Introduzione all’istologia
il tessuto epiteliale
il tessuto connettivo
il tessuto muscolare
il tessuto nervoso
Il vetrino presente nella slide raffigura una sezione di midollo spinale: si può osservare la sostanza
bianca posta più superficialmente e la sostanza grigia a forma di H, o di farfalla, posta più
internamente. Al centro, è presente il canale centrale.
Tessuto epiteliale
Il primo tessuto trattato è il tessuto epiteliale che può presentarsi sotto due forme:
1. come lamine di cellule poste a mutuo contatto, esse sono rappresentate dagli epiteli che
rivestono il corpo nella sua parte esterna e delimitano la superficie interna dell'organismo.
2. come ghiandole che si originano da cellule epiteliali che emigrano poi nel tessuto
connettivo sottostante.
Le cellule epiteliali svolgono diverse funzioni, tra queste:
sono fittamente stipate con interposta una scarsissima matrice extracellulare che occupa
sottili interstizi intercellulari
sono cellule polarizzate cioè è possibile distinguere un versante basale che guarda verso la
lamina basale sottostante ed un versante apicale che guarda verso la superficie libera
dell'epitelio con caratteristiche strutturali e funzionali diverse
sono tenacemente adese tra di loro e adese alla sottostante lamina basale per la presenza
di specializzazioni di membrana definite strutture di giunzione
è sempre presente una lamina basale che le separa dal tessuto connettivo sottostante
inoltre gli epiteli non sono vascolarizzati e ricevono nutrimento e ossigenazione per
diffusione dai capillari del tessuto connettivo sottostante.
Derivazione: il tessuto epiteliale deriva da tutti e tre i foglietti germinativi: ectoderma, endoderma
e mesoderma, che costituiscono l'embrione nei più precoci stadi dello sviluppo.
Nelle slide ho messo sempre per facilitare la comprensione delle strutture il disegno e l'immagine
istologica.
Epitelio pavimentoso semplice: iniziamo dall’epitelio pavimentoso semplice formato da
cellule piatte di forma irregolare che formano una superficie ininterrotta. Come tutti gli
epiteli questo delicato rivestimento è delimitato dalla membrana basale indicata nel
disegno con le lettere MB. Questo epitelio forma un delicato rivestimento alle cavità
pleurica, pericardica e peritoneale. In queste sedi permette il passaggio di fluidi all'interno
e all'esterno delle cavità. Come riflesso della scarsa attività metabolica di queste cellule, la
cromatina nucleare è addensata e il citoplasma è diffuso e contiene pochi organelli. Sotto il
disegno, un vetrino dove si può osservare la sezione di un capillare con gli eritrociti
all'interno. Le cellule endoteliali indicate con la lettera E sono così piatte che possono
essere riconosciute solo a causa dei loro nuclei che sporgono nel lume vasale. A destra, due
immagini di mesotelio in cui è stato utilizzato il nitrato d'argento: questa tecnica permette
di evidenziare le interdigitazioni molto irregolari dei confini cellulari.
Si riconoscono tre tipi di capillari che differiscono per struttura e per localizzazione:
- capillari continui: i capillari continui si trovano nei muscoli striati, nei polmoni,
nell’encefalo, nella cute e in altri distretti. Le cellule endoteliali sono connesse
mediante giunzioni intercellulari così da formare un rivestimento continuo; le
giunzioni sono del tipo occludente e non permettono il passaggio di molecole.
Sostanze come aminoacidi glucosio, nucleosidi, passano attraverso la parete
attraverso trasporto mediato da carrier. Sono presenti numerose vescicole di
pinocitosi a testimoniare il passaggio trans-endoteliale del materiale.
- capillari finestrati: questi si trovano negli organi in cui è maggiore il trasporto di
materiali fluidi come ad esempio: i villi intestinali dell’intestino tenue, come ad
esempio alcune ghiandole endocrine e il pancreas. Essi sono simili ai continui ma
differiscono per la morfologia delle cellule endoteliali; nei capillari finestrati sono
presenti, nella loro parete, dei pori o finestre con un diametro che va dai 60 agli 80
nanometri e con un diaframma molto sottile, che, se osservato al microscopio
elettronico, presenta 8 fibrille che si sviluppano da una zona centrale formando
piccoli canalicoli. Questi complessi poro-diaframma sono addensati in gruppi. I pori
delle cellule endoteliali dei glomeruli renali non hanno diaframma, anche qui sono
presenti periciti.
- capillari sinusoidi: i capillari sinusoidi sono nel midollo osseo, nel fegato, nella milza
in alcune ghiandole endocrine dove cioè è richiesta una grande permeabilità a
proteine e grosse molecole. Hanno un lume ampio di 30-40 micron irregolare. Sono
dei canali vascolari che si adattano alla forma del distretto che irrorano. La
caratteristica conformazione dei sinusoidi è cioè determinata dal fatto che durante
l’organogenesi vengono a essere modellati tra gli elementi epiteliali dell’organo.
Possiedono finestre senza diaframma.
L’endotelio, come la membrana basale, può essere discontinua e questo facilita gli
scambi tra sangue e tessuto. Per le caratteristiche di barriera selettiva al trasporto
di molecole, l'endotelio regola la permeabilità vascolare. Nelle cellule endoteliali di
questi vasi è attivo il meccanismo della transcitosi, o trasporto transcellulare; è
stato infatti possibile osservare una struttura chiamata organello vesciculo
vascolare formato da un succedersi di grandi vescicole intercomunicanti che
attraversano a tutto spessore la cellula endoteliale, ponendosi in continuità con la
membrana plasmatica sia sul versante interno, e cioè il luminale, sia su quello
esterno cioè extravascolare.
L’epitelio
pavimentoso
semplice è anche
l' epitelio degli
alveoli polmonari,
ultima parte
dell'albero
bronchiale che
inizia con la
biforcazione della
trachea con i
bronchi primari,
destro e sinistro,
che poi formano
rami che
diminuiscono progressivamente di diametro fino ad arrivare ai bronchioli terminali i quali si
dividono nei bronchioli respiratori, quindi nei dotti alveolari che terminano nei sacchi alveolari che
si aprono negli alveoli.
A sinistra, il vetrino rappresenta la porzione terminale dell'albero respiratorio; i bronchioli
terminali indicati con la lettera T sono i passaggi di diametro minore della porzione dell'albero
respiratorio dotata di semplice funzione di conduzione. Oltre questo punto, le ulteriori
ramificazioni cominciano ad essere coinvolte nello scambio dei gas. Ogni bronchiolo terminale, si
divide per formare delle ramificazioni corte e dalle pareti sottili che sono i bronchioli respiratori
indicati con la lettera R che contengono un esiguo numero di alveoli.
L’epitelio dei bronchioli respiratori contiene un esiguo numero di cellule caliciformi ed e formato
principalmente da cellule ciliate di forma cuboidale e da un piccolo numero di cellule non ciliate
che sono le cellule di Clara. Le cellule di Clara hanno le caratteristiche ultrastrutturali delle cellule
secretorie ma non si conosce né la natura né la funzione del loro prodotto di secrezione. Ogni
bronchiolo respiratorio si divide ulteriormente in molte ramificazioni, i dotti alveolari indicati con
le lettere DA che si aprono i numerosi sacchi alveolari SA e alveoli A.
I dotti alveolari conducono nei sacchi alveolari, che sono spazi dilatati, ciascuno dei quali dà
origine a molti alveoli. Ogni alveolo è formato da una tasca aperta su un lato e circondata da
cellule epiteliali estremamente appiattite. Intorno ad ogni alveolo è presente una ricca rete di
capillari polmonari irrorati dai vasi polmonari indicati, con la lettera V, che decorrono
parallelamente alle vie respiratorie.
Epitelio cubico semplice: Questo epitelio rappresenta una forma intermedia tra l’epitelio
pavimentoso semplice e il colonnare semplice. In una sezione perpendicolare alla
membrana basale, le cellule epiteliali appaiono quadrate corrispondenti alla classica
descrizione di epitelio cubico; viste in superficie però presentano una forma poligonale che
definisce piuttosto dei prismi. Il nucleo è generalmente rotondo ed è deposto al centro
della cellula.
L’epitelio cubico semplice riveste in genere piccoli dotti e tubuli che possono avere funzioni
di secrezione e funzione di assorbimento, come ad esempio:
- i piccoli dotti collettori del rene,
- i piccoli dotti delle ghiandole salivari, delle ghiandole sudoripare, del pancreas
esocrino.
- Esso è anche l'epitelio che circonda i follicoli tiroidei
- È quello che delimita la superficie dell'ovario
Il vetrino mostra le cellule che rivestono un piccolo tubulo collettore del rene; nonostante i
confini tra le singole cellule siano indistinti, la forma nucleare definisce un'indicazione
approssimativa circa la forma e le dimensioni delle cellule. Come riflesso dell'intensa
attività metabolica di queste cellule, la cromatina nucleare appare dispersa ed i nucleoli
sono ben evidenti. Il tipo di colorazione presente si chiama colorazione di Azan e mette
particolarmente in evidenza la membrana basale che appare come una spessa linea blu.
Epitelio colonnare semplice: questo epitelio è simile all'epitelio cubico semplice tranne che
per il fatto che le cellule sono più alte e appaiono come colonne in una sezione
perpendicolare alla membrana basale. L'altezza delle cellule può variare in relazione al sito
e al grado di attività funzionale; i nuclei sono allungati e possono essere localizzati alla base
o al centro o, anche se raramente, all'apice del citoplasma. A questo fenomeno si dà il
nome di polarità. L’epitelio colonnare semplice è molto spesso rinvenibile in superfici con
un’intensa attività di assorbimento, quale ad esempio quella dell’intestino tenue, o
altrimenti in superfici che abbiano un’intensa attività secretorie, come quella dello
stomaco.
Il vetrino raffigura parte dell'epitelio molto ripiegato che riveste la tuba uterina. Il tipo
cellulare predominante in questo epitelio è quello colonnare ciliato; i nuclei sono localizzati
verso la superficie luminale delle cellule. Le cellule meno numerose, quelle colorate di blu,
non sono ciliate e hanno una funzione secretoria. Si ritiene che le ciglia dell'ovidotto
generino una corrente di fluido che aiuta il trasporto dell'uovo dall’ovaio all'utero. Come
accade in questo, le ciglia spesso sono agglutinate dalle secrezioni o diventano appiattite
durante l'allestimento dei preparati e quindi sono difficili da distinguere.
L’epitelio colonnare ciliato pseudostratificato può essere distinto da quello stratificato per
due caratteristiche:
1. prima di tutto le singole cellule dell'epitelio pseudostratificato sono polarizzate; il
nucleo cioè è confinato nei 2/3 basali dell'epitelio
2. in secondo luogo, le ciglia non sono mai presenti su epiteli stratificati.
L’epitelio pseudo stratificato è quasi esclusivamente confinato alle alte vie respiratorie dei
mammiferi e quindi è spesso definito epitelio respiratorio.
Il vetrino mostra il rivestimento interno di un bronco: le ciglia dell'epitelio respiratorio
muovono continuamente, in direzione della faringe, uno strato di muco contenente
particelle invischiate creando ciò che viene chiamato e descritto comunemente come scala
mobile muco-ciliare.
Epitelio respiratorio: Entriamo in modo più dettagliato nella struttura dell'epitelio
respiratorio: a sinistra, un’immagine al microscopio elettronico; a destra, un disegno
schematico.
Gli epiteli stratificati sono epiteli formati da due o più strati di cellule. A differenza di quelli
semplici, la loro principale funzione è quella protettiva, e il grado e la natura della stratificazione
sono in relazione allo stress fisico al quale è esposta la superficie. In generale gli epiteli stratificati
non sono adatti alle funzioni di secrezioni e a quelle di assorbimento, a causa del loro spessore
anche se alcune superfici stratificate sono moderatamente permeabili all'acqua e ad altre piccole
molecole.
La classificazione degli epiteli stratificati fa riferimento in genere alle caratteristiche dello strato
più superficiale poiché le cellule dello strato basale sono perlopiù di forma cuboide.
Questi siti sono solitamente sottoposti ad una moderata abrasione e sono mantenuti umidi
dalla secrezione di ghiandole locali.
Se noi osserviamo il vetrino in alto sulla destra, abbiamo un tessuto pavimentoso
stratificato non cheratinizzato, in particolare questo mostra l'epitelio della cervice uterina;
si può osservare l'alta cellularità dello strato basale e la trasformazione attraverso le grandi
cellule poligonali degli strati intermedi fino alle cellule appiattite degenerate dello strato
superficiale. La linea di separazione tra l'epitelio e il connettivo sottostante è di solito
irregolare, questa è una caratteristica che può aumentare l'adesione dell'epitelio al tessuto
sottostante. Mentre il vetrino che è nella parte bassa sempre a destra, mostra un epitelio
pavimentoso stratificato cheratinizzato; questa forma specializzata di epitelio pavimentoso
costituisce lo strato sub-epiteliale della pelle ed è adatta a sopportare le costanti abrasioni
ed essicazioni a cui è esposta la superficie del nostro corpo. Durante la maturazione, le
cellule epiteliali vanno incontro ad un processo che è chiamato di cheratinizzazione; questo
comporta la formazione di uno spesso strato acellulare costituito da una proteina che si
chiama cheratina che indicata con la lettera K nel vetrino e dai resti delle cellule epiteliali
degenerate. La cheratinizzazione può essere indotta in epiteli pavimentosi non
cheratinizzati quali ad esempio quello della cavità orale in seguito ad una eccessiva
abrasione o eccessiva essiccazione.
Un esempio di
epitelio
pavimentoso
stratificato
cheratinizzato è
rappresentato
dall’epidermide, lo
strato superficiale
della pelle che è
l'organo più grande
del corpo e
costituisce quasi
1/6 del peso totale
del corpo. Sotto l'epidermide è presente il derma, composto da tessuto connettivo
irregolare.
L'interfaccia tra i
due strati è
costituita dalle
creste o papille
dermiche, proiezioni
del derma che si
inter-digitano con
invaginazioni
dell’epidermide
dette creste
epidermiche. Il
tessuto epiteliale
non è vascolarizzato
e questa struttura ad alterne invaginazioni permette l’apporto di sostanze nutritive e di
ossigeno anche alle cellule dell’epidermide più superficiale.
4. lo strato lucido: Lo strato lucido è uno strato chiaro debolmente colorabile che è
posto al di sopra dello strato granuloso. È presente solo nelle pelli spesse, e cioè nel
palmo delle mani o nella pianta dei piedi; le sue cellule sono fortemente appiattite e
perdono il nucleo e gli organuli. Contengono filamenti di cheratina fittamente
addensati orientati parallelamente alla superficie della pelle e anche un prodotto
della trasformazione della cheratoialina che si chiama eleidina. Il lato citoplasmatico
della membrana di queste cellule, ha un aspetto più spesso dovuto all'accumulo di
una proteina non cheratinica che è l'involucrina la cui funzione non è ancora del
tutto nota.
5. lo strato corneo: lo strato corneo è formato da strati di cellule fuse, appiattite, prive
di organelli e ripiene di cheratina. Nella parte più profonda di questo strato, le
cellule corneificate mantengono i loro desmosomi e la cheratina presenta una
disposizione ordinata. Verso la superficie, i desmosomi e la struttura esterna delle
cellule si disorganizzano e questo è il processo che precede la desquamazione. Le
cellule cornee sono particolarmente resistenti gli insulti meccanici e chimici per la
presenza subito al di sotto della loro membrana plasmatica di uno spesso strato di
materiale definito involucro cellulare cornificato, la cui composizione molecolare
costituisce la principale barriera verso l'ambiente esterno. Lo strato corneo
contribuisce inoltre ad impermeabilizzare l’epidermide proteggendo così
l'organismo dalla perdita di acqua. Questa funzione di impermeabilizzazione è
specialmente dovuta ad un monostrato di molecole lipidiche di idrossiceramide
situato sulla faccia esterna dell'involucro cellulare cornificato. Le cellule cornee
degli strati superficiali metabolicamente inerti e prive di nucleo vanno incontro a
continua a desquamazione e sono sostituite da nuovi elementi che derivano
dall’attività mitotica dello strato profondo. Questo processo di rinnovamento è
garantito dalla presenza nello strato basale di cheratinociti staminali. Come succede
in tutte le popolazioni cellulari soggette al rinnovamento, la proprietà esclusiva
delle cellule staminali è quella di dare origine per mitosi bivalente a due diversi tipi
di cellule:
o le cellule staminali che mantengono i caratteri propri della staminalità
o cellule destinate a differenziare
La riserva di cellule staminali si mantiene così numericamente costante e questo
garantisce i successivi cicli di rinnovamento; la divisione cellulare avviene
soprattutto nel corso della notte. Allo stesso tempo si forma una popolazione di
cellule non più staminali, che continuano a proliferare per tempi diversi a seconda
della popolazione cellulare che noi consideriamo. La fase proliferativa dei
cheratinociti destinati a differenziare avviene nello strato basale, quindi queste
cellule smettono di proliferare e sono progressivamente spinte verso gli strati più
superficiali dell'epitelio da nuove cellule che si formano al di sotto di queste.
Durante questa migrazione, i cheratinociti vanno incontro ad un processo di
differenziamento che si conclude con la comparsa delle cellule cornee che formano
lo strato più superficiale dell'epitelio. E infine pacchetti di cellule cornee tenute
assieme da desmosomi, le squame cornee si distaccano dall'epidermide. La
riproduzione cellulare nello strato profondo e la desquamazione in quello
superficiale sono in costante equilibrio; il tempo di rinnovamento dell'epidermide, il
periodo cioè di tempo che una cellula impiega a migrare dalla profondità alla
superficie e a subire tutti i cambiamenti morfo funzionali che abbiamo descritto,
varia da 15 a 30 giorni.
epitelio cubico stratificato: è un epitelio sottile e stratificato che di solito è formato da due
o tre strati di cellule cubiche o cilindriche basse. Questo tipo di epitelio e di solito ristretto
al rivestimento dei dotti escretori maggiori come quelli delle ghiandole salivari, come i
dotti del pancreas o delle ghiandole sudoripare. L’epitelio cubico stratificato probabilmente
non è coinvolto in significativi processi di assorbimento o di secrezione ma semplicemente
fornisce un rivestimento più robusto di quello che sarebbe dato da un epitelio semplice.
Il vetrino mostra l'aspetto dell'epitelio di transizione che riveste la vescica vuota non
stirata; la forma e le dimensioni apparenti delle cellule basali variano considerevolmente in
relazione allo stato di distensione ma le cellule dello strato superficiale di solito
mantengono alcune caratteristiche tipiche:
- In primo luogo queste sono larghe pallide e presentano una superficie dentellata
- In secondo luogo la superficie luminale delle cellule appare ispessita e più
intensamente colorata.
- In terzo luogo i nuclei delle cellule superficiali sono larghi e rotondi e spesso
mostrano nucleoli evidenti. Alcune cellule superficiali sono binucleate, questo fatto
è rappresentato dalla lettera B.
Le celluile epiteliali presentano caratteristiche strutturali particolari in rapporto alle loro molteplici
funzioni:
1. in generale si può dire che hanno un ricco citoscheletro in cui sono presenti i filamenti
intermedi del diametro di 8-9 nm comporti dalla proteina fibrosa cheratina, questi hanno
la funzione di dare sostegno meccanico e sono particolarmente abbondanti nelle cellule
dell’epitelio.
Altri elementi del citoscheletro presenti sono i microfilamenti del diametro di 5-6 nm
formati da molecole di actina, sono particolarmente presenti nell’epitelio cilindrico
semplice dell’intestino in corrispondenza delle estremità apicale della cellula dove
stabiliscono rapporti di continuità con proteine specifiche delle zonule aderenti, danto così
supporto queste strutture di giunzione ancoranti, inoltre si dispongono a formare la
cosiddetta trama terminale o terminal web, filamenti provenienti dalla trama terminale
formano il sostegno di ciascuno dei microvilli che sporgono dalla superficie cellulare nel
lume.
Le cellule epiteliali contengono inoltre i microtubuli elemento di maggior calibro del
citoscheletro del diametro di 25 nmche possono essere organizzati a formare l'assonema
del ciglione gli epiteli ciliati, le fibre del fuso nelle cellule in mitosi o avere una disposizione
radiale a partire dalla regione prossima al nucleo dove sono situati i centrioli a costruire il
supporto su cui si spostano all'interno del citoplasma organelli e molecole.
MICROVILLI
Una delle specializzazioni della superficie luminale presente nelle membrane delle cellule epiteliali
sono i microvilli, questi sono delle piccole espansioni digitiformi della membrana plasmatica
luminale, sono presenti molti epiteli soprattutto in quelli specializzati per l'assorbimento dove la
loro presenza può aumentare la superficie assorbente anche di 30 volte, sono lunghi soltanto 0,5-1
micron e quindi sono molto corti in relazione alle dimensioni della cellula e si differenziano
chiaramente dalle ciglia, i singoli microvilli sono inoltre troppo piccoli per essere osservati al
microscopio ottico, alcuni epiteli hanno solo un piccolo numero di microvilli irregolare mentre gli
epiteli dotati di un importante funzione di assorbimento, come ad esempio l'epitelio intestinale
possono avere fino a 3000 microvilli per cellula di forma regolare, nel loro insieme questi vengono
osservati al microscopio ottico sotto forma di una struttura che viene chiamata orletto striato.
L’immagine mostra un epitelio cilindrico semplice
di intestino tenue, le cellule hanno un nucleo
ovoidale posto nella parte basale e sul versante
apicale, indicato con le lettere OS, è possibile
osservare l'orletto striato.
In queste immagini è possibile osservare l'asse centrale citoplasmatico di ogni microvillo costituito
da 25-30 filamenti di actina legati trasversalmente dalla proteina fimbrina ed attaccati ad una
regione amorfa posto al loro apice, si estendono nel citoplasma dove i filamenti di actina si
ancorano in una regione specializzata della corteccia dell’estremità apicale della cellula che è
chiamata rete terminale, che è costituita da molecole di actina e di spectrina come pure da
filamenti intermedi.
CIGLIA
Un'altra delle specializzazioni della superficie luminale delle membrane delle cellule epiteliali è
rappresentato dalle ciglia, queste sono strutture mobili che originano in file parallele dalla
superficie di alcuni epiteli, soprattutto l’epitelio respiratorio e quello dell’apparato riproduttivo
femminile.
Le ciglia si muovono con movimenti sincroni ondeggianti e spingono un superficiale velo di muco
di liquido verso una determinata direzione determinandone lo scivolamento sulla superficie
epiteliale.
• Nelle vie respiratorie ad esempio, il muco secreto dalle cellule caliciformi intrappola le
particelle contenute nell'aria inspirata, le ciglia muovono il muco in direzione della gola
dove viene deglutito e in questo modo si mantengono le vie respiratorie pulite.
• Nell’ovidotto, l'azione delle ciglia svolge un ruolo nel trasporto dell'uovo dall'ovaio verso
l'utero.
Le ciglia misurano circa 7-10 micron e lunghezza e una singola cellula epiteliale può avere fino
a 300 ciglia tutte della stessa lunghezza.
Assonema
Le proteine motorie chiamate dineine sono legate al tubulo A ogni 24 nanometri, la dineina è
capace di legare l’ATP e ha attività ATPasica.
Per spiegare il movimento del ciglio bisogna considerare che quando la dineina ha legato una
molecola di ATP, la dineina di un tubulo A di una doppietta si lega al tubulo B della doppietta
che lo precede, quando l’ATP si idrolizza, si ha un cambio conformazionale della testa della
dineina che assume una forma più allungata spingendo il tubulo B verso l'alto, il legame con
una nuova molecola di ATP provoca il distacco del tubulo A dal tubulo B, azioni uguali a quella
descritta si succedono rapidamente causando un sempre crescente movimento verso l'alto del
tubulo B, che però fa parte insieme al tubulo A, di una struttura ordinata e ben definita che è
l'assonema in cui i tubuli hanno dei vincoli di legame (la nexina, i raggi di connessione che
legano i microtubuli alla guaina centrale che circonda la coppia di microtubuli centrali), per cui
il tubulo B non può salire oltre un certo limite ed è obbligato a flettersi.
È un epitelio di tuba uterina in cui si Il vetrino appresenta la trachea con un
possono osservare le ciglia e la epitelio pseudostratificato ciliato, questo tipo
parte apicale delle cellule secretorie di epitelio è composto da un unico strato di
con i microvilli cellule di altezza variabile ma che appoggiano
tutte sulla membrana basale, alcune cellule
raggiungono la superficie libera mentre le
altre si arrestano a livelli inferiori di modo che
i nuclei si trovano ad altezze diverse dando
l'impressione che si tratti di un epitelio a più
strati di cellule.
STEREOCIGLIA e GLICOCALICE
Altre specializzazioni della superficie luminale sono le stereociglia e il glicocalice.
1. Le stereociglia sono dei microvilli molto lunghi facilmente visibili al microscopio ottico
che si trovano in piccolo numero in parti dell’apparato genitale maschile come
nell’epididimo, che è rappresentato nel vetrino, e possono trovarsi anche nelle cellule
sensoriali della coclea. Originariamente si pensava che fossero un'insolita forma di
ciglia e furono infatti denominate stereociglia, la microscopia elettronica invece ha
permesso di dimostrare che esse non hanno la struttura interna delle ciglia ma
semplicemente uno scheletro filamentoso simile a quello dei microvilli, si pensa che le
stereociglia indicate con la lettera S nel vetrino, intervengano in uno speciale processo
di riassorbimento e di secrezione che conduce alla formazione del mezzo liquido nel
quale sono sospesi gli spermatozoi, questo liquido secreto dalle cellule dell'epididimo
svolge probabilmente un ruolo fondamentale nella maturazione degli spermatozoi.
2. L'altra struttura è il glicocalice che è costituito da proteoglicani e glicoproteine, è una
struttura presente sugli epiteli colonnari in particolare quello intestinale, dove sono
presenti enzimi che favoriscono la digestione e l'assorbimento, inoltre ha funzioni di
protezione e riveste un ruolo importante nelle interazioni con l'ambiente.
2. Le giunzioni aderenti forniscono punti di ancoraggio per elementi del citoscheletro, collegando
i citoscheletri delle singole cellule in una robusta rete transcellulare, la zonula adherens forma
una singola banda continua immediatamente al di sotto della zonula occludens, sotto alla
superficie apicale di alcuni epiteli colonnari di rivestimento, lo spazio intercellulare presente
tra i due foglietti esterni delle membrane adiacenti contiene delle proteine integrali di
transmembrana calcio dipendenti che sono le caderine, la loro porzione intracitoplasmatica si
lega ad una regione specializzata della rete cellulare rappresentata da un fascio di filamenti di
actina che scorre parallelo e lungo il versante citoplasmatico della membrana, i filamenti di
actina sono saldati fra loro e con la membrana cellulare dalla vinculina e dalla alfa-actinina, le
regioni extracellulari delle caderine di una cellula formano ponti con quelle della cellula di
adiacente contribuendo quindi alla formazione della giunzione aderente.
Queste giunzioni non solo uniscono due cellule fra loro, ma attraverso le proteine di legame
transmembrana connettono il citoscheletro delle due cellule.
Dopo la zonula adherens, il secondo tipo di giunzioni aderenti è rappresentato dal
desmosoma.
I desmosomi sono dei bottoni di saldatura distribuiti in maniera sparsa lungo la membrana
laterale delle cellule degli epiteli semplici e sulle membrane delle cellule degli epiteli squamosi
soprattutto nell’epidermide, si trovano su ognuna dei due lati opposti della membrana
plasmatica di cellule epiteliali adiacenti a dare origine ad una struttura discoidale che si chiama
placca di adesione, ciascuna placca è costituita da una serie di proteine di adesione, le più note
sono le desmoplachine le placcoglobine; sulla placca si inseriscono dei filamenti intermedi di
citocheratina formando una struttura a pettine che si estende nel citoplasma, questi filamenti
assicurano la resistenza alle forze di trazione. Nello spazio esistente fra le placche di adesione
di due cellule adiacenti si trova un materiale filamentoso che la microscopia elettronica ha
dimostrato essere formato da proteine di trasmenbrana calcio-dipendenti della famiglia delle
caderine.
3. Le giunzioni comunicanti sono costituite da ampie zone dove le opposte membrane
plasmatiche si affrontano lasciando il sottilissimo spazio.
Ogni giunzione serrata contiene numerosi pori che permettono il passaggio di ioni carichi
positivamente e di altre piccole molecole dal citoplasma di una cellula all'altra, questi canali
servono allo scambio di metaboliti e molecole capaci di regolare la crescita, lo sviluppo, il
riconoscimento e la differenziazione cellulare.
Le giunzioni serrate forniscono anche il sito di accoppiamento elettrico per le cellule muscolari
viscerali e per le cellule miocardiche permettendone la contrazione sincronizzata, ogni poro
consiste di una minuta struttura tubulare chiamata connessone che attraversa lo spazio
intercellulare, il connessone consiste di un paio di cilindri che penetrano le due opposte
membrane cellulari, ogni cilindro è costituito da 6 proteine di transmembrana chiamate
connessine, la pervietà del tubo è mantenuta dalla disposizione lievemente inclinata delle
proteine che lo formano, quando il connessione di una membrana plasmatica si trova in
registro con un connessone di una cellula adiacente si ha una protrusione della membrana
plasmatica di circa 1,5 nanometri, i 2 connessoni si fondano e formano in questo modo un
canale di comunicazione intercellulare.
Questa conformazione è sensibile alla concentrazione intracellulare dello ione calcio, che se
aumenta oltre un certo livello provoca la chiusura dei pori, un aumento della concentrazione
del calcio intracellulare è caratteristica ad esempio della morte cellulare, e la chiusura dei pori
in risposta a questo aumento sembra un mezzo per isolare le cellule necrotiche e i loro
metaboliti potenzialmente dannosi dalle cellule vive adiacenti.
Le giunzioni comunicanti sono più numerose negli epiteli embrionali dove sembrano essere
coinvolte nello scambio di segnali chimici, nel riconoscimento cellulare, nel differenziamento e
nel controllo della posizione cellulare, sono anche probabilmente implicate nel passaggio di
sostanze nutrienti dalle cellule collocate profondamente nell’epitelio alle cellule più distanti
dalle fonti di nutrimento.
Le ultime specializzazioni delle membrane delle cellule epiteliali sono poste sulla superficie basale:
• la prima riguarda l'adesione dell'epitelio alla lamina basale che avviene grazie a strutture
giunzionali presenti nella regione basale della membrana plasmatica chiamate
emidesmosomi, perché sono formate da metà desmosoma, in queste giunzioni sono
presenti delle proteine di transmembrana che sono delle integrine le quali legano dei
filamenti intermedi intracitoplasmatici formati da cheratina, collagene di tipo IV presente
della lamina basale
• la seconda specializzazione: sono dei ripiegamenti della membrana basale che aumentano
l'area cellulare disponibile per il trasporto, questi ripiegamenti fanno aumentare la
superficie della membrana creando dei compartimenti del citoplasma basale dove si
addensano molti mitocondri, la presenza di mitocondri garantisce l'apporto energetico
richiesto per il trasporto attivo di ioni che serve per assicurare un gradiente osmotico ed
un movimento d'acqua attraverso la superficie epiteliale, come nel caso dei tubuli renali.
Trasporto ionico
Tra l'epitelio del tessuto connettivo è interposta una lamina e extracellulare chiamata membrana
basale, è una zona acellulata che rappresenta la struttura di sostegno cui aderiscono le cellule
epiteliali e svolge compiti complessi tra i quali quello di regolare gli scambi nutritivi tra questi due
tessuti.
La membrana basale è costituita da una lamina basale e da una lamina reticolare.
• la lamina basale è prodotta dalle cellule epiteliali ed è costituita da una lamina lucida o
lamina rara e da una lamina densa, in entrambe sono presenti glicoproteine e
proteoglicani. Nella lamina lucida però sono presenti anche integrine, nella lamina densa è
presente del collagene di tipo IV
• la lamina reticolare invece che è prodotta dalle cellule connettivali, ha la funzione di
connettere la lamina basale al tessuto connettivo, è formata da fibre collagene di tipo I e di
tipo II.
Nell'immagine si vede la membrana
basale a livello di un alveolo polmonare
dove è parte integrante della barriera
sangue aria.
Si distinguono due categorie principali di ghiandole:
1. le ghiandole esocrine riversano il loro secreto o sulla superficie esterna del corpo, come ad
esempio le ghiandole sebacee le ghiandole sudoripare, o in cavità che comunicano con
l'esterno, come ad esempio il pancreas esocrino e il fegato.
Possono espellere il loro prodotto all'esterno perché fornite di dotti escretori che
raccolgono il secreto e lo convogliano sulla superficie esterna del corpo o in una cavità
comunicante con l'esterno.
1. le ghiandole endocrine sono invece sprovviste di dotti escretori e riversano i loro prodotti
di secrezione direttamente nei capillari sanguigni, queste ghiandole sono quindi provviste
di una ricca rete capillare che è accolta nel connettivo interstiziale che avvolge i singoli
elementi epiteliali dell'organo.
Ghiandole esocrine
Ghiandole endocrine
1. Le ghiandole esocrine sono classificate sulla base della complessità strutturale e della loro
forma, la loro classificazione deve tener conto:
• del numero delle cellule che le costituiscono
• della forma e ramificazione delle cavità secernenti
• delle ramificazioni dei dotti
• delle modalità della secrezione.
Il primo criterio di classificazione riguarda il numero delle cellule che formano la ghiandola
esocrina, questo consente di suddividerle in:
o ghiandole unicellulari cioè formate da un'unica cellula
o ghiandole pluricellulari formate cioè da più cellule
Ghiandole
unicellulari
Ghiandole
pluricellulari
Con le lettere H-I-L, sono disegnate le ghiandole esocrine con più adenomeri e con più
dotti, queste sono classificate come ghiandole composte e precisamente: avremo le
o ghiandole alveolari composte
o ghiandole acinose composte
o le ghiandole tubulari composte
Indicate con le lettere M-N, si osservano le ghiandole con più dotti e con adenomeri di
forma diversa:
o ghiandola tubulo alveolare composta
o ghiandola tubulo acinosa composta
Le grosse ghiandole composte come raffigurato nel disegno a destra sono avvolte da una guaina
connettivale o capsula e sono suddivise in lobi e da setti connettivali che si chimano setti
interlobari, questi si dipartono dalla superficie interna della capsula, i lobi sono a loro volta
suddivisi da sepimenti connettivali più sottili in lobuli, questi sepimenti vengono chiamati setti
interlobulari.
Il lobulo contiene nel suo interno una delicata rete di fibre reticolari formate da tessuto connettivo
articolare che avvolge la parte terminale dei condotti escretori e adenomeri, questa componente
connettivale nella quale decorrono vasi sanguigni e terminazioni nervose è detta stroma, l’insieme
invece della parte secernente degli adenomeri e dei dotti escretori costituisce il parenchima
ghiandolare.
