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— Istologia Biologia

— Istologia
L’istologia è la branca della biologia finalizzata allo studio dei tessuti.

L’insieme delle cellule deputate allo svolgimento di una medesima funzione


definisce un tessuto e, dall’associazione di questi, si formano gli organi.

Nell’essere umano, definiamo 4 grandi tipologie di tessuto:

→ tessuto epiteliale
→ tessuto connettivo
→ tessuto muscolare
→ tessuto nervoso
— Da dove derivano i tessuti?
Tutti i tessuti, così come tutte le cellule dell’organismo derivano dalla
stessa cellula di partenza, ovvero lo zigote, che attraverso una serie di
divisioni mitotiche successive genera l’embrione.

Le cellule dello zigote e quelle dello stadio immediatamente successivo


(morula) sono definite totipotenti ovvero sono in grado di generare
tutti i tipi di tessuti embrionali ed extra-embrionali.

Dalle divisioni cellulari successive, le cellule perdono la totipotenza e


diventano pluripotenti ovvero in grado di generare tutti i tessuti
embrionali ma NON quelli extraembrionali. Dal differenziamento di
queste avranno origine i tre foglietti embrionali.

Le cellule pluripotenti nel processo di differenziamento diventano


multipotenti, indirizzate verso una specifica funzione tissutale, come
ad esempio per le cellule del midollo osseo.

Infine, le cellule unipotenti che hanno un potenziale differenziativo,


limitato ad un unico citotipo.
— Tessuto epiteliale
È il tessuto deputato alle funzioni di: rivestimento, secrezione, assorbimento e percezione.

È costituito da cellule di forma regolare, strettamente coese senza grandi spazi extracellulari. Tipicamente poggia
su un supporto chiamato membrana basale costituita da glicoproteine e fibre collagene.

In base alla forma delle cellule costituenti può essere classificato in:
→ pavimentoso
→ cubico
→ cilindrico

In base al numero di strati cellulari può essere classificato in:


→ semplice/monostratificato
→ pseudostratificato
→ pluristratificato

In base alla funzione:


→ di rivestimento
→ ghiandolare
→ sensoriale
— Epitelio di rivestimento
Il tipo di epitelio di rivestimento più “famoso” è indubbiamente
l’epidermide ovvero lo strato più superficiale della cute. È costituito da
un epitelio pavimentoso pluristratificato cheratinizzato.

Tuttavia, anche tutte le superfici interne dei visceri cavi sono rivestite da
un tessuto epiteliale che, assieme al connettivo sottostante definisce lo
strato chiamato mucosa.

Questi epiteli possono essere pavimentosi pluristratificati come


nell’esofago oppure cilindrici semplici come nell’intestino, oppure
cilindrico pseudostratificato come nelle vie aeree.

Inoltre, molto spesso la funzione di rivestimento è associata ad un’altra


funzione, specifica per l’organo del quale il tessuto fa parte. Ad esempio
la capsula di Bowman avrà la funzione di filtrazione, l’intestino quella di
assorbimento.
— Epitelio ghiandolare
Le cellule di un tessuto epiteliale possono anche avere funzione di secrezione. Tali cellule possono essere sparse
all’interno di un epitelio di rivestimento, come accade ad esempio nello stomaco o nell’intestino, oppure
possono essere organizzate a formare strutture specializzate nella secrezione come le ghiandole.

Le ghiandole vengono divise in due grandi gruppi in base alla modalità di secrezione:
→ esocrine: riversano il secreto all’esterno del corpo oppure in cavità comunicanti con l’esterno; sono costituite
da cellule secernenti disposte attorno ad una cavità, questa struttura chiamata adenomero è in continuità con
l’esterno tramite il dotto escretore.
→ endocrine: riversano il secreto all’interno del circolo ematico e sono prive del dotto escretore.
— Epitelio sensoriale
L’epitelio sensoriale è specializzato nella percezione degli stimoli.
Si tratta di cellule epiteliali in connessione con terminazione nervose;
l’epitelio entra in contatto con lo stimolo che verrà trasmesso al
sistema nervoso. Sono epiteli sensoriali:
→ papille gustative
→ cellule acustiche dell’orecchio interno
→ cellule olfattive
→ coni e bastoncelli retinici

ATTENZIONE! In realtà gli ultimi due epiteli sensoriali non sono


propriamente epiteli bensì neuroepiteli essendo costituiti da neuroni
che però per la loro localizzazione, ricordano maggiormente un
epitelio e non il tessuto nervoso.
— Tessuto connettivo
Il tessuto connettivo svolge innumerevoli funzioni, che possiamo
racchiudere in due parole chiave: sostegno e collegamento.

