cantat, che la Gallia, lo proclama il Rodano, il Reno, il Danubio e l'Elba (26).
hoc Rhodanus, Rhenus, Hister et Albis agit. Sotto il cielo dell'Occidente la Galizia udl questo fatto, il Cantabro,
Axe sub occiduo audivit Gallicia factum, con il Basco suo vicino, riferisce tutto ciò. La pia storia della fede
Vascone vicino Cantaber ista refert. giunge veloce alle popolazioni più lontane e, di là dal!' oceano, si ralle-
Currit ad extremas fidei pia fabula gentes gra la terra britannica. Come dividi bene le tue sollecitudini con il Si-
.et trans Oceanum terra Britanna favet. gnore che tu ami! Egli fa sue le tue cause e tu, ecco, fai tue le sue. Cri-
Quam bene cum Domino curam partiris amator! sto ti concede aiuto, tu a Cristo rendi gloria: Egli ti ha dato la supre-
Ille tua causas, tu facis ecce suas. mazia e tu gli restituisci la fede. Nulla vi era sulla terra di più alto che
,, Dat tibi Christus opem, tu Christo solvis honorem: Egli potesse darti da governare, né tu puoi rendergli alcunché che val-
ille dedit culmen, reddis et ipse fidem. ga quanto la santa fede. Quando ti fu conferito il diadema, i vescovi
Nil fuit in terris quod plus daret ille regendi, relegati in esilio per il nome di Cristo furono rimessi in libertà, Rila-
nec quod plus reddas quam valet alma fides. sciati dal carcere, reinsediatisi nella loro sede primitiva, essi affermano
Exilio positi patres pro nomine Christi che tu sei l'unica benedizione per tutti (27). Augusto, tu hai posto fine
tunc rediere sibi, cum diadema tibi. alle sofferenze di cosl tanti confessori; la tua venuta è il solo rimedio
Carcere laxati, residentes sede priori per innumerevoli popoli. Il Trace, l'Italo, lo Scita, il Frigio, il Daco, il
esse ferunt unum te generale bonum. Dalmata, il Tessalo, l'Africano ora rendono omaggio a te per la libera-
Tot confessorum sanans, Auguste, dolores
innumeris populis una medella venis .
., Thrax Italus Scitha Phryx Daca Dalmata Thessalus Afer presente> per confronto, che il predecessore Giustiniano regnò per ben 38 anni: era
quod patriam meruit nunc tibi vota facit. già da qualche anno sul trono quando Venanzio nacque).
(24) Si veda la nota 20. L'ortodossia del sovrano fu celebrata anche dal poeta
Flavio Cresconio Corippo nel panegirico scritto in occasione dell'ascesa al trono e
del primo consolato di Giustino. M. MANITIUS, Zu spiitlateinùchen Dichtern, "Zeit-
2, 25. INSCR. christ. Diehl 1767, 4: reddere vota deo; VEN. FORT. carm. 3, schrift fiir die 6sterreichischen Gymnasien", XXXVIII (1886), 253, ha supposto che
6,32;5,3,2. Venanzio abbia scritto l'esordio trinitario di questo carme avendo sotto gli occhi la
parafrasi del Simbolo inserita da Corippo nel suo panegirico (CORIPP. Iust. 4, 290-
(21) La legittitnità di Giustino è dunque per Venanzio sancita dalla sua 311), quantunque non vi sia alcun parallelo stringente. Più convincenti sono invece i
obbedienza verso la sede di Pietro: in esplicita antitesi con il cesaropapisn10 di paralleli rintracciati tra i versi di Corippo dedicati alla Vergine (CORIPP. Iust. 2, 52-
Giustiniano) a cui il papa Vigilia aveva invano cercato di opporsi. 69) e il carme di Venanzio In laudem sanctae Mariae> non compreso nella raccolta
(22) Altra allusione agli sconvolgimenti apportati dalla condanna dei Tre dei carmina (si veda il vol. II): cf. A. CAMERON, Continuity and Change in Sixth Cen-
capitoli (si veda la nota 20). tury Byzantium, London 1981, 61.
(23) Giustino II ascese al trono imperiale alla fine del 565. La vicenda (25) Augustus era il titolo ufficiale di ciascuno dei due imperatori, quello della
della reliquia della Croce data però ahneno al 568, dal tnomento che Radegon- pars Orientù e quello della pars Occidentis, introdotto dalla riforma tetrarchica di
da ottenne l'invio della prhna ambasceria da Sigiberto e la città di Poitiers fu Diocleziano (293) e mantenuto a Costantinopoli anche dopo il crollo dell'impero
assegnata a questo sovrano appunto nel 568. Partendo dal presupposto che d'Occidente.
l'ambasceria partl dalla Gallia immediatatnente dopo l'inclusione di Poitiers nel (26) Venanzio lascia intendere che grazie al rifiuto, da parte di Giustino, delle
territorio di Sigiberto, si può presu1nere che vi fece ritorno nel 569 (sappiamo posizioni assunte dal suo predecessore, la Chiesa d'Occidente, staccatasi da quella
da GREG. TUR, Frane. 4, 40, che la seconda ambasceria ritornò dopo circa un d'Oriente e dall'imperatore> ora torna a essere unita. Perciò egli adopera ancora una
anno dalla partenza). Pertanto, l'invio della seconda an1basceria con il carme di volta il topos del plauso universale (cf. CURTIUS, Letteratura europea, 181-182).
ringraziamento si può datare al 569/570, quando l'ascesa al trono di Giustino II (27) Per il reintegro dei vescovi esiliati e per il rilascio dei prigionieri si veda la
poteva essere definita, se non "nuova", per lo tneno "recente" (si dovrà tenere nota 20.
APPENDIX CARMINUM, II APPENDICE AI CARMI, 2
I-laec tua laus, princeps, cum sole cucurrit in orbe: zione della loro patria (28). Codesta tua gloria, o principe, assieme al
quo genus est hominum huc tuus intrat honor. sole si è irraggiata nel mondo: dovunque vi sono creature u1nane, lì
Gloria sum1na tibi, rerum sator atque redemptor, giunge la tua gloria. Massima gloria a te, Creatore e Redentore di tutte
'" qui das Iustinum iustus in orhe caput. le cose, che nella tua giustizia poni Giustino a capo del mondo.
Cui meritis compar nubens felicibus annis A lui eguale per i meriti, andandogli sposa negli anni felici, l'esi-
obtinet augustum celsa Sophia gradmn. mia Sofia ottiene un'augusta dignità (29). Nella sua devozione ella ve-
Quae loca sancta pia fixo colit, ornat amore nera e adorna i luoghi santi con amore inestinguibile (30) e con queste
et facit hoc voto se propiare polo. opere pie si fa più vicina al cielo. La sua ricca fede, che fiammeggia
,, Cuius opima fides Orientis ab axe coruscans dal cielo dell'Oriente, ha inviato a Dio doni meravigliosi fino in Occi-
misit ad Occasum fulgida dona Deo: dente: su richiesta della regina turinga Radegonda ha offerto i santi
regina poscente sibi Radegunde Thoringa doni dell'amata Croce, sulla quale Cristo fu appeso nella carne che si
praebuit optatae munera sacra crucis, era degnato di assumere e con il suo sangue deterge le nostre ferite.
qua Christus dignans adsumpta in carne pependit Massima gloria a te, Creatore e Redentore di tutte le cose, perché
60 atque cruore suo vulnera nostra lavat. lesimia Sofia detiene un'augusta dignità. O pietà che ancora stilla da
Gloria sumn1a tibi, rerum sator atque redemptor, quella fonte benigna, il cui amore diffonde ovllllque la fede di Cristo!
guod tenet augustum celsa Sophia gradum. Ecco, Augusti, entrambi vi emulate con eguali donativi: tu nobiliti il
O pietas huc usque rigans de fonte benigno, tuo sesso, ed egli il suo. L'uomo fa rivivere Costantino, tu, pia donna,
cuius amor Christi fundit ubique fidem ! richiami Elena: come è simile la vostra gloria, cosl è anche il vostro
1I
I! 65 Ecce pari voto, Augusti, certatis utrimque: amore per la Croce (31). Ella trovò quel tesoro, tu diffondi ovunque la
ipsa tuu1n sexum subrigis, ille suum; salvezza e ciò che prima era dell'Oriente ora riempie l'Occidente.
vir Constantinum, Helenam pia femina reddis: Massima gloria a te, Creatore e Redentore di tutte le cose, perché
sicut honor similis, sic an1or ipse crucis. l'esimia Sofia detiene un'augusta dignità. Per mezzo di te la Croce del
li
I ,,
Illa invenit opem, tu spargis ubique salutem,
implet et Occasum quod prius Ortus erat.