Le cellule delle ghiandole esocrine rilasciano il loro prodotto attraverso 3 meccanismi:
Le ghiandole a secrezione merocrina possono poi essere ulteriormente distinte in sierose, mucose
e miste. In accordo con la natura delle proteine o glicoproteine presenti nel loro secreto che
determina le caratteristiche tintoriali delle cellule secernenti.
• Le cellule sierose sintetizzano proteine che sono prevalentemente non glicosilate,
come gli enzimi digestivi, le cellule presentano nella regione basale un reticolo
endoplasmatico rugoso ed un complesso del Golgi ben sviluppate, mentre nella loro
porzione apicale si accumulano i granuli di secrezione in diversi stadi di maturazione.
Le cellule sierose quindi si colorano intensamente con coloranti sia acidi che basici, gli
acini del pancreas ad esempio o della ghiandola della parotide sono costituiti da cellule
sierose.
• Le cellule a secrezione mucosa come le cellule mucipare caliciformi sono molto ricche
di reticolo endoplasmatico rugoso e di complessi del Golgi, la loro porzione apicale è
stipata di granuli secretori contenenti glicoproteine fortemente idrofile chiamate
mucine, quando le mucine sono rilasciate dalla cellula, queste si idratano e formano
uno strato protettivo e lubrificante di muco. Le mucine sono idrofile e generalmente
vengono perse durante il processo di preparazione delle sezioni istologiche rendendo i
granuli di secrezione debolmente colorabili con l'eosina, tuttavia una quantità
sufficiente di oligosaccaridi rimane nei granuli di mucinogeno permettendone la
colorazione con un metodo che viene chiamato metodo PAS.
• alcune ghiandole salivari sono siero-mucose cioè hanno una secrezione mista essendo
dotate sia di acini sierosi che di tubuli mucosi che presentano nella parte distale del
tubulo le semilune sierose, il prodotto di secrezione di queste ghiandole è una miscela
di enzimi digestivi e muco, le semilune prendono il nome di semilune del Giannuzzi.
GHIANDOLE UNICELLULARI
Le cellule caliciformi sono cellule epiteliali cilindriche modificate che sintetizzano e secernono
muco, nell'uomo queste cellule sono disperse tra quelle di molti epiteli monostratificati in
particolare quelli dell’apparato gastrointestinale e respiratorio, nei mammiferi rappresentano
l'unico esempio di ghiandola unicellulare.
Le cellule caliciformi sono chiamate in questo modo per la somiglianza con i bicchieri a forma di
calice.
Nell’immagine istologica si può osservare il citoplasma apicale che contiene un denso aggregato di
granuli di mucina che quando vengono rilasciati per esocitosi reagiscono con l'acqua e formano la
secrezione viscosa chiamata muco, la mucina è composta da una mistura di proteoglicani acidi e
neutri, perciò può essere facilmente messi in evidenza con il metodo PAS che colora in magenta i
carboidrati.
La base della cellula caliciforme è occupata dal nucleo e da molti organelli coinvolti nella sintesi
della mucina, in questo campione di epitelio di rivestimento dell’intestino tenue bisogna osservare
l'altezza delle cellule cilindriche che svolgono un ruolo importante nel processo di assorbimento, la
colorazione PAS positiva della superficie non è solo dovuta al muco secreto ma anche alla
presenza di uno spesso glicocalice che riveste i numerosi microvilli che caratterizzano le cellule
assorbenti dell’intestino.
L’immagine è stata fatta al microscopio elettronico, due cellule caliciformi poste tra le cellule
dell’intestino tenue indicate con la lettera C, il nucleo della cellula caliciformi sulla destra è fuori
dal piano di sezione, mentre il nucleo dell’altra cellula indicato con la lettera N è ben visibile, il
citoplasma circostante contiene abbondante reticolo endoplasmatico rugoso indicato con le
lettere RER, inoltre sono presenti mitocondri M, nella regione sopranucleare è visibile un apparato
del Golgi ben sviluppato indicato con la lettera G,la componente proteica della mucina è
sintetizzata a livello del reticolo endoplasmatico rugoso, quindi passa attraverso l'apparato del
Golgi dove viene glicosilata e rinchiusa in vescicole di secrezione circondate da membrana che
sono chiamati granuli di mucina indicati con le lettere MU, sulla superficie delle cellule caliciformi
e possibile osservare alcuni microvilli MV che possono essere associati con i processi secretori,
osservare i microvilli che formano l'orletto a spazzola sulla superficie delle cellule deputate
all'assorbimento.
Il muco svolge numerose importanti funzioni:
• nella porzione alta del tubo gastroenterico protegge le cellule epiteliali di rivestimento
dall'autodigestione, nelle porzioni inferiori lubrifica il passaggio delle feci
• nel tratto respiratorio impedisce la disidratazione dal rivestimento epiteliale,
contribuisce all'umidificazione dell'aria inspirata e agisce come trappola per fini
particelle di polvere e microrganismi.
1. è possibile osservare una sezione di ghiandole tubulari semplici del tratto dell’intestino
crasso, questo tipo di ghiandole ha un lume tubulare singolo e dritto in cui vengono
riversati i prodotti di secrezione, in questo esempio l'intero dotto è circondato da cellule
secretorie. Le cellule secretorie sono cellule mucipare caliciformi, in altri siti il muco può
essere secreto da cellule cilindriche prive della classica forma a calice ma la funzione
rimane simile
2. è presente una sezione di ghiandole sudoripare che sono quasi l'unico esempio di
ghiandola tubulo glomerulare semplice, ciascuna è formata da un singolo tubulo
strettamente raggomitolato nelle tre dimensioni, le porzioni della ghiandola sono così
visibili in vari piani di sezione.
Le ghiandole sudoripare hanno una porzione secretoria terminale, indicata nel vetrino con
la lettera S, circondata da un epitelio semplice che origina un dotto non secretorio ma un
dotto escretore scrittore indicato con la lettera D, circondato da un epitelio cubico
stratificato.
3. E’ presente una sezione delle ghiandole del Brunner che sono ghiandole poste nel
duodeno, sono definite come ghiandole tubulari composte ramificate, nonostante in
questa sezione sia difficile apprezzarlo, il sistema duttale indicato con la lettera D è
ramificato, la ghiandola viene pertanto definita ghiandola composta; le porzioni secretorie
indicate con la lettera S hanno una forma tubulare che è unificata e glomerulare.
4 5
LINGUA
La lingua è un organo muscolare coperto da mucosa orale specializzato nella manipolazione del
cibo, nella recezione sensoriale generale e nella recezione specifica del gusto.
Il corpo della lingua è formato da una massa di fasci di fibre muscolari scheletriche intrecciate che
permettono un'ampia gamma di movimenti, la mucosa che riveste la lingua è saldamente
ancorata al muscolo sottostante grazie ad una densa lamina propria connettivale in continuità con
l’epimisio del muscolo linguale.
Nel muscolo e nella lamina propria della lingua sono presenti numerose piccole ghiandole salivari
accessorie mucose e sierose, queste ghiandole linguali sono definite tubulo acinose ramificate e
sono riuniti in gruppi, le anteriori vicino all' apice sono a secrezione mista, le laterali a secrezione
mucosa e mista, nella parte centrale sono presenti le ghiandole di Ebner che sono ghiandole
esclusivamente sierose.
sono visibili le ghiandole sierose di Ebner
Secrezione mista
Le papille linguali sono classificate in base alla loro struttura e funzione in 4 tipi:
1. filiformi
2. fungiformi
3. foliate
4. circumvallate
Sono localizzate nella parte anteriore al solco terminale, sulle porzioni dorsale e laterale
della lingua.
Superficie dorsale
Nella sezione istologica sono rappresentate le papille filiformi e papille fungiformi.
1. Le papille filiformi sono quelle più numerose e sono formate da una parte centrale di
connettivo denso ricoperta da tessuto epiteliale squamoso stratificato cheratinizzato, nel
vetrino sono indicate con le lettere FI, queste papille servono a rimuovere il cibo dalla
superficie del palato, l'alto grado di cheratinizzazione è evidente nella lingua del gatto che
appare simile a carta vetrata, queste papille non possiedono calici gustativi.
2. accanto vi è la sezione di una papilla fungiforme indicata con le lettere FG, queste
possiedono nella parte centrale del tessuto connettivo riccamente vascolarizzato ricoperto
da un epitelio squamoso stratificato non cheratinizzato, possiedono calici gustativi
specializzati nella recezione soprattutto del sapore dolce.
3. Le papille foliate sono localizzate lungo il margine postero-laterale della lingua, appaiono
come solchi verticali che ricordano le pagine di un libro, funzionano come calici gustativi
nel neonato e degenerano successivamente verso il secondo-terzo anno di vita, all'interno
della lingua si trovano i dotti sottili di ghiandole salivari sierose che sono le ghiandole di
Ebner, queste riversano il loro prodotto alla base di queste papille.
I calici gustativi o bottoni gustativi sono organi sensoriali intraepiteliali che hanno la
funzione di percepire il gusto, ognuno è composto da 60-80 cellule a forma di fuso, sono
strutture ovali, di colore più pallido rispetto all’epitelio che li circondano, la stretta regione
terminale dei calici si apre sulla superficie libera con il poro del gusto composto da cellule
epiteliali pavimentose che ricoprono il calice stesso.
I calici gustativi sono costituiti da quattro tipi di cellule che sono:
• le cellule basali
• le cellule scure
• le cellule chiare
• le cellule intermedie
I ricercatori concordano sul fatto che le cellule basali funzionino come cellule di riserva
dalla vita media di circa 10 giorni, e concordano per la seguente successione di eventi: le
cellule basali danno origine a cellule scure che poi i maturano a cellule chiare, queste infine
di vengono cellule intermedie quindi muoiono.
Le fibre nervose che penetrano nel calice formano sinapsi con le cellule scure, con le cellule
chiare e con le cellule intermedie, questo sta ad indicare che tutti e tre i tipi cellulari sono
coinvolti nella percezione del gusto, ognuna di queste cellule possiede i microvilli lunghi e
sottili che sporgono dal poro del gusto.
Le sensazioni del gusto sono 4:
• salato
• dolce
• amaro
• acido
Si pensa che ogni calice gustativo sia in grado di percepire le quattro sensazioni, ma che
ognuno sia specializzato in particolar modo per la percezione di due di essi, questa
modalità di percezione del gusto è dovuta alla presenza di canali ionici specifici per il salato
e acido e recettori di membrana per l'amaro e il dolce delle cellule dei calici; il processo di
percezione del gusto è un processo complesso ed è da attribuire più all'apparato olfattorio
che ai calici gustativi come risulta evidente nel caso della congestione nasale da
raffreddore che fa diminuire la percezione del gusto.
4. Le grandi papille circumvallate formano una fila nella parte immediatamente anteriore al
solco terminale, queste papille contengono la maggior parte dei recettori del gusto, sono il
tipo di papilla più grande e meno comune della lingua, sono infossate nella superficie della
lingua e sono circondate da un profondo solco, nel vetrino indicato con la lettera S,
posseggono un epitelio squamoso stratificato non cornificato che riveste la parete papillare
del solco che contiene appunto i numerosi recettori gustativi ,indicati nel vetrino con la
lettera G, sono in numero variabile da 10 a 14 papille e sono responsabili della recezione
del gusto amaro-umani, questo è considerato il quinto gusto. E’ caratteristico del
glutammato che è un aminoacido presente in cibi altamente proteici come la carne e come
il formaggio; aggregati di ghiandole sierose le ghiandole di Ebner, indicate nel vetrino con
le lettere VE, si aprono alla base dei solchi e secernono un fluido acquoso che dissolve i
costituenti del cibo facilitandone così recezione gustativa
TUBO DIGERENTE
La struttura dell'apparato gastrointestinale presenta caratteristiche comuni evidenti dall'esofago
all'ano.
a) un epitelio di rivestimento che varia nella sua struttura in relazione alla funzione
b) delimitato inferiormente dalla lamina propria che è un sottile strato di tessuto
connettivo lasso contenente ghiandole, vasi linfatici, qualche linfonodo e molti vasi
e che ha una funzione di supporto
c) al di sotto dello strato di tessuto connettivo si trova la muscolaris mucose, uno
strato di fibre muscolari lisce disposte internamente in senso circolare ed
esternamente in senso longitudinale, questo sottile strato muscolare determina i
movimenti locali e la formazione di pieghe nella mucosa. In quattro punti la mucosa
la incontro ad un improvviso cambiamento i punti sono:
• la giunzione esofago gastrica
• la giunzione ileocecale
• la giunzione retto-anale
4. la muscolaris esterna è circondata da un sottile strato connettivale che a sua volta può
essere rivestito o meno dall'epitelio pavimentoso semplice del peritoneo:
• se la parte del canale alimentare è intraperitoneale questa è rivestita dal peritoneo
e questo rivestimento viene detto sierosa
• se invece la posizione è retroperitoneale allora il tratto aderisce alla parete del
corpo attraverso l'avventizia
ESOFAGO
Micrografie elettroniche di queste ghiandole indicano che le loro unità secretorie sono composte
da due tipi di cellule: le cellule mucose e cellule sierose.
• Le cellule mucose hanno nuclei localizzati alla base e un accumulo di granuli secretori
contenenti muco nella zona locale
• Le cellule sierose hanno con nuclei rotondi e centrali, i granuli secretori di queste cellule
contengono il proenzima pepsinogeno e il lisoenzima che è un antibatterico
STOMACO
Lo stomaco è un tratto dilatato dell’apparato gastrointestinale che riceve il cibo dall'esofago e lo
trattiene per circa due ore o più e va incontro ad una riduzione meccanica e chimica che lo
trasforma in chimo. La riduzione meccanica è operata da una potente azione muscolare di
rimescolamento, mentre la riduzione chimica è prodotta dai succhi gastrici secreti dalle ghiandole
della mucosa gastrica.
Nello stomaco non vi è un grande assorbimento di sostanze ad eccezione dell'acqua e dell'alcol,
quando la formazione del chimo è completata, lo sfintere pilorico si rilassa e permette il passaggio
del chimo nel duodeno, quando non è distesa la mucosa gastrica è sollevata in grosse pieghe
longitudinali, le rughe, che rendono possibile una grande distensione dopo l'assunzione di cibo.
Cellula ossintica
La formazione dell'acido cloridrico comporta all'interno della cellula ossintica l'attività dell'enzima
anidrasi carbonica che promuove la formazione di acido carbonico da acqua e anidride carbonica,
questo poi viene subito dissociato a ioni bicarbonato e ione H+.
• Lo ione bicarbonato viene portato fuori dalla cellula, ma perché non ci sia uno scompenso
di cariche, la sua uscita (dato che questo è carico negativamente) è compensata con un
meccanismo antiporto contemporaneo di uno ione cloro che entra
• quindi pompe H+-K+ ATPasiche pompano ioni H+ fuori dalla cellula nei canalicoli
intracellulari e trasferiscono gli ioni K+ dall'esterno all'interno della cellula, poi proteine
carrier che utilizzano l’ATP come fonte di energia pompano ioni K+ e Cl- fuori dalla cellula
nei canalicoli intercellulari, in questo modo gli ioni Cl- e H+ entrano separatamente nel
lume e l'acido cloridrico si forma di fuori dalla cellula.
• Gli ioni K+ sono poi trasportati attivamente dentro la cellula a livello della porzione basale
del plasmalemma e dei microvilli aumentandone in questo modo la concentrazione
intracellulare, l'alta concentrazione costringe il K+ ad uscire dalla cellula attraverso i canali
ionici localizzati nel plasmalemma basale e nella membrana plasmatica dei microvilli,
questo ione quindi circola costantemente dentro e fuori dalla cellula parietale
• l'acqua che è derivata dal fluido extracellulare entra nella cellula parietale, quindi
abbandona il citoplasma per entrare nei canalicoli intracellulari in seguito alla forza
osmotica generata dai movimenti ionici, poiché i canalicoli intracellulari rappresentano
un'estensione del lume dello stomaco, la soluzione di HCl prodotto dalle cellule parietali
entra nel lume gastrico, si forma quindi il succo gastrico che è costituito da:
o acqua
o da acido cloridrico
o dal fattore intrinseco gastrico
o dal pepsinogeno
o dalla rennina
o dalla lipasi gastrica
o da muco solubile.
INTESTINO TENUE
L' epitelio un epitelio cilindrico semplice che ricopre la superficie, villi compresi e che è composto
da cellule assorbenti superficiali, da cellule caliciformi e cellule enterendocrine.
• Le cellule assorbenti superficiali sono le più rappresentate, sono cellule alte, spesse circa
25 micron con un nucleo ovale posto in posizione basale e con la superficie apicale che
presenta un orletto a spazzola, la funzione principale di queste cellule è la digestione
terminale e l'assorbimento delle sostanze nutritive e dell'acqua.
• le immagini al microscopio elettronico mostrano su queste cellule dei microvilli di circa 1
micron di lunghezza i cui atti ci sono ricoperti dal glicocalice, questo rivestimento serve
come protezione dall'autodigestione, ma le sue componenti enzimatiche intervengono
anche nell’idrolisi terminale in monomeri depeptidi e dei disaccaridi, l'actina presente nello
stroma del microvillo è ancorata a quella dei filamenti intermedi del citoscheletro cellulare,
il citoplasma di queste cellule è molto ricco in organuli soprattutto da endosomi, reticolo
endoplasmatico liscio e reticolo endoplasmatico rugoso, apparato del Golgi.
La membrana laterale forma zonule occludens, fasce di adesione, desmosomi e giunzioni
comunicanti con le cellule adiacenti, le giunzioni strette impediscono il passaggio del
materiale tra le cellule da e verso l'intestino
• le cellule caliciformi presenti sono le ghiandole unicellulari. Il duodeno contiene poche
cellule caliciformi ma il loro numero aumenta mano a mano che si prosegue lungo il tubo
intestinale verso l’ileo dove raggiungono la massima quantità, queste cellule producono
mucinogeno la cui forma idratata è nota come mucina componente del muco che protegge
il lume intestinale
• le cellule enteroendocrine producono ormoni paracrini ed endocrini, in particolare
producono:
o la colecistochinina che stimola l'attività delle cellule acinose del pancreas
o la secretina che stimola l'attività delle cellule centro acinose del pancreas
o la motilina che stimola la peristalsi intestinale
La lamina propria è costituita da tessuto connettivo lasso che forma lo stroma dei villi che si
erigono sulla superficie intestinale, il resto della lamina propria che si estende fino alla
muscolaris mucosae è compresso in sottili strati di connettivo altamente vascolarizzato in
cui sono presenti ghiandole intestinali tubulari che sono le cripte del Lieberkuhn, queste
sono ghiandole tubulari semplici si aprono negli spazi tra i villi e sono costituite da cellule
assorbenti, caliciformi, rigenerative, cellule enteroendocrine e cellule di Paneth.
o Le cellule assorbenti e caliciformi occupano la metà superiore della ghiandola
o le caliciformi hanno una breve vita e si pensa che muoiano per desquamazione
dopo avere svuotato il loro contenuto di mucinpgeno
o la metà basale della ghiandola non presenta cellule assorbenti superficiali e
possiede poche cellule caliciformi
o la maggior parte delle cellule che costituiscono le ghiandole è rappresentata da
cellule staminali, cellule enteroendocrine e cellule di Paneth.
Le cellule di rigenerazioni o cellule staminali proliferano per ripopolare l'epitelio
delle cripte della superficie mucosale e dei villi, si dividono ad un ritmo elevato ed
hanno un ciclo cellulare breve di 24 ore, è stato ipotizzato che le nuove cellule
avanzino progressivamente verso l'apice del villo in 5-7 giorni dalla loro comparsa,
per essere poi eliminate per esfoliazione.
Le cellule di Paneth si distinguono per la presenza di grossi granuli secretori nella
loro regione apicale, hanno una forma piramidale, occupano la parte inferiore delle
cripte del Lieberkuhn e producono il lisozima, una sostanza antibatterica.
La muscolaris mucosae dell’intestino tenue è composta da uno strato circolare interno ed uno
longitudinale esterno di cellule muscolari lisce, durante la digestione le cellule muscolari si
contraggono ritmicamente accorciando il villo molte volte in un minuto, la sottomucosa
dell’intestino tenue è costituita da connettivo fibro-elastico denso vascolarizzato e ricco di vasi
linfatici, l'innervazione è assicurata dal plesso sottomucosale parasimpatico di Meissner, a livello
del duodeno la sottomucosa contiene le ghiandole di Brunner, queste sono ghiandole tubulo
alveolari ramificate, i dotti ghiandolari entrano nella muscolaris mucosae e si aprono alla base
delle cripte del Lieberkuhn con del duodeno.
Le ghiandole di brunner secernono un fluido basico di tipo mucoso in risposta alla stimolazione
parasimpatica, questo secreto serve a neutralizzare l'acidità del timo che entra nel duodeno dallo
stomaco, l’urogastrone un ormone polipeptidico noto anche come fattore di crescita epidermico è
un altro prodotto di secrezione di queste ghiandole, rilasciato nel duodeno inibisce la produzione
di HCl ed aumenta l'attività mitotica delle cellule epiteliali.
La muscolaris esterna del tenue è costituita da due strati muscolari lisci uno circolare interno ed
uno longitudinale esterno, tra i due strati si trova il plesso mienterico di Auerbach che fornisce
l'innervazione a questa regione, la muscolaris esterna è responsabile dell'attività peristaltica del
tenue.
L'intero intestino tenue, ad eccezione di parte del duodeno, è rivestito dalla sierosa.
SCHEMA DELL’ASSORBIMENTO DI LIPIDI E DELLA FORMAZIONE-RILASCIO DEI CHILOMICRONI
il pancreas è localizzato nel quadrante superiore destro della cavità addominale sotto il diaframma;
il fegato è localizzato posteriormente allo stomaco, si estende dal duodeno alla milza ed è fortemente
ancorato alla parete posteriore addominale.
PANCREAS
Il pancreas è sia una ghiandola esocrina, che produce succhi digestivi, che una ghiandola endocrina che
produce ormoni. Le due strutture sono ben distinte.
PANCREAS ENDOCRINO
Il pancreas non è solo una delle principali ghiandole esocrine, ma è anche un’importante ghiandola
endocrina.
L’epitelio embrionario dei dotti pancreatici è formato da potenziali cellule endocrine ed esocrine. Durante
lo sviluppo le cellule endocrine migrano dal sistema duttale e si dispongono in aggregati intorno ai capillari
per formare isole di cellule disperse nel resto del tessuto esocrino. Gli aggregati di tessuto endocrino sono
definiti isole di Langerhans. Le isole sono di dimensioni diverse e sono più numerose nella coda del
pancreas; sono costituite da differenti tipi cellulari, ognuno dei quali è responsabile della sintesi e della
secrezione di un particolare ormone peptidico.
Il pancreas endocrino è quindi una struttura ad isolotti.
Il parenchima delle isole di Langerhans è costituito da 5 tipi di cellule:
le cellule beta;
le cellule alfa;
le cellule delta;
le cellule PP;
le cellule G.
Queste cellule non possono essere distinte con le normali tecniche istologiche: per riconoscerle si deve
ricorrere all’immunocitochimica. Le microfotografie elettroniche, come quelle in bianco e nero presenti
nella diapositiva, permettono di riconoscere gli aspetti distintivi dei vari tipi cellulari, le diverse dimensioni
e la diversa densità elettronica dei loro granuli secretori.
Le cellule beta rappresentano il 70% delle cellule delle isole di Langerhans. Sono distribuite in tutta
l'isola ma sono soprattutto concentrate al centro. Hanno dei granuli di 300 nanometri di diametro, con
uno stroma denso e circondato da un ampio elettron-trasparente. Queste cellule producono l'insulina,
che si lega ai recettori di membrana di molti tipi cellulari (specialmente delle cellule muscolari
scheletriche, del fegato e delle cellule adipose). La membrana di queste cellule possiede anche proteine
trasportatrici del glucosio, le permeasi, che sono attivate per legare il glucosio e quindi farne diminuire
il livello ematico.
Le cellule alfa costituiscono il 20% del totale e tendono ad essere distribuite verso la periferia dell'isola.
Hanno granuli di 250 nanometri di diametro, con uno stroma denso e uno stretto alone elettron-
trasparente. Queste cellule producono il glucagone, che è un ormone peptidico rilasciato in risposta
alla diminuzione del glucosio ematico. Il glucagone agisce principalmente a livello degli epatociti,
attivando gli enzimi glicogenolitici; questi enzimi scindono il glicogeno in molecole di glucosio che così
vengono rilasciate nel sangue aumentandone la concentrazione. Il glucagone attiva anche gli enzimi
epatici responsabili della gluconeogenesi, cioè della sintesi del glucosio a partire da fonti diverse dai
carboidrati, quando i depositi cellulari di glicogeno degli epatociti sono esauriti.
Le cellule delta sono nella percentuale del 5% e sono sparse in tutta l'isola. I loro granuli hanno un
diametro di 350 nanometri, con granuli omogenei ed elettron-trasparenti.
Producono l'ormone somatostatina, il quale ha effetti sia paracrini che endocrini veri e propri. L'effetto
ormonale paracrino è quello dell’inibizione del rilascio degli ormoni da parte delle vicine cellule alfa e
beta; l’effetto endocrino si esplica sulle cellule muscolari lisce del tratto alimentare e sulla cistifellea,
con una riduzione della motilità di questi organi.
La somatostatina è rilasciata in risposta a livelli elevati di glucosio ematico, amminoacidi o chilomicroni,
situazione che si verifica normalmente dopo un pasto.
Le cellule G, nella percentuale dell'1%, sono sparse in tutta l'isola, con granuli del diametro di 300
nanometri. Queste cellule producono l'ormone gastrina, che stimola il rilascio gastrico dell'acido
cloridrico, la motilità e lo svuotamento dello stomaco e la proliferazione delle cellule staminali
gastriche.
Le cellule PP o cellule F, che rappresentano anch’esse l’1% della popolazione cellulare dell'isola, sono
sparse in tutta l'isola, hanno granuli del diametro di 180 nanometri e producono l'ormone polipeptide
pancreatico, che inibisce la secrezione esocrina del pancreas.
PANCREAS ESOCRINO
Il pancreas esocrino è la parte quantitativamente più importante del pancreas; è una ghiandola tubulo-
acinosa composta a secrezione merocrina, che produce circa 1200 mL di un fluido ricco di proenzimi
digestivi in grado di degradare proteine, carboidrati, lipidi e acidi nucleici nel processo della digestione
luminale.
Il fluido alcàlino prodotto, ricco di enzimi, viene riversato nel duodeno attraverso il dotto pancreatico.
L'alcalinità del secreto è dovuta all'alto contenuto di ioni bicarbonato e neutralizza l'acidità del chimo
questo passa dallo stomaco al duodeno.
Le cellule del pancreas esocrino producono anche un inibitore della tripsina, una proteina che protegge le
cellule dall’accidentale attivazione della tripsina (secreta in forma inattiva dal pancreas ed attivata poi nel
duodeno dall'enzima niente enterochinasi).
E’ una ghiandola ricca di lobuli, rivestita da una sottile capsula di tessuto connettivo lasso che fa penetrare
dei sottili setti tra i lobuli.
E’ formata da quattro regioni:
il processo uncinato;
la testa;
il corpo;
la coda.
La componente esocrina del pancreas è formata da acini secretori fittamente stipati che drenano in un
sistema duttale molto ramificato.
40-50 cellule acinose costituiscono un acino di forma ovale, il cui lume è occupato da 3-4 cellule centro-
acinose che rappresentano l'inizio dei dotti escretori del pancreas esocrino. La presenza delle cellule
centro-acinose è un carattere distintivo della ghiandola.
Le cellule degli acini sono tipiche cellule che secernono proteine.
I nuclei sono disposti alla base e sono circondati da un citoplasma basofilo ricco di reticolo endoplasmatico
rugoso, di molti polisomi, di numerosi mitocondri e di uno sviluppato apparato del Golgi.
Gli apici delle cellule contengono molti granuli secretori eosinofili, ricchi di zimogeno.
La porzione basale della membrana delle cellule acinose ha recettori per la colecistochinina e per il
neurotrasmettitore acetilcolina, che ne stimolano l'attività.
Il sistema dei dotti del pancreas esocrino inizia al centro dell’acino con la porzione terminale dei dotti
intercalari, costituiti da cellule centro-acinose, basse, cubiche e pallide. Le cellule centro-acinose ed i dotti
intercalari possiedono sulla loro membrana plasmatica recettori per la secretina e probabilmente anche
per l'acetilcolina, che ugualmente, come per le cellule acinose, ne stimolano l'attività.
FEGATO
Il fegato è la ghiandola più grande del nostro corpo, pesa 1500 grammi ed è diviso in quattro lobi (destro,
sinistro, quadrato e caudato).
Come il pancreas è una ghiandola sia esocrina che endocrina, ma in questo caso l'epatocita (che è la cellula
epatica) è responsabile sia della secrezione esocrina che di quella endocrina.
Il fegato è completamente avvolto dal peritoneo, costituito da epitelio pavimentoso che ricopre la capsula
connettivale che lo avvolge.
Tradizionalmente gli epatociti sono organizzati in lobuli esagonali. In alcuni animali, come il maiale ed il
cammello, questi lobuli sono delimitati da un sottile strato di connettivo; nell'uomo la componente
connettivale è scarsissima e di conseguenza i margini del lobulo sono difficilmente individuabili.
Nel punto di incontro di tre lobuli, la componente connettivale aumenta e ospita lo spazio portale.
L'asse longitudinale di ogni lobulo è occupato dalla vena centro-lobulare; da questa si radiano i cordoni di
epatociti disposti in lamine anastomizzate, separate da spazi vascolari che sono i sinusoidi epatici (dove il
sangue scorre lungo le cellule endoteliali delle pareti che così ne impediscono il contatto diretto con gli
epatociti).
In ogni lobulo vi è una sola vena centrale, che raccoglie il sangue da tutti sinusoidi del lobulo e lascia il
lobulo per terminare in una vena sub-lobulare che riceve il sangue da numerose vene centrali. Queste si
uniscono nelle vene collettrici, che raggiungono le vene epatiche destra e sinistra.
I sinusoidi sono separati dai cordoni epatici, costituiti da uno spessore di non più di due cellule, e da uno
stretto spazio, detto spazio perisinusoidale o spazio di Disse, in cui ha libero accesso il plasma che proviene
dai sinusoidi.
un ramo terminale della vena portale epatica, che ha una parete molto sottile rivestita da cellule
endoteliali appiattite;
un ramo terminale dell’arteria epatica, con parete spessa e lume angusto;
un canalicolo biliare rivestito da un epitelio cubico semplice.
Attorno allo spazio portale sono visibili piani di epatociti, che si ramificano e siano anastomizzano
ripetutamente.
Ogni lobulo riceve il sangue arterioso e il sangue venoso refluo dallo stomaco, dall'intestino, della milza e
del pancreas: è un sangue quindi ricco di nutrienti. I due tipi di sangue circolano separatamente fino alle
ramificazioni ultime alla periferia del lobulo, cioè a livello dello spazio portale, quindi entrano all'interno
del lobulo epatico. Qui, per morfologia del sinusoide, circola sangue artero-venoso, che si trasforma
progressivamente in venoso a raggiungere la vena centro-lobulare. Il sangue procede dalla periferia al
centro del lobulo.
Nel vetrino in alto a sinistra sono rappresentati gli epatociti. Questi sono grandi cellule poliedriche con
grandi nuclei rotondi, cromatina dispersa alla periferia ed evidenti nucleoli. I nuclei variano molto nelle loro
dimensioni come riflesso di un’insolita caratteristica cellulare: più della metà degli epatociti contengono un
corredo cromosomico doppio all'interno di un singolo nucleo, sono cioè tetraploidi a differenza delle
normali cellule che sono diploidi, mentre alcuni contengono addirittura una quantità di DNA 4-8 volte
superiore, sono cioè cellule poliploidi.
Nelle sezioni istologiche sono solo occasionalmente visibili cellule binucleate, anche se queste
rappresentano il 25% del totale.
Il citoplasma ha un aspetto variabile che dipende dallo stato di nutrizione del corpo: in individui ben nutriti
gli epatociti immagazzinano molto glicogeno e processano grandi quantità di lipidi; entrambi questi
metaboliti sono parzialmente rimossi durante le comuni preparazioni istologiche e lasciano aree irregolari
e privi di colore all'interno del citoplasma. Il restante citoplasma è fortemente eosinofilo per l'alto numero
di mitocondri e presenta una fine granularità basofila a causa dell'elevato contenuto di ribosomi liberi e
associati al reticolo endoplasmatico rugoso. Nel citoplasma sono anche presenti in quantità variabile fini
granuli marroni di lipofuscina, il pigmento detto del deterioramento, che aumentano con l'età.
Le cellule che rivestono i sinusoidi, indicate nel preparato istologico con la lettera S, sono facilmente
distinguibili dagli epatociti a causa dei nuclei appiattiti e condensati e del citoplasma scarso o poco
colorato.
Nel disegno in basso a sinistra è possibile osservare due epatociti, un sinusoide e tra questi lo spazio di
Disse. I microvilli degli epatociti occupano questo spazio che rappresenta l'area di scambio tra queste
cellule e il plasma. Gli epatociti quindi non entrano in contatto diretto con il sangue dei sinusoidi, ma con lo
spazio perisinusoidale, da cui traggono il materiale per la sintesi della bile, del glicogeno, dei lipidi e delle
proteine e dove immettono i prodotti di sintesi e il glucosio.
Il vetrino invece sulla destra è un preparato in cui l'animale è stato sottoposto a iniezione endovenosa di
un particolare composto ferro-glucidico che con questa colorazione viene evidenziato sottoforma di un
deposito scuro. Il vetrino rappresenta in dettaglio le cellule di rivestimento dei sinusoidi; la maggioranza
sono cellule endoteliali (che sono indicate con la lettera E), che hanno nuclei appiattivi, fortemente colorati
e un citoplasma molto assottigliato. Sparse tra le cellule endoteliali sono visibili grosse cellule fagocitiche
con nuclei ovoidali, conosciute come cellule del Kupffer (indicate nel preparato istologico con la lettera K),
che fanno parte del sistema monocitico-macrofagico di difesa e che insieme alla milza partecipano
all’eritrocateresi e alla rimozione dal circolo di altri detriti particolati.
La bile è sintetizzata da tutti gli epatociti ed è secreta in un sistema di minuti canalicoli che formano una
rete anastomotica tra i piani degli epatociti. I canalicoli non possiedono una struttura propria ma sono
piccoli canali disposti tra epatociti adiacenti; le pareti dei canalicoli, cioè, sono formate dalle membrane
plasmatiche degli epatociti adiacenti.
