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Prodotto interno lordo (pil)

Può essere calcolato in base a 3 metodi:


1) METODO DEL PRODOTTO: Somma di tutti i beni e servizi
finali in un dato tempo. Ma non sono presenti i beni
intermedi
2) SOMMA DEL VALORE AGGIUNTO, il valore aggiunto è il
valore della produzione- valori intermedi.
I primi due metodi sono relativi alla produzione.
3) SOMMA DEI REDDITI: reddito= salari- profitti. I redditi
possono essere da lavoro (salari) o redditi da capitale/
profitto.
Questo metodo è relativo al reddito.

Pil nominale €yt


È la somma dei prodotti tra prezzo e quantità in un dato
periodo di tempo. Esso può aumentare se:
- Aumenta la produzione;
- Aumentano i prezzi;
questo PIL è valutato a prezzi correnti.

Pil reale yt
È la somma dei prodotti tra quantità e PREZZI COSTANTI. Se esso
aumenta significa che aumenta la produzione, quindi il PIL reale
non è correlato all’aumento del prezzo. Viene scelto un ANNO
BASE e le quantità vengono moltiplicate per i prezzi di quell’anno.
Rappresenta la media ponderata di tutti i beni finali.
Variazione del pil
𝒀𝒕 − 𝒀𝒕−𝟏
𝒀𝒕−𝟏
Rappresenta il tasso di crescita del PIL.
Se il risultato è positivo si ha un’espansione;
se il risultato è negativo si ha una recessione;

tasso di inflazione
il tasso di inflazione è il tasso a cui il livello dei prezzi aumenta nel
tempo.
La deflazione è la riduzione del livello dei prezzi.
Per misurare il livello dei prezzi si utilizzano:
- Deflatore del PIL;
- Indice dei prezzi al consumo (IPC)
Questi due metodi hanno andamenti molto simili nel
tempo

DEFLATORE DEL PIL:


€𝒀𝒕
𝑷𝒕 =
𝒀𝒕
È cioè il rapporto tra PIL nominale e PIL reale. Esso
considera il costo dei panieri dei beni prodotti.
Da qui si può calcolare il TASSO DI VARIAZIONE DEL
DEFLATORE DEL PIL:
𝑷𝒕 − 𝑷𝒕−𝟏
𝑷𝒕−𝟏
Esso misura il tasso di crescita del livello dei prezzi nel
tempo.
Da questa relazione si può dire che €𝒀𝒕 = 𝒀𝒕𝑷𝒕
Oppure si può dire che il PIL nominale è uguale al tasso di
inflazione + tasso di crescita del PIL reale.
INDICE DEI PREZZI AL CONSUMO: rappresenta il
costo in valuta di un paniere di beni consumato da
famiglie. Per calcolarlo bisogna:
- Determinare un paniere di beni acquistati dal consumatore
tipo;
- Rilevare il prezzo al quale ogni bene viene venduto in un
anno;
- Calcolare il costo del paniere;
- Individuare l’anno base;
𝒄𝒐𝒔𝒕𝒐 𝒅𝒆𝒍 𝒑𝒂𝒏𝒊𝒆𝒓𝒆 𝒅𝒊 𝒄𝒊𝒂𝒔𝒄𝒖𝒏 𝒂𝒏𝒏𝒐
𝑰𝑷𝑪 =
𝒄𝒐𝒔𝒕𝒐 𝒅𝒆𝒍 𝒑𝒂𝒏𝒊𝒆𝒓𝒆 𝒅𝒆𝒍𝒍′ 𝒂𝒏𝒏𝒐 𝒃𝒂𝒔𝒆
𝑰𝑷𝑪𝒕− 𝑰𝑷𝑪𝒕−𝟏
Il tasso di inflazione invece si calcola:
𝑰𝑷𝑪𝒕−𝟏
lavoro
È composto da:
- OCCUPATI (N): coloro che hanno un LAVORO;
- DISOCCUPATI (U): coloro che NON HANNO LAVORO ma
sono IN CERCA DI OCCUPAZIONE;
- FORZA LAVORO (L): somma tra occupati e disoccupati
𝑳=𝑵+𝑼
- FUORI DALLA FORZA LAVORO: coloro che NON HANNO
LAVORO e NON SONO IN CERCA DI OCCUPAZIONE.
- LAVORATORI SCORAGGIATI: coloro che, vedendo
l’andamento della disoccupazione, SMETTONO DI
CERCARE LAVORO;
- TASSO DI DISOCCUPAZIONE: rapporto tra i disoccupati e
𝑼
la forza lavoro 𝒖 =
𝑳
- TASSO DI PARTECIPAZIONE: rapporto tra la forza lavoro
𝑳
e il totale della popolazione
𝑻𝑶𝑻
Livello di produzione
Esso viene diviso in:
- BREVE PERIODO secondo il quale la sua variazione è
determinata dalla variazione della DOMANDA DEI BENI
nell’arco di qualche anno. Questa varia in base al
cambiamento del grado di fiducia dei singoli consumatori o
da altre fonti, causando un aumento (espansione) o
riduzione (recesso) della produzione;
- MEDIO PERIODO in cui la produzione dipende
dall’OFFERTA (ciò che l’azienda può produrre) nell’arco di
un decennio. Dipende dal livello della tecnologia, stock di
capitale, dimensione della forza lavoro.
- LUNGO PERIODO dove la produzione dipende dal sistema
educativo, tasso di risparmio e qualità di governo nell’arco
di qualche decennio o più.
Mercato dei beni
Il PIL è formato da:
1) CONSUMO © cioè beni e servizi acquistati dai
consumatori;
2) INVESTIMENTO (I) cioè la somma dell’investimento
residenziale (beni acquistati dagli individui) e non
residenziale (beni acquistati dall’impresa);
3) SPESA PUBBLICA (G) cioè beni e servizi acquistati dallo
stato e dagli enti pubblici. Essa non include né i
trasferimenti e né gli interessi del debito pubblico;
4) IMPORTAZIONI (IM) cioè acquisti di beni e servizi
provenienti dall’ESTERO;
5) ESPORTAZIONI (X) cioè acquisti di beni e servizi
NAZIONALI dal resto del mondo. Le esportazioni
possono essere ESPORTAZIONI NETTE con la seguente
formula: 𝑵𝑿 = 𝑿 − 𝑰𝑴. Se:
- X>IM allora si ha un avanzo commerciale;
- X<IM allora si ha un disavanzo commerciale.
per calcolare investimenti in scorte basta fare
PRODUZIONE – VENDITE, anche se la variazione spesso è
molo piccola, infatti si considera PRODUZIONE=VENDITE.
Se PRODUZIONE> VENDITE allora le SCORTE
AUMENTANO (si produce più di quanto si vende)
Se PRODUZIONE< VENDITE allora le SCORTE
DIMINUISCONO (si vende più di quanto si produce)
DOMANDA DI BENI (BREVE PERIODO)
Z= C+I+G+X-IM
In questo mercato si considera:
- Un solo bene;
- Per ogni quantità è presente un dato prezzo;
- L’economia è chiusa, e quindi non sono presenti scambi.
Proprio per questo possiamo considerare le esportazioni
nette pari a zero. NX=X-IM=0. Quindi:
𝒁=𝑪+𝑰+𝑮
Inoltre possiamo considerare il consumo come funzione
positiva del reddito disponibile. E quindi:
𝑪 = 𝑪(𝒀𝑫 )
Il reddito disponibile è dato dalla sottrazione tra il reddito
reale e le imposte, quindi:
𝒀𝑫 = 𝒀 − 𝑻

CONSUMO ©
Il consumo dipende dal reddito disponibile (Y-T). la
relazione tra consumo e reddito disponibile è lineare (una
retta). Quando si disegna la retta del consumo, si deve
sempre disegnare la retta a 45°(bisettrice)
𝑪 = 𝑪𝟎 + 𝑪𝟏 𝒀𝑫

45°
C0 rappresenta il CONSUMO AUTONOMO, cioè il consumo
quando il reddito è pari a 0. Generalmente è positivo e dipende
anche dalle aspettative dei consumatori (che possono essere
ottimisti o pessimisti riguardo l’economia)
C1 rappresenta l’inclinazione, e rappresenta la propensione
marginale al consumo, cioè come aumenta il consumo se il reddito
aumenta di 1. 0<C1<1, questo perché:
- C1>0 perché se aumenta il reddito aumenta anche il
consumo;
- C1<1 perché se aumenta il reddito, aumenta il consumo ma
in modo meno che proporzionale, quindi una parte del
reddito viene risparmiata

Da qui si può dire che 𝑪 = 𝑪𝟎 + 𝑪𝟏(𝒀 − 𝑻)

INVESTIMENTO (I)
si basa su due variabili:

1) VARIABILI ESOGENE (considerate come date);


2) VARIABILI ENDOGENE (spiegate all’interno del modello).
3) Solo inizialmente l’investimento viene considerato una
variabile esogena.

Spesa pubblica (g)


Rappresenta la politica fiscale del governo insieme alle imposte.

LA SPESA PUBBLICA E’ UNA VARIABILE ESOGENA perché:

- Il governo non si comporta come le imprese o come i


consumatori;
- Considerandola una variabile esogena si può osservare
l’andamento dell’economia se essa aumenta o diminuisce.
Equilibrio in economia chiusa
Ripartiamo dall’equazione della domanda Z=C+I+G, e
dall’equazione del consumo C= C0+C1(Y-T)

Sostituendo l’equazione del consumo in quella della domanda


ottengo: 𝒁 = 𝑪𝟎 + 𝑪𝟏 (𝒀 − 𝑻) + 𝑰 + 𝑮
Ipotizzando che l’investimento in scorte sia pari a 0, e cioè che la
produzione sia uguale alla domanda, allora Y=Z, quindi posso
scrivere: 𝒀 = 𝑪𝟎 + 𝑪𝟏 (𝒀 − 𝑻) + 𝑰 + 𝑮.
Da qui, moltiplicando C1 al reddito disponibile ottengo:

𝒀 = 𝑪𝟎 + 𝑪𝟏 𝒀 − 𝑪𝟏 𝑻 + 𝑰 + 𝑮

𝒀 − 𝑪𝟏 𝒀 = 𝑪𝟎 − 𝑪𝟏 𝑻 + 𝑰 + 𝑮

𝒀(𝟏 − 𝑪𝟏 ) = 𝑪𝟎 − 𝑪𝟏 𝑻 + 𝑰 + 𝑮

𝑪𝟎 − 𝑪𝟏 𝑻 + 𝑰 + 𝑮
𝒀=
𝟏 − 𝑪𝟏
Il numeratore (C0-C1T+I+G) è considerato SPESA AUTONOMA,
cioè la parte della domanda che non dipende dal reddito.
Solitamente è positiva.

𝟏
è chiamato MOLTIPLICATORE. Esso moltiplica l’effetto
𝟏−𝒄𝟏
della variazione della spesa autonoma. Esso è positivo e >1.

ZY ZZ (domanda di beni)

C0-C1T+I+G
(retta di produzione a 45°)
L’equilibrio è dato da PRODUZIONE=DOMANDA, è rappresentato
dal punto di intersezione.
La pendenza della retta è c1.
A sinistra del punto di intersezione la domanda è maggiore della
produzione.
A destra del punto di intersezione la produzione è maggiore della
domanda.
Se aumenta la domanda, aumenta anche la produzione e di
conseguenza anche il reddito. All’aumentare del reddito aumenta
ulteriormente la domanda e quindi di nuovo produzione e reddito,
e così via. Proprio per questo si può parlare di SERIE
𝟏
GEOMETRICA, che tende al limite
𝟏−𝑪𝟏
altro modo di pensare all’equilibrio nel mercato
dei beni (breve periodo):

risparmio=investimento
quando si parla di risparmio si deve far riferimento al RISPARMIO
PUBBLICO + RISPARMIO PRIVATO.
Il risparmio privato si indica con S e si calcola come reddito
disponibile – il consumo:

𝑺 = 𝒀𝒅 − 𝑪
Da qui possiamo scrivere:

𝑺= 𝒀−𝑻−𝑪
Il risparmio pubblico si indica con Y ed è uguale alle imposte – la
spesa pubblica.

𝒀=𝑻−𝑮
Se T>G allora si ha un avanzo di bilancio;
se T<G allora si ha un disavanzo di bilancio.

Se prendiamo in considerazione l’equazione di prima Y=C+I+G,


possiamo sottrarre da entrambe le parti T:

𝒀−𝑻 = 𝑪+𝑰+𝑮−𝑻
Sposto a sinistra il consumo:

𝒀−𝑻−𝑪 = 𝑰+𝑮−𝑻
Questo si può scrivere anche come

𝑺=𝑰+𝑮−𝑻
Se isoliamo l’investimento otteniamo
INVESTIMENTO=RISPARMIO, ottenendo così la curva IS:

𝑰 = 𝑺 + (𝑻 − 𝑮)
Partendo dall’equazione iniziale possiamo vedere il termine C
come la somma tra il consumo autonomo e la propensione al
risparmio per il reddito disponibile. Quindi:

𝑺 = 𝒀 − 𝑻 − 𝑪 = 𝒀 − 𝑻 − 𝑪𝟎 − 𝑪𝟏 (𝒀 − 𝑻)
Da qui: 𝑺 = −𝒄𝟎 + (𝟏 − 𝒄𝟏)(𝒀 − 𝑻)
Il termine 1-C1 è la PROPENSIONE MARGINALE AL RISPARMIO,
compresa tra 0 e 1. Indica che i consumatori risparmieranno una
parte del reddito disponibile. Il risparmio privato aumenta
all’aumentare del risparmio disponibile ma meno che
proporzionalmente.
L’investimento deve essere uguale al risparmio aggregato, e quindi
S+(T-G), e sostituendo s ottengo:

𝑰 = −𝒄𝟎 + (𝟏 − 𝒄𝟏 )(𝒀 − 𝑻) + (𝑻 − 𝑮)
Isolando Y ottengo la stessa equazione di prima:

𝟏
𝒀= (𝑪𝟎 + 𝑰 + 𝑮 − 𝒄𝟏𝑻)
(𝟏 − 𝒄𝟏 )
Comunque il governo può influenzare la domanda e l’offerta di
breve periodo, ma non può scegliere il livello di produzione. Infatti
ci sono delle osservazioni:
- Modificare la spesa pubblica non è semplice;
- L’investimento e le importazioni possono reagire in vari
modi, quindi non sono costanti;
- Le aspettative contano. Se i consumatori percepiscono in
modo permanente il taglio delle tasse, consumeranno di
più;
- Portare il livello di produzione desiderato dal governo può
creare molti problemi (ad esempio l’inflazione);
- Ridurre le imposte o aumentare la spesa pubblica potrebbe
creare un disavanzo di bilancio e un aumento del debito
pubblico.
GRAFICI RELATIVI AL MERCATO DEI BENI
1) RIDUZIONE DELL’INVESTIMENTO:
- La domanda si riduce;
- La spesa autonoma si riduce;
- La produzione si riduce più che proporzionalmente (per
effetto del moltiplicatore);
- L’inclinazione e il moltiplicatore restano invariati
ZZ

ZZ’

A’

C1

45°

Y’ y

2) AUMENTO DELLA SPESA PUBBLICA:


-La domanda aumenta;
- la spesa autonoma aumenta;
- la produzione aumenta più che proporzionalmente (per
effetto del moltiplicatore)
- l’inclinazione e il moltiplicatore restano invariati.

A’ ZZ’
ZZ

Y Y’
3) AUMENTO DELLA PROPENSIONE AL CONSUMO (c1):
- La curva di domanda è più inclinata;
- La produzione aumenta;
- La spesa autonoma si riduce;
- Il moltiplicatore aumenta;
- L’intercetta è più bassa.

ZZ’
A’ ZZ

y Y’

4) AUMENTO DELLA PROPENSIONE AL RISPARMIO (1-C1):


- La curva di domanda è meno inclinata;
- La spesa autonoma aumenta;
- La produzione diminuisce;
- C1 si riduce;
- Il moltiplicatore si riduce;

ZZ
A ZZ’
A’

Y’ Y
Esercizi relativi al mercato dei beni:
quando ci viene chiesto di trovare il reddito di equilibrio (y) basta
ricordare che Y=Z, e Z= C+I+G.
Esempio:
1) In un’economia il mercato dei beni è rappresentato da:
C= 120+0.7(Y-T);
I=150;
T=30;
G=140;
Calcolare il livello di produzione in equilibrio.

Si ricorda che Z= C+I+G


Y=Z
Sostituisco:
Y= 120+0.7(Y-30) +150+140
𝒀 = 𝟏𝟐𝟎 + 𝟎. 𝟕𝒀 − 𝟐𝟏 + 𝟏𝟓𝟎 + 𝟏𝟒𝟎
𝒀 − 𝟎. 𝟕𝒀 = 𝟑𝟖𝟗
𝟏
𝒀= 𝟑𝟖𝟗 = 𝟏𝟐𝟗𝟔. 𝟔𝟕
𝟎.𝟑

Il moltiplicatore è 1/0.3=3.33
Se aumenta la spesa pubblica cosa succede al reddito? Il reddito
aumenta più che proporzionalmente per effetto del
moltiplicatore.

Supponete che il governo decide di ridurre la spesa pubblica di 30,


e aumentare le imposte di 30. Qual è l’effetto del reddito in
equilibrio?
Ricordiamo sempre le equazioni Z=C+I+G e Y=Z
Quindi: 𝒀 = 𝟏𝟐𝟎 + 𝟎. 𝟕(𝒀 − 𝟔𝟎) + 𝟏𝟓𝟎 + 𝟏𝟏𝟎
𝒀 = 𝟏𝟐𝟎 + 𝟎. 𝟕𝒀 − 𝟒𝟐 + 𝟏𝟓𝟎 + 𝟏𝟏𝟎
𝒀 − 𝟎. 𝟕𝒀 = 𝟑𝟑𝟖
𝟏
𝒀= 𝟑𝟑𝟖 = 𝟏𝟏𝟐𝟔. 𝟔𝟕
𝟎.𝟑

Per una riduzione della spesa pubblica e un aumento delle tasse, il


reddito di equilibrio si riduce di 170.

Esercizio 2:
supponete che un’economia sia rappresentata da:
C=200+0.3Yd;
T=300;
I=100;
G=800;
Calcolare il livello di equilibrio della produzione e rappresentare
graficamente. Cosa succede se aumenta il grado di fiducia dei
consumatori?
Se aumenta il grado di fiducia dei consumatori, aumenta c0, e
quindi il consumo autonomo
Z=C+I+G;
Y=Z;
Y=200+0.3(Y-300)+100+800;
Y=200+0.3Y-90+100+800;
Y-0.3Y=1010;
𝟏
𝒀= 𝟏𝟎𝟏𝟎 = 𝟏𝟒𝟒𝟐. 𝟖𝟓
𝟎. 𝟕
Moltiplicatore: 1/0.7=1.43
c1=0.3, cioè il coefficiente di Y ottenuto dal reddito disponibile (Y-
T), rappresenta l’inclinazione della retta
ZZ
0.3(incl.)

1010
la spesa autonoma si ottiene spostando tutti i termini di Y a
sinistra, si sommano le cifre del consumo (senza dipendere da Y),
spesa pubblica e investimento.

Esercizio 3:
supponete che un’economia sia formata da:
C= 200+0.3Yd;
T= 0.2Y (quindi le imposte sono endogene, dipendono dal
reddito);
I=100;
G=800;
Le imposte sono proporzionali al reddito. Calcolare il livello di
equilibrio della produzione.

Z=C+I+G e Y=Z
Y=200+0.3(Y-0.2Y)+100+800
Y=200+0.24Y+100+800
Y-0.24Y=1100
Y=1/0.76 x 1100= 1447.36
Moltiplicatore= 1/0.76=1.32
C1=0.24
Esercizi relativi al paradosso del risparmio:
esercizio 1:
un’economia è rappresentata da:
c=200+0.8Yd;
T=800;
I=150;
G=1600.
Quanto vale il risparmio privato S? quanto vale Y? Quanto vale il
consumo?

Partiamo sempre dall’equazione


Y= C+I+G
Y=200+0.8(Y-800)+150+1600
Y=200+0.8Y-640+150+1600
Y-0.8Y=1310
Y=1/0.2 x 1310=6550

Moltiplicatore: 1/0.2=5

Siccome ho trovato Y, sostituisco questo valore nell’equazione del


consumo.
C=200+0.8(6550-800)
C=200+4600=4800

A questo punto posso ottenere S


S= -c0+(1-c1)(Y-T)
S=-200+(1-0.8)(6550-800)
S=-200+(0.2)(5750)=950
Se il risparmio autonomo aumenta di 100, cosa succede?
-c0=-200+100=-100
Invece il consumo autonomo c0=200-100=100

Y=C+I+G
Y=100+0.8(Y-800)+150+1600
Y=100+0.8Y-640+150+1600
Y-0.8Y=1210
Y=6050
Moltiplicatore: 1/0.2=5

C=100+0.8(6050-800)

C=100+4200=4300

S=-c0+(1-c1)(Y-T)

S=-100+(1-0.8)(6050-800)

S=-100+1050=950

All’aumentare del risparmio autonomo si riduce la produzione,


perché si riduce il reddito disponibile.

Come possiamo vedere il risparmio S rimane invariato (paradosso


del risparmio). Questo avviene perché se si aumenta il risparmio,
si riduce il consumo e quindi la produzione
I MERCATI FINANZIARI
Si ipotizza di avere solo due strumenti finanziari:
1) MONETA, che non paga interessi. Esistono due tipi di
moneta, quella circolante (cartacea o monetaria) e i depositi
di conto corrente (carta di credito o di debito);
2) TITOLI, che pagano interessi, ma non possono essere usati
per le transazioni.

Domanda di moneta
La moneta può essere usata nelle transazioni ma non paga
alcun interesse. Per decidere se detenere più titoli o più
moneta si deve far riferimento a:
- LIVELLO DELLE TRANSAZIONI, se ho intenzione di
effettuare più transazioni, ho bisogno di più moneta;
- TASSO DI INTERESSE OFFERTO DAI TITOLI, se il tasso
d’interesse è molto elevato, allora preferisco acquistare più
titoli.

la domanda di moneta di mercato è la somma di tutte le domande


di moneta individuali. Essa dipende dal livello totale delle
transazioni e dal tasso di interesse che pagano i titoli.
La domanda di moneta è inclinata negativamente, perché se
aumenta il tasso di interesse diminuisce la domanda di moneta.
Il livello totale delle transazioni è più o meno uguale al reddito
nominale. Quindi:

𝑴𝒅 = €𝒀𝑳(𝒊)(−)
€Y= REDDITO NOMINALE;
L(i)= FUNZIONE DECRESCENTE DEL TASSO DI INTERESSE;
𝑴𝒅 = DOMANDA DI MONETA;
Il tasso di interesse ha un effetto negativo sulla domanda di
moneta: se il tasso d’interesse aumenta, la domanda di moneta
diminuisce (perché gli individui preferiscono acquistare titoli dato
che il tasso di interesse è aumentato).
La domanda di moneta aumenta proporzionalmente al reddito
nominale;
la domanda di moneta dipende negativamente dal tasso di
interesse;

AUMENTO DEL REDDITO NOMINALE:


i


𝑴𝒅
𝑀𝑑
Determinazione del tasso di interesse e offerta di
moneta (solo circolante):
il tasso di interesse è determinato dall’uguaglianza tra domanda e
offerta.
si fa riferimento all’offerta da parte delle banche. Ci sono 2 tipi di
moneta:
1) DEPOSITI DI CONTO CORRENTE (offerti dalle banche);
2) MONETA CIRCOLANTE (emessa dalle banche);
si suppone che offerta= domanda, e cioè
𝑴 𝒔 = 𝑴𝒅
E quindi sostituendo:
𝑴 = €𝒀𝑳(𝒊)(−)
𝑴𝒔

Se aumenta l’offerta di moneta, si riduce il tasso di interesse,


graficamente:

𝑴𝒔 𝑴𝒔

i’
ci possono essere OPERAZIONI DI MERCATO APERTO:
se la banca vuole aumentare la quantità di moneta, compra i titoli
pagandoli in contanti. Quindi la banca centrale aumenta l’offerta
di moneta, e di conseguenza aumenta anche il prezzo. Quindi il
tasso sui titoli scende. Questa è un’operazione di mercato
espansiva;
se la banca vuole diminuire la quantità di moneta, vende titoli
rimuovendo dalla circolazione la moneta che riceve. Quindi la
banca centrale riduce l’offerta di moneta e riduce anche il prezzo.
Quindi il tasso sui titoli aumenta. Questa è un’operazione di
mercato restrittiva.
Le ATTIVITA’ della banca centrale sono formate dai titoli che ha
nel portafoglio.
Le PASSIVITA’ sono formate dalle variazioni dello stock di moneta
presente nell’economia.

Ma nella realtà nel mercato dei titoli si deve determinare il prezzo


dei titoli, e non il tasso di interesse.
Se ipotizziamo che un titolo abbia un prezzo Pt, e che garantiscano
il rimborso dopo un anno di €100, allora il tasso di interesse è:
€𝟏𝟎𝟎 − 𝑷𝒕
𝒊=
𝑷𝒕
Maggiore è il prezzo del titolo, minore sarà il tasso di interesse. Da
qui possiamo dedurre che:
𝟏𝟎𝟎
𝑷𝒕 =
𝟏+𝒊
Determinazione tasso di interesse con circolante
e depositi
Nella realtà la moneta include sia circolante che depositi che
vengono usati per fare transazioni.
Le economie moderne presentano INTERMEDIARI FINANZIARI,
cioè istituzioni che ricevono fondi da individui e imprese e li usano
per acquistare titoli e fare prestiti. Le banche sono una tipologia
specifica di intermediari che utilizzano i fondi in parte come
riserva e in parte per acquistare titoli o fare prestiti.

Le banche ricevono fondi da imprese o individui, e li depositano


direttamente. Quindi le PASSIVITA’ delle banche sono
rappresentate da depositi di conto corrente.
Le ATTIVITA’ delle banche sono rappresentate da riserve, prestiti
e titoli.
Parte dei fondi ricevuti, sono sotto forma di RISERVE, in parte in
contanti e in parte su conto. Esistono le riserve perché:
1) Ogni giorno alcuni correntisti prelevano dai loro conti e altri
versano sui propri conti, quindi la banca deve avere sempre
una quantità di contante.
2) Esistono delle riserve obbligatorie:
- ALIQUOTA DI RISERVA
- PRESTITI, che rappresentano il 70% delle attività bancarie,
il restante 30% è rappresentato dai titoli.

Le ATTIVITA’ della banca centrale sono rappresentate dai titoli


che ha nel portafoglio
Le PASSIVITA’ della banca centrale sono rappresentate da moneta
emessa dalla banca centrale.
Quando gli individui presentano sia circolante che depositi, la
domanda di moneta implica due decisioni:
1) Gli individui devono decidere quanta moneta tenere;
2) Gli individui devono decidere quanta di questa moneta tenere
in depositi e quanta in circolante.
Quindi la domanda di moneta è:

𝑴𝒅 = €𝒀𝑳(𝒊)(−)
se ipotizziamo che gli individui presentano una proporzione fissa
di circolante pari a c, allora la domanda di circolante è:

𝑪𝑰𝒅 = 𝒄𝑴𝒅
e una proporzione fissa di depositi, pari a (1-c), allora la domanda
di depositi è:
𝑫𝒅 = (𝟏 − 𝒄)𝑴𝒅
Se l’ammontare dei depositi aumenta, allora aumentano le riserve
che le banche devono tenere, quindi depositi e riserve sono
direttamente proporzionali:
𝑹 = 𝜽𝑫
Sostituendo:

𝑹 = 𝜽(𝟏 − 𝒄)𝑴𝒅
L’offerta aggregata di moneta NON COINCIDE con la quantità di
moneta emessa dalla banca centrale (in un’economia dove
operano le banche)
La moneta che si può usare per fare le transazioni può essere sia
depositi che circolante, e quindi M=CI+D
La moneta emessa dalla banca centrale viene chiamata BASE
MONETARIA e viene indicata con H, siccome può essere usata sia
come circolante che come riserva possiamo scrivere:

𝑯 = 𝑪𝑰 + 𝑹
DOMANDA DI MONETA DELLA BANCA CENTRALE
CIRCOLANTE+ RISERVE
La domanda di moneta delle banche è pari alla somma della
domanda di moneta di circolante e domanda di moneta delle
riserve:

𝑯𝒅 = 𝑪𝑰𝒅 + 𝑹𝒅
Sostituendo si ottiene:
𝑯𝒅 = 𝒄𝑴𝒅 + 𝜽(𝟏 − 𝒄)𝑴𝒅
Mettiamo in evidenza M:
𝑯𝒅 = [𝒄 + 𝜽(𝟏 − 𝒄)]𝑴𝒅
Sostituendo l’equazione della domanda di moneta si ottiene:

𝑯𝒅 = [𝒄 + 𝜽(𝟏 − 𝒄)]€𝒀𝑳(𝒊)

Determinazione del tasso di interesse quando gli


individui hanno sia circolante che depositi
La condizione di equilibrio è che l’offerta di moneta emessa dalla
banca centrale deve essere uguale alla domanda di moneta emessa
dalla banca centrale, e cioè H=𝑯𝒅 , e quindi si ritorna all’equazione
trovata precedentemente. Da qui si può dedurre che:
- Una diminuzione dell’offerta di moneta emessa dalla banca
centrale fa aumentare il tasso di interesse;
- Un aumento dell’offerta di moneta emessa dalla banca
centrale provoca una riduzione del tasso di interesse;
si può pensare all’equilibrio anche in termini di domanda e
offerta aggregata di moneta, quindi:

𝟏
€𝒀𝑳(𝒊) = [ ]𝑯
𝒄 + 𝜽(𝟏 − 𝒄)
C=circolante/moneta;
θ=riserve/depositi;
𝟏
rappresenta il moltiplicatore monetario. Il
𝒄+𝜽(𝟏−𝒄)
moltiplicatore è sempre >1. La presenza del moltiplicatore
implica che una variazione della moneta ha un effetto più
ampio sull’offerta di moneta in un’economia dove sono
presenti banche.
Quando c=1 (e quindi gli individui non hanno depositi), allora
mm=1
Quando c=0 (e quindi gli individui hanno solo depositi), allora
mm=1/θ.
Il moltiplicatore monetario può essere visto come il risultato di
una serie di acquisti di titoli, dove il primo acquisto viene fatto
dalla banca centrale, e gli atri dalle altre banche.
Se ad esempio gli individui hanno solo depositi, e quindi c=0 e
mm=1/θ.
Se θ=0.1 allora mm=10
Se la banca centrale acquista titoli per 100, paga al venditore 1 100
e crea 100 di base monetaria.
In un’economia senza banche la storia finisce qui. Se sono presenti
delle banche allora:
il venditore 1 deposita i 100€ nel suo conto corrente presso la
banca A, che a sua volta fa aumentare i depositi di 100.
La banca A tiene 10€ come riserva (ottenuti facendo 100 x 0.1), e
paga 90€ al venditore 2 per avere titoli.
Il venditore 2 deposita i 90€ presso la banca B, facendo aumentare
i depositi di 90.
La banca B tiene 9€ come riserva (ottenuti facendo 90 x 0.1), e
paga 81€ al venditore 3 per acquistare titoli e così via…
L’incremento finale è 100 x (0.9+𝟎. 𝟗𝟐 +〖𝟎. 𝟗〗^𝟑 … ) e la somma è
pari a 10
Domanda di moneta della banca centrale solo
depositi e niente circolante
L’offerta di moneta è controllata dalla banca centrale
La domanda di moneta della banca centrale è uguale alla domanda
degli individui di circolante + domanda di riserva delle banche.
Ipotizziamo che gli individui hanno solo DEPOSITI, quindi la
domanda di moneta degli individui coincide con la domanda di
depositi di conto corrente, quindi:
𝑴𝒅 = €𝒀𝑳(𝒊)(−)
Questa equazione dimostra che gli individui vogliono tenere più
depositi se il loro livello di transazioni è alto e se il tasso di
interesse è basso.