Signore si appropria il mondo intero: laddove era sconosciuta, ora si
manifesta e dà protezione. n popolo ha acquistato lllla fede più pro-
Gloria summa tibi, rerum sator atque redemptor, fonda in Cristo, ora che la speranza ha contemplato con i suoi occhi il
I quod tene! augustum celsa Sophia gradum. mezzo della salvezza: la fede è raddoppiata dai sensi, poiché per la vo-
,, Per te crux Domini totum sibi vindicat orbem: stra generosità più anime credono a ciò che vedono testimoniato dalla
..
·.'1.'1 quo nescita fuit, hoc modo visa tegit. Croce. I: augusta coltivatrice opera con laratro come fece lApostolo (3 2):
/i' 15 Accessit genti maior fiducia Christi, questi fertilizza il campo con la parola, tu con il legno. Questa tua fa-
I quando salutis opem spes oculata videt, ma già ti rende nota nelle distese del Settentrione, l'Oriente e l'Occi-
sensibus et duplicata fides, curo munere vestrum dente pongono le loro bocche al tuo servizio. Da una parte ti loda il
:1
plus animae credant quod cruce teste probant. Romano, dal!' altra perfino il barbaro, il Germano, il Batavo, il Basco,
'I Hoc Augusta colens, quod apostolus, instat aratro: il Britanno. La tua sorte, Augusta, possa prosperare in eterno con la
11·
1'
I oo tu ligno, hic verbo laetificatis agrum. Croce, a cui tu fai salire preghiere nei luoghi più remoti. Radegonda la
Haec iam fama favet qua se septentrio tendit, adora supplichevole, prostrata a terra e implora lllllghi anni per il vo-
:I
Ortus et Occasus militat ore tibi. stro impero, e, versando lacrime unita alle sue consorelle, desidera che
"
Illinc Romanus, hinc laudes barbarus ipse,
Germanus Batavus Vasco Britannus agit.
85 Pars tua cum cruce sit florens, Augusta, per aevum, (29) Per un profilo dell'imperatrice si rimanda a A. CAMERON, The Empress
cui facis extremis crescere vota locis. Sophia, "Byzantion", XLV (1976), 5"21.
Hanc prostrata solo supplex Radegundis adorat (30) Sofia e Giustino furono grandi mecenati e, durante il loro regno, Costan-
et vestro imperio tempora longa rogat, tinopoli divenne un importantissimo centro culturale.
(31) Venanzio paragona la coppia imperiale Giustino-Sofia a quella formata
atque rigans lacrimis coniuncta sororibus optat, dall'imperatore Costantino (306-337), che sancì la libertà di professione e di culto
per la religione cristiana, e dalla 1nadre sant'Elena, che per pri1na ritrovò sul 1nonte
Calvario l'autentica Croce su cui patì Gesù. Co1ne dunque Costantino dette la li-
bertà alla Chiesa, così Giustino avrebbe restaurato la libertà della fede ortodossa
stravolta da Giustiniano, e come Elena ritrovò la Croce in Oriente, ora Sofia ne do-
(28) Il topos del plauso universale (si veda la nota 26) è qui enfatizzato dal na un frammento all'Occidente.
verso olonomastico, composto cioè di soli nomi propri in asindeto. (32) San Paolo, l'apostolo per antonomasia.
I i'
APPENDICE AI CARMI, 2-3 637
APPENDIX CARMINUM, II-III
la vostra fede raccolga gioie abbondanti. Possa tu essere sempre sposa
'" ut hinc vestra fides gaudi~ l~rga metal. felice dell'imperatore Giustino, decorata, o Sofia, della sacra dignità
Felix Iustino maneas curo pr1nc1pe con1ux dcl patriziato (33). Possa tu, che reggi i regni di Romolo, concedere al
ordine patricio cincta, Sophia: sacro. senato i suoi diritti e il ceto equestre ti veneri come sua patrona. Ag-
Romula regna regens tribuas sua 1ura senatus giunga Iddio la benedizione celeste alla vostra unione felice e non
teque sibi dominam plebs trabeata colat. manchi a voi ciò che Radcgonda anrn: ella, prostrata nella polvere,
"' Vota superna Deus votis felicibns addat prega con voce assidua che tu conservi per lungo tempo la maestà.
nec vobis pereat quod Radegnnd1s amat, Nel desiderio, nell'animo, nel sentimento, nella volontà opera sen1pre
assiduo cantu quae pulvere fusa precatur, il bene; tu abbi cura per lei, ella conservi memoria di te.
temporibus largis ut tibi constet apex.
Voto animo sensu studio bona semper agendo
sit tibi cura sui) sit memor illa tui. 3. ANCORA, VERSI AD ARTACHI (34)
Siccine consuluit valido tua cura dolori? che la tua p~emurn viene incontro al mio cocente dolore? Il tuo primo
20 Primus et extre1nus nuntius ista daret? e ulllmo messaggio darebbe queste notizie? Non era in altra direzio-
Nos aliter lacrimis per vota cucurrimus amplis? ne, tra copiose lacrime, che andavano i miei desideri. Non dovevi da-
Non erat optanti dulcia amara dari. re I' amaritudine a chi desiderava la dolcezza. Agitata, mi tormentavo
Anxia sollicito torquebar pectora sensu: nel cume con trepida sollecitudine: è con queste acque che si mitiga
tanta animi febris bis recreatur aquis? una cosi alta febbre dell'anima? Non ho meritato di vederti vivo né di
25 Cernere non merui vivum nec adesse sepulchro,
presenziare alla tua sepoltura: patisco una seconda volta il dolore del
perferor exequiis altera damna tuis. tu~ funeral<?. Ma ~erché io devo ricordare a te queste cose, caro Arta-
Cur tamen haec memorem tibi, care Artachis alumne, chd39), m10 pupill~, e aggiungere con le mie lacrime altri pianti ai
fletibus atque meis addere flenda tuis? tu01? Avrei dovuto pmttosto offrire consolazione a tuo padre (40), ma
Debueram potius solamina ferre parenti, il doiore per codesta morte mi costringe a dire parole amare. Egli non
'" sed dolor extincti cogit amara loqui. er.a mio parente per consanguineità lont~a, ma parente prossimo, fi-
Non fuit ex longa consanguinitate propinquus, glio del fratello di mio padre. Infatti mio padre era Bertario il suo Er-
sed de fratre patris proximus ille parens. menefredo: siamo nati da due fratelli, ma non viviamo n~llo stesso
Nam mihi Bertharius pater, illi Hermenefredus: n_iondo. Ali;ieno tu, caro nipot~ (41), rendimi il mio dolce parente e
ger1nanis geniti nec sumus orbe pari. su mio .nell affetto, come fu egli un tempo. Ti prego di cercarmi fre-
,, Ve! tu, care nepos, placidum mihi redde propinquum quente1?ente, 1nv1ando l~t~ere_ al ~onastero, e con il tuo aiuto questo
et sis amore meus quod fuit ille prius, luogo s1 mautenga al sev1z10 di D10, perché il duraturo interesse tuo e
meque monasterio missis rogo saepe requiras dell~ tua devota madre possa produrre frutti degni del trono celeste.
ac vestro auxilio stet locus iste Deo, Il Signore conceda ora a voi felicità e abb'ondante salute terrena· che
ut curo matre pia vobis haec cura perennis quella futura sia la vostra gloria. '
40 posslt in astrigero recidere digna throno.
Nunc Dominus tribuat vobis felicibus ut sit
4. VERSI A S!GIMONDO (42)
praesens larga salus, illa futura decus.
Questo consapevole pensiero impegna le auime dei cristiani:
IV. VERSUS AD S!GIMUNDUM che. la sah1te di tutti sia senza rischi. E io, che più degli altri auelo ai
tuot ?~ch1, s?lle~1~0 spesso ne domando a chi giunge o ritorna; con
Christicolas artimas haec conscia cura fatigat, occhi 11yipaz1e11~1 ~nterrogo il leggero soffiare del vento, quando e
ut circa cunct_os stet sine labe salus. d~nde 1 aura mi dia qualche buona nuova di te. Questo soprattutto,
Ast ego prae reliquis circum tua lumina pendens m10 dolce amico, li dica la mia lettera: che la tua sofferenza e la tua
qui venit atque redit prumta requiro frequens; a~goscia sono Je
mi~; e poiché tu sai che la mia anima sta sempre vi-
, sollicitis oculis volitantia flabra recurro, cma alla tua, 11 foglio che m'invierai mi dia notizia della tua buona
quando ve! unde tui nuntiet aura boni. salute.