Nel disegno in alto a destra è possibile osservare tra gli epatociti questi canalicoli e in basso a sinistra è
evidenziata la presenza, lungo i tratti delle pareti laterali gli epatociti che formano i canalicoli, una grande
quantità di giunzioni occludenti che garantiscono il mantenimento della bile all'interno degli stessi.
Le membrane plasmatiche degli epatociti che formano le pareti dei canalicoli contengono l'enzima ATPasi.
Su questa base è stato suggerito che la secrezione biliare sia un processo energia-dipendente.
Nel vetrino in basso a destra è stato usato un metodo istochimico per l’ATPasi al fine di evidenziare i
canalicoli biliari rappresentati dalle linee viola scuro, difficili da dimostrare nei comuni preparati di
microscopia ottica. In ogni piano di epatociti, i canalicoli formano una rete regolare esagonale in cui ogni
esagono circonda un singolo epatocita.
Questo è uno schema che permette di osservare la rete dei canalicoli biliari che si formano tra gli epatociti
e che portano la bile verso lo spazio portale.
Questi sono due vetrini che illustrano la circolazione biliare a sinistra e la circolazione sanguigna a destra.
A sinistra il tessuto, trattato con impregnazione argentica, mostra una scarsa o nulla colorazione al centro
del lobulo, mentre questa è molto ben visibile alla periferia del lobulo; questo evidenzia che la circolazione
della bile è centrifuga.
A destra un preparato per perfusione evidenzia in flusso ematico. L’intensa colorazione al centro del loculo
e la sua mancanza alla periferia dimostra che il sangue entra attraverso gli spazi portali e converge verso la
vena centro-lobulare. La circolazione sanguigna è quindi centripeta.
Il fegato svolge circa cento funzioni diverse; le più importanti sono quelle di:
regolare il metabolismo dei carboidrati stabilizzando il tasso ematico del glucosio (quando il livello del
glucosio nel sangue scende sotto i valori normali, gli epatociti idrolizzano il glicogeno in glucosio e lo
trasportano fuori dalle cellule nello spazio di Disse, mentre se aumenta lo rimuovono dal sangue
immagazzinandolo sottoforma di glicogeno, il tutto sotto il controllo degli ormoni pancreatici insulina e
glucagone);
regolare il metabolismo dei lipidi (i chilomicroni, rilasciati dalla superficie delle cellule assorbenti
dell'intestino tenue, entrano nel circolo linfatico e raggiungono il fegato con i rami dell'arteria epatica;
in seguito vengono degradati negli epatociti in acidi grassi e glicerolo e gli acidi grassi vengono quindi
desaturati e usati per sintetizzare fosfolipidi e colesterolo oppure degradati ad acetil-CoA);
regolare il metabolismo degli amminoacidi rimuovendo quelli in eccesso presenti in circolo e
utilizzandoli per formare proteine o convertendoli in lipidi e glucosio per essere immagazzinati;
rimuovere i prodotti di rifiuto (ad esempio l'eliminazione di ammoniaca sottoforma di urea non tossica
eliminata dai reni e l’eliminazione della bilirubina);
detossificare ed inattivare sostanze chimiche e farmaci nelle cisterne del reticolo endoplasmatico
liscio e qualche volta anche nei perossisomi;
distruggere gli eritrociti vecchi e riciclare i loro costituenti (un processo chiamato eritocateresi che
avviene a livello delle cellule del Kupffer);
sintetizzare e secernere la bile nel duodeno.
FEGATO ESOCRINO
La parte esocrina del fegato produce la bile; il fegato ne produce una quantità che va da 600 a 1200 mL al
giorno. La bile è costituita principalmente da acqua, da sali biliari, da bilirubina coniugata, da fosfolipidi, da
colesterolo, da elettroliti plasmatici e dai GA. La bile:
ha la funzione di rompere le grosse gocce lipidiche prodotte nei processi digestivi, favorendo la
digestione dei lipidi e promuovendone l'assorbimento a livello dell'epitelio intestinale;
elimina l'80% del colesterolo;
elimina la bilirubina, che è un pigmento giallo-verde insolubile in acqua che deriva dalla degradazione
dell'emoglobina.
Quando gli eritrociti vengono distrutti dai macrofagi a livello della milza e delle cellule del Kupffer nel
fegato, la bilirubina viene rilasciata in circolo dove si lega all'albumina plasmatica; in questa forma, detta
bilirubina libera, viene inglobata dagli epatociti e a livello del reticolo endoplasmatico liscio, in seguito ad
un processo enzimatico, trasformata in bilirubina coniugata, di cui la maggior parte è escreta con la bile per
essere poi trasportata nel canale alimentare ed eliminata con le feci.
FEGATO ENDOCRINO
La parte endocrina del fegato produce varie sostanze, tra le quali le albumine, le globuline, gli enzimi, le
glicoproteine e i fattori di coagulazione (come ad esempio la protrombina).
GHIANDOLE ENDOCRINE
Le ghiandole endocrine hanno origine dall'epitelio superficiale come cordoni di cellule che proliferano ed
invadono il tessuto connettivo. Successivamente la connessione con la superficie epiteliale scompare,
mentre gli elementi che compongono la parte profonda del bottone epiteliale si differenziano in cellule
endocrine che secernono direttamente nei capillari sanguigni. Quindi le ghiandole endocrine non
posseggono dotti escretori e sono formate da raggruppamenti cellulari che hanno una ricca
vascolarizzazione.
Le sostanze secrete dalle ghiandole sono definite ormoni.
Gli ormoni trasportati dal sangue influenzano organi situati a distanza. Gli organi che sono sottoposti
all'azione di un determinato ormone sono definiti organi bersaglio.
Gli ormoni possono essere liberati nel circolo sanguigno, non appena prodotti dalle cellule, oppure
possono essere immagazzinati sia all'interno delle cellule (come l'insulina nelle isole pancreatiche) che in
cavità chiuse circoscritte dalle cellule ghiandolari (come ad esempio la tireoglobulina nella tiroide).
In base all’organizzazione strutturale, possiamo distinguere:
Gli ormoni peptidici/proteici sono solubili in acqua e circolano come ormoni liberi prontamente
degradati nel sangue, nel fegato e nei reni con un'emivita plasmatica da minuti ad ore.
I recettori sono situati sulla membrana plasmatica.
Gli ormoni steroidei e tiroidei sono solubili nei lipidi, sono trasportati nel sangue legati a proteine del
plasma prodotte nel fegato e hanno un'emivita plasmatica lunga (cioè di giorni).
I recettori sono nel citoplasma o nel nucleo.
Il riconoscimento delle cellule bersaglio da parte degli ormoni è reso possibile dalla presenza in questi
elementi di particolari macromolecole proteiche, o glicoproteiche, chiamate recettori ormonali e che sono
specifiche per ogni determinato ormone.
Gli ormoni, trasportati nel circolo sanguigno, interagiscono storicamente con i loro recettori specifici ed
inducono in questi elementi bersaglio un particolare evento fisiologico che costituisce la risposta delle
cellule all’ormone specifico.
I recettori per gli ormoni proteici e glicoproteici e per le catecolamine sono situati sulla membrana
come proteine o glicoproteine intrinseche della superficie cellulare.
Il legame dell'ormone, che è chiamato primo messaggero, al suo specifico recettore presente sulla
membrana della cellula bersaglio innesca una complessa via metabolica che coinvolge proteine e lipidi
di membrana e che si conclude con l'aumento di concentrazione nel citoplasma di una molecola o di
uno ione (come ad esempio l'adenosin monofosfato ciclico o lo ione calcio), detti secondi messaggeri,
abitualmente presenti in quantità minima. Questo processo è detto trasduzione del segnale,
definizione che sottolinea come l'ormone, molecola segnale, legandosi ad un recettore specifico
presente sulla membrana plasmatica venga di fatto trasferito all'interno della cellula bersaglio poiché
induce la sintesi di un secondo messaggero. E’ il secondo messaggero a provocare una risposta da parte
della cellula bersaglio attraverso l'attivazione di complesse vie metaboliche che vedono coinvolti
enzimi, detti chinasi, capaci di fosforilare in successione substrati diversi catalizzando il trasferimento di
gruppi fosfato dall’ATP alle proteine. La cascata delle chinasi può portare all'attivazione di specifici geni
o di eventi post-trascrizionali e concludersi nell’attivazione di processi biosintetici o secretori; si forma
cioè una reazione a catena che comporta la trasformazione del segnale in un evento intracellulare, cioè
in un cambiamento fisiologico della cellula.
I recettori degli ormoni steroidei e tiroidei sono invece nel citoplasma o nel nucleo. Questi ormoni,
essendo lipofili, sono in grado di attraversare la membrana ed invece di attivare enzimi intracellulari si
legano a recettori proteici situati nel citosol o nel nucleo. Questi recettori sono proteine capaci di
controllare la trascrizione genica, già presenti nella cellula prima della stimolazione ma in forma
inattiva. Il recettore proteico, legando il suo ormone, va incontro ad un cospicuo cambiamento di
conformazione che lo mette in grado di promuovere o di inibire la trascrizione di un gruppo preciso di
geni. Ogni ormone lega un recettore proteico differente e ogni recettore interagisce con una serie
specifica di siti regolativi sul DNA. Regolando gruppi diversi di geni, gli ormoni evocano una vasta
gamma di risposte fisiologiche. Gli ormoni steroidei entrano per diffusione semplice, mentre quelli
tiroidei entrano per diffusione facilitata attraverso le proteine carriers.
Ci sono dei meccanismi di controllo che possono essere a feedback negativo o a feedback positivo.
Il meccanismo feedback negativo è un meccanismo in cui la risposta, cioè i prodotti della cellula
bersaglio, inibiscono il segnale regolatore; si genera cioè un segnale inibitorio di ritorno.
Facciamo un esempio. Se il livello del testosterone nel sangue è troppo alto, è il testosterone stesso
(prodotto finale) ad inibire le cellule gonadotrope dell’adenoipofisi nella produzione dell’ormone
stimolante le cellule interstiziali, il quale rappresenta il segnale regolatore che non stimolerà più le
cellule di Leydig a produrre il testosterone.
Il meccanismo a feedback positivo è un meccanismo in cui la risposta della cellula bersaglio stimola la
secrezione del segnale regolatore, il quale a sua volta stimola ulteriormente la cellula bersaglio.
Facciamo un esempio. Se il livello della calcemia è troppo basso, è il calcio stesso prodotto dalle cellule
bersaglio a stimolare le cellule principali della paratiroide a produrre il paratormone, il quale agirà sugli
osteoclasti inducendo il riassorbimento osseo, la cui conseguenza è il rilascio del calcio nel sangue.
Le strutture con attività endocrina, presenti nel nostro organismo, sono l’ipotalamo (in cui abbiamo dei
neuroni con attività secernente), la ghiandola pituitaria, la ghiandola pineale, la tiroide, le paratiroidi, il
timo, le ghiandole surrenali, il pancreas endocrino, il fegato (in cui epatociti hanno anche un’attività
endocrina), le ovaie nella femmina e i testicoli nel maschio.
L’ipofisi è una piccola ghiandola localizzata alla base del cervello e alloggiata in una profonda depressione
dell'osso sfenoide chiamata sella turcica.
Nonostante le piccole dimensioni (misura infatti 1 cm per 1½ cm, con un peso di 0,5 grammi nell'uomo e
nella donna leggermente meno), viene considerata la ghiandola endocrina più importante del nostro
organismo.
L’ipofisi si connette al cervello attraverso cordoni nervosi e riceve da questo un notevole apporto
vascolare, a conferma delle interconnessioni esistenti tra i due sistemi nel mantenimento dell'equilibrio
fisiologico.
La secrezione ormonale della ghiandola pituitaria è controllata da segnali ormonali o segnali nervosi
provenienti dall'ipotalamo, che è considerato la parte del cervello che presiede al mantenimento
dell’omeostasi.
Com'è possibile vedere in questi vetrini, è una ghiandola a cordoni ramificati di cellule. I cordoni sono
circondati da una ricca rete di capillari sinusoidi, sostenuti da un delicato stroma contenente fibre reticolari
e sottili fibre collagene.
Le parti anteriore e posteriore dell’ipofisi presentano un’origine embriologica diversa e ciò si riflette nella
loro struttura e funzione.
L’ipofisi anteriore origina da una estroflessione verso l'alto dell'epitelio del tetto della primitiva cavità
orale, la tasca di Rathke. Questo epitelio ghiandolare specializzato si dispone attorno all'ipofisi
posteriore ed è chiamato adenoipofisi.
L’adenoipofisi può contenere una fessura o gruppi di spazi simili a cisti che rappresentano le vestigia
del lume della tasca di Rathke.
La fessura divide la maggior parte dell’ipofisi anteriore da una piccola zona di tessuto posta contro
l'ipotesi posteriore; questa sottile zona è definita pars intermedia. Un'estensione dell’adenoipofisi
circonda il peduncolo nervoso ed è definita pars tuberalis.
L’ipofisi posteriore, detta anche neuroipofisi o pars nervosa, deriva da un'appendice inferiore
dell’ipotalamo a cui rimane unita attraverso il peduncolo ipofisario.
Le cellule secretorie dell’ipofisi anteriore sono state tradizionalmente classificate in due gruppi:
cromofile e cromofobe in relazione alla loro affinità per i coloranti istologici.
Le cellule cromofile sono suddivise in due gruppi, acidofile e basofile, per le loro proprietà di colorazione
con diversi coloranti. Ad esempio nel vetrino posto in alto le cellule acidofile (indicate con la lettera A) sono
colorate in arancio, mentre quelle basofile (indicate con la lettera B) sono blu.
Le cellule cromofobe (indicate con la lettera C) sono il tipo cellulare più piccolo dell’ipofisi anteriore e
contengono pochi granuli citoplasmatici; questi non hanno affinità né per i coloranti acidi né per i coloranti
basici e rappresentano probabilmente forme quiescenti o degranulati di cellule cromofile.
Speciali tecniche immunoistochimiche hanno permesso di classificare le cellule dell’adenoipofisi in
relazione ai loro prodotti di secrezione; si riconoscono così:
le cellule acidofile, rappresentate dalle cellule somatotrope (che producono l'ormone della crescita
STH) e dalle cellule mammotrope (che producono l'ormone luteotropo LTH o prolattina PRL);
le cellule basofile, rappresentate dalle cellule gonadotrope (che producono l'ormone follicolo-
stimolante FSH e l'ormone luteinizzante LH), dalle cellule tireotrope (che producono l'ormone
tireotropo TSH) e dalle cellule corticotrope (che producono l'ormone adrenocorticotropo ACTH).
La neuroipofisi contiene due ormoni prodotti dai neuroni ipotalamici: l’ossitocina e la vasopressina (o
ormone antidiuretico) ADH.
Nell’adenoipofisi le cellule più numerose, che rappresentano circa la metà delle cellule dell’ipotesi
anteriore, sono le cellule acidofile somatotrope. Queste producono l'ormone della crescita, il quale agisce
via somatomedina, che è un ormone prodotto dal fegato, sul tessuto osseo, sul tessuto muscolare e sul
tessuto adiposo. Nel tessuto osseo stimolano la proliferazione delle cellule cartilaginee a livello delle
piastre epifisarie, promuovendo l'allungamento dei segmenti ossei. A livello del tessuto muscolare
promuovono la formazione di glucosio dal glicogeno, che è presente in grande quantità nel sarcoplasma,
attraverso il processo della glicogenolisi (iperglicemia). Nel tessuto adiposo stimola la lipolisi, che produce
un aumento degli acidi grassi liberi.
Alle cellule basofile appartengono le cellule gonadotrope, tireotrope e adrecorticotrope.
Le gonadotrope costituiscono il 5% delle cellule dell'ipotesi anteriore e producono l'ormone luteinizzante,
che agisce sia sulla gonade maschile che femminile. Sulla gonade femminile promuove l’ovulazione, la
formazione del corpo luteo e la secrezione di progesterone ed estrogeni che danno origine ad un segnale a
feedback negativo all'ipotalamo. Sulla gonade maschile stimola le cellule di Leydig a secernere e a rilasciare
testosterone, che dà luogo anch'esso ad un feedback negativo all'ipotalamo.
L’altro ormone prodotto da queste cellule è l'ormone follicolo-stimolante che ugualmente agisce sia sulla
gonade femminile che su quella maschile. Nella donna stimola la crescita dei follicoli ovarici e la secrezione
di estrogeni; nell'uomo stimola le cellule del Sertoli dei tubuli seminiferi a produrre proteine leganti gli
androgeni.
Sempre basofile sono le cellule tireotrope, presenti nella percentuale del 5% delle cellule totali. Queste
stimolano la tiroide a produrre gli ormoni tiroidei.
Appartengono sempre alle cellule basofili dell’adenoipofisi le cellule adrenocorticotrope, che
rappresentano il 20% delle cellule totali dell’adenoipofisi. Queste producono l'ormone adrenocorticotropo,
che è un peptide che stimola l'attività della corteccia del surrene.
In questa diapositiva è possibile osservare tre preparati istologici tutti rappresentanti l’adenoipotesi.
Nel vetrino in alto a sinistra sono visibili le cellule acidofile, colorate di arancio, e le cellule basofile,
colorate di blu.
Nel vetrino in alto a destra si riconosce anche la presenza di raggruppamenti di cellule cromofobe e la
presenza di un capillare sanguigno al cui interno scorrono gli eritrociti.
Nel vetrino in basso sono visibili ancora cellule cromofile, acidofile e basofile e i capillari sanguigni.
La pars nervosa non è una ghiandola endocrina, ma riceve le neurosecrezioni prodotte dai corpi cellulari
dei neuroni localizzati nell’ipotalamo. Queste sono rilasciate dai terminali distali degli assoni amielinici del
tratto ipotalamo-ipofisario.
Gli assoni sono sostenuti da cellule simili alla glia chiamate pituiciti, i cui nuclei (come osservabile nel
preparato istologico in basso) si colorano intensamente e sono ben visibili al microscopio ottico.
Colorazioni speciali, come l'ematossilina cronica, mettono in evidenza all'interno dell’assone i corpi di
Herring (indicati con le frecce nel preparato istologico posto più in alto), che rappresentano accumuli di
granuli di secrezione. I corpi di Herring si trovano lungo tutto l'assone e non solo nella sua parte terminale.
I pituiciti, che occupano il 25% della pars nervosa, hanno processi citoplasmatici che li mettono in
comunicazione tra loro ed offrono sostegno metabolico e strutturale agli assoni.
L’ipotesi posteriore possiede una ricca rete di fini capillari fenestrati.
Gli ormoni prodotti dalla pars nervosa sono l'ormone antidiuretico o vasopressina e l'ormone ossitocina.
Il bersaglio della vasopressina sono i dotti collettori del rene, dove viene modulata la permeabilità della
membrana plasmatica abbassando di conseguenza il volume dell'urina ed aumentandone la
concentrazione.
Il bersaglio dell'ossitocina è il miometrio uterino, dove viene rilasciata nella fase finale della gravidanza.
Durante il travaglio l’ossitocina svolge un ruolo importante stimolando la contrazione della muscolatura
liscia dell'utero; inoltre questo ormone agisce anche nella secrezione del latte da parte della ghiandola
mammaria stimolando la contrazione delle cellule mioepiteliali che circondano gli alveoli e i dotti della
ghiandola mammaria.
PARATIROIDI
Le paratiroidi sono ghiandole endocrine, piccole, ovali, strettamente associate alla ghiandola tiroide. Sono
poste sulla faccia posteriore della tiroide, di solito in numero di quattro, e la loro origine biologica è
rappresentata dalla terza e quarta tasca embrionale dell'arcata laringea. Sono ghiandole a cordoni solidi
che raggiungono la loro dimensione definitiva verso i 20 anni.
Le paratiroidi sono avvolte da una sottile capsula connettivale che forma 7 setti intraghiandolari che
accompagnano vasi sanguigni, vasi linfatici e nervi e fanno da supporto al parenchima ghiandolare
costituito da gruppi di cellule epiteliali.
Negli adulti il tessuto connettivo contiene spesso cellule adipose, che possono arrivare a rappresentare il
60% della ghiandola.
Nelle paratiroidi sono presenti due tipi di cellule: le cellule principali e le cellule ossifile.
Le cellule principali costituiscono la porzione cellulare predominante dal punto di vista funzionale del
parenchima. Presentano un nucleo evidente e citoplasma relativamente scarso, dotato di intensità di
colorazioni diverse in relazione al grado di attività secretoria della cellula.
Le cellule attivamente secernenti, che rappresentano il 20% delle cellule dei follicoli nell’individuo
normo-calcemico, contengono molto reticolo endoplasmatico rugoso e si colorano intensamente.
Le cellule inattive, al contrario, contengono poco reticolo endoplasmatico rugoso e si colorano
debolmente. Dispersi nel citoplasma sono presenti anche granuli di lipofuscina.
Le cellule principali sono responsabili della produzione del paratormone, che è un ormone che
contribuisce al mantenimento della concentrazione fisiologica di calcio nei fluidi extracellulari; agisce
sulle cellule dell'osso, dei reni e indirettamente sull’intestino provocando un aumento della
concentrazione degli ioni calcio nei fluidi organici.
Nel tessuto osseo il paratormone si lega ai recettori degli osteoblasti e manda loro il segnale per
aumentare la secrezione di un fattore che stimola gli osteoclasti; questo fattore provoca l'attivazione
delle cellule osteoclastiche con il conseguente aumento di riassorbimento del tessuto osseo e quindi il
rilascio di ogni calcio nel sangue.
A livello dei reni il paratormone previene l'eliminazione del calcio con l'urina e inibisce il riassorbimento
di ioni fosfato dal filtrato glomerulare.
A livello gastrointestinale controlla l'assorbimento del calcio, che è una funzione che si esplica solo in
presenza della vitamina D e il paratormone ne controlla la produzione dei reni.
Paratormone e calcitonina (che è un ormone prodotto dalle cellule tiroidee) rappresentano un duplice
meccanismo di regolazione del livello del calcio nel sangue: il paratormone agisce aumentando i livelli
di calcio nel siero, mentre la calcitonina ha un effetto opposto.
Le cellule ossifile sono cellule grandi e numerose e il loro citoplasma si colora rapidamente con l’eosina
più intensamente rispetto a quello delle cellule principali. Sono presenti come cellule singole o in
gruppi, possiedono più mitocondri delle cellule principali e un piccolo apparato del Golgi e poco
reticolo endoplasmatico rugoso.
La loro funzione è sconosciuta, anche se si pensa che sia queste che un terzo tipo di cellule chiamate
cellule intermedie costituiscono probabilmente la fase inattiva delle cellule principali attive.
Il preparato istologico nella diapositiva è di un giovane adulto dove predominano le cellule principali
(indicate con la lettera C).
E’ da osservare la variabilità dell’intensità di colorazione da molto scura a molto pallida.
Le cellule ossifile (indicate con la lettera O) si dispongono in aggregati tra le cellule principali.
Sono da osservare i delicati setti (indicati con la lettera S) che dividono la ghiandola in piccoli lobuli e
forniscono l'irrorazione ematica.
Con l'età compaiono adipociti, caratteristicamente dispersi nel tessuto ghiandolare.
L'assenza delle paratiroidi è incompatibile con la vita!
SURRENE
Le ghiandole surrenali, che appartengono alle ghiandole endocrine con una struttura a cordoni solidi, sono
due piccoli corpi posti ai poli superiori dei reni e circondati da tessuto adiposo.
Le ghiandole di destra e di sinistra non sono immagini speculari l'una dell'altra; infatti la ghiandola di destra
ha una forma piramidale e si trova proprio sopra il rene destro, mentre la ghiandola di sinistra è più
allungata e giace sul bordo mediano del rene sinistro.
A basso ingrandimento, nel preparato istologico sulla sinistra, si può osservare che la ghiandola surrenale
è divisa in una parte corticale esterna (indicata con la lettera C) e in una midollare interna, più pallida
(indicata con la lettera M). Una densa capsula fibrosa (colorata in blu in questo preparato) riveste la
ghiandola e fornisce il supporto esterno ad una delicata rete di fibre collagene che sostiene le cellule
secretorie. Al centro della midollare è collocata una grande vena.
Ad ingrandimento maggiore, nel preparato istologico posto sulla destra, si può osservare che la corticale
del surrene può essere suddivisa in tre zone istologiche, definite in relazione alla disposizione delle cellule
secretorie:
La corteccia del surrene contiene cellule parenchimali che sintetizzano e secernono numerosi ormoni
steroidei senza immagazzinarli. Ha origine mesodermica.
Le tre classi di ormoni steroidei prodotti sono i mineralcorticoidi, i glucocorticoidi e gli androgeni (tutti
sintetizzati a partire dal colesterolo).
Il colesterolo arriva al surrene con il sangue e viene esterificato e immagazzinato in gocce lipidiche nel
citoplasma delle cellule corticali. Quando queste cellule sono stimolate, il colesterolo viene de-esterificato
ed utilizzato per la sintesi ormonale da enzimi del reticolo endoplasmatico liscio e dei mitocondri. I prodotti
intermedi della sintesi ormonale sono trasferiti dal reticolo endoplasmatico liscio ai mitocondri fino alla
sintesi dell'ormone maturo.
La zona corticale della ghiandola surrenale è costituita da tre aree, che sono la zona glomerulare, la zona
fascicolata e la zona reticolare.
Lo strato del parenchima più esterno della corteccia surrenale, a ridosso della capsula connettivale, è
rappresentato dalla zona glomerulare, che costituisce il 13% circa del volume totale della ghiandola.
Le cellule secretorie della zona glomerulare sono disposte in aggregati irregolari ovoidi separati da
delicate trabecole connettivali che contengono capillari di grosso diametro. Le cellule secretorie
presentano nuclei rotondi, fortemente colorati e citoplasma relativamente scarso. Il citoplasma
contiene molto reticolo endoplasmatico liscio, numerosi mitocondri e gocce lipidiche, che sono il
principale substrato per la sintesi degli ormoni steroidei.
La zona glomerulare secerne ormoni mineralcorticoidi, di cui il più importante è l'aldosterone. La
principale funzione dell'aldosterone è la regolazione dei livelli ematici di sodio e di potassio, grazie alla
sua azione stimolatoria della pompa del sodio e delle membrane cellulari (soprattutto di quelle dei
tubuli renali).
La secrezione di aldosterone è ampiamente indipendente dall'ormone adrenocorticotropo, ma
controllata dall'ormone angiotensina II.
Subito al di sotto della zona glomerulare, si ha la zona fascicolata, che è lo strato più ampio della
corteccia e rappresenta l'80% del volume totale della ghiandola. E’ formata da stretti i cordoni di cellule
secretorie spesso formati in spessore da una sola cellula, separati da lamine di tessuto connettivo
contenenti capillari di diametro elevato.
Le cellule secretorie sono grandi, con un citoplasma abbondante scarsamente colorato. Il citoplasma è
ancora più ricco di reticolo endoplasmatico liscio e di gocce lipidiche rispetto a quello della zona
glomerulare; questo può conferire a queste cellule un aspetto schiumoso. Nei preparati istologici
appaiono vacuolate, in quanto contengono gocce lipidiche che durante il fissaggio istologico vengono
estratte; per questo motivo, cioè per questo aspetto, sono spesso chiamate spongiociti.
La zona fascicolata secerne ormoni glucocorticoidi. Il più importante è il cortisolo, che è essenziale per
la vita. Questi ormoni hanno un ampio spettro d'azione:
o hanno un effetto anabolico nel fegato (dove accelerano i processi di sintesi di glucosio e
glicogeno, dove stimolano l'assorbimento degli acidi grassi, degli amminoacidi e dei carboidrati);
o hanno un effetto catabolico negli adipociti e nei muscoli;
o hanno un effetto antinfiammatorio con riduzione dell'èdema (inibiscono l'attività dei globuli
bianchi, la migrazione dei fagociti ed il rilascio di istamina da parte dei mastociti).
C'è un controllo ipotalamico per mezzo dell’ormone adrenocorticotropo.
Lo strato più interno della corteccia è rappresentato dalla zona reticolare, che rappresenta il 7% del
volume totale della ghiandola. E’ formato da una rete irregolare di cordoni ramificati ed aggregati di
cellule ghiandolari separati da numerosi e ampi sinusoide. Le cellule ghiandolari sono molto più piccole
di quelle della zona fascicolata ed il loro citoplasma (che contiene meno gocce lipidiche e contiene
anche numerosi granuli di lipofuscina) si colora più intensamente.
La zona reticolare sintetizza ormoni androgeni e piccole quantità di ormoni glucocorticoidi. Gli
androgeni prodotti sono ormoni a scarso effetto mascolinizzante e la loro secrezione è stimolata
dall'ormone adrenocorticotropo.
La porzione centrale della ghiandola surrenale è rappresentata dalla zona midollare, che è ricoperta
completamente dalla corticale. Quest’area si sviluppa dalle creste neurali ectodermiche e comprende due
popolazioni di cellule parenchimali: le cellule cromaffini (che producono le catecolamine) e le cellule
gangliari simpatiche (distribuite in tutto il tessuto connettivo).
Le cellule secretorie sono grandi cellule epiteliodi, distribuite in gruppi o in piccoli cordoni, contenenti
granuli che si colorano intensamente in bruno scuro con i sali di cromo (e per questo motivo sono
chiamate anche cellule cromaffini). Sono sostenute da una fine trama reticolare contenente numerosi e
ampi capillari. Molti canali venosi, che drenano il sangue dai sinusoidi della corteccia, passano
attraverso la midollare diretti verso la vena centrale.
La midollare del surrene secerne le catecolamine (adrenalina e noradrenalina) sotto il controllo diretto
del sistema nervoso simpatico.
A differenza della maggior parte delle ghiandole endocrine, gli ormoni della midollare non sono secreti
in continuazione, ma sono accumulati in granuli citoplasmatici e rilasciati solo in risposta alla
stimolazione nervosa.
Il rilascio delle catecolamine dalle cellule cromaffini è stimolato dalle cellule gangliari simpatiche.
La liberazione di acetilcolina dalle terminazioni nervose pre-gangliari simpatiche depolarizza le
membrane delle cellule cromaffini permettendo l'accesso degli ioni calcio. L’aumento del calcio
intracellulare induce a sua volta l'esocitosi dei granuli citoplasmatici contenenti adrenalina o
noradrenalina. Quando lo stimolo è di natura emotiva predomina la secrezione di noradrenalina;
quando invece lo stimolo è di natura fisiologica (come ad esempio una sensazione dolorifica) viene
secreta soprattutto l’adrenalina.
Le catecolamine liberate dalla midollare surrenale manifestano effetti molto più generalizzati rispetto a
quelle liberate dai neuroni simpatici.
o Le catecolamine vengono rilasciate nelle situazioni di stress o di panico e preparano l'organismo
al combattimento o alla fuga, aumentando cioè lo stato di allerta. Quindi verranno attivati tutti
quei meccanismi che portano ad una produzione maggiore di energia e di migliori prestazioni da
parte dell'organismo.
o Così le catecolamine producono un aumento del consumo di ossigeno, un aumento di
produzione di calore e stimolano la lipolisi a livello degli epatociti.
o Tutti questi fattori inducono al potenziamento della forza e della resistenza muscolare.
o Stimolano la glicogenolisi a livello muscolare (questo porta ad una iperglicemia) ed accelerano
la degradazione del glucosio nel fegato (questo porta ad una maggior produzione di ATP).
o Aumenta la broncodilatazione (quindi si ha un aumento dell'efficacia della ventilazione
polmonare).
o L'adrenalina aumenta il battito cardiaco (provocando un aumento del flusso sanguigno agli
organi), mentre la noradrenalina provoca una vasocostrizione (quindi un aumento della
pressione sanguigna).
o Per contro vengono inibite le secrezioni gastrointestinali e la motilità gastrointestinale.
L’epifisi è una ghiandola endocrina il cui funzionamento è influenzato dai periodi di luce e di buio del
giorno. Ha una forma conica ed è situata lateralmente all'ipotalamo. E’ ricoperta da una capsula da cui
originano setti che la dividono in lobuli incompleti; in questi setti decorrono vasi sanguigni. Contiene due
tipi di cellule: i pinealociti e le cellule interstiziali.
I pinealociti sono cellule basofile che presentano 1 o 2 lunghi processi con i quali si portano a ridosso
dei vasi e occasionalmente anche di altre cellule parenchimali. I loro nuclei sono sferici e hanno un
unico nucleolo ben evidente. Queste cellule contengono anche un citoscheletro molto sviluppato
costituito da microtubuli, microfilamenti e strutture tubulari dense con elementi di vescicolari. Queste
insolite strutture, note come nastri sinaptici, aumentano di numero durante il periodo buio del ciclo
diurno (ma non è nota la loro funzione).
Le cellule interstiziali, che si trovano tra i pinealociti, sembrano essere simili agli astrociti. Hanno nuclei
allungati, che si colorano intensamente, ed un reticolo endoplasmatico rugoso ben sviluppato. I lunghi
processi cellulari sono ricchi di filamenti di tipo intermedio, microtubuli e microfilamenti.
La ghiandola pineale contiene anche fosfato di calcio e depositi di carbonato disposti in cerchi concentrici
attorno alla matrice organica. Queste strutture, che sono indicate nel preparato istologico con la lettera S,
sono chiamate corpi arenacei o sabbia cerebrale e compaiono durante l'infanzia e aumentano nel corso
della vita dell'individuo.
La ghiandola pineale produce melatonina e serotonina. La melatonina è secreta di notte; mentre la
serotonina di giorno.
La ghiandola pineale è innervata dai nervi simpatici post-gangliari, che partono dal ganglio cervicale
superiore (situato nel collo). Gli assoni che penetrano nella ghiandola perdono il rivestimento di mielina e
formano sinapsi con i pinealociti.
La noradrenalina, rilasciata a ridosso di queste cellule, controlla la produzione di melatonina. E’
interessante notare che la melatonina è secreta negli spazi connettivali (e quindi passa nel circolo
sanguigno), mentre la serotonina viene assunta dalle terminazioni degli assoni pre-sinaptici.
La melatonina favorisce il sonno e diminuisce l'attività delle onde cerebrali; la sua produzione si riduce con
lo stress e con l'età. Essa viene prodotta dalla serotonina, che è l'ormone prodotto di giorno, appena i
recettori della retina non sono più stimolati dalla luce.
Inoltre la melatonina allevia il jet-lag, che è l'insieme di disturbi che colpiscono chi viaggia in aereo su
distanze che implicano cambiamenti di uno più fusi orari in breve tempo. L'organismo è sincronizzato
internamente su un ritmo di ventiquattr'ore, detto ritmo circadiano, dovuto all'alternanza di luce e di buio
e alle abitudini di vita. Su di esso si organizza tutta l'attività del corpo: alternanza sonno/veglia, oscillazione
nelle ventiquattr'ore della temperatura, della pressione arteriosa e della secrezione di diversi ormoni.
