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«L’Egitto – scrive lo storico greco Erodoto – è un dono del Nilo». Senza questo fiume,
infatti, nell’antichità, la vita della regione dipendeva completamente dal Nilo.
Il corso d’acqua rappresentava, difatti, e un’importante rotta commerciale e una
significativa fonte di sostentamento.
Nel dettaglio, il Nilo era navigabile in entrambe le direzioni: dalla foce, ai confini ed
esso era perciò la grande via di comunicazione che consentiva di collegare facilmente
luoghi distanti centinaia di chilometri: tutte le città egizie dovevano dunque sorgere
lungo le rive del fiume e questo contribuì a determinare una certa uniformità sia
urbanistica che culturale.
Dalle piene del Nilo dipendeva poi, come già anticipato, l’approvvigionamento
agricolo del paese. Infatti, al contrario dei fiumi mesopotamici, le cui piene erano
violente e distruttive, il Nilo aveva un regime assolutamente regolare che poteva essere
previsto e sfruttato a proprio vantaggio. Ogni anno, intorno alla fine di maggio, il fiume
cresceva e straripava oltre gli argini e depositava sulla terra uno strato fangoso di terra
nera, detta limo, che rendeva la terra fertile.
I contadini, dopo che il fiume si era ritirato, sfruttando il limo, appunto, potevano
facilmente procedere alla semina e alla coltivazione: favorite dalle condizioni
climatiche, le campagne producevano un raccolto abbondante e la terra non si esauriva,
poiché veniva ogni volta fertilizzata dalla successiva alluvione stagionale.
Infine, il corso del Nilo, noto per scorrere da sud a nord, ha determinato persino la
suddivisione geografica dell’Egitto stesso, il quale, fino all’unificazione avvenuta nel
2850 a.C. ad opera di Menes, primo faraone, risultava diviso in due regioni ben distinte:
a nord, il delta del Nilo, delimitava/ospitava il Basso Egitto, mentre, a sud, la valle del
Nilo ospitava l’Alto Egitto.
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caratteristiche queste ultime che favorirono l’insediarsi di una civiltà unica e originale
che assunse tratti comuni che si conservarono per più di tre millenni; tra essi,
ricordiamo la teocrazia, l’articolazione della società egizia, il tessuto economico, il
politeismo (eccezion fatta per una parentesi monoteistica di cui si parlerà in seguito), il
culto dei morti e l’attenzione nei confronti della produzione letteraria (e, quindi, della
scrittura).
La società egizia
La società egizia era organizzata in un sistema di classi: si potrebbe ben dire che
l’immagine della piramide, tipica dell’architettura egizia, ne rappresentava la struttura
stessa, benché non fosse impossibile passare da una classe all’altra.
Al vertice, stava il sovrano, il quale prese il nome di faraone che, in lingua egizia,
significa propriamente «colui che abitava nella grande casa»; il faraone non era
considerato soltanto il rappresentante del dio sulla terra, come accadeva per i re
mesopotamici, ma era egli stesso una figura divina; in particolare, per giustificarne il
potere assoluto, si sosteneva che lui fosse il figlio di Ra (il Sole) e quindi che fosse, a
sua volta, un dio.
Fin dalle origini, il cardine della politica egizia fu il principio della legittimità,
secondo cui, alla morte di un sovrano, il potere passava al figlio o al padrone più
prossimo, dal momento che al trono potevano ambire solo persone il cui sangue fosse
puro (motivo per cui, spesso, i re egizi sposavano donne della propria stessa famiglia e,
altrettanto spesso, le proprie sorelle).
(La divinizzazione della figura del faraone è testimoniata anche dai grandiosi
monumenti innalzati in suo onore, come le piramidi.)
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addetti alla celebrazione dei riti, poi i detentori del sapere tecnico-scientifico (in
particolare astronomia, medicine e matematica) e, al vertice, si trovava il primo profeta,
cioè il sommo sacerdote, secondo, per potere, solo al faraone.