Hoc tibi praecipue mea, dulcis, epistola signet,
quod dolor atque metus sit tuus ille meus:
et quia nos animo cognoscis currere tecum,
w det de te incolumi pagina missa fidem.
, ~39) Care Artachis è correzione di F. Leo per carear ta chis o care artarchis della
tradizione.
(40) Da questo verso pare di capire che Artachi sia stato il figlio di Amalafre-
do, anche se ~'uso del ter1nine parens può and1e indicare un diverso legaine di pa-
rentela, prossuno 1na non altret.tanto stretto. ·
(41) Da non. pr~dersi in .senso stretto, ché nepos. pilò indicare qualunque pa-
rente stretto che sia giovane e di sesso 1naschile.
(42) Per il destinatario si rimanda a carm. 7, 20.
APPENDIX CARMINUM, V-VI APPENDICE AI CARMI, 5-6·
Rex regionis apex et supra regna.regimen, Re, vertice della regione e reggitore dei regni, tu che sei capo dei
qui caput es capitu1n, vir c~p1tale bonum, capi, sommo bene in una sola persona, ornamento degli ornamenti,
ornamentorum ornatus, ornat1us ornans, . che adorni con grande eleganza, tu, gloria e decoro che tutto compi
qui decus atque decens cu?cta ?ec~te~ agts, con decoro, primo figlio di primi (44), che vieni persino prima dei pri-
primus et a primis) prior et pr1m?r1bus ips~s, mi, tu che puoi nella tua potenza, che l'Onnipotente assiste, delizia di
qui potes ipse potens, quem tuvat omn1potens, ciò che delizia, dolce e cara maestà, buona speranza e bontà, buon fi.
dulcia delectans, dulcis dilccta p~testas, glia della bontà. Degno e non sdegnato, degnazione che degna chi è
spes bona vel bonitas, de borut~te bonus, degno (45), fiore fiorente dei fiori, flora fluente di fiori, illustre Chil-
dignc nec indignans, dignos dignauo d1gnans, deberto: io, Fortunato, ti offro con affetto questi versi poveri d'ispira-
rn florum flos florens, florea flore fluens, zione (46), io stesso povero. Con supplice richiesta raccomando a•te il
Childeberte cluens: hacc Fortunatus amore tuo servo Audolfo (47) e pure me stesso: possa qui la tua maestà do-
paupere de sensu pauper et ipse fero. minare su di noi.
Audulfum famulum conunendo Sl,1pphce voto,
me quoque: sic nobis hic dommeris apex.
6. SULLA REGINA BRUNICHILDE (48)
VI. DE BRUNCHILDE REGINA Progenie di re e madre d'illustrissimo onore, da ogni parte con·
tornata della santa gloria dei regnanti; la Gallia ha µn tuo figlio (49) e
Regia progenies, praecels~ et mater hon?ris, la Spagna una tua figlia (50): qui un maschio (51) che governa, lì una
undique regnantu1n c1ncta decore pio, fanciulla al potere. Sia ciò un felice augurio per anni più prosperi:
Gallia cuius habet genus et Hispania fetum, l'uno protegga gli Allobrogi (52), governi l'altra i Goti, le tue creature
masculus bine moderans, inde puella regens: regnino egualmente su due nazioni gemelle, e questo e quel luogo ti
auspicium felix sit prosperior1bus ann1s: offrano le loro primizie, in 1nodo che ti circondi, o pia, una graziosa
' hic tega! Allobrogas, diriga! illa Getas, corona di nipoti (53), due volte nonna da parte di tuo figlio e da parte
gentibus et geminis pariter tua germma regnent di tua figlia. Li passerai lietamente in rassegna, questi (54) con lo
et tibi det fructus iste ve! ille locus, sguardo e quelli con l'orecchio, con la gioia di essere vicina ai primi e
quo te circumdet, pia, blanda cornna nepotum, di prestare ascolto ai secondi; come madre guarderai entrambe le re·
rn de genito et genita bis genitalis ava.
llios auditu, hos visu laeta r~censens,
praesens bine gaudens, mde sed aure favens
subque tuis cernens regiones mater utrasque (47) A questo messaggero, a servizio d_i Childebei:to II, Venanzio affidò il car-
me presente e i due seguenti: cf, earm. app. 6, 15 e 7, 13.
(48) Anche questo carme l'isale al 587 o all'anno successivo (si veda del 'reSto la
nota precedente). ' -
6 , 1. Ov. Pont. 2, 9, 1: regia progenies. (49) Childeberto Il .
(50) Il riferimento dovrebbe esse.re~ fidanzamento fra Clodosh;ida, figlia di Si-
bbl" 1 ima volta dal Mabillon (Anale·
. · diatamente su ccess1vo
r
(43) Questo carme fu pu 1c~t? ~eri ~~arda un testimone diverso rispet-
cta, Parisiis 1723, 38'.), CO~ tutta vensim 11 carme dsale probabilmente al pe-
to all'unico manoscritto gtunto.finoalaTno.
rattato
d' A del t (587) Fu inviato in
1 n ° · ,
giberto e Brunichilde nonché sorella di Childeberto~ con ReccaredO, figlio. di Leovi-
gildo re dei Visigoti: cf. GREG. TUR. Frane. 9, 16 e la nota 48 del libro X. Secondo
REYDELLET, La royauté, .301, il quale data il cal'me al 585~586, il riferimento sa.rebbe
nodo 1mme A d lfo (v 13) Si no tera ancora la invece ali' altra figlia di Brunichilde, Ingonda, sposata con Ermenegildo alt'as Gio-
. · 1 ente dal messo u o · · · vanni (cf. GREG. TUR. Frane. 5, 38): bisogna però osservare che tale matrimonio era
Austras1a ass1en;ie d_ lPgÌÌ· 'one e della figura etimologica, soprattutto net
di fatto cessato già nel 581, quando Leovigildo e la moglie Goisvinta imprigionarono
pr~s~nza oss~~s~va be bailett~b:~enanzio abbia costruito il canne in questo mo- Ermenegildo (cf. GREG. TUR. Frane. 5, 38 e 6, 40). Fetum è correzione di F. Leo per
pr1m1 lO versi. e pro a . b II
do per far tver~r: il gi(:hilde~:1~~efuef1t~r~ogenito di Sigiberto, qu~st'ulti1nJ_
faetus del manoscritto.
(51) Masculus è correzione di B. Guérard per musculus del manoscritto.
(44) il qr~in~~, fieglio di Clotario I: qui.l'aggettivo andrà pertanto inteso ne (.52) Per la popolazione degli Allobrogi si rimanda alla nota 22 del libro III.
f u appena . . . . ,
senso di «Pri.ino p~r glon~, prtm~t~, prtnc~ejt: nus della tradizione. (53) Oltre ai due figli di Childeberto Il, per i quali si timanda alla nota 47 del
(45) Dzgnos e co~rez1oulne dd! F. Lt ecli_~inuzfone si veda CURTIUS, Letteratura libro X, Venanzio intende alludere ad altri nipoti che sarebbero derivati dall'unione
(46) Per questa rorm a I au o tra Clodosinda e Reccaredo (cf. la nota 50).
europea, 97-100. (54) Hine è correzione di F. Leo per hie del manoscritto.
