Sei sulla pagina 1di 3

Prodotto interno lordo

In economia, prodotto interno lordo (abbreviato PIL) è una


grandezza macroeconomica che misura il valore aggregato, a prezzi di mercato, di tutti
i beni e i servizi finali (cioè esclusi i prodotti intermedi) prodotti sul territorio di un Paese in
un dato periodo temporale (normalmente si usa come riferimento l’anno solare, ma sono
usati anche altri archi temporali).[1][2] Si è guadagnato una posizione di preminenza circa la
sua capacità di esprimere o simboleggiare il benessere di una collettività nazionale
relativamente al suo livello di sviluppo o progresso.
Il termine interno indica che tale variabile comprende le attività economiche svolte
all’interno del Paese, escludendo dunque i beni e servizi prodotti dalle imprese,
dai lavoratori e da altri operatori nazionali all’estero (sono escluse anche le prestazioni a
titolo gratuito o l’autoconsumo)[3], mentre sono inclusi i prodotti realizzati da operatori esteri
all’interno del Paese. Il termine lordo indica invece che il valore della produzione è al lordo
degli ammortamenti, ovvero del naturale deprezzamento dello stock di capitale fisico
intervenuto nel periodo; questo deprezzamento comporta che, per non ridurre tale
dotazione a disposizione del sistema, parte del prodotto deve essere destinata al suo
reintegro. Sottraendo dal PIL gli ammortamenti, si ottiene il PIN (prodotto interno netto).

Storia
Il concetto di PIL similare all'attuale fu espresso in modo completo dall'economista Adam
Smith nella sua più celebre opera La Ricchezza delle Nazioni. Egli infatti ritiene che il capitale
possa essere di due specie: circolante e fisso.
Il capitale circolante si caratterizza dal fatto che genera un profitto per chi lo possiede solo nel
momento in cui il proprietario stesso lo cede e quindi se ne separa.
Il capitale fisso, invece, genera profitto semplicemente dal suo possesso.
Smith fa degli esempi per chiarire le sue posizioni. Ponendo caso vi sia un contadino che possiede
del bestiame da lavoro. Il valore o prezzo del bestiame da lavoro costituisce un capitale fisso,
infatti finché si possiede il bestiame si può trarne profitto, il prezzo del mantenimento invece è
capitale circolante, il foraggio ad esempio che viene utilizzata per cibare il bestiame è utile solo nel
momento in cui il proprietario decide di privarsene per darla ai suoi animali. Da notare che se
invece il bestiame fosse posseduto da un mercante che lo vende, esso sarebbe da considerarsi
come merce, e quindi come capitale circolante, solo separandosene il proprietario avrà un profitto.
Un esempio ancora più attuale sempre di Smith può essere quello di una macchina agricola; il
prezzo di esse è infatti capitale fisso, mentre il prezzo del mantenimento capitale circolante.
Smith ritiene quindi che il reddito lordo di una nazione sia costituito dall'insieme di tutto quello
prodotto dal lavoro e dalla terra. Il reddito netto si trova invece sottraendo al reddito lordo le spese
per il mantenimento del capitale fisso e circolante. Considerando quindi in poche parole reddito
netto unicamente la parte di reddito destinata all'immediato consumo (ovvero ad oggi i consumi).
Chiarisce però Smith che dalla sottrazione delle spese per il mantenimento del capitale fisso e
circolante bisognerà escludere la parte per il mantenimento di tutto il capitale circolante che non è
moneta. Infatti Smith osserva che la parte di capitale circolante che non va a finire nel capitale
fisso, accrescendolo, mantenendolo o migliorandolo (seguendo l'esempio del bestiame, il
mantenimento del bestiame è inizialmente sia per chi lo vende al contadino, sia per il contadino
stesso, capitale circolante, nel momento in cui nutre il capitale fisso, ovvero il bestiame, entra a far
parte di esso, mantenendolo), bensì finisce nella quota di immediato consumo (le vesti vendute da
un mercante sono capitale circolante per il mercante, ma prima o poi verranno acquistate da
qualcuno che utilizzerà il vestito semplicemente per indossarlo) e per questo costituisce reddito
netto.
Definizione
Il PIL (prodotto interno lordo) può essere considerato come:

 la produzione,[6][7] totale di beni e servizi dell'economia, diminuita dei consumi intermedi ed


aumentata delle imposte nette sui prodotti (aggiunte in quanto componenti del prezzo finale pagato
dagli acquirenti); tale ammontare è pari alla somma dei valori aggiunti a prezzi base delle varie
branche di attività economica,[8][9] aumentata delle imposte sui prodotti (IVA, imposte di
fabbricazione, imposte sulle importazioni) e al netto dei contributi ai prodotti (contributi agli
olivicultori, alle aziende comunali di trasporto, ecc.); il PIL è, infatti, il saldo del conto della
produzione;
 il valore totale della spesa fatta dalle famiglie per i consumi e dalle imprese per gli investimenti; vale
infatti l'identità keynesiana Y=C+G+I+(X-M) , dove Y è il PIL,C  sono i consumi finali, G è parte
della spesa dello Stato ovvero quella per i consumi finali, gli stipendi del personale e gli investimenti
pubblici, I  gli investimenti privati, mentre il termine (X-M) indica la bilancia commerciale ovvero il
saldo tra esportazioni (X) e importazioni (M); l'identità vale in quanto la quota del prodotto destinata
alla vendita, ma non effettivamente venduta si traduce in un aumento delle scorte, che sono una
componente degli investimenti;
 la somma dei redditi dei lavoratori e dei profitti delle imprese; nell'attività produttiva si sopportano,
infatti, costi per l'acquisto di beni e servizi da consumare o trasformare (i consumi intermedi) e costi
per la remunerazione dei fattori produttivi lavoro e capitale; la produzione al netto dei consumi
intermedi coincide quindi con la somma delle retribuzioni dei fattori.
Il PIL è detto interno in quanto comprende il valore dei beni e servizi prodotti all'interno di un paese
(indipendentemente dalla nazionalità di chi li produce). Più precisamente (vedi anche il Sistema
europeo dei conti nazionali e regionali), si considera la produzione di beni e servizi:

 effettuata da operatori residenti, ovvero da operatori che hanno sul territorio dello Stato il centro dei
loro interessi, o che compiono operazioni economiche e finanziarie sul territorio dello Stato per un
periodo di tempo di almeno un anno;
 nel territorio economico dello Stato, che coincide con il territorio politico-amministrativo a meno
delle seguenti eccezioni:
o vengono compresi:
 le sedi all'estero di ambasciate, consolati e basi militari;
 le navi, gli aerei e le piattaforme galleggianti appartenenti a residenti;
 i giacimenti situati in acque internazionali e sfruttati da residenti;
o vengono escluse le zone franche extra-territoriali concesse come sedi di ambasciate, consolati
e corpi militari di altri paesi;
o viene convenzionalmente compreso il personale di organismi internazionali, quali la FAO, che
gode dell'extraterritorialità.
Nel Sistema europeo dei conti nazionali e regionali si passa dal Conto della produzione al Conto della
generazione dei redditi primari e al Conto dell'attribuzione dei redditi primari. Il saldo del primo è il
risultato lordo di gestione (PIL meno redditi da lavoro dipendente dei residenti e meno imposte nette sui
prodotti e sulla produzione), nel secondo si aggiungono al risultato lordo di gestione, tra l'altro:

 i redditi da lavoro dipendente, questa volta aggiungendo i redditi di lavoratori dello Stato all'estero e
sottraendo i redditi percepiti nello Stato da lavoratori stranieri;
 i redditi da capitale netti dall'estero: i redditi da capitale (interessi, dividendi, fitti di terreni, ecc.)
spettanti a residenti, al netto di quelli spettanti a non residenti.
Si ottiene così il reddito nazionale lordo.
Il PIL è detto lordo perché è al lordo degli ammortamenti (per ammortamento si intende il procedimento
con il quale si distribuiscono su più esercizi i costi di beni a utilità pluriennale, che possono essere di
diversa natura).
È una misura basilare usata in macroeconomia.
A partire dal PIL è definibile il reddito pro-capite, pari al rapporto tra il PIL e la popolazione nazionale.
Metodi di calcolo del PIL
Il PIL può essere misurato sia dal lato degli acquirenti (domanda) sia da quello dei produttori (offerta);
[3]
 inoltre, esso può essere calcolato facendo riferimento ai redditi che esso remunera distribuendo il
ricavato della vendita. La misurazione del PIL dal lato della domanda esplicita le diverse componenti
della spesa. Nel conto delle risorse e degli impieghi il PIL si ottiene sommando i consumi, gli
investimenti fissi lordi e le esportazioni nette, ovvero le esportazioni meno le importazioni, tecnicamente
chiamato saldo commerciale (NX). Le importazioni ovviamente sarebbero ininfluenti nel conteggio del
PIL, ma la necessità di sottrarle (diminuendo così le esportazioni totali) scaturisce dal fatto che
all'interno dei consumi vi rientrano anche le importazioni, che appunto non possono far parte del PIL.
Gli investimenti sono al lordo degli ammortamenti, ovvero includono la quota necessaria per conservare
invariato lo stock di capitale a fine periodo; gli investimenti "netti" sono pari alla variazione dello stock di
capitale dell’economia.
La misurazione del PIL dal lato dell’offerta consiste nel sommare l’apporto al PIL del Paese fornito da
tutte le imprese. Il PIL è infatti pari alla somma del valore aggiunto delle diverse unità produttive e stima
gli scambi ai prezzi di mercato, comprensivi quindi delle imposte sulla produzione e dell’IVA.
Infine, il PIL può essere calcolato come somma dei redditi da lavoro dipendente e del risultato lordo di
gestione dell’economia, oltre alle imposte sulla produzione e all’IVA e al netto dei contributi alla
produzione. Della misura del PIL devono far parte anche quelle parti di prodotto generate dall’economia
sommersa. Tale quantità deve essere stimata e aggiunta a quella prodotta nel mercato regolare.
PIL nominale e PIL reale
Come ogni misurazione economica, il PIL può essere misurato in termini reali o termini nominali.
Misurare il PIL in termini nominali vuol dire misurarlo nel suo valore espresso in moneta attuale,
esprimerlo in termini reali vuol dire depurarlo delle variazioni dei prezzi dei beni prodotti. Dividendo il
PIL nominale per il PIL reale si ottiene un indice chiamato "deflatore del PIL". Il PIL reale, al contrario di
quello nominale, può essere confrontato fra anni diversi.[10][11] Da notare che il deflatore del PIL misura
la variazione dei prezzi di tutti i beni prodotti (siano essi beni di consumo o di investimento, siano essi
consumati da residenti o esportati) ed è quindi diverso dal tasso di inflazione, che misura la variazione
dei prezzi dei soli beni di consumo presenti sul mercato interno, compresi quelli importati.

Potrebbero piacerti anche