La domanda di riserva delle banche ha equazione:

𝑯𝒅 = 𝜽𝑴𝒅 = 𝜽€𝒀𝑳(𝒊)
𝜽 è 𝒊𝒍 𝒄𝒐𝒆𝒇𝒇𝒊𝒄𝒊𝒆𝒏𝒕𝒆 𝒅𝒊 𝒓𝒊𝒔𝒆𝒓𝒗𝒂, indica l’ammontare di riserve che le
banche devono avere per ogni euro di depositi di conto corrente.
Indica che la domanda di riserva deve essere proporzionale alla
domanda di depositi di conto corrente, che a sua volta dipende dal
reddito nominale e dal tasso di interesse.
Maggiori sono i depositi di conto corrente, maggiori sono le
riserve che le banche devono avere.

Equilibrio sul mercato della moneta della banca


centrale
H è l’offerta di moneta della banca centrale. La banca centrale
modifica H attraverso operazioni di mercato aperto.
In equilibrio l’offerta di moneta della banca centrale deve essere
uguale alla domanda di moneta della banca centrale. Quindi:

𝑯 = 𝑯𝒅
Riutilizzando l’equazione di prima:

𝑯 = €𝒀𝑳(𝒊)
Graficamente: 𝑯𝒔

𝐻𝑑
H
Il punto di intersezione indica l’equilibrio. Se aumenta il tasso di
interesse gli individui preferiscono avere più titoli che moneta.
Se aumenta l’offerta di moneta, si riduce il tasso di interesse.

la trappola della liquidita’


Quando la banca centrale vuole aumentare il tasso di interesse,
essa riduce la moneta in circolazione, e viceversa. Ma il tasso di
interesse non può scendere al di sotto dello zero (ZERO LOWER
BOUND), e quindi l’economia si trova in una trappola della
liquidità. Questa è una grande limitazione monetaria.
Quando il tasso di interesse è 0 cosa succede?
Se le persone hanno una grande quantità di moneta per effettuare
le transazioni, per loro è indifferente tenere il resto della loro
ricchezza in titoli o in moneta, questo perché entrambi hanno lo
stesso tasso di interesse, cioè 0.
Se diminuisce il tasso di interesse, gli individui vogliono detenere
più moneta , quindi la domanda di moneta aumenta.
Se il tasso di interesse è 0, gli individui vogliono tenere una parte
in moneta almeno pari alla distanza OB, ma siccome sono
indifferenti tra titoli e moneta, essi sono disposti a tenere anche
una quantità maggiore di moneta, e quindi la domanda di moneta
diventa orizzontale.
′ ′′
𝑴𝒔 𝑴𝒔 𝑴𝒔

I A

O B C

se aumenta l’offerta di moneta da 𝑴𝒔 a 𝑴𝒔 , il tasso di interesse si
riduce.
Al punto B (e anche al punto C) il tasso di interesse è zero, quindi
le persone sono indifferenti riguardo alla quantità di titoli e
moneta che vogliono tenere, quindi è probabile osservare un
aumento della quantità di riserve e depositi a tasso zero.
DOMANDA DI MONETA CON SOLO DEPOSITI E NIENTE
CIRCOLANTE
in questo caso 𝑴𝒅 = 𝑫𝒅 (per D si indicano i depositi)
la domanda di riserva è:

𝑹𝒅 = 𝜽𝑫
Ricordiamo che D è pari alla domanda di +moneta, quindi 𝑫𝒅 = 𝑴𝒅
La domanda di moneta è:

𝑯𝒅 = 𝑹𝒅 = 𝜽𝑴𝒅
Ricordando che 𝑴𝒅 = €𝒀𝑳(𝒊) sostituisco e ottengo:

𝑯𝒅 = 𝜽€𝒀𝑳(𝒊)
Esercizi sugli equilibri finanziari
Ipotizziamo un’economia di solo circolante, quindi H=M, inoltre
𝑴𝒅 = €𝒀(𝟏 − 𝒊);
y=600;
P=1.5;
M=800;
Quanto vale il tasso di interesse? Cosa accade al tasso di interesse
se il reddito nominale aumenta di 100? Cosa accade se l’offerta di
moneta aumenta di 50?

Per prima cosa mi trovo il reddito nominale €Y


€Y=PY
€Y=1.5 x 600=900

Sostituisco nell’equazione della domanda di moneta:


𝟖𝟎𝟎 = 𝟗𝟎𝟎(𝟏 − 𝒊)
800=900-900i
900i=100
I=0.11 quindi il tasso di interesse è dell’11%

Se €Y aumenta di 100:
800=1000(1-i)
800=1000-1000i
1000i=200
I=0.2 quindi il tasso di interesse è del 20%
All’aumentare del reddito nominale il tasso di interesse aumenta.

Se M=850
850=900(1-i)
850=900-900i
900i=50
I=0.06 quindi il tasso di interesse è del 6%. Questo perché
all’aumentare dell’offerta si riduce il tasso di interesse.

Esercizio 2
Assumete che gli individui abbiano solo depositi e niente
circolante.
Il rapporto riserve/depositi θ= 0.3
La base monetaria H è 600 mln
Calcolare l’ammontare di riserva e l’ammontare di depositi.

L’ammontare di riserva in un’economia senza circolante è H=R


Quindi R=600
L’ammontare di depositi D è pari alla domanda di mercato
𝑴𝒅 = 𝑫 𝒅
Ricordiamo che la domanda di riserva è:
𝑹 = 𝜽𝑫
𝑹
E quindi 𝑫 =
𝜽
D=600/0.3=2000
Se la banca acquista 100 mln di titoli, come varia la base
monetaria? Come variano l’ammontare di riserva e l’ammontare di
depositi?

R=600+100=700
𝑹
𝑫= e quindi D=700/0.3=2333.33
𝜽
Se la banca acquista titoli, l’ammontare di riserva aumenta perché
aumenta la moneta in circolazione.

Esercizio economia con circolante e depositi:


consideriamo la domanda di moneta pari a 𝑴𝒅 = 𝟏𝟒𝟎𝟎 − 𝟗𝟎𝟎𝟎𝒊
c=0.6 (c=circolante/moneta)
θ=0.1 (θ=riserve/depositi)
H=600
Calcolare il tasso di interesse di equilibrio.

Ricordiamo che H=CI+R e quindi

𝑯𝒅 = [𝒄 + 𝜽(𝟏 − 𝒄)]𝑴𝒅
Sostituisco:
600=[0.6+0.1(1-0.6)]1400-9000i
600=[0.6+0.04]1400-9000i
600=896-5760i
i=0.051 quindi il tasso di interesse è del 5.1%

assumete che la banca venda titoli per 200, calcolare il nuovo tasso
di interesse:
se la banca vende titoli significa che l’offerta di moneta diminuisce,
perché la moneta in circolazione diminuisce.
Quindi H=400
Riparto dall’equazione dell’offerta di moneta, quindi:
400=[0.6+(0.1(1-0.6)]1400-9000i
400=896-5760i
I=0.086 quindi il tasso di interesse è dell’8.6%
Il tasso di interesse aumenta perché l’offerta di moneta
diminuisce.

Esercizio:
assumete che gli individui detengano sia circolante che depositi.
La domanda di moneta è:
𝑴𝒅 = 𝟏𝟏𝟎𝟎𝟎 − 𝟔𝟎𝟎𝟎𝟎𝒊
C=0.2
θ=0.2
H=2500
Calcolare il tasso di interesse

𝑯𝒅 = [𝒄 + 𝜽(𝟏 − 𝒄)]𝑴𝒅
Quindi:
2500=[0.2+0.2(1-0.2)]11000-60000i
2500=(0.2+0.16)11000-60000i
2500=3960-21600i
I=0.068 quindi il tasso di interesse è del 6.8%

Calcolare il prezzo di un titolo che tra 1 anno rimborserà 200

𝒑𝒓𝒆𝒛𝒛𝒐 𝒅𝒆𝒍 𝒓𝒊𝒎𝒃𝒐𝒓𝒔𝒐


𝑷𝒕 =
𝟏 + 𝒕𝒂𝒔𝒔𝒐 𝒅𝒊 𝒊𝒏𝒕𝒆𝒓𝒆𝒔𝒔𝒆
𝟐𝟎𝟎
𝑷𝒕 = = 𝟏𝟖𝟕. 𝟐𝟕
𝟏. 𝟎𝟔𝟖
Quale operazione di mercato aperto deve effettuare la banca se
vuole portare il prezzo del titolo a 180?

Mi calcolo il tasso di interesse i:

𝟐𝟎𝟎 − 𝑷𝒕
𝒊=
𝑷𝒕
𝟐𝟎𝟎 − 𝟏𝟖𝟎
𝒊= = 𝟎. 𝟏𝟏
𝟏𝟖𝟎
Quindi siccome deve aumentare il tasso di interesse, la banca
centrale deve effettuare una politica economica restrittiva, quindi
deve vendere titoli per diminuire l’offerta di moneta.
Sostituisco il tasso di interesse nell’equazione della domanda di
moneta, e poi nell’offerta di moneta
H=[0.2+0.2(1-0.2)]1100-6600
H=(0.36)(4400)=1584

Esercizio
Si suppone che il mercato finanziario abbia:
H=800
θ= 0.2
c=0.1
𝑴𝒅 =1000(30-150i)
Si determini il tasso di interesse
H=[c+θ(1-c)]𝑴𝒅
800=[0.1+0.2(1-0.1)]1000(30-150i)
800=[0.1+0.18]30000-150000i
800=8400-42000i
42000i=7600 quindi i=0.18

Dopo la banca decide di incrementare la base monetaria


effettuando un’operazione di mercato aperto di 400€
Si calcoli il nuovo tasso di interesse in equilibrio e il moltiplicatore
di moneta.
1200=[0.1+0.2(1-0.1)]1000(30-150i)
1200=[0.1+0.18]30000-150000i
1200=8400-42000i
42000i=7200 quindi i=0.17

𝟏
Moltiplicatore di moneta: 𝒎𝒎 = quindi
𝒄+𝜽(𝟏−𝒄)
mm=1/0.1+0.2(1-0.1)=1/0.28=3.57
modello is-lm
Finora abbiamo ipotizzato che l’investimento fosse costante, ma in
realtà esso dipende da 2 fattori:
1) LIVELLO DELLE VENDITE, se un’impresa vuole vendere in
misura maggiore, allora aumenterà la produzione e
acquisterà nuovi macchinari e impianti, quindi investirà;
2) TASSO DI INTERESSE, se ad esempio un’impresa volesse
acquistare un macchinario chiedendo un prestito alla banca,
maggiore è il tasso di interesse, minore sarà la convenienza a
indebitarsi per fare un nuovo investimento.
Per il momento si ignora la differenza tra tasso di interesse
reale e quello nominale e si ipotizza che tutte le imprese
prendano a prestito allo stesso tasso di interesse, cioè quello dei
titoli.

L’investimento dipende da due variabili, cioè produzione e tasso


di interesse. Un aumento delle vendite fa aumentare
l’investimento. Un aumento del tasso di interesse fa diminuire
l’investimento. in formule:

𝑰 = 𝑰(𝒀+ , 𝒊− )

Determinazione della produzione


Si fa riferimento all’equazione della domanda di beni e si
sostituisce il nuovo investimento:

𝒀 = 𝑪(𝒀 − 𝑻) + 𝑰(𝒀, 𝒊) + 𝑮
Questa equazione rappresenta la CURVA IS. Per rappresentarla
ricordiamo che il tasso di interesse i è sull’asse orizzontale e la
domanda dei beni Z è sull’asse verticale.
Se aumenta il tasso di interesse da i a i’, l’investimento e la
produzione si riducono, questo fa ridurre ulteriormente il
consumo e l’investimento per effetto del moltiplicatore. Quindi
la curva IS è inclinata negativamente.
i’ A’
i A
IS
Y’ Y

Ricordiamo che anche nel caso della curva della domanda dei beni
ZZ, all’aumentare del tasso di interesse si riduce la domanda e
quindi della produzione in equilibrio.

Spostamenti della curva IS


se è presente un AUMENTO DELLE IMPOSTE T, o una
RIDUZIONE DELLA SPESA PUBBLICA, o RIDUZIONE DEL
GRADO DI FIDUCIA DEI CONSUMATORI, essi provocano una
riduzione della produzione, quindi la curva IS si sposta verso
sinistra

i IS
Y’ Y IS’

Se è presente una RIDUZIONE DELLE IMPOSTE, o AUMENTO


DELA SPESA PUBBLICA, o AUMENTO DELLA FIDUCIA DEI
CONSUMATORI, la curva IS si sposta verso destra e il livello di
produzione aumenta.

i
i mercati finanziari e la curva lm
quando si parla di mercati finanziari si deve far riferimento
all’equazione che eguaglia domanda di moneta e offerta di moneta:
𝑴 = €𝒀𝑳(𝒊)
M indica lo stock nominale di moneta;
€YL(i) indica la domanda di moneta, funzione del reddito
nominale e del tasso di interesse;
partendo dall’equazione del reddito nominale €𝒀 = 𝒀𝑷, posso
vedere il reddito reale come il rapporto tra reddito nominale e
prezzo p, e quindi:
𝑴
= 𝒀𝑳(𝒊)
𝑷
Questa è l’equazione che mostra l’uguaglianza tra OFFERTA
REALE DI MONETA e DOMANDA REALE DI MONETA.
Se il reddito reale aumenta, il tasso di interesse deve aumentare in
modo che l’offerta di moneta eguaglia la domanda di moneta. Se la
banca centrale lasciasse aumentare il tasso di interesse
all’aumentare del reddito, allora l’offerta aumenterebbe:

i’

i
y y’

ma le banche fissano un tasso di interesse 𝒊̅, e modificano l’offerta


in modo da raggiungere questo tasso. Quindi la curva LM è UNA
RETTA ORIZZONTALE.

i
modello is-lm in equilibrio
la curva IS deriva dal mercato dei beni. Ha equazione
Y=C(Y-T)+I(Y,i)+G. l’equilibrio nel mercato dei beni richiede che
un aumento del tasso di interesse provochi una riduzione della
produzione (e quindi del reddito)
La curva LM deriva dai mercati finanziari. Ha equazione i=𝒊̅.

A
LM
IS
Y

Solo nel punto A si è in equilibrio. Utilizzando questo metodo si


possono osservare gli effetti della politica fiscale e della politica
monetaria.
Politica fiscale
La politica fiscale è incrementata dal governo, e può essere
espansiva o restrittiva:
- POLITICA ESPANSIVA, se il governo decide di aumentare
la spesa pubblica o ridurre le imposte. È una crescita del
disavanzo di bilancio.
- POLITICA RESTRITTIVA, se il governo decide di
aumentare le imposte o ridurre la spesa pubblica.
Se il governo decide di aumentare le imposte, lo spostamento
avviene solo sulla curva IS, perché la curva LM non dipende
dalle imposte.
All’aumentare delle imposte la curva IS si sposta verso
sinistra, perché si riduce la produzione, la domanda e il
reddito disponibile, e di conseguenza anche il consumo.
Quindi l’economia si muove lungo la curva LM da A ad A’

i A’ A

IS
IS’
Y’ Y

Politica monetaria
Anch’essa può essere restrittiva o espansiva:
- POLITICA MONETARIA RESTRITTIVA se la banca riduce
l’offerta di moneta, aumentando il tasso di interesse;
- POLITICA MONETARIA ESPANSIVA se la banca aumenta
l’offerta di moneta, riducendo il tasso di interesse.
Se ipotizziamo che il tasso di interesse si riduca, questo
provoca uno spostamento verso il basso della curva LM,
invece la curva IS non si sposta (perché non dipende dal tasso
di interesse)
Si ha un movimento dell’economia lungo la curva IS da A ad
A’

I A LM
i’ A’ LM’

IS
Y Y’

Al ridursi del tasso di interesse aumenta l’investimento perché


aumenta la produzione e quindi il reddito, aumenta il consumo.

Mix di politica economica


Spesso queste politiche vengono usate contemporaneamente. A
volte alcune esigenze richiedono che queste due politiche agiscano
nella stessa direzione. Ad esempio una politica fiscale espansiva
porta a un aumento della spesa pubblica, o riduzione delle imposte
(o entrambe), aumentando la produzione.
Una politica monetaria espansiva porta a una riduzione del tasso
di interesse, aumentando anch’essa la produzione.
Una maggior produzione fa aumentare a sua volta l’investimento.

i A LM
i’ A’ LM’
IS’
IS
Y Y’
I policy-maker utilizzano un mix di politica economica perché:
- Politica monetaria e politica fiscale singolarmente
potrebbero non funzionare perfettamente. Questo perché
non è detto che riducendo le imposte si abbia sicuramente
un effetto positivo sul consumo. Così come una riduzione
del tasso di interesse potrebbe non avere effetti
sull’investimento;
- Un’espansione fiscale porta ad un aumento del disavanzo
di bilancio. Questo perché un aumento del debito pubblico
può essere molto rischioso, quindi è preferibile non
affidarsi solo alla politica fiscale;
- Un’espansione monetaria porta a una riduzione del tasso
di interesse, che se è molto basso non può fare molto. Se il
tasso di interesse è prossimo allo zero (zero lower bound),
allora è la politica fiscale che dovrà prendersi carico di
tutto il problema.
- Queste due politiche hanno effetti diversi sulla
composizione della produzione. Cioè una riduzione delle
imposte agisce più sul consumo che sull’investimento. così
come una riduzione del tasso di interesse agisce di più
sull’investimento che sul consumo.
In realtà tutti questi aggiustamenti non avvengono
immediatamente perché ai consumatori serve tempo per
aggiustare il loro consumo (a causa della variazione del
reddito). Anche alle imprese serve tempo per aggiustare la
produzione, a causa della variazione delle vendite , e per
aggiustare la spesa, a causa della variazione del tasso di
inflazione.

Molto spesso queste due politiche vengono utilizzate in differenti


direzioni, ad esempio utilizzando una politica restrittiva fiscale ed
un’espansione monetaria.
Questo viene applicato quando il governo vuole ridurre il
disavanzo di bilancio (aumentando T o riducendo G), ma
applicando solo questa politica la produzione porterà ad una
recessione.
Per evitare tutto ciò si applica una politica monetaria espansiva,
riducendo il tasso di interessi.
Così facendo non si provoca alcuna recessione;
il reddito disponibile, e quindi anche la produzione, restano
invariati;
l’investimento aumenta perché diminuisce il tasso di interesse.

Esercizi modello is-lm


Supponiamo che:
c=240+0.7Yd
I=150-250i+0.2Y
T=500
G=600
Calcolare il livello di produzione in equilibrio quando i=0.05,
i=0.10, i=0.15, i=0.20.
Cosa rappresenta la curva che contiene queste combinazioni di Y e
di i?
Come variano consumo, risparmio e investimento a causa di
queste variazioni di i?
Calcola il livello di produzione quando i=0.08
Se i=0.08 calcola il livello di produzione quando G=700.

La formula del livello di produzione è Y=C+I+G


Se i=0.1 allora Y=240+0.7(Y-500)+150-250i+0.2Y+600
Y=240+0.7Y-350+150-250I+0.2Y+600
0.1Y=640-250i
Y=6400-2500i
Moltiplicatore=1/0.1=1000
Se i=0.05 Y=6275
Se i=0.1 Y=6150
Se i=0.15 Y=6025
Se i=0.2 Y=5900
La curva che contiene tutte queste combinazioni è la curva IS.
All’aumentare del tasso di interesse la produzione, consumo e
investimento si riducono.
Se i=0.08 Y=240+0.7(Y-500)+150-250(0.08)+0.2Y+600=6200
Se i=0.08 e G=700 allora Y=7200, questo perché la produzione
varia sempre del moltiplicatore (che è 100).

Esercizio 2
Supponete che:
c=300+0.3(Y-T)
I=200+0.3Y-1300i
T=300
G=350
Calcolare il livello di produzione in equilibrio quando i=5%

Si parte sempre dall’equazione Y=C+I+G


Quando i=0.05 allora Y=300+0.3(Y-300)+200+0.3Y-
1300(0.05)+350
Y=300+0.3Y-90+200+0.3Y-650+350
0.4Y=760 quindi Y=1900
Modello is-lm esteso
C’è una differenza tra tasso di interesse nominale e tasso di
interesse reale.
TASSO DI INTERESSE NOMINALE ci dice quanti euro dovremo
restituire in futuro in cambio di un euro preso a prestito oggi. Se il
tasso di interesse nominale per l’anno t è 𝒊𝒕 e prendo a prestito oggi
1€, allora il prossimo anno dovrò pagare (𝟏 + 𝒊𝒕 ). È espresso in
termini di euro.
TASSO DI INTERESSE REALE ci dice quanti beni dovremo
restituire in futuro in cambio di un bene preso a prestito oggi. Se i
tasso di interesse reale per l’anno t è 𝒓𝒕 e prendo a prestito oggi 1
unità di beni, allora il prossimo anno dovrò pagare (𝟏 + 𝒓𝒕 ) unità di
beni. È espresso in termini di beni.
Come si ricava il tasso di interesse reale?
Ipotizziamo che esista un solo bene nell’economia;
𝒊𝒕 è il tasso di interesse nominale, quindi se prendiamo a prestito
oggi, il prossimo anno dovrò restituire (𝟏 + 𝒊𝒕 )
Ma il vero interesse è quanto bene potrò acquistare l’anno
prossimo, e non quanto devo pagare.
Se il prezzo del bene è Pt, il consumatore può ipotizzare quanto
costerà lo stesso bene l’anno successivo e questo si indica con 𝑷𝒆𝒕+𝟏,
dove e rappresenta l’aspettativa dei consumatori.
Il consumatore si aspetta di dover restituire (e quindi r) il
(𝟏+𝒊)𝑷𝒕
prossimo anno 𝒓 = 𝒆 .
𝑷𝒕+𝟏

Indichiamo l’inflazione attesa tra l’anno t e l’anno t+1 con 𝝅𝒆𝒕+𝟏 .


Siccome c’è un solo bene il tasso atteso di inflazione è uguale alla
variazione tra il prezzo atteso il prossimo anno e del prezzo di
quest’anno, diviso per il prezzo del bene di quest’anno , in
formule:

(𝑷𝒆𝒕+𝟏 − 𝑷𝒕 )
𝝅𝒆𝒕+𝟏 =
𝑷𝒕
𝑷𝒆𝒕+𝟏
Da qui posso ottenere: 𝝅𝒆𝒕+𝟏 = −𝟏
𝑷𝒕

𝑷𝒆𝒕+𝟏
Sposto 1 dall’altro lato e ottengo: 𝟏 + 𝝅𝒆𝒕+𝟏 =
𝑷𝒕

𝟏 𝑷𝒕
Faccio l’inverso e ottengo: = .
𝟏+𝝅𝒆𝒕+𝟏 𝑷𝒆𝒕+𝟏

Sostituendo il risultato ottenuto nella prima equazione di 1+r e


ottengo:

𝟏 + 𝒊𝒕
(𝟏 + 𝒓𝒕 ) =
𝟏 + 𝝅𝒆𝒕+𝟏
Quando il tasso di interesse nominale l’inflazione attesa non sono
molto elevati, meno del 10% all’anno, si può fare
un’approssimazione: 𝒓𝒕 ≈ 𝒊𝒕 − 𝝅𝒆𝒕+𝟏
Da qui si può dedurre che:
- Quando l’inflazione attesa è pari a 0, tasso nominale e tasso
reale sono uguali;
- Siccome l’inflazione attesa solitamente è positiva, allora il
tasso di interesse reale è inferiore
- Maggiore è l’inflazione attesa, minore è il tasso reale.
- In caso di deflazione l’inflazione attesa è negativa e
potrebbe non far raggiungere il tasso di interesse voluto.

Zero lower bound


Se la banca centrale volesse che il tasso di interesse reale sia pari
al 4%, data l’inflazione attesa del 2%, allora fisserà il tasso di
interesse nominale pari al 6% (perché la banca può decidere il
tasso di interesse nominale).
Quando si raggiunge lo zero lower bound, cioè quando il tasso di
interesse nominate i=0, allora il tasso di interesse è pari al
negativo dell’inflazione attesa: 𝒓𝒕 = −𝝅𝒆𝒕+𝟏.
In caso di deflazione, il tasso di interesse reale diventa positivo
(anche in presenza di un tasso nominale nullo), questo potrebbe
essere anche un valore molto elevato, e l’economia potrebbe essere
in recessione.
Rischio e premio per il rischio
Esistono vari tipi di titoli che differiscono per SCADENZA (arco di
tempo su cui garantiscono pagamenti) e RISCHIOSITA’
(probabilità che il debitore sia disposto a pagare oppure no il
titolo).
Coloro che sono disposti a prestare denaro richiedono un PREMIO
PER IL RISCHIO. Questo dipende da:
1) Probabilità di fallimento del debitore, maggiore è questa
probabilità, maggiore è il tasso di interesse che gli investitori
richiedono. Se indichiamo con:
- i= tasso di interesse di un titolo privo di rischio;
- i+x= tasso di interesse su un titolo rischioso;
- x= premio per il rischio;
- p= probabilità di fallimento.
Allora il rendimento atteso di un titolo rischioso è:
(𝟏 − 𝒑)
(𝟏 + 𝒊) = + (𝒑)(𝟎)
(𝟏 + 𝒊 + 𝒙)

Si eguagliano rendimento privo di rischio, cioè 1+i, e rendimento


atteso del titolo rischioso, cioè la parte destra dell’equazione.
(𝟏+𝒊)𝒑
Da qui possiamo osservare che: 𝒙 = .
(𝟏−𝒑)

2) Avversione al rischio, maggiore sono gli investitori avversi al


rischio, più alto sarà il premio per il rischio.

Intermediari finanziari
Finora abbiamo considerato solo i finanziamenti diretti, cioè il
debitore prende a prestito direttamente dal creditore.
Ma solitamente i finanziamenti sono indiretti, e i prestiti
avvengono attraverso intermediari finanziari. Tra questi
intermediari sono comprese le banche, che prendono e danno a
prestito, richiedendo un tasso di interesse su prestiti.
Consideriamo il bilancio della banca:

ATTIVO PASSIVO
riserve capitale
prestiti depositi
titoli

le attività potrebbero essere riserve, prestiti ai consumatori,


prestiti alle altre banche, titoli di Stato, mutui ipotecari o altri
strumenti finanziari.
Le passività potrebbero essere depositi in conto corrente, depositi
vincolati, prestiti ricevuti.
Se le attività scendono al di sotto delle passività la banca fallisce.

La QUOTA DI CAPITALE è il rapporto tra il capitale e le attività.


La LEVA FINANZIARIA è il rapporto tra le attività e il capitale.
Una maggiore leva finanziaria implica un tasso di profitto atteso
più elevato, e un maggior rischio di fallimento, per questo la banca
non sceglie un’elevata leva finanziaria.
Allo stesso tempo una leva finanziaria troppo bassa provoca un
profitto troppo basso.
Il capitale di una banca serve ad assorbire le perdite. Se, avendo
scelto una leva finanziaria ottimale, le perdite superano il capitale,
la banca diventa insolvente (perché non può più far riferimento ai
suoi debiti).
Se le attività diminuiscono, allora la banca potrebbe scegliere di
ridurre la quantità di prestiti concessi.
Quando gli investitori dubitano dell’attivo di una banca, allora
ritirano i fondi che avevano investito nella banca. Questo crea
problemi alla banca perché deve rimborsare questi investitori.
I prestiti che la banca ha concesso sono difficili da restituire,
perché è probabile che sono stati investiti da parte dei debitori
della banca, e allo stesso tempo per la banca è difficile vendere
questi prestiti a un’altra banca.
Se è più complicato valutare il valore dell’attivo della banca da
parte delle altre banche, allora la banca sarà più incapace di
vendere le proprie attività, oppure dovrà vendere a prezzi di
svendita (cioè prezzi più bassi rispetto al valore delle attività) e la
banca può diventare insolvente. Tutto ciò è possibile perché le
PASSIVITA’ DI UNA BANCA SONO LIQUIDE (cioè gli investitori
hanno la possibilità di prelevare i loro fondi).
Minore è l’attività di una banca, maggiore è il rischio di insolvenza.
Maggiore è la liquidità delle passività, più è alto il rischio di
insolvenza per una banca.
Modello is-lm esteso
Questo nuovo modello riguarda il tasso di interesse nominale e
reale. Ricordiamo che:
IS: Y=C(Y-T)+I(Y, i-𝝅𝒆 +x) +G
LM: i=𝒊̅
Riguardo a curva LM, questa resta invariata;
riguardo la curva IS, l’introduzione dell’inflazione attesa fa capire
che le decisioni di spesa dipendono dal tasso di interesse reale
(compreso il premio per il rischio) e non da quello nominale.
Quindi il tasso di interesse nella curva LM è diverso da quello
indicato nella curva IS.
Il tasso indicato nella curva LM (r=𝒓̅) è chiamato TASSO DI
POLICY (stabilito dalla banca centrale).
Il tasso indicato nella curva IS (r+x) è chiamato TASSO SUI
PRESTITI ,perché è il tasso a cui le imprese e gli individui possono
prendere a prestito.
Si fa una semplificazione: la banca sceglie direttamente il tasso di
interesse reale, e quindi
IS: Y=C (Y-T)+ I(Y, r+x) +G
LM: r=𝒓̅
Graficamente:

𝑟̅ LM

IS
Y
Se aumenta l’avversione al rischio la curva IS si sposta verso
sinistra, perché si riduce l’investimento, la produzione e il
consumo in equilibrio.

r LM

IS’ IS
Y’
Se x aumenta, ad esempio perché gli investitori sono più avversi al
rischio, o perché la banca è fallita e gli investitori cominciano a
dubitare della solvibilità delle altre banche, allora la curva IS si
sposta verso sinistra.
Allora la politica fiscale potrebbe aumentare la spesa pubblica, o
ridurre le imposte, spostando la curva IS verso destra.
Ma tutto ciò può portare a un disavanzo di bilancio.
La soluzione è ridurre r, in modo da lasciare invariato r+x.

A’ A LM
r
A’’ LM’
r’
IS
Y’ Y’’ Y IS’
ESERcizi sul modello IS-LM ESTESO
Ipotizzate che il tasso di interesse nominale sia pari al 12% e le
aspettative siano pari a 0.
Qual è il valore dell’interesse reale?
Se 𝝅𝒆 =3% come varia il tasso di interesse reale e domanda di
moneta?
Qual è il tasso di interesse reale in equilibrio?
E se π=6%?

Se π=0 allora tasso di interesse reale e nominale coincidono quindi


r=12%
Se π=3% allora r=12-3=9% e la domanda di moneta non varia
(perché essa dipende dal tasso di interesse nominale).
Se π=6% allora r=12-6=6% e non variano tasso di interesse
nominale e domanda di moneta.

Esercizio 2:
se i=5%
𝝅𝒆 = 𝟑%
Qual è il tasso di interesse reale in equilibrio?
Se invece 𝝅𝒆 = 𝟏% qual è il tasso di interesse reale? E quello
nominale? E qual è l’effetto sull’investimento?

Nel primo caso r= 5-3=2%


Se invece 𝝅𝒆 = 𝟏% allora r=5-1=4% quindi il tasso di interesse reale
aumenta. Il tasso di interesse nominale non varia
Ricordando la relazione dell’investimento I=I(𝒀_+, 𝒓_ − +𝒙) siccome
aumenta r allora l’investimento si riduce, facendo ridurre
produzione e consumo.
Esercizio 3, LEVA FINANZIARIA
Supponiamo che una banca abbia in attivo 2000 e capitale di 200.
Essa subisce una perdita di 50, coperte con una riduzione di
capitale.
Come varia la leva finanziaria?
Di quale aumentare occorre ridurre le attività per portare la leva
finanziaria al suo livello iniziale?
Di quanto si riducono i depositi della banca?