Quando voliamo da est a ovest partendo per esempio dall'Italia alle 13 e arrivando a New York dopo 8 ore
e mezza, attraversiamo sei fusi orari (quindi per noi saranno le 21:30 mentre in America saranno solo le
15:30): perciò l'organismo, quasi pronto per il riposo notturno, dovrà affrontare un pomeriggio in più di
attività e dovrà adeguarsi all'allungamento o al ritardo dei ritmi circadiani. L'adattamento in questo caso
avviene con relativa rapidità perché la luce solare facilita la sincronizzazione.
Il contrario avviene se viaggiamo da ovest a est: la giornata viene accorciata ed è difficile prendere il ritmo
notturno.
I nostri bioritmi vengono quindi messi alla prova perché si comincia ad aver fame ad un orario in cui
bisogna digiunare o si prova sonno quando c'è piena luce; questo comporta un senso di malessere generale
ed uno squilibrio ormonale, perché l'organismo è abituato a produrre determinate sostanze per far fronte
alle richieste dell'ambiente che di solito arrivano ad orari fissi.
La serotonina rende invece attenti e vigili, stimola la memoria e l'apprendimento, aumenta la
concentrazione e stimola il buon umore.
Nei mammiferi l'attività della ghiandola pineale inibisce la produzione dei releasing factor ipotalamici per
gli ormoni follicolo-stimolante e luteinizzante, influenzando così l'attività delle gonadi. Inoltre segna agli
uccelli che è tempo di migrare, li mantiene nella giusta rotta mentre sorvolano il pianeta, avverte gli
animali che è ora di andare in letargo e in primavera che è ora di risvegliarsi.
CELLULE INTERSTIZIALI
Le ghiandole endocrine interstiziali sono rappresentate dalle cellule di Leydig presenti nel testicolo. Sono
responsabili della sintesi e della secrezione di ormoni sessuali maschili.
Sono il tipo cellulare principale del tessuto connettivo presente tra i tubuli seminiferi.
Sono disposte singolarmente o in aggregati e sono intimamente associate con ricchi plessi di capillari
ematici e linfatici che circondano i tubuli seminiferi.
Il nucleo è rotondo, con cromatina dispersa e 1 o 2 nucleoli alla periferia.
Queste grandi cellule hanno un abbondante citoplasma eosinofilo che contiene quantità variabili di vacuoli
lipidici.
Le caratteristiche ultrastrutturali ricordano molto quelle delle cellule a secrezione steroidea della corteccia
surrenale.
Nell'uomo, ma non in altre specie, le cellule di Leydig contengono anche cristalli citoplasmatici allungati, i
cristalli di Reinke, grandi a sufficienza da essere visti al microscopio ottico se adeguatamente colorati.
Questi cristalli diventano più numerosi con l'età, ma la loro funzione è completamente sconosciuta.
Il testosterone è il principale ormone secreto dalle cellule di Leydig. Il testosterone non solo è responsabile
dello sviluppo dei caratteri sessuali secondari maschili al momento della pubertà, ma è anche essenziale
per la continua funzione dell'epitelio seminifero.
L’attività secretoria delle cellule di Leydig è controllata da due gonadotropine ipofisarie: l'ormone
luteinizzante (che nel maschio è meglio conosciuto con il nome di ormone stimolante le cellule interstiziali)
e l'ormone follicolo-stimolante).
Rappresentazione schematica della sintesi di testosterone da parte delle cellule interstiziali del Leydig.
L’ormone luteinizzante (indicato nello schema con LH) è una gonadotropina secreta dall'ipofisi anteriore.
E’ un ormone peptidico e quindi si lega ai recettori per l’LH presenti sulla superficie delle membrane delle
cellule di Leydig, attivando l'adenilato ciclasi che forma l'adenosin monofosfato ciclico. L'attivazione delle
protein chinasi delle cellule di Leydig da parte dell'adenosin monofosfato ciclico induce l'attivazione della
colesterolo esterasi, che è in grado di scindere colesterolo libero dalle gocciole lipidiche intracellulari.
La prima fase di questa via metabolica per la sintesi del testosterone è anche LH-dipendente, perché
l'ormone LH, cioè luteinizzante, attiva un enzima, detto colesterolo desmolasi, che converte il colesterolo
libero in pregnenolone.
I vari prodotti di questa via sintetica vengono trasportati tra il reticolo endoplasmatico liscio e i mitocondri
fino alla sintesi definitiva del testosterone, ormone maschile che viene infine secreto da queste cellule.
Dato che il testosterone ematico non è sufficiente per iniziare e mantenere la spermatogenesi, l'ormone
follicolo-stimolante, che è un'altra gonadotropina dell’ipofisi anteriore, induce la sintesi ed il rilascio da
parte delle cellule del Sertoli (che sono cellule poste nel compartimento basale dei tubuli seminiferi) di una
proteina che si chiama proteina legante gli androgeni ABP. Come dice il suo stesso nome, questa proteina
lega il testosterone e, impedendone la fuoruscita dai tubuli seminiferi, ne aumenta la concentrazione
locale in modo da mantenerne i livelli necessari per la spermatogenesi.
Il rilascio dell'ormone luteinizzante viene inibito dall’aumento ematico del testosterone, mentre quello del
follicolo-stimolante è bloccato dall’inibina prodotta dalle cellule del Sertoli.
TESSUTO EPITELIALE (PARTE 4) – ghiandole endocrine
Organizzazione a isolotti: follicoli ovarici e corpi lutei, componenti endocrine ovario
Le ovaie sono organi pari posti a lato dell’utero sulle pareti laterali della cavità pelvica e sono sedi
dell’oogenesi. Sono contenute nel legamento largo dell’utero e legati a questo da un peduncolo
detto mesovario che rappresenta una piega peritoneale attraverso la quale passano i vasi sanguini
dell'organo. L’epitelio superficiale di rivestimento, chiamato epitelio germinativo, deriva da quello
peritoneale e immediatamente sotto è presente una capsula connettivale chiamata tonaca
albuginea a causa del suo aspetto bianco all'esame macroscopico.
Il corpo dell'ovario è formato da fibre reticolari fusiformi e da una sostanza fondamentale che
insieme costituiscono lo stroma ovarico; nella zona periferica dello stroma, ossia la corteccia, vi
sono numerosi follicoli che contengono i gameti femminili a vari stadi di sviluppo, inoltre possono
essere presenti anche follicoli post ovulatori di vario tipo cioè:
- i corpi lutei o follicoli degenerati cioè i corpi albicanti
- follicoli atresici
La zona centrale dello stroma ovarico, chiamata midollare, è molto ricca di arterie che derivano
dall'arteria ovarica, un ramo dell'aorta addominale, e dalle collaterali dell'arteria uterina che
vascolarizzano l’ovaio; questi vasi entrano nell’organo dal legamento largo e quindi si ramificano e
si dispongono a spirale nella midollare diventando le arterie elicine.
Durante le prime fasi dello sviluppo fetale, le cellule germinali primordiali, ossia gli oogoni,
migrano nella corticale dell'ovario dove si moltiplicano per mitosi. Al quarto o al quinto mese di
sviluppo fetale, nella specie umana, alcuni oogoni si ingrandiscono e acquisiscono il potenziale di
svilupparsi in gameti maturi; a questo stadio questi sono chiamati oociti primari ed iniziano il
primo stadio di divisione meiotica. Al settimo mese di sviluppo fetale, gli oociti primari diventano
follicoli primordiali indicati nel vetrino con le lettere PF, questi sono formati da un oocita primario,
come detto, e circondati da un singolo strato di cellule follicolari appiattite. L’oocita primario ha un
grande nucleo con cromatina dispersa finemente granulare, un evidente nucleolo e poco
citoplasma. L’incapsulamento arresta la prima divisione meiotica e il successivo sviluppo del
follicolo primordiale non procede finché la donna non raggiunge la maturità sessuale.
ZP1
ZP2
ZP3
Esse sono secrete dall’oocita.
Queste cellule producono l'ormone maschile androstenedione che all'interno delle cellule della
granulosa viene convertito in estradiolo.
Verso la fine di questo stadio, le cellule stromali appaiono aumentate di volume e la teca interna è
invasa da capillari che provvedono al loro nutrimento così come a quello delle cellule della
granulosa. La proliferazione continua delle cellule della granulosa e la formazione del liquor
follicolare portano alla formazione di un follicolo maturo che prende il nome di follicolo di Graaf
che al momento dell'ovulazione presenta un diametro di 2,5 cm. Un follicolo maturo può essere
visto come una tumefazione trasparente che sporge dalla superficie dell'ovario con un diametro
pari a quello dell'ovario; la formazione continua di liquor follicolare causa il distacco del cumulo
ooforo che è costituito: dall’oocita primario, dalla corona radiata e le cellule follicolari associate. Il
distacco avviene dalla propria base in modo da fluttuare liberamente all'interno del liquor.
Al quattordicesimo giorno del ciclo mestruale, gli estrogeni prodotti dal follicolo di Graaf in via di
sviluppo ed ai follicoli secondari, provocano l'aumento del livello ematico degli estrogeni circolanti
a valori sufficienti da promuovere l'inibizione a feedback della secrezione dell'ormone
follicolostimolante da parte della ipofisi anteriore e l'aumento veloce e repentino dell’ormone
luteinizzante secreto dalle cellule basofile sempre dell'ipofisi anteriore. L'aumento dell'ormone
luteinizzante induce l'ovocita primario del follicolo di Graaf a completare la sua prima divisione
meiotica dando luogo alla formazione di due cellule figlie:
- l’oocita secondario
- primo corpo polare che, a causa dell'ineguale divisione citoplasmatica, è formato da un
nucleo e da un sottile strato di citoplasma.
L'ovocita secondario entra nella seconda divisione meiotica arrestandosi in metafase. Subito prima
dell'ovulazione, la superficie dell'ovario dove preme il follicolo maturo perde la vascolarizzazione;
questa zona avascolare assottigliata prende il nome di stigma, qui il connettivo degenera così
come degenera la parete del follicolo maturo a contatto con lo stigma e si forma un’apertura tra la
cavità peritoneale e l'altro del follicolo di Graaf. Attraverso questa apertura, l’oocita secondario
con le sue cellule follicolari associate, viene rilasciato e si ha l'ovulazione.
La parte terminale fimbriata delle tube che preme contro l'ovario, attrae l’oocita secondario e le
cellule follicolari all'interno dell'infundibolo della tuba che così iniziano il loro viaggio verso
l'ampolla dove possono essere fecondate. Se ciò non dovesse avvenire durante le successive 24
ore, l'ovocita secondario degenererebbe e verrebbe fagocitato.
Per ogni ciclo mestruale, circa 50 follicoli si avviano verso gli stadi della maturazione e circa 5 di
questi raggiungono il livello di follicoli maturi; solo uno però va incontro all'ovulazione, non è
conosciuta la causa precisa di questo fenomeno comunque quando un follicolo maturo raggiunge
un particolare stadio maturativo, conosciuto come follicolo dominante, non è più dipendente
dall’ormone follicolo stimolante. Il follicolo dominante produce grandi quantità di inibina, che è un
ormone che inibisce il rilascio del follicolo stimolante da parte dell’adenoipofisi, e la mancanza di
follicolostimolante, a sua volta, determina l'atrofia degli altri follicoli che non sono più in grado di
raggiungere lo stadio dell'ovulazione.
Parlando di ovociti ho voluto riportarvi il rapporto diretto che è stato evidenziato tra l'età
dell'ovocita e la sindrome di Down. Una neonata nasce con un patrimonio di un milione di ovociti,
una gran parte degenera e si riduce a 300/500 mila a 7 anni, per arrivare a 12 anni ad un numero
variabile tra i 200/500 mila. Di questi raggiungono il livello di follicoli maturi un numero tra i 450 e
i 650 che, se fate i conti, copre il periodo fertile medio di una donna. Se si mette in relazione l'età
materna con la frequenza della comparsa della sindrome di Down, si può leggere che:
In seguito all’ovulazione, follicolo rotto collassa e si riempie di materiale di coagulazione. Gli strati
della parete follicolare si riorganizzano e formano una temporanea ghiandola endocrina: il corpo
luteo mestruale. Le sue dimensioni sono quelle del precedente follicolo ovulatorio; sotto
l'influenza dell'ormone luteinizzante secreto dall'adenoipofisi, le cellule della precedente zona
granulosa aumentano nettamente di diametro e iniziano a secernere un ormone steroideo che è il
progesterone. Il citoplasma di queste cellule contiene un pigmento giallo, la luteina, che è
responsabile del nome di cellule luteiniche della granulosa e del nome di corpo luteo per l'intera
struttura.
Il progesterone promuove la secrezione endocrina delle ghiandole presenti nella mucosa che
riveste l'utero, le quali a questo stadio sono andate incontro ad una notevole proliferazione
indotta dagli estrogeni, secreti dalle cellule della teca interna del follicolo prima dell'ovulazione.
Questo fornisce un ambiente adatto all'impianto dell'uovo fertilizzato. Le cellule della precedente
teca interna aumentano anch’esse di volume anche se in proporzione minore; con l'interruzione
dell'ovulazione queste cellule, insieme alle cellule della granulosa, continuano a secernere
estrogeni necessari per mantenere inspessita la mucosa uterina, queste cellule sono conosciute
come cellule luteali della teca. Il corpo luteo dipende dalla secrezione adenoipofisiaria dell’ormone
luteinizzante; un aumento dei livelli di progesterone inibisce la secrezione dell’LH. Senza uno
stimolo continuo dell’ormone luteinizzante, il corpo luteo non può essere mantenuto e 12 -14
giorni dopo l'ovulazione regredisce e forma il corpus albicans, privo di funzione. Una volta che il
corpo luteo regredisce, la secrezione di estrogeni e di progesterone cessa; senza questi ormoni il
rivestimento mucoso dell'utero collassa e compare la mestruazione.
L'impianto dell'uovo fertilizzato nella parete uterina interrompe i cicli ovarici e mestruali; dopo
l'impianto, un ormone chiamato gonadotropina corionica umana (hCG) è secreto nel circolo
materno dalla placenta in via di sviluppo. L' hCG che ha una funzione analoga a quella dell’ormone
luteinizzante mantiene la funzione del corpo luteo, il quale continua a secernere estrogeni e
progesterone fino alla dodicesima settimana di gravidanza. Dopo questo periodo il corpo luteo
gravidico regredisce lentamente e forma un corpus albicans privo di funzione; la placenta assume
il ruolo di maggior secretori di estrogeni e progesterone fino al parto.
Nel vetrino rappresentato, presente nella slide, è possibile osservare un corpo luteo mestruale.
Nel centro è visibile ciò che rimane del coagulo ematico, indicato con la lettera C; questo è
circondato da un’ampia zona di cellule luteinica della granulosa, indicate con la lettera G,
penetrate da setti, indicati con la lettera S, contenenti grossi vasi sanguigni. Perifericamente
possibile osservare una sottile zona di cellule luteiniche della tecnica, indicate con la lettera T.
Esternamente il corpo luteo o circondato da una zona di tessuto stromale addensato che
rappresenta la teca esterna del precedente follicolo di Graaf. Il corpo luteo gravidico è una
struttura molto più grande del corpo luteo mestruale ma ha una organizzazione di base simile.
L’ormone progesterone e prodotto le cellule della teca interna luteinica mentre gli ormoni
estrogeni sono prodotti sia dalle cellule della teca interna luteinica che dalle cellule della granulosa
luteinica.
La tiroide ha un'organizzazione a follicoli; questa struttura è osservabile sia nello schema in basso
a sinistra che nel vetrino in basso a destra. Essa è situata nel collo davanti alla parte superiore della
trachea e si compone di:
- un lobo destro
- un lobo sinistro
- i due lobi sono connessi tra loro da un istmo
Posteriormente alla tiroide sono localizzate le paratiroidi, come osservabile nel disegno in alto a
sinistra e nel vetrino in alto a destra.
Le unità funzionali della ghiandola tiroide sono i follicoli tiroidei: strutture irregolari e sferoidali
formate da un singolo strato di cellule epiteliali cubiche circondate da una membrana basale.
Com'è possibile vedere nel vetrino in basso a destra, le dimensioni dei follicoli sono variabili; essi
contengono un materiale colloide omogeneo che in questo preparato è colorato in rosa. La
ghiandola tiroide è avvolta da una capsula esterna di tessuto connettivo lasso e da una capsula
interna di tessuto fibroelastico. Dalla capsula interna si originano dei sottili setti connettivali che
sprofondano nella ghiandola e la dividono in lobuli. I setti contengono una ricca rete di vasi ematici
e linfatici ed i nervi.
1. tireociti
2. cellule parafollicolari
I tireociti sintetizzano gli ormoni triiodotironina (T3) e tiroxina (T4) mentre le cellule parafollicolari
secernono un ormone chiamato tireocalcitonina.
La ghiandola tiroide è unica tra le ghiandole endocrine in quanto accumula grandi quantità di
ormone tiroideo in forma inattiva all'interno di compartimenti extracellulare chiamati appunto
follicoli; al contrario, altre ghiandole endocrine immagazzinano solo piccole quantità di ormoni in
sedi intracellulari.
Nelle ghiandole tiroidee che sono attivamente secernenti, come il vetrino che è sulla
sinistra, i follicoli tendono ad essere piccoli e contengono scarsa quantità di colloide, le
cellule cubiche di rivestimento sono relativamente alte e questo riflette la sintesi e la
secrezione di ormoni.
Al contrario i follicoli di una tiroide meno attiva, come quella rappresentata nel centro della
diapositiva, sono distesi dalla colloide contenuta e le cellule di rivestimento appaiono
appiattite contro la membrana basale del follicolo.
Abbiamo, come detto, un secondo tipo di cellule secretorie; queste possono presentarsi sotto
forma di cellule singole disperse tra le cellule follicolari o sotto forma di piccoli aggregati negli
spazi inter-follicolari; queste sono le cellule parafollicolari che furono descritte per la prima volta
nel cane in cui avevano un abbondante citoplasma non colorabile. Questa caratteristica che è
visibile nel preparato istologico dove queste cellule sono indicate con la lettera C, è valsa loro il
nome di cellule C cioè cellule chiare. In altri mammiferi tra cui l'uomo le caratteristiche istologiche
delle cellule parafollicolari sono simili a quelle del cane ma sono normalmente meno evidenti . Le
cellule parafollicolari sintetizzano e secernono l'ormone calcitonina in risposta diretta all' aumento
dei livelli ematici del calcio.
Questa è una rappresentazione schematica della sintesi di tireoglobulina iodinata. La sintesi degli
ormoni tiroidei è regolata dai livelli di iodio nelle cellule follicolari ed anche dal legame
dell'ormone tireotropo con i recettori presenti su queste cellule. Il legame con i recettori innesca
la produzione di un AMP ciclico che porta all'attivazione della proteinchinasi A e alla sintesi degli
ormoni T3 e T4.
Questo è un processo di trasduzione del segnale e ricordo che l'ormone tireotropo ha il recettore
sulla membrana perché è un ormone peptidico. La glicoproteina tireoglobulina è sintetizzata nel
reticolo endoplasmatico rugoso, glicosilata, e concentrata nell’apparato del Golgi quindi rilasciata
nel lume follicolare per esocitosi. Lo iodio viene ridotto a ione ioduro nel canale alimentare dove
viene assorbito e trasportato col torrente circolatorio alla ghiandola tiroide; lo iodio viene
trasportato attivamente da pompe simporto sodio-iodio presenti sulla porzione basale del
plasmalemma delle cellule follicolari, in modo che la sua concentrazione intracellulare sia da 20 a
40 volte superiore a quella del plasma. Una volta presente nel citosol, viene ossidato dall'enzima
perossidasi tiroidea in un processo che richiede la presenza di perossido di idrogeno; lo iodio
attivato passa nella colloide e si lega i residui di tirosina della tireoglobulina all'interfaccia tra
colloide e membrana apicale delle cellule follicolari tiroidee. Questi residui iodati formano la
tirosina monoiodica o MIT e la tirosina diioica o DIT.
Gli ormoni T3 e T4 sono rilasciati negli spazi extracellulari della tiroide e passano quindi nel
circolo; l'ormone T4 costituisce il 90% del totale di ormoni tiroidei rilasciati ma un effetto sugli
organi bersaglio più blando rispetto a quello dell’ormone T3.
Gli ormoni T3 e T4, una volta rilasciati in circolo, si legano a proteine del plasma per poi essere
rilasciati una volta giunti e tessuti bersaglio. Giunti alle cellule bersaglio, gli ormoni si legano a
proteine intracellulari specifiche dove costituiscono una riserva che verrà utilizzata nei giorni e
nelle settimane successive. Dato che solo l'ormone libero alla capacità di entrare nella cellula, il T3,
che è legato più debolmente alla parte proteica, entrerà più facilmente nel citoplasma rispetto al
T4. Inoltre entrambi questi ormoni si legano alle proteine eccentrici nucleari degli ormoni tiroidei
ma il T3 si lega con una finita maggiore rispetto al T4 confermando in questo modo la sua
maggiore attività biologica. Questi ormoni stimolano la trascrizione di molti geni che codificano
per vari tipi di proteine che possono determinare un aumento generale del metabolismo cellulare:
I tessuti connettivi sono così denominati per la loro funzione di connettere strutturalmente e
funzionalmente altri tessuti tra di loro nella formazione degli organi, e comprendono tessuti
diversi accomunati dall’organizzazione strutturale e dall’origine mesodermica.
Il tessuto connettivo svolge molteplici funzioni:
• ad esempio, il tessuto connettivo lasso svolge una funzione di separazione tra altri tessuti
dotati di funzioni più specifiche
• svolge funzioni di supporto strutturale, il tessuto connettivo denso ad esempio rappresenta
un robusto supporto per la componente epiteliale della pelle, costituisce la capsula di
organi come il fegato e la milza, e offre una grossa resistenza alla trazione nei legamenti e
nei tendini
• la cartilagine e l'osso sono i maggiori componenti dello scheletro, i legamenti tengono
insieme le ossa e i tendini che collegano i muscoli ai capi ossei
• svolge una funzione di supporto metabolico, i tessuti connettivi contengono vasi e
rappresentano il medium attraverso il quale si ha scambio di nutrienti, metaboliti, ossigeno
e prodotti del catabolismo tra i tessuti e del sistema circolatorio
• svolge una funzione di difesa e una funzione di protezione, queste si esplicano attraverso
l'attività fagocitaria di alcune cellule che inglobano e distruggono detriti cellulari, particelle
estranee e microrganismi, questa funzione è svolta anche attraverso l'attività di cellule
immunocompetenti che producono anticorpi contro gli antigeni, anche attraverso alcune
cellule che elaborano sostanze farmacologiche adatte a controllare il processo
infiammatorio
• il tessuto connettivo inoltre contribuisce alla protezione dell’organismo fungendo da
barriera fisica contro la penetrazione e la diffusione dei microrganismi
• svolge ancora una funzione di deposito di grassi e quindi una funzione di riserva attraverso
il tessuto adiposo bianco, e svolge la funzione di regolazione della temperatura corporea
del neonato attraverso il tessuto adiposo bruno
Si può riconoscere:
1. un tessuto connettivo propriamente detto che comprende:
• il tessuto mucoso
• il denso
• il lasso
• il reticolare
• l’adiposo
2. un tessuto connettivo di sostegno rappresentato:
• dalla cartilagine
• dall'osso
3. un tessuto connettivo a funzione trofica rappresentato:
• dal sangue
• dalla linfa
Il preparato istologico rappresenta il mesenchima primitivo, le cellule del mesoderma, foglietto
embrionale posto tra l'ectoderma e l'endoderma proliferano e grazie alla loro attività ameboide
migrano dando origine al mesenchima primitivo. Il mesenchima primitivo è il tessuto embrionale
da cui derivano tutti i tipi di tessuto connettivo (compreso quello scheletrico), le cellule
mesenchimali sono relativamente indifferenziate e si crede che siano capaci di differenziarsi in
tutti i tipi cellulari del tessuto connettivo maturo; alcune cellule mesenchimali restano come tali
nel tessuto connettivo maturo e forniscono quindi una sorgente pluripotenziale di cellule in caso
di necessità, di riparazione o di sostituzione di un tessuto connettivo.
Le cellule mesenchimali primitive indicate nel vetrino con la lettera M hanno una forma irregolare,
stellata o fusiforme, con delicate estensioni citoplasmatiche che formano una rete attraverso il
tessuto, i nuclei ovali presentano una cromatina dispersa e nucleoli evidenti, il materiale
extracellulare è formato quasi esclusivamente da sostanza fondamentale e non contiene fibre
mature, a questo proposito il mesenchima presenta una variante molto lassa di tessuto
connettivo, che nel feto a termine viene definita tessuto connettivo mucoso. Il sistema circolatorio
dell’embrione è scarsamente sviluppato fino a stadi avanzati, il mesenchima costituisce quindi un
importante mezzo per la diffusione dei metaboliti verso e dai tessuti in via di sviluppo.
Mesenchima
primitivo
• le cellule
• matrice acellulare chiamata matrice extracellulare che a sua volta è formata da:
1. una matrice di sostanza organica chiamata sostanza fondamentale, in cui sono collocati
diversi tipi di fibre, inoltre è presente anche un gruppo di glicoproteine strutturali
(rappresenta il terzo componente della matrice extracellulare) e media le interazioni tra le
cellule e gli altri costituenti. La componente amorfa o sostanza fondamentale è un
materiale trasparente che ha le proprietà di un gel semifluido e costituita da
glicosaminoglicani, glicoproteine e proteoglicani, per la sua consistenza molto viscosa la
sostanza fondamentale svolge la funzione di setaccio molecolare controllando in questo
modo le sostanze che attraversandola raggiungono poi le cellule, inoltre influenza
l'orientamento delle micro fibrille nascenti di collagene e di fibrillina e contribuisce alle
reazioni di difesa dell'organismo ostacolando la diffusione dei microrganismi.
2. Una componente fibrillare
3. Glicoproteine strutturali
I costituenti chimici più importanti della sostanza fondamentale dei tessuti connettivi sono i
glicosaminoglicani:
• il Cheratan solfato in realtà sono 2: uno è localizzato esclusivamente nella cornea e l'altro
nei tessuti scheletrici
• l'Eparina è presente in cellule chiamate mastociti
• l’Eparan solfato è presente nella lamina basale, dal punto di vista strutturale queste due
molecole presentano strette relazioni, ma dal punto di vista biologico possono considerarsi
due sostanze molto diverse, l’eparina ha una localizzazione intracellulare, è presente nei
mastociti ma è presente anche nei granulociti basofili da cui può essere rilasciata in
risposta a certi stimoli, l’Eparan solfato è un componente ubiquitario della superficie
cellulare
• Vi sono due tipi di Condroitin solfato presenti entrambi nella cartilagine e nei vasi sanguigni
• il Dermatal solfato fatto presente nella pelle.
In conclusione, bisogna sottolineare che i glicosaminoglicani pur appartenendo ad una classe
omogenea di macromolecole, mostrano un’ampia variabilità di strutture e di caratteristiche.
In natura e glicosaminoglicani tranne l'acido ialuronico non esistono come molecole libere ma
sono sempre legati covalentemente a proteine diverse dal collagene, formando enormi complessi
macromolecolari che sono chiamati proteoglicani. I proteoglicani sono sintetizzati come tali
all'interno della cellula e quindi secreti attraverso un processo di esocitosi.
I proteoglicani meglio caratterizzati sono quelli della matrice cartilaginea, un esempio è dato dall'
aggrecano, che è costituito da un asse proteico al quale sono legate covalentemente, in punti
diversi oltre 1000 catene laterali costituite da glicosaminoglicani solforati, l’asse proteico è
costituito da circa 3000 aminoacidi e può essere suddiviso in tre regioni:
1. una zona che Lega prevalentemente le molecole di Condroitin solfato
2. una regione intermedia alla quale sono associate prevalentemente le catene di Cheratan
solfato
3. un segmento di attacco all'acido ialuronico situato ad una estremità della molecola e privo
di catene laterali polisaccaridiche.
In realtà, come è possibile osservare nella tabella, in natura esistono proteoglicani molto diversi,
accanto a questo appena descritto esistono:
Le caratteristiche funzionali di queste molecole coincidono in larga misura con quelle dei
glicosaminoglicani che li costituiscono, a causa della loro viscosità e della loro permeabilità
costituiscono dei filtri molecolari a porosità variabile, in questo modo regolano la diffusione di
molecole da e verso i capillari o la diffusione di sostanze attraverso la parete dei tubuli renali, per
la forte carica negativa proteggono gli endoteli ed impediscono l'attacco di cellule circolanti del
sangue alle pareti del vaso, inoltre possono intrappolare nello spazio intercellulare molecole come
ad esempio fattori di crescita o proteasi. Molti proteoglicani inoltre rimangono nelle membrane
plasmatiche di cui diventano componenti intrinseci con diverse funzioni, come ad esempio una
funzione co-recettoriale, o una funzione di collegamento con macromolecole della matrice.
3. ENTACTINA
L’entactina si Lega alla laminina e al collagene 4 nelle membrane basali
4. TENASCINA
La tanascina si lega alle integrine e nell’embrione sembra svolgere un importante ruolo nel
controllo dell’accrescimento delle cellule nervose
5. CONDRONECTINA
La condronecina è caratteristica della matrice extracellulare del tessuto cartilagineo
6. OSTEONECTINA
L’osteonectina è la glicoproteina adesiva caratteristica della matrice extracellulare del
tessuto osseo.
Le fibronectine e le laminine possono legarsi alle cellule animali perché questa e espongono sulla
loro membrana plasmatica recettori specifici che riconoscono e legano determinate regioni di
queste due proteine, questi recettori appartengono ad una famiglia di proteine di transmembrana
chiamate integrine, il cui ruolo è quello di integrare la matrice extracellulare con il citoscheletro.
Le integrine sono costituite da due grosse catene polipeptidiche di transmembrana, le subunità
alfa e beta che si associano in modo non covalente formando un dimero, le porzioni extracellulari
delle subunità alfa e beta di una specifica integrina interagiscono per formare il sito di legame per
una determinata proteina della matrice extracellulare, la specificità di legame dipende in modo
particolare dalla subunità alfa; sul versante citoplasmatico della membrana le integrine legano
molecole del citoscheletro specifiche, permettendo così l'interazione meccanica tra il citoscheletro
e la matrice extracellulare attraverso la membrana plasmatica. Molte integrine riconoscono la
sequenza RGD in specifiche glicoproteine della matrice che sono capaci di legare, tuttavia il sito di
legame deve riconoscere anche altre parti della molecola glicoproteica, poiché le integrine
esibiscono una specificità di legame alle glicoproteine superiore a quella dovuta soltanto al
riconoscimento della sequenza RGD.
1. Le fibre collagene
• sono flessibili ma molto poco estensibili ed offrono una grande resistenza alla
trazione, sono rapidamente digerite dal succo gastrico e sono digerite in
maniera specifica dall'enzima collagenasi.
• Esaminati a fresco hanno un colorito bianco e sono perciò dette fibre bianche,
in contrapposizione alle fibre elastiche che hanno un colore giallognolo e sono
quindi chiamate fibre gialle. Appaiono come filamenti molto lunghi che
decorrono in una o in più direzioni con andamento spesso ondulato, presentano
uno spessore compreso tra 1-12 micron.
• A forte ingrandimento è possibile apprezzare una fine striatura longitudinale
dovuta alla presenza di fibrille più sottili dello spessore di 0,2-0,3 micron
disposte parallelamente.
Nell’immagine è possibile osservare una microfotografia elettronica a scansione di
preparato di derma umano che illustra i fasci di fibre collagene.
Le fini fibrille di 0,2-0,3 micron viste al microscopio ottico, al microscopio elettronico
risultano a loro volta composte da microfibrille o fibrille submicroscopiche dello
spessore di 20-100 nanometri associate parallelamente.
Queste fibrille submicroscopiche orientate secondo l'asse della fibra sono responsabili
della sua birifrangenza, le microfibrille appaiono a striate trasversalmente, cioè
presentano lungo il loro decorso bande trasversali che si ripetono ogni 70 nanometri, o
ogni 64 nanometri dopo essicamento.
nella terminologia istologica si dice che le fibre collagene mostrano una periodicità
assile con un periodo di 64-70 nanometri.
E’ rappresentata la modalità di
aggregazione delle molecole di
procollagene, che è la forma
immatura del tropocollagene. Le
molecole di procollagene si allineano
longitudinalmente testa coda e si
associano parallelamente in maniera
sfasata, sovrapponendosi per un
quarto della loro lunghezza, sono
indicati i legami idrogeno
intramolecolari tra gli aminoacidi
idrossilati, e legami crociati
Intermolecolari tra l'estremità
carbossi-terminale di una molecola e
quella azoto-terminale di' un'altra.
2. Fibre reticolari
• sono costituite da tropocollagene di tipo III
• caratterizzato dal punto di vista molecolare, da un alto contenuto di idrossilisina e
da un grado di glicosilazione maggiore rispetto al tipo I.
• Morfologicamente presentano la tipica striatura periodica di 64-70 nanometri, ma
confrontate con il collagene di tipo I sono più sottili, si anastomizzano tra loro
formando un intreccio ramificato e le fibre che ne risultano sono meno spesse
risultando ridotta la loro tendenza a disporsi in grossi fasci di fibre paralleli tra loro,
ne risulta quindi un tessuto caratterizzato da fibre relativamente sottili, ramificate e
intrecciate con ampi spazi occupati da matrice amorfa nelle maglie.
• Sono presenti nella lamina basale, nella parete dei vasi sanguigni, nel tessuto
adiposo all'interno dei parenchimi ghiandolari, negli organi linfoidi e nel tessuto
connettivo attorno alle fibre muscolari.
PROCESSO DELL’ELASTOGENESI
Il processo dell'elastogenesi consta come per la formazione del tropocollagene, di una
fase intracellulare e di una fase extracellulare.
• Inizialmente si costituiscono le microfibrille il cui assemblaggio nello spazio
perIcellulare precede la secrezione della tropoelastina, la polimerizzazione della
tropoelastina dipende dallo stampo costituito dalle microfibrille, il costituente
fondamentale delle microfibrille e la fibrillina (glicoproteina filamentosa),
l'ordinata disposizione in senso longitudinale testa coda e per file parallele delle
molecole di fibrillina, dà luogo alle microfibrille che presentano un diametro di
circa 10 nanometri. Altre macromolecole sono associata alla fibrillina nella
costituzione delle microfibrille, tra queste diversi proteoglicani.
• Le analisi ultrastrutturale delle microfibrille evidenzia una struttura filo di perle,
con una periodicità di circa 50 nanometri, all'interno della cellula l'associazione
tra monomeri di tropoelastina è impedita dal loro legame con una proteina che
accompagna la tropoelastina fino all'esterno della cellula, durante il suo
percorso intracellulare la tropoelastina subisce varie modificazioni post-
traduzionali, tra cui l'idrossilazione di residui di prolina.
