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Come agiscono
L’effetto più caratteristico degli oppiodi è quello di ridurre la sensibilità e la risposta emotiva al dolore,
all’ansia, al disagio. Sono una sorta di potentissimi analgesici
Effetti collaterali
Gli effetti collaterali più frequenti degli oppioidi sono la nausea, il vomito e la stitichezza. In medicina si
usano anche come antidiarroici e come calmanti della tosse.
Gli oppiodi, specialmente nell’uso cronico, interferiscono solo relativamente sulle funzioni intellettuali e il
coordinamento neuromuscolare.
Una dose elevata provoca un sonno pesante, una overdose provoca la morte. L’assunzione quotidiana di
oppiodi porta alla tolleranza e alla dipendenza.
L’oppio e’ il succo lattiginoso, condensato all’aria, estratto per incisione dalle capsule non
mature del Papaver somniferum (papavero sonnifero). Il suo nome deriva dal termine greco
opos: succo. L’oppio grezzo e’ la sostanza base di tutti gli stupefacenti e contiene circa 20 tipi di
alcaloidi, composti organici azotati dotati di elevata azione farmacologica a livello del sistema
nervoso. Tra questi alcaloidi sono presenti alcune sostanze di diffuso uso clinico nella terapia del
dolore e della tosse, come la codeina, la papaverina, la narcotina. L’alcaloide principale
dell’oppio e’ invece la morfina. Per le sue elevate proprieta’ analgesiche, essa e’ stata anche
soprannominata la “medicina di Dio” e rappresenta tuttora il farmaco piu’ usato nella terapia
contro il dolore. La morfina e’ stata anche la prima droga iniettabile e costituisce la base da cui si
sintetizza uno degli stupefacenti piu’ tossici e pericolosi: l’eroina.
La pianta è originaria, presumibilmente, dell’Asia minore ma è coltivata anche nei Paesi della
penisola balcanica, in Persia, in India e in Cina. La maggiore produzione si concentra in Estremo
Oriente (o Sud-Est asiatico), in Medio Oriente (o Sud-Ovest asiatico) e, in minore entità, in
Messico.
In particolare, i Paesi produttori nel Sud-Est asiatico fanno capo a quello che viene definito il
“Triangolo d’oro” (Golden Triangle) che comprende le regioni montagnose del Laos, del
Myanmar (ex Birmania) e della Thailandia; i Paesi produttori del Sud-Ovest asiatico fanno capo
principalmente all’Iran, al Pakistan, all’Afghanistan, recentemente battezzati come la zona della
“Mezzaluna d’oro”.
Facendo sulle capsule ancora verdi, ma già ben sviluppate, incisioni orizzontali o un po’ oblique,
si fa uscire il latice, in forma di grosse gocce bianche, che all’aria si rapprendono e
imbruniscono. Dopo qualche ora queste gocce così rapprese vengono raccolte e riunite a formare
masse più o meno sferiche, i pani di oppio. I pani di oppio sono di color bruno nerastro, più o
meno duri. La polvere è di color grigio rossiccio.
L’oppio ha odore speciale (odore simile si ha nel latice di rosolaccio e anche di lattuga), sapore
amaro. Circa due settimane dopo la caduta dei petali: allora la capsula è coperta da una
efflorescenza cerosa, facilmente asportabile se si strofina con le dita. L’incisione deve essere
superficiale, in modo da tagliare i laticiferi, senza attraversare del tutto la parete della capsula.
500.000 fiori di papavero producono circa 10 kg di oppio, da cui si ricava 1 kg di eroina
L’oppio grezzo quando è fresco, si presenta in grumi resinosi (pani, bastoncini), generalmente
di colore bruno (da caffelatte a nero), dal sapore amaro e dal caratteristico ed intenso odore (acre,
piccante, leggermente ammoniacale) , che si intensifica quando il prodotto è disciolto in acqua.
La consistenza è variabile: alcuni oppi sono pastosi e possono assumere forme diverse, in
dipendenza del metodo di confezionamento e della zona di origine; essiccando, l’oppio diventa
fragile, duro ed alla frattura mostra superfici lucidissime di colore bruno-nerastro.
Nella sostanza sono presenti circa 40 alcaloidi non tutti però ad azione stupefacente. Alcuni
sono inclusi tra gli stupefacenti come la morfina, la codeina e latebaina. Altri, narcotina,
papaverina e narceina, non hanno azione stupefacente pur presentando importanti azioni
farmacologiche.
L’oppio (e i suoi derivati) rappresentano, infine, le prime droghe in senso tecnico-giuridico:
infatti, le prime convenzioni internazionali dell’Aja (1912) e le tre firmate a Ginevra (1925, 1931
e 1936), furono principalmente indirizzate al controllo di queste sostanze oppiacee, oltre che
della cocaina.