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Commento “La prima apparizione di Beatrice”

L’episodio riguardante la prima apparizione di Beatrice nella vita di Dante, ci viene raccontata dal
poeta stesso nell’opera “Vita Nova”, una raccolta delle sue liriche giovanili che può essere
considerata la sua opera di esordio.
Da un punto di vista stilistico, Dante presenta già dall’inizio dell’opera un’influenza abbastanza
evidente da parte della corrente stilnovista, che ritroviamo soprattutto nel modo in cui Dante
descrive la fanciulla: la nomina infatti “angiola giovanissima”, la donna era difatti vista come un
angelo dispensatore di salvezza.
Ma nonostante la presenza di alcuni luoghi comuni con lo stilnovo, questo episodio presenta uno
stile molto articolato, ricco di parallelismi e simbolismi. È lampante la costante ripetizione del
numero tre, che ha un profondo significato religioso, e dei suoi multipli, a partire dall’età in cui
Dante incontra Beatrice, a nove anni, numero che allegoricamente parlando, simboleggia il
miracolo, infatti si incontrano per la prima volta. Un secondo simbolismo è il nome stesso della
fanciulla incontrata da Dante: Beatrice significa infatti “colei che dà la beatitudine”, l’autore si rifà
quindi alla concezione medioevale che i nomi sono conseguenza delle cose. Altro significato
simbolico presente nell’opera è il colore delle vesti della fanciulla, che sono di un colore rosso,
umile e onesto, citando Dante; è noto infatti che il colore rosso rappresenti l’amore, non solo
terreste, ma anche verso il Dio. Oltre alle varie allegorie, costanti nelle opere dantesche, troviamo
anche le figure dei tre spiriti che, nonostante la loro solennità, resa chiara dalla loro abilità di
parare latino, chinano il capo alla vista della donna.
Commento di “Donne ch’avete intelletto d’amore”

La canzone è composta da cinque strofe, composte ciascuna da quattordici versi; segue uno
schema metrico ABBC, ABBC, CDD, CEE. La figura retorica più utilizzata è la personificazione, per la
maggior parte delle volte utilizzata per riferirsi ad Amore, ma anche per Pietà.
Dante, nella canzone, intende rivolgersi a donne che conoscono l’amore per sfogarsi, come
intuiamo dai primi quattro versi, riguardo la donna che ama. Dante, come ci spiega dal verso nono
al quattordicesimo, decide volontariamente di rinunciare a uno stile articolato, usando espressioni
limitanti nella descrizione della donna, che non esprimono quindi appieno il vero valore della
donna. Nella strofa successiva Dante rappresenta un angelo che, assieme ai beati, chiede a Dio
l’assunzione di Beatrice in Paradiso, poiché l’unico difetto di questo era non avere lei. Ma la Pietà,
prese le parti degli uomini, e Dio parla, acconsentendo alla donna di rimanere sulla Terra poiché
c’è qualcuno che ha paura di perderla, riferendosi a Dante.
Nei versi successivi l’autore descrive le virtù di Beatrice: appena appare al cospetto dei villani,
quindi coloro che non sono nobili, distrugge i pensieri negativi; chiunque la guardasse,
diventerebbe “nobil cosa” o muore; quando trova qualcuno degno di contemplarla, la donna gli
dona salvezza, secondo i canoni dello stilnovo, conducendolo addirittura a dimenticare qualsiasi
offesa ricevuta e, infine, concede la salvezza eterna a chiunque le abbia parlato. Nella strofa
seguente passa a una descrizione fisica, senza dare troppi dettagli, di Beatrice; l’unica
informazione che ci conferisce è infatti l’incarnato della fanciulla, che descrive come molto pallido,
simbolo di nobiltà, utilizzando la metafora “Color di perle ha quasi”. Ci descrive anche gli occhi, da
cui fuoriescono “spiriti d’amore inflammati”, che dal suo volto colpiscono il cuore di chi la guarda;
Amore stesso è riflesso nelle pupille, ciò rende impossibile guardarla negli occhi. Potremo definire
la quinta e ultima strofa come “strofa di congedo”, in questa infatti Dante parla egli stesso con la
canzone, dicendole di giungere da donne e uomini di cuore nobile, evitando i villani, con i quali
troverà Beatrice affiancata da Amore, gli chiede quindi di raccomandarlo a questi.
Commento “Tanto gentile e tanto onesta pare”

Dante in questo sonetto esprime una lode nei confronti di Beatrice, non accennando nel
particolare ad alcun tratto fisico della fanciulla, al contrario di quanto ha fatto nella canzone
“Donne ch’Avete Intelletto d’Amore”, riuscendo ad incentrarsi ancora di più sulle virtù morali.
L’opera è appunto un sonetto, è quindi formata da quattordici versi in totale, divisi in due quartine
e due terzine; le due quartine seguono uno schema metrico ABBA; ABBA, usufruendo quindi della
rima incrociata, segue invece uno schema a rima invertita, CDE; EDC, nelle due terzine.
Partendo dal titolo stesso, che prende il nome dal primo verso dell’opera, Dante descrive Beatrice,
riferendosi a lei come “tanto gentile e tanto onesta”: con l’aggettivo gentile, a cui potremo dare
l’accezione di nobiltà dell’animo, si riferisce alle sue caratteristiche morali; mentre attraverso
l’aggettivo “onesta”, si riferisce al suo comportamento dignitoso. Nella prima strofa Dante si
focalizza sul saluto della donna, questo scaturisce una reazione che si ripercuote sull’ambiente
circostante, zittendo tutti per la trepidazione così che nessuno osi guardarla; è inoltre presente
un’anastrofe che comprende i primi due versi, quindi “Tanto gentile e tanto onesta pare/la donna
mia quand’ella altrui saluta”.
Nella seconda strofa usa una metafora per indicare l’umiltà della donna, altra virtù morale; Dante
fa uso anche di una similitudine, “par che sia una cosa venuta/da cielo in terra a miracol
mostrare”, tramite la quale esprime ancora una volta la concezione della donna-angelo tipica della
corrente dello stilnovo.
Nelle due terzine invece si concentra sulla bellezza che emana: il poeta dice infatti che si mostra
con tanta bellezza da donare dolcezza nel cuore a chi la ammira; nell’ultima terzina dice che il suo
viso sembra emanare uno spirito dolce che dice all’anima di sospirare.

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