APPENDICE AI CARMI, 6-8
APPENDIX CARMINUM, VI-VIII
9. ANCORA UN ALTRO:
IX. ITEM ALIUD INCIPIUNT VERSUS PRO POMIS D!RllCTIS
S'INIZIANO VERSI PER UN INVIO DI FRUTTA (60)
Cardinis occidui regio quae sumpsit ab ortu, . Una !"ano amiche.vole t'invia mele saporite prodotte da una re-
mittit amicalis dulcia poma manus; g1on7 del! estremo Occidente: un affetto devoto (61) ci invita a recapi-
haec quoque, quae nostro pendentia vidimus horto, tare 111 dono pure queste mele che abbiamo visto pendere nel nostro
admonet affectus munera ferre pius. grardm? (62). La tua anima non abbia a temere perché questi frutti so-
, Non animi metuant, haec sunt quod ab arbore carpta: no stati spiccati dal!' albero: ormai non vi è alcun pernicioso inganno
iam fraus nulla nocet quod paradysus habet; nel frutto del p~radiso. Infatti dopo che Cristo fu appeso alla Croce
namque redemptrici postquam in cruce Christus adhaesit, redentrice, tramite il legno ci è stato restituito ciò che un tempo Eva ci
per lignum rediit quod prius Eva tulit; sottrasse (63); la donna meritò ormai di essere assolta dal delitto del
iqm meruit mulier- purgari crimine sexus: suo sesso: se quella vecchia fu la morte, la Vergine (64) nuova fu la sal-
mors fuit illa vetus, virga novella salus. v~zza. E poiché la natura è cosl generosa con te, ti inviamo un po' di
Et quia sic vestrum tribuunt elementa· paratum, cibo. preparat~, donatoci dal!' acqua. Ti prego pertanto, prepara o i
misimus exiguum, quod dedit unda,' cibum. frutti o le ?,str1che ~l tuo fratello (65): egli sceglierà gli uni o le altre,
Deprecar ergo; pares vel poma ve! ostrea fratris: · quel che pm preferisce. Questa birra amara faccia invece crepare Da-
eligat alterutrnm, quod sibi maius ·amat. gaulfo (66): torbida di feccia di bottiglia (67), gli tenda l'epa. Tracanni
" Sed Dagaulfum haec rumpat cervesiatristis, questa bevanda (68) a bocca spalancata, egli che ha cosi insensatamen-
faece lagunari turbida, tendat ydros: te guastato l'acqua pura. Draccone poi beva il dolce falerno del nostro
faucibus in stupidis talem bibat ille liquorem, vigneto, come domanda il suo gusto raffinato conforme ai suoi meriti
tam male· sinceras qui vitiavit aq\.las. Di ciò t".ttavia io ti prego con affetto nel Sign~re, tua guida: di salutar:
At sicuti meritis exposcit opima voluntas, mi con nguardo la sorella Papiana. Aggiungo anche (69) .altre preghie-
dulcia vineti Dracco Falerna bibaL re: P?ssa tu ncevere i doni di Cristo, cosicché in futuro ella non ti sia
Hoc tamen in Domino, qui te regat, oro benigne, maghe, ma casta sorella (70). Non sappiamo quel che il giorno ventu-
rite salutetur mi Papiana soror; ro r~che~à nel inondo; chi resisterà alla morte, se si avventerà furente
addo preces <pariter>: capias sic munera Christi: su dr n01? Nessuno vede questa ladra della propria anin1a, prima che
ne,tibi post uxar, sed sit honesta soror, essa ce la possa strappare e nessuno j:>otrà sottrarvisi nel giorno che es-
·" Quid ventura dies portat nescimus in orbe; sa avrà prescelto (71). Bisogna piuttosto evitare le cause per le quali
quis morti obsistat, si furibunda rult? essa ci possa precipitare all'improvviso tra le ombre, ove non vi è al-
Furem animae nemo ante videt quam tollere possit, cun parente, né alcuna mano ci trarrà fuori. .Porta dunque: a termine
nec placitum poterit dissimulare diem.
Causa cavenda priùs, subito quam mergat ad umbras,
}0 est ubi nemo parens nec levat ullR manus .
.Sed bene quod placuit constanti pedice voto, (65) Fratris è correzione di BLOMGREN, Studt'a Fortunatt'ana, 3, per fratres del
manoscritto.
{66) poyrebbe trattarsi del 1n~~ito d.i Vili~uta, ~a giovane per la quale Venanzio
c;9mpose 1~i:.itaffi?, carm. 4, 26. L 1d~ntif!caztone e stata però negata da DOSTAL,
Uber Identttat, 8, il quale dal tratteggio di aspetto e abitudini contenuto in questo
passo è ~ondotto a. ".edervi non un giovane aristocratico ma piuttosto un sacerdote
9, 1.·CLAUD. 4, 2741 occiduo maneas- sub cardine; VEN. FORT. carm. 2, 12, 6. n;.aturo, idea cond~vtsa ora dalla SANTORELLI, Venanzio Fortunato. Epitaphium Vi-
ltthutae, 17. A ogni n:odo Dagaulfo dovette essere, come il Draccone nominato al v.
(60) Biglietto accompagnatorio scritto a nome di Radegonda e di Agnese 20, ?n pare?te pr?sstmo ;J.ell'ignoto destinatario del biglietto. Dagaul/um haec rum-
(v. 35) per un invio·di mele e ostriche. Come osserva MEYER, Der Gelegenhei't- pat e correzione di B. Guerard per daga ulfum hec um pat del manoscritto
sdichter, 139, l'igrioto destitiatario non dovevl'l risiedere lontano da Poitiers, vi- (67) L~gunari è correzione di Th. Mommsen, accolta da F. Leo, p~r lacunari·
sta la rapida deperibilità dei doni inviatigli. del manoscntto.
(61) Pius è correzione di F. Leo per pios del manoscritto. (68) Liquorem è correzione di F. Leo per liquorum del manoscritto
(62) Horto è correzione di B. Guérard per ortu del manoscritto. (69) Pariter è integrazione di F. Leo; il manoscritto presenta il vers~ lacunoso
(63) La medesima idea permea tutti i carmi scritti da Venanzio per l'arri- . . ~70) .Evidentemente l'ignoto de.stinatario-del biglietto stava per accedere alla
vo a Poitiers della reliquia della Croce: cf.. carm. 2, 1-6. di~ta episcopale· e doveva pertanto Interrompere ogni relazione carnale con la 1no-
(64) Maria: l'idea di Maria quale nuova Eva si trova già negli scrittori ec- gli~. Lo stess.o concetto della moglie divenuta sorella cotnpare infatti nei carmi <ledi~
clesiastici del sec. Il, ad es-.. in GIUSTINO, Dialogus cum Tryphone Iudaeo (150· catl a vescovi: cf. carm. 1, 15, 94. .
155 circa), 100. Lo stesso concetto co1npare pure in Ps. VEN. FORT. carm. app. {71) Placitum è correzione di F. Leo per placito del 1nanoscritto;
9) 8.
APPENDIX CARMINUM, IX-XI APPENDICE AI CARMI, 9-11
ne spatium rediens mors inimica neget; con volontà costante ciò che ti è piaciuto di fare, perché la morte osti-
nunc meliora tene, iam, quod fuit, inde recede le non ti sottragga il tempo, abbattendosi su di te. Ora assicurati le co-
et cape caelestes huc redivivus opes. se migliori, allontanati ormai da ciò che fu nel passato e, ritornato a
35 Per Do1ninum votis utraeque rogamus utrumque 1 questa vita, ricevi i beni (72) del cielo. Con preghiere al Signore en-
detur ut in nostro filia vestra sinu; trambe imploriamo entrambi voi, perché concediate al nostro grem-
officio vestro ad nos migret cura parentum, bo (73) la vostra figliola; per la vostra benevolenza lamore di voi geni-
vos generando utero, nos refovendo sinu. tori passi (7 4) a noi: voi l'avete generata dalle vostre membra, noi la
conforteremo nel nostro rifugio.
X. ITEM AL!UD
10. ANCORA UN ALTRO (75)
Dulcibus alloquiis quae fabula fertur in aure?
Si mihi iam placidas mensa benigna tenet, Che storia giunge con carezzevoli parole alle mie orecchie (76)?
placatos animos tabula redeunte notate, Se la vostra generosa tavola vi vede già benevole nei miei confronti (77)
prodat ut affectum littera picta manu. informatemi della vostra buona disposizione restituendomi questa ta'.
, Dulcis amore pio pariter materque sororque voletta (78) in modo che le lettere dalla vostra mano mi rivelino il vo-
gaudia festivo concelebrate sono. stro affetto. O madre e sorella (79), entrambe dolci di un amore devo-
to, celebrate con canti gaudiosi le gioie di questa festa.
