Baldi
Letteratura Italiana
Università di Torino
12 pag.
Nel sonetto la cosa curiosa e che si finge che la statua che raffigura Niobe atterrita e desolata alla vista dei
figli uccisi sia la stessa Niobe. E quindi vi è la ripresa del tema arte e natura che si confondono cioè l’arte
non è più soltanto imitatrice di natura ma arriva quasi a riprodurla e in questo caso Niobe è si statua ma
anche Niobe medesima che è stata resa pietra.
accolsero in seno le ossa del grande Augusto (sono il sepolcro di Ottaviano Augusto),
onore di Marte, vincitore dei popoli, (Augusto è anche vincitore delle genti e orgoglio di Marte).
spogliò di marmi il nord (freddo), l’Africa (lido adusto ovvero bruciato),( l’occidente e l’oriente quindi per
rendere più ricco e più nobile il sepolcro di Augusto non ci si accontenta dei marmi bianchi mediterranei ma
si cercano marmi esotici in tutte le parte dell’impero),
costruisca per se o per altri un colosso o un obelisco inciso di geroglifici presi in Persia che è bagnata
dall’Eufrate o in Egitto bagnato dal Nilo se alla fine anche questi cadono?
Lo sfarzo diventa polvere ma non solo diventa anche motivo di scherno e la gloria umana viene nascosta
dalle sue stesse rovine?
È come se il Tevere, fiume di Roma, tiene le redini/ comanda l’Eufrate ovvero il fiume che scorre in
Persia, il Nilo quindi l’Egitto, il Po quindi le zone celtiche del nord Italia, il Don (la Tana) che è un
fiume russo, il Reno che scorre in Germania, il Danubio (l’Istro), la Senna e l’Ebro (tenebroso Ibero)
che da appunto nome alla penisola iberica.
Adesso devo vergognarmi di me stesso e diventare oggetto di irrisione (trastullo e scherno) sia ai
popoli africani che a quelli europei?
Così disse il Tevere e col muggito di un fiume in piena urtò il nobile ponte che portò su di se/che
permise di attraversare il Tevere alla processione trionfante (pompa) dei romani (trionfanti). (Lo urta
perché non vuole che passi su di lui un popolo vittorioso contro Roma).
Gli archi si spezzarono cedendo al gran furore e il tempo conserva di loro solo quella piccola
traccia che oggi il romano mostra agli altri gemendo, addolorato perché rappresenta il ricordo
della sconfitta.
Il mio collo reale non vuole sopportare di essere incatenato dato che prima aveva portato collane
formate dai più preziose pietre, per cui (onde) ringrazio il veleno che viene prodotto dal serpente
(angue) che si aggira intorno alle mia membra fredde e ringrazio anche la parca Atropo che mi ha
donato la morte. (3 signore anziane che venivano dette parche e che filavano i destini: una filava,
l’altra tirava il filo che rappresentava la vita dell’individuo e infine l’ultima Atropo tagliava il filo
donando così la morte)
Non può tutto chi vince: io non fui ornamento del suo superbo Trionfo (del trionfale ritorno a Roma
di Ottaviano) anche se lui fece costruire un marmo bianco ovvero una statua che mi raffigura.
Fui regina d’Egitto e anche il destino contrario non mi tolse la libertà, cioè fui libera di decidere il
mio destino, e quando scesi all’inferno con il mio spirito sciolto dal corpo, anche come ombra ero
libera.
L’arte ingegnosa scioglie cosi bene la durezza del marmo che se il tempo crudele si arma contro
di lui, (la scultura un po’ si è rovinata col passare del tempo) però di fronte alla bellezza di questa
statua anche il tempo non osa offenderla e si ritrae.
Un orribile serpente (angue) circonda con stretti nodi e numerosi giri i figli (l’uno e l’altro) e anche
Laocoonte (il genitor dolente).
Il volto è sfigurato, dolorante ma non sente il proprio mal. Sembra che aspiri solo alla liberazione
dei suoi figli che sono allo stremo delle forze e che stanno morendo stritolati dal serpente.
Adriano (Elio) muove le montagne per procurarsi i marmi perché decide di costruire la sua tomba
(mole) proprio dove i pellegrini sono costretti a fermasi e anche un ponte per unire il lato destro e
quello sinistro che sono divisi dal Tevere (gran fiume roman) che porta le sue acque.
(Questo ponte una volta costruito diventa molto utilizzato) per passare su di lui si vede gareggiare,
per chi vi pone l’attenzione, quelli che vanno da una parte e quelli che vanno dall’altra ed è difficile
decidere chi dei due vince perché nessuna delle due correnti di passanti cede all’altra.
Allo stesso modo il nocchiero presso lo stretto di Messina (Cariddi), vede questi correnti opposte
che si scontrano e creano un turbine voluminoso e volubile che viene paragonato al passaggio dei
pedoni sul ponte sant’Angelo.
Inutilmente hai opposto metalli e marmi (materiali preziosi per erigere la tomba) al tempo che
cancella i nomi e velocemente butta giù tutto, e non c’è nessuno che possa vincere con lui.
Tutte le storie ti descrivono animato da idee diverse, qual è il fine che ti ha mosso a cercare di fare
un edificio il più monumentale possibile per custodire il tuo corpo, se non fu quello che stima il
desiderio di immortalità? ”
Perché, se Encelado (il capo dei giganti che si ribellarono a Giove) e gli altri giganti si sono uniti
per fare ciò, come ha potuto una mano empia avere avuto una cura così pietosa?
Ma se invece sono stati gli uomini nella mia mente si aggira un dubbio ancora maggiore (che
uomini potevano costruire un’opera del genere?).
Per far finire questo mio affannarsi per capire cosa sia successo, chi mi aiuta a scoprire la nuda
verità?”