Il tessuto connettivo è costituito da citotipi diversi in relazione alla


tipologia di connettivo che andiamo a considerare; le cellule del
connettivo propriamente detto sono rappresentate dai fibroblasti.

Le cellule del connettivo sono disperse all’interno della matrice


extracellulare, costituita da fibre di natura proteica immerse all’interno
della sostanza fondamentale.

Componente proteica: fibre collagene, fibre reticolari e fibre di


elastina; sulla base del tipo di fibre collagene e del rapporto di
collagene/elastina si definiscono le proprietà biomeccaniche di un
determinato connettivo.

Sostanza fondamentale: proteoglicani formati da un core proteico di


collagene; hanno potere idrofilo e conferiscono alla matrice la sua
consistenza amorfa/ di gel.
— Tessuto connettivo
Sulla base del tipo cellulare e delle caratteristiche della matrice distinguiamo le seguenti tipologie di connettivo:

→ Tessuto connettivo propriamente detto


→ Tessuto adiposo
→ Tessuto cartilagineo
→ Tessuto osseo
→ Sangue
— Tessuto connettivo
propriamente detto
È il tessuto di riempimento per la maggior parte degli organi.

Citotipo caratteristico: fibroblasti. Tali cellule sono immerse in una


sostanza amorfa che possiamo immaginare come un gel, chiamata
sostanza fondamentale.
Il connettivo propriamente detto può essere essenzialmente di due
tipologie:
→ Connettivo denso
→ Connettivo lasso
— Tessuto connettivo
propriamente detto
Il connettivo denso è costituito da fibre collagene disposte
parallelamente oppure intrecciate per formare una struttura solida e
compatta che possa fungere da sostegno, come per il derma della
cute. Inoltre nel connettivo denso è presente una percentuale
variabile di elastina, molto rappresentata in strutture come le corde
vocali o la tonaca media delle arterie di grandi calibro. Anche i tendini
e i legamenti sono formati da connettivo denso con % variabili di
elastina.

Il connettivo lasso è costituito da fibre reticolari e fibre


collagene disposte in modo meno coeso con abbondante sostanza
fondamentale. La sua funzione è di riempimento tra le cellule e
attraverso di esso avvengono scambi gassosi e di nutrienti.
— Tessuto adiposo
Il tessuto adiposo è un connettivo specializzato, il cui citotipo è
rappresentato dall’adipocita.

Questo tessuto svolge numerose funzioni:


→ Deposito di trigliceridi
→ Isolamento termico
→ Protezione degli organi interni
→ Carattere sessuale secondario
→ Termogenesi

Si tratta di un tessuto in cui la matrice cellulare è molto scarsa e in cui


prevalgono gli elementi cellulari e sulla base di questi si distinguono due tipi
di tessuto adiposo: tessuto adiposo bianco e tessuto adiposo bruno.

Il primo è costituito da adipociti di forma sferica ricolmi di lipidi tanto da


sembrare cellule vuote. Il secondo è formato da cellule più piccole piene di
mitocondri deputati alla produzione di calore/ termogenesi.
La termogenesi avviene dissipando il gradiente protonico accumulato a
livello della matrice mitocondriale senza produrre ATP ma solo calore.
— Tessuto cartilagineo
Il tessuto cartilagineo rappresenta il costituente dello scheletro fetale, prima che abbia inizio il processo di
ossificazione e permane nell’adulto in siti specifici come: padiglione auricolare, naso, laringe e trachea e
cartilagini articolari.

I citotipi caratteristici sono: condroblasti e condrociti. La cartilagine non è né vascolarizzata nè innervata.

La funzione dei condroblasti è quella di produrre la matrice extracellulare della cartilagine, formata da fibre
collagene mescolate a quelle elastiche e a glicosaminoglicani, con una consistenza “gommosa” al fine di
resistere efficacemente agli urti.