Innanzitutto ricordiamo che la leva finanziaria è pari al rapporto


tra attivo e capitale:
LF=2000/50=10
Il bilancio iniziale della banca è:
ATTIVO=2000
PASSIVO=1800, CAPITALE=200.
Le passività sono 1800 perché i conti devono eguagliare, e quindi
si ottengono facendo attività-capitale.

Quando la banca subisce la perdita allora il nuovo bilancio è:


ATTIVO= 1950, perché la perdita ricade anche sull’attivo
PASSIVO=1800, CAPITALE=150 (perché il capitale deve assorbire
le perdite)
La nuova leva finanziaria è: LF=1950/150=13, è aumentata. Si ha
un profitto maggiore e un maggior rischio di insolvenza.
Per ritornare alla leva finanziaria iniziale faccio l’equazione
inversa:
LF=ATTIVO/CAPITALE
10=ATTIVO/150
ATTIVO=150 x 10=1500. Il nuovo bilancio è:ATTIVO=1500
PASSIVO= 1500-150=1350, CAPITALE=150
Il mercato del lavoro
Ovviamente siamo nel MEDIO PERIODO.
I dati riguardanti i tassi di disoccupazione sono raccolti tramite
l’Indagine sulle Forze Lavoro (lfs). Le variabili principalmente
sono:
- POPOLAZIONE ATTIVA, cioè individui in età lavorativa 15-
64 anni;
- FORZA LAVORO sono gli occupati+ disoccupati;
- OCCUPATI, coloro che hanno un impiego al momento
dell’intervista;
- DISOCCUPATI, coloro che non hanno un impiego al
momento dell’intervista ma sono in cerca di occupazione;
- TASSO DI PARTECIPAZIONE è pari al rapporto tra la forza
lavoro e la popolazione attiva;
- TASSO DI OCCUPAZIONE, è pari al rapporto tra occupati e
popolazione attiva;
- TASSO DI DISOCCUPAZIONE, è pari al rapporto tra
disoccupati e forza lavoro.
Flussi di lavoratori
Il mercato del lavoro è formato da flussi di lavoratori in
entrata e in uscita da occupazione, disoccupazione e forze
lavoro. Possiamo avere:
- ASSUNZIONI, cioè individui che trovano occupazione;
- INTERRUZIONI DEI RAPPORTI DI LAVORO, che si
dividono in:
1) DIMISSIONI, sono gli individui che abbandonano
volontariamente la loro occupazione;
2) LICENZIAMENTI, sono le imprese a interrompere il
rapporto di lavoro.
Quando si pensa a flussi di entrata e uscita dalla
disoccupazione, si deve far riferimento anche alla DURATA
DELLA DISOCCUPAZIONE, cioè il tempo medio che un
disoccupato trovi un’occupazione. Questo fattore è molto
importante, perché se i tempi sono lunghi si possono
trovare lavoratori scoraggiati, che smettono di cercare
un’occupazione. Maggiore è il tasso di disoccupazione,
minore è il tasso di occupazione, ed è quindi più probabile
che gli occupati perdano il proprio lavoro ed è meno
probabile che i disoccupati trovino lavoro. La durata della
disoccupazione aumenta.
Quando un’economia è in recessione (ad esempio in un
periodo di crisi), le imprese cercano di ridurre la domanda
facendo 2 cose:
1) Ridurre le assunzioni;
2) Licenziamento dei lavoratori occupati.

Determinazione dei salari


I salari possono essere fissati in vari modi:
- Attraverso contrattazioni collettive, cioè contrattazioni tra
imprese e sindacati. I lavoratori hanno una certa forza
contrattuale che fa si che i salari siano più elevati.
- Contrattazioni bilaterali tra datori di lavoro e i singoli
lavoratori.
Quando si determina un salario è importante tenere conto
che:
1) Il salario solitamente è maggiore dal salario di riserva, cioè
quel denaro che l’individuo ha senza lavorare
2) I salari dipendono dalle condizioni del mercato di lavoro.
Quando il tasso di disoccupazione è basso, l’impresa avrà
difficoltà a trovare sostituti e per i lavoratori è più facile
cambiare lavoro, quindi hanno una forza contrattuale alta,
potendo chiedere salari maggiori. Invece in un mercato con
alto livello di disoccupazione, i lavoratori hanno meno
forza contrattuale, perché è facile trovare sostituiti e
quindi sono costretti ad accettare salari bassi.
MINORE E’ IL TASSO DI DISOCCUPAZIONE, MAGGIORE
SONO I SALARI.

La forza contrattuale di un lavoratore dipende anche dal fatto


che in caso di dimissioni l’impresa dovrebbe pagare per
sostituire il lavoratore, e dalla difficoltà dell’individuo nel
trovare un altro lavoro.
La forza contrattuale di un lavoro dipende innanzitutto dalla
difficoltà del lavoro stesso. Se un lavoro richiede scarse
competenze, allora il lavoratore ha scarsa forza contrattuale.
Infatti se chiede un salario più alto, il datore di lavoro
potrebbe licenziarlo.
Se invece un lavoratore è altamente qualificato, è difficile
licenziarlo e se chiedesse un salario maggiore, è probabile che
il datore glielo conceda.

SALARI DI EFFICIENZA
A prescindere dalla forza contrattuale, le impese vogliono pagare
un salario maggiore rispetto a quello di riserva, perché vogliono
che i lavoratori siano produttivi. Sentirsi bene aiuta a lavorare
bene e ad aumentare la produttività.
Produttività ed efficienza sono collegate attraverso le teorie dei
salari di efficienza. Così come per le contrattazioni, i salari
dipendono da:
1) Natura del lavoro, le imprese pagheranno di più se il lavoro
richiede più capacità, il contrario se sono attività di routine;
2) Natura del mercato del lavoro, se il tasso di disoccupazione è
basso, è più facile che i lavoratori si dimettano perché è più
facile trovare una nuova occupazione. Un’impresa che vuole
evitare la disoccupazione aumenterà i salari. Una minore
disoccupazione richiede salari più elevati.

Salari, prezzi e disoccupazione


L’equazione dei salari è:

𝑾 = 𝑷𝒆 𝑭(𝒖− , 𝒛+ )
W= salario nominale aggregato
𝑷𝒆
= livello atteso dei prezzi. Il salario nominale dipende dal livello
atteso dei prezzi perché i lavoratori sono interessati ai SALARI
REALI (W/P) e non a quelli nominali. I lavoratori non sono
interessati a quanto denaro ricevono ma al salario che
percepiscono in base al prezzo dei beni che acquistano. Cosi come
le imprese sono interessate al prezzo della produzione venduta, e
non al salario nominale che pagano ai lavoratori. I salari
dipendono dal livello atteso dei prezzi, e non al prezzo effettivo,
perché i salari sono fissati in termini nominali, ed è fissato in
anticipo.
u= tasso di disoccupazione, dipende negativamente dal salario
perché maggiore è il tasso di disoccupazione minore saranno i
salari;
z= tutte le variabili che influenzano la determinazione dei salari, e
cioè sussidio di disoccupazione (cioè un trasferimento monetario
versato ai lavoratori che hanno perso il proprio posto. Maggiori
sussidi di disoccupazione aumentano il salario) salario minimo
(che fa aumentare non solo il salario minimo ma anche tutti gli
altri salari), livello di protezione dei lavoratori (una maggiore
protezione dello stato rende più costoso il licenziamento dei
lavoratori, facendo aumentare il potere contrattuale).

La determinazione dei prezzi


I prezzi fissati dalle imprese dipendono dai costi, che a loro volta
dipendono dalla natura della funzione di produzione (cioè la
relazione tra input e output). Se ipotizziamo che le impese
producano beni usando il lavoro come unico fattore produttivo,
allora la funzione di produzione è

Y=AN
Y= produzione;
N= occupazione;
A= produttività;
questa forma indica che la produttività del lavoro è costante ed è
pari ad A, quindi indica i rendimenti costanti del lavoro. Se le
imprese raddoppiano il numero dei lavoratori, raddoppia anche la
quantità di produzione.
Nella realtà le imprese, oltre al lavoro utilizzano altri fattori
produttivi, come il capitale e materie prime.
Inoltre nella realtà il lavoro non è costante, ma varia nel tempo per
effetto del progresso tecnologico.
Nella nostra ipotesi A è costante e possiamo immaginare che A=1,
quindi la funzione di produzione è:

Y=N
Questo significa che il costo per realizzare un’unità in più è pari al
costo di impiego di un lavoratore in più, e quindi al costo del
salario. Quindi il costo marginale di produzione è uguale a W.
In caso di mercato di concorrenza perfetta P=W.
Nei mercati non perfettamente concorrenziali le imprese pongono
un prezzo superiore al costo marginale, e fissano i prezzi
attraverso questa equazione, chiamata EQUAZIONE DEI PREZZI:

P=(1+m)W
m= markup, cioè il ricarico dei prezzi. In caso di concorrenza
perfetta m=0;
nei mercati non perfettamente concorrenziali m è positivo e P è
maggiore di W di un fattore pari a (1+m).

tasso naturale di disoccupazione


ipotizziamo che il livello atteso dei prezzi sia pari al livello effettivo
dei prezzi, quindi 𝑷𝒆 = 𝑷.
La fissazione dei prezzi e dei salari determina il tasso naturale di
disoccupazione. Si può chiamare anche tasso strutturale di
disoccupazione
Scriviamo l’equazione dei salari che dipende dal livello effettivo
dei prezzi piuttosto che da quello atteso:

𝑾 = 𝑷𝑭(𝒖, 𝒛)
Dividiamo entrambi i lati per P e otteniamo l’EQUAZIONE DEI
SALARI:
𝑾
= 𝑭(𝒖− , 𝒛+ )
𝑷
Questo significa che maggiore è il tasso di disoccupazione, minore
sarà il salario reale. Graficamente:

1/1+M A PS (equazione dei prezzi)


WS (equazione dei salari)
Sull’asse delle ascisse troviamo il tasso di disoccupazione u.
Sull’asse delle ordinate troviamo il salario reale W/P.

EQUAZIONE DEI PREZZI


L’equazione dei prezzi è rappresentata dalla retta orizzontale PS.
Ha formula:
𝑾 𝟏
=
𝑷 𝟏+𝒎
Questo indica che il salario fissato dalle imprese è una funzione
delle decisioni di prezzo.
Un aumento del markup (legislazione meno restrittiva) fa
diminuire il salario reale.

L’equilibrio nel mercato del lavoro è dato dall’uguaglianza del


salario derivante dall’equazione dei prezzi e dal salario reale
derivante dall’equazione dei salari.
Se W/P=1/1+m e W/P=F(u,z), sostituendo ottengo:
𝟏
𝑭(𝒖, 𝒛) =
𝟏+𝒎
Il tasso di disoccupazione in equilibrio è chiamato tasso naturale
di disoccupazione e si indica con 𝒖𝒏 .
Cosa succede se aumentano i sussidi di disoccupazione o se
aumenta il grado di sindacalizzazione o se aumenta il salario
minimo?
aumenta z;
il salario reale aumenta;
il tasso naturale di disoccupazione aumenta;
la curva WS si sposta verso l’alto, da WS a WS’;
la curva PS resta uguale;
l’economia si sposta lungo la curva PS, da A ad A’.

1/1+m PS

WS’
WS
𝑢𝑛 𝑢𝑛′

Cosa succede se si riduce l’indennità di disoccupazione o si riduce


il grado di sindacalizzazione o si riduce il salario minimo?
z si riduce;
diminuisce il tasso naturale di disoccupazione;
la curva WS si sposta verso il basso;
la curva PS resta invariata;
l’economia si sposta lungo la curva PS, da A ad A’.

1/1+m A’ A
PS
WS’ WS
Cosa succede se si ha una legislazione antitrust più restrittiva?
Il markup si riduce;
la curva PS si sposta verso l’alto;
il salario reale in equilibrio aumenta;
il tasso naturale di disoccupazione si riduce;

1/1+m’ A’ PS’

1/1+m A PS

WS
u’ u
cosa succede se si ha una legislazione antitrust meno restrittiva?
il markup aumenta;
l’equazione dei prezzi PS si sposta verso il basso;
il salario reale in equilibrio diminuisce;
il tasso naturale di disoccupazione aumenta;

1/1+m A PS

1/1+m’ A’ PS’

WS
u u’
ESERCIZI SUL MERCATO DEL LAVORO
Si suppone che:
popolazione attiva= 40000000
fuori dalla forza lavoro= 22% della popolazione attiva;
occupati= 22000000;
calcolare forza lavoro, tasso di partecipazione, tasso di
disoccupazione.

Innanzitutto mi calcolo chi è fuori dalla forza lavoro, cioè 22 x


40000000/100=8800000.
La forza lavoro è pari alla popolazione attiva- fuori dalla forza
lavoro, quindi 40000000-8800000=31200000.
Se L=U+N, allora U=L-N, quindi U=31200000-
22000000=9200000.
Il tasso di partecipazione è pari a L/POPOLAZIONE ATTIVA,
quindi: 31200000/40000000= 0.78, quindi è del 78%
Il tasso di disoccupazione è pari a U/L, quindi
9200000/31200000=0.30 quindi del 30%.

Esercizio 2:
supponete che:
popolazione in età lavorativa=80000;
tasso di partecipazione=75%
disoccupati=15000;
calcolare forza lavoro, occupati, tasso di disoccupazione
in base ai dati che ho, posso calcolare il tasso di
partecipazione=L/POPOLAZIONE ATTIVA, quindi 0.75=L/80000
Facendo la formula inversa ottengo che L=0.75 x 80000=60000.
Se L=U+N allora N=L-U e cioè N=60000-15000=45000
Il tasso di disoccupazione è U/L, quindi 15000/60000=25%.
Esercizio 3:
considerate che:
popolazione attiva=350;
occupati=250;
disoccupati=50
calcolare forza lavoro, tasso di partecipazione, tasso di
disoccupazione e tasso di occupazione.
L=N+U, quindi L=250+50=300
Tasso di partecipazione: L/POPOLAZIONE ATTIVA: 300/350=0.85
quindi 85,7%
Tasso di disoccupazione: U/L: 50/300=0.166 quindi 16.7%
Tasso di occupazione: N/POPOLAZIONE ATTIVA:250/350=0.71
quindi 71.43%.

Esercizio 4:
nel 2018 la popolazione attiva era 2600000;
gli occupati erano 1800000;
i disoccupati erano 500000.
Calcolare forza lavoro, tasso di disoccupazione, tasso di
partecipazione e tasso di occupazione.

L=N+U quindi L=1800000+500000=2300000.


Tasso di disoccupazione=U/L=500000/2300000=21.7%
Tasso di partecipazione=L/POPOLAZIONE
ATTIVA=2300000/2600000=88.4%.
Tasso di occupazione= N/POPOLAZIONE
ATTIVA=1800000/2600000=69.2%

Nel 2019 la popolazione attiva è rimasta invariata;


la disoccupazione è il 15% della forza lavoro;
la forza lavoro è diminuita di 150000 unità.
Calcolare il tasso di partecipazione, di disoccupazione e di
occupazione.

L=2300000-150000=2150000
Allora U= 15 x 2150000/10=322500
Tasso di disoccupazione= 322500/2150000=15%
Tasso di partecipazione= 2150000/2600000=82.7%
Numero occupati: L-U=2150000-322500=1827500
Tasso di occupazione= 1827500/2600000=7.1%
curva di phillips
questa curva indica come varia l’inflazione in base alla
disoccupazione. Ricordiamo che 𝑾 = 𝑷𝒆 𝑭(𝒖, 𝒛)
da qui possiamo scrivere che 𝑭(𝒖, 𝒛) = 𝟏 − 𝝈𝒖 + 𝒛
questa equazione dice che maggiore è il tasso di disoccupazione,
tanto minore sarà il salario.
Maggiore è z, tanto maggiore sarà il salario
𝝈 è l’ampiezza dell’effetto della disoccupazione sul salario.
Sostituendo F nell’equazione di W ottengo:

𝑾 = 𝑷𝒆 (𝟏 − 𝝈𝒖 + 𝒛)
il salario nominale è 𝑷 = (𝟏 + 𝒎)𝑾
Sostituendo l’equazione del salario nominale otteniamo:
𝑷 = 𝑷𝒆 (𝟏 + 𝒎)(𝟏 − 𝝈𝒖 + 𝒛)
Introducendo i pedici temporali al tempo t e dividendo entrambi i
lati per 𝑷𝒕−𝟏 ottengo:
𝑷𝒕 𝑷𝒆𝒕
=
𝑷𝒕−𝟏 𝑷𝒕−𝟏 (𝟏 + 𝒎)(𝟏 − 𝝈𝒖𝒕 + 𝒛)
Se al primo lato dell’equazione sommo e sottraggo per 𝑷𝒕−𝟏
𝑷𝒕 𝑷𝒕 +𝑷𝒕−𝟏 −𝑷𝒕−𝟏 𝑷𝒕−𝑷𝒕−𝟏
ottengo: = =1+ =1+π
𝑷𝒕−𝟏 𝑷𝒕−𝟏 𝑷𝒕−𝟏
Questo π deriva dal rapporto della sottrazione tra il prezzo P al
tempo t e il prezzo P al tempo t-1 diviso il prezzo al tempo t-1.
Si fa lo stesso ragionamento per il lato destro dell’equazione (cioè
𝑷𝒆𝒕
= 𝟏 + 𝝅𝒆
𝑷𝒕−𝟏
Sostituendo queste due uguaglianze trovate all’equazione
precedente otteniamo:
𝟏 + 𝝅𝒕 = (𝟏 + 𝝅𝒆𝒕 )(𝟏 + 𝒎)(𝟏 − 𝝈𝒖𝒕 + 𝒛)
Dividiamo entrambi i lati per (1+𝝅𝒆𝒕 )(1+m):
(𝟏 + 𝝅𝒕 )
= 𝟏 − 𝝈𝒖𝒕 + 𝒛
(𝟏 + 𝝅𝒆𝒕 )(𝟏 + 𝒎)
Il lato sinistro dell’equazione può essere semplificato in:
1+𝝅𝒕 − 𝝅𝒆𝒕 − 𝒎

Cosi ottengo: 𝝅𝒕 = 𝝅𝒆𝒕 + (𝒎 + 𝒛) − 𝝈𝒖𝒕


Non ci sono indici temporali per m e z perché variano lentamente
nel tempo.
Questo indica che:
- Un livello di inflazione attesa 𝝅𝒆 , un aumento del markup
m, o un aumento di z, provocano un aumento
dell’inflazione effettiva π.
- Dato il livello dei prezzi attesi 𝑷𝒆 , un aumento di m o di z fa
aumentare il livello reale dei prezzi P.
- Una riduzione del tasso di interesse u, fa aumentare
l’inflazione effettiva.

Prima formulazione della curva di phillips


È rappresentata da:
̅ + (𝒎 + 𝒛) − 𝝈𝒖𝒕
𝝅𝒕 = 𝝅
𝜋̅ è il valore dell’inflazione che fluttua in un anno, e quindi
l’inflazione attesa sia pari a questa inflazione: 𝝅𝒆𝒕 = 𝝅̅.
Quando la disoccupazione è elevata, l’inflazione è bassa. Quando la
disoccupazione è bassa, l’inflazione è positiva.

Cambiamento della curva


Inizialmente questa affermazione si manifestava in modo costante,
man mano si nota che non esiste più alcuna relazione tra
inflazione e disoccupazione. Questo accadde perché coloro che
fissano i salari hanno cambiato il modo di formulare le aspettative
sull’inflazione.
Si notò che un anno di inflazione elevato sarebbe stato seguito da
un anno di inflazione ancora più elevato.
Supponiamo che le aspettative si formano secondo questa
formula: 𝝅𝒆𝒕 = (𝟏 − 𝜽)𝝅
̅ + 𝜽𝝅𝒕−𝟏
θ è l’effetto del tasso di inflazione passato su quello atteso.
Maggiore è questo valore, più l’inflazione passata spinge le
imprese e i lavoratori a rivedere le proprie aspettative
sull’inflazione futura.
- Quando l’inflazione era bassa, allora imprese e lavoratori
ignoravano le fluttuazioni del tasso di interesse, quindi 𝜽 =
𝟎 e 𝝅𝒆 = 𝝅̅ . La curva di Phillips era pari alla prima
formulazione
- Quando l’inflazione cominciò ad aumentare, i lavoratori e
le imprese cambiarono le loro aspettative, e dedussero che
se l’inflazione dell’anno precedente era elevata, allora lo
sarebbe stato anche quella dell’anno corrente, quindi 𝜽 =
𝒑𝒐𝒔𝒊𝒕𝒊𝒗𝒐 e il tasso di inflazione dipende sia dal tasso di
disoccupazione che dal tasso di inflazione dell’anno
precedente, quindi:
𝝅𝒕 = (𝟏 − 𝜽)𝝅
̅ + 𝜽𝝅𝒕−𝟏 + (𝒎 + 𝒛) − 𝝈𝒖𝒕
- Quando 𝜽 = 𝟏 otteniamo che 𝝅𝒕 − 𝝅𝒕−𝟏 = (𝒎 + 𝒛) − 𝝈𝒖𝒕
Questo significa che il tasso di disoccupazione non influenza il
tasso di inflazione ma la variazione : una disoccupazione elevata
provoca un’inflazione decrescente, una disoccupazione moderata
comporta un’inflazione crescente. Più basso è il livello di
disoccupazione, maggiore sarà l’aumento del tasso di inflazione e
quindi un’accelerazione del livello dei prezzi. È chiamata CURVA
DI PHILLIPS MODIFICATA o CURVA DI PHILLIPS ACCELERATA
(perché un basso tasso di disoccupazione fa aumentare l’inflazione
e quindi un’accelerazione del livello dei prezzi).
Siccome la curva di Phillips è una relazione tra inflazione,
inflazione attesa e disoccupazione essa dipende molto dalle
aspettative delle persone (per questo negli anni la curva è
cambiata).

La curva di Phillips originaria prevede un assenza del tasso


naturale di disoccupazione, perché se le autorità di politica
economica fossero state in grado di tenere un tasso di inflazione
maggiore, allora il tasso di disoccupazione sarebbe stato basso.
Ma nel corso del tempo, vari studi, tra cui quelli di Friedman e
Phelps osservarono che l’esistenza di un trade-off tra
disoccupazione e inflazione poteva esistere solo se l’inflazione
veniva considerata nella determinazione dei salari, e questa cosa
non poteva durare a lungo. Inoltre se il governo avesse accettato di
tenere un’inflazione alta per abbassare il livello di disoccupazione,
il trade-off sarebbe scomparso (come effettivamente accadde) ed il
tasso di disoccupazione non sarebbe sceso fino ad un certo livello
(tasso naturale di disoccupazione).
Il tasso naturale di disoccupazione 𝒖𝒏 è quel tasso in cui il livello
effettivo dei prezzi è uguale al livello atteso, e quindi l’inflazione
effettiva è uguale a quella attesa.
Partendo da 𝝅𝒕 = 𝝅𝒆𝒕 − 𝝈𝒖𝒕 + (𝒎 + 𝒛)

Poniamo 𝝅𝒕 = 𝝅𝒆𝒕 allora 𝒖𝒕 = 𝒖𝒏 , riscrivo allora l’equazione:


𝝅𝒕 = 𝝅𝒕 − 𝝈𝒖𝒏 + (𝒎 + 𝒛)
semplifico e ottengo: 𝝈𝒖𝒏 = 𝒎 + 𝒛
allora il tasso naturale di disoccupazione è:

𝒎+𝒛
𝒖𝒏 =
𝝈
Maggiore è il markup (m), o i fattori che influiscono sulla
determinazione dei salari (z), maggiore è il tasso naturale di
disoccupazione.
Se sostituisco quello che ho ottenuto nell’equazione iniziale avrò:
𝝅𝒕 = 𝝅𝒕 − 𝝈𝒖𝒕 + 𝝈𝒖𝒏
Metto in evidenza ed ottengo: 𝝅𝒕 = 𝝅𝒕−𝟏 − 𝝈(𝒖𝒕 − 𝒖𝒏 )

Se 𝝅𝒆𝒕 = 𝝅𝒕−𝟏 allora 𝝅𝒕 − 𝝅𝒕−𝟏 = −𝝈(𝒖𝒕 − 𝒖𝒏 ).


Se la disoccupazione (ut) è minore del tasso naturale (un) allora
l’inflazione sarà superiore rispetto a quella prevista, quindi
l’inflazione sarà crescente e la sua variazione è positiva.
Se la disoccupazione è maggiore del tasso naturale, l’inflazione
sarà inferiore rispetto a quella prevista, quindi essa sarà
decrescente e la variazione è negativa.
Bisogna ricordare che:
- La relazione tra disoccupazione e inflazione dipende da
dalle aspettative di inflazione di chi fissa i salari;
- Se ci si aspetta un’inflazione costante, la curva di phillips
rappresenta una relazione tra inflazione e disoccupazione.
L’inflazione è maggiore rispetto alle aspettative se la
disoccupazione è minore del tasso naturale;
- Se l’inflazione non è costante, allora la curva di Phillips
rappresenta una relazione tra disoccupazione e variazione
di inflazione. L’inflazione aumenta se la disoccupazione è
minore del tasso naturale.
In Europa si parla di rigidità del mercato del lavoro perché:
- innanzitutto esiste un generoso sistema di sussidi di
disoccupazione che possono creare una crescita della
disoccupazione perché maggiori sono i sussidi di
disoccupazione, maggiori saranno i salari che le imprese
devono pagare per trattenere i lavoratori.
- È presente un elevato livello di tutela dei lavoratori, che fa
aumentare il costo di licenziamento, questo porta ad un
costo per le imprese, ma anche una riduzione delle
assunzioni. Quindi è difficile che i disoccupati trovino
un’occupazione.
- Il salario minimo elevato, provocando difficoltà nei
confronti dei lavoratori meno qualificati.

Inflazione elevata e curva di phillips


Se l’inflazione fosse più alta del previsto, i salari reali
scenderebbero e i lavoratori perderebbero potere di acquisto.
Se l’inflazione fosse più bassa del previsto, i salari reale
aumenterebbero e le imprese potrebbero non essere in grado di
pagare i lavoratori e rischierebbero di fallire.
Proprio per questo le contrattazioni salariali variano al variare del
livello di inflazione. Se l’inflazione è alta i salari nominali vengono
fissati per periodi di tempo più brevi.
Per adattare i salari all’inflazione si utilizza il sistema di
INDICIZZAZIONE DEI SALARI.
Si considera un’economia con due tipi di contratti di lavoro:
1) Una proporzione di contratti indicizzata indicandola con λ.
2) Una proporzione di contratti non indicizzata indicandola con
(1-λ).
L’equazione 𝝅𝒕 − 𝝅𝒆𝒕 = −𝜶(𝒖𝒕 − 𝒖𝒏 ) diventa:
𝝅𝒕 = [𝝀𝝅𝒕 + (𝟏 − 𝝀)𝝅𝒆𝒕 ] − 𝜶(𝒖𝒕 − 𝒖𝒏 )
La proporzione λ è indicizzata e tiene conto dell’inflazione
effettiva.
La proporzione (1-λ) invece non è indicizzata e tiene conto
dell’inflazione attesa.
Se si ipotizza che l’inflazione attesa sia pari all’inflazione dello
scorso anno, e quindi 𝝅𝒆𝒕 = 𝝅𝒕−𝟏 ottengo:
𝝅𝒕 = [𝝀𝝅𝒕 + (𝟏 − 𝝀)𝝅𝒕−𝟏 ] − 𝜶(𝒖𝒕 − 𝒖𝒏 )
Quando λ=0 ottengo:
𝝅𝒕 − 𝝅𝒕−𝟏 = −𝜶(𝒖𝒕 − 𝒖𝒏 )
Quando λ>0 allora una proporzione λ dei salari è fissata
sull’inflazione effettiva. Allora posso scrivere:
(𝟏 − 𝝀)(𝝅𝒕 − 𝝅𝒕−𝟏 ) = −𝜶(𝒖𝒕 − 𝒖𝒏 )
Dividendo per 1-λ ottengo:
𝜶
𝝅𝒕 − 𝝅𝒕−𝟏 = − (𝒖𝒕 − 𝒖𝒏 )
((𝟏 − 𝝀))
Da qui si può dedurre che l’INDICIZZAZIONE DEI SALARI
AUMENTA L’EFFETTO DELLA DISOCCUPAZIONE
SULL’INFLAZIONE.

Senza indicizzazione dei salari, minore è la disoccupazione,


maggiore saranno i salari, aumentando anche i prezzi..
In presenza di indicizzazione salariale l’aumento dei prezzi
porta ad un aumento dei salari, che porta ulteriormente ad un
aumento dei prezzi e cosi via. L’effetto della disoccupazione
sull’inflazione è maggiore.
Quando λ=1 anche piccole variazioni della disoccupazione
possono portare a variazioni ampie dell’inflazione.
Deflazione e curva di phillips
quando la disoccupazione è elevata, anche l’inflazione è molto
alta.
Quindi quando il tasso di disoccupazione è alto, la deflazione è
molto elevata.
Quando un’economia comincia a sperimentare la deflazione, la
curva di Phillips non vale più. Questo perché è possibile che i
lavoratori siano disposti ad accettare salari più bassi, perché si
aspettavano che l’inflazione crescesse più lentamente.
Medio periodo: Il modello is-lm-pc
Nel breve periodo la produzione è determinata dalla domanda.
L’equazione della domanda è: Y=C(Y-T) + I(Y,r+x) + G.
Minore è il tasso reale r, maggiore sarà la produzione.
Minore è il tasso di interesse, maggiore sarà l’investimento,
aumentando cosi sia la domanda che la produzione.
Nel breve periodo l’equilibrio è il punto di intersezione tra la curva
IS e la curva LM
Nel mercato del lavoro troviamo la relazione tra inflazione e
disoccupazione, cioè la curva di Phillips 𝝅 − 𝝅𝒆 = −𝜶(𝒖 − 𝒖𝒏 ) e
abbiamo dedotto che quando il tasso di disoccupazione è inferiore
a quello naturale, ci si aspetta un’inflazione crescente.
Bisogna scrivere la curva di Phillips in termini di produzione e
inflazione. Quindi ricordiamo che il tasso di disoccupazione è il
numero dei disoccupati/ forza lavoro, u=U/L.
Inoltre U=L-N, quindi u=(L-N)/L= 1- N/L.
Che equivale a scrivere N=L(1-u).
Si ipotizza che la produzione sia uguale all’occupazione, quindi:
Y=N=L(1-u)
Quando il tasso di disoccupazione è pari a 𝒖𝒏 , la produzione e
l’occupazione sono pari a 𝑵𝒏 = 𝒀𝒏 = 𝑳(𝟏 − 𝒖𝒏 )

𝑵𝒏 = 𝒐𝒄𝒄𝒖𝒑𝒂𝒛𝒊𝒐𝒏𝒆 𝒏𝒂𝒕𝒖𝒓𝒂𝒍𝒆
𝒀𝒏 = 𝒑𝒓𝒐𝒅𝒖𝒛𝒊𝒐𝒏𝒆 𝑷𝑶𝑻𝑬𝑵𝒁𝑰𝑨𝑳𝑬
Scrivendo la differenza tra produzione e produzione potenziale
ottengo:

𝒀 − 𝒀𝒏 = 𝑳((𝟏 − 𝒖) − (𝟏 − 𝒖𝒏 )) = −𝑳(𝒖 − 𝒖𝒏 )
𝒀 − 𝒀𝒏 = 𝑶𝑼𝑻𝑷𝑼𝑻 𝑮𝑨𝑷
Quando il tasso di disoccupazione è al suo livello naturale l’output
gap è pari a zero e la produzione è al suo livello potenziale.
Quando il tasso di disoccupazione è maggiore del livello naturale,
la produzione è inferiore del suo livello potenziale e l’output gap è
negativo.
Quando il tasso di disoccupazione è al di sotto del livello naturale e
l’output gap è positivo.
Sostituendo (𝒖 − 𝒖_𝒏) nell’equazione della curva di Phillips
ottengo:
𝜶
𝝅− 𝝅𝒆 = ( ) (𝒀 − 𝒀𝒏 )
𝑳
Inoltre si ipotizza che l’inflazione attesa sia pari a quella prefissata
dalla banca centrale, quindi scriviamo:
𝜶
̅ = ( ) (𝒀 − 𝒀 𝒏 )
𝝅−𝝅
𝑳
Ci sono 2 grafici, il primo rappresenta il modello IS-LM,
dimostrando che un minor tasso reale porta ad una produzione
maggiore. Il secondo rappresenta la curva PC, dimostrando che
una maggior produzione porta ad un’inflazione più elevata.