“No, non sono stati i giganti che hanno alzato il prestigioso edificio che vedi, ti basti sapere che fu
un romano (architetto Agrippa nel 27 a.C).
fermati (non pensare di invadere Roma o l’Europa)! La colonna è qui, che Roma innalzò a colui
che pose un forte collare/dominio al Tigre (il fiume) vinto, a chi, dopo aver domato il collo (ha fatto
piegare il capo), fece una strage tale da tingere l’Eufrate del sangue dell’esercito. Guarda bene le
storie che sono qui raffigurate, quei segni grazie ai quali vedi scolpiti tutto intorno questi alti e
gloriosi marmi, la Fama ha inciso quei segni con uno scalpello immortale.
I trofei di insegne e di armi rubati dal nemico che abbelliscono il giro della base, consacrati dalla
gloria che favorì a una cosi grande opera.
Ma se è un’opera d’arte, l’ardire umano non conserva ancora nella propria mente il caso dei
giganti, così pronti a combattere Giove (la costruzione delle terme di Diocleziano in parallelo con il
mito dei giganti che mettono i monti sopra i monti)?
La superbia di Diocleziano, che ingiusto ed empio, volle opprimere la chiesa ai suoi inizi,
ingombrò questo famoso colle (il colle del Viminale).
Ma pur s’alzò, né la represse lo scempio e ora, a vergogna di Diocleziano, innalza proprio là (dove
Diocleziano l’ha offesa) alla Madonna un candido tempio (la chiesa di Santa Maria degli Angeli).
lo sanno bene i re estinti (finisce la monarchia) e Tarquinio il Superbo, il cui solo nome offende le
persone oneste:
perché il grano accumulato che i romani non diedero fuoco, ma buttarono nel Tevere arresta il
corso e per volontà divina diventa la testimonianza di un’antica infamia.
La mole dell’isola sostiene i templi di Giove e di Fauno e di colui che restituiva i figli ai loro padri
addolorati (si parla di Esculapio, il dio della medicina);
scolpiti nel marmo (delle pareti dell’isola Tiberina) porgono ancora segni del vero i serpenti
tranquilli (simbolo della medicina) che furono simbolo di Esculapio.
ALLA VITTORIA
Vergine divina, hai agitato le tue ali che sono auspicio di vittoria, le hai scosse sugli elmi appassati dei
greci con ginocchio dato allo scudo e con l’asta prostesa verso il nemico?
Oppure hai volato davanti alle aquile tomane, davanti alle schiere delle legioni romane, col loro
meraviglioso splendore delle loro armi, mentre respingevano l’assalto alla cavalleria dei Parti?
Adesso che non voli più (ali raccolte), alzi il ginocchio e appoggi il piede sopra l’elmo del vinto e quale
nome stai scrivendo sullo scudo di capitano vittorioso?
E’ il nome di un arconte (vittoria civile) che rese gloriose le sante leggi degli uomini liberi sopra i
tiranni? O è un console romano che allargò i confini e il terrore in nome dell’Impero Romano?
Vorrei vederti sulle Alpi, splendida fra le tempeste di montagna, per i secoli futuri emettere questo
bando: “o popoli, l’Italia è giunta fino qua (confine con Alpi) rivendicando per sé il proprio nome e il
diritto di governare fino lì”.
ROMA
Roma, lancio l’anima altera (nobile) volante nella tua aria, tu accoglila, o Roma, e avvolgi l’anima
mia di luce.
Non sono venuto a te curioso delle piccole cose (non vengo per occuparmi di politica). Chi cerca le
farfalle (politica contemporanea) sotto l’arco di Tito? [il presente è da disprezzare]
Che importa a me se l’irto spettral (Agostino De Pretis, irto spettral perché molto magro) vinattier
(produttore di vino) di Stradella mescola in Parlamento battute spiritose celtiche hai raggiri?
O se l’operoso tessitore di Biella, rappresentato come un ragno che tesse la ragnatela nella quale
s’impiglia lui stesso? [Si riferisce a Quintino Sella, colui che riuscì a realizzare il pareggio di
bilancio, ovvero pagare il debito pubblico]
Circondami o Roma, d’azzurro, illuminami di sole, o Roma: il sole irraggia divino nel tuo cielo
azzurro.
E illumina in minaccioso Vaticano, il bel Quirinale, il vecchio Capitolino immerso tra le rovine;
E tu, Roma, dai sette colli protendi le braccia all’amore che splende diffuso per l’aria serena.
Oh, grande letto nunziale, in queste solitudini della Campagna! E tu, Soratte grigio (monte più alto
vicino Roma), che dall’alto guardi Roma!
Monti albani (a sud di Roma), cantate sorridenti l’epitalamo (canto di nozze tra Roma e Amor);
Tuscolo verde (collina di Frascati), canta; canta, Tivoli ricca di acque;
mentre io dal Gianicolo (monte che sta sopra al vaticano, non fa parte dei 7 colli di Roma perché era
fuori dalle mura) ammiro l’immagine della città, nave immensa lanciata verso l’impero del mondo.
[immagine della nave è oraziana: rappresenta Roma con una forma allungata].
O nave, che tocchi con la poppa la profonda immensità dei cieli, trasposta la mia anima alle spiagge
misteriose.
Alla sera i cespugli risplendenti di un roseo candore sulla via Flamigna,
l’ora della morte mi sfiora la fronte silenziosamente e, lo passi ignoti nella serena pace, passi alle
riunioni delle anime dei grandi del passato [come nei campi Edisi, ovvero i paradisi dei grandi
antichi], riveda agli spiriti grandi dei padri (che hanno fondato Roma), nel Tevere i grandi si trovano
a conversare.
[Ovvero vuole affidare la sua anima a Roma]