Dopo aver rilasciato la matrice i condroblasti ne rimangono intrappolati e si differenziano in condrociti che
hanno un’attività metabolica meno intensa.
— Tessuto osseo
Il tessuto osseo è un connettivo specializzato costituito da elementi cellulari e matrice extracellulare che in
questo particolare caso consta sia di una componente organica sia di una inorganica.
→ Citotipi del tessuto osseo: osteoblasti, osteoclasti e osteociti.

La matrice extracellulare è formata da fibre collagene che assicurano la flessibilità dell’osso e da sali di calcio come
fosfato di calcio, carbonato di calcio e fluoruro di calcio (nel complesso la componente minerale è detta
idrossiapatite).

Distinguiamo due tipologie di tessuto osseo:

→ tessuto osseo non lamellare: è il tessuto osseo presente durante la fase di ossificazione e in fase di
riparazione delle fratture; in esso le fibre collagene sono disposte irregolarmente.

→ tessuto osseo lamellare: è il tessuto osseo che abbiamo nello scheletro maturo, caratterizzato dalla
disposizione ordinata delle fibre collagene.
— Funzioni del tessuto osseo
→ forma lo scheletro ovvero l’impalcatura dell’organismo;

→ è la principale riserva di calcio dell’ organismo;

→ è la sede dell’ emopoiesi;

→ protezione degli organi interni;

→ consente la deambulazione.
— Tessuto osseo
Da un punto di vista istologico distinguiamo due tipi di tessuto osseo:
→ Tessuto osseo compatto
→ Tessuto osseo spugnoso

Il primo è il costituente della diafisi delle ossa lunghe e della porzione esterna delle
epifisi, delle ossa piatte e delle ossa brevi. È costituito da un’unità strutturale
chiamata osteone anche detto sistema di Havers.

Il secondo è il costituente della porzione centrale delle epifisi, delle ossa piatte e
delle ossa brevi. È costituito da trabecole ossee che alleggeriscono la struttura più
leggera e meno rigida.
— Diafisi ed epifisi
Epifisi: sono le due estremità delle ossa lunghe,
leggermente rigonfiate ed unite dalla diafisi centrale;

Diafisi: rappresenta la parte centrale delle ossa lunghe.


— Tessuto osseo
Osso compatto: l’unità di base è detta osteone; esso è
formato da un canale centrale detto Haversiano nel
quale decorrono i vasi sanguigni e i nervi, inoltre i canali
centrali di osteoni diversi sono connessi da canali
perforanti (di Volkmann).

Attorno al canale centrale si dispongono in modo


concentrico gli osteociti alloggiati all’interno di apposite
lacunee ossee e, tra il canale centrale e tutte le lacune, si
distribuiscono a raggiera i canalicoli che assicurano il
passaggio delle sostanze nutritizie.
— Osso spugnoso
Nel tessuto osseo spugnoso non ritroviamo i sistemi haversiani ma l’unità strutturale è la trabecola costituite da
cellule ossee e fibre tenute assieme da fibre collagene, disposte a formare una rete nei cui spazi può essere
presente il midollo osseo.

Trabecola ossea
— Midollo osseo
All’interno delle cavità del tessuto osseo è alloggiato il cosiddetto
midollo osseo. Ne esistono due tipologie:
→ midollo giallo: costituito da tessuto adiposo che ne determina il
colore caratteristico.
→ midollo rosso: costituito da cellule staminali emopoietiche in grado
di differenziarsi sia secondo la linea mieloide che secondo la linea
linfoide contiene inoltre numerose cellule accessorie come fibroblasti,
adipociti, osteoblasti, osteoclasti ed elementi staminali endoteliali.

Nel bambino il midollo rosso si trova soprattutto nel canale midollare


della diafisi; nell’adulto il canale midollare è occupato dal midollo giallo
mentre il midollo rosso si trova nel tessuto osseo spugnoso delle epifisi e
delle ossa piatte.
— Tessuto osseo
Infine ricordiamo che nella struttura del tessuto osseo sono
anche presenti due strati di connettivo riccamente popolato da
osteoblasti e osteoclasti, che si attivano durante la crescita
ossea e in caso di rimodellamento:

→Periostio: riveste le ossa esternamente interrompendosi solo


a livello delle cartilagini articolari e nei punti di inserzione di
tendini e legamenti
→Endostio: riveste internamente il canale midollare della diafisi
delle ossa lunghe
— Ossificazione
Lo scheletro fetale è costituito da cartilagine che gradualmente viene sostituita da tessuto osseo.

