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Lezione 14- 17 aprile 23

VV.395-396: la sintesi con cui si racconta il ratto ha 3 verbi: visa est, dilecta, rapta. La constatazione ha
come soggetto amor, con verbi al passivo quasi simultaneamente viene vista, fu amata e fu rapita (Dite è
il complemento di agente, dio dell’Ade). Dilecta=amare, che ha una sfumatura che indica un pre possesso.
La simultaneità dell’azione (vedere, amare e rapire) viene spiegata con il soggetto amor che non è desiderio,
a tal punto fu accelerato l’amore: amor è un sentimento che procede per fasi, che ha come primo step la
visione dell’altro. Nello scenario, il rapire è un segno di volerla come sposa, anche se l’atto è brutale, ma è
l’anticamera di un’azione. In Dite è necessario il rapimento, vista la sua sede. Il regno di Ade è lo scenario.
Nel X libro che si apre con il protagonista di Orfeo narra la perdita della sposa nel giorno stesso delle nozze,
perché morsa da un serpente. Orfeo è descritto come incapace di sopportare, ma ha un qualcosa di
aggiuntivo: canto e musica, con un potere incantatorio che gli permette di entrare nell’Ade.
In Virgilio il narratore è creatura divina, un oracolo, problema che l’Orfeo di Ovidio non possiede: in
quest’ultimo l’io narrante parla di Orfeo, ma si dilunga sul soggiorno nell’Ade; Se Virgilio non inserisce
nessun dettaglio sul discorso di Orfeo, queste informazioni sono presenti in Ovidio, ma riporta solo che ha
uno stato d’animo di amans, di innamorato.
La musica è incantatrice, ma c’è anche un testo argomentativo con una supplica agli dei in cui chiede
qualcosa in una posizione da inferiore a superiore, si attiene alle forme di retorica e comunicazione che
stanno nella supplica dal basso. Non si limita a dire, ma fornisce anche delle spiegazioni riguardo la
supplica.
Met X, v.17-39: fa leva come argomento sul fatto che avrebbe voluto sopportare, ma non è riuscito, “vicit
Amor”, ha vinto l’amore, se non è usurpata la fama della rapina. La modalità del ratto non è accettata da
tutti, in primis dalla madre di Proserpina; ci sono delle presenze femminili, la prima che dice con coraggio
che non accetta le modalità.
Venere non muove tutto, non è un furtum Iovis, non è passeggero. Plutone deve completare l’assetto
genealogico dei tre regni col matrimonio. Ci si potrebbe chiedere se Poseidone in preda all’innamoramento
fa così, ma Poseidone non è mai rappresentato come coniuge. Ci deve essere una sposa, come Zeus ed Era,
cosi anche Plutone ha una moglie che non cambia. Calliope non confessa l’azione, ma il suo racconto
possiede delle contestazioni alla maniera di esprimere i sentimenti, non ai sentimenti, e lo fa attraverso dei
personaggi a cui fa dire delle cose.
Non c’è uno stupro immediato (stupro=nozze), ma questo è un atto di interruzione di una virginalità
ingenua.
V. 396: maesto va con ore, la dea terrina chiama con voce mesta sia la madre che le compagne, ma la
madre spesso, e i fiori raccolti caddero dalla tunica che scende giù e siccome aveva lacerato la veste
(laniarat=laniaverat) sulla sommità del bordo. (Rende più reale il raconto, la tunica caduta si srotola
facendo cadere i fiori) e c’era tanta ingenuità nella sua età di fanciulla: persino questa caduta mosse il
dolore virginale.
V. 402: il rapitore, chiamato così nonostante prima avesse detto che c’era amore. Descrive l’itinerario
geografico, deve citare i luoghi che allontanandosi dai luoghi in cui fu rapita, si sposta verso est/sud. Come
tappa finale obbligata, spostandosi in direzione della costa. Est=Enna; sud= zona di Corinto coi due mari,
ovvero Siracusa. Il rapitore conduce il carro ed esorta i cavalli col chiamare per nome ciascuno e
attraverso colli e criniere dei quali scuote le redini tinte di un colore di ruggine scura, si porta
(variatio, verbo alla fine) attraverso il profondo lago e gli stagni dei Palici (toponomastica, ma la
costruzione stagna palicorum è sullo stesso piano di lacus altus, anche se della prima in una costruzione
chiastica da più informazioni) olezzanti di zolfo e ardenti per la terra rotta (parte acquea in mezzo ad un
territorio che in questa fase è sulfureo e inaridita, provando spaccature. Per=moto per luogo) e viene portato
verso dove i Bacchiadi popoli di origine di Corinto dei due mari posero le mura tra due porti ineguali
(porto grande e porto marmoreo/piccolo)
V. 409: modalità retorica, topotesia= pone un locus col verbo essere. Fa appello alla toponomastica
C’è in mezzo a Cìane e ad Aretusa pisea (di Pisa, città dell’Elide, in Grecia continentale) un mare che sta
chiuso tra due corni angusti. Qui fu Ciane, la più celebre tra le ninfe Sicelidi, colei dalla quale lo
stagno è stato detto per nome . È uscito fuori nel mezzo del gorgo fino alla vita e riconosce la dea e
disse: “non andrete più lontano, non puoi essere genero di Cerere senza che lei lo sappia, lei era da
chiedere, non da rapire (linguaggio giuridico, rigido) se è lecito a me confrontare cose piccole con
grandi (formula concessiva) io pure sono stata amata e Anapi mi ha voluta, tuttavia essendo stata
pregata non come questa essendo stata terrorizzata”. Disse e tendendo in parti diverse le braccia si
mise di ostacolo. Il saturnio disse: non contenne ulteriormente l’ira ed esortati i tremendi cavalli nel
fondo del gorgo, lanciò lo scettro regale (contortum supino, col significato anche di lanciato, usato nel
senso di proiettile, freccia) lanciato/immerso col braccio valido/vigoroso (gesto di potere assoluto, lo da in
testa e appena la terra sente il colpo, si apre) la terra percossa fece una strada verso il Tartaro (ostilità nei
confronti della semi dea tutelare del luogo. Il gesto gli apre la via) e il carro inclinato accolse nel mezzo
del cratere.

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