• Dopo la secrezione, la molecola di tropoelastina si separa dalla proteina
accompagnatrice e diventa quindi libera di polimerizzare, la formazione di
legami crociati tra molecole di tropoelastina richiede che queste si allineino
correttamente tra loro, un processo che viene favorito dalla regolare
disposizione delle microfibrille di fibrillina già presenti nello spazio
extracellulare. Un enzima extra cellulare la lisil ossidasi, catalizza l'ossidazione e
la deaminazione della maggior parte dei residui di lisina nella tropoelastina,
reazioni che precedono la formazione di legami crociati che coinvolgono questi
aminoacidi modificati.
• Il risultato di questi processi è la formazione dell'elastina, un polimero amorfo,
insolubile, ma altamente idratato che forma un reticolo tridimensionale che
avvolge le microfibrille di fibrillina, stabilizzato dai legami crociati che si
alternano ai tratti idrofobici molto flessibili.
Le cellule fisse rappresentano una popolazione di cellule residenti, che si sviluppano e rimangono nel
tessuto connettivo dove svolgono le loro differenti funzioni. Sono cellule stabili e a vita lunga e
comprendono: i fibroblasti, i periciti, gli adipociti, i mastociti e i macrofagi.
Le cellule migranti si originano per la maggior parte nel midollo osseo e da qui passano nel torrente
circolatorio; quindi raggiungono il tessuto connettivo, dove svolgono alcune funzioni specifiche. Sono
cellule a vita breve e quindi vengono continuamente rimpiazzate da nuovi elementi che si originano da
una popolazione di cellule staminali. Le cellule migranti sono: le plasmacellule, i linfociti, i neutrofili, gli
eosinofili, i basofili, i monociti e i macrofagi.
Tutti i tipi cellulari indicati discendono dalla cellula mesenchimale, che è una cellula staminale pluripotente.
Da questa cellula deriva la serie rossa e la serie bianca del sangue, derivano i fibroblasti, gli adipociti, i
mastociti, le cellule del tessuto osseo e le cellule del tessuto cartilagineo.
FIBROBLASTI
I fibroblasti sono gli elementi cellulari più numerosi del tessuto connettivo. Sono deputati ad elaborare sia
gli elementi costitutivi delle fibre sia i componenti macromolecolari della sostanza amorfa. Più
frequentemente possono presentarsi come elementi fusati con un nucleo allungato oppure possono
presentarsi con una forma stellata con numerosi prolungamenti.
E’ possibile osservare un preparato istologico per la microscopia ottica, dove sono particolarmente visibili i
nuclei dei fibroblasti (che sono indicati nell'immagine con la lettera F), ed un’immagine al microscopio
elettronico dove è possibile osservare l’eterocromatina del nucleo e lo sviluppato reticolo endoplasmatico
rugoso nel citoplasma. Fuori dalla cellula sia a destra che a sinistra si possono osservare fibre collagene.
I fibroblasti presentano un nucleo voluminoso ovoidale eucromatico contenente un nucleolo ben definito.
Presentano un'abbondante reticolo endoplasmatico rugoso, uno sviluppato apparato del Golgi e
abbondanti ribosomi, cioè tutti gli elementi necessari per un'intensa sintesi proteica. Sono anche presenti
gocce lipidiche e mitocondri lunghi e sottili.
Sono cellule che raramente vanno incontro a mitosi e solamente nei processi riparativi di ferite.
Nel tessuto connettivo adulto, i fibroblasti ritirano i loro prolungamenti, si riducono molto il RER, il Golgi, i
ribosomi e i mitocondri. Inoltre non sono più presenti gocce lipidiche nel citoplasma e la cellula si
assottiglia molto. Le cellule con queste caratteristiche sono elementi quiescenti, sono elementi in riposo e
cioè privi di attività sintetica: questi sono chiamati fibrociti.
MACROFAGI
La seconda classe per frequenza numerica di cellule è rappresentata dai macrofagi, che svolgono un ruolo
fondamentale di difesa e sono caratterizzati da un’intensa attività fagocitaria.
I loro precursori sono i monociti che si formano nel midollo osseo.
Essi utilizzano il sangue circolante per arrivare nei singoli distretti (quindi attraversano le pareti dei capillari
e passano nel tessuto connettivo dove la loro vita media sarà di due mesi).
Distinguiamo i cosiddetti macrofagi fissi, presenti nel tessuto connettivo in condizioni normali, e i
macrofagi migranti, quando compaiono dei processi infiammatori. Si tratta in realtà della stessa cellula in
due stati funzionali diversi.
I macrofagi fissi sono cellule di forma irregolare e con espansioni citoplasmatiche, le quali si possono
ritrovare come corti prolungamenti fino a strutture più allungate e digitiformi come i filopodi (indicati dalle
frecce nell’immagine al microscopio elettronico a sinistra). Hanno un nucleo eccentrico (indicato con la
lettera N) che non presenta nucleoli e che spesso ha insenature che gli conferiscono un aspetto reniforme.
Hanno un Golgi sviluppato, così come pure un reticolo endoplasmatico sviluppato (indicati dalle lettere GA
e RER), e molti lisosomi (indicati con le lettere LY) a testimonianza dell'intensa attività fagocitaria che si
esplica.
Nell’immagine al microscopio elettronico a destra, a testimonianza di questa intensa attività fagocitaria, è
mostrato un macrofago attivo ottenuto dal peritoneo di un ratto in cui sono state precedentemente
iniettate delle particelle di lattice. Come si può osservare, un certo numero di particelle (indicate con la
lettera P) è già stato fagocitato all'interno del macrofago. Sono indicati i mitocondri (con la lettera M), il
RER, i lisosomi e le frecce indicano degli irregolari prolungamenti del citoplasma coinvolti nei processi
ameboidi e nei processi di fagocitosi. Indicato con la lettera R c'è il materiale indigerito, quindi il materiale
residuo. Quest’ultimo può essere rilasciato dal macrofago per esocitosi, e quindi essere rimesso in circolo
per l’escrezione o per il riutilizzo in processi di biosintesi, oppure può rimanere sequestrato nei tessuti,
come avviene ad esempio per i coloranti usati nei tatuaggi cutanei.
L'attività fagocitaria dei macrofagi non si esplica soltanto nei riguardi dei batteri e di vari altri antigeni, ma
anche di cellule morte, dei detriti cellulari che si formano nel corso dell’infiammazione, di cellule ematiche
invecchiate e di corpi estranei inerti.
Il materiale ingerito viene digerito dagli enzimi lisosomiali e le sostanze residue sono espulse dalla cellula.
Ma i materiali estranei, che non sono digeribili, possono rimanere nel citoplasma per lunghi periodi.
I lisosomi dei macrofagi contengono un’impressionante insieme di enzimi. Accanto al normale corredo di
idrolasi acide, si trovano degli enzimi a specifica azione battericida (come ad esempio il lisozima) e
complessi enzimatici capaci di produrre ioni superossido.
Nel corso delle malattie infiammatorie croniche, caratterizzate dalla formazione di granulomi (come ad
esempio la tubercolosi, la sifilide o la lebbra), i macrofagi possono raggrupparsi insieme assumendo
l'aspetto di cellule epitelioidi. In queste infezioni croniche o quando un corpo estraneo è troppo
voluminoso per essere ingerito da una sola cellula, numerosi macrofagi si raggruppano insieme e si
fondono formando una cellula gigante polinucleata (che può raggiungere anche 80-90 nuclei all'interno)
chiamata cellula gigante da corpo estraneo, che è in grado di attaccare e di fagocitare le particelle e i
frammenti dei tessuti necrotici.
I macrofagi localizzati in alcune regioni particolari del corpo hanno acquisito una denominazione
particolare prima che venisse stabilita la loro vera origine.
Nel preparato istologico in basso a sinistra, a seguito dell'iniezione di inchiostro di china nel fegato di un
animale, sono visibili le cellule del Kupffer, le quali fagocitano preferenzialmente l'inchiostro.
Altre cellule con attività fagocitaria (e quindi macrofagi presenti in altri tessuti) sono le cellule della
polvere (le quali sono presenti nei polmoni e che sono evidenziate nel preparato istologico a destra), gli
osteoclasti del tessuto osseo, le cellule giganti da corpo estraneo, le cellule di Langerhans (presenti nella
pelle) e le cellule della microglia (presenti nel tessuto nervoso).
PERICITI
I periciti sono cellule fisse che si trovano all'esterno dei capillari e delle venule.
Possiedono dei prolungamenti primari, che si dispongono lungo l'asse longitudinale del capillare; da questi
si originano dei prolungamenti secondari, che avvolgono il capillare e formano delle giunzioni gap con le
cellule endoteliali.
I periciti condividono la stessa lamina basale con le cellule endoteliali, contengono delle isoforme della
miosina (che è una proteina contrattile) che aiutano il movimento del flusso sanguigno nei capillari.
Possono andare incontro a differenziazione e diventare in casi particolari cellule muscolari lisce o cellule
endoteliali.
ADIPOCITI
Un altro tipo di cellule fisse del tessuto connettivo sono le cellule adipose o adipociti, specializzate nella
sintesi, nell’accumulo e nella cessione dei lipidi.
Gli adipociti possono trovarsi dispersi, cioè come cellule isolate normalmente lungo il decorso dei vasi
sanguigni in qualsiasi tessuto connettivo (anche se sono particolarmente presenti nel tessuto connettivo
lasso), oppure possono costituire un tessuto vero e proprio che prende il nome di tessuto adiposo.
L’adipocita deriva da una cellula mesenchimale fibroblasto-simile che è il lipoblasto. Questa cellula
comincia ad accumulare lipidi, sottoforma di molteplici piccole gocce lipidiche, quindi ritira i suoi
prolungamenti (diventa cioè rotondeggiante) e può dare origine a due tipi diversi di adipociti: l’adipocita
uniloculare e l’adipocita multiloculare.
L’adipocita uniloculare ha una forma sferica con un diametro che può superare 100 micron. Nella
formazione di queste cellule, le piccole gocce lipidiche gradualmente confluiscono a dare un'unica
grande goccia centrale che fa sì che il nucleo sia schiacciato alla periferia e il citoplasma ridotto ad un
sottile anello che avvolge il grande vacuolo centrale che contiene i lipidi.
Nei comuni preparati istologici il grasso è di sciolto dai solventi organici che sono impiegati nei
procedimenti istologici e quindi il vacuolo appare vuoto. L’adipocita assume così il classico aspetto ad
anello con castone.
I lipidi però possono essere preservati impiegando i metodi per congelamento e possono essere
colorati con coloranti solubili nei grassi (come il sudan nero).
L’analisi ultrastrutturale ci conferma l'assenza di una membrana intorno alla goccia lipidica; intorno a
questa sono invece presenti dei filamenti intermedi. Inoltre ci mostra che la membrana plasmatica
presenta delle vescicole di micropinocitosi, il cui numero è in rapporto con l'attività funzionale
dell'adipocita (cioè un'attività che potrà essere lipogenetica o lipolitica).
Le cellule adipose non hanno attività ameboide né fagocitaria e si ritiene che l'adipocita maturo abbia
un’attività mitotica estremamente ridotta se non del tutto assente.
L’adipocita multiloculare presenta piccole gocce lipidiche distribuite in tutto il citoplasma; queste
gocce lipidiche rimangono isolate e quindi il nucleo risulta centrale. I mitocondri sono molto più
abbondanti rispetto a quello uniloculare, così come è più abbondante il reticolo endoplasmatico (che
negli adipociti è soprattutto rappresentato dal reticolo endoplasmatico liscio).
Per molti anni si era ritenuto che gli adipociti avessero una modesta attività metabolica; in realtà
l'adipocita è una cellula costantemente attiva dal punto di vista metabolico, perché non solo accumula
lipidi quando l’apporto energetico supera il consumo per cederli nella situazione opposta (attraverso i
processi della lipogenesi e della lipolisi), ma i lipidi contenuti nell’adipocita sono continuamente rinnovati
anche nella condizione di equilibrio calorico.
I lipidi che l’adipocita assume dai capillari che lo circondano possono essere di origine alimentare (e
parliamo di lipidi esogeni) oppure derivare da neosintesi epatica (e parliamo di lipidi endogeni).
I trigliceridi alimentari sono scissi in glicerolo e acidi grassi nel duodeno e internalizzati dalle cellule
epiteliali della mucosa intestinale, le quali risintetizzano i trigliceridi e li rilasciano nell’interstizio
sottoforma di chilomicroni (in cui i trigliceridi sono combinati con fosfolipidi e apolipoproteine).
Nel circolo, a questi si aggiungono i trigliceridi endogeni complessati a proteine sottoforma di particelle di
lipoproteine a densità molto bassa.
Nei capillari che circondano gli adipociti, i lipidi esogeni ed endogeni sono nuovamente scissi ad opera di un
enzima rilasciato dagli adipociti stessi, che si chiama lipoprotein lipasi, per essere immediatamente
assorbiti dagli adipociti che risintetizzano trigliceridi e sotto questa forma li immagazzinano.
Inoltre la cellula adiposa è capace di sintetizzare i lipidi a partire da glucosio ed amminoacidi.
L’assunzione del glucosio degli aminoacidi, la sintesi degli acidi grassi e dei trigliceridi e la loro idrolisi da
parte della cellula adiposa sono controllate da ormoni; in particolare le catecolamine, il glucagone,
l'ormone adrenocorticotropo, la tirosina, l'ormone tireotropo e l'ormone somatotropo sono ormoni
lipolitici, cioè capaci di attivare la lipasi adipocitica, mentre l'insulina è un ormone che favorisce la
lipogenesi.
Le molecole lipolitiche si legano ai recettori di membrana, viene attivato l'enzima adenilato ciclasi che
sintetizza l’AMP ciclico, che a sua volta attiva una proteina chinasi che fosforila lipasi attivandola.
L’ insulina svolge un'azione opposta: favorisce il trasporto di glucosio stimolando la posizione sulla
membrana plasmatica di un trasportatore di glucosio (che in questo caso è la GLUT 4), aumenta
l'assunzione di amminoacidi e acidi grassi e regola il metabolismo di queste sostanze attivandone
l’anabolismo e inibendone invece il catabolismo. Questi effetti sono mediati dal legame dell'insulina al suo
recettore di membrana, legame che avvia una complessa cascata di trasduzione del segnale.
I tubuli di reticolo endoplasmatico liscio, che abbondano nelle cellule adipose, sono probabilmente la sede
della lipasi e forse anche quella della sintesi dei lipidi.
Il tessuto adiposo bruno ha un'organizzazione strutturale in lobuli ed una vascolarizzazione simile a quella
delle ghiandole (quindi molto più ricca di quella del tessuto adiposo bianco). Un'ulteriore differenza
riguarda l’innervazione, che è molto più abbondante nel tessuto adiposo bruno.
E’ scarsamente rappresentato nell'uomo, ma è presente nel neonato a livello del collo e nella zona
interscapolare.
A differenza del tessuto adiposo bianco, non si formano nuovi depositi di tessuto adiposo bruno nel corso
della vita postnatale. E particolarmente presente negli animali ibernanti, dove svolge un'importante
funzione di produzione di calore al momento del risveglio.
Il tessuto adiposo bruno è particolarmente ricco di mitocondri ed è in grado di ossidare gli acidi grassi in
una quantità venti volte superiore rispetto alle cellule adipose bianche.
Nel tessuto adiposo bruno stimoli termici possono portare all'attivazione della produzione di
noradrenalina, che agisce sugli adipociti stimolando la lipolisi. Gli acidi grassi sono rapidamente ossidati ma
l'energia liberata non viene utilizzata per formare ATP.
Le membrane mitocondriali interne dei mitocondri di questo tessuto mancano della particella F1 ed inoltre
è presente, sempre su questa membrana, una proteina di transmembrana in grande quantità che si chiama
termogenina. Questa proteina è in grado di disaccoppiare i processi ossidativi da quelli fosforilativi, per cui
l'energia liberata viene dissipata sottoforma di calore.
Nel preparato istologico in alto è possibile osservare il tessuto adiposo bruno organizzato in lobuli separati
da setti fibrosi (indicati con la lettera S), nei quali sono presenti vasi sanguigni e fibre nervose simpatiche.
Nel citoplasma i lipidi sono immagazzinati in piccole gocce che conferiscono alla cellula un aspetto
vacuolato. Il citoplasma è relativamente abbondante e si colora fortemente per la presenza di numerosi
mitocondri.
Ad alto ingrandimento, nel vetrino nella parte bassa della diapositiva, si vede che il nucleo degli adipociti
bruni è localizzato alla periferia della cellula, ma a differenza di quello degli adipociti bianchi è grande e
circondato da una significativa quantità di citoplasma fortemente eosinofilo.
E’ da osservare anche la ricca rete di capillari (indicati con la lettera C) tra gli adipociti bruni.
Nella fotografia al microscopio elettronico (quella posta sulla destra) è possibile osservare la natura
multiloculare dei depositi lipidici (indicati con la lettera L).
Il citoplasma degli adipociti bruni è ripieno di mitocondri (indicati con la lettera M), che hanno numerose
creste fittamente stipate. Questi mitocondri sono estremamente ricchi di citocromi coinvolti nella
produzione di energia nel metabolismo ossidativo; essi sono responsabili del colore bruno del tessuto
adiposo bruno.
MASTOCITI
I mastociti sono cellule fisse del tessuto connettivo. Sono grandi cellule di forma rotondeggiante con un
nucleo centrale che ha una cromatina dispersa.
I progenitori sono elementi cellulari reperibili nel midollo osseo.
Si trovano in tutti i tessuti di supporto, soprattutto al di sotto dell'epidermide, del rivestimento
gastrointestinale, del rivestimento sieroso della cavità peritoneale, e attorno ai vasi sanguigni.
I mastociti non sono facilmente identificabili nei preparati istologici di routine a causa dell’idrosolubilità dei
loro granuli basofili, che tendono ad essere persi durante l'allestimento del campione. Così sono necessarie
delle speciali procedure per la fissazione, per l'inclusione e per la colorazione. Con colorazioni appropriate
però, la caratteristica morfologica più evidente di queste cellule, che è quella di possedere un abbondante
citoplasma ripieno di grandi granuli, è possibile essere messa in evidenza. In colorazioni con coloranti
basici, come il blu di toluidina, i granuli si legano al colorante facendolo diventare rosso; questa proprietà è
definita metacromasia.
In alto un preparato istologico che mostra del tessuto connettivo sottostante la superficie della trachea.
Sono visibili due mastociti (indicati con la lettera M). In una cellula è possibile vedere un nucleo pallido, ma
il piano di sezione è al di fuori del nucleo dell'altra.
Sono da osservare i grandi granuli, densamente stipati, responsabili della metacromasia.
A destra un’immagine al microscopio elettronico in cui è possibile osservare che i granuli dei mastociti
(indicati con la lettera G) sono circondati da membrana e contengono un denso materiale amorfo. I granuli
sono liberati dalla cellula per esocitosi quando questa è stimolata nel corso di una risposta infiammatoria o
di una risposta allergica. Il citoplasma contiene alcuni mitocondri (indicati con MI) rotondi e uno scarso
reticolo endoplasmatico rugoso. Sono anche presenti numerose sottili espansioni della membrana
plasmatica.
All'interno di questi granuli è presente una grande quantità di sostanze che sono chiamate mediatori
primari e mediatori secondari.
Il rilascio dei mediatori primari è accompagnato dall'attivazione dell'adenilato ciclasi, che è un enzima
responsabile della conversione dell’ATP in AMP ciclico. L'aumento dell’AMP ciclico induce il rilascio di
calcio dai siti di accumulo e ne facilita l'entrata dallo spazio extracellulare. Questo aumento di calcio
citosolico induce la fusione delle membrane dei granuli fra loro e con la membrana cellulare. Questi
eventi portano alla degranulazione, con conseguente rilascio dei mediatori primari.
La formazione dei legami trasversali tra le IgE legate alla membrana, attiva anche la fosfolipasi A che,
agendo sui fosfolipidi di membrana, porta alla formazione di acido arachidonico.
L'acido arachidonico viene convertito nei messaggeri secondari, i quali vengono quindi rilasciati. Va
sottolineato che questi mediatori secondari non si accumulano nei granuli dei mastociti, ma vengono
elaborati e rilasciati al momento.
I mediatori primari e quelli secondari rilasciati dai mastociti durante la reazione ipersensibile immediata,
innescano la risposta infiammatoria e attivano il sistema di difesa dell'organismo attirando nei siti
infiammatori i globuli bianchi e modulando il grado della risposta infiammatoria.
Di solito la degranulazione è un fenomeno localizzato e quindi la risposta infiammatoria è una risposta
contenuta. Alcune volte però è possibile che persone ipersensibili vadano incontro a dei fenomeni diffusi
con conseguenze molto severe (si ha una degranulazione diffusa) che possono portare velocemente anche
alla morte della persona (poche ore se queste persone non vengono trattate). Si parla di shock anafilattico.
La degranulazione può essere indotta da stimoli fisici, come il caldo, il freddo, le radiazioni, oppure da
stimoli chimici, come allergeni e tossine.
CELLULE MIGRANTI
Le cellule migranti nel tessuto connettivo sono i linfociti, le plasmacellule e i granulociti.
I linfociti sono tra i leucociti le cellule più piccole e sono leggermente più grandi degli eritrociti. Essi
sono, dopo i neutrofili, le cellule più numerose tra i leucociti circolanti e ne rappresentano il 20-50%.
Un numero di linfociti aumentato è un reperto comune nel corso di infezioni virali. Queste cellule
svolgono ruolo centrale in tutti i meccanismi di difesa immunitaria.
Sono caratterizzati da un nucleo rotondo, intensamente colorato, e da una piccola quantità di
citoplasma leggermente basofilo e privo di granuli.
La quantità di citoplasma presente varia in relazione allo stato funzionale del linfocito.
Nel sangue circolante c'è una predominanza di piccoli linfociti inattivi (6-9 mm di diametro); i grossi
linfociti (9-15 mm di diametro) rappresentano circa il 3% dei linfociti del sangue periferico. I linfociti
grossi rappresentano i linfociti B attivati, diretti verso i tessuti dove questi diventano plasmacellule
anticorpi-secernenti.
Quando i linfociti B sono stimolati dall'antigene si differenziano in plasmacellule, capaci di secernere
anticorpi. Le plasmacellule non si trovano normalmente nel circolo sanguigno ma nei tessuti, in
particolare nei cordoni midollari dei linfonodi, nella polpa bianca della milza, nei tessuti connettivi delle
mucose (ad esempio nella lamina propria dell'intestino) e nel midollo osseo.
Le plasmacellule mature sono cellule grandi, con un nucleo eccentrico ovale o sferoidale e con una
cromatina addensata a formare la caratteristica figura di una ruota con raggi. Questo aspetto disperso
della cromatina e la presenza di nucleoli sono il riflesso di un'attiva sintesi proteica. Si dividono
raramente.
I granulociti eosinofili rappresentano l’1-6% dei leucociti circolanti. Il loro numero varia notevolmente
nel corso della giornata in quanto è più alto al mattino ed è minore al pomeriggio.
Gli eosinofili rimangono nel midollo osseo per molti giorni dopo essere stati prodotti, quindi passano
nel circolo dove restano per un periodo di tempo variabile fra le 3 e le 8 ore. La maggior parte di essi
penetra quindi nella cute o nelle mucose dell'apparato respiratorio gastroenterico, dalle quali può poi
passare nelle secrezioni locali.
Un aumento del numero degli eosinofili circolanti si verifica in molte malattie parassitarie e la difesa
contro i parassiti sembra essere una delle principali funzioni di queste cellule.
Il numero degli eosinofili aumenta inoltre nei tessuti nel corso di molte malattie allergiche, anche se la
loro funzione in questo contesto non è ancora stata chiarita.
L’eosinofilo è più grande del neutrofilo ed è facilmente riconoscibile grazie alla presenza dei suoi grossi
granuli specifici che si colorano in rosso vivo con l'eosina.
Sono cellule dotate di attività fagocitaria, con un metabolismo simile a quello dei neutrofili ma con una
capacità ossidativa più elevata.
L’attività battericida degli eosinofili appare inferiore rispetto a quella dei neutrofili. Essi hanno però
un’intensa attività fagocitaria nei confronti dei complessi antigene-anticorpo, moderando così la
risposta allergica.
I neutrofili sono il tipo più comune di leucociti nel sangue e rappresentano il 40-75% dei leucociti
circolanti.
Dal momento che essi sono dotati di grande motilità e hanno un’intensa attività fagocitaria, la loro
principale funzione è svolta nell'ambito della risposta infiammatoria acuta al danno tissutale, nel corso
della quale essi ingeriscono e distruggono i tessuti danneggiati e i microrganismi invasori (in particolare
i batteri).
La caratteristica più saliente dei neutrofili è il nucleo polilobato.
Il citoplasma di queste cellule è leggermente puntinato da granuli porpora, detti granuli azzurrofili, che
rappresentano grossi lisosomi. Questi granuli contengono le consuete idrolasi acide lisosomiali, ma
anche un certo numero di sostanze battericide (tra le quali la mieloperossidasi).
Nei luoghi di infiammazione, l’accumulo dei detriti cellulari insieme ai neutrofili degenerati dà luogo
alla formazione del pus.
TESSUTI CONNETTIVALI EMBRIONALI
Fino ad adesso il tessuto connettivo è stato diviso in tessuto connettivo propriamente detto e in tessuto
connettivo specializzato.
Dobbiamo invece tenere conto anche di una terza categoria di connettivo, che è il tessuto connettivo
embrionale, che comprende il tessuto connettivo mesenchimale e il tessuto connettivo mucoso.
Il tessuto connettivo embrionale è molto diffuso nell’embrione e trova la sua espressione più tipica nel
tessuto connettivo del cordone ombelicale del feto (conosciuto come gelatina di Wharton); costituisce
inoltre la polpa dentaria negli individui più giovani.
E’ caratterizzato da un abbondante sostanza fondamentale molle e gelatinosa (per la presenza di grandi
quantità di acido ialuronico che conferisce al tessuto un'intensa basofilia metacromatica). Le fibre
collagene reticolari sono scarse; sono presenti fibroblasti, spesso stellati, e scarsi macrofagi.
TESSUTI CONNETTIVALI PROPRIAMENTE DETTI
Il tessuto connettivo propriamente detto comprende al suo interno il tessuto connettivo lasso o areolare e
il tessuto connettivo denso irregolare e regolare fibroso.
Il tessuto connettivo lasso o areolare svolge funzioni di supporto per l'epitelio dei tratti gastroenterico,
respiratorio e urinario, forma gli strati più profondi della pelle e serve come tessuto interstiziale di
separazione in molti altri organi.
Il connettivo lasso è caratterizzato dall'abbondanza della sostanza amorfa e di liquido tissutale e
contiene varie cellule (come i fibroblasti, gli adipociti, i macrofagi e i mastociti). Sparse nel contesto di
questo tessuto, troviamo anche delle fibre (sia fibre collagene che reticolari che elastiche). Attraverso il
tessuto decorrono piccole fibre nervose e i vasi sanguigni, che assicurano gli scambi metabolici
apportando sostanze nutritive ed ossigeno.
Nel tessuto connettivo denso (o compatto) le fibre, prevalentemente di collagene, predominano sulle
altre due componenti cellulare ed amorfa e sono raccolte in grossi fasci stipati. I fasci di fibre collagene
possono intrecciarsi tra loro senza un orientamento ordinato oppure disporsi parallelamente secondo
un disegno preciso.
Distinguiamo così due varietà di tessuto connettivo denso: l’irregolare e il regolare.
o Nel tessuto denso regolare prevalgono le proprietà meccaniche rispetto a quelle trofiche e di
difesa. L’orientamento delle fibre determina la resistenza alle forze che agiscono sul tessuto.
Prevale il collagene di tipo I.
Le fibre elastiche sono spesso presenti, in particolare nel derma, conferendo quindi alla cute la
caratteristica elasticità.
Il tessuto connettivo compatto regolare è riscontrabile soprattutto nelle strutture sottoposte a
trazione in una sola direzione, come i tendini, i legamenti e le aponevrosi. Anche nello stroma
della cornea è presente il tessuto connettivo compatto regolare.
Nei tendini e nei legamenti i fasci di fibre collagene sono fittamente stipati tra loro ed orientati
tutti nella stessa direzione della trazione. La sostanza amorfa è molto scarsa e le uniche cellule
presenti sono fibroblasti disposti in file parallele negli interstizi fra i fasci di fibre collagene, dove
sono spesso interposte anche reti elastiche.
Caratteristico è lo stroma connettivale della cornea. Questo è formato da diversi strati di fibre
collagene con le fibre di uno strato orientate all'incirca perpendicolarmente rispetto a quelle
dello strato contiguo.
o Il tessuto connettivo denso irregolare è riscontrabile nel derma, nella capsula fibrosa che
avvolge molti organi, nelle guaine dei tendini e dei grossi nervi e nel periostio.
I fasci di fibre collagene sono voluminosi, sono stipati e possono essere accompagnati da estese
reti elastiche.
Gli elementi cellulari sono relativamente scarsi e rappresentati quasi esclusivamente da
fibroblasti e pochi macrofagi.
La sostanza amorfa è scarsa.
Gli altri tessuti appartenenti ai tessuti connettivi propriamente detti sono il denso regolare elastico, il
tessuto reticolare e il tessuto adiposo.
Il tessuto connettivo denso regolare elastico è massivamente rappresentato nel legamento nucale dei
bovini, ma è presente anche nei legamenti gialli delle vertebre, nelle corde vocali e nelle lamine
finestrate delle arterie maggiori.
Le fibre elastiche predominano nettamente su quelle collagene.
Sono presenti fibroblasti.
Il legamento nucale, che ha un'importante funzione nel sostenere la testa dei quadrupedi ma è
rudimentale nell'uomo, è costituito da fibre elastiche dello spessore di 10-12 micron strettamente
stipate in fasci paralleli.
Il tessuto reticolare forma una delicata rete di supporto per molti organi ad alta cellularità, come le
ghiandole endocrine, i linfonodi e il fegato; in questi organi una fine rete di fibre si ramifica attraverso il
parenchima, solitamente ancorata ad una densa capsula connettivale e a setti che attraversano il
tessuto.
Si tratta di un tipo di collagene privo di bandeggiatura che viene definito collagene di tipo III.
Le fibre reticolari sono di solito scarsamente colorate nei preparati comuni, ma sono in grado di
assorbire l'argento metallico e sono pertanto colorate in nero dalle soluzioni di nitrato d'argento.
Del tessuto adiposo abbiamo due preparati istologici: uno di tessuto adiposo uniloculare e uno di
tessuto adiposo moltiloculare (di cui abbiamo già parlato).
TESSUTO CARTILAGINEO
Il suo accrescimento e il suo metabolismo sono sotto il controllo di numerosi ormoni e di altri fattori tra cui
alcune vitamine. La deficienza delle vitamine A, C e D determina un'alterazione nel suo accrescimento e
nella sua maturazione.
Sulla base dell’abbondanza relativa della sostanza amorfa e delle fibre che vi sono incluse e dalla natura di
queste ultime, si distinguono tre tipi di cartilagine:
la cartilagine iàlina;
la cartilagine elastica;
la cartilagine fibrosa.
CARTILAGINE IALINA
Dall'esterno troviamo il pericondrio, dove sono presenti le cellule condrogeniche a forma di fuso, che a
livello molecolare esprimono intensamente glicoproteine, come la fibronectina e la laminina, collagene
di tipo II e il proteoglicano aggrecano. Queste cellule possono differenziarsi in condroblasti.
Al di sotto si trova la zona tangenziale della cartilagine, che è maggiormente esposta gli attriti e alle
compressioni. Per cui gli elementi cellulari sono appiattiti e le lacune vicine tra loro. In questa regione
le cellule sono più abbondanti.
Al dì sotto si trova la matrice della cartilagine ialina, che è allo stato di gel compatto ed è costituita da
due componenti: le fibre collagene e proteoglicani (presenti rispettivamente per il 50% e il 25-40% circa
del peso secco). L’elevata concentrazione di glicosamminoglicani determina l'alto grado di idratazione.
I glicosamminoglicani presenti sono il condroitin solfato e il cheratan solfato.
La glicoproteina maggiormente presente è la condronectina e il proteoglicano maggiormente presente
è l’aggrecano.
Queste ultime molecole possiedono una forte carica negativa e questo attrae una notevole quantità di
ioni sodio che a loro volta richiamano un’enorme quantità di acqua. Questo spiega come la cartilagine
possa idratarsi fino ad una percentuale dell’80% e resistere a forze di compressione.
Il collagene è di tipo II.
La regione che circonda ciascun gruppo esogeno contiene concentrazioni più elevate di
glicosamminoglicani e relativamente minori di fibrille collagene. Ha quindi l'aspetto di un alone
intensamente basofilo e metà cromatico. Questa regione è chiamata matrice territoriale.
Nell'ambito della matrice territoriale, i glicosamminoglicani sono ancora più concentrati nella sottile
zona di matrice che circonda immediatamente ciascuna lacuna cartilaginea formando un anello
intensamente basofilo e metà cromatico chiamato capsula. Quest’ultima ha la funzione di protezione
meccanica del condrocita.
Le regioni interposte tra i gruppi esogeni, o territori cellulari, contengono concentrazioni minori di
glicosamminoglicani e invece un numero maggiore di fibrille di collagene. Appaiono quindi meno
basofile.
Queste costituiscono la cosiddetta regione interterritoriale.
Dato che l'indice di rifrazione delle fibre collagene e quello della sostanza fondamentale è simile, la matrice
cartilaginea osservata al microscopio ottico appare omogenea. In conseguenza del fatto che la cartilagine è
avascolare, il suo nutrimento avviene per diffusione attraverso il liquido presente nella matrice. Per questo
motivo, la cartilagine non raggiunge mai spessori consistenti.
CARTILAGINE ELASTICA
La cartilagine elastica è situata nell'orecchio esterno e nel meato acustico esterno, nell’epiglottide in parte
alla cartilagine laringea e nelle pareti della tromba di Eustachio.
Differisce dalla cartilagine ialina per il colore giallastro e per la maggiore opacità dovuta all’elevato numero
di fibre elastiche nella matrice. Differisce anche per la flessibilità, l’elasticità, per il basso contenuto in
proteoglicani e per la minore omogeneità della matrice.
Le sue cellule sono simili a quelle della cartilagine ialina, hanno una forma rotonda o ovale e sono
circondate da matrice addensata.
Diversamente dalla matrice della cartilagine ialina, nella quale le fibre sono difficilmente evidenziabili al
microscopio ottico, nei preparati di cartilagine elastica queste sono ben evidenti. Le fibre si ramificano e
decorrono in tutte le direzioni formando una rete così fitta da oscurare la sostanza amorfa, che è meno
abbondante rispetto a quella della cartilagine ialina.
Lo sviluppo e la crescita della cartilagine elastica avvengono sia per crescita interstiziale sia apposizionale,
esattamente come per la cartilagine ialina.