Si ha innanzitutto la formazione di un centro primario di ossificazione che si estende dalla diafisi in direzione
epifisaria. L’ossificazione è resa possibile dall’azione degli osteoblasti che rilasciano matrice sulla quale precipitano i
sali di calcio, mineralizzandola.
In questo modo gli osteoblasti rimangono intrappolati nella matrice mineralizzata e si differenziano in osteociti.
Gli osteoclasti invece riassorbono il tessuto osseo a livello delle superfici interne in modo da bilanciare la crescita
longitudinale dell’osso con uno spessore adeguato.
— Ossificazione
Durante la pubertà l’accrescimento verticale delle ossa sarà reso possibile dalla presenza di cartilagine in sede
metafisaria, ovvero nella porzione di osso tra epifisi e diafisi. Grazie all'azione dell'ormone della crescita (growth
hormone) è in questa sede che si ha l’apposizione di nuovo osso e il conseguente aumento dell’ altezza.

Un deficit di questo ormone può essere causa di nanismo, mentre un suo eccesso è alla base del gigantismo.
— Tessuto muscolare
È il tessuto deputato all’esecuzione dei movimenti, sia volontari che involontari, può essere suddiviso in tre
tipologie:
→ tessuto muscolare striato
→ tessuto muscolare liscio
→ tessuto muscolare cardiaco
La contrazione si realizza grazie alla presenza, all’ interno delle cellule di questo tessuto, di proteine contrattili ossia
proteine che, attraverso il consumo di energia sotto forma di ATP, sono in grado di “scivolare” le une sulle altre a
seguito di impulsi di natura nervosa. Tali proteine sono l’actina e la miosina.
— Muscolo striato
Il tessuto muscolare striato, anche detto scheletrico deve questa
denominazione all’aspetto delle cellule all’immagine microscopica.

Esso costituisce i muscoli scheletrici ovvero quella muscolatura


che agendo sullo scheletro consente il mantenimento della
postura e la deambulazione. È un muscolo sotto controllo
volontario da parte del sistema nervoso.

Le cellule di questo tessuto sono di forma allungata e sono


chiamate fibrocellule striate o più comunemente fibre
muscolari.
Esse rappresentano il risultato della fusione di più elementi
embrionali detti mioblasti che si uniscono a formare un sincizio.

La disposizione in parallelo di centinaia di migliaia di fibre


costituisce quello che chiamiamo muscolo.
— Organizzazione istologica del muscolo
Le singole fibre muscolari sono racchiuse da una lamina di
connettivo chiamata endomisio.

Più fibre si associano a formare un fascio muscolare che a


sua volta è rivestito da una seconda lamina connettivale detta
perimisio.

Infine l’associazione dei fasci muscolari definisce il muscolo


vero e proprio rivestito da un’ultima lamina detta epimisio.

Il muscolo si inserisce sull’osso che si muove per mezzo del


tendine.
— Muscolo striato
Com’è fatta la fibra muscolare? Per poter capire la fisiologia
della contrazione scheletrica è imprescindibile l’analisi
miscoscopica del muscolo striato.

La membrana plasmatica della fibra è detta sarcolemma,


essa forma delle invaginazioni, chiamate tubuli T, che si
portano verso l’interno del citoplasma, chiamato
sarcoplasma e prendono contatto con il reticolo
sarcoplasmatico (ovvero il REL della fibra muscolare). I nuclei
della fibra sono in posizione periferica.

Il sarcoplasma è quasi completamente occupato dalle


proteine contrattili che si dispongono a formare le
miofibrille.

Ogni miofibrilla possiede filamenti sottili, costituiti da actina


e filamenti spessi, costituiti da miosina.
— Muscolo striato
Nella miofibrilla i filamenti di actina e di miosina sono disposti a
formare delle unità funzionali chiamate sarcomeri.

Le estremità del sarcomero sono dette linee Z e sono gli estremi a cui si
ancorano i filamenti di actina.

In posizione centrale abbiamo la linea M a cui si ancorano i filamenti di


miosina.

La zona H è la regione chiara centrale formata solo da filamenti spessi.

La banda I è la regione chiara periferica formata solo da filamenti


sottili.