Scendendo nella scala sociale, troviamo poi gli scribi, che conoscevano la scrittura,
fonte del loro potere, e costituivano l’efficiente burocrazia che assicurava il controllo
di ogni aspetto della vita del paese al governo centrale.
Costoro, quindi, non erano semplicemente i tecnici della scrittura, ma i detentori della
cultura e del sapere, in una società prevalentemente orale e illetterata. Lo scriba,
pertanto, costituiva il punto di contatto tra due mondi, quello dell’educazione e quello
dell’analfabetismo ed era quindi un interlocutore indispensabile per l’uomo medio.
Minore rilevanza avevano i militari: infatti, gli Egizi preferirono sempre porre l’accento
sulle proprie virtù civili piuttosto che su quelle belliche e prova ne sia che, anche nei
momenti di maggiore potenza, l’Egitto non fu mai totalmente militarizzato.
I soldati erano in prevalenza mercenari libici, comandati da ufficiali egizi; oppure erano
soldati-contadini che ricevevano, in cambio del servizio militare, un appezzamento di
terra da coltivare.
In condizione non molto peggiore vivevano, infine, gli schiavi, per lo più prigionieri di
guerra o stranieri venduti al mercato degli schiavi, anch’essi impiegati nelle grandi
opere pubbliche o nei latifondi reali.
La donna in Egitto
Quando si parla delle donne egizie, si fa riferimento in primo luogo alla posizione
privilegiata che spettava alla moglie del faraone, la quale, non di rado, ne era spesso la
sorella e ne faceva le veci in caso di morte, trovandosi a esercitare, quindi, il potere e il
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governo sul regno in prima persona (abbiamo notizie, inoltre, di dinastie unicamente
femminili).
Tuttavia, la presenza di donne al livello più alto del potere non implica che le donne di
condizione più umile e comune godessero di maggiori libertà o benefici di quelli goduti
in paesi in cui il potere sovrano era esclusivamente maschile. Infatti, le pitture tombali
mostrano inequivocabilmente che le donne meno privilegiate lavoravano a fianco degli
uomini, svolgendo le loro stesse mansioni; questo, però, non indicava necessariamente
una loro autonomia in campo sociale. Il lavoro, a quei tempi, infatti, non era segno di
emancipazione, ma era solo una necessità.
Rispettivamente:
l’agricoltura, che sfruttava le proprietà della già citata terra nera, si basava
prevalentemente su grano, orzo (da cui si ricavava la birra) e papiro, i cui fogli
vennero impiegati come supporto per la scrittura;
il commercio, garantito via fiume o attraverso la terraferma grazie all’impiego
di cammelli e cavalli, si fondava essenzialmente sulla compravendita di
manufatti e gioielli (rame/oro/pietre preziose);
un’enorme quantità di mezzi fu investita nella costruzione di grandi opere
pubbliche e, proprio per la realizzazione di tali opere, i faraoni fecero ricorso
anche a prestazioni obbligatorie di manodopera da parte dei sudditi. Il lavoro
coatto rese possibili opere di indubbia utilità pubblica, come la canalizzazione
delle acque o la costruzione di palazzi, templi e monumenti funebri del faraone.
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«Gli Egizi sono – osserva Erodoto – il più religioso di tutti i popoli». Effettivamente, la
vita religiosa che si sviluppò in Egitto appare estremamente ricca e articolata.
In origine, la religione egizia era fondata sul culto di divinità zoomorfe: questa
caratteristica deriva dall’antico culto dell’animale totem, tipico delle civiltà di
cacciatori.
Successivamente, le divinità zoomorfe assunsero tratti parzialmente umani, ossia
teriomorfici.
(Tendenzialmente, la raffigurazione tipica dei grandi dei egizi li mostra con corpo
umano e testa animale.)