CARTILAGINE FIBROSA
La cartilagine fibrosa o fibrocartilagine si trova nei dischi intervertebrali, in alcune cartilagini articolari, nella
sintesi pubblica e in associazione con il connettivo denso in capsule, legamenti e connessioni di alcuni
tendini all'osso.
E’ una forma di transizione tra il tessuto connettivo denso e la cartilagine ialina.
E’ caratterizzata da grossi fasci fibrosi costituiti fondamentalmente da collagene di tipo I immersi in una
scarsa matrice cartilaginea contenente quantità variabili di proteoglicani.
A causa dell'abbondanza della componente fibrosa rispetto ai proteoglicani, la sostanza intercellulare della
cartilagine fibrosa si colora con i coloranti acidi.
Le fibre collagene sono composte di sottili fibrille submicroscopiche, spesse 40-80 nanometri e provviste
del caratteristico periodo assile di 64-70 nanometri.
Le cellule cartilagine, circondate dalla capsula, sono disposte isolate oppure allineate in fila tra i fasci di
fibre collagene.
A differenza degli altri tipi di cartilagine, la cartilagine fibrosa è priva di un vero involucro connettivale o
pericondrio.
Il vetrino è una sezione di disco intervertebrale. Il collagene, caratteristicamente colorato in rosa, permea
la sostanza fondamentale della cartilagine colorata in blu. I condrociti, indicati con la lettera C, sono
disposti in file tra i densi strati di collagene.
TESSUTO OSSEO
Il tessuto osseo (tessuto connettivo specializzato)
forma lo scheletro
ha un'azione di protezione per organi come il cervello, i polmoni, il cuore e il midollo
spinale
è una leva per i muscoli
accoglie nella sua cavità il midollo osseo che è un importante tessuto emopoietico
funziona da riserva di vari minerali utili per l'organismo, immagazzina infatti al suo interno
il 99% del calcio.
Il preparato istologico presente nella slide è una trabecola ossea, quella colorata più intensamente
di rosa, immersa nel tessuto mesenchimale; sono visibili adese alla trabecola, le cellule del tessuto
osseo che sono gli osteoblasti e gli osteoclasti.
Le ossa lunghe sono rivestite di una sottile lamina connettivale fibroelastica riccamente
vascolarizzata che prende il nome di periostio; il periostio è assente in corrispondenza delle
cartilagini articolari e nella zona di inserzione dei tendini e dei legamenti. La cavità midollare della
diafisi e quelle dell’osso spugnoso sono rivestite di un sottile strato di cellule pavimentose
chiamato endostio che continua a rivestire i canali vascolari dell'osso come: i canali di Havers e i
canali di Volkman.
Periostio ed endostio sono dotati di potenzialità osteogeniche, cioè della capacità di formare il
tessuto osseo. Istologicamente e possibile distinguere nel periostio due strati:
Matrice inorganica: la componente inorganica dell'osso rappresenta il 65% del suo peso
secco ed è costituita prevalentemente da calcio e da fosforo insieme ad altri elementi
presenti in minore quantità come: il bicarbonato, il citrato, il magnesio, il sodio e il
potassio. La composizione della matrice minerale varia con l'età e in rapporto a vari
fattori dietetici. I minerali sono principalmente presenti come cristalli sub-microscopici
di idrossiapatite, visibili nell'immagine di microscopia elettronica in basso nella
diapositiva. Le indagini chimiche rivelano che i sali di calcio sono combinati con il
collagene e con i proteoglicani della matrice organica; al microscopio elettronico i
cristalli di idrossiapatite appaiono come aghi sottili lunghi 20-40 nanometri e spessi 1,5
- 3 nanometri distribuiti come particelle contigue lungo i fasci di fibrille collagene di tipo
uno, in particolare sono distribuiti e concentrati nelle regioni gap del collagene anche
se possono essere presenti ugualmente nelle regioni overlap, possono ritrovarsi anche
lungo le singole fibrille e nello spessore di queste. Gli ioni della superficie del cristallo
legano acqua e formano un guscio di idratazione necessario per gli scambi di ioni con il
fluido extracellulare.
Calcificazione dell’osso
I meccanismi che portano alla calcificazione della matrice ossea ma anche della cartilagine sono
ancora poco conosciuti. Studi isto-chimici, biochimici e di microscopia elettronica indicano che la
calcificazione si svolge in tre fasi:
1. una prima fase, in cui le cellule, i condrociti per la cartilagine e gli osteoblasti per il tessuto
osseo, hanno un ruolo determinante. Si rinvengono infatti in vicinanza di queste cellule,
piccolissime formazioni vescicolari limitate da membrana del diametro di circa 200
nanometri chiamate vescicole della matrice; queste hanno un elevato contenuto
glicoproteico ed enzimatico, tra cui soprattutto la fosfatasi alcalina, hanno proteoglicani e
microcristalli aghiformi. Le vescicole della matrice costituiscono la sede iniziale di
mineralizzazione della matrice, sia cartilaginea che ossea; queste vengono prodotte
attraverso un processo di gemmazione della superficie delle cellule e sono considerate le
zone iniziali di mineralizzazione della matrice sia per la cartilagine che nel tessuto osseo.
Questa situazione è messa in evidenza dall’immagine al microscopio elettronico che
presente nella parte alta della diapositiva: nella sezione sono visibili tre condrociti dei quali
uno solo per intero; questi sono accolti in spazi lacunari delimitati da una matrice
territoriale finemente fibrillare, costituita da fibre collagene. È importante osservare i sottili
prolungamenti citoplasmatici dei condrociti mentre le particelle rotondeggianti fortemente
elettrondense presenti nella matrice, sono le vescicole della matrice cioè i primi centri di
mineralizzazione. Le vescicole sono quindi responsabili della fase iniziale del processo di
calcificazione, cioè di generazione dei primi cristalli di idrossiapatite che è controllata: dalla
fosfatasi e da molecole eleganti il calcio che sono presenti nelle vescicole stesse. La
deposizione dei sali minerali, iniziata a livello delle vescicole calcificanti, si propaga
successivamente alla matrice circostante iniziando la seconda fase del processo di
calcificazione.
2. Questa fase comincia con la rottura della membrana delle vescicole della matrice e
l'esposizione dei cristalli di idrossiapatite al liquido interstiziale. La successiva crescita dei
cristalli minerali è governata dalle condizioni ioniche extracellulari ed alle cellule che la
regolano nonché dalla composizione della matrice. La crescita dei cristalli si associa
costantemente alla presenza di strutture filamentose, chiamate filamenti assili, di natura
probabilmente proteoglicanica e glicoproteica che funzionerebbero come substrato
organico sul quale si modella la deposizione dei sali di calcio.
3. La terza fase del processo di calcificazione consiste nella coalescenza delle aree
mineralizzate. Nel tessuto osseo, l'estensione della calcificazione avviene in intimo
rapporto con le microfibrille collagene aventi un periodo di 67 nanometri. I cristalli di
idrossiapatite compaiano inizialmente alla superficie delle microfibrille e successivamente
nel loro interno; questi si allineano ordinatamente in rapporto alle striature periodiche
della fibrilla e in seguito si dispongono lungo tutta la sua estensione. Questo fenomeno non
si osserva mai nella cartilagine epifisaria che contiene microfibrille di collagene di tipo due
che sono più sottili e prive del tipico periodo assiale di 67 nanometri. Le fibre collagene non
hanno siti diretti di combinazione per il calcio, questi appartengono a sostanze di natura
glicoproteica come ad esempio l’osteonectina o proteoglicanica presenti sulla superficie
delle fibre o associate ad esse.
L'osso deve la sua durezza ai sali minerali e la sua robustezza alle fibre collagene.
gli osteoblasti: gli osteoblasti derivano dalle cellule osteo progenitrici e sono responsabili
della sintesi delle componenti organiche della matrice ossea compreso: il collagene, i
proteoglicani e le glicoproteine. Com'è possibile vedere nel preparato istologico, gli
osteoblasti, indicati con OB, si dispongono a costituire delle lamine di cellule cubiche o
cilindriche sulla superficie dell'osso, collegate fra loro da processi citoplasmatici che
presentano delle giunzioni gap. Gli osteoblasti sono cellule grandi con: abbondante
citoplasma basofilo, un Golgi e un RER ben sviluppati, un nucleo pallido e un nucleolo ben
evidente; si tratta di caratteristiche che riflettono una notevole attività di sintesi. Sono
cellule polarizzate con il nucleo lontano dalla regione dove sono localizzati i granuli di
secrezione che contengono i precursori della matrice. Hanno sulla loro membrana
recettori per l'ormone paratiroideo che è prodotto dalle paratiroidi; l'unione dell'ormone
con il recettore stimola l'osteoblasto a secernere un fattore stimolante gli osteoclasti, che
attiva queste cellule a riassorbire l'osso. A seguito della produzione della matrice ossea, gli
osteoblasti si trovano circondati dal prodotto della loro secrezione e rimangono quindi
intrappolati dalla matrice appena prodotta, alloggiati in uno spazio che viene chiamato
lacuna. Le cellule intrappolate sono chiamate osteociti. Osteoblasti ed osteociti sono
sempre separati dalla matrice calcificata da un sottile strato di matrice non calcificata che
è detto osteoide.
gli osteociti: gli osteociti sono le cellule mature dell'osso, sono derivati dagli osteoblasti e
accolti nelle lacune presenti nella matrice ossea calcificata. Il corpo cellulare è appiattito
dovendosi adattare alla forma lenticolare della cavità ed è provvisto di numerosi e sottili
prolungamenti alloggiati nei canalicoli ossei. Si distinguono dagli osteoblasti: oltre che per
la presenza di questi numerosi e lunghi prolungamenti che negli osteoblasti sono scarsi e
corti, per la forma appiattita del corpo cellulare, per la minore basofili e del citoplasma alla
quale corrisponde una riduzione considerevole del numero dei ribosomi, per la minore che
estensione sia del reticolo granulare che del complesso di Golgi. La microscopia elettronica
dimostra che il corpo cellulare e i prolungamenti degli osteociti, non poggiano
direttamente sulla matrice mineralizzata ma sono separati dalle pareti della lacuna e dei
canalicoli da un sottile spazio occupato da un materiale amorfo glicoproteico contenente
esili fibrille reticolari nel quale circola il liquido interstiziale. Questo rivestimento
glicoproteico potrebbe servire come mezzo di regolazione degli scambi tra le cellule e
liquido interstiziale che diffonde dai capillari sanguigni lungo i canali haversiani. È stato
osservato che nell’interno dei canalicoli ossei i prolungamenti di osteociti vicini sono tra
loro in contatto e che nelle zone di unione le membrane plasmatiche si specializzano a
formare giunzioni gap. L’osteocito quindi può essere considerato come uno stadio di
quiescenza osteo-formativa dell'osteoblasto. Gli osteociti però non devono essere
considerati come una cellula inerte, sembra infatti che siano in grado di secernere
sostanze necessarie per il mantenimento dell’osso. Implicati nella meccano-trasduzione in
quanto rispondono a stimoli provocati dalle forze tensorie e applicate all'osso, rilasciano:
AMP ciclico, osteocalcina e un fattore di crescita che stimola l'attività osteoblastica. Essi
inoltre partecipano alla regolazione omeostatica del calcio nel sangue. L'intervallo tra la
membrana plasmatica degli osteociti e le pareti delle lacune dei canalicoli chiamato spazio
periosteocitico, è occupato dal liquido extracellulare. Considerando l'estensione della rete
dei canalicoli e il numero degli osteociti presenti nello scheletro, si calcola che il volume
dello spazio periosteocitico sia di circa 1,3 litri; è stato ipotizzato che questa quantità di
liquido extracellulare che occupa questo spazio, e cioè spazio periosteocitico, possa
permettere lo scambio di circa 20 grammi di calcio che può quindi essere riassorbito dalle
pareti di questi spazi. Il calcio riassorbito raggiunge il torrente circolatorio ed assicura il
mantenimento di un adeguato livello di questo ione nel sangue.
Le ossa lunghe sono formate da una parte centrale detta diafisi e da due estremità o teste
più grosse dette epifisi. Alcuni esempi possono essere: il femore, la tibia, l’ulna. La massa
centrale formata da tessuto osseo compatto e più all'interno è contenuto il midollo osseo.
Le ossa corte caratterizzate da lunghezza e diametro di misura simile, sono costituite da
tessuto osseo spugnoso avvolto da una lamina di tessuto osseo compatto. Esempio: il
polso, il calcagno e le vertebre.
Le ossa piatte nonostante siano ridotte, hanno una parte centrale di tessuto osseo e
spugnoso detto diploe dove si trova il midollo osseo, il tutto ricoperto da due strati, uno
per lato, di tessuto osseo compatto detti tavolati. Un esempio sono le ossa del cranio,
quelle del bacino e lo sterno.
Le ossa irregolari come l'osso etmoide e lo sfenoide, che sono localizzati a livello della
tempia, e l’osso sesamoide, che è un osso che favorisce la meccanica del movimento, un
esempio il ginocchio.
la classificazione microscopica dell’osso vede invece la suddivisione del tessuto osseo in:
- Tessuto osseo compatto
- Tessuto osseo spugnoso
il tessuto compatto lo troviamo subito al di sotto del periostio mentre il tessuto spugnoso lo
troviamo più all'interno del segmento osseo; nella cavità centrale è alloggiato il midollo osseo.
Sulle superfici epifisarie è invece presente sempre cartilagine che è un tipo di cartilagine ialina che
prende il nome di cartilagine articolare.
Tessuto osseo compatto
Per studiare la struttura del tessuto osseo è necessario che l'allestimento dei preparati istologici
segua metodiche diverse a seconda che si voglia osservare la componente organica della matrice o
la componente mineralizzata. La componente mineralizzata è troppo fragile per essere tagliata in
sezioni istologiche, di conseguenza per i preparati istologici di routine, l'osso viene prima
decalcificato in soluzioni acide e quindi sezionato e colorato. Con questo metodo i dettagli cellulari
e la componente organica della matrice sono conservati anche se i coloranti sono assunti meno
facilmente a causa del trattamento di decalcificazione. Recentemente si sono rese disponibili
alcune resine, le resine acriliche principalmente, in cui è possibile includere l'osso prima della
decalcificazione e usando lame di diamante, tagliare sezioni e colorarle preservando i dettagli sia
nelle cellule sia nella matrice calcificata. Per lo studio della morfologia della matrice mineralizzata
si effettuano sezioni per usura, questo comporta la riduzione dell'osso decalcificato in sezioni
relativamente spesse le cui superfici sono quindi rese sottili e lisce per usura.In questi preparati si
perdono tutti i dettagli cellulari.
L'osso compatto è formato da colonne ossee parallele, che nelle ossa lunghe sono disposte
parallelamente all'asse lungo, cioè sulla linea di tensione esercitata sull'osso. Ogni colonna è
formata da strati concentrici o lamelle disposte intorno a canali centrali che contengono vasi
ematici e linfatici e nervi.
I canali neurovascolari che decorrono longitudinalmente sono i canali di Havers collegati tra loro
da canali di calibro inferiore, i canali di Volkman (si pronuncia “folcman”), che attraversano l'osso
perpendicolarmente al suo asse maggiore e si aprono alle superfici periostale ed endostale. I canali
di Volkman e di Havers sono quindi canali vascolari scavati nella matrice ossea che provvedono alla
nutrizione e all'innervazione dell'osso; questo sistema di canali vascolari intercomunicanti è
connesso a sua volta con la rete formata dai canalicoli ossei e dalle lacune ossee. Lungo i canalicoli
diffonde il liquido interstiziale contenente le sostanze nutritive e di metaboliti destinati alle cellule
ossee contenute nelle lacune. Nel tessuto osseo compatto le lamelle ossee sono organizzate in
strati paralleli costituendo quattro tipi di strutture: per la maggior parte si dispongono
concentricamente attorno ai canali di Havers formando con questi, delle strutture
grossolanamente cilindriche denominate sistemi di Havers o osteoni. Ogni osteone è dunque
formato da un canale di havers disposto centralmente e orientato parallelamente all'asse
maggiore dell’osso e da una serie di lamelle concentriche che vanno da 8 a 20. Le fibre collagene
sono parallele nella singola lamella mentre formano un angolo di 90 ° rispetto alle fibre della
lamella adiacente. Questa disposizione è possibile perché le fibre di collagene seguono una
disposizione elicoidale intorno al canale haversiano in ogni lamella, ma il passo dell'elica cioè
l'inclinazione delle fibrille rispetto all'asse dell'osteone e la direzione delle fibre variano secondo
angoli molto diversi nelle lamelle contigue. La direzione e l'inclinazione delle fibre sono invece più
o meno regolari e costanti nell’ambito di una singola lamella.
In altre parole, nell’osteone si alternano lamelle le cui fibre hanno un andamento destrorso ed una
particolare inclinazione, e lamelle eventi fibre con direzione sinistrorsa ed inclinazione diversa. I
sistemi lamellari adiacenti sono tra loro separati da uno strato rifrangente che si colora più
intensamente di matrice ossea modificata che è chiamato linea cementante.
Il canale di havers ha un diametro variabile da 20 a 100 micron, durante il suo processo di
formazione la prima lamella che si forma è quella vicina alla linea cementante e man a mano che le
altre lamelle vengono depositate, aumenta lo spessore dell’osteone e si riduce il lume del canale.
Ogni canale haversiano è delimitato da uno strato di osteoblasti e cellule osteoprogenitrici. Gli
spazi interposti tra gli osteoni sono occupati da gruppi di lamelle ossee parallele come negli
osteoni ma disposti molto più irregolarmente; questi costituiscono i sistemi interstiziali. Questi
sistemi si formano nel corso del rimodellamento osseo e sono dei residui di osteoni riassorbiti. Alla
superficie esterna dell'osso, al di sotto del periostio, sono presenti strati di lamelle disposti
circolarmente e paralleli alla superficie che formano la parte più periferica della diafisi e con le loro
fibre di Sharpey ancorano il periostio all'osso. Al di sotto dell'endostio invece, a delimitare la cavità
midollare, un sistema circonferenziale interno in cui le lamelle decorrono parallelamente alla
superficie della cavità. ( il breve video che mostra la formazione di un osteone è caricato a parte).
Tessuto osseo spugnoso
Il tessuto osseo membranoso immaturo è di tipo spugnoso con trabecole di osso non
lamellare che delimitano lacune inizialmente occupate da mesenchima e successivamente
da tessuto emopoietico. Nelle regioni in cui l'osso è destinato a rimanere di tipo spugnoso
come ad esempio nella diploe delle ossa piatte del cranio, le trabecole gradualmente
assumono un’organizzazione lamellare più regolare e il tessuto connettivo interposto tra
esse si trasforma in tessuto emopoietico. Nelle zone invece destinati a dare origine all'osso
compatto, come ad esempio nei due tavolati delle ossa piatte della volta cranica, le
trabecole continuano ad ispessirsi colmando gli spazi vascolari. In questo progressivo
accrescimento dell'osso le trabecole assumono per un processo di rimaneggiamento, una
disposizione lamellare con una stratificazione concentrica che ricorda i sistemi di Havers e
le nuove fibrille collagene si orientano parallelamente le une alle altre nello spessore di
ciascuna lamella. Il connettivo che circonda l'osso in accrescimento, si condensa per
formare il periostio che continua per tutta la durata dello sviluppo a depositare nuova
sostanza ossea.
2. Ossificazione endocondrale
Descrizione vetrino: sezione di dito durante lo sviluppo fetale. Nella parte centrale è
possibile vedere un segmento osseo in via di formazione, alle estremità l'epifisi al centro la
diafisi. Si può osservare il centro di ossificazione primario, è evidente il periostio
esternamente, il tessuto osseo neoformato. Le epifisi sono ancora completamente
cartilagine, al centro della diafisi è alloggiato il midollo osseo, tra epifisi e diafisi è presente
la cartilagine di coniugazione responsabile dell’accrescimento in lunghezza dell'osso.
Descrizione vetrino: particolare della cartilagine di coniugazione. Partendo dalla epifisi dalla
parte più esterna si riconosce:
Descrizione vetrino: preparato istologico che mostra l’apposizione di tessuto osseo sui resti dello
scheletro cartilagineo. In blu violetto è possibile osservare la cartilagine calcificata e a ridosso di
questa colorata in rosa violetto, la matrice ossea appena depositata dagli osteoblasti disposti a
formare una lamina con cellule di forma cubica sulla superficie dell'osso in formazione. Nelle
lacune centrali scavate tra le trabecole è alloggiato il midollo emopoietico, mentre avvalorando la
proprietà del tessuto osseo di essere un tessuto in continuo rimodellamento, è possibile osservare
in basso gli osteoclasti: cellule giganti poli nucleate nel processo di riassorbimento osseo.
TESSUTO MUSCOLARE LISCIO
A differenza della muscolatura scheletrica che è specializzata in contrazioni relativamente intense e di
breve durata ed è sotto un fine controllo della volontà, la muscolatura liscia è specializzata in contrazioni
continue, relativamente deboli, in grado di produrre movimenti diffusi che determinano la contrazione
dell'intera massa muscolare piuttosto che di singole unità motorie.
• Le fibre muscolari lisce sono allungate, fusiformi, con estremità appuntita, sono solitamente molto
più corte delle fibre muscolari scheletriche, e contengono solo un nucleo allungato posto al centro
della cellula nel punto in cui questa ha la maggiore larghezza, sono disposte in fascicoli irregolari,
ramificati, e sono questi fascicoli piuttosto che le fibre individuali le unità funzionali contrattili.
• Nei fascicoli le singole fibre sono disposte più o meno parallelamente le une alle altre con la parte
più spessa di una cellula accostata alla parte sottile della cellula adiacente.
• Le proteine contrattili del muscolo liscio non sono disposte in miofibrille in registro regolare come
nel muscolo scheletrico e nel muscolo cardiaco, e quindi non è un muscolo striato, a questo si deve
la definizione di muscolo liscio. In aggiunta a queste cellule non presentano un sistema di tubuli T.
• Tra le singole fibre muscolari e tra i fascicoli è presente tessuto connettivo di supporto che è
particolarmente visibile nell'immagine a destra in cui il collagene è colorato di blu.
• nel tratto gastrointestinale (tubo digerente: ruolo nella progressione degli alimenti lungo il canale).
In quest’area il muscolo liscio è disposto in strati con le cellule di uno strato perpendicolari rispetto
a quelle dello strato adiacente, questa disposizione permette una contrazione a onda di spostarsi
lungo il tubo e di far avanzare il contenuto, questa azione è chiamata peristalsi.
• nel tratto urinario
• nella parete dei vasi
• nei grossi tutti di ghiandole dell'apparato respiratorio
• nel derma della pelle, nei muscoli dermici dove è deputato al controllo dell’erezione pilifera
• muscoli interni dell'occhio dove regola il diametro della pupilla
La muscolatura liscia non è sotto il controllo dell’innervazione volontaria ma di quella autonoma, degli
ormoni e di fattori locali, di conseguenza il muscolo liscio viene anche definito come muscolatura
involontaria.
Nel tubo digerente questa muscolatura è soggetta a cicli ritmici di attività dovuti alla presenza di particolari
cellule che si chiamano cellule pacemaker, queste subiscono depolarizzazion spontanee la cui contrazione
si propaga, come un'onda, attraverso l'intero rivestimento muscolare, le cellule pacemaker sono localizzate
nella muscolaris mucosae e nella tonaca muscolare. Le contrazioni coordinate della tonaca muscolare
giocano un ruolo essenziale nel movimento delle sostanze lungo il tubo (peristalsi) e anche
nell’elaborazione meccanica che è chiamata segmentazione.
Un'altra importante differenza fisiologica tra il tessuto muscolare liscio e quello striato scheletrico riguarda
le modalità della diffusione dell'impulso in una determinata area del tessuto.
Nel muscolo liscio le fibre contrattili non sono disposte in sarcomeri organizzati, ma sono orientate
obliquamente all'asse longitudinale della cellula, la forza di contrazione viene guidata dalla parte interna
del citoplasma da un sistema di filamenti intermedi:
• che sono di vimentina e desmina nel caso della muscolatura liscia unitaria
• di desmina nella muscolatura liscia multiunitaria.
I filamenti intermedi si inseriscono come i filamenti sottili sui corpi densi in funzione del fatto che anche nel
muscolo liscio la contrazione avviene secondo la teoria dello scivolamento dei filamenti, lo scorrimento di
questi, tira i corpi densi e i filamenti intermedi provocando un accorciamento della cellula che diventa
rotondeggiante, la contrazione è manifesta anche nell’aspetto del nucleo che assume una caratteristica
forma a cavatappi.
La contrazione del muscolo liscio è più lenta ma più duratura di quella del muscolo scheletrico e serve a
modificare la grandezza e la forma dell'organo.
la legge del tutto o nulla caratteristica della contrazione muscolare striata non si applica al muscolo liscio.
Nonostante le cellule della muscolatura striata e liscia siano entrambe stimolate alla contrazione da un
aumento di ioni calcio nel sarcoplasma, i meccanismi sono diversi in funzione del fatto che:
• manca la troponina
• le molecole di miosina hanno una configurazione diversa
• i siti di legame per l'actina sono mascherati dalla componente di meromiosina leggera
La microscopia elettronica rivela la presenza nel citoplasma di numerosi mitocondri, complessi di Golgi
multipli, scarsi elementi del reticolo endoplasmatico rugoso, ma molti poli ribosomi liberi; inoltre sono
presenti numerosi lisosomi contenenti idrolasi acide. Possiedono recettori per il fattore stimolante
l’osteoclasto e per la calcitonina, ormone prodotto dalle cellule para follicolari della tiroide, terminata la
loro funzione probabilmente vanno incontro ad apoptosi.
Zona basale
Zona vescicolare
Zona chiara
Bordo a spazzola
L'attività degli osteoclasti e regolata da due ormoni con effetto antagonista la calcitonina e del
paratormone
TESSUTO MUSCOLARE SCHELETRICO
La contrattilità è una proprietà intrinseca di tutte le cellule ed è necessaria per il mantenimento delle
funzioni di base che implicano il movimento, come la fagocitosi e la divisione cellulare, e delle funzioni più
specializzate, come la motilità dei leucociti.
Negli organismi multicellulari alcune cellule sono specializzate al fine di permettere il movimento di tessuti
e di organi; queste cellule possono funzionare come singole unità contrattili (come le cellule mioepiteliali
che circondano gli acini di alcune ghiandole esocrine e i periciti che rivestono i capillari sanguigni) oppure
possono essere aggregate per formare tessuti muscolari che permettono il movimento di intere strutture.
Ci sono tre tipi di tessuto muscolare: il tessuto muscolare scheletrico, il tessuto muscolare liscio e il tessuto
muscolare cardiaco.
Il tessuto muscolare scheletrico è responsabile del movimento dello scheletro e di organi come il bulbo
oculare e la lingua.
Il muscolo scheletrico è definito spesso muscolo volontario, perché può essere controllato dalla
volontà; c'è quindi un controllo cosciente.
La disposizione delle proteine contrattili dà origine all’aspetto striato visibile in alcuni preparati
istologici; da questo il termine di muscolo striato, che è spesso utilizzato per definire il muscolo
scheletrico.
Il tessuto muscolare liscio forma la componente muscolare di strutture come i vasi, il tratto
gastrointestinale, l'utero e la vescica.
Dato che questo tipo di muscolo è sotto il controllo intrinseco oppure è controllato dal sistema nervoso
autonomo o da ormoni è definito come muscolo involontario.
Poiché la disposizione delle proteine contrattili non dà l'aspetto istologico di striature è spesso definito
con il termine di tessuto muscolare liscio.
Il tessuto muscolare cardiaco ha caratteristiche funzionali e strutturali intermedie tra quelle dei due
tipi precedenti ed è responsabile della continua e ritmica contrattilità del cuore.
Nonostante abbia un aspetto striato, il tessuto muscolare cardiaco è facilmente distinguibile da quello
scheletrico.
Il muscolo scheletrico mostra un'ampia varietà di aspetti morfologici e di modalità di azione. Ciò
nonostante tutti i muscoli hanno la stessa struttura di base, essendo composti da cellule molto allungate
multinucleate, spesso definite fibre muscolari, tenute insieme da tessuto connettivo.
Le singole fibre muscolari presentano un diametro variabile tra i 10 e i 100 micron e possono avere una
lunghezza pari a quella dell’intero muscolo, raggiungendo al massimo la lunghezza di 35 cm.
Il disegno in alto nella slide mostra la disposizione dei componenti elementari di un tipico muscolo
scheletrico.
Le singole cellule muscolari, chiamate anche fibre muscolari, sono raggruppate insieme in fasci allungati
chiamati fascicoli.
Un delicato tessuto connettivo, l’endomisio, occupa gli spazi tra le singole fibre muscolari.
I fascicoli sono circondati da un tessuto connettivo lasso chiamato perimisio.
La maggior parte dei muscoli sono composti da molti fascicoli e l'intera massa muscolare è rivestita da un
denso connettivo esterno chiamato epimisio.
Grossi vasi ematici e nervi entrano attraverso l’epimisio e si dividono per ramificarsi attraverso il muscolo
nel perimisio e nell’endomisio.
La dimensione dei fascicoli riflette la funzione del muscolo preso in considerazione.
I muscoli responsabili dei movimenti fini, strettamente controllati (come ad esempio i muscoli estrinseci
dell'occhio), hanno fascicoli piccoli e una proporzione di perimisio relativamente più grande.
Al contrario i muscoli responsabili dei movimenti più grossolani (come ad esempio i muscoli dei glutei)
hanno grossi fascicoli e relativamente poco perimisio.
In ogni muscolo la componente connettivale contiene sia collagene sia fibre elastiche che agiscono come
uno scheletro flessibile, al quale sono ancorate le fibre muscolari e i fascicoli.
Questo tessuto connettivo si continua con quello dei tendini e delle inserzioni muscolari. La sua funzione è
quella di distribuire e dirigere le forze di movimento del muscolo all'osso, alla pelle e ad altre strutture nel
modo appropriato.
La fibra muscolare si origina nel corso dello sviluppo embrionale fetale da un processo di fusione di cellule
mononucleate, i mioblasti, i quali in conseguenza di questo processo vengono così a costituire una massa
citoplasmatica unica e polinucleata che è chiamata sincizio.
Il numero di nuclei dipende dalle dimensioni della fibra; quelle lunghe alcuni centimetri possono
contenerne parecchie centinaia.
Nella maggior parte dei muscoli scheletrici dei mammiferi, i nuclei sono localizzati alla periferia della fibra,
subito al di sotto della membrana plasmatica (che nel tessuto muscolare prende il nome di sarcolemma).
Il carattere distintivo più manifesto della fibra muscolare, oltre alle dimensioni eccezionali e all’esistenza di
numerosi nuclei, è la presenza di una marcata striatura trasversale, dovuta all'alternanza regolare di
bande rifrangenti (evidenziabili nell'esame microscopico diretto a fresco) e molto colorabili nei preparati
fissati e colorati, e di bande meno rifrangenti e meno colorabili.
Oltre all'evidente striatura trasversale, è facilmente evidenziabile all'interno della fibra una delicata
striatura longitudinale. Questa striatura è dovuta alla presenza di un grande numero di sottili fibrille
(visibili al microscopio ottico e spesse da 1 a 3 micron) fra loro parallele e disposte lungo l'asse
longitudinale della fibra: le miofibrille. Ciascuna miofibrilla presenta essa stessa un’evidente striatura
trasversale identica a quella dell'intera fibra; quindi la striatura trasversale dell'intera fibra è il risultato di
due situazioni strutturali: il fatto che le miofibrille sono fra loro parallele e che in esse le bande trasversali
corrispondenti sono allineate in fase.
Ciascuna fibra muscolare possiede una membrana plasmatica, o sarcolemma, che la avvolge. Questa è
rivestita da una distinta membrana basale, formata da una matrice amorfa proteico-polisaccaridica, alla cui
superficie esterna si aggiunge un fine intreccio di fibre reticolari argirofile.
Il termine sarcolemma indica l'insieme della membrana plasmatica e della membrana basale.
Gli interstizi tra le miofibrille sono occupati dal citoplasma, che è chiamato sarcoplasma. Il sarcoplasma
contiene numerosi apparati di Golgi (in posizione paranucleare), gocce lipidiche, particelle di glicogeno e
molti mitocondri; inoltre una componente caratteristica di rilevante importanza fisiologica è la presenza di
un abbondante reticolo sarcoplasmatico, che corrisponde al reticolo endoplasmatico liscio. Inoltre il
sarcoplasma contiene una proteina coniugata col ferro che si chiama mioglobina, che è in parte
responsabile del colore rosso del muscolo e che ha probabilmente la funzione di immagazzinare l'ossigeno
e di cederlo durante la contrazione muscolare.
I nuclei presenti all'interno della fibra muscolare sono incapaci di replicare essendo usciti dal ciclo cellulare
in maniera irreversibile. Si trovano quindi in stato post-mitotico permanente.
La fibra di per sè non è in grado non solo di rinnovarsi, ma neanche di riparare eventuali perdite di tessuto
che si possono verificare per traumi o per miopatie degenerative. La riparazione del tessuto avviene per la
capacità proliferativa e differenziativa presentata da alcune cellule di tipo staminale, che sono chiamate
cellule satelliti. Queste sono cellule mononucleate, normalmente quiescenti (cioè non replicanti), situate
nello spessore del sarcolemma tra il plasmalemma e la lamina basale. Queste cellule è possibile osservarle
nell’immagine di microscopia elettronica in basso a destra e sono quelle indicate con la lettera S (mentre
con BL è indicata la lamina basale).
Il preparato istologico in alto a sinistra rappresenta un taglio trasversale del muscolo scheletrico e mostra
la localizzazione estremamente periferica dei nuclei delle fibre muscolari. Si può osservare nell’endomisio i
numerosi piccoli capillari (indicati con la lettera C) riconoscibili dagli eritrociti contenuti nel lume; inoltre si
può osservare anche un fascio di perimisio (indicato con la lettera P) che taglia il campo e che separa due
fascicoli.
Nel preparato istologico in basso a sinistra, si ha un taglio longitudinale del tessuto muscolare scheletrico.
E’ possibile osservare anche in questo caso i nuclei allungati, appiattiti, disposti ad intervalli quasi regolari
in periferia subito al di sotto del sarcolemma; inoltre è possibile osservare l'evidente striatura determinata
dalla disposizione delle proteine contrattili.
Questa serie di immagini al microscopio ottico e al microscopio elettronico a ingrandimento
progressivamente maggiore dimostra la disposizione delle proteine contrattili nel muscolo scheletrico e
spiega le striature viste al microscopio ottico.
L’immagine a) mostra le striature di una fibra muscolare scheletrica ad un ingrandimento vicino al limite di
risoluzione del microscopio ottico. Le striature sono formate da:
bande I poco colorabili che, se osservate al microscopio a luce polarizzata, appaiono poco rifrangenti
(quindi scure);
bande A intensamente colorabili in luce polarizzata birifrangenti e brillanti;
bande Z, che sono fini linee scure che dividono le bande I.