IS

tasso di interess r A LM

Y produzione
PC

𝜋𝑡 − 𝜋𝑡−1 A
Variazione del tasso
di inflazione 0 𝑌𝑛 Y

produzione Y
siccome Y è maggiore di Yn significa che la produzione è al di
sopra del suo livello potenziale. L’output gap è positivo, e quindi
l’inflazione è al di sopra dell’obiettivo. Proprio per questo è molto
probabile che la politica economica reagisca perché:
1) La banca deve cercare di mantenere l’inflazione vicina al
tasso obiettivo;
2) Se non reagisse le aspettative dell’inflazione non sarebbero
più stabili, e chi fissa i salari cambierà il modo in cui forma le
proprie aspettative. La banca deve cercare di evitare che
l’inflazione aumenti.
Per reagire la banca deve AUMENTARE IL TASSO REALE per
riportare la produzione al livello potenziale.
Ad esempio:

A’
𝑟 ′𝑛 LM’
rn A IS LM
Y
PC
𝜋𝑡 − 𝜋𝑡−1 A

A’
𝑌𝑛 Y

Ipotizziamo che l’equilibrio iniziale sia nel punto A. se la banca


centrale aumenta il tasso reale (e quindi fa spostare la curva LM
verso l’alto), l’economia si muove lungo la curva IS, da A ad A’.
All’aumentare del tasso reale, la produzione diminuisce e l’output
gap si riduce, infatti lungo la curva PC ci si sposta da A ad A’. in A’
troviamo l’equilibrio del medio periodo (cioè il punto che coincide
con la produzione potenziale Yn e l’inflazione pari a 0).
Nel medio periodo l’economia converge verso la produzione
potenziale, quindi Y=Yn, e l’inflazione converge verso il tasso
obiettivo, quindi 𝝅 = 𝝅
̅ , e la disoccupazione torna al tasso naturale
di disoccupazione 𝒖 = 𝒖𝒏 .
Il tasso reale deve far si che la domanda di beni sia uguale alla
produzione potenziale, cioè 𝒓 = 𝒓𝒏 . Questo viene chiamato TASSO
DI INTERESSE NATURALE, o TASSO DI INTERESSE NEUTRALE,
o TASSO DI INTERESSE DI WICKSELL.
Siccome r è uguale a i – inflazione attesa, possiamo dire che
𝒊 = 𝒓𝒏 + 𝝅𝒆 . Si sa che nel medio periodo l’inflazione attesa è uguale
a quella effettiva, e che il tasso reale r è pari a quello naturale 𝒓𝒏 ,
possiamo scrivere che 𝒊 = 𝒓𝒏 + 𝝅 ̅.

Per quanto riguarda l’offerta di moneta, essa è uguale alla


domanda di moneta, M>P=YL(i). sostituendo il valore di i ottengo:
𝑴
= 𝒀𝒏 𝑳(𝒓𝒏 + 𝝅
̅)
𝑷
La produzione naturale, tasso di interesse naturale e inflazione
obiettivo sono costanti, quindi anche la domanda e l’offerta di
moneta sono costanti. Questo implica che il prezzo P deve crescere
allo stesso tasso dello stock nominale di moneta.
Se ipotizziamo che il tasso di crescita della moneta è pari a 𝒈𝑴 ,
possiamo dire che 𝝅 = 𝒈𝑴 .
Sostituendo nell’equazione del tasso di interesse nominale
ottengo: 𝒊 = 𝒓𝒏 + 𝒈𝑴 , cioè il tasso di interesse nominale è pari
alla somma tra tasso reale naturale e tasso di crescita nominale
della moneta.

NB: nel medio periodo le variabili PRODUZIONE,


DISOCCUPAZIONE E TASSO DI INTERESSE REALI SONO
INDIPENDENTI DALLA POLITICA MONETARIA.
Le uniche variabili che dipendono dalla politica monetaria sono
tasso di inflazione e tasso di interesse nominale.
Nel medio periodo troviamo la NEUTRALITA’ DELLA MONETA: la
variazione dell’offerta di moneta non ha effetti sulle variabili ma
solo sul tasso di inflazione e sul tasso di interesse.

Come le cose possono andare male?


Anche se la banca vorrebbe mantenere la produzione a Yn, in
realtà è molto difficile che la banca centrale conosca esattamente il
livello di produzione potenziale.
Inoltre la variazione del tasso di inflazione, anche se indica se
l’output gap è positivo o negativo, nella realtà questa cosa tende ad
essere molto meno chiara.
Inoltre gli aggiustamenti riguardanti l’economia avvengono molto
lentamente, perché le imprese hanno bisogno di tempo per
adeguare le loro decisioni all’investimento.

L’economia si può trovare anche in deflazione. Questo avviene


quando l’output gap è molto grande l’inflazione è al di sotto
dell’obiettivo:

r A

0 LM
rn
IS
Y Y’ Yn
PC

0 Y’ Yn
𝜋𝑡 − 𝜋𝑡−1 A’
Inizialmente l’equilibrio è nel punto A. La banca dovrebbe
diminuire il tasso reale, facendo aumentare la produzione fino al
livello potenziale. Quindi da r ad rn, in modo che la produzione sia
quella potenziale Yn e l’inflazione sia stabile (perché l’intersezione
si trova con la retta dell’inflazione pari a 0).
Si può vedere che quando l’economia è in forte recessione, la
banca dovrebbe scegliere un tasso reale negativo per riportare la
produzione al livello potenziale.
Però sappiamo che è presente lo zero lower bound, e se questo
impedisce alla politica monetaria di riportare la produzione al
livello potenziale, questo porta ad una minor produzione e ad una
maggiore deflazione.
Se ad esempio la banca non può ridurre il tasso reale al di sotto di
r, c’è un ampio output gap e una deflazione. In questo modo gli
individui cominciano ad anticipare la deflazione cambiando il
modo di formare le proprie aspettative, e il tasso di interesse
aumenta(come avvenne durante la Grade Depressione).
Maggiore è la deflazione, maggiore è il tasso di interesse reale e
minore è l’output.

Consolidamento fiscale
Osserviamo il consolidamento fiscale nel breve e lungo periodo.
Ipotizziamo che l’economia si trovi al suo livello potenziale nel
punto A, con la produzione pari a Yn e tasso di policy pari a rn, e
con un’inflazione stabile.
Si suppone che il governo vuole aumentare le imposte, quindi la
curva IS si sposta verso sinistra, da IS a IS’. Quindi il nuovo
equilibrio è A’, cioè l’intersezione tra la curva LM e la curva IS’. In
questo punto la produzione si riduce, da Yn a Y’, e l’inflazione
comincia a diminuire. All’aumentare delle imposte e al diminuire
del reddito, allora consumo, produzione, investimento si
riducono. Questo riguarda il breve periodo.
Nel MEDIO PERIODO la banca centrale deve intervenire
riducendo il tasso di policy perché il livello di produzione è troppo
basso, e si vuole riportare al suo livello potenziale. Nel medio
periodo la produzione ritorna al livello potenziale Yn e il tasso di
interesse è ad un livello più basso r’n.
In questo nuovo equilibrio siccome il reddito è uguale, ma le
imposte sono aumentate, allora il consumo si riduce.
Inoltre la produzione è sempre uguale, ma con un tasso di
interesse minore e quindi L’investimento aumenta.
Quindi la riduzione del consumo è controbilanciata dall’aumento
dell’investimento.

A’ A
rn LM
r’n A’’ LM’
IS’ IS
Y’ Yn

0 A=A’’
Y’ Yn
𝜋𝑡 − 𝜋𝑡−1 A’

Quindi quando la banca adotta un consolidamento fiscale, deve


ridurre il tasso reale per mantenere la produzione al livello
potenziale. Anche se spesso non è possibile a causa dello zero
lower bound, e quindi la banca ha un limite nel manovrare e
modificare il tasso di interesse.
Aumenti del petrolio
Finora abbiamo considerato che il modello IS-LM-PC avesse un
solo fattore produttivo, cioè il lavoro.
Se aumenta il prezzo del petrolio, aumenta il costo della
produzione. Questo fa si che le imprese aumentino i prezzi per
avere lo stesso livello di profitto.
La determinazione dei prezzi è rappresentata dalla curva di
equazione W/P=1/(1+m).
L’equilibrio iniziale si trova nel punto A.
Se aumenta il markup, i salari reali saranno più bassi e il tasso di
disoccupazione sarà maggiore, e quindi un’occupazione minore.
Quindi la curva PS si sposta verso il basso.

PS
1/1+m A

1/1+m’ A’ PS’
WS

Le aziende per un certo periodo possono anche accettare una


diminuzione del profitto, ma se il prezzo del petrolio rimane alto le
imprese vogliono ristabilire il loro profitto.
Per quanto riguarda invece il medio periodo, il grafico è:

A’’
r’n
rn AA’ LM

IS
Y’ Yn
PC
𝜋𝑡 − 𝜋𝑡−1 A’

0 A’’ A Yn
Y’n

L’equilibrio iniziale si trova nel punto A, in corrispondenza della


produzione Yn e tasso reale di interesse rn.
Se aumenta il prezzo del petrolio diminuisce la produzione
potenziale, da Yn a Y’, e la curva PC si sposta verso l’alto. se la
curva IS non si sposta e la banca mantiene uguale il tasso reale di
interesse, la produzione non cambia ma l’inflazione è troppo alta.
L’equilibrio nel breve periodo si trova nel punto A. ma il problema
è che l’inflazione è troppo alta.
Per stabilizzare l’inflazione la banca aumenta il tasso di interesse,
da A’ ad A’’ (equilibrio di medio periodo). In questo punto
troviamo la STAGFLAZIONE, cioè minor produzione e maggiore
inflazione.
Abbiamo ipotizzato che la curva IS non si sposti, ma nella realtà
all’aumentare del prezzo del petrolio gli individui potrebbero
ridurre il proprio consumo e le imprese potrebbero cambiare il
metodo di investimento.
Inoltre se l’aumento del prezzo del petrolio è temporaneo, allora è
probabile che la banca lasci l’inflazione alta, consapevole del fatto
che questa si ridurrà automaticamente quando il prezzo del
petrolio scenderà.
Se l’aumento del prezzo è permanente, allora si ridurrà la
produzione potenziale.

Gli effetti del lockdown


Il lockdown ha causato un gran numero di disoccupati e ha ridotto
di gran lunga la forza lavoro dei lavoratori. Quindi il tasso di
disoccupazione è più alto del tasso di disoccupazione naturale 𝒖𝒏 .
Proprio per questo il grafico che riguarda l’equazione dei prezzi e
dei salari si è modificato.
La curva PS non è più orizzontale, ma è VERTICALE, perché le
imprese sono costrette a considerare l’occupazione come data e
non possono prendere in considerazione il profitto desiderato.
Quindi 𝒀′ 𝒏 < 𝒀𝒏 e 𝒖′ 𝒏 > 𝒖𝒏 .
Solitamente, quando non c’è un blocco, succede che all’aumentare
del tasso di disoccupazione diminuisce la forza contrattuale dei
lavoratori. Invece quando è presente un lockdown i salari sono
congelati, cioè non possono diminuire e il markup, m, resta uguale
a prima del blocco. Proprio per questo la curva WS diventa una
retta orizzontale.
PS

1/1+m A WS

un u’n
quindi il lockdown provoca un aumento del tasso di
disoccupazione e una riduzione dell’occupazione.
Per quanto riguarda il modello IS-LM, la curva IS si sposta verso
sinistra, perché esso provoca un calo della domanda dato che ci
sono meno lavoratori, e anche un calo dell’offerta perché la
produzione diminuisce.
Anche nel medio periodo la produzione scende al nuovo livello.

A’ A
𝒓𝒏 LM

IS’ IS
𝒀′ 𝒏 𝒀𝒏

Per riprendersi da questo calo della produzione i governi


potrebbero fare due cose:
1) Effettuare una politica fiscale espansiva, aumentando la
spesa pubblica o riducendo le imposte, e quindi da IS’ a IS’’,
aumentando la produzione a Y’n;
2) Effettuare una politica monetaria espansiva, riducendo il
tasso di interesse da rn a r’n dando impulso alla produzione e
agli investimenti.
IS’ IS’’ IS

A’ A
𝑟𝑛 LM

𝑟′𝑛 LM’

𝑌𝑡 𝑌′𝑛 𝑌𝑛
Shock e meccanismi di propagazione
L’economia è costantemente colpita da shock, che possono essere
variazioni del consumo derivanti dalle diverse aspettative dei
consumatori, o variazione dell’investimento ecc. o cambiamenti
della politica economica (decisioni della banca di ridurre
l’inflazione, oc un nuovo programma di investimento ecc.).
Le fluttuazioni economiche derivano proprio da questi shock e dai
loro effetti che provocano alla produzione.
Spesso l’economia ritorna da sola all’equilibrio di medio periodo,
e quindi non è necessaria una risposta da parte della banca.
Se non è presente una reazione si adotta una politica monetaria o
fiscale adatta alla situazione.
Esercizi sul medio periodo
Assumete che la curva di Phillips sia
𝝅𝒕 = 𝝅𝒆𝒕 + 𝟎. 𝟑 − 𝟒𝒖𝒕 ;
𝝅𝒆𝒕 = (𝟏 − 𝜽)𝝅
̅ + 𝜽𝝅𝒕−𝟏
̅=𝟎
𝝅
Calcolare Un se θ=0.5 e se θ=1. Come varia?

Per prima cosa sostituisco l’inflazione attesa nella curva di


Phillips:
𝝅𝒕 = (𝟏 − 𝜽)𝟎 + 𝜽𝝅𝒕−𝟏 + 𝟎. 𝟑 − 𝟒𝒖𝒕
Quando θ=0.5:
𝝅𝒕 − 𝟎. 𝟓𝝅𝒕−𝟏 = 𝟎. 𝟑 − 𝟒𝒖𝒕
Pongo 𝝅𝒕 = 𝝅𝒆 e il lato sinistro dell’equazione si azzera, quindi
𝟎. 𝟑
𝒖𝒏 = = 𝟎. 𝟎𝟕𝟓
𝟒
Se θ=1 il tasso di disoccupazione non cambia perché non dipende
da esso.

Esercizio 2:
ponete che la curva di Phillips sia: 𝝅𝒕 − 𝝅𝒕−𝟏 = −𝟐. 𝟓(𝒖𝒕 − 𝒖𝒏 )
𝒖𝒕 = 𝟎. 𝟎𝟖
𝒖𝒏 = 𝟎. 𝟎𝟕
𝝅𝒕−𝟏 = 𝟎. 𝟎𝟓
Calcolare l’inflazione al tempo t, e determinare se essa è maggiore,
minore o uguale all’inflazione al tempo t-1.
Calcolare l’inflazione al tempo t quando Ut=0.09, 0.1, 0.11, 0.6,
0.5, 0.04, 0.03.

Sostituisco l’inflazione nell’equazione di Philipps:


𝝅𝒕 − 𝟎. 𝟎𝟓 = −𝟐. 𝟓(𝟎. 𝟎𝟖 − 𝟎. 𝟎𝟕)
𝝅𝒕 − 𝟎. 𝟎𝟓 = −𝟎. 𝟎𝟐𝟓= 0.5, è maggiore dell’inflazione al tempo t-1.
Quando 𝒖𝒕 = 𝟎. 𝟎𝟗 allora 𝝅𝒕 − 𝟎. 𝟎𝟓 = −𝟐. 𝟓(𝟎. 𝟎𝟗 − 𝟎. 𝟎𝟕) = 𝟎. 𝟎𝟓 −
𝟎. 𝟎𝟓 = 𝟎
Quando 𝒖𝒕 = 𝟎. 𝟏 allora 𝝅𝒕 − 𝟎. 𝟎𝟓 = −𝟐. 𝟓(𝟎. 𝟏 − 𝟎. 𝟎𝟕) = −𝟎. 𝟎𝟐𝟓
Quando 𝒖𝒕 = 𝟎. 𝟏𝟏 allora 𝝅𝒕 − 𝟎. 𝟎𝟓 = −𝟐. 𝟓(𝟎. 𝟏𝟏 − 𝟎. 𝟎𝟕) = −𝟎. 𝟎𝟓
Quando 𝒖𝒕 > 𝒖𝒏 𝒍′ 𝒊𝒏𝒇𝒍𝒂𝒛𝒊𝒐𝒏𝒆 𝒅𝒆𝒄𝒓𝒆𝒔𝒄𝒆. L’inflazione al tempo t è
minore rispetto all’inflazione al tempo t-1.
Quando 𝒖𝒕 < 𝒖𝒏 𝒍′ 𝒊𝒏𝒇𝒍𝒂𝒛𝒊𝒐𝒏𝒆 è 𝒑𝒐𝒔𝒊𝒕𝒊𝒗𝒂. L’inflazione al tempo t è
maggiore rispetto all’inflazione al tempo t-1.

Se Ut=0.06, Un=0.07 allora


𝝅𝒕 − 𝟎. 𝟎𝟓 = −𝟐. 𝟓(𝟎. 𝟎𝟔 − 𝟎. 𝟎𝟕) = 𝟎. 𝟎𝟕𝟓
Se Ut=0.05 allora 𝝅𝒕 − 𝟎. 𝟎𝟓 = −𝟐. 𝟓(𝟎. 𝟎𝟓 − 𝟎. 𝟎𝟕) = 𝟎. 𝟏
Se Ut=0.04 allora 𝝅𝒕 − 𝟎. 𝟎𝟓 = −𝟐. 𝟓(𝟎. 𝟎𝟒 − 𝟎. 𝟎𝟕) = 𝟎. 𝟏𝟐𝟓
Se Ut=0.03 allora 𝝅𝒕 − 𝟎. 𝟎𝟓 = −𝟐. 𝟓(𝟎. 𝟎𝟑 − 𝟎. 𝟎𝟕) = 𝟎. 𝟏𝟓

Esercizio 3
Assumete che la curva di Phillips sia:
𝝅𝒕 − 𝝅𝒕−𝟏 = −𝟐. 𝟓(𝒖𝒕 − 𝒖𝒏 )
𝒖𝒏 = 𝟎. 𝟎𝟖
𝝅𝒕−𝟏 = 𝟎. 𝟎𝟓
Assumete che i policy-maker mantengono Ut=6%, calcolare
𝝅𝒕 , 𝝅𝒕+𝟏 , 𝝅𝒕+𝟐
𝝅𝒕 − 𝟎. 𝟎𝟓 = −𝟐. 𝟓(𝟎. 𝟎𝟔 − 𝟎. 𝟎𝟖) = 𝟎. 𝟏
Per calcolare 𝝅𝒕+𝟏 l’equazione della curva di Phillips diventa:
𝝅𝒕+𝟏 − 𝝅𝒕 = −𝟐. 𝟓(𝒖𝒕 − 𝒖𝒏 )
Sostituisco: 𝝅𝒕+𝟏 − 𝟎. 𝟏 = −𝟐. 𝟓(𝟎. 𝟎𝟔 − 𝟎. 𝟎𝟖) = 𝟎. 𝟏𝟓
Per calcolare 𝝅𝒕+𝟐 l’equazione della curva di Phillips diventa:
𝝅𝒕+𝟐 − 𝝅𝒕+𝟏 = −𝟐. 𝟓(𝒖𝒕 − 𝒖𝒏 )
Sostituisco: 𝝅𝒕+𝟐 − 𝟎. 𝟏𝟓 = −𝟐. 𝟓(𝟎. 𝟎𝟔 − 𝟎. 𝟎𝟖) = 𝟎. 𝟐
Come possiamo vedere l’inflazione aumenta sempre di più.

Esercizio:
se 𝝅𝒕 = 𝝅𝒕−𝟏 + (𝒎 + 𝒛) − 𝜶𝒖𝒕 , considerate 2 paesi A e B, α=4 e
m=0.05.
si ipotizza che una maggior durata dei sussidi di disoccupazione
nel paese A rispetto al paese B sia tale che 𝒁𝑩 = 𝟎. 𝟎𝟔 e 𝒁𝑨 = 𝟎. 𝟏𝟖
Calcolare il tasso naturale di disoccupazione.

𝒎+𝒛
Ricordiamo che 𝒖𝒏 =
𝜶
𝟎.𝟎𝟓+𝟎.𝟎𝟔
Quindi nel paese B 𝒖𝒏 = = 𝟎. 𝟎𝟑
𝟒
𝟎.𝟎𝟓+𝟎.𝟏𝟖
Nel paese A 𝒖𝒏 = = 𝟎. 𝟎𝟔
𝟒

Cosa succede all’inflazione se Ut=5% in entrambi i paesi?


In B Ut>Un quindi l’inflazione è decrescente, e la sua variazione è
negativa.
In A Ut<Un quindi l’inflazione è crescente, e la sua variazione è
positiva.
Lungo periodo
Nel caso di lungo periodo si vuole osservare la qualità della vita
delle persone.
La prima variabile è rappresentata dal PRODOTTO PRO CAPITE,
cioè il PIL di un paese diviso per il numero di abitanti di quel
determinato paese.
Per confrontare il prodotto pro capite tra paesi non bisogna
calcolare il prodotto pro capite di ogni dividerlo e poi confrontarlo
modificandolo attraverso i tassi di cambio perché bisogna
considerare due cose:
1) Fluttuazioni del tasso di cambio, che indica che i tassi di
cambio tra i vari Paesi possono variare molto. Ad esempio la
sterlina nel 2008 è scesa del 30% rispetto al dollaro
statunitense, ma questo non significa che la qualità della vita
nel Regno Unito è diminuita del 30%.
2) Variazioni sistematiche dei prezzi, ad esempio il Pil pro capite
in India è 2016 dollari USA, invece negli stati uniti è del 62517.
Negli USA nessuno riuscirebbe a vivere con 2016 dollari
all’anno, invece in India si può perché i prezzi sono molto
bassi. Minore è il livello del Pil pro capite, minore saranno i
prezzi dei beni di quel Paese.
Per confrontare il Pil si deve considerare un prezzo unico per
tutti i Paesi. È una misura a PARITA’ DEI POTERI DI ACQUISTO
(PPP).
In realtà agli individui non interessa il reddito che ricevono, ma
il loro consumo, ma siccome il loro andamento è molto simile si
considera il reddito pro capite e non il consumo pro capite.
Cosi come le imprese non prendono in considerazione il
prodotto pro capite, ma il prodotto per lavoratore.

Prima del 1950 il prodotto pro capite era molto basso, e questo
dipende dalla qualità della vita. Dopo il 1950 i paesi ritardatari
sono cresciuti molto più velocemente rispetto ai Paesi che già
erano sviluppati (USA).
Infatti il prodotto pro capite degli USA è ancora molto alto, ma
la differenza tra il prodotto pro capite degli USA e quello
dell’Italia, Giappone, Francia ecc. è minore, quindi c’è stata una
convergenza tra i paesi ricchi.
Questo si può spiegare dal fatto che prima del 1950 in Europa il
prodotto pro capite era quasi nullo, perché la principale attività
era l’agricoltura, e senza nuove tecnologie.
L’economista inglese Malthus spiegò che l’aumento della
produzione porta ad una riduzione della mortalità, e quindi un
aumento della popolazione, fino a quando il prodotto pro capite
non torna al suo livello iniziale. Quindi l’Europa si trovava in
una trappola malthusiana, perché non riusciva a far aumentare
il prodotto pro capite.
Con la rivoluzione industriale, attraverso nuove scoperte, il
prodotto pro capite è aumentato molto.
Questa crescita però non ha coinvolto tutti i Paesi, ad esempio
l’Africa.

Funzione di produzione aggregata


la funzione di produzione aggregata dipende dal capitale e dal
lavoro:

Y=F(K,N)
Y= produzione aggregata;
K= capitale;
N= lavoro;
F= funzione di produzione aggregata.
Ovviamente nella realtà i macchinari, impianti ecc hanno un
ruolo diverso rispetto ai lavoratori per produrre beni. Cosi
come i lavoratori non sono tutti uguali, c’è chi ha più abilità e
chi invece ha un’istruzione minore.
Inoltre la funzione di produzione dipende dallo STATO DELLA
TECNOLOGIA, maggiore è la tecnologia, maggiore sarà la
produzione, con lo stesso livello di K ed N.
Rendimenti in scala costanti e decrescenti
Rendimenti in scala costanti: all’aumentare di K e di N aumenta
anche la produzione:

xY=F(xK,xN)

rendimenti decrescenti di capitale: dato il lavoro, aumenti di


capitale fanno aumentare la produzione, ma in misura meno
che proporzionale, questo perché inizialmente un aumento di
capitale provoca un grande effetto. Se invece il capitale è già
elevato, un piccolo incremento non provoca un grande effetto
sulla produzione, che appunto aumenta di una piccolissima
quantità.
Rendimenti decrescenti del lavoro: dato il capitale, aumenti di
lavoro fanno aumentare la produzione, ma in misura meno che
proporzionale.

Prodotto e capitale per lavoratore


Partendo dall’equazione Y=F(K,N), dividendo tutto per il lavoro N
ottengo:
𝒀 𝑲 𝑵
= 𝑭( ; )
𝑵 𝑵 𝑵
𝒀 𝑲
Semplificando: = 𝑭 ( ; 𝟏)
𝑵 𝑵
Y/N= prodotto per lavoratore;
K/N= capitale per lavoratore.
All’aumentare del capitale per lavoratore aumenta anche il
prodotto per lavoratore. Ricordando i rendimenti decrescenti
graficamente: D’
C’
B’
A’
Dal grafico si può osservare la regola dei rendimenti marginali.
sull’asse orizzontale è presente il capitale per lavoratore, e la
distanza AB e quella CD è uguale, ma possiamo vedere che man
mano che aumenta il capitale per lavoratore, ad esempio nel
punto C, il prodotto per lavoratore aumenta ma in misura meno
che proporzionale.

Da cosa dipende la crescita?


- All’aumentare del capitale per lavoratore K/N, aumenta il
prodotto per lavoratore Y/N.
- Progresso tecnologico, che con la stessa quantità di capitale
per lavoratore, fa aumentare il prodotto per lavoratore,
graficamente:

F(K/N,1)’

B’
A’ F(K/N,1)

Bisogna ricordare che:


- L’accumulazione di capitale da sola non può sostenere la
crescita. Perché a causa dei rendimenti marginali
decrescenti si arriva ad un punto in cui l’economia non
sarebbe disposta a risparmiare abbastanza per aumentare
il capitale, e il prodotto per lavoratore non aumenterebbe
di conseguenza.
- Per sostenere la crescita c’è bisogno di un progresso
tecnologico sostenuto.
Risparmio, accumulazione di capitale e produzione
Per determinare la produzione nel lungo periodo bisogna
osservare due relazioni tra produzione e capitale:
1) L’ammontare di capitale determina l’ammontare della
produzione;
2) Il livello della produzione determina l’ammontare del
risparmio e quindi del capitale.
EFFETTI DEL CAPITALE SULLA PRODUZIONE
Partiamo dall’equazione della produzione per lavoratore:
𝒀 𝑲
= 𝑭 ( , 𝟏)
𝑵 𝑵
Questo indica che all’aumentare del capitale per lavoratore
aumenta anche il prodotto per lavoratore. Siccome sono
presenti rendimenti marginali decrescenti, l’aumento del
capitale per lavoratore ha un effetto sempre minore rispetto
all’aumento iniziale.
Questa equazione si può scrivere anche:
𝒀 𝑲
= 𝒇( )
𝑵 𝑵
Inoltre si ipotizza che:
- Dimensione della popolazione, tasso di partecipazione,
tasso di disoccupazione, forza lavoro sono costanti. Quindi
anche N è costante. Se N è costante, l’unica variabile è K.
- Non è presente progresso tecnologico.
Quindi possiamo aggiungere gli indici temporali per Y e per K
(non si aggiunge l’indice per N perché è costante):
𝒀𝒕 𝑲𝒕
= 𝒇( )
𝑵 𝑵
EFFETTI DELLA PRODUZIONE SULL’ACCUMULAZIONE DI
CAPITALE
Per osservare questa relazione bisogna prima ricavare la
relazione tra produzione e investimento, e poi
dall’investimento all’accumulazione di capitale.

