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Il proemio

(Eneide 1,1-11)

Il personaggio di Enea emerge dai primi versi del poema gi identificato negli
elementi essenziali: egli un esule alla ricerca di una nuova patria, sospinto
dal fato, ma, nello stesso tempo, vittima innocente dellira divina.
Arma virumque cano, Troiae qui primus ab oris
Italiam fato profugus Laviniaque venit
litora, multum ille et terris iactatus et alto
vi superum, saevae memorem Iunonis ob iram,
multa quoque et bello passus, dum conderet urbem
inferretque deos Latio; genus unde Latinum
Albanique patres atque altae moenia Romae.
Musa, mihi causas memora, quo numine laeso
quidve dolens regina deum tot volvere casus
insignem pietate virum, tot adire labores
impulerit. Tantaene animis caelestibus irae?

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vv. 1 - 3 Arma litora: Ordina: Cano arma et virum, qui, profugus fato,
primus ab oris Troiae venit Italiam et litora Lavinia. Arma virumque: in estrema
sintesi gli argomenti del poema, un eroe, il vir, e una guerra (arma metonimia
per battaglie); nota che il verbo cano alla prima persona (vedi analisi).
Lanastrofe Troiae qui mette in particolare risalto il nome di una citt che
deposito mitico ed evoca il mondo omerico, esplicitamente richiamato da
Virgilio al fine di stabilire una connessione con la storia di Roma. Primus
concordato con qui ed in funzione predicativa (per primo). Italiam e litora
Lavinia, in dipendenza da venit, sono complementi di moto a luogo senza
preposizione, secondo un uso arcaico ed omerico; il sintagma litora Lavinia (i
lidi di Lavinio) si riferisce alla citt di Lavinio, primo insediamento di Enea nel
Lazio, chiamato cos in onore della sposa italica (lespressione, quindi
prolettica in quanto anticipa i fatti). Fato profugus (esule per volere del fato):
viene introdotto uno dei temi portanti dellEneide, ossia il disegno del fato,
guida inflessibile di Enea.
vv. 3-4 multum....iram: Ille pleonastico e puoi evitare di tradurlo. Multum
accusativo neutro dellaggettivo, usato in funzione avverbiale (a lungo). Alto
sottintende mare e ne indica la profondit; lespressione et terris et alto di
uso poetico per la pi comune terra marique. Iactatus, riferito ad ille,
participio congiunto da iacto, intensivo di iacio, gettare, ed indica la
condizione di oggetto in balia del destino, in cui Enea spesso si trova nel
corso della narrazione. Vi superum: se vero che vis, in questo contesto, pu
essere quasi un sinonimo di numen, volont, potenza (come in VII 432,
caelestum vis, la potenza degli dei), non va dimenticato che il termine in s
implica il concetto di violenza e rimanda, pertanto, alla sofferta religiosit di
Virgilio; superum sta per superorum ed forma arcaica ed epica del genitivo
plurale. Ob iram memorem: il sintagma individua la causa delle peregrinazioni
di Enea: lira di Giunone uneco dellira del pelide Achille di omerica memoria.

Trad.: dopo esser stato a lungo sballottato per terra e per mare dal volere
degli dei, a causa dellira tenace della crudele Giunone.
v. 5 multa....passus: Passus, riferito ad ille, participio congiunto da patior,
sopportare, subire; qui usato transitivamente e ha per oggetto il neutro
plurale multa; et ha il valore di etiam e richiama il precedente quoque:
lemistichio sottolinea la nuova fatica che Enea stato chiamato a compiere
nel Lazio, una volta terminata la fase, gi dolorosa, delle peregrinazioni. Trad.:
dopo aver molto subito anche in guerra.
vv. 5-6 dum....Latio: Dum introduce una temporale e regge gli imperfetti
congiuntivi conderet (v.5) e inferret (v. 6); il congiuntivo sottolinea il fine delle
travagliate vicende di Enea (gli dei misero alla prova leroe finch questi non
arriv a fondare Lavinio). Latio dativo retto da inferret. Trad.: finch fond
una citt e introdusse gli dei [troiani] nel Lazio.
v. 6-7 ubi....Romae: Unde introduce una relativa, il cui verbo sottinteso
(ortum est, per esempio); lespressione da dove derivarono pu essere
riferita, in generale, allimpresa di Enea o, pi specificatamente, ad Enea
stesso. Albani patres: il sintagma implica una sfumatura emotiva (si tratta degli
antenati di Romolo) ed un accenno alla storia (patres sono i senatori). Altae:
laggettivo in enallage e va riferito propriamente alle mura della citt (alta
moenia Romae, le alte mura di Roma) e, daltro canto, moenia sineddoche
per Roma. Trad.: da dove [derivarono] la stirpe dei latini e i padri albani e le
mura dellalta Roma.
vv. 8 11 Musa....impulerit. Solo dopo sette versi troviamo la tradizionale
invocazione alla Musa. Mihi memora riecheggia lnnepe moi (narrami)
dellincipit dellOdissea; il verbo memoro, dire, ricordare (nota lallusione al
fatto che le Muse erano ritenute figlie di Mnemosyne, la memoria) regge due
interrogative indirette, il cui verbo impulerit (al v. 11): la prima introdotta da
quo, aggettivo interrogativo inserito in un ablativo assoluto (numine laeso); la
seconda, con una variatio, introdotta da quid, pronome interrogativo, oggetto
del participio congiunto dolens. Deum forma arcaica ed epica del genitivo
plurale, analoga al superum del v. 4. Impulerit congiuntivo perfetto di impello,
indurre, costringere, e regge i due infiniti volvere e adire; la costruzione di
impello con linfinito non attestata prima di Virgilio. Pietate ablativo di
qualit, in dipendenza da insignem; il termine pietas ed il suo aggettivo pius
sono di complessa interpretazione, per la quale si rimanda alla relativa scheda
lessicale. Trad.: O Musa, ricordami le cause, per quale offesa fatta alla sua
potenza o dolendosi di che cosa la regina degli dei ha costretto un uomo,
insigne per la sua devozione ed il suo rispetto, ad affrontare tante vicende, ad
andare incontro a tante difficolt.
v. 11 Tantaene....irae?. Ordina: Tantaene irae [sunt] animis caelestibus?.
Linterrogativa diretta introdotta dal ne enclitico. Tantae irae soggetto del
dativo di possesso animis caelestibus ed un plurale che ha senso concreto
(manifestazioni dira), come spesso accade in Virgilio. Trad.: Gli dei nutrono nel
loro animo una collera cos feroce?