Dwn volo carminibus notwn percurrere plectrum, Ora che voglio cantare dei versi snlla mia vecchia lira, comincio
incipìo solito pigrius ire pede, ad avanzare con piede più pigro del solito e la Musa con la canna dal
nec mihi doctiloquaconsentit harundine Musa, dotto suono non mi ispira, perché, ormai disabitua\a (85), non sa più
quae desueta suum pandere nescit opus. svolgere il suo compito. Ma sebbene la mia corda tremi emettendo
, Sed quamvis dubio trepident mea corda relatu, suoni tentennanti, io temerariamente parlo, spinto soltantò dal!' affet-
audacter solo prumtus amore loquor. to. Tu per me sarai sempre cara, benevola, dignitosa, dolce, pia: al tuo
Cara benigna decens dulcis pia semper habenda, affetto (86) io devo il titolo di padre, il mio cuore in te venera la ma-
cuius in affectu stat mihi patris honor, dre che mi ha generato e ammira l'indole della nonna che tu fai rivive-
per quam, quae genuit, recolunt mea viscera matrem, re. Supplichevole, con parole tremebonde, umilmente ti saluto; ti rac-
w et mores aviae te renovante colo: comando la mia anima e la pongo al tuo servizio. Ti raccomando pure
suppliciter humilis verbo trepidante saluto, la figlia, che la nobiltà del tuo cuore ha generato: il Re dei cieli conser-
commendans animam sed famulando meam, vi entrambe a lungo su questa terra.
et pariter natam, peperit quam gratia cordis:
quas rex caelorum serve! in orbe diu.
13. ANCORA UN ALTRO (87)
XIII. ITEM ALIUD La gloria della Regola di Cesario sia il vostro ornamento nel mon-
do e Cristo, assieme al diletto Padre, vi ami entrambe (88). Compaia-
Sic vos Caesarii monitis honor ornet in orbe no costi Cesaria (89) e l'iliustrissima Casaria (90), in modo che per
atque ambas caro cum patre Christus amet; mezzo vostro sia ripristinato l'antico prestigio. del luogo; risplenda
sic hic Caesaria et praecelsa Casaria surgat, questa (91) grazia, con la quale a Poitiers possa sempre crescere per
ut per vos priscus hic reparetur honor; merito vostro la gloria di Arles. Cosi potremo meritare di vivere pia-
5 gra~a sic talls niteat, qua crescat in aevo mente per il Re del cielo e un'unica tomba ricoprirà le mie membra as-
per vos Pictavis Arelatense decus; sieme alle vostre. Se qualche mormorazione continua ad albergare in
sic pie caelesti mereamur vivere regi un cuore ferito, prego che codeste colpe veniali si perdonino vicende-
et mea vobiscum membra sepulchra tegunt: volmente. Cristo, che ama la pace, sacro tesoro di meravigliosa dolcez-
si quod in offenso retinetur pectore murmur, za, unisca i vostri cuori con la propria mediazione. La venerabile Ca-
in vice laxatum sit veniale precor; saria, che vuole stringervi insieme in un amorevole abbraccio, ottenga
pacem Christus amans, mira dulcedine plenus, del pari questo risultato assieme a me.
pectora vestra sacer se mediante liget.
Obtineat pariter veneranda Casaria mecum,
quae simul amplexu vos cupit esse pio.
Quam prius inscribam fixam pietate parentem, A quale genitrice, modello di pietà, scriverò per prima, dove vi
quo geminae matres extat et una <soror>?
1 sono due madri (92) e una sorella (93)? La gerarchia antepone colei
Hanc praeponit honor1 quae iunior extat it1 annis; che è più giovane di età; l'età più avanzata privilegia le altre due per
his aetas gravior iure senile favit. diritto di anzianità. Ma a me fa piacere inviare i miei saluti a tutte e tre
, Sed mihi dulce tribus pariter mandare salutem, assieme, poiché il mio amore affettuoso è lo stesso per tutte voi. Beata
est quoniam vobis carus et unus amor. quella tavola che riunisce codeste tre luci e fa sl che la gioia pasquale
Felix quae retinet pariter tria lumina mensa si moltiplichi! Possiate godere, in compagnia delle schiere angeliche,
et paschale bonum multiplicare facit! delle delizie del regno di Dio.
Angelico coetu sic participante fruantur
diliciae vobis in regione Dei.
15. ANCORA UN ALTRO (94)
XV. lTEM ALIUD Madre e sorella trascorrano una notte tranquilla (95): questo ot-
tengano le beneauguranti preghiere del figlio e fratello (96). Le schiere
Nocte salutifera maneantmaterque sororque: degli angeli visitino (97) il vostro spirito e guidino i vostri cari cuori
hoc nati et fratris prospera vota ferant; con le loro parole (98). I:ora notturna mi costringe a salutarvi cosl in
angelicus coetus praecordia vestra revisat breve: vi prego, in cambio di questi sei versucci rendetemene almeno
et regat alloquifr pectora cara suis. due.
, Tempora noctis agunt, ut hac brevitate salutem:
sex modo versiculis vel duo ferte, precor.
16. ANCORA UN ALTRO (99)
XVI. ITEM ALIUD Sebbene con l'arrivo della sera mi sia sfuggito (100) ciò che desi-
deravo, tuttavia questa notte non ti ha sottratto del tntto a me: anche
Quamvis quod cuperem fugit me vespere facto, se non con gli occhi, chi si vuol bene si vede col cuore; infatti le nostre
te mihi non totam nox tulit ista tamen: menti erano là dove i corpi non potevano stare. Quanto è santo quel
etsi non oculis, animo cernuntur amantes; luogo (101) che non separa mai (102) coloro che si amano, ove si vede
nam quo forma nequid, mens ibi nostra fuit. con gli occhi l'oggetto del nostro attaccamento, ove al centro è posto
, Quam locus ille pius qui numquam abrumpit amantes, Cristo, principe di bontà, nel cui santo amore i cuori sono per sempre
quo capiunt oculis quos sua vota petunt uniti! Accetta (103) ancora per moltissimi anni quaggiù i versi che
in medio posito bonitatis principe Christo, m'inviti a scrivere e, assieme a te, toglimi da qui per portarmi là dove
cuius amore sacro corda ligata manent! potrò dire parole degne di te.
Hic quoque sed plures <cape> carmina iussa per annos:
rn hinc rapias tecum, quo tibi digna loquar.
XIX. ITEM ALIUD · Questo giorno di festa (113) si ripeta per me lungo molti anni,
grandi gioie mi porta questo giorno di festa. Dio nel. su.o amore esa':'-
Haec mihi festa dies longos superinstet in annos, disca per sempre preghiere così generose; per! merm d1 Mart:J_no, Dio
gaudia magna ferens haec mihi festa dies. nel suo amore esaudisca. Facendoinene partecipe -assieme a voi, ,Cristo
Praestet amore Deus tam prospera vota per aevum, conservi (114) queste gioie a lungo nel mondo, facendomene parteci-
Mattini meritis praestet amore Deus. pe. Un suono delicato nell'orecchio tintinna con s?ave ddcezza: ha I.e
, Participata mihi vobiscum haec gaudia Christus caratteristiche di una voce, un suono delicato nell orecchio. Un nutri-
serve! in orbe diu participata mihi. mento più soave del miele stilla dalla vostra bocca e ha prodotto in me
Mitis in aure sonus suavi dulcedine tinnit, nuove dolcezze un nutrimento più soave del miele. Qui in un variega-
organa vocis habens mitis in aure sonus. to coro è giunta rapida (115) 1a vostra voce, con angeliche armonie qui
Blandior esca favis vestra de fauce rigavit
et nova mella dedit blandior esca favis.
Huc variante choro vox inde rotata cucurrit,
(107) Cuncti è correzione di B. Guérard per cunctis del n1anoscritto.
(108) Tuo è correzione di F. Leo permeo df'l 1nanos~ritto. .
(109) Debueram è correzione di B. Guérard per dubieram del 1nanoscr1tto. _.
(110) Loci è correzione 'di BLOMGREN, In Venantit' Fortunati carmi'na adnotatto-
nes novae, 138-139, per iati del manoscritto. .
(104) Questo carme pare indirizzato non soltanto a Radegonda e ad (111) Fratre è correzione di B. Guérard per /rater del manoscritto.
Agnese, ma a tutta la comunità di Santa Croce. (112) Ancora un carme in distici ecoici: si veda carm. 3, 30 e .8. 2. .
(105) Con ogni probabilità Radegonda (113) Dal v. 4 -par di capire che si tratti dell'll novembre, giorno della festa di
(106) Saecula è correzione di NISARD, Venance Fortunat. Poésies melées, San Martino. . '
ad loc.j e difesa da BLOMGllEN, In Venantit' Fortunati carmina adnotationes no- (114) Servet è correzione di B. Guérard per server del manoscritto.
vae, 138, per singula del manoscritto. (115) Rotata è integrazione di F. Leo per ro ata del manoscritto;
APPENDIX CARMINUM, -x1x-xx11
APPENDICE AI CARMI, 19 ..22
sensibus angelicis huc variante choro. in un variegato coro. A lungo sacri cantici codesta voce diffonde dalla
Carmina sancta diu vox illa ministrat ab ore sua bocca e ristorino le anime a lungo sacri cantici.
et recreent animas carmina sancta diu.