La banda A è la porzione scura centrale formata dalla sovrapposizione


di filamenti sottili e spessi.
— Muscolo striato
Banda I è la regione
chiara periferica formata
solo da filamenti sottili.
Banda A è la porzione scura
centrale formata dalla
sovrapposizione di filamenti
sottili e spessi.

Linee Z e sono gli


estremi a cui si
ancorano i filamenti di
actina.
— Meccanismo della contrazione
I filamenti sottili sono costituiti da due catene di molecole di actina a cui
si aggiungono due proteine regolatrici: troponina e la tropomiosina. In
condizioni di riposo le proteine regolatrici impediscono l’interazione tra
actina e miosina.

Cosa scatena la contrazione?

L’impulso nervoso scatena un potenziale d’azione che si propaga


lungo il sarcolemma e attraverso i tubuli T raggiunge il reticolo
sarcoplasmatico, che rilascia ioni Ca2+.

Il Ca2+ si lega alle proteine regolatrici, modificandone la conformazione


e consentendo l’attacco delle teste di miosina sulle catene di actina,
che si avvicineranno occupando la zona H.
— Meccanismo della contrazione
A questo punto, le teste di miosina e le catene di actina non
potranno essere scisse fino al momento in cui il legame di una
nuova molecola di ATP consentirà la separazione tra le due
proteine contrattili!

L’ATP non attiva la contrazione ma consente il


rilasciamento!

La sintesi di ATP avviene attraverso la respirazione cellulare in


sede mitocondriale ma, quando l’ esercizio fisico è prolungato e
le riserve di ossigeno scarseggiano, la fibra muscolare usa la
glicolisi e produce acido lattico.

Nel muscolo l’O2 è veicolato oltre che dall’emoglobina anche dalla


mioglobina.
— Unità motoria
Si definisce unità motoria l’insieme del motoneurone e di tutte le fibre muscolari da esso innervate.
Il punto di collegamento tra neurone e fibra muscolare è una particolare sinapsi chiamata giunzione
neuromuscolare o placca motrice, a livello di quest’ultima il neurone di moto rilascia acetilcolina che agendo su
recettori del sarcolemma ne determina la depolarizzazione.

Il potenziale d’azione generatosi si propaga lungo a fibra (tubuli T) e consente il rilascio di Ca 2+ che attiva l’intero
meccanismo.

Minore è il numero di fibre muscolari connesse allo stesso motoneurone maggiore sarà la finezza di
controllo sul muscolo contenente quelle fibre.
— Tipi di fibre muscolari
Distinguiamo due tipi di fibre:

→ fibre rosse: di piccolo diametro, ben vascolarizzate, ricche di mitocondri


e mioglobina. Sono deputate alla contrazione “lenta e prolungata”.
Coinvolte nel metabolismo aerobico.

→fibre bianche: di grande diametro, poco vascolarizzate, povere di


mitocondri e mioglobina, ma ricche di glicogeno. Sono deputate alla
contrazione “rapida e breve”. Coinvolte nel metabolismo anaerobico.

La contrazione è detta isometrica quando si modifica il tono muscolare


senza variazioni della lunghezza del muscolo.

La contrazione è detta isotonica quando si modifica la lunghezza del


muscolo senza variazioni del tono muscolare.
— Muscoli principali
— Muscolo liscio
Il tessuto muscolare liscio:
→ è costituito da fibre mononucleate e non da elementi sinciziali
→ alla microscopia non ha un aspetto a bande come lo striato per la
disposizione irregolare delle proteine contrattili
→ ha un meccanismo di contrazione uguale allo striato
→ costituisce la parete muscolare degli organi interni

È controllato da: sistema nervoso autonomo (il parasimpatico ne attiva la


contrazione mentre il simpatico la inibisce) e dall’azione ormonale.

Pur non essendo un sincizio (fusione di due o più cellule tra loro, con la
formazione di una sola cellula multinucleata) da un punto di vista
anatomico il muscolo liscio lo è da un punto di vista funzionale, una volta
giunto lo stimolo questo si propaga in tutte le cellule e genera una
contrazione ordinata.
— Muscolo cardiaco
Il muscolo cardiaco presenta caratteristiche intermedie tra il muscolo
scheletrico e il muscolo liscio.

Come il primo è striato per la disposizione delle fibre contrattili e come il


secondo è involontario e costituito da cellule indipendenti fra loro.