La struttura del proemio dellEneide si articola chiaramente in due momenti:


- enunciazione del tema (protasi), vv. 1-7;
- invocazione alla Musa, vv. 8-11.
Esso un limpido esempio di come Virgilio proceda nella rielaborazione della
materia epica, mantenendosi nel solco del passato e, nello stesso tempo,
innovando: secondo la tradizione, infatti, lautore d inizio al poema con
lenunciazione dellargomento e linvocazione alla Musa; tuttavia, egli dilata la
proposizione del tema al punto da comprendere, in un unico periodo (vv. 1-7),
la fabula dellintero racconto (le peregrinazioni di Enea, la persecuzione di
Giunone, il piano del fato, la guerra e la fondazione della stirpe romana) e, in
modo originale, ritarda al v. 8 linvocazione alla Musa (al v. 1 sia nellIliade, sia
nellOdissea). Leffetto duplice: emergono in primo piano le vicende delleroe
(arma virumque, v. 1) e la voce del poeta: luso del verbo cano, alla prima
persona, pone laccento sulla funzione narrativa del poeta, similmente a quanto
aveva fatto Apollonio Rodio nelle Argonautiche (Iniziando da te, Febo,
ricorder le gesta degli uomini antichi, v. 1 s.) e diversamente da Omero, che
si era rappresentato come strumento della Musa. Il legame con i poemi omerici
implicito nella scelta della materia dellEneide, che affonda le radici nellepos
della guerra di Troia e nei nostoi (ossia, i canti relativi al ritorno in patria dei
vari eroi greci).
La materia della narrazione proposta secondo la duplice tradizione omerica.
Da una parte la rappresentazione delleroe; ma allinsistenza sulla sofferenza di
Enea (come Ulisse profugus, iactatus, multa passus) si affiancano due motivi
originali: la caratterizzazione del protagonista come pius (insignem pietate
virum) e il tema della predestinazione (fato profugus) e della finalit del
travagliato viaggio (dum conderet urbem/ inferretque deos Latio).
Dallaltra il motivo, di matrice iliadica, dellira: lira di Giunone infatti uneco
dellira di Achille; si tratta di un altro degli elementi tematici che, fin dal
proemio, collegano lEneide alla tradizione del genere epico. Nello specifico, il
testo allude alloffesa, sempre viva in Giunone, provocata dal giudizio del
troiano Paride, che aveva preferito la bellezza di Venere alla sua. Ma
lattribuzione dellira ad una divinit comporta una riflessione del tutto assente
in Omero: linvocazione alla Musa si conclude infatti con una domanda
(Tantaene animis caelestibus irae?), cui Virgilio significativamente non d
risposta; difatti, dal v. 12 il proemio prosegue con il racconto dellantefatto
delle vicende narrate nellEneide.
Dunque, il proemio si conclude con unamara considerazione sugli dei, che
proietta in una prospettiva pi generale quellira che, al v. 4, era riferita solo
alla crudele (saeva) Giunone, in rapporto al solo Enea.
In quanto costituisce lincipit del poema, il passo particolarmente curato sotto
il profilo della strutturazione retorica.
In primo luogo, a livello di dispositio, i versi sono densi di iperbati ed anastrofi
(Troiae qui primus ab oris, et terris iactatus et alto, saevae memorem Iunonis
ab iram).
Notevole, al v.7, la solennit dellemistichio atque altae moenia Romae, denso
sia a livello retorico per la presenza dellipallage dellaggettivo e della

