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II. Ahimè! tanto credevo di sapere dell’amore, e tanto poco ne so, perché non posso
trattenermi dall’amare colei da cui non avrò mai ricompensa. Mi ha privato del mio
cuore, di me, di se stessa e di tutto il mondo; e quando mi ha privato di sé non mi
ha lasciato che desiderio e cuore bramoso.
III. Non ho più avuto potere su me stesso né sono stato più mio dal momento in cui mi
ha lasciato guardare nei suoi occhi, in uno specchio che mi piace molto. Specchio, da
quando mi sono guardato in te mi hanno ucciso i sospiri dal fondo dell’animo, e mi
sono perduto così come fece il bel Narciso nella fonte.
IV. Nelle donne non ho più speranza e di loro non mi fiderò mai più; e così come ero
solito difenderle, allo stesso modo ora le abbandonerò. Perché vedo che nessuna mi
aiuta contro quella che mi distrugge e mi confonde, di tutte dubito e diffido, perché
so bene che sono tutte uguali.
Bertrand de Ventadorn
Quando vedo l’allodoletta muovere
IV. In questo si rivela veramente femmina la mia dama, e io glielo rimprovero, perché
non vuole ciò che si deve volere e fa ciò che le si vieta. Sono caduto in disgrazia e
ho fatto proprio come il pazzo sul ponte; e non so perché mi capita questo, se non
che ho mirato troppo in alto.
VI. Pietà è veramente perduta, e io non l’ho mai saputo, se colei che più dovrebbe
averne non ne ha affatto; e dove la cercherò? Ah! com’è triste, per chi la vede, che
lei lasci morire e non soccorra questo infelice pieno di desiderio, che non avrà mai
bene senza di lei.
VII. Poiché con la mia signora non mi sono di aiuto né preghiera, né pietà, né il diritto
che io ho, e a lei non piace che io l’ami, non glielo dirò mai più. Così mi allontano da
lei e rinuncio; lei mi ha ucciso e io le rispondo come morto, e me ne vado, perché
non mi trattiene, infelice, in esilio, non so dove.
VIII. Tristano, nulla avrete da me, perché me ne vado, infelice, non so dove. Io rinuncio a
cantare e smetto, e abbandono la gioia e l’amore."
In Italia...
Capostipite della letteratura religiosa del centro Italia si può considerare lo stesso S. Francesco
d'Assisi (1181-1226): col suo Cantico delle creature egli affermò infatti la legittimità di una poesia
devota in volgare, comprensibile anche agli indotti, e non più solo in latino. Il Cantico rappresenta
dunque un'iniziativa di notevole rilievo culturale: d'altronde, nonostante il disprezzo della sapienza
mondana che viene attribuito a S. Francesco sino dalle prime biografie, la sua "povertà" anche nel
campo intellettuale è evidentemente una leggenda. Era esperto invece di lingua latina, nella quale
redasse alcune epistole e la «regola», nonché probabilmente di lingua d'oc e d'oil. Il Cantico fu
composto forse nel 1224 e destinato alla recita comune e al canto, ma la musica non ci è pervenuta.
Dal movimento francescano nacque il genere letterario più tipico di questa produzione devota in
volgare: la lauda o laude.
Si tratta di un adattamento della ballata o canzone a ballo profana, di cui venne utilizzata in senso
liturgico la bipartizione in stanze (destinate al solista) e riprese (di spettanza del coro).
San Francesco d’Assisi
San Francesco: Laudes Creaturarum o Cantico
di Frate Sole (primo testo artistico della
letteratura italiana in volgare).
Dicotomia: Aspetto sereno del creato; rapporto
umano con Dio, valorizzare gli aspetti terreni
e celesti. Questa idea si scontra con le
concezioni apocalittiche del mondo
medievale.
Francesco = XI canto del paradiso
Sintassi: semplice (paratassi), struttura lineare
come quella biblica
Salmo 148 – Invito alla lode cosmica
Alleluia. i governanti e i giudici della terra,
Un florilegio è una raccolta di testi tratti da diversi autori, che possono essere di epoche diverse.