I
APPENDICE AI CARMI, 22-2.3
APPENDIX CARMINUM, XXII~xxnI
''
' pectore devoto set rustica lingua dedisset mio cuore devoto una goffa lingua avrebbe intonato all'orecchio della
pastoris calamo matris in aure sonum· madre il suono della zampogna del pastore. Consumerei (125) le mie
imperiis famulans tererem mea membra diurnis membra nell'obbedire quotidianamente ai tuoi ordini, il mio collo si
servirent dominae subdita colla suae; ' sottometterebbe per servire alla sua padrona; nulla le mie dita ricuse-
nulla recusarent digiti, puteoque profondo rebbero, e la mano, che ha scritto questi versi, attingerebbe subito
10 quae manus hoc scripsit prumta levaret aquas, l'acqua da un pozzo profondo, propagginerebbe i vitigni e conficche-
protraberet vites et surcula figeret hortis, · rebbe i polloni (126) nei campi, pianterebbe e coltiverebbe volentieri
plantare!, coleret dulce libenter holus. la bella verdura. Era magnifico riscaldare le mie membra assieme a te
·Splendor erat tecum mea membra ardere cocina in cucina (127) e lavare le stoviglie sporche nel limpido lago. Da que-
et nigra de puro vasa lavare lacu. sto luogo lontano ti ho ora mandato in dono san Marcello (128), la cui
" Hinc tibi nunc absens Marcelli munera misi santa vita gli procurò un posto nel cielo, e, se non apprezzerai le mie
cui dedit excelsum vita beata locum, ' parole (129) perché non appropriate alla materia, possano piacere alla
et si displiceant indigno verba relatu, tua. anima i suoi divini miracoli. Vivi per me a lungo, con la figlia e la
conplaceant animo signa superna tuo. schiera delle sorelle e codesto ovile di Dio cresca ( 13 O) nel coro (131)
Sis longaeva mihi cum nata et messe sororum delle vergini. Se tu mi rivolgessi qualche parola, sarebbe cosa più dol-
20 virgineoque choro cresc.at ovile Dei. ' ce che se un'ape distillasse del miele scegliendo i fiori più belli.
Si tua verba dares, essent plus dulcia quam si
floribus électis mella dedisset ap~s.
23. ANCORA UN ALTRO (132)
I
!
XXIII. ITEM ALIUD Agnese, che per i tuoi meriti sei pe; me più dolce di nn fiume di
I nettare, io ti venero nella mente e né! cuore al cospetto di Dio. Consi-
dera quanto vélocemente muta e si rivolge ogni cosa, mentre il nostro
I'
I'
Flumine nectareo meritis mihi dulcior Agnes,
quam praesente Dea pectore, mente colo,
as,Pice quari1 celeri mµtftntUr cUncta rotatu, ·
tempo vola qnasi avesse le ali. Nell'incertezza degli avvenimenti igno-
riamo i minuti e le ore; chi avrà d1111que la certezza se domani la per-
dum veluti pinnis' tempora nostra volant. sona ci sarà ancora o no? Oggi la neve alta ha spezzato la cima di 1111
Casibus incertis scripulos riescimus et horas; albero e il rigido inverno ne incurva le braccia dei rami: se forse do-
,.
ii
cras sit homo an nòn sit quis dabit inde fidem? mani l'Oriente risplenderà rasserenato, la neve che giace per terra si
], scioglierà (133) al calore del sole. Così anche la mente degli uomini,
Arboris oppressit hodie nix alta cacumen
I:: duraque ramorum b,achia .ç;t)rvat hiemps: sull'incerto confine della salvezza, non sa per quanto possa ancora vi-
'
crastina forte dies puro si fulserit ortu, vere la. propria vita. Ma poiché tutto scorre per molteplici vie, ama
' con animo accorto Colui che mai potrai perdere: sia Cristo il tuo ono-
rn • si qua pruina iacet, sole. calente liquet.
Sic quoque mens hominum dubio de fine salutis re, Cristo la tua speranza, Cristo il tuo sposo, da Lui solo attenditi aiu-
ignor~t quantum vivere vita. qt)eat.
to di salvezza. In ogni momento meditalo nel tuo cuore e il tuo corpo
Sed quomam v~rio transcurrunt oqmia lapsu, pudico si conservi fedele al suo Sposo. Se il sonno ti sorprende, con-
quem numquam perdas dilige corde sagax: servando Cristo nel cuore porterai le armi della luce né! momento
" sit tibi Christus horror, Christus spes, Christus amator, dell'oscurità; venerandolo nella tua mente, sarai difesa da 11110 spesso
m solo semper flge salutis opem;
temporibus cunctis hunc per .tua viscera valve:
sic sponso servent membra pudica fidem. ·· (127) F. Leo ha corretto il tradere cocinae della tradizione con ardere coquina:
qui si è conservata l'ortografia del manoscritto.
Si sopor obripiat, retinendo in pectore Christum (128) Si veda la nota 120.
20 • tempore sub noctis luminis arma geriS, (129) Verba è correzione di B. Guérard per verbo del manoscritto,
1llum mente colens muro tqt 0ris 0 pijno (130) Cresca! è correzione di F. Leo per restat del manoscritto,
(131) Choro è correzione di B. Guérard per thoro del manoscritto.
(132) Il tono parenetico con cui Venanzio si rivolge ad Agnese fa pensare che
23, 2. DRAc, satisf 118: pectore mente rogans. il carme risalga a prima della sua nomina a badessa: il carme potrebbe pertanto esse-
re stato ispirato al poeta da Radegonda, per rendere la discepola consapevole delle
(125) Tererem è co1·rezione di F. Leo per terrerem del manoscritto responsabilità che avrebbe comportato l'assunzione della guida del monastero.
(126) Surcula è co'rrezione di F. Leo per sarcula del manoscritto. ' (13 3) Liquet è correzione di B. Guérard per liquid del manoscritto,
APPENDIX CARMINUM, XXIII-XXV APPENDICE AI CARMI, 23-25
et si latro furit, pax tua corda tegit. baluardo e, se il rapitore imperversa, la pace protegge il tuo cuore.
Huius in amplexu te totam effonde licenter: Abbandona liberamente tutta te stessa al suo abbraccio: coloro che lo
illum quisquis habet crimina nulla timet. possiedono non temono alcuna colpa. Quando il Signore del mondo
,, Hoc age ut, ad thalamos cum veneri! arbiter orbis, entrerà nella stanza nuziale (134), fa' in modo di brillare immacola-
visceribus puris in1naculata mices; ta (135) per la purezza del tuo corpo; allora, al tuo arrivo con la lam-
lampade fulgenti tunc te veniente sorores 1 pada accesa, ti accolgano nel loro coro gioioso le sorelle Tecla e Susan-
excipiant !aeto Thecla, Susanna choro. na. Ora fino al mio ritorno ti lascio queste brevi esortazioni: e tu, n1en~
Haec modo dum redeo breviter mandata relinquo: tre le leggerai, voglia ricordarti di me (136).
tu quoque, dum religis, me memorare velis.
Matri natus ego, frater simul ipse sorori Figlio per la madre e a un tempo (143) fratello per la sorella, io
pectore devoto parvula dona fero. v'invio con cuore devoto piccoli regalucci. Terzo e tutt'uno con voi
Tercius unitus tria munera porto duabus: due, vi mando (144) tre regali: ad anime cosi dolci si addicono mele
tam dulces animas dulcia poma decent. dolci. Però ora perdonatemi se sono contenuti in un tale involucro (145):
, Sed date nunc veniam mihi quod fano talis babetur: la carta è il canestro che contiene i regali.
munera quae portet, charta canister erit.
et reddat pondus participanda leve. renda leggero il tuo carico condividendolo (153 ). Il Redentore del
Det tibi auxilium mundi reparator utrisque mondo conceda il suo aiuto a te e ad entrambe, e a lungo possiate so-
atque diu pariter hanc foveatis opem. stenere assieme codesta impresa.