Le cellule muscolari cardiache costituenti il miocardio comune hanno


una disposizione ramificata e sono unite le une alle altre per mezzo di
giunzioni chiamate dischi intercalari o strie scalariformi. Queste
giocano un ruolo di fondamentale importanza perché assicurano la
propagazione dell’impulso tra le fibrocellule e la realizzazione di una
contrazione coordinata.

A generare la contrazione in questa sede non è nè il SN volontario nè


quello autonomo, ma è un gruppo di cellule specializzate organizzate a
livello dei pacemakers cardiaci, costituenti il miocardio specifico. Il SN
autonomo può influire sulla frequenza ma non è in grado di generare
l’impulso.
— Tessuto nervoso
Il tessuto nervoso è costituito da due tipi di cellule: neuroni
e cellule gliali (neuroglia).

I primi sono cellule specializzate nella comunicazione; il


sistema nervoso infatti è deputato alla ricezione di segnali
tramite i neuroni sensoriali e alla trasmissione di messaggi
tra neuroni e cellule effettrici che possono essere: neuroni,
fibrocellule muscolari o ghiandole.

Le seconde hanno svariati compiti: sostengono le cellule


nervose filtrano le sostanze che arrivano nel sistema
nervoso per mantenere costante l’ambiente extracellulare
e, alcune di queste avvolgono i neuroni mielinizzandoli per
aumentare la velocità di conduzione.
Tra le cellule gliali abbiamo: astrociti, oligodendrociti, cellule
di Schwann, ependimociti e microglia.
— Neurone
I neuroni rappresentano circa il 10% del tessuto nervoso e
sono cellule dotate di eccitabilità e conducibilità.

Sono formate da un corpo cellulare o soma/ pirenoforo


contenente nucleo e gran parte del citoplasma con gli
organuli cellulari.

I neuroni si caratterizzano per la presenza di due o più


prolungamenti citoplasmatici definiti neuriti.

I prolungamenti citoplasmatici che conducono l’impulso in


direzione centripeta, ovvero verso il soma sono detti
dendriti, il prolungamento citoplasmatico principale che
veicola l’impulso in direzione centrifuga è detto assone (a
volte anche neurite).
— Neurone
Gli assoni dei neuroni, sia nel SNC (sistema nervoso
centrale) che nel SNP (sistema nervoso periferico) sono
circondati da una guaina mielinica, sostanza lipidica che
isola elettricamente i punti dell’assone che ne sono rivestiti
rendendo possibile la conduzione saltatoria.

Il rivestimento di mielina è realizzato da specifiche cellule


gliali che si avvolgono attorno all’assone; queste cellule
saranno gli oligodendrociti a livello del SNC e le cellule di
Schwann a livello del SNP.

I segmenti di assone che rimangono “scoperti”, chiamati


nodi di Ranvier, rappresentano i siti in cui si propaga il
potenziale d’azione che può così saltare da un nodo all’altro,
rendendo rapida la conduzione.
— Potenziale di membrana
I neuroni sono cellule polarizzate, ciò significa che, a causa
della diversa distribuzione di cariche sui due lati della
membrana plasmatica, è possibile definire un potenziale di
membrana pari a -70 mV nelle condizioni di riposo.

Il potenziale si crea dal momento che c’è una maggiore


concentrazione di cariche positive all’esterno della
membrana, per la presenza a livello del liquido interstiziale
di ioni Na+ e una maggiore concentrazione di cariche
negative all’interno della membrana, dovute soprattutto ai
gruppi fosfato delle macromolecole organiche.
In generale nel liquido interstiziale gli ioni più concentrati
sono l’Na+ e Cl-, mentre a livello intracellulare lo ione
positivo più concentrato è il K+.
— L’impulso nervoso
Il passaggio degli ioni da un lato e l’altro della membrana plasmatica viene mantenuto grazie alla presenza di
canali ionici e soprattutto della pompa Na+/K+.
Poiché spontaneamente il sodio tende ad entrare all’interno della cellula e il potassio ad uscire (anche se ciò
accade in modo molto lento essendo la membrana poco permeabile) è necessaria l’azione della pompa Na+/K+
per mantenere la differenza di concentrazione.

Essa consumando ATP pompa 3 ioni Na+ verso l’esterno e internalizza 2 ioni K+.