Nel corso dei secoli, si svilupparono, quindi, varie forme di culto, ma caratteristica
dell’Egitto fu quella di una grande tolleranza religiosa: i nuovi culti non eliminavano i
precedenti, ma si affiancavano, talvolta fondevano, ad essi, formando una complessa e
viva mescolanza di rituali religiosi (tale fusione prese il nome di sincretismo il cui caso
più emblematico si può individuare nel culto del Sole, Ra, fuso con la divinità bellica,
Ammone, fino a diventare Ammon Ra).
L’Ennéade
Al vertice, si trovava Ra, dio creatore, autogeneratosi, identificato con il disco solare.
Ra aveva generato Shu, l’aria, e Tefnut, l’umidità, i quali, a loro volta, avevano
generato Geb, il dio della terra, e Nut, divinità celeste, genitori di Osiride, Iside, Seth e
Nephtis.
Secondo il mito, Osiride fu ucciso, per invidia, dal fratello Seth, il quale arriva,
addirittura, a smembrare il corpo del defunto e a gettarne i brandelli per tutto l’Egitto;
tuttavia, la sorella di entrambi, poi sposa di Osiride, ossia Iside, trasformatasi in falco,
riesce, sorvolando sul globo, a individuare tutti i pezzi di Osiride e a ricomporlo.
Ricompostolo, lo imbalsama e seppellisce, dandogli nuova vita con il battito delle sue
ali; Osiride, quindi, risorge e da Iside ha un figlio, Horus, che, vendicando il padre,
ucciderà Seth.
Osiride, unico ad aver fatto ritorno dal regno dei morti, divenne il dio dell’oltretomba e,
secondo la credenza, aveva il compito di giudicare i defunti che si presentavano al suo
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cospetto e di stabilire, dopo la pesatura del cuore, se essi avessero accesso al regno dei
beati o al regno del male.
Più di duemila anni di abitudine alla lettura e alla scrittura produssero in Egitto una
letteratura copiosa e vastissima per tematiche e stili.
La produzione religiosa, però, non fu che una delle tante in cui si manifestò la
letteratura egizia che si distinse anche per:
Tale letteratura, oggi, può essere fruita grazie alla decifrazione della scrittura egizia
avvenuta ad opera di Jean Francois Champollion; costui, professore all’università di
Grenoble, nel 1822 riuscì a decifrare la cosiddetta stele di Rosetta, intuendo che i segni
figurati della scrittura geroglifica (e demotica) incisi sul basalto non corrispondevano –
come si era sempre ritenuto – a parole intere, bensì a singole lettere. I disegni, dunque,
erano segni fonetici e i punti di partenza del percorso di decifrazione furono i nomi del
re Tolomeo e della regina Cleopatra.
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Esisteva, accanto al geroglifico e al demotico (scrittura popolare) un terzo tipo di
scrittura, impiegata dai sacerdoti e dai funzionari, detta ieratica (per il suo impiego
sacrale).
La storia dell’Antico Egitto appare straordinariamente stabile, se si tiene conto della sua
durata di oltre duemila anni e, convenzionalmente, essa viene così suddivisa:
Come evidente dalla non continuità cronologica dei Regni, essi furono inframmezzati da
periodi di transizione, definiti intermedi, di cui non è possibile stabilire periodizzazione
e caratteristiche lineari e precise.
Abbiamo già visto, nelle loro linee generali, le caratteristiche comuni della
periodizzazione della storia egizia; ora ne approfondiremo, invece, i caratteri peculiari.
Peculiarità individuali dei singoli Regni: l’Antico Regno, età delle piramidi
L’Antico Regno, unificatosi per mano di Menes, intorno al 2850 a.C., si contraddistinse
per le prima spedizioni militari in Libia e Numia e per l’edificazione delle prime
piramidi.
Il Nuovo Regno è noto soprattutto per la riforma monoteistica di Amenofi IV, il quale
ha cercato di imporre, vanamente, il culto esclusivamente di Aton (smantellato
immediatamente dal suo successore, il faraone bambino Tutankhamon).
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Intorno al 1100 a.C. gli Egizi devono affrontare l’invasione dei popoli del mare e questo
avvia a una lenta, ma irreversibile, decadenza.
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Mappa concettuale