Queste osservazioni sono spiegabili alla luce della teoria dello scivolamento dei filamenti durante la
contrazione.
Sono da osservare i mitocondri (MI) e i numerosi granuli di glicogeno, che rappresentano una ricca fonte di
energia nello scarso citoplasma tra miofibrille parallele.
La cellula muscolare matura contiene poco reticolo endoplasmatico rugoso, ma contiene un abbondante
reticolo endoplasmatico liscio che conduce lo stimolo contrattile alle fibrille.
Questa disposizione relativa dei miofilamenti nel sarcomero determina la striatura della miofibrilla.
L’aspetto chiaro del disco I è dovuto al fatto che questo segmento del sarcomero contiene solamente
miofilamenti sottili.
L'aspetto oscuro delle porzioni esterne della banda A è dovuto alla presenza a questo livello di entrambi
tipi di filamenti.
Infine la banda H contiene soltanto i filamenti spessi.
La linea M o banda M, più scura, che attraversa la banda H, è dovuta alla presenza di ponti trasversali che
connettono i miofilamenti spessi.
Nelle zone periferiche della banda A, dove i due tipi di miofilamenti si sovrappongono, ciascun filamento
spesso è circondato da sei filamenti sottili disposti agli angoli di un esagono. In queste zone sono inoltre
chiaramente visibili, nelle sezioni trasversali, brevi propaggini laterali che si estendono radialmente dai
filamenti spessi verso i sei filamenti sottili.
I ponti trasversali di connessione con i filamenti sottili si succedono con andamento elicoidale attorno a
ciascun filamento spesso. Ogni giro completo comprende sei ponti trasversali e si ripete ad intervalli
regolari lungo il filamento. I ponti trasversali sono parte integrante della molecola di miosina e svolgono un
ruolo determinante nell’interazione tra l’actina e la miosina durante la contrazione.
La miosina è una proteina filamentosa lunga, formata da una porzione allungata (o coda) e da due
estremità globose (o teste).
La molecola completa è costituita da due identiche catene pesanti appaiate e da quattro subunità leggere
uguali a due a due. Le catene pesanti, che hanno una forma a mazza da golf e in cui le due catene
polipeptidiche si avvolgono ad alfa elica, compongono la coda e partecipano insieme alle subunità leggere
a formare le due teste della struttura della molecola. Ciascuna testa contiene due molecole di subunità
leggere diverse fra loro, così che le due teste sono identiche.
Attraverso una breve digestione con enzimi proteolitici la miosina può essere separata in due parti, che
sono chiamate meromiosina leggera, priva di attività ATPasica, e meromiosina pesante, provvista invece di
attività ATPasica e anche della capacità di legare l'actina.
Il frammento pesante può essere ulteriormente scisso, attraverso un trattamento enzimatico più
prolungato, nei due subframmenti testa e coda. La testa o subframmento S1 è formata dalle quattro
catene leggere e dai frammenti terminali delle due catene pesanti e conserva tutta l'attività ATPasica della
miosina; inoltre ha la capacità di combinarsi con l'actina per formare l’actomiosina. La coda o
subframmento S2 è composta da segmenti delle due catene pesanti che si continuano con quelle della
restante parte della coda della molecola.
Nel miofilamento le molecole di miosina sono disposte parallelamente tra loro e orientate
longitudinalmente rispetto all'asse del miofilamento.
Le singole molecole di miosina sono fra loro sfasate di circa 14 nanometri e sono disposte con la coda verso
il centro del filamento e con la testa globosa verso l'una o l'altra estremità del miofilamento.
Le teste della miosina costituiscono le proiezioni trasversali che connettono i filamenti spessi a quelli sottili.
La porzione liscia centrale o regione H, priva di proiezioni laterali, risulterebbe quindi costituita dalle code
delle molecole di miosina.
Un particolare strutturale di grande importanza fisiologica è che le due metà del filamento spesso hanno
polarità opposta, cioè le molecole di miosina di una metà presentano la testa rivolta verso un'estremità
della banda A, mentre quelle dell'altra metà verso l'estremità opposta.
La regione centrale più densa della banda H o linea M contiene strie trasversali di connessioni tra i
miofilamenti spessi. Il significato funzionale di questa banda M, che attraversa il sarcomero, sembra essere
quello di fornire una superficie di ancoraggio per i miofilamenti spessi, preservandone quindi
l'allineamento e l'orientamento. La banda M, come la linea Z, ha quindi una funzione citoscheletrica
necessaria per mantenere in registro le miofibrille nel corso della contrazione.
L’actina costituisce il mio filamento sottile insieme a due proteine regolative, la tropomiosina e la
troponina, che sono presenti in percentuali minori.
Ogni filamento sottile è formato da due filamenti di F-actina avvolti ad elica l'uno sull'altro e ogni filamento
di F-actina è costituito a sua volta da una catena di subunità globulari di G-actina. La G-actina è quindi il
monomero proteico costitutivo della F-actina.
Una caratteristica importante delle molecole di G-actina è che non sono simmetriche. Ciascuna si comporta
come se avesse un fronte rivolto verso la parte centrale del sarcomero e un retro orientato nella direzione
opposta.
Dato che le molecole di G-actina sono associate tra loro nel filamento e orientate in senso fronte-retro,
l'intero filamento di actina acquista una distinta polarità, cioè i lati fronte di tutti i monomeri guardano in
una direzione e i lati retro sono rivolti nella direzione opposta.
Una conseguenza di questo comportamento è che i filamenti di actina appartenenti alle due metà del
sarcomero hanno polarità opposta. Questa disposizione spiega come durante la contrazione i filamenti di
actina in ciascun mezzo sarcomero scorrono verso il centro della banda A. La polarità dei filamenti di actina
inoltre si inverte a livello della linea Z.
Le tropomiosine sono molecole filamentose e si associano coda a coda per formare un filamento continuo
adagiato in prossimità della doccia compresa tra i due filamenti appaiati di F-actina.
La troponina è una proteina globulare composta da tre subunità:
la subunità TNC, che ha alta affinità per il calcio e svolge un ruolo molto importante nell’innesco della
contrazione;
la subunità TNI, che si Lega all'actina svolge un ruolo inibitorio sulla ATPasi actomiosinica;
la subunità TNT, che si lega alla tropomiosina.
A livello della linea Z ogni filamento sottile di un sarcomero si collega all’estremità di quattro filamenti
sottili appartenenti al sarcomero adiacente, delimitando così uno spazio quadrangolare tenuto insieme
mediante i filamenti Z costituiti da molecole di alfa actininina. Questa proteina forma ponti trasversali tra i
filamenti sottili ed è quindi responsabile della coesione tra i filamenti sottili dei sarcomeri adiacenti a livello
della linea Z.
L'osservazione al microscopio elettronico mostra che i filamenti Z connettono obliquamente le
terminazioni dei filamenti sottili di sarcomeri contigui creando una linea a zig-zag.
Un'altra proteina presente nella linea Z e che si lega all'alfa actinina è la titina. Questa è una fosfoproteina
filamentosa gigantesca, tesa tra la linea Z ed il centro del sarcomero a livello della banda M.
L'estremità amminoterminali delle molecole di titina di sarcomeri adiacenti sono connesse tra loro a livello
della linea Z (probabilmente attraverso ponti trasversali di alfa actinina.
L’estremità carbossiterminale a livello della banda M si connette con l'estremità omologa proveniente
dall’emisarcomero opposto.
Quindi le molecole di titina, legandosi tra loro, vengono a formare una struttura filamentosa continua che
passa da un sarcomero a quello successivo per tutta la lunghezza della miofibrilla, probabilmente al fine di
preservare l'allineamento dei miofilamenti nel corso della contrazione del sarcomero.
Un'altra proteina filamentosa, la nebulina, prende inserzione sulla linea Z e decorre lungo il filamento
sottile per tutta la sua lunghezza. La nebulina, durante la miofibrillogenesi potrebbe svolgere un ruolo
importante nell’allineamento della F-actina e nell’orientamento del filamento sottile.
Nella banda I la titina si associa lateralmente al filamento sottile e in questa sede la molecola presenta una
struttura elastica che le consente di seguire lo scorrimento del filamento sottile nella contrazione del
sarcomero.
Nella banda A la titina si lega alla coda della miosina per tutta la lunghezza del filamento spesso.
La nebulina si associa al filamento sottile per tutta la sua lunghezza e potrebbe svolgere il ruolo di un
supporto molecolare su cui si organizza il filamento, determinandone la lunghezza.
Alcune proteine sono localizzate all'esterno della linea Z. Tra queste un ruolo importante è svolto dalla
desmina, che è una proteina citoscheletrica che fa parte dei filamenti intermedi.
La distribuzione alla periferia della linea Z di queste proteine è in relazione al loro ruolo di connettere
insieme miofibrille adiacenti tra di loro, collegandosi da un lato con il sarcolemma e dall'altro con
l'involucro nucleare e con i mitocondri mantenendoli localizzati attorno alla linea Z e al sarcomero. Si viene
così a formare un reticolato molecolare trasversale che mantiene in registro le strie Z adiacenti.
Per permettere la contrazione sincrona di tutti i sarcomeri di una fibra muscolare si può osservare, a
circondare ogni miofibrilla, un sistema di estensioni tubulari costituite dal sarcolemma e dal reticolo
endoplasmatico liscio o reticolo sarcoplasmatico.
Il reticolo sarcoplasmatico è formato da elementi longitudinali e da elementi trasversali, che avvolgono
ciascuna miofibrilla ed assumono rapporti precisi con le diverse bande del sarcomero.
I tubuli longitudinali consistono in un sistema di tubuli paralleli tra loro e orientati lungo l'asse del
sarcomero. Questi confluiscono nella regione della banda H in una cisterna fenestrata centrale, meglio
visibile nel disegno piccolo sinistra che illustra il reticolo endoplasmatico liscio negli anfibi, a decorso
trasversale e nella zona vicino alle linee Z, in due cisterne terminali disposte trasversalmente alla miofibrilla
e parallelamente alla linea Z. Fra le due cisterne terminali, all'altezza della linea Z negli anfibi e all'altezza
della banda A e banda I nei mammiferi, si interpone un elemento tubolare trasversale, più sottile e distinto
dal reticolo sarcoplasmatico, che è chiamato tubulo T.
Il tubulo T si continua nelle miofibrille decenti, disposte in registro, e a livello della superficie cellulare si
apre nello spazio extracellulare, continuandosi con il sarcolemma (di cui rappresenta una introflessione).
Il tubulo trasversale T forma con le due cisterne terminali adiacenti la cosiddetta triade.
Il tubulo T è una struttura distinta dal reticolo sarcoplasmatico, il suo lume non si continua con la cavità
delle cisterne terminali e tra le membrane affrontate di queste due formazioni si interpone un sottile
spazio. Però questo interstizio è attraversato ad intervalli periodici da sottili ponti formati da piccole
evaginazioni delle membrane delle cisterne terminali che congiungono le membrane dei due sistemi.
Di grande importanza fisiologica sono i rapporti che i tubuli T assumono con il sarcolemma. Infatti la
membrana che delimita il sistema T, cioè la triade, si continua direttamente con il plasmalemma che
avvolge la fibra muscolare ed il lume dei tubuli comunica con lo spazio extracellulare.
I tubuli T devono essere considerati quindi come invaginazioni tubulari del sarcolemma, che penetrano
profondamente all'interno della fibra muscolare. Questo rapporto strutturale tra i tubuli T e il sarcolemma
rende possibile una rapida diffusione del segnale nervoso all'interno della fibra.
Nella fase 1 una specifica testa di miosina, in una configurazione ad alta energia che contiene una
molecola di ADP e una molecola di fosfato inorganico derivate dall'idrolisi di una molecola di ATP, si
associa debolmente al filamento di actina. La testa della miosina si orienta quindi in una configurazione
più saldamente associata all’actina che richiede la perdita della molecola di fosfato inorganico.
La fase 2 è chiamata colpo di potenza o colpo di forza. Il passaggio della miosina al legame più stabile
induce un cambiamento conformazionale nella miosina associato al rilascio dell’ADP e ad un
movimento della testa che a sua volta fa sì che il filamento spesso trascini il filamento sottile.
Considerando la distribuzione dei filamenti nel sarcomero e l'assetto a polarità opposta dei filamenti
spessi, i filamenti sottili sono fatti scivolare sui filamenti spessi verso il centro del sarcomero e il
muscolo si contrae.
Nella fase 3 avviene la dissociazione del ponte trasverso. In questa fase l’ATP si lega alla testa della
miosina in preparazione dell’ultima fase. Il legame dell’ATP provoca un cambiamento nella
conformazione della testa della miosina, che indebolisce la sua associazione con l'actina. In assenza di
ATP la dissociazione del ponte non avviene e il muscolo si immobilizza in uno stato di rigidità chiamato
rigor. Il rigor mortis associato alla morte deriva infatti dal venir meno dell’ATP e dal progressivo
accumulo di ponti trasversi nella configurazione mostrata alla fine della fase 2.
Notare che una volta dissociati i filamenti sottili e spessi sarebbero liberi di ritornare sulle vecchie
posizioni, ma vengono trattenuti in ogni istante da altre ponti che si formano continuamente in altri
punti. Ogni filamento può contare infatti su un numero di circa 350 teste di miosina e ogni testa si
attacca e si stacca circa 5 volte al secondo durante la contrazione rapida, in modo che in ogni momento
ci sono sempre molti ponti intatti.
Nella fase 4 l'energia derivata dall'idrolisi dell'ATP viene utilizzata per riportare la testa della miosina
alla configurazione ad alta energia necessaria per il successivo ciclo di formazione del ponte e di
scorrimento del filamento, riportando quindi il sistema nell’assetto iniziale con la testa della miosina
attivata e capace di legare l'actina.
Alla cessazione dell’impulso si ha il richiamo del calcio all'interno delle cisterne e il legame di questo
con una proteina presente all'interno delle cisterne del sarcoplasma (la calsequestrina).
L'abbassamento del livello di ioni calcio del citosol provoca il distacco del calcio dalla troponina C,
quindi il ritorno del mascheramento dei siti attivi da parte della tropomiosina e quindi il rilassamento
del muscolo.
Nella slide si riconosce la testa della miosina, che contiene l’ATP, il filamento di F-actina, con le subunità di
G-actina, e le proteine regolatrici.
L’arrivo del calcio induce una modificazione configurazionale della troponina C che trascina la tropomiosina
fuori dalla doccia liberando i siti di legame per la miosina.
La contrazione muscolare porta ad un accorciamento della fibra muscolare uguale alla somma degli
accorciamenti che si verificano nei singoli sarcomeri di una data cellula muscolare.
Il processo di contrazione è innescato da un impulso nervoso che si estrinseca secondo la legge del tutto o
nulla, in quanto una fibra muscolare o rimane rilassata o si contrae in seguito all’arrivo di un impulso
nervoso senza possibilità di condizioni intermedie a queste due.
I muscoli scheletrici differiscono tra loro per il diverso tipo di fibre che li compone, cioè anche un singolo
muscolo può essere composto da più tipi di fibre.
Dal punto di vista funzionale esistono due tipi principali di fibre: le fibre veloci e le fibre lente.
Le fibre veloci danno una contrazione massima ma di breve durata e sono suscettibili di affaticamento.
Le fibre lente o fibre toniche danno una contrazione più prolungata e meno intensa, ma meno
suscettibile di affaticamento (come ad esempio quelle che formano i muscoli responsabili della
posizione del corpo).
I due tipi di fibre sono caratterizzati dal punto di vista metabolico per il diverso meccanismo di produzione
delle molecole di ATP utilizzabili ai fini della contrazione.
Le fibre lente hanno prevalentemente un metabolismo ossidativo, cioè producono ATP essenzialmente
attraverso la fosforilazione ossidativa mitocondriale.
Per il maggior contenuto di mioglobina (una proteina respiratoria di colore rosso), i muscoli appaiono
più rossi e scuri e le fibre per questo sono anche chiamate fibre rosse. Queste presentano anche molti
mitocondri e una maggiore concentrazione di calcio citoplasmatico.
Le fibre veloci hanno invece prevalentemente un metabolismo glicolitico e producono ATP
essenzialmente mediante glicolisi anaerobica (e quindi attraverso un processo molto più rapido della
fosforilazione ossidativa).
Queste fibre sono chiamate fibre bianche e danno una contrazione più rapida ed intensa ma breve,
questo per la minore efficienza della via glicolitica di produzione dell’ATP e per l'accumulo di metaboliti
intermedi come l'acido lattico (responsabile della sensazione di affaticamento).
Sono presenti pochi mitocondri e poca mioglobina, ma molto glicogeno.
Oltre a questi due tipi esistono tipi di fibre intermedie, cosiddette perché condividono in parte le
caratteristiche morfologiche e funzionali proprie degli altri tipi di fibre.
La modalità d'azione del muscolo scheletrico varia da una parte all'altra del corpo.
Alcuni muscoli, come quelli coinvolti nel mantenimento della posizione, necessitano di contrazione
praticamente continua; altri muscoli, come i muscoli estrinseci dell'occhio, compiono movimenti rapidi ed
istantanei.
Nell'uomo non è possibile distinguere questi due tipi di muscolo all'osservazione macroscopica. Nel pollo
invece è possibile. L'identificazione è possibile per la differenza di colore: i muscoli delle zampe per
esempio sono rossi, mentre i muscoli delle ali sono bianchi.
Fibre muscolari a contrazione lenta e a contrazione rapida possono essere evidenziati con saggi enzimatici.
L’attività di un enzima specifico dei mitocondri, come la succinato deidrogenasi (che catalizza una delle
tappe del ciclo di Krebs), dimostra la presenza di mitocondri nelle fibre muscolari.
Nell'immagine a destra è possibile osservare la presenza di fibre aerobiche (indicate con la lettera A),
intensamente colorate e di piccolo diametro, di fibre anaerobiche (indicate con AN), scarsamente colorate
e di diametro maggiore, e di fibre intermedie (indicate con la lettera I).
Analogamente è possibile servirsi della valutazione dell'attività ATPasica per determinare la relativa
proporzione dei diversi tipi di fibre presenti nel muscolo che è presentato nell’immagine a destra.
Le piccole fibre aerobiche (indicate con la lettera A) hanno la maggiore attività e si colorano intensamente,
mentre le fibre anaerobiche (indicate con AN) mostrano scarsa attività ATPasica. In questo preparato
predominano le fibre intermedie (indicate con la lettera I).
Il tipo di metabolismo di ogni fibra è determinato dalla frequenza di impulsi del suo nervo motore. Ogni
nervo motore innerva solo fibre di un tipo e tutte le fibre di una particolare unità motoria sono dello stesso
tipo metabolico. In realtà se il nervo motore che innerva un tipo di fibre viene sperimentalmente
trapiantato a innervare un altro tipo di fibre, questo secondo tipo viene convertito allo stesso metabolismo
delle fibre originariamente innervate.
La fibra muscolare si contrae in risposta ad un impulso che vi giunge tramite l’assone di una fibra nervosa
motoria.
La membrana plasmatica della fibra muscolare è strutturalmente simile al plasmalemma degli altri tipi
cellulari, quindi è elettricamente polarizzata e quando è eccitata da uno stimolo appropriato si depolarizza,
cioè inverti il suo potenziale di riposo, originando un potenziale d'azione e a questo punto si verifica la
contrazione muscolare.
La zona di contatto tra la fibra nervosa e la fibra muscolare prende il nome di giunzione o sinapsi
neuromuscolare o placca motrice.
Le fibre nervose di un nervo di moto si ramificano ripetutamente all'interno del connettivo interstiziale del
muscolo, cioè a livello del perimisio e dell'endomisio, terminando a ridosso di siti specifici di ciascuna fibra
muscolare che riceve quindi una ramificazione terminale di una fibra nervosa a livello della sinapsi
neuromuscolare. Questa al microscopio ottico appare come un piccolo rilievo circoscritto sulla superficie
della fibra muscolare.
La sinapsi neuromuscolare è costituita da due parti: l’una appartenente alla fibra muscolare e l'altra alla
fibra nervosa. Quando un ramo terminale di una fibra nervosa si avvicina alla fibra muscolare, perde la
guaina mielinica ma conserva l’involucro formato dalla cellula di Schwann.
Al microscopio elettronico si dimostra una complessa organizzazione della sinapsi (come mostrato nel
disegno a sinistra). Le ramificazioni dell’assone sono accolte in piccole invaginazioni della fibra muscolare
che sono chiamate docce o fessure sinaptiche primarie. Nelle docce sinaptiche il plasmalemma o
l’assolemma, che avvolge l’assone, e il sarcolemma della fibra muscolare sono tra loro separati da una
sottile interstizio di 20-50 nanometri e quindi non vi è continuità citoplasmatica tra i due elementi cellulari.
La porzione di sarcolemma che riveste la doccia sinaptica forma delle ripiegature multiple, che sono
chiamate fessure sinaptiche secondarie, che aumentano considerevolmente la superficie del sarcolemma.
Queste piegature del sarcolemma sono denominate globalmente apparato sottoneurale.
Quando si avvicina la placca motrice, come abbiamo detto, l’assone perde la sua guaina mielinica e la
lamina basale della guaina di Schwann si fonde con la lamina basale che ricopre la superficie esterna del
sarcolemma. Questo rivestimento cellulare glicoproteico si interpone tra assolemma e sarcolemma,
separando i due tipi cellulari, e penetra in ciascuna fessura sinaptica secondaria aderendo la sua superficie.
La sinapsi risulta quindi costituita da tre componenti:
Il sarcoplasma sottoneurale si presenta ricco di mitocondri e di nuclei. In questa regione della fibra si
riscontrano anche cisterne di reticolo endoplasmatico granulare e ribosomi liberi, che sono forse in
relazione con la sintesi dei recettori proteici del mediatore chimico.
Nell’assoplasma delle terminazioni nervose sono presenti numerosi mitocondri e un grandissimo numero
di vescicole piccole del diametro di 40-61 nanometri che sono le vescicole sinaptiche, le quali contengono i
neurotrasmettitori.
TESSUTO NERVOSO
Introduzione al tessuto nervoso
sistema nervoso periferico: il sistema nervoso periferico comprende: i nervi cranici, i nervi
spinali e le loro ramificazioni.
Suddivisioni del SN
I nervi spinali, eccetto il primo nervo cervicale che qualche volta manca di radice posteriore, sono
connessi al midollo spinale attraverso due radici:
una radice posteriore o dorsale: la radice dorsale è formata da fibre sensitive che
conducono impulsi di senso dalla periferia al sistema nervoso centrale e sono dette fibre
afferenti.
una radice anteriore o ventrale: la radice ventrale è invece costituita da fibre motrici che
trasmettono impulsi di moto dal sistema nervoso centrale alla periferia che sono dette
fibre efferenti.
Le due radici, dorsale e ventrale, subito dopo la loro emergenza dal canale vertebrale si uniscono
per formare il tronco del nervo spinale.
I nervi spinali essendo costituiti dall'unione di una radice sensitiva e di una radice motrice, sono
nervi misti di:
senso
moto
A livello delle radici dorsali è presente una formazione che è chiamata ganglio spinale: questa
continua i corpi cellulari dei neuroni di senso. I pirenofori dei neuroni di moto sono invece situati
nelle colonne grigie anteriori del midollo. Tra i due tipi di neuroni, localizzati nelle aree integrative
del sistema nervoso centrale, con assoni e dendriti limitati ad una singola area cerebrale, ci sono
gli interneuroni responsabili della distribuzione delle informazioni sensitive. Trasmettono cioè
l'impulso nervoso da un neurone all'altro, analizzano quindi gli stimoli di senso in ingresso e
coordinano quelli in uscita consentendo quindi di modulare le risposte. Il loro numero è
notevolmente aumentato nel corso dell’evoluzione.
La componente motoria, dal punto di vista funzionale, è ulteriormente divisa in:
Affinché i neuroni possano svolgere la loro funzione, nella cellula nervosa sono notevolmente
sviluppate due proprietà fondamentali che sono:
l'irritabilità: l’irritabilità è definita come la capacità di reagire agli stimoli provenienti
dall’ambiente esterno ed all'ambiente interno trasformandoli in impulsi nervosi.
conducibilità: la conducibilità è la capacità di trasmettere i segnali nervosi ad altre parti
della stessa cellula nervosa o ad altri neuroni o alle cellule effettrici epiteliali muscolari
ecc...
Struttura dei neuroni
Nonostante le variazioni di forma e di dimensioni nelle diverse parti del sistema nervoso, tutti i
neuroni hanno la stessa struttura di base (come mostrato nel disegno a sinistra).
Il neurone è formato da:
1. un ampio corpo cellulare che contiene il nucleo circondato da citoplasma definito pericario
2. dal corpo cellulare partono due tipi di processi: un singolo assone e uno o più dendriti.
I dendriti sono processi conici molto ramificati che terminano in recettori sensoriali
specializzati come nel caso dei neuroni sensoriali primari oppure formano sinapsi con i
neuroni circostanti da cui ricevono degli stimoli. In generale i dendriti funzionano come i
principali siti neuronali di ingresso delle informazioni, funzione svolta a livello di minuscole
protrusioni chiamate spine che la microscopia elettronica ha dimostrato essere la sede di
contatti sinaptici di tipo eccitatorio (queste strutture sono visibili nell'immagine in alto a
destra). Quindi i dendriti funzionano come l'apparato ricevente del neurone e l'impulso
nervoso avrà una conduzione centripeta.
3. Ogni neurone ha un singolo assone che origina da una porzione del corpo cellulare a forma
di cono che è chiamato cono assonico o cono di emergenza.
4. L’assone si estende sotto forma di processo cilindrico di lunghezza variabile che termina su
altri neuroni o su organi effettori con un numero variabile di piccole ramificazioni a forma
rigonfia che si chiamano bottoni terminali.
I potenziali d'azione originano nel corpo cellulare come risultato di integrazione di stimoli afferenti
e sono quindi condotti lungo l'assone al fine di influenzare altri neuroni o organi effettori. Gli
assoni sono comunemente chiamati fibre nervose e rappresentano l'apparato di trasmissione del
neurone, quindi l'impulso in questo caso avrà una conduzione centrifuga. In generale i corpi
cellulari di tutti i neuroni sono localizzati nel sistema nervoso centrale ad eccezione dei corpi
cellulari della maggior parte dei neuroni sensitivi primari e dei neuroni effettori terminali del
sistema nervoso autonomo; in questo caso i corpi cellulari sono situati in aggregati periferici che
sono chiamati gangli.
Ci sono due immagini nella slide: in quella in alto c'è una colorazione particolare che mette in
evidenza l'apparato dendritico, colorate in blu ci sono i nuclei delle cellule della nevroglia mentre
nella parte in basso della diapositiva c'è una colorazione che mette invece in evidenza i
prolungamenti assonici.
Il disegno illustra le principali caratteristiche ultrastrutturali del neurone, in questo caso un
neurone multipolare con un assone e due dendriti. Il nucleo è grande, rotondo, ovoidale posto
centralmente all'interno del pericarion. Come conseguenza dell'intensa attività metabolica, la
cromatina è completamente dispersa e il nucleolo è chiaramente visibile. Il citoplasma del corpo
cellulare contiene grandi aggregati di reticolo endoplasmatico rugoso che corrisponde alla
sostanza di Nissl visibile al microscopio ottico, come si può osservare nel preparato istologico in
alto a destra. Nel citoplasma, o assoplasma, sono presenti numerosissimi ribosomi e poli ribosomi
sia liberi che associati alle cisterne appiattite dal reticolo endoplasmatico rugoso; il citoplasma del
neurone è fortemente colorabile con i coloranti basici e l'intensa basofilia è dovuta ai ribosomi
liberi o associati alle membrane. Il reticolo endoplasmatico rugoso e i ribosomi liberi sono diffusi in
tutto il citoplasma anche nei dendriti ma sono completamente assenti nell’assone come
dimostrato sempre nel preparato istologico in alto a destra. Essendo l'assone privo di ribosomi, il
corpo cellulare deve provvedere alle sintesi proteiche necessarie per il funzionamento del
prolungamento nervoso: questo processo è chiamato trasporto assonico.
Le necessità metaboliche dell'assone derivano da vari ordini di fattori:
i neuroni vengono classificati in base alla loro morfologia e ai loro prolungamenti. Si riconoscono:
neuroni unipolari: essi sono presenti negli invertebrati con corpo cellulare e assone
i neuroni bipolari hanno un solo dendrite che si origina dal polo cellulare opposto rispetto
a quello da cui nasce l'assone; questi insoliti neuroni agiscono come i neuroni recettoriali
per il gusto, per la vista e per l'equilibrio.
la maggior parte dei neuroni sensitivi primari sono neuroni pseudounipolari poiché un
singolo dendrite e l'assone si originano da un peduncolo comune del corpo cellulare;
questo peduncolo è formato dalla fusione durante lo sviluppo embrionale della prima
parte del dendrite e dell'assone di un neurone di tipo bipolare. Come regola generale, gli
impulsi nervosi sono condotti lungo il dendrite verso il pericarion, e rappresentano gli
impulsi afferenti, mentre l'assone conduce impulsi lontano dal corpo cellulare e
rappresentano gli impulsi efferenti.
la forma più comune è quella del neurone multipolare in cui numerosi dendriti partono dal
corpo cellulare; i dendriti possono originare tutti da un unico polo del corpo cellulare o
possono originare da tutte le parti del corpo cellulare. In generale hanno questa forma gli
interneuroni ed i neuroni motori.
neuroni piramidali: questi sono i neuroni tipici della corteccia cerebrale. Come implicito
nel nome, hanno corpi cellulari a forma di piramide il cui apice è generalmente diretto
verso la superficie corticale. Dalla base origina un sottile assone che può presentare poche
ramificazioni a livello di strutture chiamate nodi di ranvier. Dal corpo cellulare baso-
lateralmente si originano numerosi grossi dendriti basali e dall'apice del corpo cellulare un
dendrite apicale che si ramifica.
Abbiamo quindi le cellule del Purkinje che sono i neuroni caratteristici del cerebello o
cervelletto: hanno corpi cellulari molto grandi, un assone estremamente fine che come i
neuroni piramidali può presentare ramificazioni a livello dei nodi di Ranvier e un sistema
dendritico estremamente ramificato.
L’impulso nervoso
L’impulso nervoso e un segnale elettrico che si origina nella zona di innesco sotto forma di
depolarizzazione di membrana. Però prima di capire come avviene questa depolarizzazione di
membrana, dobbiamo cercare di capire che cos'è il potenziale di riposo e come si genera.
Potenziale di riposo
Il potenziale di membrana a riposo è il potenziale di membrana di una cellula indisturbata, è una
proprietà fondamentale di tutte le cellule che risulta da un eccesso di cariche negative da una
parte della membrana plasmatica e da un eccesso di cariche positive dall’altra. Ciascun tipo di
cellula ha un caratteristico potenziale di riposo:
Quindi è molto importante mantenere le corrette concentrazioni degli ioni sodio e potassio ma si
deve tener conto anche delle concentrazioni degli anioni presenti nel citosol e dello ione cloro che
può muoversi attraverso la membrana abbastanza liberamente.
Per mantenere la neutralità di carica elettrica senza variazione di concentrazione di soluti
all'interno della cellula, che provocherebbero un richiamo di acqua facendo gonfiare la cellula fino
a farla scoppiare, è importante che nel fluido extracellulare sia presente un soluto poco diffusibile
e questo è ben rappresentato dal sodio; e che la piccola quantità di ioni sodio che comunque
entrano siano subito allontanati da una ATPasi che è la pompa sodio-potassio.
La pompa trasporta tre ioni sodio all'esterno e due ioni potassio all'interno per ogni molecola di
ATP idrolizzata. Il trasporto netto di ioni all'esterno diluisce il citosol e bilancia esattamente la
diffusione passiva consentendo al potenziale di riposo di rimanere costante; quindi il potenziale di
membrana a riposo è generato e mantenuto da forse sia attive che passive.
Potenziale d’azione
Fase uno
Fase due
Fase tre
Fase
quattro
In genere in un neurone a riposo i canali voltaggio dipendenti del sodio del potassio sono chiusi.
Nella condizione di riposo a causa della parziale pervietà dei canali del potassio, la permeabilità
della cellula agli ioni potassio all'incirca 100 volte superiore a quella degli ioni sodio. In risposta ad
una leggera depolarizzazione di una data regione del neurone, si assiste all'apertura di alcuni
canali del sodio e quindi all'aumento di flusso del sodio con ulteriore depolarizzazione della
membrana. Se la depolarizzazione cresce, aumenta di conseguenza anche il flusso di corrente degli
ioni sodio, che depolarizza ancora di più la membrana.
Quando la depolarizzazione della membrana è bassa, il potenziale di membrana viene ripristinato
e non si genera alcun potenziale di azione. Se invece tutti i canali voltaggio dipendenti del sodio
presenti nella membrana si aprissero contemporaneamente, la permeabilità della cellula al sodio
diventerebbe di colpo 10 volte maggiore di quella al potassio; in questo caso essendo il sodio lo
ione più permeabile, il potenziale di membrana dipenderebbe essenzialmente dal gradiente di ioni
sodio. Questo è quello che effettivamente succede quando la membrana è depolarizzata oltre i
valori soglia.
Osservare nel disegno a destra
a) la fase uno e la fase due: raggiunto il potenziale di soglia, l'uscita del potassio non riesce
più a controbilanciare l'entrata del sodio; a questo punto il potenziale di membrana balza
rapidamente verso l'alto. Il potenziale d'azione si genera non appena la velocità di entrata
del sodio diventa leggermente superiore alla velocità di uscita del potassio. Quando il
potenziale di membrana è al suo valore massimo (a circa + 40 millivolt), il potenziale di
azione si avvicina anche se non raggiunge al potenziale di equilibrio degli ioni sodio.
b) Fase tre: Quando il potenziale di membrana ha raggiunto il suo valore massimo, inizia la
rapida fase di ripolarizzazione. La ripolarizzazione è dovuta all'inattivazione dei canali del
sodio associata all'apertura dei canali voltaggio dipendenti del potassio; quando i canali del
sodio si inattivano, si chiudono e restano chiusi fintanto che il potenziale di membrana non
diventa di nuovo negativo. L’inattivazione dei canali quindi arresta l'entrata degli ioni
sodio, la cellula si ripolarizza automaticamente man mano che il potassio fuoriesce.
c) Fase quattro: Alla fine di un potenziale d'azione, la maggior parte dei neuroni va incontro
ad una fase di iperpolarizzazione nella quale il potenziale di membrana assume
temporaneamente valori ancora più negativi dei valori di riposo. L' iperpolarizzazione è
dovuta all'aumento della permeabilità al potassio esistente durante la fase di apertura dei
canali voltaggio dipendenti del potassio. È importante osservare che il potenziale di
iperpolarizzazione è molto vicino al potenziale di equilibrio per gli ioni potassio e che il
restaurarsi del potenziale di riposo dopo un potenziale d’azione è dovuto al movimento
passivo degli ioni e non all'azione della pompa sodio-potassio.