Oltre a questi canali ne esistono altri lungo la membrana chiamati canali voltaggio dipendenti per il sodio, il
potassio e per il calcio. Sarà l’apertura di questi a scatenare il potenziale d’azione.
— L’impulso nervoso
Per poter generare l’impulso nervoso è necessario modificare il
potenziale di membrana in modo da innescare quella che viene
definita depolarizzazione della membrana. Una depolarizzazione è
un aumento del potenziale di membrana mentre una
ripolarizzazione sarà l’abbassamento del potenziale al di sotto del
valore a riposo.

Per fare ciò come prima cosa l’azione di uno stimolo determina un
aumento del potenziale di membrana che passa dal valore a riposo
di -70 mV al valore di -50 mV anche chiamato valore soglia.

Il raggiungimento del valore soglia consente l’apertura dei canali


del sodio voltaggio-dipendenti. Questo evento scatena il
potenziale d’azione poichè attraverso questi canali il sodio
acquisisce la libertà di fluire dall’esterna all’interno della membrana,
facendo aumentare il potenziale di membrana che si inverte
diventando positivo e raggiungendo un valore massimo di circa + 30
mV.
— Le sinapsi chimiche
Abbiamo definito l’impulso nervoso come un segnale di tipo
elettrochimico questo perchè affinché il potenziale d’azione di
propaghi da un neurone a quello successivo oppure a livello
dell’organo effettore è indispensabile l’intervento di “messaggeri”
chimici chiamati neurotrasmettitori.

Al termine dell’assone troviamo il cosiddetto bottone sinaptico o


terminale pre-sinaptico nel quale sono immagazzinate vescicole
contenenti molecole di neurotrasmettitore.

Il sopraggiungere del potenziale d’azione apre i canali del calcio


voltaggio dipendenti consentendo l’ingresso del Ca2+ che permette
l’esocitosi delle vescicole e il rilascio dei neurotrasmettitori nello
spazio sinaptico o fessura sinaptica.
— Le sinapsi chimiche
In questo modo il neurotrasmettitore può raggiungere il terminale
post-sinaptico e a questo livello legarsi ad appositi canali ionici
regolati chimicamente i quali consentono l’ingresso di ioni sodio e
depolarizzano la membrana fino al valore soglia per innescare un
nuovo potenziale d’ azione.

Contemporaneamente le molecole di neurotrasmettitore che non si


sono legate ai recettori e sono rimaste a livello della fessura
sinaptica verranno degradate enzimaticamente (es.
acetilcolinesterasi) oppure ripompati all’interno del terminale
pre-sinaptico. Questo al fine di evitare che la presenza del
neurotrasmettitore causi una persistenza dello stimolo e un
successivo potenziale indesiderato.
— Le sinapsi chimiche
Tra i principali neurotrasmettitori eccitatori abbiamo:

→ acetilcolina: usato a livello della placca motrice come neurotrasmettitore usato dai neuroni di moto.
→ glutammato: principale neurotrasmettitore usato a livello del sistema nervoso centrale.
→ dopamina: tra le numerose funzioni è importante per il movimento volontario ed è il neurotrasmettitore
carente nel morbo di Parkinson.
→ aspartato: svolge un ruolo importante come neurotrasmettitore eccitatorio nel SNC; se liberato in eccesso,
come nel caso dell'ischemia cerebrale, agisce come neurotossina e provoca la morte della cellula nervosa.

Tra i principali neurotrasmettitori inibitori abbiamo:


→ glicina /GABA (Acido-𝛾-amminobutirrico)
→ altre sostanze che possono fungere sia da ormoni che da neurotrasmettitori sono adrenalina e dopamina.
— Le sinapsi elettriche
Il modello che abbiamo descritto è quello della sinapsi chimica ma nell’organismo umano abbiamo anche
un’altra tipologia di sinapsi detta elettrica, importante a livello del muscolo cardiaco e del muscolo liscio per
garantire una contrazione simultanea delle cellule che compongono il tessuto.

Una sinapsi elettrica è una gap junction o giunzione comunicante. Tale giunzione è formata da due unità
contigue chiamate connessoni e costituite da subunità dette connessine. Attraverso questa giunzione si
realizzano scambi ionici bidirezionali.
— Alla prossima Biologia

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