RELAZIONE TRA PRODUZIONE E INVESTIMENTO:


partiamo dall’equazione dell’investimento, cioè la somma tra
risparmio pubblico e risparmio privato:
I=S+(T-G)
Adesso ipotizziamo che il risparmio pubblico (T-G) sia pari a
0, quindi:
I=S
Il risparmio privato ovviamente dipende dal reddito, e quindi

I=sY
s= TASSO DI RISPARMIO, compreso tra 0 e 1. Bisogna
ricordare che il tasso di risparmio non aumenta quando un
paese diventa più ricco, e che i paesi più ricchi non hanno un
tasso di risparmio maggiore degli altri paesi.
All’aumentare della produzione aumenta anche il risparmio,
e quindi anche l’investimento.
Aggiungendo gli indici temporali:

𝑰𝒕 = 𝒔𝒀𝒕
DA INVESTIMENTO AD ACCUMULAZIONE DI CAPITALE
La prima differenza da fare è che:
l’investimento (così come produzione e risparmio) è un
FLUSSO, cioè sono definiti per unità di tempo;
il capitale (così come l’occupazione) è uno STOCK, cioè
variabili senza una dimensione temporale, sono definiti per
un certo momento nel tempo.
si ipotizza che lo stock di capitale sia all’inizio di ogni anno e
si deprezza per una quantità pari a δ, ciò significa che ogni
anno una proporzione pari a δ non può essere utilizzata.
Quindi la restante parte di capitale che può essere utilizzata è
(1-δ).
Lo stock di capitale è dato dallo stock di capitale che resta
intatto all’anno t che resta intatto fino all’anno t+1, più il
nuovo stock di capitale accumulato durante l’anno, cioè
l’investimento:

𝑲𝒕+𝟏 = (𝟏 − 𝜹)𝑲𝒕 + 𝑰𝒕
Si sostituisce l’equazione dell’investimento e si dividono
entrambi i lati per N:
𝑲𝒕+𝟏 𝑲𝒕 𝒀𝒕
(
= 𝟏−𝜹 ) +𝒔
𝑵 𝑵 𝑵

Quindi il capitale per lavoratore all’anno t+1 è uguale al


capitale per lavoratore all’anno t, tenuto conto del
deprezzamento, più l’investimento per lavoratore, che è pari
al tasso di risparmio moltiplicato per il prodotto per
lavoratore.
A questo punto moltiplico il capitale per lavoratore per (1-δ):
𝑲𝒕+𝟏 𝑲𝒕 𝑲𝒕 𝒀𝒕
= −𝜹 +𝒔
𝑵 𝑵 𝑵 𝑵
Porto Kt/N dall’altro lato ottenendo la variazione dello stock
di capitale:
𝑲𝒕+𝟏 𝑲𝒕 𝒀𝒕 𝑲𝒕
− =𝒔 −𝜹
𝑵 𝑵 𝑵 𝑵
Quindi la variazione dello stock di capitale è data dal tasso di
risparmio del lavoratore meno il deprezzamento del capitale
per lavoratore.
UNIONE DELLE DUE EQUAZIONI
Sostituendo il prodotto per lavoratore Yt/N ottenuta
dall’effetto del capitale sulla produzione Y/N=f(K/N)
all’equazione appena ottenuta dalla relazione tra
investimento e capitale ottengo:

𝑲𝒕+𝟏 𝑲𝒕 𝑲𝒕 𝑲𝒕
− = 𝒔𝒇 ( ) − 𝜹
𝑵 𝑵 𝑵 𝑵
L’equazione indica che la variazione del capitale per
lavoratore è dato dalla sottrazione tra INVESTIMENTO PER
LAVORATORE e il DEPREZZAMENTO PER LAVORATORE.
Se l’investimento per lavoratore eccede il deprezzamento per
lavoratore, allora la variazione del capitale per lavoratore è
Graficamente:
Deprezzamento per lavoratore δKt/N

Y*/N prodotto per lavoratore f(Kt/N)


B Investimento per lavoratore sf(Kt/N)

C
D
A K0/N K*/N
L’investimento per lavoratore ha lo stesso andamento della
produzione per lavoratore, ma è una curva più bassa di un
fattore s. per la legge dei rendimenti marginali decrescenti
l’investimento aumenta all’aumentare del capitale per
lavoratore, ma in misura meno che proporzionale man mano
che questo aumenta.
Il deprezzamento per lavoratore è una linea retta, aumenta in
misura proporzionale al capitale per lavoratore.
La variazione del capitale per lavoratore è data dalla differenza
tra investimento e deprezzamento per lavoratore.
In corrispondenza di K0/N la variazione del capitale per
lavoratore CD è data dalla distanza AC – distanza AD, CD=AC-
AD.
A sinistra di K*/N l’investimento eccede il deprezzamento e il
capitale per lavoratore aumenta.
A destra di K*/N il deprezzamento eccede l’investimento e il
capitale per lavoratore diminuisce.
Il punto di equilibrio è K*/N, dove
INVESTIMENTO=DEPREZZAMENTO e il prodotto per
lavoratore e capitale per lavoratore rimangono costanti.
Il punto in cui prodotto per lavoratore e capitale per lavoratore
sono costanti si chiama STATO STAZIONARIO:
𝑲∗ 𝑲∗
𝒔𝒇 ( )=𝜹
𝑵 𝑵
Il valore di stato stazionario del prodotto per lavoratore è dato
da:
𝒀∗ 𝑲∗
= 𝒇( )
𝑵 𝑵
TASSO di risparmio e produzione
- IL TASSO DI RISPARMIO NON HA ALCUN EFFETTO SUL
TASSO DI CRESCITA DI LUNGO PERIODO DEL
PRODOTTO PER LAVORATORE (che infatti è pari a 0).
Questo viene spiegato dal fatto che nel lungo periodo il tasso di
crescita della produzione è pari a 0, a prescindere dal tasso di
risparmio.
Questo perché per avere un tasso di crescita positivo, il capitale
per lavoratore dovrebbe aumentare molto più velocemente
rispetto al prodotto per lavoratore, e quindi l’economia
dovrebbe risparmiare una quantità sempre più grande di
produzione, fino a che anche risparmiando l’intera produzione
non basterebbe per accumulare capitale.
Nel lungo periodo capitale per lavoratore e prodotto per
lavoratore devono essere costanti.
- IL TASSO DI RISPARMIO DETERMINA IL LIVELLO DI
PRODOTTO PER LAVORATORE DI LUNGO PERIODO.
Tasso di risparmio maggiore  maggiore livello di prodotto
per lavoratore di lungo periodo.
- UN AUMENTO DEL TASSO DI RISPARMIO PORTA AD
UNA CRESCITA DEL CAPITALE PER LAVORATORE PER
UN CERTO PERIODO DI TEMPO, MA NON PER SEMPRE.
Quindi un aumento del tasso di risparmio non influenza il
tasso di crescita del prodotto per lavoratore, ma provoca un
incremento del livello di prodotto per lavoratore per un
determinato periodo di tempo.
Se aumenta il tasso di risparmio, aumenta la produzione e
l’economia avrà un periodo di crescita positiva, che si
esaurirà appena si raggiunge lo stato stazionario. Ovviamente
questo non riguarda il progresso tecnologico.

Y1/N s1>s0

Y0/N s0<s1
In un’economia in cui è presente progresso tecnologico il tasso di
crescita della produzione è positivo anche nel lungo periodo.
In realtà il tasso di crescita è diverso dal tasso di risparmio, che
determina un livello maggiore del prodotto per lavoratore.
Un aumento del tasso di risparmio porta ad una crescita maggiore
rispetto allo stato stazionario, fino a quando l’economia troverà un
nuovo punto in equilibrio.
Graficamente si può osservare che il prodotto per lavoratore
cresce ad una costantemente seguendo una linea retta inclinata,
con inclinazione pari al tasso di crescita ga+gn B

S1>s0
B A

S0

A
t

Inizialmente il tasso di risparmio è s0 e l’economia si sposta lungo


la retta AA. Se il tasso di risparmio cresce a s1, per un certo
periodo l’economia cresce fino al raggiungimento di un nuovo
equilibrio sulla retta BB, dove il tasso di crescita è sempre lo
stesso.
Tasso di risparmio e consumo
Si può influenzare il tasso di risparmio in diversi modi:
- AVANZO DI BILANCIO, cioè risparmio pubblico positivo
(dato il risparmio privato), facendo aumentare il risparmio
totale.
- SGRAVI FISCALI facendo aumentare il risparmio privato.
Nella realtà, i consumatori sono interessati al proprio
consumo e non alla produzione in sé.
Se aumenta il risparmio si riduce il consumo.
Nel lungo periodo sappiamo che se aumenta il risparmio
aumenta il prodotto per lavoratore, ma questo non coincide
con il consumo. Sono presenti due estremi del tasso di
risparmio:
- Economia in cui il capitale è pari a 0, di conseguenza anche
la produzione e il consumo sono pari a 0. Quindi TASSO DI
RISPARMIO=0 CONSUMO=0
- TASSO DI RISPARMIO=1, indica che gli individui
risparmiano tutto il reddito e quindi il consumo è di nuovo
pari a 0. Quindi TASSO DI RISPARMIO=1 CONSUMO=0.
Questo indica che tra gli estremi 0 e 1 è presente un valore in
cui il tasso di risparmio è massimo. In corrispondenza di
questo valore, i livello di capitale si chiama LIVELLO DI
CAPITALE NELLA REGOLA AUREA.
Se aumenta il risparmio al di sotto di quel punto si riduce il
consumo nel breve periodo, ma aumenta nel lungo.
Se aumenta il risparmio otre quel punto si riduce il consumo
nel breve e nel lungo periodo.

0 sg 1
Se aumenta il tasso di risparmio inizialmente aumenta il consumo
e poi questo diminuisce.
Se s<sg un maggior tasso di risparmio porta ad un maggior livello
di capitale, prodotto e consumo per lavoratore.
Se s>sg un aumento del tasso di risparmio provoca un aumento di
capitale e prodotto per lavoratore, ma una riduzione del consumo.
Quando s=1 il consumo per lavoratore è pari a 0, e il capitale e
prodotto per lavoratore sono alti, la produzione è usata per
rimpiazzare il deprezzamento.
Se in un’economia lo stock di capitale ha un valore molto superiore
rispetto al livello di regola aurea, si ha una riduzione del consumo
non solo presente ma un aumento in futuro.
Il governo deve trovare un trade off tra queste due reazioni. Il
livello desiderato del capitale dipende dal peso che si da alle
generazioni attuali e quelle future.

Esempio sula funzione di produzione


Ipotizziamo che la funzione di produzione sia: Y=√𝑲√𝑵
𝒀
Per ottenere il prodotto per lavoratore divido tutto per N: =
𝑵
𝑲 𝑲
√ √𝟏 = √
𝑵 𝑵

𝑲 𝑲
Il prodotto per lavoratore si può scrivere anche come:𝒇 ( ) = √
𝑵 𝑵

Sostituisco questo risultato nell’equazione ottenuta


precedentemente riguardante lo stock di capitale per lavoratore:

𝑲𝒕+𝟏 𝑲𝒕 𝑲𝒕 𝑲𝒕
− = 𝒔√ − 𝜹
𝑵 𝑵 𝑵 𝑵

In stato stazionario l’investimento è pari al deprezzamento,


quindi:

𝑲∗ 𝑲∗
𝒔√ =𝜹
𝑵 𝑵
Elevo al quadrato entrambi i termini e ottengo ☹𝒔^𝟐 𝑲^ ∗)/𝑵 =
𝜹^𝟐 〖(𝑲/𝑵)〗^𝟐
𝑲 𝒔 𝟐
Divido entrambi i lati per K/N e ottengo che =( )
𝑵 𝜹

𝒀∗ 𝑲∗ 𝒀∗ 𝒔 𝒔 𝟐
Ricordando che =√ quindi = √( ) =
𝑵 𝑵 𝑵 𝜹 𝜹

Il prodotto per lavoratore è pari al rapporto tra tasso di risparmio


e tasso di deprezzamento.
Un aumento del tasso di risparmio e una riduzione del tasso di
deprezzamento fanno aumentare il prodotto per lavoratore di
stato stazionario, e maggior capitale per lavoratore di stato
stazionario.
Se il tasso di risparmio raddoppia, raddoppia anche la produzione,
nel lungo periodo.

EFFETTI DINAMICI DI UN AUMENTO DEL TASSO DI RISPARMIO


Se aumenta il tasso di risparmio, aumenta il prodotto per
lavoratore di stato stazionario.
Per sapere quanto tempo ci vuole affinché l’economia raggiunga il
suo livello di produzione immaginiamo che al tempo 0 il capitale il
tasso di risparmio vari dal 10% al 20%. Allo stock di capitale non
cambia nulla, perché deve passare un anno per osservare un
maggior capitale, quindi al tempo 0 il livello di capitale per
𝑲𝟎 𝟎.𝟏 𝟐
lavoratore resta uguale al suo stato stazionario: =( ) =𝟏
𝑵 𝟎.𝟏

Nell’anno 1 se il tasso di deprezzamento è pari a 0.1 e il tasso di


𝑲𝟏 𝑲𝟎 𝑲𝟎 𝑲𝟎
risparmio è pari a 0.2 l’equazione − = 𝒔√ −𝜹
𝑵 𝑵 𝑵 𝑵

(𝑲〗𝟏
Diventa: 〖 ) − 𝟏 = [(𝟎. 𝟐)(√𝟏)] − [(𝟎. 𝟏)𝟏] quindi K1/N=1.1.
𝑵

Dopo l’aumento del tasso di risparmio, la produzione raggiunge il


suo nuovo livello in un periodo molto lungo. Quindi un aumento
del tasso di risparmio comporta una crescita del prodotto per
lavoratore per un periodo di tempo più lungo. Inoltre la crescita
del prodotto per lavoratore è più elevata all’inizio e poi man mano
decresce. Nel nuovo stato stazionario la crescita del prodotto per
lavoratore è di nuovo uguale a 0.

tasso di risparmio che massimizza il consumo per


lavoratore
il consumo per lavoratore è dato dal prodotto per lavoratore meno
il deprezzamento per lavoratore:
𝑪 𝒀 𝑲
= −𝜹
𝑵 𝑵 𝑵
Utilizzando le equazioni trovate precedentemente possiamo
scrivere:
𝑪 𝒔 𝒔
= − 𝜹 (〖 )〗𝟐
𝑵 𝜹 𝜹
𝑪 𝒔(𝟏−𝒔)
E quindi = .
𝑵 𝜹

Capitale fisico e capitale umano


il capitale umano è rappresentato dai lavoratori presenti
nell’impresa, diversi tra di loro per le capacità, abilità e
qualificazioni. Quindi il prodotto per lavoratore dipende sia dal
capitale fisico che dal capitale umano:
𝒀 𝑲 𝑯
= 𝒇( , )
𝑵 𝑵 𝑵
I lavoratori più qualificati utilizzano macchinari più complessi e si
adattano più velocemente alle mansioni.
Per costruire il capitale umano per lavoratore si ipotizza che
un’impresa sia formata da 100 lavoratori e che la metà di essi sono
pagati il doppio perché hanno delle qualificazioni. Allora H/N=
(50x1)+(50x2)/100=150/100=1.5.
All’aumentare del tasso di risparmio aumenta sia il capitale fisico
per lavoratore che il capitale umano per lavoratore.
Nel lungo periodo il prodotto per lavoratore dipende sia da quanto
una società risparmia che da quanto spende.
L’istruzione è sia un costo che un investimento, quindi si deve far
riferimento sia al costo effettivo che al costo opportunità.
Inoltre il deprezzamento del capitale fisico è maggiore rispetto al
deprezzamento del capitale umano. Infatti un lavoratore perde le
proprie capacità molto lentamente.
I modelli che prevedono una crescita endogena, come l‘istruzione,
sono chiamati MODELLI DI CRESCITA ENDOGENA.
Entrambi i tipi di capitale possono essere accumulati:
- Il capitale fisico può essere accumulato attraverso
l’investimento;
- Il capitale umano può essere accumulato attraverso
l‘istruzione e la formazione.

Progresso tecnologico
Il progresso tecnologico comporta:
1) Maggiore produzione avendo la stessa quantità di capitale;
2) Maggiore qualità dei prodotti;
3) Realizzazione di nuovi prodotti;
4) Vasta scelta di prodotti disponibili, quindi i consumatori
hanno più possibilità di scelta.
Lo stato della tecnologia indica quanto prodotto si può ottenere dal
capitale e dal lavoro in un certo periodo di tempo. Lo stato della
tecnologia si indica con A, quindi:

𝒀 = 𝑭(𝑲, 𝑵, 𝑨)
Questo indica che la produzione dipende dal capitale, da
lavoro e dallo stato della tecnologia. Inoltre il progresso
tecnologico riduce la quantità di lavoratori che servirebbero
per ottenere una certa quantità di prodotto. Possiamo
scrivere anche:

𝒀 = 𝑭(𝑲, 𝑨𝑵)
Dove AN rappresenta il LAVORO EFFETTIVO, quindi la
produzione dipende dal capitale e dal lavoro effettivo.
Anche in questo caso sono presenti:
- rendimenti di scala costanti: dato uno stato della tecnologia,
se raddoppia il capitale e il lavoro, allora la produzione
raddoppia:
𝒙𝒀 = 𝑭(𝒙𝑲, 𝒙𝑨𝑵)
- Rendimenti di scala decrescenti: a parità di lavoro
effettivo, all’aumentare del capitale aumenta anche la
produzione ma in misura meno che proporzionale, quindi
ad un tasso decrescente. Stessa cosa a parità di capitale,
all’aumentare del lavoro effettivo aumenta anche la
produzione ma ad un tasso decrescente.
Per ottenere la relazione tra capitale e prodotto per unità di
lavoratore effettivo dividiamo tutti i termini per 1/AN:
𝒀 𝑲
= 𝑭( , 𝟏)
𝑨𝑵 𝑨𝑵
Quindi il prodotto per unità di lavoro effettivo è funzione del
capitale per lavoro effettivo.
Graficamente:
Y/AN
f(K/AN)

K/AN

Facendo lo stesso ragionamento del prodotto per lavoratore,


ipotizziamo che l’investimento è uguale al risparmio privato, e
quindi:
I=S=sY
Dividiamo tutti i termini per AN:
𝑰 𝒀
=𝒔
𝑨𝑵 𝑨𝑵
Scriviamo il prodotto per lavoro effettivo come funzione del
capitale per lavoro effettivo:
𝑰 𝑲
= 𝒔𝒇 ( )
𝑨𝑵 𝑨𝑵
Graficamente:
investimento necessario
(δ+ga+gn)K/AN
Y/AN* Produzione f(K/AN)
Investimento sf(K/AN)

K/AN*

Introducendo il progresso tecnologico, il numero di unità di lavoro


effettivo AN aumenta nel tempo, quindi abbiamo sia una crescita
del lavoro pari a gn, sia una crescita del progresso tecnologico,
pari a ga. Quindi l’investimento è pari a:
𝑰 = 〖(𝒈〗𝑨 + 𝒈𝑵 )𝑲 + 𝜹𝑲
Mettiamo in evidenza K e otteniamo:

𝑰 = (𝒈𝑨 + 𝒈𝑵 + 𝜹)𝑲
In termini di lavoro effettivo, divido tutto per AN e ottengo:

𝑰 (𝒈𝑨 + 𝒈𝑵 + 𝜹)𝑲
=
𝑨𝑵 𝑨𝑵
Questa è la retta che rappresenta l’investimento necessario ed ha
inclinazione pari a ga+gn+δ.
Raggiunto lo stato stazionario, in K/AN*, il prodotto per lavoro
effettivo e il capitale per lavoro effettivo restano costanti e hanno
un tasso di crescita pari a 0. Lo stato stazionario è chiamato anche
STATO DI CRESCITA BILANCIATA, perché produzione, capitale e
lavoro effettivo crescono in modo equilibrato.
Invece il capitale e la produzione crescono al tasso ga+gn, perché
se Y/AN è costante, allora Y deve crescere alo stesso tasso di AN,
cioè ga+gn, e stessa cosa K.
Se l’economia volesse effettuare una crescita maggiore rispetto al
tasso (ga+gn), allora il capitale dovrebbe crescere più velocemente
rispetto alla produzione, per la legge dei rendimenti marginali
decrescenti. Ma si arriverebbe ad un punto in cui anche
risparmiando tutto il capitale, non si riuscirebbe ad avere una
produzione maggiore. Quindi l’economia non può crescere per
sempre ad un tasso maggiore di (ga+gn).
Nello stato di crescita bilanciata i tassi di crescita sono i seguenti:
TASSO DI CRESCITA
Prodotto per lavoro effettivo 0
Capitale per lavoro effettivo 0

lavoro 𝒈𝑵
Capitale per lavoratore 𝒈𝑨
Prodotto per lavoratore 𝒈𝑨

Capitale 𝒈𝑨 + 𝒈𝑵
Produzione 𝒈𝑨 + 𝒈𝑵

Effetti del tasso di risparmio


Il tasso di risparmio non influenza il tasso di crescita, ma il livello
del prodotto per unità di lavoro effettivo. Ad esempio:
(Y/AN)1 f(K/AN) (ga+gn+δ)K/AN
(Y/AN)0 S1f(K/AN)

s0f(K/AN)

(K/AN)0 (K/AN)1
Questo grafico dimostra che un aumento del tasso di risparmio fa
per lavoro effettivo per un periodo di tempo breve al di sopra dello
stato stazionario, fino a quando non raggiunge il suo nuovo stato
di crescita bilanciata. Ma non modifica il tasso di crescita, che
invece rimane sempre costante e pari a 0. Il tasso di crescita del
capitale e del prodotto resta costante e pari a (ga+gn).
B

B A

t
All’aumentare del tasso di risparmio l’economia si trova su un
livello più elevato, ma il tasso di crescita rimane costante.

Determinazione del progresso tecnologico


Il progresso tecnologico dipende dall’attività di Ricerca e Sviluppo
(R&S). Le imprese investono in R&S per aumentare i profitti attesi,
anche se fondamentalmente sono solo idee, e questa idea potrebbe
essere usata da più imprese allo stesso tempo.
La spesa in R&S dipende da due cose:
1) FERTILITA’ DEL PROCESSO DI RICERCA, che dipende dalla
ricerca di base e dalla ricerca applicata e sviluppo. La ricerca
di base non porta ad un progresso tecnologico, ma costituisce
le fondamenta per poter effettuare un progresso.
2) APPROPRIABILITA’ DEI RISULTATI DELLA RICERCA, cioè
ogni impresa che effettua una ricerca deve beneficiare della
propria attività. Inoltre esiste la protezione legale, i brevetti,
che garantiscono riconoscimenti al fondatore di quella
determinata scoperta. Una scarsa protezione porta a un
livello insufficiente di R&S, ma un’eccessiva protezione porta
a un livello ridotto di ricerca e sviluppo.
Inoltre si deve fare una differenza tra innovazione ed
imitazione;
solo i paesi più ricchi e più avanzati sono in grado di innovare,
invece i paesi più arretrati si limitano ad imitare.
esercizi sul lungo periodo
𝟏 𝟏
ipotizziamo una funzione di produzione aggregata: 𝒀 = 〖(𝑲〗𝟐 ) (𝑵𝟐 )

La funzione ha rendimenti in scala costanti?

La funzione ha rendimenti di scala costanti, lo si capisce dagli


esponenti di K e di N. quindi all’aumentare del capitale e dei
lavoratori, la produzione aumenta proporzionalmente.
Calcolare l’incremento o il decremento se:

1) K=300 e N=150 Y=√𝟑𝟎𝟎 √𝟏𝟓𝟎=212.17


2) K=600 e N=300 𝒀 = √𝟔𝟎𝟎√𝟑𝟎𝟎 = 𝟒𝟐𝟒. 𝟐𝟔
3) K=360 e N=180 𝒀 = √𝟑𝟔𝟎√𝟏𝟖𝟎 = 𝟐𝟓𝟒. 𝟓𝟔
Nel 2° caso si ha un incremento del 100% rispetto al primo, K,N e Y
raddoppiano.
Nel 3° caso si ha un incremento del 20% rispetto al primo.

Quanto vale Y/N?


Scompongo la frazione della radice di K/N, e semplifico N/N=1

𝒀 𝑲 𝟏 𝑲
=√ √ 𝟏=√
𝑵 𝑵 𝑵

𝒀 𝟑𝟎𝟎
Quando K=300 e N= 150, allora =√ = 𝟏. 𝟒𝟏
𝑵 𝟏𝟓𝟎

𝑲
Calcolare il prodotto per lavoratore quando il √ = 𝟒. 𝟓. 𝟔. 𝟕
𝑵

𝑲 𝒀
Quando √ = 𝟒 𝒂𝒍𝒍𝒐𝒓𝒂 =𝟐
𝑵 𝑵

𝑲 𝒀
Quando √ = 𝟓 𝒂𝒍𝒍𝒐𝒓𝒂 = 𝟐. 𝟐𝟒
𝑵 𝑵

𝑲 𝒀
Quando √ = 𝟔 𝒂𝒍𝒍𝒐𝒓𝒂 = 𝟐. 𝟒𝟓
𝑵 𝑵
𝑲 𝒀
Quando √ = 𝟕 𝒂𝒍𝒍𝒐𝒓𝒂 = 𝟐. 𝟔𝟓
𝑵 𝑵

Questo rispecchia la legge dei rendimenti marginali decrescenti,


cioè man mano che aumenta il capitale per lavoratore, aumenta il
prodotto per lavoratore in misura sempre minore.

Calcolare la variazione percentuale del prodotto per lavoratore.

La variazione si calcola sottraendo il prodotto del lavoratore al


tempo t- prodotto per lavoratore al tempo t-1 diviso prodotto per
lavoratore al tempo t-1.
∆𝒀 𝟐. 𝟐𝟒 − 𝟐
= 𝟏𝟎𝟎 = 𝟏𝟐%
𝑵 𝟐

∆𝒀 𝟐.𝟒𝟓−𝟐.𝟐𝟒
= 𝟏𝟎𝟎 = 𝟗. 𝟑𝟗%
𝑵 𝟐.𝟐𝟒

∆𝒀 𝟐. 𝟔𝟓 − 𝟐. 𝟒𝟓
= 𝟏𝟎𝟎 = 𝟖. 𝟏𝟔
𝑵 𝟐. 𝟒𝟓
Si nota ancora che i tassi sono decrescenti.

Esercizio 2
𝒀 𝑲
Assumiamo che = √ e δ=0.02. calcolare il livello di stato
𝑵 𝑵
stazionario per K/N e Y/N.

Ricordiamo che il livello di stato stazionario si trova quando


investimento per lavoratore= deprezzamento per lavoratore:
𝑲 𝑲
𝒔𝒇 ( ) = 𝜹
𝑵 𝑵
𝑲 𝑲
Sostituisco il prodotto per lavoratore: 𝒔√ = 𝜹
𝑵 𝑵

𝑲 𝑲𝟐
Elevo tutto al quadrato per eliminare la radice: 𝒔 =𝜹
𝑵 𝑵
𝑲 𝑺 𝒀 𝒔
Quindi = (〖 )〗𝟐 e questo indica che =
𝑵 𝜹 𝑵 𝜹

Calcolare prodotto per lavoratore e capitale per lavoratore quando


s=0.2,0.4,0.5,0.6,0.8
𝑲 𝟎.𝟐 𝟐 𝒀 𝟎.𝟐
Se s=0.2 e δ=0.02 allora =( ) = 𝟏𝟎𝟎 e = = 𝟏𝟎
𝑵 𝟎.𝟎𝟐 𝑵 𝟎.𝟎𝟐

𝑲 𝟎.𝟒 𝟐 𝒀 𝟎.𝟒
Se s=0.4 e δ=0.02 allora =( ) = 𝟒𝟎𝟎 e = = 𝟐𝟎
𝑵 𝟎.𝟎𝟐 𝑵 𝟎.𝟎𝟐

𝑲 𝟎.𝟓 𝟐 𝒀 𝟎.𝟓
Se s=0.5 e δ=0.02 allora = ( ) = 𝟔𝟐𝟓 e = = 𝟐𝟓
𝑵 𝟎.𝟎𝟐 𝑵 𝟎.𝟎𝟐

𝑲 𝟎.𝟔 𝟐 𝒀 𝟎.𝟔
Se s=0.6 e δ=0.02 allora =( ) = 𝟗𝟎𝟎 e = = 𝟑𝟎
𝑵 𝟎.𝟎𝟐 𝑵 𝟎.𝟎𝟐

𝑲 𝟎.𝟖 𝟐 𝒀 𝟎.𝟖
Se s=0.8 e δ=0.02 allora = ( ) = 𝟏𝟔𝟎𝟎 e = = 𝟒𝟎
𝑵 𝟎.𝟎𝟐 𝑵 𝟎.𝟎𝟐

A quanto è pari il consumo per lavoratore?


Il consumo per lavoratore è pari al prodotto per lavoratore –
𝑪 𝒀 𝑲
deprezzamento per lavoratore: = − 𝜹
𝑵 𝑵 𝑵

Sostituisco prodotto per lavoratore e capitale per lavoratore:


𝑪 𝒔 𝒔𝟐
= −𝜹
𝑵 𝜹 𝜹
𝑪 𝒔(𝟏−𝒔)
Semplificando ottengo =
𝑵 𝜹
𝑪 𝟎.𝟐(𝟏−𝟎.𝟐)
Quando s=0.2 = =𝟖
𝑵 𝟎.𝟎𝟐
𝑪 𝟎.𝟒(𝟏−𝟎.𝟒)
Quando s=0.4 = = 𝟏𝟐
𝑵 𝟎.𝟎𝟐
𝑪 𝟎.𝟓(𝟏−𝟎.𝟓)
Quando s=0.5 = = 𝟏𝟐. 𝟓
𝑵 𝟎.𝟎𝟐
𝑪 𝟎.𝟔(𝟏−𝟎.𝟔)
Quando s=0.6 = = 𝟏𝟐
𝑵 𝟎.𝟎𝟐
𝑪 𝟎.𝟖(𝟏−𝟎.𝟖)
Quando s=0.8 = =𝟖
𝑵 𝟎.𝟎𝟐

Cosa accade al consumo per lavoratore quando s aumenta da 0.2 a


0.4?
Esso aumenta fino a 0.5, che rappresenta il livello del capitale di
regola aurea, oltre questo valore, il capitale per lavoratore
diminuisce.
Esercizio:
si ipotizza che il paese A abbia un prodotto per lavoratore pari a
𝒀 𝑲
= 𝟏𝟎√ con s=0.4 e δ=0.15
𝑵 𝑵

𝒀 𝑲
il paese B ha un prodotto per lavoratore pari a = 𝟐𝟎√ con s=0.2 e
𝑵 𝑵
δ=0.15
calcolare il livello di stato stazionario.

Lo stato stazionario si ha quando investimento per lavoratore=


𝑲 𝑲
deprezzamento per lavoratore, cioè 𝒔𝒇 ( ) = 𝜹
𝑵 𝑵

𝑲 𝑲
Quindi per il paese A: 𝟎. 𝟒 (𝟏𝟎√ ) = 𝟎. 𝟏𝟓 ;
𝑵 𝑵

moltiplico 0.4 per 10 ed elevo tutto al quadrato per eliminare la


radice:
𝑲 𝟐
𝑲𝟐
𝟏𝟔 = 𝟎. 𝟏𝟓
𝑵 𝑵
𝑲 𝑲 𝟏𝟔
Semplifico K/N: 𝟎. 𝟏𝟓𝟐 = 𝟏𝟔 → = = 𝟕𝟏𝟏. 𝟏𝟏
𝑵 𝑵 𝟎.𝟎𝟐𝟐𝟓
𝒀
Da qui posso trovarmi il prodotto per lavoratore: = 𝟏𝟎√𝟕𝟏𝟏. 𝟏𝟏 =
𝑵
𝟐𝟔𝟔. 𝟔𝟕.

𝑲 𝑲 𝑲𝟐
Per il paese B faccio la stessa cosa: 𝟎. 𝟐 (𝟐𝟎√ ) = 𝟎. 𝟏𝟓 → 𝟒 =
𝑵 𝑵 𝑵

𝑲𝟐 𝑲 𝟏𝟔
𝟎. 𝟏𝟓 → = = 𝟕𝟏𝟏. 𝟏𝟏
𝑵 𝑵 𝟎.𝟎𝟐𝟐𝟓
𝒀
Mi trovo il prodotto per lavoratore = 𝟐𝟎√𝟕𝟏𝟏. 𝟏𝟏 = 𝟓𝟑𝟑. 𝟑𝟑
𝑵

Questo mostra che il capitale per lavoratore è uguali in entrambi i


paesi, ma nel paese B il prodotto per lavoratore è l doppio rispetto
al paese A. questo è possibile perché è diverso il tasso di progresso
tecnologico. I paese B ha uno stato della tecnologia maggiore
rispetto al paese A.
Esercizio:
si ipotizza che il paese A abbia una produzione pari a Y=𝟐𝟎√𝑲,
s=0.4 e 𝜹 = 𝟎. 𝟎𝟖
Il paese B ha una produzione pari a 𝒀 = 𝟒𝟎√𝑲, s=0.2 e 𝜹 = 𝟎. 𝟎𝟖
Trovare il livello di stato stazionario.

𝑲 𝑲
Il livello di stato stazionario si trova quando 𝒔𝒇 ( ) = 𝜹
𝑵 𝑵

Quindi per prima cosa mi trovo il prodotto per lavoratore di


entrambi i paesi (cioè divido per N), e poi lo stato stazionario.
PAESE A
𝒀 𝑲
Prodotto per lavoratore: = 𝟐𝟎√
𝑵 𝑵

𝑲 𝑲 𝑲 𝑲𝟐 𝑲
Stato stazionario: 𝟎. 𝟒 (𝟐𝟎√ =) 𝟎. 𝟎𝟖 −→ 𝟔𝟒 = 𝟎. 𝟎𝟖𝟐 − −→ =
𝑵 𝑵 𝑵 𝑵 𝑵
𝟔𝟒
= 𝟏𝟎𝟎𝟎
𝟎.𝟎𝟖𝟐
𝒀
K/N=1000 quindi = 𝟐𝟎√𝟏𝟎𝟎𝟎 = 𝟐𝟎𝟎
𝑵

PAESE B
𝒀 𝑲
Prodotto per lavoratore: = 𝟒𝟎√
𝑵 𝑵

Stato stazionario: 𝟎. 𝟐(𝟒𝟎√(𝑲/𝑵) = 𝟎. 𝟎𝟖 𝑲/𝑵 − −→ 𝟔𝟒 𝑲/𝑵 = 〖𝟎. 𝟎𝟖〗


^𝟐 〖𝑲/𝑵〗^𝟐 − −→ 𝑲/𝑵 = 𝟔𝟒/〖𝟎. 𝟎𝟖〗^𝟐 = 𝟏𝟎𝟎𝟎
𝒀
K/N=1000 quindi = 𝟒𝟎√𝟏𝟎𝟎𝟎 = 𝟒𝟎𝟎𝟎
𝑵

C’è un prodotto per lavoratore diverso perché è diverso lo stato


della tecnologia.
Come si fa per poter ottenere lo stesso prodotto per lavoratore del
paese B?
Si pone l’equazione del prodotto per lavoratore del paese A pari a
4000:

𝑲
𝟐𝟎√ = 𝟒𝟎𝟎𝟎
𝑵

𝑲
Inoltre sappiamo che 𝟐𝟎√ = 𝟐𝟎𝟎
𝑵

𝑲 𝟒𝟎𝟎𝟎 𝟐
Quindi = ( ) = 𝟒𝟎𝟎𝟎𝟎 in modo che Y/N=4000.
𝑵 𝟐𝟎𝟎

Di quanto aumenta s?
Ricordiamo la condizione dello stato stazionario: sf(K/N)=δ K/N
Ora l’incognita è s: 𝒔(𝟒𝟎𝟎𝟎) = 𝟎. 𝟎𝟖 (𝟒𝟎𝟎𝟎𝟎) = 𝟎. 𝟖.