Pergimus inclusas a gurgite cernere terras, Siamo andati a visitare una terra circondata dai flutti, dove il mo-
qua vagus Oceanus fertque refertque vices, bile oceano va e viene alternatamente: quando il mare s'innalza verso
fluctibus assiduis cum surgit ad aethera pontus, il cielo con ondate incessanti, qui londa in movimento latra con tutta
huc feritate sua mobilis unda latrat; la sua ferocia (154). Ora, quando i flutti si ritirano (155), la spiaggia ri-
, litus arena suum refugo, nunc suscipit aestu, conquista· il suo tratto di costa; ora, quando il mare si rigonfia, la terra
nunc, mare dum turget, naufraga terra latet; naufraga rimane nascosta. Là dove il gelo si era ritirato (156), ora la
quo gelidum abscessit, rediens <hoc> occupat ardor, calura ritorna (157) e domina e qui, in un solo (158) luogo, ci sono tre
atque loco huc uno sunt tria dona Dei. doni di Dio. Sebbene sia sterile, quella terra produce frutti di santità,
Quamvis sit sterelis, fructus fert illa beatos, ché la sabbia vi nutre nomini degni del cielo. Ma io, se ancbe fossi
10 dum caelo dignos pascit barena viros. trattenuto in qualche città lontano da voi, anche in mezzo a molte mi-
Ast ego ve! si qua sine vobis urbe tenerer, gliaia di persone, sarei solo. Possa io meritare di vedervi felici, madre e
inter multa tamen roilia solus eram. sorella, quando arriverà il santo banchetto di Dio (159). Se frate! Sim-
Cernere vos laetas merear, materque sororque, plicio ritornerà presto, vi prego, porgetegli il debito saluto che io gli
curo venit excelsi cena beata Dei. invio; e vi prego di far pregare per me le vostre sorelle. Cristo nel suo
15 Si cicius redeat frater Simplicius, oro, amore vi faccia tutte (160) sue.
a me roandatae ferte salutis opus;
et rogo per vestras me commendate sorores:
1.1
siè faciat cunctas Christus amore suas. 30. ANCORA UN ALTRO
"
Ho sentito, lo ammetto, che si stanno preparando lunghi digiuni:
XXX. ITEM ALIUD se dovessero riguardare anche 1ne, siano tollerabili e .non mi pesino.
Mi spaventa la fame, che già è vicina e si fa sentire: passi in velocità,
Andivi, fateor, ieiunia longa parari: perché non moriate entrambe (161). Io poi presto scomparirò, ritiran-
ad me si veniant, non toleranda gravant: domi in desolate caverne, a meno di non essere sopraffatto dalla mia
.expavisco famem quae iam vicina susurrat: pancia a digiuno .. Ma se ora la pietà e la grazia nutrono gli altri, non
ne parietis iter, transeat illa celer. avrò motivo di temere per me stesso.
, Mox quoque difugiens vacuis me abscondo cavernis,
dum modo ieiuno non ego ventre domer.
Sed si nunc alias pietas et gratia pascit,
de me nulla mihi causa timoris erit.
(156) Quo gelidum abscessit è correzione di F. Leo per quo gelidas se esse del
manoscritto.
(157) Rediens hoc è correzidhe di Th. Mommseni accolta da F. Leo, per rencdi-
cus del manoscritto.
29, 2. LUCAN. 2, 12: sed fors incerta vagatur I Jertque re/ertque vices. - 5. (158) Uno è correzione di F. Leo per una del manoscritto.
VERG. Aen. 4, 257: l#us arenosum ... secabat. (159) Per l'uso di celebrare durante la Quaresima la ·santa Messa nelle ore ve-
spertine dopo aver trascorso la giornata nella solitudine di un ritiro, si confronti
(153) Quanto qui detto fa pensare che Agnese all'epoca della co1nposizio- GREG. TUR. Frane. 8, 43, a proposito del vescovo Palladio di Saintes. Excelsi cena
ne del carme sia stata ancora una sottoposta di Radegonda. beata Dei è correzione di B. Guérard per exelc caena dei beata del manoscritto.
(154) Secondo MEYER, Der Gelegenheitsdichter, 139, Venanzio scrisse (160) Cunctas è correzione di F. Leo per cunctis del manoscritto.
questo carme dal medesimo luogo in cui compose il carm. 3, 26. (161) La traduzione è condotta secondo la correzione ne pereatis t'tem, propo-
(155) Re/ugo è correzione di S. BLOMGREN, In Venantii Fortunati carmina sta da F. Leo in apparato: Venanzio paventava un'hnminente carestia, e tale pensie-
adnotatidnes, "Eranos", XLII (1944), 100-134, 128ss. per re/ugi(t) del mano- ro lo faceva temere per la vita di una delle due destinatarie (cf. GEORGE, Venantius
scritto; suscipit è correzione di F. Leo per suscepit. Fortunatus. A Latin Poet, 174).
APP.ENDlX CARMlNUM, XXXl-XXXlV APPENDlCE AI CARMI, 31-34
In brevibus tabulis mihi carmina magna dedisti, Mi hai donato grandi poesie su piccole tavolette, tu che puoi dare
quae vacuis cetis reddere mella potes: miele ai favi esauriti; tra le gioie della festa ci ammannisci molteplici
multiplices epulas per gaudia festa ministras, pietanze, ma per me, che ne sono avido, sono più nutrienti le tue pa-
sed mihi plus avido sunt tua verba cibus: role. Mi mandi dei versucci composti con linguaggio delicato: con le
versiculos mittis placido sermone refectos, loro parole unisci i nostri cuori. Tutti i piacevoli argomenti che tu trat-
in quorum dictis pectora nostra ligas. ti (163) basteranno agli altri, ma per me stilli la tua lingua il miele più
Omnia sufficiunt aliis quae dulcia tractas, puro (164). Ti supplico di ricordarmi nei devoti conversati delle sorel-
at mihi sinceros det tua lingua favos. le, perché le preghiere per me ti rendano ancor più autenticamente
Supplico me recolas inter pia verba sororum, · mia madre. Se tu mi raccomanderai a tutte le altre, io mi emenderò,
10 verius ut matrem te mea vota probent; così da meritare per 111ezzo tuo ciò a cui la mia causa aspira.
omnibus et reliquis te commendante reformer,
ut per vos merear quod mea causa rogat.
32.
XXXIV. DOMINO SANCTO, MERITIS APOSTOLICIS PRAEDICANDO IN [Si veda carm. 4, 5, 9-10.]
CHR!STO PATRI, Mi\GNER!CO PAPAE, fURTUNATUS HUMILIS
15Grex alitur per te vice praecessoris, alumne, non si pasce più per opera del tuo predecessore, ma grazie a te suo di-
Nec sua damna dolet, dum tua lucra tenet. scepolo, e non si affligge per la perdita, poiché ora possiede saldamen-
Fratribus optandus, iocundus honore ministris. te te. Desiderato dai fratelli, caro per il tuo prestigio ai ministri del
Carius et populis pastor amore places. · culto e ancor più caro e apprezzato quale amoroso pastore del popolo.
Te panem esuriens, tectum hospis, nudus amictum, In te l'affamato trova il pane, il viandante il tetto, chi è nudo trova il
w Te fessus requiem, spem peregrinus habet. vestito, chi è stanco il riposo, lo straniero trova la speranza. Operando
Haec faciens, intende magis, venerande sacerdus, tutto ciò, vescovo venerabile, fa' ancor più in modo di restituire rad"
Ut commissa tibi dupla talenta feras 2 . doppiati i talenti a te affidati. Prega per Fortunato, mio dolce amico:
Pro Furtunato exorans quoque, dulcis amator, dammi la speranza del perdono, o padre, e meriterai per te la palma.
Spem mihi dans veniae, sit tibi palma, pater. Fine (169).
~ Explicit.
~...
,... CmLDERICO I (t 481)
i?
a
~
I
1-·-1 I
~ TEODORICO I CLODOMIRO CHILDEBERTO I co Ultrogota (1) Ingonda C(l CLOTARIO I ro (2) Aregonda
@' (511-533/534) (511-524) (511-558) (511-561)
.,.
~
r I- - ---,
I
I
I I -- -----, - -,
~ TEDDEBERTO I Teodechilde Crotesinda Croteberga CARIBERTO GONTRANO SIGIBERTO I ro Brunichilde CHILPERICO I ro Fredegonda
ci (534-547/548) (561-567/568) (561-592) (561-575) (561-584)
$-
~- I I
I-, ~---~----~----,
,----I I
TEODORICO Il TEODEBERTO Il
(595-613) (595-612)
TAVOLA Ili: MELODIE DI CUI FURONO DOTATI NEL MEDIOEVO
I CARMI DI VENANZIO ENTRATI NELLA LITURGIA.
