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19 SETTEMBRE 2019

PINACOTECA DI BRERA
Sala XXIII

JACUQES IBERT - TRIO POUR VIOLON, VIOLONCELLE ET HARPE (1944)

AESSANDRO BONO - DUO PER VIOLINO E ARPA (2019)

MAURICE ESTÈVE - INTÉRIEUR À LA BAIE (1947)


GEORGE BRAQUE - LE GUÉRIDON VERT DEVANT LA FENÊTRE (1942)

Il Trio per Violino, Violoncello e Arpa fu scritto tra il 1943 e il 1944, come dono alla figlia Jacqueline
- talentuosa arpista allora ventenne. La composizione lascia trasparire un gusto per l’eclettismo
stilistico. Il primo movimento è influenzato dalla scrittura cameristica bachiana (le melodie ed i
gesti strumentali ricordano preludi e danze di Suites e Partite), resa “liquida” dalle tessiture e dagli
intrecci che richiamano sonorità flou debussiane, o talvolta “geometrica” ed incisiva, dai ritmi
dispari che ricordano alcuni passaggi dello Stravinskij barocco di Dumbarton Oaks.

L’uso di una struttura formale tripartita, su cui si basano contemporaneamente ciascun


movimento e l’intera composizione (come un gioco di scatole cinesi), insieme alla creazione di
particolari nuances timbriche, stabilisce un punto di contatto tra gli elementi astratti della musica
e le proprietà del suono stesso. Ibert parte da strutture armoniche e formali tradizionali per
ragionare su effetti timbrici espressivi e coloristici moderni, figli delle nuove correnti musicali
francesi del XX secolo.

Attraverso questa indagine su forma e rappresentazione è possibile tracciare un parallelo con le


opere pittoriche di Estêve (Intérieur à La Baie) e Braque (Le Guéridon Vert Devant La Fenêtre).

I due pittori pongono le basi di una riflessione sulla percezione del volume e dello spazio,
attraverso l’uso geometrico “astrattizzante” del colore puro: il dualismo concreto-astratto nasce
dall’esperienza e successiva messa in discussione delle correnti del post-impressionismo
(Cézanne), del cubismo (Picasso) e fauve (Matisse).

L’autore ci lascia immedesimare nel contesto intimo famigliare di questo trio. Il risalto lasciato
all’arpa come strumento solista, il carattere ora allegro, ora affettuoso del primo movimento,
quello appassionato del secondo, ed il finale di nuovo scherzoso in forma di moto perpetuo,
fanno di questa composizione una “cartolina”, un oggetto affettivo ritraente il tempo ed i luoghi
vissuti dal padre compositore e la figlia dedicataria, ovvero Roma e Parigi durante gli anni della
seconda guerra mondiale. Un aneddoto racconta che questo “dono” simpatico ed affettuoso
fosse stato commissionato dalla giovane Ibert al padre in cambio di scorte di sigarette, di difficile
reperimento in tempi di guerra. Il compositore era infatti stato da poco costretto ad abbandonare
la sua cattedra presso Villa Medici a Roma, a causa dell’entrata in guerra dell’Italia fascista contro
la Francia.

Beatriz Cortesão - Arpa

Miklos Papp - Violino


Alessandro Bono - Violoncello

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