Esercizio:
si ipotizza che 𝒀 = √𝑲√𝑨𝑵, δ=0.02, 𝒈𝑵 = 𝟎. 𝟎𝟑, 𝒈𝑨 = 𝟎. 𝟎𝟐 s=0.3
determinare il livello di stato stazionario in AN e i tassi di crescita
di Y,K,AN.

Per trovare lo stato stazionario divido la produzione per il lavoro


𝒀 𝑲
effettivo AN: =√
𝑨𝑵 𝑨𝑵

Lo stato stazionario si ha quando l’investimento è pari


𝑲 𝑲
all’investimento necessario: 𝒔𝒇 ( ) = (𝜹 + 𝒈𝑨 + 𝒈𝑵 ) ( )
𝑨𝑵 𝑨𝑵

𝑲 𝑲
Quindi: 𝟎. 𝟑√ = (𝟎. 𝟎𝟐 + 𝟎. 𝟎𝟑 + 𝟎. 𝟎𝟐) ( )
𝑨𝑵 𝑨𝑵

𝟎.𝟑𝟐 𝑲 𝑲𝟐
Elevo tutto al quadrato per eliminare la radice: = 𝟎. 𝟎𝟕𝟐 −
𝑨𝑵 𝑨𝑵
𝑲 𝟎.𝟑 𝟐
−→ =( ) = 𝟏𝟖. 𝟑𝟕
𝑨𝑵 𝟎.𝟎𝟕
𝒀
K/AN=18.37, quindi = √𝟏𝟖. 𝟑𝟕 = 𝟒. 𝟐𝟖𝟔.Il tasso di crescita di Y e K
𝑨𝑵
è ga+gn=0.05.

Disavanzo di bilancio
Nel breve periodo un’espansione fiscale porta ad un aumento della
produzione.
Nel medio periodo abbiamo visto che non ha effetto sulla
produzione, ma nella composizione della spesa.
Nel lungo periodo abbiamo visto che un minor disavanzo di
bilancio e un minor tasso di risparmio fanno diminuire
l’accumulazione di capitale.

Il disavanzo di bilancio al tempo t è rappresentato dall’equazione:


𝒅𝒊𝒔𝒂𝒗𝒂𝒏𝒛𝒐: 𝒓𝑩𝒕−𝟏 + 𝑮𝒕 − 𝑻𝒕
Cioè il disavanzo dipende dal tasso di interesse per il debito alla
fine dell’anno t-1 (quindi all’inizio dell’anno corrente) + disavanzo
primario (G-T).
Il prodotto tra il tasso di interesse reale e il debito si chiama
SPESA PER INTERESSI IN TERMINI REALI.
Quando si fa riferimento alla spesa per interessi in termini reali (e
non alla spesa effettiva per interessi, cioè tasso di interesse
nominale per il debito) si parla di disavanzo corretto per
l’inflazione.
Bisogna ricordare che il debito è una variabile di stock, il
disavanzo è una variabile di flusso, cioè indica quanto il governo
ha preso a prestito in un certo anno.
La spesa pubblica G non include né i trasferimenti e né gli
interessi.
Il disavanzo è rappresentato dalla variazione del debito pubblico
nel corso dell’anno t: 𝒅𝒊𝒔𝒂𝒗𝒂𝒏𝒛𝒐 = 𝑩𝒕 − 𝑩𝒕−𝟏
Quindi sostituisco: 𝑩𝒕 − 𝑩𝒕−𝟏 = 𝒓𝑩𝒕−𝟏 + 𝑮𝒕 − 𝑻𝒕
Metto in evidenza Bt-1: 𝑩𝒕 = (𝟏 + 𝒓)𝑩𝒕−𝟏 + 𝑮𝒕 − 𝑻𝒕
Quindi il debito alla fine dell’anno t è pari a (1+r) moltiplicato per
il debito alla fine dell’anno t-1 + il disavanzo primario.

Imposte presenti e future


Se nell’anno 0 si ha un disavanzo pari a 0, e quindi spesa pubblica=
imposte, allora si ha un debito pari a 0.
Supponiamo che nell’anno 1 il governo decida di ridurre le
imposte, e che G=T=100, allora il debito è pari a:
𝑩𝟏 = (𝟏 + 𝒓)𝑩𝟎 + 𝟏𝟎𝟎 − (𝟏𝟎𝟎 − 𝟏);
𝑩𝟏 = (𝟏 + 𝒓)𝟎 + 𝟏 = 𝟏;
quindi il debito al tempo 1 è pari a 1.

Se ipotizziamo che il governo decida di rimborsare tutto il debito


nell’anno 2, il vincolo di bilancio è dato da:
𝑩𝟐 = (𝟏 + 𝒓)𝑩𝟏 + 𝑮𝟐 − 𝑻𝟐
Sostituisco il debito al tempo 1 pari a 1 e B2=0: 𝟎 = (𝟏 + 𝒓)𝟏 + 𝑮𝟐 − 𝑻𝟐
Quindi 𝑻𝟐 − 𝑮𝟐 = (𝟏 + 𝒓)
Per una riduzione delle imposte si deve avere un avanzo primario
pari a 1+r, quindi un aumento delle imposte di (1+r) nell’anno 2.

Se ipotizziamo che il governo decida di aspettare fino all’anno t per


pagare il debito, nell’anno 2 il disavanzo primario è pari a 0 e il
debito nell’anno 1 è 1, quindi:
𝑩𝟐 = (𝟏 + 𝒓)𝑩𝟏 + 𝟎 = 𝟏 + 𝒓
Nell’anno 3, considerando sempre un disavanzo pari a 0, il
disavanzo diventa 𝑩𝟑 = (𝟏 + 𝒓)𝑩𝟐 + 𝟎
Sostituisco B2: 𝑩𝟑 = (𝟏 + 𝒓)(𝟏 + 𝒓) + 𝟎
In generale il debito nell’anno t-1 è dato da:
𝑩𝒕−𝟏 = (〖𝟏 + 𝒓)〗𝒕−𝟐
Questo indica che nonostante le imposte siano state ridotte solo
nell’anno 1, il debito aumenta continuamente dall’anno 1, a un
tasso pari al tasso di interesse.
Questo viene spiegato dal fatto che, mentre il disavanzo primario è
nullo, il debito è positivo, e quindi anche l’interesse che matura sul
debito lo è.
Se il debito viene rimborsato nell’anno t abbiamo:
𝑩𝒕 = (𝟏 + 𝒓)𝑩𝒕−𝟏 + 𝑮𝒕 − 𝑻𝒕
Bt=0 dato che viene pagato il debito, e 𝑩𝒕−𝟏 = (〖𝟏 + 𝒓)〗𝒕−𝟐 , quindi
sostituendo: 𝟎 = (𝟏 + 𝒓)(〖𝟏 + 𝒓)〗𝒕−𝟐 + 𝑮 − 𝑻
Da qui ottengo che 𝑻𝒕 − 𝑮𝒕 = (〖𝟏 + 𝒓)〗𝒕−𝟏
Questo indica che per rimborsare il debito il governo deve
produrre un avanzo di bilancio pari a (𝟏 + 𝒓)𝒕−𝟏 durante l’anno t.

Se la spesa pubblica resta invariata, una riduzione delle imposte


oggi deve essere compensata da un aumento delle imposte future;
maggiore è il tempo che il governo impiega per pagare il debito, o
maggiore è il tasso di interesse reale, maggiori saranno le imposte
future.

Stabilizzazione del debito


Supponiamo che il governa voglia stabilizzare il debito nell’anno 2.
Quindi l’equazione 𝑩𝟐 = (𝟏 + 𝒓)𝑩𝟏 + 𝑮𝟐 − 𝑻𝟐 diventa:
𝟏 = (𝟏 + 𝒓)𝟏 + 𝑮𝟐 − 𝑻𝟐
𝑻𝟐 − 𝑮𝟐 = (𝟏 + 𝒓) − 𝟏 = 𝒓
Questo indica che per stabilizzare il debito, si deve avere un avanzo
primario pari al tasso di interesse reale sul debito esistente.
Dall’anno 2 in poi le imposte devono aumentare di r.
Maggiori disavanzi -> maggior debito corrente.
Quindi per stabilizzare il debito bisogna:
1) Eliminare il disavanzo di bilancio
2) Per eliminare il disavanzo di bilancio si deve creare un
avanzo di bilancio pari al tasso di interesse reale.

Rapporto debito/pil
Spesso si considera il rapporto debito/Pil, perché le risorse a cui
il governo può attingere per pagare il debito dipendono dal Pil, e
aumentano se il Pil aumenta. Se vogliamo osservare il rapporto
debito/Pil bisogna dividere tutto per la produzione reale Y.
𝑩𝒕 𝑩𝒕−𝟏 𝑮𝒕 −𝑻𝒕
Quindi otteniamo: = (𝟏 + 𝒓) +
𝒀𝒕 𝒀𝒕 𝒀𝒕
A questo punto posso moltiplicare e dividere Bt-1/Yt per Yt-1:
𝑩𝒕 𝑩𝒕−𝟏 𝒀𝒕−𝟏 𝑮𝒕 − 𝑻𝒕
= (𝟏 + 𝒓) +
𝒀𝒕 𝒀𝒕 𝒀𝒕−𝟏 𝒀𝒕
𝑩𝒕 𝑩𝒕−𝟏 𝒀𝒕−𝟏 𝑮𝒕 −𝑻𝒕
Questo si può scrivere anche: = (𝟏 + 𝒓) +
𝒀𝒕 𝒀𝒕−𝟏 𝒀𝒕 𝒀𝒕

A questo punto ricordiamo che il tasso di crescita della


𝒀𝒕−𝟏
produzione è 𝒈 = 𝒀𝒕 −
𝒀𝒕−𝟏
𝒀𝒕 𝒀𝒕
Quindi 𝒈 = −𝟏 → 𝟏+𝒈 =
𝒀𝒕−𝟏 𝒀𝒕−𝟏

𝟏 𝒀𝒕−𝟏
Facendo l’inverso ottengo: = e sostituisco
𝟏+𝒈 𝒀𝒕
nell’equazione:
𝑩𝒕 𝑩𝒕−𝟏 𝟏 𝑮𝒕 − 𝑻𝒕
= (𝟏 + 𝒓) +
𝒀𝒕 𝒀𝒕−𝟏 𝟏 + 𝒈 𝒀𝒕
𝑩𝒕 𝟏 + 𝒓 𝑩𝒕−𝟏 𝑮𝒕 − 𝑻𝒕
= +
𝒀𝒕 𝟏 + 𝒈 𝒀𝒕−𝟏 𝒀𝒕
𝟏+𝒓
𝒂𝒑𝒑𝒓𝒐𝒔𝒔𝒊𝒎𝒂𝒕𝒊𝒗𝒂𝒎𝒆𝒏𝒕𝒆 = 𝟏+𝒓−𝒈
𝟏+𝒈
Sostituisco:
𝑩𝒕 𝑩𝒕−𝟏 𝑮𝒕 − 𝑻𝒕
= 𝟏+𝒓−𝒈 +
𝒀𝒕 𝒀𝒕−𝟏 𝒀𝒕
Moltiplico prima per 1 e poi per (r-g):
𝑩𝒕 𝑩𝒕−𝟏 𝑩𝒕−𝟏 𝑮𝒕 − 𝑻𝒕
= + (𝒓 − 𝒈) +
𝒀𝒕 𝒀𝒕−𝟏 𝒀𝒕−𝟏 𝒀𝒕
𝑩𝒕 𝑩𝒕−𝟏 𝑩𝒕−𝟏 𝑮𝒕 − 𝑻𝒕
− (
= 𝒓−𝒈 ) +
𝒀𝒕 𝒀𝒕−𝟏 𝒀𝒕−𝟏 𝒀𝒕
Questo indica che la variazione del rapporto debito/Pil è data
dalla somma di:
- Differenza tra tasso di interesse reale e tasso di crescita
moltiplicato per il rapporto debito/Pil alla fine dell’anno t-
1;
- Rapporto tra il disavanzo primario e Pil.
Se g>r il governo è debitore sia se si ha un disavanzo di
bilancio (G>T),sia se si ha un avanzo di bilancio (T>G)
Se g<r e G>T, il debito aumenta sempre di più. L’unica
soluzione è un avanzo di bilancio, in modo che il debito
diminuisca.
L’aumento del rapporto debito/Pil è maggiore se:
- Il tasso di interesse reale è maggiore;
- Tasso di crescita della produzione è minore
- Il rapporto tra il disavanzo primario e Pil è maggiore;
- Il livello iniziale del rapporto debito/Pil è maggiore.

Disavanzo corretto per il ciclo


Il disavanzo pubblico ha effetti negativi sull’accumulazione
del capitale, e quindi sulla produzione. Ma questo non
implica che non si possa effettuare una politica fiscale per
stabilizzare la produzione.
Per valutare se la politica fiscale che si sta utilizzando ha
effetti positivi sulla produzione, avvicinando il livello di
produzione a quello potenziale, si deve controllare il
disavanzo corretto per il ciclo.
Se il disavanzo corrente è positivo, e il disavanzo corretto per
il ciclo è nullo, allora significa che la politica fiscale utilizzata
è giusta, perché evita un aumento del debito nel corso del
tempo.
Anche se non è detto che l’unico obiettivo della politica fiscale
sia quello di mantenere un disavanzo corretto per il ciclo pari
a 0. Ma in periodi di recessione il governo potrebbe decidere
di aumentare il disavanzo, in modo da aumentare anche il
disavanzo corretto per il ciclo. In questo modo il ritorno della
produzione al suo livello naturale non sarà sufficiente a
stabilizzare il debito.
La costruzione del disavanzo corretto per il ciclo si basa su
due cose:
1) Stabilire di quanto diminuirebbe il disavanzo se la
produzione aumentasse dell’1%. Sappiamo che se la
produzione diminuisse dell’1%, si avrebbe un disavanzo
maggiore dello 0.5% del Pil. Questo viene chiamato
stabilizzatore automatico: una recessione genera
automaticamente un disavanzo e l’espansione fiscale
compensa la recessione stessa.
2) Valutare la distanza della produzione effettiva dal suo
livello naturale. Se il tasso di disoccupazione è molto basso,
questo genera un’elevata occupazione. L’aumento della
disoccupazione genera un aumento del tasso di
disoccupazione e quindi una riduzione dell’occupazione,
quindi il disavanzo aumenta.
Bisogna comunque ricordare che il disavanzo corretto per il
ciclo si basa su stime della produzione potenziale, quindi
dipende dalle aspettative.

Spirale del debito


Un maggior debito pubblico causa maggiori imposte future, e
ci si può trovare in una spirale del debito.
Ad esempio se si ha un tasso di crescita pari al 2% e un tasso
di interesse reale pari al 3%, allora si deve avere un avanzo
primario dell’1%, in modo che il rapporto debito/Pil sia pari a
0%.
Ma se gli investitori iniziano a dubitare che il governo riesca a
rimborsare il debito, allora richiedono un tasso di interesse
maggiore, ad esempio l’8%. Mantenendo il tasso di crescita
sempre al 2%, il governo dovrebbe creare un avanzo primario
pari al 6%.
Maggiore è il tasso di interesse, maggiori saranno le imposte
future. Ma questo crea una maggior incertezza, e quindi un
tasso di interesse maggiore, rendendo ancora più instabile il
rimborso del debito. Un maggior tasso di interesse e un
maggior debito creano la spirale del debito.
A un certo punto il governo potrebbe non essere più in grado
di pagare tale debito, e ci si può ritrovare in due condizioni:
1) Default sul debito
2) Finanziamento monetario.

Default sul debito


Quando il governo non è più in grado di pagare il debito, si
trova in default, cioè non riesce a rimborsare l’intero debito.
Il default è definito anche come ristrutturazione del debito.
Gli investitori si trovano in una condizione di haircut, cioè
vengono rimborsati di una quantità parziale del debito.
Ad esempio un haircut del 30% indica che gli investitori
riceveranno solo il 70% del debito. Questo ha dei pro e dei

contro.
PRO: un minor livello del debito riduce le imposte e rende più
credibile il consolidamento fiscale, favorendo la crescita
economica.
CONTRO: il default provoca dei costi. Ad esempio se il default
è applicato alle banche, queste potrebbero fallire. Se è
applicato alle pensioni, i pensionati soffrono. Se è applicato
agli stranieri, si avrà una reputazione negativa
internazionale.
Proprio per questo i governi adottano poco il default.
Finanziamento monetario
Il finanziamento monetario indica una maggiore moneta.
Questo accade perché i governi vendono dei titoli
forzatamente alla banca centrale, che acquistandoli emette
moneta.
In questo caso la nuova moneta non dipende dalle decisioni
della banca centrale, ma da disavanzo pubblico, per questo si
parla di dominanza fiscale.
Si indica con H l’ammontare di moneta
∆𝑯 = 𝒄𝒓𝒆𝒂𝒛𝒊𝒐𝒏𝒆 𝒅𝒆𝒍𝒍𝒂 𝒏𝒖𝒐𝒗𝒂 𝒎𝒐𝒏𝒆𝒕𝒂
𝑷 = 𝒑𝒓𝒆𝒛𝒛𝒊
∆𝑯
𝒔𝒊𝒈𝒏𝒐𝒓𝒂𝒈𝒈𝒊𝒐 =
𝑷
il termine signoraggio indica i guadagni derivanti
dall’emissione delle banconote.
Moltiplico e divido per H/H:
∆𝑯 ∆𝑯 𝑯
=
𝑷 𝑷 𝑯
∆𝑯 ∆𝑯 𝑯
𝒒𝒖𝒆𝒔𝒕𝒐 𝒔𝒊 𝒑𝒖ò 𝒔𝒄𝒓𝒊𝒗𝒆𝒓𝒆 𝒄𝒐𝒎𝒆 =
𝑷 𝑯 𝑷
∆𝑯
= 𝒔𝒕𝒐𝒄𝒌 𝒅𝒆𝒍𝒍𝒂 𝒎𝒐𝒏𝒆𝒕𝒂 𝒏𝒐𝒎𝒊𝒏𝒂𝒍𝒆
𝑯
𝑯
= 𝒔𝒂𝒍𝒅𝒊 𝒎𝒐𝒏𝒆𝒕𝒂𝒓𝒊 𝒓𝒆𝒂𝒍𝒊
𝑷
Dividiamo entrambi i lati dell’equazione per il Pil, Y:
𝒅𝒊𝒔𝒂𝒗𝒂𝒏𝒛𝒐 𝒔𝒊𝒈𝒏𝒐𝒓𝒂𝒈𝒈𝒊𝒐 ∆𝑯
= =
𝒀 𝒀 𝑯
𝑯[𝑷]
𝒀

Se abbiamo un disavanzo pari al 10%, e il rapporto medio tra


moneta della banca centrale e Pil è pari a 1 (H/P)/Y=1 allora
∆𝑯
𝟏𝟎% = 𝟏 = 𝟏𝟎%
𝑯
Per finanziare un disavanzo del 10% si deve effettuare una
crescita monetaria nominale del 10%.
Anche se una crescita di moneta causa un’elevata inflazione, e
cosi si riduce la domanda degli individui.
Quando aumenta la moneta nominale, gli individui
preferiscono avere saldi monetari minori.
Quindi quando ∆H/H aumenta, (H/P)/Y diminuisce.
L’inflazione si trasforma in iperinflazione, cioè inflazione
elevata.
ESERCIZI SUL DEBITO PUBBLICO
Si consideri
𝑩𝒕−𝟏 = 𝟎
𝑮𝒕−𝟏 = 𝟔𝟎𝟎 𝒆 𝒏𝒐𝒏 𝒗𝒂𝒓𝒊𝒂
𝑻𝒕−𝟏 = 𝟔𝟎𝟎
r=0.03
nell’anno t T=400.
A quanto ammonta il debito alla fine dell’anno t?

Ricordiamo che 𝑩𝒕 = (𝟏 + 𝒓)𝑩𝒕−𝟏 + 𝑮 − 𝑻


𝑩𝒕 = (𝟏 + 𝟎. 𝟎𝟑)𝟎 + 𝟔𝟎𝟎 − 𝟒𝟎𝟎 = 𝟐𝟎𝟎
Se il governo decide di mantenere il debito pubblico dall’anno
t+1 costante a 200, cosa deve fare?

Devo sostituire Bt-1 e Bt=200 e mi trovo le imposte T:


𝟐𝟎𝟎 = (𝟏 + 𝟎. 𝟎𝟑)𝟐𝟎𝟎 + 𝟔𝟎𝟎 − 𝑻𝒕+𝟏
𝑻𝒕+𝟏 = 𝟐𝟎𝟔 − 𝟐𝟎𝟎 + 𝟔𝟎𝟎 = 𝟔𝟎𝟔.Quindi le imposte aumentano di
6.
Esercizio 2:
si consideri:
Bt-1=0
Gt-1=300
Tt-1=300
r=0.02
nell’anno t il governo riduce le imposte di 100. Quanto vale
Bt?

Bt=(1+r)Bt-1+Gt-Tt
Bt=(1+0.02)0+300-200=100
Consideriamo che il debito nell’anno t+1=0. Quanto valgono
le imposte?
Ricordiamo la formula Bt+1=(1+r)Bt+Gt-Tt+1
Sostituisco: 0=(1+0.02)100+300-Tt+1
Tt+1=402

Esercizio 3:
consideriamo
Bt-1=0
Gt-1=300
Tt=200
Tt+1=300
R=0.02
Il debito nell’anno 3 è pari a 0, quanto valgono le imposte?

Per prima cosa devo trovare il debito nell’anno t,t+1, t+2, e


poi ricavare le imposte al tempo 3.
Bt=(1+r)Bt-1+Gt-Tt
Bt=(1+0.02)0+300-200=100

Bt+1=(1+r)Bt+Gt+1-Tt+1
Bt+1=(1+0.02)100+300-300=102

Bt+2=(1+r)Bt+1+ Gt+2 – Tt+2


Bt+2=(1+0.02)102+300-300=104.04

Se Bt+3=0 allora sostituisco:


0=(1+0.02)104.04+300-Tt+3
Tt+3=406.12
Esercizio 4:
consideriamo il tasso di crescita g=0.05.
tasso di interesse reale r=0.02
produzione nell’anno t-1 Yt-1=2000
spesa pubblica Gt=200
imposte Tt=150
assumete che Bt-1=1000. Calcola la variazione del debito/Pil
in t.

𝑩𝒕 𝑩𝒕−𝟏 𝑩𝒕−𝟏 𝑮𝒕 − 𝑻𝒕
− = (𝒓 − 𝒈) +
𝒀 𝒀 𝒀𝒕−𝟏 𝒀
Ci serve sapere quanto vale Yt:
partiamo dall’equazione di g
𝒀𝒕 − 𝒀𝒕 − 𝟏 𝒀𝒕
𝒈= = −𝟏
𝒀𝒕 − 𝟏 𝒀𝒕 − 𝟏
𝒀𝒕 = (𝟏 + 𝒈)𝒀𝒕 − 𝟏 = (𝟏 + 𝟎. 𝟎𝟓)𝟐𝟎𝟎𝟎 = 𝟐𝟏𝟎𝟎

Ora sostituisco tutto


𝑩𝒕 𝑩𝒕−𝟏 𝟏𝟎𝟎𝟎 𝟐𝟎𝟎 − 𝟏𝟓𝟎
− = (𝟎. 𝟎𝟐 − 𝟎. 𝟎𝟓) + = 𝟎. 𝟎𝟎𝟗
𝒀𝒕 𝒀 𝟐𝟎𝟎𝟎 𝟐𝟏𝟎𝟎
Assumete che Bt-1=3000 e Gt=250. Calcola la variazione del
debito pubblico.
𝑩𝒕 𝑩𝒕 − 𝟏 𝑩𝒕 − 𝟏 𝑮𝒕 − 𝑻𝒕
− = (𝒓 − 𝒈) +
𝒀𝒕 𝒀𝒕 − 𝟏 𝒀𝒕 − 𝟏 𝒀𝒕
𝑩𝒕 𝑩𝒕 − 𝟏 𝟑𝟎𝟎𝟎 𝟐𝟓𝟎 − 𝟏𝟓𝟎
− = (𝟎. 𝟎𝟐 − 𝟎. 𝟎𝟓) + = −𝟎. 𝟎𝟐𝟓
𝒀𝒕 𝒀𝒕 − 𝟏 𝟐𝟎𝟎𝟎 𝟐𝟏𝟎𝟎
È negativa perché G>T, quindi il governo è debitore.
Apertura del mercato dei beni e dei mercati
finanziari
Quando si ha un’economia aperta ci possono essere 3 tipi di
apertura:
1) Apertura del mercato dei beni: indica che i consumatori
possono scegliere se acquistare beni nazionali o beni esteri.
Anche se sono presenti dei vincoli, come i dazi, cioè le
imposte sui beni importanti, e quote, cioè restrizioni sulla
quantità.
2) Apertura dei mercati finanziari: gli investitori possono
scegliere se investire all’estero o effettuare attività finanziarie
nazionali. Anche se fino a qualche anno fa erano presenti
controlli sui movimenti di capitali, cioè restrizioni sulle
attività nazionali detenute da investitori esteri e viceversa.
3) Apertura dei mercati dei fattori: possibilità per gli investitori
di investire in nazione o all’estero, e per i lavoratori di
scegliere dove lavorare.
Molte imprese europee e statunitensi hanno deciso di produrre
in Cina perché i costi sono minori e ci sono maggiori vantaggi
fiscali.
I beni che competono con quelli esteri sia sul mercato interno
che quello estero sono beni commerciabili (pc, auto..). i beni
non commerciabili sono case, ristoranti, servizi medici ecc.
Il fatto che gli USA hanno maggiori esportazioni è spiegato dalle
dimensioni e dalla geografia. Più il paese è piccolo, minore sarà
la specializzazione di più beni. I paesi piccoli riescono a
specializzarsi in pochi prodotti.

Scelta tra beni nazionali e beni esteri


Se gli individui vogliono acquistare più beni nazionali, aumenta
la domanda nazionale. Per osservare questo si fa riferimento al
prezzo, quindi al tasso di cambio reale.
Per arrivare al tasso di cambio reale si deve prima pensare al
tasso di cambio nominale.
Il TASSO DI CAMBIO NOMINALE (E) che consideriamo è il
PREZZO DELLA MONETA NAZIONALE IN TERMINI DELLA
MONETA ESTERA. Inoltre possiamo osservare:
- Un apprezzamento, se si ha un aumento del prezzo della
moneta nazionale in termini di moneta estera;
- Un deprezzamento, se si ha una diminuzione del prezzo
nazionale in termini di moneta estera.
Nel caso del regime di cambi fissi l’apprezzamento è chiamato
rivalutazione, e il deprezzamento si chiama svalutazione.

TASSO DI CAMBIO REALE


Facendo un esempio, se il paese nazionale vende solo Ferrari
p=200000€, e i paese estero vende Jaguar p=30000£.
Innanzitutto devo osservare il prezzo del bene nazionale in
termine di valuta estera. Se 1€ vale 0.77£, allora una ferrari
vale 200000x0.77=174000£
Il tasso di cambio reale è dato da 174000/30000=5.8£
In generale il tasso di cambio reale è dato dal prodotto per il
livello dei prezzi nazionali per il tasso di cambio nominale,
diviso per il livello dei prezzi esteri.
𝑬𝑷
𝜺=
𝑷∗
Il tasso di cambio reale indica il prezzo dei beni nazionali in
termini di beni esteri. Anche in questo caso possiamo vedere:
- Apprezzamenti reali, se aumenta il prezzo dei beni
nazionali in termini di beni esteri (quindi è più
conveniente il prezzo estero);
- Deprezzamenti reali, se diminuisce il prezzo dei beni
nazionali in termini di beni esteri (quindi è più
conveniente il prezzo nazionale).
Se i tassi di inflazione fossero uguali il rapporto P/P* sarebbe
costante e il tasso di cambio nominale sarebbe uguale al tasso
di cambio reale.
Inoltre il tasso di cambio nominale e reale possono muoversi
in direzioni opposte, ad esempio quando i paesi hanno diversi
tassi di inflazione e quindi diversi movimenti dei tassi di
cambio.
Le fluttuazioni del tasso di cambio reale dipendono dai
movimenti del tasso di cambio nominale.
Tassi di cambio bilaterale e multilaterale
Se consideriamo due paesi: Eurozona e paese A. questi due
paesi non commerciano tra di loro ma entrambi effettuano
scambi con il paese B. i tasso di cambio reale tra Eurozona e
paese A farà capire quanto l’Eurozona commercia con il paese
B. il tasso di cambio multilaterale è il prezzo medio dei beni
nazionali rispetto a quello di tutti i gli altri paesi.

Mercati finanziari in economia aperta


L’apertura dei mercati finanziari può causare avanzi o
disavanzi commerciali (si compra dall’estero più di quanto
non si venda al resto del mondo). Se ad esempio un paese
importa beni per 1 miliardo ed esporta beni per 800 milioni,
questo paese avrà un disavanzo di 200.
Per osservare la bilancia dei pagamenti è presente conto
corrente e conto capitale.
CONTO CORRENTE, è indicato sopra la riga e illustra:
- Esportazioni
- Importazioni
Dalla sottrazioni tra queste due abbiamo il saldo della
bilancia commerciale (1)
- Trasferimenti (2)
- Redditi da investimenti (3)
- Saldo di conto corrente –(1+2+3). Questo può creare un
avanzo di conto corrente, se positivo, o disavanzo di conto
corrente, se negativo.
CONTO CAPITALE, è indicato sotto la linea e illustra:
- Investimenti diretti netti (4)
- Investimenti di portafoglio netti (5)
- Altri investimenti (6)
- Derivati (7)
- Saldo di conto capitale –(4+5+6+7). Se è positivo c’è un
avanzo di conto capitale, se è negativo c’è un disavanzo di
conto capitale.
La sottrazione tra saldo di conto corrente e saldo di conto
capitale crea la discrepanza statistica.
Inoltre non si deve far riferimento al Pil, ma a prodotto
nazionale lordo Pnl, che è pari al Pil + reddito netto.
Pnl=Pil+Rn

Scelta tra attivita’ nazionali ed estere


Per decidere tra attività finanziarie nazionali ed estere,
bisogna prima comprare titoli nazionali, poi convertire l’euro
in moneta estera e poi riconvertirli in euro.
Consideriamo
𝒊𝒕 = 𝒕𝒊𝒕𝒐𝒍𝒊 𝒏𝒂𝒛𝒊𝒐𝒏𝒂𝒍𝒊
𝟏 + 𝒊𝒕 = 𝒕𝒊𝒕𝒐𝒍𝒊 𝒏𝒂𝒛𝒊𝒐𝒏𝒂𝒍𝒊 𝒏𝒆𝒍𝒍′ 𝒂𝒏𝒏𝒐 𝒕 + 𝟏
𝑬𝒕 (𝟏 + 𝒊𝒕 ∗) = 𝒕𝒊𝒕𝒐𝒍𝒊 𝒆𝒔𝒕𝒆𝒓𝒊 𝒄𝒐𝒏𝒗𝒆𝒓𝒕𝒊𝒕𝒊 𝒊𝒏 𝒎𝒐𝒏𝒆𝒕𝒂 𝒏𝒂𝒛𝒊𝒐𝒏𝒂𝒍𝒆
Per convertire la moneta estera in moneta nazionale bisogna
dividere tutto per il tasso di cambio atteso: Et(1+it)/Eet+1
La parità dei tassi di interesse è:
𝑬𝒕
(𝟏 + 𝒊𝒕 ) = (𝟏 + 𝒊𝒕 ∗)
𝑬𝒆𝒕+𝟏
La parità dei tassi di interesse ignora i costi di transizione e i
rischi.

