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Chiasmo – v.v 6,7 genus Latinum, Albanique patres (Figura retorica consistente nella reciproca inversione del
costrutto in due membri contigui)
Allitterazione – v.v 7 Albanique, atque, altae (ripetizione spontanea o ricercata di lettere o sillabe, in una serie di
due o più vocaboli)
Traduzione:
Io canto le armi e l’uomo che per primo dalle coste di Troia
giunse in Italia, profugo per il fato, e giunse alle spiagge
di Lavinio, molto sballottato per terra e per mare dalla forza
degli dèi supremi, per l’ira implacabile della crudele Giunone;
e subì anche molte cose in guerra, finché non fondò la città
e portò gli dèi nel Lazio, da dove derivò la stirpe latina,
i padri albani e le mura dell’alta Roma.
Musa, ricordami le cause, per quale offesa divina,
o dolendosi per che motivo la regina degli dèi condannò l’uomo
insigne per la pietà a passare tante disgrazie e ad affrontare
tante fatiche. Così grandi sono le ire nelle anime dei celesti?
L’autodifesa di Enea
Enea dopo il discorso di Didone, furibonda per la dipartita di Enea, che non era stata
dichiarata dallo stesso, si difende dalle accuse della regina innamorata.
L’utilizzo dei verbi impersonali imposta il discorso su un tono più serio e razionale, da un
personaggio caratterizzato da un grande controllo.
Enea è costretto ad adeguarsi al volere del fato (e dei parenti) e a proseguire col suo viaggio,
si dispiace di non poter rimanere con Didone, emerge la sua grande pietas; sente il figlio che
vuole governare un regno, la voce del padre che lo rimprovera in sogno e gli è apparso
addirittura Apollo mandato da Giove che lo sprona a continuare il viaggio, egli mette da
parte i suoi sentimenti per Didone.
Figure retoriche:
Metonimia – v.v 332 Lumina (il nome della causa per quello dell'effetto, del contenente per il contenuto, ecc.)
Anafora – v.v 336 dum (Figura retorica che consiste nella ripetizione, in principio di verso o di proposizione, della parola o
espressione)
Enjambements – v.v 342,349 (consiste nella rottura della coesione unitaria metrico-sintattica di un verso il cui senso)
Sineddoche – v.v 349 Austonia (si usa figuratamente una parola di significato più ampio o meno ampio di quella propria)
Allitterazione – v.v 355 fraudo fatalibus (ripetizione spontanea o ricercata di lettere o sillabe, in una serie di due o più
vocaboli)
Parallelismo – v.v 351,354 Me patris Anchisae, me puer Ascanius (si sviluppa un'idea attraverso la
successione simmetrica, in genere in coppia)
Polisindeto – v.v 360 meque, teque (Figura sintattica consistente nel collegare varie proposizioni di un periodo con
numerose ripetute congiunzioni)
Eurialo e Niso
I due giovani, si propongono di portare un messaggio ad Enea (che era andato a cercare
alleati a Evandro) per dichiarare le gravi condizioni dell’accampamento troiano, assediato da
Turno; i due durante la missione però, si fermano a fare strage dei Rutuli mentre dormono,
Volcente, di ritorno da una missione, cattura Eurialo, il più giovane, Niso allora torna
indietro e cerca di salvarlo, purtroppo i due vengono uccisi entrambi da Volcente.
Il modello è l’episodio di una sortita notturna di Odisseo e Diomede, invece dal carme 11 di
Catullo, Virgilio riprende la similitudine del fiore reciso.
Il testo si conclude con una celebrazione di Roma il cui fine ultimo giustifica le morti dei due
Figure retoriche:
Enjambements – v.v 418,427 (consiste nella rottura della coesione unitaria metrico-sintattica di un verso il cui senso)
Metonimia – v.v 427 ferrum (il nome della causa per quello dell'effetto, del contenente per il contenuto, ecc.)
Allitterazione – v.v 431 dicta dabat (ripetizione spontanea o ricercata di lettere o sillabe, in una serie di due o più
vocaboli)
Parallelismo – v.v 438,439 solum, volcentem petit, in solo Volcente moratur (si sviluppa un'idea
attraverso la successione simmetrica, in genere in coppia)
Traduzione:
Mentre quelli si affannano, l’arma passa da parte a parte le tempie di Tago,
sibilando, e, tiepida, dopo aver trafitto il cervello, vi rimane conficcata.
Infuria atroce Volcente e non riesce a vedere in nessun luogo l’autore 420
del lancio, né dove possa scagliarsi, rabbioso.
“Ma intanto sarai tu a pagare col tuo caldo sangue la pena
di entrambi”, disse: e subito, sguainata la spada,
si getta su Eurialo. Allora Niso, terrorizzato, fuori di sé
scoppia in un grido, e non poté più nascondersi nelle tenebre 425
o sopportare un così grande dolore.
“Io, io! Sono io che l’ho fatto, puntate contro di me la spada,
o Rutuli! (è) tutta opera mia; costui non osò e non poté
nulla, mi siano testimoni il cielo e le stelle;
egli ha solo amato troppo un amico sfortunato”. 430
Tali parole diceva; ma una spada, vibrata con violenza,
trafisse il costato e sfondò il candido petto.
Eurialo cade riverso nella morte e il sangue scorre
per le belle membra e il capo si adagia, inerte, sulle spalle:
come un fiore purpureo quando, reciso dall’aratro, 435
langue, morendo, o come i papaveri chinano il capo
sul collo stanco, quando la pioggia li opprime.
Niso allora si butta nel mezzo e solo, fra tutti,
cerca Volcente, contro il solo Volcente si ostina;
i nemici, addensatisi intorno a lui, lo stringono 440
da vicino. Nondimeno egli continua ad incalzare e rotea la spada
fulminea, finché non la immerge nella bocca
del Rutulo urlante e, morendo, toglie la vita al nemico.
Allora, trafitto, si gettò sull’amico
esanime e lì riposò infine in una placida morte. 445
Fortunati entrambi! Se i miei versi possono qualcosa,
nessun giorno vi sottrarrà mai al ricordo del tempo,
finché la gente (LETT. la casa) di Enea abiterà sull’immobile rupe
del Campidoglio e il Padre romano (Senatore Romano) possiederà l’impero.