Osservate il grafico a destra (sfondo azzurro):
a) fase uno: prima che inizi il potenziale d'azione, il potenziale a riposo e circa -60 millivolt.
b) fase due: un potenziale d'azione ha inizio quando il neurone è depolarizzato di circa 20
millivolt fino al livello detto del potenziale di soglia. Una volta iniziato il potenziale d'azione
assume rapidamente valori positivi; ai massimi valori il potenziale di membrana arriva circa
a + 40 millivolt.
c) fase tre: arrivata ai valori massimi di potenziale positivo, la cellula inizia a ripolarizzarsi e
ritorna ad un potenziale di membrana negativo.
d) fase quattro: spesso durante la ripolarizzazione, il potenziale di membrana è
iperpolarizzato cioè assume un valore più negativo del potenziale di riposo prima di
ritornare al suo valore di riposo.
Dal momento in cui inizia il potenziale d'azione fino a quando viene ripristinato il potenziale di
riposo la membrana non è in grado di rispondere normalmente ad un ulteriore stimolo
depolarizzante. Questo lasso di tempo viene definito periodo refrattario; dal momento in cui si
raggiunge il valore soglia per l'apertura dei canali del sodio voltaggio-dipendenti fino al momento
in cui questi canali si richiudono, la membrana non può rispondere ad alcuno stimolo perché i
canali del sodio si trovano aperti oppure chiusi ma nello stato inattivo. Questa fase del periodo
refrattario dura da 0,4 a 1 millisecondo in relazione al diametro dell’assone: più piccolo il diametro
più lunga è la fase e viene chiamata periodo refrattario assoluto.
Quando i canali del sodio ritornano nello stato normale comincia il periodo refrattario relativo che
si prolunga fino al ripristino del potenziale di riposo. Durante il periodo di refrattarietà relativa, se
la membrana subisce una depolarizzazione sufficientemente ampia, può scatenarsi un altro
potenziale d'azione però questa seconda depolarizzazione necessita di uno stimolo più intenso del
normale dato che la corrente locale deve trasportare più ioni sodio per contrastare la perdita di
cariche positive che sta avvenendo attraverso i canali del potassio voltaggio -dipendenti. La
membrana è leggermente iperpolarizzata.
Fibre nervose
I neuroni sono rivestiti per tutto il loro percorso da cellule della nevroglia e da rivestimenti
prodotti da queste.
Nel sistema nervoso periferico (SNP) tutti gli assoni sono avvolti da cellule specializzate che
prendono il nome di cellule di Schwann.
Nel sistema nervoso centrale (SNC) la mielinizzazione è simile ma le guaine sono formate
da cellule chiamate oligodendrociti.
Le cellule della nevrosi glia hanno funzione di supporto strutturale e di supporto trofico.
Fibre amieliniche Disegno A Fotografia centrale
Fotografia C
La relazione tra le fibre amieliniche e la loro cellula di Schwann di supporto e illustrata nel
disegno A: una o più fibre nervose si invaginano longitudinalmente nel citoplasma di una
cellula di Schwann in modo tale che ogni fibra viene a trovarsi in un incavo del citoplasma
di questa. La membrana plasmatica della cellula di Schwann si fonde lungo l'apertura
dell'incavo rinchiudendo così la fibra nervosa in un compartimento cellulare all'interno. Il
sito di fusione della membrana è chiamato mesassone. Osservare che più di un assone può
occupare un singolo canale all'interno di una cellula di Schwann e che ogni cellula di
Schwann copre solo un breve tratto del nervo e al suo termine viene sostituita da un'altra
cellula di Schwann con cui essa si interdigita strettamente.
A basso ingrandimento nella fotografia centrale sono visibili assoni, indicati con la lettera A,
di varie dimensioni avvolti dalle cellule di Schwann. Una delle cellule di Schwann (indicata
con la lettera S) è stata sezionata trasversalmente attraverso il suo nucleo. Osservare il
numero variabile di fibre compreso in una cellula di Schwann, nell’endonevrio sono visibili
sottili estensioni citoplasmatiche di fibroblasti (indicati con la lettera F) e fibre collagene
(indicate con la lettera C) tagliate in sezione trasversa.
Ad alto ingrandimento, nella fotografia C, si vede che parte del citoplasma di una cellula di
Schwann (indicata con la lettera S) avvolge parecchi assoni (indicati con la lettera A). Gli
assoni sono facilmente identificabili grazie al loro contenuto di tubuli di reticolo
endoplasmatico liscio ed i microtubuli, visibili in sezione trasversa; è possibile osservare
parecchi mesassoni (indicati con la lettera M). La superficie esterna di una cellula di
Schwann è circondata da una lamina esterna (indicata con L) che corrisponde alla
membrana basale degli epiteli.
Gli eventi che si verificano per scatenare un potenziale d'azione sono spazialmente limitati a una
piccola porzione della membrana cellulare; tuttavia, eccetto per quanto riguarda i potenziali
graduati che si esauriscono a breve distanza dal punto di origine, il potenziale d'azione è capace di
propagarsi per tutta l'estensione della membrana cellulare, passando da un punto all'altro della
membrana in una serie di passaggi in ognuno dei quali il potenziale d'azione si ripete. Questo
processo viene chiamato propagazione.
Come si propaga il potenziale d’azione in una fibra amielinica: propagazione continua
Nella figura a destra è mostrato il meccanismo di base con il quale un potenziale d'azione si
propaga in una fibra amielinica.
1) Fase uno: La membrana è raffigurata come costituita da tanti segmenti adiacenti dove il
potenziale d'azione si scatena a partire dal primo segmento. Al picco del potenziale
d'azione per un breve lasso di tempo, il potenziale di membrana è positivo.
2) Fase due: Non appena gli ioni sodio cominciano a muoversi nel citosol adiacente al
versante esterno della membrana cellulare, si sviluppa una corrente locale.
3) Fase tre: Questa corrente locale si diffonde in ogni direzione depolarizzando le zone di
membrana adiacenti al punto di origine. Il cono di emergenza dell'assone non può però
rispondere a questa depolarizzazione, così come non può rispondere tutto il resto della
cellula perché è priva di canali voltaggio- dipendenti; però quando il segmento iniziale di un
assone viene depolarizzato al valore soglia, si scatena un potenziale d'azione e il processo si
ripete per tutti i segmenti come in una reazione a catena. Al termine della catena, anche
nell'ultimo segmento della membrana cellulare, insorgerà un potenziale d'azione. Ad ogni
passaggio il messaggio viene ripetuto tale quale in modo che la distanza non ne influenzi il
contenuto, cioè il potenziale d'azione che raggiunge il bottone sinaptico è esattamente
identico a quello che si è scatenato nel punto di origine, e l'effetto è esattamente lo stesso
che si avrebbe se il potenziale d'azione fosse uno solo capace di propagarsi lungo tutto
l'assone. Questo tipo di propagazione del potenziale d'azione è chiamato propagazione
continua.
Ogni volta che si crea una corrente locale il potenziale d'azione si sposta lungo l'assone e
non torna indietro poiché questa parte della membrana si trova ancora nel periodo
refrattario assoluto. Il risultato è che un potenziale d'azione si sposta sempre in una
direzione e non può tornare indietro. Volendo scatenare un secondo potenziale d'azione
nello stesso punto di quello precedente bisogna rinnovare lo stimolo.
Nella propagazione continua il potenziale d'azione si sposta attraverso la superficie della
membrana con una serie di minuscole fasi. Anche se non in ogni segmento occorre circa un
millisecondo per scatenare l'evento, esso comunque deve essere ripetuto in ogni
segmento. Il risultato è che la propagazione continua degli assoni amielinici ha una
velocità di circa 1 m/s.
fibre mieliniche
Nei nervi periferici, la mielinizzazione inizia con l'invaginazione di una singola fibra nervosa in una
cellula di Schwann, si forma un mesassone. Con il procedere della mielinizzazione, il mesassone si
avvolge intorno all'assone rinchiudendolo in una spirale del citoplasma della cellula di Schwann.
Con il continuare di questo processo il citoplasma viene eliminato. Alla maturità, gli strati interni
della membrana plasmatica si fondono uno con l'altro così che l'assone rimane circondato da
parecchi strati di membrana modificata che insieme costituiscono la guaina mielinica. Il segmento
di mielina prodotto da una cellula di Schwann e denominato internodo.
Nel sistema nervoso centrale gli oligodendrociti sono responsabili del processo di mielinizzazione
che si realizza in modo simile. Un singolo oligodendrocita però forma internodi multipli che
contribuiscono ad avvolgere fino a 50 assoni differenti.
nella fotografia centrale nella slide è visibile una fibra nervosa mielinica sezionata
trasversalmente a livello del nucleo della corrispondente cellula di Schwann indicata con la
lettera S. Un singolo assone (A) è avvolto a spirale da molti strati fusi fra loro di membrana
plasmatica di una cellula di Schwann che forma la guaina mielinica indicata con M.
Lo schema illustra come le cellule di schwann terminano al nodo di ranvier esponendo l’assone
all'ambiente esterno; osservare il modo in cui i processi citoplasmatici di cellule di schwann
adiacenti si interdigitano a livello del nodo. Osservare anche la continuità della membrana basale
delle cellule di Schwann attraverso il nodo. A livello dei nodi quindi di grandi l’assone non è mai
nudo. In alcuni punti all'interno dei tratti interno da lì si osservano stretti canali di citoplasma che
connettono il citoplasma della cellula di Schwann posto alla periferia della guaina mielinica al
citoplasma della cellula di Schwann adiacente all'assone. Queste regioni non compatte sono
conosciute come incisure o scissure di Scmidt-Lanterman.
Nelle sezioni longitudinali come nel preparato di microscopia elettronica in basso, l'incisura passa
obliquamente attraverso lo spessore della guaina mielinica. L’assone è identificato dalla lettera A,
il citoplasma periferico della cellula di Schwann dalla lettera S1 e il citoplasma periassonale della
cellula di Schwann con S2. È stato suggerito che le incisure non siano statiche ma si muovano
continuamente provvedendo ad esporre periodicamente il citoplasma della faccia interna delle
membrane che costituiscono la mielina al fine di conservarne e rinnovarne le molecole.
Cellule della nevroglia (oltre alle cellule di Shwann)
Le cellule ependimali formano l'epitelio monostratificato che riveste i ventricoli e il canale spinale.
Le cellule, di forma cubica o colonnare bassa, sono strettamente addossate a livello delle loro
superfici luminali grazie ai soliti complessi giunzionali. Alla superficie luminale, in alcuni distretti,
c'è un discreto numero di ciglia che possono essere coinvolte nel movimento del liquido
cefalorachidiano nei ventricoli. Sono presenti anche microvilli che probabilmente svolgono un
ruolo nei processi di assorbimento e di secrezione.
Sinapsi
Le sinapsi sono giunzioni intercellulari
altamente specializzate che uniscono tra
loro i neuroni di ogni via nervosa. I
singoli neuroni comunicano tra loro
tramite un numero molto variabile di
sinapsi che dipende dalla loro
localizzazione ed alla loro funzione
all'interno del sistema nervoso.
Tipologie di sinapsi
La natura chimica dei neurotrasmettitori e la morfologia delle sinapsi è molto variabile nelle
diverse parti del sistema nervoso ma i principi della trasmissione sinaptica e la struttura di base
delle sinapsi sono simili in tutto il sistema nervoso.
1) sinapsi elettriche: le sinapsi elettriche sono poco frequenti nei mammiferi, possiamo
trovarle nella retina e nella corteccia cerebrale.
2) sinapsi chimiche: le sinapsi chimiche invece rappresentano il modo più frequente di
comunicazione tra due cellule nervose.
Struttura delle sinapsi
La figura illustra la struttura di una sinapsi. L’assone responsabile della propagazione dello stimolo
termina con un rigonfiamento chiamato bottone terminale; questo è separato dalla membrana
plasmatica del neurone opposto o dalla cellula effettrice da uno stretto spazio intercellulare di
larghezza uniforme che è chiamato camera sinaptica. I bottoni terminali non sono mielinizzati,
contengono mitocondri e vescicole circondate da membrana contenente neurotrasmettitore,
queste sono chiamate vescicole sinaptiche e hanno un diametro di 50 nanometri. Nel citoplasma
della cellula presinaptica si trovano degli addensamenti a forma conica che si proiettano dalla
membrana pre-sinaptica e si collegano con le vescicole sinaptiche formando i siti attivi. Le
vescicole associate a questi siti attivi si liberano all'arrivo dell’impulso; all'arrivo del potenziale
d'azione sulla membrana presinaptica i canali per il calcio, a controllo di voltaggio, si aprono e
permettono l'entrata di questo ione.
Come conseguenza, sotto l'influenza delle proteine snare, si ha la fusione delle vescicole
sinaptiche con la membrana presinaptica e attraverso esocitosi, la fuoriuscita del
neurotrasmettitore nello spazio inter-sinaptico. Le membrane vengono recuperate poi attraverso
endocitosi immediata da clatrina.
Il neurotrasmettitore nello spazio inter-sinaptico reagisce con i recettori situati sulla membrana
post sinaptica; il legame può provocare:
una depolarizzazione, quindi abbiamo una risposta eccitatoria, con l'apertura dei
canali ionici permeabili agli ioni positivi
oppure possiamo avere una iperpolarizzazione, cioè una risposta inibitoria, con
l'apertura dei canali ionici permeabili agli ioni negativi.
Neurotrasmettitori
I neurotrasmettitori sono molecole segnale che vengono rilasciate dalle membrane pre-sinaptiche
ed attivano recettori posti sulle membrane post-sinaptiche.
Ci sono circa 100 neurotrasmettitori che sono classificati in tre gruppi:
1. piccole molecole
2. neuropeptidi
3. gas
I neurotrasmettitori più comuni sono elencati in tabella, tra questi ricordiamo:
l’aceticolina,
gli aminoacidi: glutammato, aspartato, glicina e l'acido gamma-amminobutirrico che è il
più comune neurotrasmettitore inibitorio del sistema nervoso centrale
le ammine biogene come la serotonina e le tre catecolamine: dopamina, norepinefrina ed
epinefrina
Giunzione neuromuscolare
Lo schema illustra una giunzione neuromuscolare di cui abbiamo già parlato. Ricordo che un
neurone motore può innervare da poche a più di 1000 fibre muscolari in relazione alla precisione
del movimento del muscolo. Il motoneurone e le fibre muscolari innervate costituiscono
nell’insieme una unità motoria.
Al di sotto dello schema due preparati istologici:
Nervi
I nervi periferici sono strutture che possono contenere ogni combinazione di fibre nervose,
afferenti o efferenti, sia del sistema nervoso volontario sia di quel autonomo. I corpi cellulari delle
fibre che decorrono nei nervi periferici sono localizzati nel sistema nervoso centrale o
perifericamente nei gangli.
Ogni nervo periferico è composto: da uno o più fasci o fascicoli di fibre nervose.
Nei fascicoli, ogni singola fibra nervosa con la sua cellula di Schwann di rivestimento è
circondata da una delicata rete di tessuto connettivo lasso, l’endonevrio, che contiene vasi
sanguigni.
Ogni fascicolo è circondato da uno strato più spesso di tessuto connettivo che è chiamato
perinevrio.
Nei nervi periferici formati da più di un fascicolo è presente un ulteriore strato di tessuto
connettivo lasso, l’epinevrio, che tiene i fascicoli insieme e forma una guaina cilindrica
periferica addensata.
I nervi periferici sono riccamente vascolarizzati attraverso numerosi vasi penetranti che
provengono dai tessuti circostanti e che accompagnano le arterie. I vasi di maggiori dimensioni
decorrono longitudinalmente nel perinevrio e nell’epinevrio, formando quindi una ricca rete
capillare nell’endonevrio.
Nel preparato istologico in alto a sinistra si vede l'aspetto tipico di un nervo periferico di medie
dimensioni in sezione trasversa. Questo nervo è formato da 8 fascicoli, indicati con la lettera F,
ciascuno dei quali contiene molte fibre nervose; ogni fascicolo e circondato da uno strato di
tessuto connettivo denso, il perinevrio (P), il nervo nel suo insieme è avvolto da una guaina di
connettivo lasso, l’epinevrio (E), condensata nei suoi punti più esterni. È possibile osservare
nell’epinevrio vasi ematici di diverse dimensioni.
Gagli
I gangli sono degli aggregati delimitati di corpi cellulari di neuroni posti fuori dal sistema nervoso
centrale.
Possiamo avere due tipi di gangli:
i gangli sensitivi che sono rappresentati dai gangli del sistema nervoso cerebro spinale.
i gangli autonomi che appartengono al sistema nervoso autonomo. Questi comprendono i
corpi cellulari dei neuroni motori, coinvolti:
o nella contrazione della muscolatura liscia
o nella contrazione della muscolatura cardiaca
o nella secrezione delle ghiandole
Le immagini in basso illustrano, a basso e ad alto ingrandimento, un ganglio spinale. I gangli spinali
sono situati subito fuori dal midollo spinale a livello delle radici dei nervi posteriori dove queste
passano attraverso i forami intervertebrali. I gangli spinali contengono i corpi cellulari dei neuroni
sensitivi primari che sono di tipo pseudounipolari. A basso ingrandimento a sinistra, si può
osservare il fascicolo F di fibre nervose che passa al centro del ganglio mentre le cellule gangliari
sono localizzate alla periferia. Ad alto ingrandimento a destra, si vede che ogni corpo cellulare è
circondato da uno strato di cellule pallide chiamate cellule satelliti che forniscono il supporto
strutturale e metabolico ed hanno un’origine embriologica simile a quella delle cellule di Schwann.
L’intero ganglio è circondato da tessuto connettivo denso in continuità con il perinevrio e
l’epinevrio del nervo periferico associato.
sostanza bianca: la sostanza bianca ne contiene gli assoni ed i lipidi della guaina mielinica
dell'assone sono responsabili del colore bianco.
sostanza grigia: contiene prevalentemente i corpi cellulari dei neuroni.
La distribuzione della sostanza bianca e della sostanza grigia è molto diversa nelle differenti parti
dell'encefalo, così come lo è la morfologia e la disposizione dei neuroni.
Midollo spinale
In alto a sinistra si osserva una sezione trasversa di midollo spinale: la struttura del midollo spinale
è grossolanamente simile per tutta la sua lunghezza.
in sezione trasversa, la massa centrale di sostanza grigia ha la forma di una farfalla di cui le
corna anteriori, indicate con A, sono le strutture più evidenti e contengono i corpi cellulari
dei grandi motoneuroni. Le corna dorsali, indicate con la lettera D, sono molto meno
evidenti e contengono i corpi cellulari di piccoli neuroni sensitivi di secondo ordine che
trasferiscono dai neuroni primari afferenti al cervello, le informazioni sensitive relative alla
termocezione e al dolore. I corpi cellulari dei neuroni primari sono in questi casi situati nei
gangli dorsali.
La sostanza bianca del midollo spinale è formata da tratti ascendenti di fibre sensitive ed a
tratti motori discendenti. Procedendo in direzione caudo-craniale, un numero sempre
maggiore di fibre entrano o lasciano il midollo e quindi il volume della sostanza bianca
aumenta progressivamente dalle regioni sacrali a quelle cervicali.
Cervello o corteccia cerebrale
In basso sezione di cervello di neonato e a destra preparato istologico che mostra l'aspetto tipico
dei sei strati della corteccia cerebrale. Gli emisferi cerebrali sono formati da una corteccia
convoluta di sostanza grigia che riveste una massa centrale di sostanza bianca attraverso la quale
passano fibre provenienti da diverse parti della corteccia e del sistema nervoso centrale.
La sostanza grigia è costituita da:
corpi cellulari,
dendriti
cellule gliali
La sostanza bianca è costituita da:
Istologicamente i neuroni della corteccia cerebrale sono raggruppabili in 5 tipi morfologici disposti
in 6 strati.
I 5 tipi caratteristici di neuroni corticali sono disegnati schematicamente nella parte alta della slide
(le cellule stellate e piramidali sono di gran lunga i tipi più comuni):
1) cellule o neuroni piramidali: questi sono tipici della corteccia cerebrale, hanno un corpo
cellulare a forma di piramide con l'apice diretto generalmente verso la superficie corticale;
un sottile assone origina dalle base delle cellule e passa nella sostanza bianca sottostante
anche se, nel caso di piccole cellule localizzate in superficie, l’assone può contrarre sinapsi
negli strati profondi della corteccia. Dall’apice, uno spesso dendrite ramificato si dirige
verso la superficie dove si suddivide in numerose ramificazioni. Inoltre piccoli dendriti si
originano alla base e si ramificano lateralmente. Le dimensioni delle cellule piramidali
variano enormemente e le cellule più piccole tendono a disporsi superficialmente.
2) cellule stellate o granuli: sono piccoli neuroni con un corto assone verticale e parecchi brevi
dendriti ramificati che conferiscono al corpo cellulare l'aspetto di una stella.
3) cellule di Martinotti: sono piccole cellule poligonali con pochi corti dendriti e l'assone che si
estende verso la superficie e si biforca per decorrere orizzontalmente per lo più nello strato
più superficiale.
4) cellule fusiformi: sono cellule di forma fusiforme disposte ad angolo retto rispetto alla
superficie. Gli assoni si originano da un lato della cellula e decorrono quindi
superficialmente, i dendriti si originano da entrambe le parti del corpo cellulare
ramificandosi in modo da dirigersi verticalmente in profondità e verso gli strati superficiali.
5) cellule orizzontali di cajal: sono piccole, fusiformi ma orientate parallelamente rispetto alla
superficie. Sono il tipo cellulare meno comune e si rinvengono solo nello strato più
superficiale dove i loro assoni, che si dirigono lateralmente, contraggono sinapsi con i
dendriti delle cellule piramidali.
Oltre i neuroni, la corteccia contiene cellule nevrogliali di supporto come ad esempio:
1) gli astrociti
2) l'oligodendroglia
3) la microglia
I neuroni nella corteccia sono disposti in 6 strati che differiscono per morfologia, dimensioni e
densità di neuroni; gli strati sono in continuità l'uno con l'altro anziché essere ben separati e
variano da una regione all'altra della corteccia in relazione allo spessore corticale e alla funzione
dell'area. La fotografia, in alto, illustra l'aspetto tipico degli strati della corteccia cerebrale. Questi
strati sono sei, abbiamo:
1) strato molecolare
2) strato granulare esterno
3) strato piramidale esterno
4) strato granulare interno
5) strato piramidale interno
6) strato multiforme
La fotografia in basso a destra mostra un dettaglio del quinto strato usando una sezione spessa,
colorata con una tecnica di impregnazione con metalli pesanti in grado di evidenziare molti
dettagli. Sono facilmente identificabili numerose cellule piramidali, indicate con la lettera P, i cui i
dendriti principali sono inclusi nel piano di sezione. Grazie alla sua forma poligonale è anche
possibile identificare una cellula di Martinotti indicata con la lettera M.
La corteccia cerebrale è la sede:
dell’apprendimento
della memoria
dell’integrazione sensoriale
dell’analisi informazionali
dell'innesco delle risposte motorie
Cervelletto o corteccia cerebellare
Descrizione immagini:
Come si può vedere nella fotografia A, la corteccia cerebellare forma una serie di profonde
circonvoluzioni il cui asse è costituito da una midollare M centrale ramificata di sostanza
bianca.
A maggiore ingrandimento nella fotografia B, si può osservare che la corteccia è formata da
tre strati:
1) uno strato esterno contenente relativamente poche cellule e molte fibre non
mielinizzate chiamato strato molecolare, indicato con SM.
2) uno strato interno estremamente ricco di cellule che è lo strato granulare
indicato con SG.
3) uno strato di grandi i neuroni chiamate cellule del Purkinije indicate con P.
Tali cellule del Purkinije , viste a maggiore ingrandimento nella fotografia C, hanno corpi
cellulari molto grandi, un assone estremamente fine che si prolunga all'interno dello strato
granulare SG ed un sistema dendritico estremamente ramificato che si sprofonda nello
strato molecolare esterno SM. Questo straordinario sistema dendritico è meglio visibile
con colorazioni ai metalli pesanti come quella in basso a sinistra. Lo strato granulare
profondo della corteccia contiene numerosi piccoli neuroni chiamati granuli del cervelletto
i cui assoni amielinici passano nello strato molecolare dove si biforcano, decorrono paralleli
alla superficie e contraggono sinapsi con i dendriti delle cellule di Purkinje. Ogni granulo
contrae sinapsi con centinaia di cellule di Purkinje.
la fotografia in basso a destra illustra il decorso degli assoni dei granuli nello strato
molecolare; gli assoni A sono colorati in nero dall’argento e i corpi cellulari nello strato
granulare SG sono controcolorati con rosso neutro; P sono le cellule del purkinje ed SME lo
strato molecolare esterno.
TESSUTO MUSCOLARE CARDIACO
Il tessuto muscolare cardiaco è un tessuto muscolare striato, si trova esclusivamente nel cuore e nelle vene
polmonari, limitatamente alla zona dove queste si congiungono con il cuore.
Il muscolo cardiaco non presenta molte caratteristiche strutturali e funzionali intermedie tra quelle del
muscolo scheletrico e quelle del muscolo liscio:
• come per il muscolo scheletrico le contrazioni sono potenti e utilizzano molta energia
• come per il muscolo liscio le contrazioni sono continue e iniziate da un meccanismo intrinseco,
anche se sono modulabili da stimoli autonomi e ormonali.
La cellula presenta un'organizzazione sarcomerica, simile a quella della fibra scheletrica; tuttavia nel
miocardio i fasci di miofilamenti non formano unità miofibrillare distinte come nelle fibre scheletriche.
2 1
Il reticolo sarcoplasmatico ed il sistema t delle cellule cardiache presentano alcune differenze strutturali
rispetto ai corrispondenti sistemi delle fibre scheletriche.
• Il reticolo sarcoplasmatico nel miocardio non forma una guaina continua avvolgente la miofibrilla
come nel muscolo scheletrico, ma forma dei setting completi che dividono la massa
sarcoplasmatico in ampi settori senza una vera organizzazione miofibrillare
• i tubuli T più voluminosi e sono situati a livello delle lineee Zeta come nei muscoli scheletrici di
anfibio, e non a livello delle giunzioni banda A e banda I come nei muscoli scheletrici dei mammiferi
• un altro particolare strutturale è che la lamina basale glicoproteica che avvolge la membrana
plasmatica del cardiomiocita si continua nel tubulo T rivestendo la sua superficie interna
• il reticolo sarcoplasmatico è meno sviluppato e meno elaborato di quello delle fibre scheletriche,
non si osservano le cisterne trasversali finestrate in corrispondenza della banda H, e mancano le
cisterne terminali continue con decorso trasversale ai lati del tubulo T; invece delle cisterne
terminali continue si riscontrano piccole espansioni terminali dei tubuli longitudinali che aderiscono
strettamente alle membrane dei tubuli T, si costituiscono così quelle che vengono chiamate diadi,
formate dal tubulo T e da una sola cisterna trasversale circoscritta
I dischi intercalari sono zone di contatto e di adesione tra le estremità dei cardiomiociti contigui.
I dischi intercalari sono ben visibili nei preparati colorati con ematossilina ferrica (come nell’immagine), nei
quali appaiono come sottili tratti trasversali interposti all'estremità di fibre adiacenti, il disco intercalare
appare suddiviso in segmenti trasversali disposti a livelli diversi (come i gradini di una scala), collegati da
segmenti longitudinali, a questa particolare disposizione si deve il loro nome di strie scalariformi. Esaminati
al microscopio elettronico i dischi intercalari presentano una organizzazione complessa:
• a livello del segmento trasversale del disco, le membrane plasmatiche appaiono come due linee
dense parallele che seguono il decorso ondulato, di modo che l'estremità delle cellule adiacenti
appaiono incastrate l'una nell'altra
• tra le due membrane si interpone un sottile interstizio di circa 20 nanometri
• lungo le membrane affrontate si possono distinguere aree simili per struttura al desmosoma e alla
zonula adherence, caratteristiche delle giunzioni tra le cellule epiteliali.
A differenza però di quelle presenti negli epiteli, le zonule adherence delle fibre cardiache
interessano aree di estensione limitata delle superfici cellulari adiacenti, non si estendono cioè
come cinture continue attorno alla cellula, per questo sono chiamate fasce adherence. In
corrispondenza di queste fasce, il sarcoplasma sub sarcolemmale di ciascuna delle due cellule
adiacenti appare ispessito da una placca di materiale filamentoso sulla quale prendono attacco i
miofilamenti della banda I, mentre sulle placche ispessite dei desmosomi prendono attacco i
filamenti intermedi di desmina.
Le fasce adherence hanno quindi una funzione simile ai dischi Z, mentre i desmosomi sono siti
addizionali di adesione.
Ad intervalli regolari lungo il disco sono anche presenti delle giunzioni gap in corrispondenza dei
tratti longitudinali della stria scalariforme, questi sono siti a bassa resistenza elettrica ed assicurano
un flusso di informazioni da una cellula all'altra.
Immagine al
microscopio elettronico
che mostra una sezione
trasversale del muscolo
cardiaco in prossimità
di una linea Z che
comprende un disco
intercalare.
Il decorso tortuoso di questa giunzione intercellulare, così come le porzioni di membrana plasmatica
apparentemente isolate nel citoplasma ed evidenziate dalle frecce e appartenenti alla giunzione
intercalare, riflettono il modo in cui le estremità delle cellule cardiache si interdigitano.
• il nodo senoatriale
• il nodo atrioventricolare
• miocardio di conduzione
Il muscolo cardiaco a differenza di quello scheletrico è capace di contrarsi autonomamente senza stimoli
nervosi o ormonali, questa proprietà è detta automaticità o autoritmicità del miocardio. Le cellule
responsabili dell'inizio della propagazione dello stimolo di contrazione fanno parte del sistema di
conduzione del cuore, conosciuto anche come sistema nodale. Questo sistema è un insieme di cellule
muscolari cardiache specializzate, interconnesse fra loro che dà origine a impulsi elettrici e li distribuisce.
CONTRAZIONE MUSCOLARE
• L' effettiva contrazione muscolare è ritardata rispetto al passaggio dell'impulso elettrico perché è
richiesto del tempo per l'entrata degli ioni calcio nel sarcoplasma al fine di attivare il processo di
contrazione (quello che è stato descritto nel muscolo scheletrico).
• Lo stimolo che genera la contrazione è di natura elettrica e si origina involontariamente dai centri di
controllo posti nel sistema nervoso centrale, nell’encefalo e nel midollo spinale.
• Questo stimolatore che si chiama nodo senoatriale produce l'impulso nervoso che, come una
scossa elettrica, genera la contrazione del cuore, contiene le cellule che formano il segna-passi
naturale del cuore, cioè ne determinano il ritmo, è conosciuto anche come pacemaker cardiaco ed
è situato nell'atrio destro vicino allo sbocco della vena cava superiore.
Il nodo senoatriale emette ritmicamente un impulso che depolarizza il muscolo cardiaco adiacente,
le onde che ne derivano si propagano attraverso gli atri fino a raggiungere la seconda struttura di
conduzione specifica, chiamata nodo atrio ventricolare.
• Il nodo atrio ventricolare si trova nel pavimento dell'atrio destro, lo stimolo giunto nel nodo
atrioventricolare rallenta in modo che la depolarizzazione dei due atri possa essere completata,
successivamente riacquista velocità diffondendosi attraverso il tessuto specializzato nella
conduzione che è il fascio di hiss, questo è la continuazione del nodo atrioventricolare e si suddivide
nelle branche destra e sinistra che decorrono sotto l' endocardio (che il pavimento della cavità
ventricolari), lungo le due superfici del setto del cuore
• Perifericamente entrambe le branche del fascio comune si suddividono e formano la rete sub-
endocardica delle fibre del Purkinje che si estendono nelle pareti ventricolari, in rapporto diretto
con le fibre della muscolatura ventricolare
• Non appena l'impulso elettrico, partito dal nodo senoatriale, arriva ai ventricoli, il cuore batte e il
sangue scorre raggiungere tutte le parti del corpo.
Sebbene il sistema nervoso autonomo non sia responsabile dell'avvio del battito cardiaco, la sua
funzione è quella di modulare il ritmo del battito, la stimolazione da parte dei nervi simpatici accelera il
battito, mentre il parasimpatico ha l'effetto contrario.
Differenze strutturali tra le fibrocellule del tessuto muscolare scheletrico rispetto a quelle del tessuto
muscolare cardiaco:
• I tubuli T presenti nel tessuto muscolare cardiaco sono molto più ampi e sono situati in
corrispondenza delle linee Z, il rapporto tra tubuli T e reticolo endoplasmatico liscio forma delle
diadi
• le cellule miocardiche posseggono una maggior quantità di mitocondri, di glicogeno, di
trigliceridi e di mioglobina
• Poiché il reticolo sarcoplasmatico è relativamente poco diffuso non può contenere una quantità
di calcio sufficiente per sostenere la contrazione, si rendono quindi necessarie fonti addizionali
per questo ione:
o dato che i tubuli T si aprono nello spazio extracellulare ed hanno un diametro
abbastanza largo, il calcio extracellulare può entrare attraverso essi ed arrivare nelle
cellule del muscolo cardiaco nel momento della depolarizzazione, inoltre la carica
negativa del rivestimento esterno dei tubuli T impedisce il rilascio istantaneo del calcio.
o Un ulteriore meccanismo per avere una maggiore disponibilità di calcio è data dai canali
sodio-calcio che sono canali per il sodio lenti, a differenza dei canali per il sodio rapidi
che sono i canali interessati nell’insorgenza del potenziale d'azione che si aprono che si
chiudono in pochi millesimi di secondo. I canali per il sodio lenti si aprono molto
lentamente nella fase iniziale, rimangono aperti per una considerevole periodo di tempo
(parecchie decine di secondi), in questo modo un elevato numero di ogni sodio e di ioni
calcio entra nel citoplasma delle cellule muscolari cardiache incrementando la
concentrazione di calcio fornita dai tubuli T e dal reticolo sarcoplasmatico
• Un'altra differenza riguardante il movimento ionico tra le cellule muscolari scheletriche e
cardiache è che gli ioni potassio possono uscire dalle cellule muscolari scheletriche molto
rapidamente ristabilendo velocemente la possibilità di avere il potenziale di riposo, mentre in
quelle cardiache l'uscita di questo ione è ritardata, contribuendo a prolungare il potenziale
d'azione.
• Le cellule muscolari della porzione atriale posseggono dei granuli specifici soprattutto nell’atrio
destro che contengono il peptide natriuretico atriale, una sostanza che agisce abbassando la
pressione del sangue ed agendo anche sul riassorbimento di sodio e di acqua a livello dei tubuli
renali inibendolo.