Tassi di interesse e tassi di cambio


Partendo dall’equazione della parità dei tassi di interesse,
posso scrivere Et/Eet+1 come l’inverso:
𝟏
(𝟏 + 𝒊𝒕 ) = (𝟏 + 𝒊𝒕 ∗)
𝑬𝒆𝒕+𝟏
𝑬𝒕
Ora posso sommare e sottrarre 1:
(𝟏 + 𝒊𝒕 ∗)𝟏
(𝟏 + 𝟏𝒕 ) =
𝑬𝒆𝒕+𝟏
−𝟏+𝟏
𝑬𝒕
(𝟏 + 𝒊𝒕 ∗)𝟏
(𝟏 + 𝒊𝒕 ) =
𝑬𝒆𝒕+𝟏 − 𝑬𝒕
+𝟏
𝑬𝒕
Approssimativamente possiamo scrivere:

𝑬𝒆𝒕+𝟏 − 𝑬𝒕
𝒊𝒕 = 𝒊𝒕 ∗ − ( )
𝑬𝒕
𝒕𝒂𝒔𝒔𝒐 𝒅𝒊 𝒂𝒑𝒑𝒓𝒆𝒛𝒛𝒂𝒎𝒆𝒏𝒕𝒐 𝒅𝒆𝒍𝒍𝒂 𝒎𝒐𝒏𝒆𝒕𝒂 𝒏𝒂𝒛𝒊𝒐𝒏𝒂𝒍𝒆
(𝒐 𝒅𝒆𝒑𝒓𝒆𝒛𝒛𝒂𝒎𝒆𝒏𝒕𝒐 𝒅𝒆𝒍𝒍𝒂 𝒎𝒐𝒏𝒆𝒕𝒂 𝒆𝒔𝒕𝒆𝒓𝒂)
Il tasso di interesse è pari al tasso di interesse estero meno il
tasso di apprezzamento della moneta nazionale.
Se il tasso di cambio nominale estero è uguale al tasso di
cambio nominale, allora il tasso di interesse è pari a quello
estero.
ESERCIZI SUL TASSO DI CAMBIO
Ipotizziamo un tasso di cambio E:$/1€ lunedì=1.4
Tasso di cambio E:$/1€ venerdì= 1.2
Cosa accade al prezzo della valuta estera in termini di valuta
nazionale?

Partiamo dall’equazione E=P/P*,quindi P*=P/E


Lunedì: P*=1/1.4= 0.71
Martedì: P*=1/1.2= 0.83
Quindi il prezzo della valuta nazionale in termini di valuta
estera diminuisce.

Quanti € possono essere comprati con un dollaro lunedì?


1/1.4=0.71
Quanti il venerdì?1/1.2=0.83
Si riduce il valore dell’€.

Esercizio 2
Si ipotizza un tasso di cambio nominale 1/E=€/1-$=0.8 una
settimana fa.
A quanto è pari il tasso di cambio nominale corrente E=$/1€
quando:
- L’€ si apprezza del 5% durante l’ultima settimana;
- L’€ si apprezza del 15% durante l’ultima settimana
- L’€ si deprezza del 5%
- L€ si deprezza del 15%

E= 1/0.8=1.25
Per vedere cosa accade durante l’ultima settimana bisogna
sommare il tasso di cambio della settimana scorsa con
l’apprezzamento della settimana attuale. Invece in caso di
deprezzamento si deve sottrarre.
Quando si apprezza del 5%: E=1.25+(0.05x1.25)=1.31
Quando si apprezza del 15%: E=1.25+(0.15x1.25)=1.44
Quando si deprezza de 5%: E=1.25-(0.05x1.25)=1.18
Quando si deprezza del 15% E=1.25-(0.15x1.25)=1.06
Quando il tasso di cambio si apprezza aumenta il valore, quindi
conviene la valuta estera.
Quando il tasso di cambio si deprezza diminuisce il valore, quindi
conviene la valuta nazionale.

Esercizio 3
Si considerano due anni 2017 e 2018
E P P*
2017 1.70 1.70 1.40
2018 1.90 2.00 1.45
Calcolare il tasso di cambio reale nel 2017 e nel 2018.

𝑬𝑷 𝟏.𝟕𝟎𝒙𝟏.𝟕𝟎
2017: 𝜺 = = = 𝟐. 𝟎𝟔
𝑷∗ 𝟏.𝟒𝟎
𝑬𝑷 𝟏.𝟗𝟎𝒙𝟐.𝟎𝟎
2018: 𝜺 = = = 𝟐. 𝟔𝟐
𝑷∗ 𝟏.𝟒𝟓

Calcolare la variazione percentuale del tasso di cambio nominale e


reale tra il 2017 e 2018
Ricordiamo che la variazione del tasso di cambio nominale è
data da
𝑬𝒆𝒕+𝟏 −𝑬𝒕 𝑬𝟐𝟎𝟏𝟖−𝑬𝟐𝟎𝟏𝟕 𝟏.𝟗𝟎−𝟏.𝟕𝟎
quindi in questo caso = = 𝟎. 𝟏𝟏𝟕𝟔
𝑬𝒕 𝑬𝟐𝟎𝟏𝟕 𝟏.𝟕𝟎

La variazione è dell’11.76%
𝜺𝟐𝟎𝟏𝟖−𝜺𝟐𝟎𝟏𝟕 𝟐.𝟔𝟐−𝟐.𝟎𝟔
La variazione del tasso di cambio reale è = = 𝟎. 𝟐𝟕
𝜺𝟐𝟎𝟏𝟕 𝟐.𝟎𝟔

La variazione è del 27%.


Calcolare la variazione del Pil nazionale ed estero
Nazionale: P2018-P2017/P2017= 2-1.70/1.70=0.1765 la variazione è
del 17.65%
Estero: P*2018-P*2017/P*2017=1.45-1.40/1.40=0.357, la variazione
è del 3.57%.

Esercizio 4
Ipotizziamo che
i=3%
i*=7%
ipotizziamo prima un tasso di apprezzamento della moneta
nazionale del 5%, poi deprezzamento del 2% e poi apprezzamento
del 4%.
Quando conviene detenere moneta nazionale? E quando quella
estera?
𝑬𝒕+𝟏 −𝑬𝒕
Ricordiamo che 𝒊𝒕 = 𝒊𝒕 ∗ −
𝑬𝒕

In caso di apprezzamento della moneta nazionale del 5%:


it=7%-5%=2% conviene acquistare titoli nazionali, perché è minore
del 3%
in caso di deprezzamento del 2%
it=7% - (-2%)= 9% conviene acquistare titoli esteri, perché è
maggiore del 3%
in caso di apprezzamento del 4%:
it= 7% - 4%= 3% è indifferente acquistare titoli nazionali o esteri,
perché it è uguale
esercizio 5
considerate
it*=0.15
Et=1.2
Et+1=1.35
Quanto vale it?

𝑬𝒆𝒕+𝟏 − 𝑬𝒕 𝟏. 𝟑𝟓 − 𝟏. 𝟐
𝒊𝒕 = 𝒊𝒕 ∗ − ( ) = 𝟎. 𝟏𝟓 − ( ) = 𝟎. 𝟎𝟐𝟓
𝑬𝒕 𝟏. 𝟐
Se Et+1=1.05 si ha un apprezzamento o deprezzamento?
Si ha un deprezzamento perché diminuisce il tasso di cambio reale,
quindi conviene la moneta nazionale
A quanto ammonta i tasso di deprezzamento?
𝑬𝒆𝒕+𝟏 − 𝑬𝒕 𝟏. 𝟎𝟓 − 𝟏. 𝟐
= = −𝟎. 𝟏𝟐𝟓
𝑬𝒕 𝟏. 𝟐
Si ha un deprezzamento del 12.5%
E quanto vale il tasso di interesse? It=0.15- (1.05-1.2/1.2)=0.275.
Esempio prova d’esame 1° parte
𝟏
𝒀 𝑲
1) Si ipotizza che nel paese OMEGA = 𝟕 (〖 )〗𝟐 , s=0.3, δ=0.2
𝑵 𝑵
𝟏
𝒀 𝑲
Nel paese DELTA = 𝟒 (〖 )〗 , s=0.4, δ=0.2
𝟐
𝑵 𝑵
a) Calcolare il livello di stato stazionario del prodotto per
lavoratore in entrambi i paesi;
b) Calcolare di quanto dovrebbe variare il tasso di risparmio
nel paese DELTA per raggiungere lo stesso livello di
prodotto per lavoratore di OMEGA.

a) Il livello di stato stazionario si ha quando l’investimento è


uguale al deprezzamento:
𝑲 𝑲
𝒔𝒇 ( ) = 𝜹
𝑵 𝑵
𝑲 𝑲
Per il paese OMEGA 𝟎. 𝟑 (𝟕√ = 𝟎. 𝟐
𝑵 𝑵
𝑲
Elevo tutto al quadrato per eliminare la radice 𝟒. 𝟒𝟏 =
𝑵
𝑲𝟐
𝟎. 𝟎𝟒
𝑵
𝑲 𝟒.𝟒𝟏 𝒀
Quindi = = 𝟏𝟏𝟎. 𝟐𝟓 𝒆 = 𝟕√𝟏𝟏𝟎. 𝟐𝟓 = 𝟕𝟑. 𝟓
𝑵 𝟎.𝟎𝟒 𝑵

𝑲 𝑲
Per il paese DELTA 𝟎. 𝟒(𝟒√ = 𝟎. 𝟐
𝑵 𝑵
𝑲
Elevo tutto al quadrato per eliminare la radice: 𝟐. 𝟓𝟔 =
𝑵
𝑲𝟐
𝟎. 𝟎𝟒
𝑵
𝑲 𝟐.𝟓𝟔 𝒀
Quindi = = 𝟔𝟒 𝒆 = 𝟒√𝟔𝟒 = 𝟑𝟐
𝑵 𝟎.𝟎𝟒 𝑵

b) Basta sostituire il risultato del prodotto per lavoratore


ottenuto e calcolare il capitale per lavoratore e poi
considerare s come incognita.
𝒀 𝑲 𝑲 𝟕𝟑.𝟓
Se = 𝟒√ = 𝟕𝟑. 𝟓 𝒂𝒍𝒍𝒐𝒓𝒂 = (〖 )〗𝟐 = 𝟑𝟑𝟕. 𝟔𝟒
𝑵 𝑵 𝑵 𝟒

Parto dalla condizione di equilibrio e scrivo:


s73.5=0.2 x 337.64
s=67.528/73.5= 0.92.
il tasso di risparmio deve aumentare dello 0.52.

2) Supponete che il mercato dei beni in economia chiusa sia


rappresentata da:
C=120+0.3Yd
I= 300-1500i+0.2Y
T=150
G=50
i=0.14
a) Determinare l’equilibrio del reddito, consumo e
investimento
b) Qual è il livello dell’offerta reale di moneta? Considerare
M/P=3Y-3000i

a) L’equilibrio si ha quando Y=C+I+G quindi


Y=120+0.3(Y-150)+300-1500(0.14)+0.2Y+50
Y-0.3Y-0.2Y=120-45+300-210+50
0.5Y=215
Y=430
Quindi C=120+0.3(430-150)=204
I= 300-1500(0.14)+0.2(430)=176

b) M/P= 3Y-3000i basta sostituire i dati ottenuti


M/P=3(430)-3000(0.14)=870
3) a) Rappresentare graficamente la curva che rappresenta
l’equazione dei prezzi (PS) e quella dei salari
b)calcolare l’equilibrio quando
WS: W/P=0.8-2u+z
z=0.3
m=0.3
c)Calcolare salario reale di equilibrio e tasso di
disoccupazione
d) se un aumento dei sussidi di disoccupazione fa
aumentare z da 0.3 a 0.5, calcola un e salario reale di
equilibrio.

a) Ricordiamo che
WS: W/P= F(u,z)
PS: W/P= 1/1+m

A PS
1/1+m

WS

Un

b) Per trovare l’equilibrio basta sostituire i valori


nell’equazione dei prezzi e dei salari.

PS: W/P= 1/ 1+0.3= 0.77


Per trovare il tasso di disoccupazione u, lo derivo
dall’equazione dei prezzi sostituendo W/P:
2u=0.8+0.3-0.77
U=0.17

c) Quando aumenta z sostituisco: 2u=0.8+0.5-0.77=0.27


Il tasso naturale di disoccupazione aumenta.
4) Si ipotizzi un equilibrio di breve periodo con Y>Yn. Illustrare
anche graficamente il processo di aggiustamento attraverso il
modello IS-LM-PC

A’ LM’

I*
i A LM

IS

A’ A
0 Yn

Per avere un’inflazione stabile programmata dalla banca, la banca


deve attuare una politica monetaria restrittiva, aumentando il
tasso di policy e riducendo la domanda dei beni.
5) Descrivere come si determina il tasso di interesse in
equilibrio nei mercati finanziari ipotizzando che:
a) Gli individui hanno solo circolante
b) Gli individui hanno solo depositi
Indicare il moltiplicatore monetario

a) Nel caso di solo circolante l’equilibrio è:


M=€YL(i) e 𝑴𝒔 = 𝑴𝒅
𝑀𝑠

i A
𝑀𝑑
Il moltiplicatore è mm=1/c+θ(1-c)=1, perché c=1
b) Nel caso di soli depositi l’equilibrio è M=H
H=R=ΘD
Quindi sostituendo H=Θd
H=θM
H=θ€YL(i)

𝐻𝑠

i A

Hd

C=0 quindi mm=1/θ


Economia aperta
Finora abbiamo osservato un’economia chiusa, senza scambi,
dove la domanda era: Z=C+I+G

Z=C+I+G= DOMANDA NAZIONALE DI BENI


Ora sono presenti gli scambi con il resto del mondo e la
domanda diventa:

Z=C+I+G-IM/ε+X: DOMANDA DI BENI


NAZIONALI
IM: IMPORTAZIONI, vengono divise per il tasso di cambio
reale perché il tasso di cambio rappresenta il prezzo dei beni
nazionali in termini di beni esteri. Quindi
𝟏
= 𝒑𝒓𝒆𝒛𝒛𝒐 𝒅𝒆𝒊 𝒃𝒆𝒏𝒊 𝒆𝒔𝒕𝒆𝒓𝒊 𝒊𝒏 𝒕𝒆𝒓𝒎𝒊𝒏𝒊 𝒅𝒊 𝒃𝒆𝒏𝒊 𝒏𝒂𝒛𝒊𝒐𝒏𝒂𝒍𝒊
𝜺
Le importazioni vengono sottratte nell’equazione perché
riguardano beni esteri, e non quelli nazionali. Infatti le
importazioni sono quei beni prodotti all’estero che vengono
acquistati dalla propria nazione.
X: ESPORTAZIONI, sono quei beni che vengono prodotti nella
propria nazione e venduti all’estero.
Da che cosa dipendono le variabili?
𝑰𝑴
𝒁 = 𝑪(𝒀 − 𝑻) + 𝑰(𝒀+ , 𝒓− ) + 𝑮 − (𝒀+ , 𝜺+ ) + 𝑿(𝒀+ ∗, 𝜺− )
𝜺
Le importazioni dipendono positivamente dalla produzione
nazionale, all’aumentare del reddito aumenta la domanda dei
beni, sia nazionali che esteri.
se aumenta il reddito nazionale Y aumentano le importazioni.
Maggiore è il prezzo dei beni nazionali rispetto ai beni esteri,
maggiore è la domanda estera, e quindi maggiori sono le
importazioni.
Se aumenta il tasso di cambio reale, cioè il prezzo dei beni
nazionali in termini di beni esteri, aumentano le importazioni
perché è più conveniente acquistare all’estero.
Le esportazioni dipendono positivamente dalla produzione estera
e negativamente dal tasso di cambio reale. Se aumenta il prezzo
dei beni nazionali in termini di beni esteri, le esportazioni
diminuiscono perché convengono i beni esteri.
Graficamente:
DD DD
Domanda di beni nazionali
C+I+G
AA
C+I+G-IM/ε

La distanza tra AA e DD rappresenta le importazioni. La AA è più


piatta della DD , perché se aumenta il reddito la domanda dei beni
nazionali aumenta in misura minore rispetto alla domanda
interna dei beni.
DD
ZZ (C+I+G-IM/ε+X)

AA

Yb
NX

Avanzo commerciale

Disavanzo commerciale

Yb
NX
La distanza tra AA e ZZ rappresenta le esportazioni. Questa
distanza è costante perché le esportazioni non dipendono dal
reddito interno, ma da quello estero.
se aumenta la produzione nazionale aumentano le importazioni e
le esportazioni restano invariate.
Le esportazioni nette sono X-IM/ε e all’aumentare della
produzione queste diminuiscono (perché aumentano le
importazioni)
nel punto di intersezione tra la domanda di beni nazionali e
domanda nazionale di beni le esportazioni nette sono pari a 0.
Per livelli di produzione più bassi di Yb le esportazioni sono
maggiori delle importazioni quindi NX>0 e si ha un avanzo di
bilancio. ∀𝒀 < 𝒀𝒃 → 𝑵𝑿 > 𝟎
Per livelli di produzione maggiori di Yb le esportazioni sono
minori delle importazioni quindi NX<0 e si ha un disavanzo di
bilancio. ∀𝒀 > 𝒀𝒃 → 𝑵𝑿 < 𝟎

L’equilibrio nell’economia aperta si ha quando Y=Z, quindi


domanda=produzione.
Bisogna ricordare che in equilibrio non è detto che si abbiano le
esportazioni nette pari a zero, e quindi X=IM/ε, ma si può avere un
avanzo o un disavanzo. Ad esempio:

ZZ

45°

Disavanzo commerciale
Aumento della domanda interna
Ipotizziamo che il governo voglia far aumentare la domanda
interna attraverso l’aumento della spesa pubblica G, facendo
spostare la curva di domanda da ZZ a ZZ’:
ZZ’

A ZZ

45°
Y Y’

Ytb disavanzo commerciale

Se aumenta la spesa pubblica:


- Aumenta la produzione, e quindi la domanda
- Diminuiscono le esportazioni nette.
- Si ha un peggioramento della bilancia commerciale, quindi
un disavanzo.
Quando aumenta la spesa pubblica interna ci si sposta sulla
stessa curva delle esportazioni nette, perché la spesa pubblica
non incide direttamente sulle esportazioni nette (perché non
incide direttamente né nell’equazione delle importazioni e né
nell’equazione delle esportazioni).
Inoltre l’aumento della produzione nazionale è minore
rispetto alla domanda nazionale di beni, questo perché in
economia aperta il moltiplicatore è più piccolo rispetto
all’economia chiusa. Più aperta è l’economia, minore è
l’effetto sulla produzione è maggiore è il disavanzo
commerciale.

Aumento della domanda estera


Se aumenta la produzione estera Y*, ad esempio attraverso
l’aumento di G*, questo incide direttamente sulle
esportazioni nette, quindi la curva si sposta verso l’alto:
DD
A’ ZZ’

A ZZ

45°

Ytb
NX’
IL nuovo equilibrio è in A’ NX
Se aumenta Y*:
- La produzione aumenta, quindi anche la domanda, che si
sposta verso l’alto
- Aumentano le esportazioni nette, la curva si sposta verso
l’alto
- Il saldo della bilancia commerciale è positivo.
L’aumento della produzione estera fa aumentare la domanda
nazionale. Si ha un miglioramento della bilancia
commerciale.
La produzione estera non influenza direttamente ne il
consumo, ne l‘investimento e ne la spesa pubblica. Quindi la
domanda nazionale dei beni non varia.
Ma all’aumentare della produzione estera aumenta la
domanda di beni nazionali, quindi la ZZ si sposta verso l’alto
e si ha un miglioramento della bilancia commerciale.

Ricorda:
- Un aumento della domanda nazionale provoca un
incremento della produzione nazionale, ma un disavanzo
commerciale (peggioramento del saldo).
- Un aumento della domanda estera provoca un incremento
della produzione nazionale, e un avanzo commerciale
(miglioramento del saldo).
Bisogna sapere però che i governi generalmente aspettano
prima di modificare la domanda interna, per evitare di creare
peggioramenti del saldo commerciale, e quindi per evitare
debiti verso il resto del mondo.
Deprezzamento sulla produzione e sulle
esportazioni nette
Per mostrare l’apprezzamento o il deprezzamento si deve
𝑬𝑷
partire dall’equazione del tasso di cambio reale 𝜺 =
𝑷∗

Riguardo al deprezzamento si deve far riferimento alla


condizione di Marshall-Lerner;
partiamo dall’equazione delle esportazioni nette: NX= X-IM/ε
Le esportazioni nette dipendono da:
𝑵𝑿 = 𝑿(𝒀+, 𝜺_) − 𝑰𝑴/𝜺(𝒀+ , 𝜺+ )
Se diminuisce il tasso di cambio reale:
- Aumentano le esportazioni X. Perché si riduce il prezzo dei
beni nazionali in termini di beni esteri e quindi è più
conveniente esportare (i beni nazionali sono meno costosi
all’estero)
- Diminuiscono le importazioni IM perché i beni esteri sono
più costosi rispetto ai beni nazionali.
- Aumenta il prezzo dei beni esteri in termini di beni
nazionali 1/ε. Il valore delle importazioni IM/𝜺, infatti la
stessa quantità costerà di più.
Condizione di MARSHALL-LERNER:
A SEGUITO DI UN DEPREZZAMENTO, IL SALDO DELLA
BILANCIA COMMERCIALE PUO’ MIGLIORARE SE IL
DEPREZZAMENTO E’ COMPENSATO DALL’AUMENTO
DELLE ESPORTAZIONI E DALLA RIDUZIONE DELLE
IMPORTAZIONI.
Dimostrazione:
- partiamo dall’equazione delle esportazioni nette:
NX=X-IM/ε.
- Ipotizziamo che le importazioni sono uguali alle
esportazioni, quindi:
NX=X-IM/ε=0
- Ora moltiplichiamo tutto per ε:
𝜺𝑵𝑿 = 𝜺𝑿 − 𝑰𝑴
- Ora bisogna osservare cosa accade ad ogni termine al
variare del tasso di cambio reale, quindi inizialmente
vediamo cosa accade ai singoli termini:
𝜺𝑵𝑿 = ∆𝜺𝑵𝑿 + 𝜺∆𝑵𝑿
=0
Perché le nx=0
𝜺𝑿 = ∆𝜺𝑿 + 𝜺∆𝑿
Unendo il tutto: 𝜺∆𝑵𝑿 = ∆𝜺𝑿 + 𝜺∆𝑿 − ∆𝑰𝑴
- Si divide tutto per εX:
𝜺∆𝑵𝑿 ∆𝜺𝑿 𝜺∆𝑿 ∆𝑰𝑴
= + −
𝜺𝑿 𝜺𝑿 𝜺𝑿 𝜺𝑿
∆𝜺 ∆𝑿 ∆𝑰𝑴
∆𝑵𝑿 = + −
𝜺 𝑿 𝜺𝑿
- Partendo dall’equazione delle esportazioni nette NX=X-
IM/ε=0, possiamo dire che X=IM/ε e quindi IM=Εx,
sostituisco:
∆𝜺 ∆𝑿 ∆𝑰𝑴
∆𝑵𝑿 = + −
𝜺 𝑿 𝑰𝑴
= CONDIZIONE DI MARSHALL- LERNER
Questo indica che la variazione delle esportazioni nette è
positiva se il deprezzamento del tasso di cambio nominale
è compensato dall’aumento della variazione delle
esportazioni e dalla riduzione della variazione delle
importazioni.

EFFETTI DI UN DEPREZZAMENTO REALE


Se aumenta la produzione estera aumentano le
esportazioni nette, e quindi la domanda dei beni nazionali.
Entrambe le curve si spostano verso l’alto. La bilancia
commerciale migliora. Graficamente:
A’ ZZ’
∆G
ZZ

45°

Y Y’

NX’

NX

Supponiamo che l’economia si trovi in equilibrio iniziale nel punto


A, ma è presente un disavanzo. Se il governo vuole eliminare
questo disavanzo deve fare 2 cose:
1) Effettuare la politica di deprezzamento in modo da far
spostare la curva delle esportazioni nette verso l’alto. Il
deprezzamento è la riduzione delle esportazioni nette,
facendo aumentare le esportazioni nette. 𝜺 ↓ 𝑵𝑿 ↑. Quindi si
sposta sia la curva delle NX che la curva di domanda, da ZZ a
ZZ’, e la produzione aumenta da Y a Y’
2) Effettuare una politica fiscale restrittiva, deve fare questo
perché si deve evitare questa espansione. ∆𝑮 ↓ 𝒁𝒁 ↓ Quindi si
deve ritornare alla prima curva di domanda ZZ. Cosi facendo
il livello della produzione resta uguale e il saldo della bilancia
migliora.
Quindi ci si sposta sulla nuova curva delle NX ma sulla curva
iniziale ZZ.
Risparmio, investimento e saldo commerciale
Già, abbiamo visto che la condizione di equilibrio può essere
scritta come investimento= risparmio. Partiamo dall’equazione
di equilibrio:
Y=C+I+G-IM/ε+X
Sposto C sul lato sinistro dell’equazione e sottraggo T da
entrambi i lati:
Y-C-T=I+G-T-IM/ε+X
Si ricorda che il reddito totale in economia aperta è pari al
reddito nazionale, cioè Y+Rn (produzione+ reddito netto
dall’estero) che viene chiamato NI. Sommando il reddito
nazionale a entrambi i lati, e scrivendo le esportazioni nette
come NX ottengo:
Y+NI-T-C=I+G-T+(NX+NI)
La parte sinistra dell’equazione rappresenta il risparmio privato
(reddito disponibile – consumi).
La somma delle esportazioni nette e del reddito nazionale forma
il conto corrente CA. sostituisco:
S= I+G-T+CA
CA=S+(T-G)-I
Se CA è positivo il livello di investimento è minore rispetto al
risparmio. Quindi il governo è creditore.
Se CA è negativo il livello di investimento è maggiore rispetto al
tasso di risparmio quindi il governo è debitore.
Questo indica che il saldo del conto corrente è pari alla somma
tra risparmio privato e pubblico meno l’investimento.
Un disavanzo provoca un eccesso di investimento sul risparmio.
Se un paese investe più di quanto guadagna, esso dovrà
indebitarsi col resto del mondo, quindi dovrà sopportare un
disavanzo commerciale.
Anche se questa equazione non ci dice se un disavanzo di
bilancio causa un disavanzo commerciale, aumento del
risparmio privato e riduzione dell’investimento.
ESERCIZI SUL MERCATO IN ECONOMIA APERTA
1) Un aumento del reddito estero provoca un aumento:
- Delle esportazioni del paese estero
- Delle importazioni del paese estero (perché coincide con le
esportazioni del paese nazionale)
- Delle importazioni del paese nazionale.

2) La domanda dei beni nazionali è pari a:


- Domanda nazionale dei beni
- Domanda estera dei beni nazionali
- Somma della domanda nazionale dei beni e domanda
estera dei beni nazionali

3) Il disavanzo commerciale è pari:


- Alla somma della domanda nazionale di beni e della
domanda di beni nazionali
- Alla somma di esportazioni e importazioni
- Alla differenza tra domanda nazionale di beni e domanda
di beni nazionali (C+I+G – (C+I+G-IM+X)=-NX)

4) In un’economia aperta un aumento delle imposte provoca


una diminuzione della produzione e:
- Effetto nullo sul disavanzo commerciale
- Aumento del disavanzo commerciale
- Diminuzione del disavanzo commerciale ( perché
diminuisce la produzione)

5) Un aumento della spesa pubblica provoca un aumento del


disavanzo commerciale
- Poiché la domanda nazionale aumenta e di conseguenza
diminuisce il tasso di cambio
- Dato che la domanda nazionale aumenta, ma parte
dell’aumento della domanda è rivolto alla domanda estera
(aumenta ZZ, aumentano le IM e le X restano invariate,
quindi aumenta il disavanzo)
- Solo il regime di cambi fissi
6) Un aumento del reddito estero provoca:
- Un aumento delle importazioni del paese estero quindi un
miglioramento della bilancia commerciale del paese
nazionale
- Una riduzione del consumo del paese nazionale
- Un peggioramento della bilancia commerciale del paese
nazionale a seguito di una riduzione delle esportazioni

7) Secondo la condizione di Marshall-Lerner, a seguito di un


deprezzamento reale :
- Le esportazioni diminuiscono e le importazioni
aumentano
- Le esportazioni nette diminuiscono
- Le esportazioni nette aumentano

8) Quali sono gli effetti di un deprezzamento reale?