VIII C,_______________________
~
1
• ~ • •~
car-ne
• pen• - dit• Iat/i- que• cm -
)Je- o - re su
Il
• • ,. • r- - ~I=~~==~~---
vul - ne -
ra no- stra la vftt.1
rl ·
•• I\ I\ .--=-- • l
p •
Ange, lingua, glo-ri· 6· si prreli· um certami· nis,
G• f;t •
n. •
et su· per cru· cis tro-p<é· o
•
dic tri· umphum n6bi· lem,
.,.. .. 11
e • ~.. • 1\1 •
qua-li· ter red·émptor orbis
• .,.. . Il
immo-la· tus vice· rit.
Tavola II. Il regno franco dopo la spartizione tra i figli di Clotario I (561)
e dopo il trattato di At1delot (587). 2. carm. 2, 2 (vv. L12; 16-30. Antiphonale Romanum. To1nus alter.
(Da Atlante storico illustrato De Agostini, Novara 1974, p. 34) Liber hy1nnarius cum invitatoriis et aliquibus responsoriis, Solesmis 1983, pp. 61-65).
ADDENDA
'I
•a ~.. • .,. .- 1 • • =lii • a
V Exil-la re·
ri· um, quo carne carnis c6ndi-tor suspén· sus est pa·
tlbu·lo,
3. carm. 2, 6 (vv. 1"4; 9"12; 17-24; 29-32. Antiphonale Romanum. Tomus alter.
Liber hy1nnarius cutn invitatoriis et aliquibus responsoriis, Solesmis 1983, pp. 58-60).
IV
~F'----r.---.---.-1 ••_____:.-~=~·1==-=---------
• •
cum DOmi-no dona red .. isse su- o. Salve.
4, carm, 3, 9 (vv, 39-40; 31-34; 37-38; 47-48; 55-56; 59-62; 65-69; 73-76; 79-80; 89-94,
Processionale monasticum ad usum congregationis Gallicae sancti Benedicti,
Solesmis 1893 [rist. anast, t'bid. 1983], pp. 62-65).
i
i. 1.rl'
111·1
- Pag. 35 nota 121: Da segnalare che in anni recenti si è proposto
di anticipare la data del trattato di Andelot al 586, cf. W. A. EcKARDT,
Die Decretio Childeberti und ihre Ubersetzung, "Zeitschrift der Savi-
gny-Stiftung fiir Rechtsgeschichte", germanische Abteilung, LXXXIV
(1967), 1-71, 67ss. Tale cronologia alta è stata ora ripresa da E. MALA-
SPINA, Letterati forestieri al servizio della corte austrasica (511-596), in
Incontri di popoli e culture tra V e VIII secolo. Atti delle V giornate di
studio sull'età romanobarbarica, Benevento, 9-11 giugno 1997, a cura
di M. Rotili, Napoli 1998, 59-88, 82ss. l:autrice attribuisce inoltre a
Venanzio Fortunato la lettera 43 delle Epistolae Austrasicae (snlle qua-
li si veda p. 67 nota 93), che la tradizione manoscritta assegna a nn al-
trimenti sconosciuto Furtuna. Tale lettera fu inviata, assieme ad altre
tre, tra la fine del 585 e gli inizi del 586, dalla corte d' Austrasia a Co-
stantinopoli con lo scopo di ottenere dall'imperatore Maurizio la con-
segna, o almeno la protezione di Atanagildo, figlio neonato del princi-
pe visigoto Ermenegildo e di lngonda sorella di Childeberto IL Erme-
negildo infatti, avendo abiurato l'arianesimo e abbracciato la fede cat-
tolica, si era sollevato contro il padre Leovigildo che lo sconfisse e lo
uccise dopo aver consegnato lngonda con il figlio ai Bizantini per ga-
rantirsi la loro neutralità. Ora Childeberto II tentava di farsi conse-
gnare sorella e nipote. In questa lettera si avrebbe pertanto una testi-
monianza di un'immediata ripresa di contatti tra Venanzio e la corte
di Metz già all'indomani della riannessione di Tours e Poitiers al re-
gno austrasiano.
- Pag. 317 nota 66: Quanto al!' argomento del carme, secondo A.
BASTIAENSEN, recensione a Venance Fortunat. Poèmes. Tome II, livres
V-VIII. Texte établi et traduit par M. Reydellet, "Mnemosyne" LIII
(2000), 740-745, 742s., Gregorio di Tours avrebbe inviato al poeta un
esemplare del Salterio con sue note di commento. Di quest'opera ese-
getica rimangono soltanto scarsi frammenti (ed. B. Krusch, MGH
SRM I, Hannoverae 1885 [rist. anast. ivi 1992], 874-877.
' - Pag. 367 nota 86: Per la clausola del verso 367 lo stato della tra-
dizione manoscritta non è conoscibile in modo perspicuo dalle edizio-
ni moderne: quella di F. Leo ha dote tonantis, mentre M. Reydellet
stampa voce tonantis; nessuno dei due editori però segnala nel proprio
11
I'
I apparato l'esistenza della rispettiva lezione rigettata.
Sigle e abbreviazioni . . . . . . pag. 8
- Pag. 372 nota 107: Secondo W. GUNDLACH, Die Sammlung der
Epistolae Austrasicae, "Neues Archiv der Gesellschaft fiir altere deut- Sigle e libri della Bibbia (latino)
sche Geschichtskunde" XIII (1888), 367-387, 369, destinatario di EPI- » 10
ST. Austras. 12 sarebbe proprio Venanzio: con essa Dinamio avrebbe
risposto a carm. 6, 10. Sigle e libri della Bibbia (italiano) » 11
- Pag. 413 nota 83: Si veda ora P. LENDINARA, Considerazioni sulla Avvertenza ' ..... » 13
scrittura dei Germani in Venanzio Fortunato, "Annali dell'Istituto
Orientale di Napoli. Sezione germanica", II (1992), 25-49. Introduzione generale . » 15
- Pag. 508 nota 13: Ora la MALASPINA, Letterati forestieri, 83, ve- Bibliografia . . . . . . » 39
de nella destinataria la moglie del Salutare cui è indirizzata con il me-
desimo intento epist. (carm. 10, 2) ..
- Pag. 555 nota 15: Sul regime alimentare nel monastero di Santa CARMINUM LIBRI XI
Croce si può vedere M. M. RrvERA GARRETAS, Radegunda,. Agnes y UNDICI LIBRI DI CARMI
Baudonivia: la alimentaci6n, in Textos y espacios de mujeres, Barcelona
1990, 51-64.
Introduzione » 51
- Pag. 608 nota 23: ll mutamento di rapporti tra Erode e Pilato in
seguito alla vicenda del processo a Gesù è testimoniato in Le 23, 12: Prefazione . » 88
Et facti sunt amici Herodes et Pilatus in ipsa die: nam antea inimici Capitoli dei libri
erant ad invi'cem. » 95
Libro primo . » 109
- Pag. 664 nota 165: Recentissimamente la MALASPINA, Letterati Libro secondo
forestieri, 82, si è espressa per una datazione attorno al 586; nondime- » 147
no l'insistenza del poeta sulla figura di Nicezio, predecessore di Ma- Libro terzo . » 185
gnetico, rende più probabile la datazione tradizionale, a ridosso della
Libro quarto » 241
successione,
Libro quinto » 283
Libro sesto . » 329
Libro settimo . » 379
Libro ottavo » 423
Libro nono . » 465
Libro decimo . » 501
Libro undicesimo » 547
680 INDICE GENERALE
EXPOSITIO SYMBULI
SPIEGAZIONE DEL SIMBOLO
Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 597
Spiegazione del Simbolo . . . . . . . . . . . . . . . . . . » .601
APPENDIX CARMINUM
APPENDICE AI CARMI
Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 616
Appendice ai carmi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 623
TAVOLE
Addenda . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 677
CORPUS SCRIPTORUM ECCLESIAE AQUILEIENSIS VIII/z Venanzio Fortunato, VITA DI MARTINO E DI ALTRI SANTI
VI
Girolamo, APOLOGIA CONTRO RUFINO, LETIERE, PROLOGHI
VII
Eugippio Abate, VITA DI SEVERINO, REGOLA, LETTERA A PROBA,
ESTRATTI DALLE OPERE DI SANT' AGOSTINO