Sei sulla pagina 1di 1

Il tema della morte nell’Iliade è affrontato sin dal proemio ed è come un filo conduttore che collega tutti gli

episodi del poema omerico e quindi anche tutti i personaggi.

Già dalle prime righe infatti possiamo capire l’importanza di questo tema: nel verso numero quattro “ne
fece il bottino dei cani”, si intende dire che durante la guerra molti guerrieri sono morti senza poi avere un
funerale e i riti funebri, che erano davvero sacri per i Greci, dunque lasciavano i cadaveri nel campo di
battaglia, lasciandoli divorare dagli animali.

All’epoca credevano che i defunti non riuscissero ad arrivare nell’Ade se non fossero stati sepolti come era
di consuetudine; dunque le loro anime continuavano a camminare nel luogo della morte.

Una situazione simile è quella dello scoppio della peste: il sacerdote di Apollo, Crise, pregò il suo Dio di
vendicarsi contro Agamennone ed egli lo accontentò lanciando la peste sul campo Acheo con le sue frecce
mortali.

I suoi dardi erano una vera e propria leggenda: si credeva che qualunque uomo morisse all’improvviso,
fosse stato ucciso dai dardi di Apollo; quando invece era una donna a morire, allora, era successo per mano
della Dea Artemide, la sorella di Apollo.

Tra le donne uccise da lei, si può sicuramente citare la madre di Andromaca: era stata resa prigioniera da
Achille e una volta liberata, morì improvvisamente a casa.

Non è l’unica tra i familiari di Andromaca ad essere deceduta, anzi, per mano di Achille, sono morti tutti i
suoi fratelli e anche suo padre, poi anche suo marito Ettore decise, in modo molto onorevole, di non tradire
la sua amata patria troiana e di affrontare la sua fine, contro Achille.

Anche quest’ultimo aveva un destino tragico: quando era piccolo venne immerso nelle acque del fiume
Stigie dalla madre Teti, una ninfa marina, divenendo invulnerabile in tutto il corpo, però la madre lo
immerse dal tallone, perciò è l’unica parte vulnerabile, poiché non ha toccato l’acqua.

Questo rappresenta la sua magnificenza, ma anche il suo punto debole, poiché proprio con una freccia nel
tallone morì, per mano del fratello di Ettore, cioè Paride.

Molte volte nel poema omerico addirittura viene associato alla morte un valore prolettico, ovvero che sul
punto della propria fine si preveda il modo in cui morirà il proprio assassino; ciò è descritto sia nell’episodio
della morte di Patroclo, sia in quella di Ettore.

Dopo tutti questi esempi, che collegano gli episodi dell’Iliade tra loro, si può concludere dicendo che, come
narrato nell’incontro tra Glauco e Diomede, le stirpi di uomini sono come le stirpi di foglie: le foglie sono
staccate dall’albero dal vento, invece gli uomini muoiono in battaglia.

Questo per capire la precarietà della vita degli esseri umani.

Potrebbero piacerti anche