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L'ultimo Euripide
L'ultimo Euripide
Le Baccanti, rispetto a tutte le altre opere precedenti, sembrano proporre un ritorno a forme più
tradizionali di tragedia. Ad esempio, il coro partecipa all’azione interagendo con gli stessi personaggi;
le scene sono concatenate tra loro; l’argomento riporta ai primordi del genere tragico, ossia
all’ambiente dionisiaco da cui scaturì il teatro.
Il dramma in questione costituisce una riflessione sul culto dionisiaco in tutta la sua insondabile
ambiguità e sui riti estetici che vi si celebravano. Sembra strano che un drammaturgo profondamente
laico, come Euripide, abbia concluso la sua carriera affrontando un soggetto religioso. Si nota come
le virtù all’inizio dell’opera vengono attribuite al dio. – FORTE INVETTIVA ANTIRELIGIOSA.
Ultime tragedie di Euripide
Dioniso è il primo personaggio ad apparire sulla scena ed è anche colui che recita il prologo
spiegandoci il motivo della sua visita a Tebe: lui deve infatti punire la città che non lo riconosce come
figlio di Zeus e gli toglie dunque la sua natura divina. Solo per questo il Dio vuole punire Tebe, infatti
solitamente Dioniso è un dio che punisce solo chi nega la sua divinità. In ogni caso Euripide non
voleva che la sua rappresentazione di Dioniso fosse quella tipica, infatti cerca di mostrarci il
personaggio non come il mero Dio orgiastico, benché questo sia difficile poiché nella tradizione era
ormai ben fissa l'idea di Dioniso come dio legato al vino e al piacere. Dioniso è il padrone che bisogna
servire, le sue ragione sono l'unica ragione dell'agire del gruppo, è colui che conduce il corteo e gli
indica la meta muovendolo con la follia ed è il dio che si rallegra per i balli e le feste in suo onore.
Il razionale Penteo si arrende davanti alla razionalità della religione. Si presenta come un individuo
autoritario, ostinato e violento. Penteo esprime la crisi della ragione; una mente che pretende di
razionalizzare tutto e non lascia spazio al dubbio (una mente che fallisce il suo compito).
Nelle Baccanti Euripide si dilunga nel descriverne gli effetti della cosiddetta follia, costruendo
nell'opera due tipi diversi: da una parte il delirio pazzo e sanguinario delle Baccanti quando compiono
le azioni violente, dall'altra il comportamento più misurato e tranquillo durante i momenti di riposo
ed i riti di adorazione di Dioniso (in particolare nei canti corali). Il primo tipo di follia è rivolto a chi
non riconosce il culto di Dioniso e viene perciò punito con la violenza; il secondo è invece quello
tipico di chi, accettati i culti dionisiaci, ne riceve i benefici.