sineddoche (moenia), sia sul piano fonico per lallitterazione della a (ricorda
che classicamente il dittongo veniva letto pronunciando entrambe le vocali).
Al v.8, la posizione incipitaria del vocativo Musa stilisticamente piuttosto
forte: la solennit del momento dellinvocazione, dilazionata, come abbiamo
visto, per 7 versi, sottolineata, a livello fonico, da una insistita allitterazione
della m (Musa, mihi causas memora).
Nota poi come lenjambement fra i vv. 10 e 11 isoli ed enfatizzi il verbo
impulerit, che risulta, oltretutto, separato dal resto del v. 11 dal punto fermo:
liniziativa dellazione lasciata alla regina deum, che spinge violentemente
leroe, nonostante la sua pietas (il nesso insignem pietate virum fortemente
concessivo), ad affrontare tanto dolore.
I proemi omerici
Scegliendo di comporre un poema epico, Virgilio si inserisce in una tradizione
antica ed illustre, le cui tappe fondamentali erano state, fino a quel momento,
lIliade, lOdissea e le Argonautiche di Apollonio Rodio (per il mondo greco), il
Bellum Poenicum di Nevio e gli Annales di Ennio (per il mondo latino).
Il rapporto con il modello omerico particolarmente significativo. Uno dei
passaggi pi interessanti di tale filiazione costituito dallavvio dei poemi,
che riportiamo di seguito:
Iliade, 1, 1 9
O dea, canta l'ira rovinosa del Pelide Achille,
che provoc infiniti dolori agli Achei,
fece precipitare nell'Ade molte vite forti
di eroi, ne fece la preda dei cani
e di tutti gli uccelli (si compiva il volere di Zeus),
dal primo momento in cui una lite divise
l'Atride signore di eroi e il divino Achille.
Ma quale dio li fece lottare in contesa?
Il figlio di Zeus e Latona.
Odissea, 1, 1 10
Raccontami, o Musa, luomo dallingegno multiforme, che err
a lungo, dopo aver distrutto la sacra rocca di Troia.
Egli vide le citt di molti uomini e ne conobbe la mente,
sopport molti dolori per mare, nel suo cuore ,
lottando per la vita e per il ritorno dei suoi compagni.
Ma non li salv, pur volendolo intensamente:
infatti, essi si persero per la loro follia,
sciocchi, che mangiarono i buoi del Sole
Iperione; e quello distrusse loro il giorno del ritorno.
O dea, figlia di Zeus, racconta anche a noi qualcosa di queste avventure.
Gi a livello del proemio (che, del resto, elemento strutturale determinante),
lallusione di Virgilio ai poemi omerici risulta evidente e si sviluppa in senso
chiastico: infatti, se nel ciclo omerico lIliade precede lOdissea, nellEneide la
parte delle peregrinazioni viene prima di quella incentrata sulle guerre; inoltre,
mentre lOdissea finalizzata al ritorno, nellEneide leroe si allontana dalla sua
patria (nostos rovesciato), per fondare una nuova citt, concetto del tutto
assente in Omero. Tale allusivit riscontrabile fin dal primo verso dellEneide,

quando lautore, dichiarando loggetto del suo canto, dice arma virmuque cano,
ossia canto le armi (richiamo allIliade) e luomo (richiamo allOdissea).
Lincipit pu, inoltre, offrire anche un ulteriore elemento di analisi significativo:
infatti, il verbo cano (io canto), a differenza del modello omerico (O dea,
canta. Raccontami, o Musa), trasferisce lintera responsabilit della
narrazione poetica su Virgilio, che, del resto, invocher laiuto della Musa solo
al v. 8.
Da quanto detto finora, dunque, risulta chiaro che lEneide si presenta come
integrazione e superamento (quasi capovolgimento) dei poemi omerici, cio dei
testi che costituiscono la radice del genere epico. LEneide si struttura come
summa di Iliade ed Odissea, che vengono ricompresi in ordine rovesciato e
compendiati secondo il canone della brevitas alessandrina (di contro ai
ventiquattro libri di ciascun testo di Omero, il poema virgiliano ne conta dodici,
ulteriormente suddivisibili in due esadi).
Loperazione di Virgilio va nellordine dellaemulatio, ossia di un rapporto col
modello fatto di fedelt ed originalit, mantenimento di alcuni elementi ed
innovazione; allinterno di tale gioco letterario, la novit pi carica di significato
espressa dallexplicit del v. 5, quando il poeta indica lo scopo delle
peregrinazioni di Enea, ossia la fondazione di Roma (dum conderet urbem): in
questo breve cenno che il mito si fa storia, lasciando intuire al lettore una
potenziale diversit dai testi precedenti, che lEneide svilupper ampiamente in
seguito.

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