- aumento della domanda estera dei beni nazionali (X>IM)
- diminuzione della domanda estera dei beni nazionali
- Aumento del disavanzo commerciale

9) Qual è la combinazione di politica fiscale e di cambio


necessaria a fare ridurre il disavanzo commerciale senza far
variare la produzione?
- Politica fiscale espansiva e apprezzamento del tasso di
cambio reale
- Politica fiscale restrittiva e deprezzamento del tasso di
cambio reale
- Politica fiscale espansiva e deprezzamento del tasso di
cambio reale.
10) Osservare se viene soddisfatta la condizione di Marshall-
Lerner se:
si ha un deprezzamento dell’1%
aumentano le esportazioni dello 0.9%
si riducono le importazioni dello 0.8%
∆𝑵𝑿
= −𝟏% + 𝟎. 𝟗 − (𝟎. 𝟖) = 𝟎. 𝟕%
𝑵
è 𝒔𝒐𝒅𝒅𝒊𝒔𝒇𝒂𝒕𝒕𝒂 𝒑𝒆𝒓𝒄𝒉é 𝒊𝒍 𝒓𝒊𝒔𝒖𝒍𝒕𝒂𝒕𝒐 è 𝒑𝒐𝒔𝒊𝒕𝒊𝒗𝒐
produzione, tasso di interesse e tasso di cambio
l’equilibrio nel mercato dei beni in economia aperta è dato da
PRODUZIONE=DOMANDA:
𝑰𝑴
𝒀 = 𝑪(𝒀 − 𝑻) + 𝑰(𝒀+ , 𝒓− ) + 𝑮 − + 𝑿(𝒀 ∗+ , 𝜺− )
𝜺(𝒀+ , 𝜺+ )
Da questa equazione possiamo ricavare le esportazioni nette e
vedere da quali variabili dipende:
𝑰𝑴
𝑵𝑿 = 𝑿(𝒀 ∗+ , 𝜺− ) −
𝜺 ( 𝒀 + , 𝜺+ )
𝑺𝒆 𝒂𝒖𝒎𝒆𝒏𝒕𝒂 𝒍𝒂 𝒑𝒓𝒐𝒅𝒖𝒛𝒊𝒐𝒏𝒆 𝒆𝒔𝒕𝒆𝒓𝒂 𝒍𝒆 𝒆𝒔𝒑𝒐𝒓𝒕𝒂𝒛𝒊𝒐𝒏𝒊 𝒏𝒆𝒕𝒕𝒆 𝒂𝒖𝒎𝒆𝒏𝒕𝒂𝒏𝒐;
𝑺𝒆 𝒂𝒖𝒎𝒆𝒏𝒕𝒂 𝒍𝒂 𝒑𝒓𝒐𝒅𝒖𝒛𝒊𝒐𝒏𝒆 𝒏𝒂𝒛𝒊𝒐𝒏𝒂𝒍𝒆 𝒍𝒆 𝒆𝒔𝒑𝒐𝒓𝒕𝒂𝒛𝒊𝒐𝒏𝒊 𝒏𝒆𝒕𝒕𝒆 𝒅𝒊𝒎𝒊𝒏𝒖𝒊𝒔𝒄𝒐𝒏𝒐.
𝑺𝒆 𝒂𝒖𝒎𝒆𝒏𝒕𝒂 𝒊𝒍 𝒕𝒂𝒔𝒔𝒐 𝒅𝒊 𝒄𝒂𝒎𝒃𝒊𝒐 𝒓𝒆𝒂𝒍𝒆 𝒍𝒆 𝒆𝒔𝒑𝒐𝒓𝒕𝒂𝒛𝒊𝒐𝒏𝒊 𝒏𝒆𝒕𝒕𝒆 𝒔𝒊 𝒓𝒊𝒅𝒖𝒄𝒐𝒏𝒐
Possiamo riscrivere l’equazione della domanda come:

𝒀 = 𝑪(𝒀 − 𝑻) + 𝑰(𝒀+ , 𝒓− ) + 𝑮 + 𝑵𝑿(𝒀 ∗+ , 𝒀− , 𝜺− )


Se aumentano il tasso di interesse e il tasso di cambio si riduce
la domanda dei beni nazionali.
Inoltre nel breve periodo bisogna ricordare che non c’è
inflazione, quindi tasso di interesse reale e nominale
coincidono, e che il livello dei prezzi è sempre costante, quindi il
tasso di cambio reale e nominale si muovono insieme. Per
convenzione P/P*=1 quindi ε=E. quindi sostituendo:

𝒀 = 𝑪(𝒀 − 𝑻) + 𝑰(𝒀+ , 𝒊− ) + 𝑮 + 𝑵𝑿(𝒀 ∗+ , 𝒀− , 𝑬− )

Equilibrio nei mercati finanziari


nei mercati finanziari bisogna decidere se detenere titoli
nazionali oppure esteri.
Gli investitori cercano il rendimento più alto, ignorando il
rischio.
Per far si che gli investitori abbiano entrambi i titoli, questi
devono avere lo stesso rendimento atteso, altrimenti gli
investitori non considererebbero i titoli con un minor
rendimento. Quindi consideriamo l’equazione dei tassi di
𝑬𝒕
interesse: (𝟏 + 𝒊𝒕 ) = (𝟏 + 𝒊𝒕 ∗)
𝑬𝒆𝒕+𝟏

𝟏+𝒊𝒕
Da qui possiamo scrivere che 𝑬𝒕 = 𝑬𝒆𝒕+𝟏
𝟏+𝒊𝒕 ∗

Se ipotizziamo che il tasso di cambio atteso è dato, possiamo


̅̅̅𝒆 , allora possiamo dire che l’equazione del tasso
scriverlo come 𝑬
di cambio è:
𝟏+𝒊 𝒆
𝑬= ̅̅̅
𝑬
𝟏+𝒊 ∗

Possiamo quindi dedure che:


- Il tasso di cambio corrente aumenta se aumenta il tasso di
interesse nazionale e il tasso di cambio atteso;
- Il tasso di cambio corrente diminuisce se aumenta il tasso
di cambio estero.
Bisogna ricordare che un apprezzamento oggi porta ad un
deprezzamento futuro atteso, perché ci si aspetta che il tasso di
cambio ritorni al valore iniziale.
RELAZIONE TRA TASSO DI INTERESSE E TASSO DI CAMBIO:
un aumento del tasso di interesse nazionale si ha un
apprezzamento (aumento del tasso di cambio).
̅̅̅𝒆
Quando i=i* allora E=𝑬
Graficamente:

i* A

̅𝐸̅̅𝑒̅

La curva J mette in relazione la variazione della bilancia


commerciale rispetto a un deprezzamento del tasso di cambio.
Nel breve periodo il deprezzamento riduce le esportazioni nette
(peggiorando la bilancia commerciale), quindi la condizione di
Marshall-Lerner non viene rispettata. Man mano che il tempo
passa si ha un miglioramento del saldo della bilancia commerciale.
Viene rispettata la condizione di Marshall-Lerner nel medio-lungo
periodo.

Esempio:
titoli italiani: 2% annui
titoli giapponesi: 2% annui
Et= 100
Et+1= 100
La parità dei tassi di interesse è: (1+0.02)=(1+0.02) 100/100
Si ipotizza che il tasso di cambio fra un anno atteso è 110, allora il
tasso di cambio attuale è:
Et= 1.02/1.02 x 110=110
Il tasso di cambio è aumentato, quindi l’€ si è apprezzato.

ESERCIZI SUL MERCATO IN ECONOMIA APERTA


Esercizio 1:
supponete che il mercato dei beni sia rappresentato da:
C= 500+0.5Yd
I=500-2000r+0.1Y
X=0.25Y*-100E
IM=0.1Y+100E
G=500
T=400
Y*=2000
r=5%
E=1. Calcolare l’equilibrio
L’equilibrio è Y=C+I+G-IM/ε+X
Quindi: Y=500+0.5(Y-400)+500-2000(0.05)+0.1Y+500-
0.1Y+100+0.25(2000)-100
Y-0.5Y=1500
Y=3000
Ora calcolare C,I, X e IM
C=500+0.5(3000-400)=1800
I=500-2000(0.05)+0.1(3000)=700
X=0.25(2000)-100=400
IM=(0.1 x 3000)+100=400
Siccome le IM=X la bilancia è in pareggio
Supponete che G aumenti di 100. Calcolare il nuovo equilibrio
Per calcolare il nuovo equilibrio possiamo rifare tutti i calcoli
oppure utilizzare il moltiplicatore keynesiano quindi:
𝟏 𝟏
∆𝑮 = = 𝟏𝟎𝟎 = 𝟐𝟎𝟎
𝟏 − 𝑪𝟏 𝟏 − 𝟎. 𝟓
Quindi Y=3200
Calcolare il nuovo livello delle importazioni e variazione delle
esportazioni nette derivanti dall’aumento di G
Basta sostituire il nuovo valore della produzione
IM= 0.1 x 3200 +100=420
X=400
NX=400-420=-20. Si ha un peggioramento del saldo commerciale
a ausa dell’aumento della produzione.
Esercizio:
considerate un’economia aperta in cui esiste solo il mercato dei
beni, con le seguenti caratteristiche:
C= 0.6(Y-T)
T=0.25Y
IM=0.2Y
𝜺=𝟏
X=0
Supponete che la somma tra investimento e spesa pubblica sia pari
a 6.
Scrivere la domanda dei beni nazionali e determinare il livello di
equilibrio del reddito Y.
Se G aumenta di 1 come varia il saldo della bilancia commerciale?

L’equilibrio è dato da:


Y=0.6(Y-0.25Y)+6-0.2Y
1.75Y=6 -> Y=8

Se G>1 utilizziamo sempre il moltiplicatore keynesiano: ∆𝒀 =


𝟏 𝟏
∆𝑮 = 𝟏 = 𝟏. 𝟑𝟑
𝟏−𝟏.𝟕𝟓 𝟏−𝟏.𝟕𝟓

Quindi Y=8+1.33=9.33
IM=0.2 x 9.33=1.87
∆NX=∆X-∆IM/ε
∆NX=0-(-1.6+1.87)=-0.26

Cosa succede se aumenta il consumo?


Aumenta la domanda, aumenta il reddito, aumentano le
esportazioni nette.
Esercizio:
supponete che il tasso di cambio si deprezzi del 12%. In ognuno dei
seguenti casi spiegate se è soddisfatta la condizione di Marshall-
Lerner e quale effetto ha il deprezzamento su NX e su Y
se X aumenta del 4% e IM diminuisce del 6%
ricordiamo che per osservare se viene soddisfatta la condizione di
Marshall-Lerner bisogna considerare l’equazione
∆𝑵𝑿 ∆𝜺 ∆𝑿 ∆𝑰𝑴
= + −
𝑿 𝜺 𝑿 𝑰𝑴
∆𝑵𝑿
= −𝟎. 𝟏𝟐 + 𝟎. 𝟎𝟒 − 𝟎. 𝟎𝟔 = −𝟎. 𝟏𝟒
𝑿
𝒏𝒐𝒏 𝒗𝒊𝒆𝒏𝒆 𝒓𝒊𝒔𝒑𝒆𝒕𝒕𝒂𝒕𝒂 𝒍𝒂 𝒄𝒐𝒏𝒅𝒊𝒛𝒊𝒐𝒏𝒆 𝒅𝒊 𝑴𝒂𝒓𝒔𝒉𝒂𝒍𝒍 − 𝑳𝒆𝒓𝒏𝒆𝒓. Il saldo
della bilancia è negativo

Se X aumenta del 7% e IM diminuisce del 6%


∆𝑵𝑿
= −𝟎. 𝟏𝟐 + 𝟎. 𝟎𝟕 − 𝟎. 𝟎𝟔 = 𝟎. 𝟎𝟏
𝑿
è 𝒓𝒊𝒔𝒑𝒆𝒕𝒕𝒂𝒕𝒂 𝒍𝒂 𝒄𝒐𝒏𝒅𝒊𝒛𝒊𝒐𝒏𝒆 𝒅𝒊 𝑴𝒂𝒓𝒔𝒉𝒂𝒍𝒍 − 𝑳𝒆𝒓𝒏𝒆𝒓. Le esportazioni
nette aumentano dell’1%, il reddito aumenta.

Esercizio:
considerate un paese aperto agli scambi dove esiste solo il mercato
dei beni. Gli abitanti importano risorse energetiche la cui
domanda è infinitamente rigida rispetto al prezzo. Supponete che
l’azione è descritta da:
C= 100+0.3(1-0.4)Y
I= 10+0.1Y
G=50
X=100
E=1
P=1
P*=1
IM=50+0.1Y
Determinare la produzione in equilibrio e il saldo della bilancia
commerciale
Per calcolare la produzione dobbiamo prima calcolare il tasso di
cambio reale:
𝑷
𝜺= 𝑬=𝟏
𝑷∗
Ricordiamo che Y=C+I+G-IM/ε+X
Quindi Y=100+0.18Y+10+0.1Y+50+100-50-0.1Y
0.82Y=210
Y=256.10
Il saldo della bilancia commerciale si determina attraverso le
esportazioni nette, NX=X-IM/ε
NX=100-(50+10 x 256.10)=24.39 siccome è positivo si ha un
avanzo di bilancio.
Che effetti avrebbe il raddoppio del livello dei prezzi esteri sulla
produzione di equilibrio?
𝟏
Cambia il tasso di cambio reale: 𝜺 = 𝟏 = 𝟎. 𝟓
𝟐

Il tasso di cambio reale si è deprezzato, quindi aumentano le


importazioni.
Determinare il nuovo equilibrio delle NX se P* è il doppio di P
Cambiano le importazioni perché varia il tasso di cambio reale:
IM=(50+0.1Y)/0.5=100+0.2Y
Sostituisco nell’equazione della produzione:
Y=100+0.3(1-0.4)Y+10+0.1Y+50+100-(100+0.2Y)
0.92Y=160
Y=173.91 la produzione si riduce a causa dell’aumento delle
importazioni e dell’aumento del prezzo estero.
Le esportazioni diventano: NX=100-(100-0.2 x 173.91)=-34.78
Il saldo della bilancia peggiora, quindi si ha un disavanzo di
bilancio. Non è soddisfatta la condizione di Marshal-Lerner.
Unione tra mercato dei beni e mercati finanziari:
modello di Mundell-Fleming
Ricordiamo l’equilibrio del mercato dei beni:
𝒀 = 𝑪(𝒀 − 𝑻) + 𝑰(𝒀+ , 𝒊− ) + 𝑮 + 𝑵𝑿(𝒀 ∗+ , 𝒀− , 𝑬− )
Nel breve periodo il livello dei prezzi non varia mai, quindi 𝜺 = 𝑬.
Inoltre si ipotizza che la banca ponga un tasso di interesse fisso,
quindi:
𝒊 = 𝒊̅
𝟏+𝒊
Sappiamo che 𝜺 = ̅̅̅
𝑬𝒆 quindi sostituiamo nell’equazione:
𝟏+𝒊∗
𝟏+𝒊 𝒆
𝒀 = 𝑪(𝒀 − 𝑻) + 𝑰(𝒀, 𝒊) + 𝑮 + 𝑵𝑿 (𝒀, 𝒀 ∗, ̅̅̅
𝑬 )
𝟏+𝒊∗
Un tasso di interesse maggiore provoca un minor livello di
investimento, quindi una riduzione della domanda. Allo stesso
tempo un tasso di interesse maggiore provoca una riduzione delle
esportazioni nette, perché c’è un apprezzamento, e quindi i beni
nazionali sono più costosi, quindi si riduce la domanda.
L’AUMENTO DEL TASSO DI INTERESSE RIDUCE
DIRETTAMENTE (attraverso l’investimento) E
INDIRETTAMENTE (attraverso il tasso di cambio) LA DOMANDA.
L’apprezzamento, o il deprezzamento, si misura facendo un
grafico sul lato destro. Rappresenta la parità dei tassi di interesse
i* e E*.

A LM
i
IS

E
L’equilibrio nei mercati finanziari è nel punto A, cioè l’intersezione
tra la curva IS e la curva LM.
La curva LM è orizzontale perché il tasso di interesse è scelto dalla
banca centrale.

Effetti della politica economica in economia aperta


Ipotizziamo una politica monetaria restrittiva: il governo aumenta
il tasso di interesse.
All’aumentare del tasso di interesse, la produzione si riduce e
quindi anche la domanda. Si ha inoltre un apprezzamento cioè
l’aumento della valuta nazionale.

A’ i’ A’
LM’
A i A
LM
IS
Y’ Y E E’
Un maggior tasso di interesse e un apprezzamento riducono la
domanda e la produzione.

Ora ipotizziamo una politica fiscale espansiva: il governo aumenta


la spesa pubblica.
All’aumentare della spesa pubblica la produzione aumenta. Se la
banca centrale lascia invariato il tasso di interesse, allora non si ha
alcun effetto sul tasso di cambio.

A A’ LM i A
IS’
IS E
La banca centrale potrebbe reagire all’aumento della spesa
pubblica utilizzando un mix di politica. Quando, ad esempio, la
produzione si trova al suo livello potenziale, quindi si vuole evitare
l’inflazione.
La banca reagisce all’aumento della spesa aumentando il tasso di
interesse, apprezzando il tasso di cambio e facendo ritornare la
produzione al suo livello iniziale.

A’’ A’’
A’ LM’ A
A LM
IS
Y1 Y3 Y2 E E’
Il governo risponde alla politica fiscale espansiva con una politica
monetaria restrittiva, per ridurre l’inflazione. Il tasso di cambio si
apprezza e la produzione diminuisce rispetto al nuovo equilibrio.
Il nuovo equilibrio è Y3.
Il consumo e la spesa pubblica aumentano;
l’effetto sull’investimento è ambiguo: esso aumenta dato che
aumenta G e quindi la produzione, diminuisce perché aumenta i
le esportazioni nette diminuiscono perché aumentano sia la
produzione nazionale che il tasso di cambio. Si ha un disavanzo di
bilancio.
Bisogna ricordare però che il modello di Mundell- Fleming deve
far riferimento allo zero lower bound.
Tassi di cambio fissi
Finora abbiamo visto che il governo può modificare i tassi di
cambio per migliorare il saldo della bilancia commerciale. Con il
tasso di cambi fissi questa cosa non si può fare.
Esistono dei paesi che presentano tassi di cambio rigidamente fissi
mantenendo il tasso a parità tra il valore nominale della valuta
nazionale e di quella estera.
Se c’è un aumento del tasso di cambio si ha una RIVALUTAZIONE
(nei tassi di cambio flessibili si parla di apprezzamento)
Se c’è una riduzione del tasso di cambio si ha una SVALUTAZIONE
(nei tassi di cambio flessibili si parla di deprezzamento).
Tra i tassi di cambio flessibili e quelli rigidamente fissi esistono
tassi di cambio intermedi:
- PARITA’ MOBILE rispetto al dollaro USA. Questo viene
utilizzato dai paesi che hanno un’inflazione più alta
rispetto a quella degli stati uniti. Se questi adottassero tassi
di cambio rigidamente fissi all’aumento dei prezzi, ci
sarebbe un continuo apprezzamento che porterebbe a non
rendere più competitivi i beni nazionali.
- PARITA’ CENTRALE utilizzata dallo SME (sistema
monetario europeo) dove il tasso di cambio può assumere
dei valori compresi all’interno di una banda di oscillazioni.
Ma queste variazioni devono essere accettate da tutti i
paesi aderenti all’accordo.

Politica monetaria
Si ipotizza che un paese decida un valore preciso del tasso di
cambio, 𝑬̅ , questo paese deve far si che il tasso di cambio
prescelto prevalga sul mercato dei cambi.
Innanzitutto si deve soddisfare la condizione di parità dei
(𝟏+𝒊𝒕∗) 𝑬𝒕
tassi di interesse: 𝟏 + 𝒊𝒕 =
𝑬𝒆𝒕+𝟏

̅ e se
Se viene posto il tasso di cambio come fisso allora 𝑬𝒕 = 𝑬
credono che anche il tasso di cambio futuro resta uguale,
allora 𝒊 = 𝒊 ∗
Quindi si deduce che:
se il tasso di cambio è fisso e di perfetta mobilità di capitali, il
tasso di interesse interno deve essere uguale a quello estero.
IN UN SISTEMA DI TASSI DI CAMBIO FISSI LA BANCA
RINUNCIA ALLA POLITICA MONETARIA. Questo perché i=i*
quindi non si può modificare il tasso di interesse.

Politica fiscale
Se viene utilizzata una politica fiscale espansiva, mentre nel
regime di tassi di cambio flessibili la banca poteva reagire
aumentando il tasso di interesse, nel regime dei tassi di
cambio fissi la banca non può reagire modificando il tasso di
cambio. Si deducono quindi tre cose:
1) Adottando tassi di cambio fissi, la banca deve far
riferimento anche al tasso di interesse estero. Quindi non è
più libera di controllare i proprio tasso di interesse
2) Fissando il tasso di cambio si rinuncia alla correzione degli
squilibri commerciali e al controllo del livello di
produzione aggregata.
3) La politica fiscale nel breve periodo può solo aiutare ad
uscire da una forte recessione, ma se è presente un forte
disavanzo non si può adottare la politica monetaria.
Esercizi modello IS-LM
Nel modello IS-LM in economia aperta un aumento del tasso di
interesse domestico provoca una riduzione dell’investimento e:
a) Apprezzamento del tasso di cambio
b) Deprezzamento del tasso di cambio
c) Nessun effetto sulla produzione
Nel modello IS-LM in economia aperta un aumento delle imposte
provoca:
a) Apprezzamento del tasso di cambio quando la banca
centrale lascia invariato il tasso di interesse
b) Deprezzamento del tasso di cambio quando la banca
centrale riduce il tasso di interesse
c) Non ha effetti sul tasso di cambio
Nel modello IS-LM in economia aperta una politica fiscale
restrittiva, assumendo che la banca centrale non reagisca, cosa
succede?
a) Il consumo e le esportazioni nette aumentano
b) L’investimento e le esportazioni nette diminuiscono
c) Il consumo diminuisce e le esportazioni nette aumentano
Nel modello IS-LM in economia aperta una politica monetaria
espansiva comporta:
a) Apprezzamento del tasso di cambio e riduzione delle
esportazioni
b) Non ha effetti sul tasso di cambio
c) Deprezzamento del tasso di cambio e aumento delle
esportazioni
Nel modello IS-LM in economia aperta una politica monetaria
restrittiva stimola:
a) Le importazioni perché il tasso di cambio si apprezza
b) Le esportazioni perché il tasso di cambio si deprezza
c) Le importazioni perché aumenta il reddito nazionale
Una politica fiscale restrittiva e una politica monetaria espansiva
provocano:
a) Apprezzamento del tasso di cambio ed effetto ambiguo sulla
produzione
b) Riduzione della produzione ed effetto ambiguo sul tasso di
cambio
c) Deprezzamento del tasso di cambio ed effetto ambiguo sulla
produzione.
Una politica monetaria espansiva
a) Fa aumentare la produzione attraverso una riduzione di i
b) Fa aumentare la produzione attraverso l’aumento della
spesa nazionale
c) Entrambe (perché aumenta C,I,Y,i)
In regime di tassi di cambio fissi la politica fiscale
a) È particolarmente efficace perché non viene
controbilanciata dalla politica monetaria
b) È assolutamente inefficace perché controbilanciata dalla
politica monetaria
c) Ha gli stessi effetti che in un regime di tassi flessibili dove la
banca è libera di agire
In regime di tassi di cambi fissi la banca centrale
a) Può utilizzare liberamente la politica monetaria
b) Perde il controllo della politica monetaria perché il tasso di
interesse interno deve essere uguale a quello estero
c) Fissa il tasso di cambio desiderato e mantiene il controllo del
tasso di interesse.
Il medio periodo
Si ricorda che nel breve periodo nel caso di tassi di cambio
flessibili, un paese che aveva bisogno di un deprezzamento
poteva realizzarlo attraverso una riduzione del tasso di
interesse, in modo che diminuiva il tasso di cambio.
Nel caso di tassi di cambio fissi il tasso di cambio era fisso e
non si poteva reagire utilizzando una politica monetaria
espansiva.
Nel medio periodo non c’è la differenza tra tasso di cambio
fisso e tasso di cambio variabile perché sono i prezzi a
variare.
Ricordiamo l’equazione del tasso di cambio reale:
𝑬𝑷
𝜺=
𝑷∗
Il tasso di cambio reale si può aggiustare:
- Attraverso una variazione del tasso di cambio nominale.
Questa cosa ovviamente è possibile solo nel caso di regimi
di tasso di cambio flessibili.
- Attraverso una variazione dei prezzi nazionali P rispetto ai
prezzi esteri P*. nel medio periodo questa variazione può
essere effettuata sia in regimi di tasso di cambio fissi che in
quelli flessibili.
Un bene nazionale può essere più conveniente rispetto a un
bene estero se:
1) Diminuisce il prezzo italiano rispetto a quello estero.
2) Aumenta il prezzo estero del bene estero
3) Diminuisce il tasso di cambio nominale.

Relazione is e tassi di cambio fissi


La relazione IS dipende da:
𝑬𝑷
𝒀 = 𝒀( , 𝑮 , 𝑻 , 𝒊 ∗ −𝝅𝒆− , 𝒀 ∗+ )
𝑷 ∗− + −
Questo indica che la curva IS dipende:
- Negativamente al tasso di cambio reale, imposte, tasso di
interesse reale nazionale
- Positivamente dalla spesa pubblica e alla produzione
estera.
Equilibrio di breve e medio periodo
Ipotizziamo che in un’economia il tasso di cambio è molto
elevato, la bilancia commerciale è in disavanzo e la
produzione è al di sotto del livello potenziale.
In un sistema di tassi di cambio flessibili la banca potrebbe
ridurre il tasso di interesse nominale, in modo da provocare
un deprezzamento reale, un miglioramento della bilancia
commerciale e un aumento della produzione.
In un sistema di tassi di cambio fissi, la banca non può fare
questo, ma nel medio periodo i prezzi si aggiustano.
Ricordiamo la seconda equazione della curva di Phillips:
𝜶
𝝅 − 𝝅𝒆 = (𝒀 − 𝒀𝒏 )
𝑳
𝑺𝒆 𝒀 < 𝒀𝑵 → 𝒕𝒂𝒔𝒔𝒐 𝒅𝒊 𝒊𝒏𝒇𝒍𝒂𝒛𝒊𝒐𝒏𝒆 𝒎𝒊𝒏𝒐𝒓𝒆 𝒂𝒍𝒍𝒆 𝒂𝒔𝒑𝒆𝒕𝒕𝒂𝒕𝒊𝒗𝒆;
𝒔𝒆 𝒀 > 𝒀𝑵 → 𝒕𝒂𝒔𝒔𝒐 𝒅𝒊 𝒊𝒏𝒇𝒍𝒂𝒛𝒊𝒐𝒏𝒆 𝒎𝒂𝒈𝒈𝒊𝒐𝒓𝒆 𝒅𝒆𝒍𝒍𝒆 𝒂𝒔𝒑𝒆𝒕𝒕𝒂𝒕𝒊𝒗𝒆
Se l’inflazione è costante, la curva di Phillips diventa:
𝜶
𝝅−𝝅 ̅ = (𝒀 − 𝒀𝒏 )
𝑳
Se Y=Yn allora 𝝅 = 𝝅 ∗= 𝝅 ̅ , cioè i tassi di inflazione sarebbero
tutti uguali, e quindi anche il livello dei prezzi e il tasso di
cambio rimarrebbero uguali.
Se partiamo da una situazione in cui la produzione è minore
rispetto a quella potenziale, allora l’inflazione nazionale è
minore di quella estera:
𝒀 < 𝒀𝒏 → 𝝅 < 𝝅 ∗→ 𝒕𝒂𝒔𝒔𝒐 𝒅𝒊 𝒄𝒂𝒎𝒃𝒊𝒐 𝒓𝒆𝒂𝒍𝒆 𝒔𝒊 𝒅𝒆𝒑𝒓𝒆𝒛𝒛𝒂
Dato che il tasso nominale è fisso, diminuisce il tasso di
cambio reale perché il livello dei prezzi interni è minore
rispetto a quelli esteri.
Quando 𝒀 = 𝒀𝒏 → 𝝅 = 𝝅 ∗

Anche se nel medio periodo con tassi di cambio fissi si può


creare un aggiustamento della produzione, facendola
ritornare al suo livello potenziale, questo aggiustamento può
essere molto lungo e potrebbe causare un aumento della
disoccupazione e una riduzione della produzione.
Per far tornare il livello della produzione al suo livello
naturale ci sono ulteriori metodi:
se il governo vuole svalutare (diminuzione del tasso di cambio
nominale), ci sarà un deprezzamento (diminuzione del tasso
di cambio reale) e quindi un aumento della produzione.
quando un paese avente tassi di cambio fissi si trova in
disavanzo, spesso si vuole cambiare regime di tassi di cambio.
Chi vuole adottare regime di tassi di cambio fissi lo fa
pensando che una svalutazione potrebbe portare a crisi
valutarie.

Crisi del tasso di cambio in regimi di tassi di cambio


fissi
Se un paese opera in un regime di tassi di cambio fissi e gli
investitori credono che ci sarà un deprezzamento per due
motivi:
1) Il tasso di cambio reale potrebbe essere troppo alto. In
questo caso servirebbe un deprezzamento perché ci
sarebbe un’inflazione troppo alta e questo renderebbe i
beni nazionali non convenienti perché i prezzi nazionali
crescerebbero sempre di più rispetto ai beni esteri. Gli
investitori cominciano a pensare che il governo prima o poi
svaluterà perché la posizione commerciale sarebbe in
continuo peggioramento.
2) Le condizioni interne potrebbero richiedere una riduzione
del tasso di interesse interno. Questo in realtà non può
essere raggiunto normalmente nel regime di tassi di
cambio fissi, ma si può fare se il governo lascia fluttuare il
cambio, cioè passare da regime fisso a regime flessibile, in
modo da ridurre il tasso di cambio.

per mantenere un tasso di cambio c’è bisogno di un aumento del


tasso di interesse interno. Per spiegare questo partiamo
dall’equazione di apprezzamento della moneta nazionale:
𝑬𝒆𝒕+𝟏 − 𝑬𝒕
𝒊𝒕 = 𝒊𝒕 ∗ −
𝑬𝒕
Se i mercati finanziari si aspettano che dopo un anno il tasso di
cambio sarà più alto del 2%, questi continueranno a volere titoli
nazionali solo se il tasso di interesse interno a un mese eccede il
tasso di interesse estero a un mese del 2% (2% x 12= 24%).
In un sistema di tassi di cambio fisso il tasso di cambio nominale è
fissato per un cervo valore, e se si ipotizza che questo valore sarà
mantenuto nel futuro allora 𝑬𝒕 = 𝑬𝒕+𝟏 = 𝑬 ̅.

Se i mercati iniziano una svalutazione: il mese successivo c’è il 75%


di possibilità che venga mantenuta la parità e il 25% che ci sia una
svalutazione del 20%. Allora:
𝑬𝒕+𝟏 −𝑬𝒕
= 𝟎. 𝟕𝟓 𝒙 𝟎 + 𝟎. 𝟐𝟓𝒙𝟎. 𝟐 = 𝟎. 𝟎𝟓 → 𝒅𝒆𝒑𝒓𝒆𝒛𝒛𝒂𝒎𝒆𝒏𝒕𝒐 𝒅𝒆𝒍 𝟓%
𝑬𝒕

Quindi questo significa che se la banca vuole mantenere la parità


di questo mese dovrà offrire un tasso di interesse pari a i*+0.05. il
governo può fare 3 scelte:
1) Cercare di convincere i mercati che non ci sarà nessuna
svalutazione.
2) La banca può aumentare il tasso di interessa ma di una
misura minore rispetto a quello che servirebbe per soddisfare
l’equazione, in questo modo gli investitori finanziari
acquistano titoli esteri rispetto a quelli nazionali. Quindi si
venderanno meno titoli nazionali a favore dei titoli esteri.
3) La banca può effettivamente deprezzare. se la banca alza il
tasso di interesse, questa operazione viene fatta solo se la
probabilità della svalutazione è piccola, e se il governo pensa
che i mercati si convinceranno che non ci sarà alcuna
svalutazione. Altrimenti svaluta.

Tassi di cambio in regime di cambi flessibili


Nel regime di cambi flessibili minore è il tasso di interesse,
minore è il tasso di cambio. Anche se in realtà il tasso di cambio
si muove molto più spesso del tasso di interesse.
Iniziamo con l’equazione della parità dei tassi di interesse:
𝑬𝒕
(𝟏 + 𝒊𝒕 ) = (𝟏 + 𝒊𝒕 ∗)
𝑬𝒆𝒕+𝟏
𝟏+𝒊𝒕
Quindi 𝑬𝒕 = 𝑬𝒆𝒕+𝟏
𝟏+𝒊𝒕∗

Questa relazione vale anche all’anno t+1:


𝟏 + 𝒊𝒕+𝟏 𝒆
𝑬𝒕+𝟏 = 𝑬
𝟏 + 𝒊𝒕+𝟏 ∗ 𝒕+𝟐
Sostituisco Et+1 nella prima equazione:
(𝟏 + 𝒊𝒕 )(𝟏 + 𝒊𝒕+𝟏 )
𝑬𝒕 = 𝑬𝒆𝒕+𝟐
(𝟏 + 𝒊𝒕 ∗)(𝟏 + 𝒊𝒕+𝟏 ∗)
Da qui si deduce che:
(𝟏 + 𝒊𝒕 )(𝟏 + 𝒊𝒕+𝟏 ) … (𝟏 + 𝒊𝒆𝒕+𝒏 )
𝑬𝒕 = 𝒆 𝑬𝒆𝒕+𝒏+𝟏
(𝟏 + 𝒊𝒕 ∗)(𝟏 + 𝒊𝒕+𝟏 ∗) … (𝟏 + 𝒊𝒕+𝒏 ∗)
Questo indica che il tasso di cambio dipende dai tassi di
interesse nazionali ed esteri correnti e attesi per ciascun anno e
dal tasso di cambio atteso tra t+n+1 anni.
Il tasso di cambio quindi si muove ogni volta che c’è un
cambiamento delle aspettative, proprio per questo si dice che è
volatile: si muove frequentemente e significativamente.
Se ci aspettiamo che i tasso di interesse tra t e t+n, allora
E=Et+n+1 atteso. Questo fa capire che qualsiasi notizia influenzi
le previsioni del conto corrente futuro avrà un effetto sul tasso
di cambio futuro atteso e quindi su quello corrente. Un minor
tasso di interesse fa diminuire il tasso di cambio.

Riguardo la scelta tra cambi fissi o flessibili abbiamo visto che:


- Nel breve periodo utilizzando un regime di tassi di cambio
fissi non possono modificare né il tasso di interesse e ne il
tasso di cambio.
- Nel medio periodo questa distinzione non c’è, perché nel
caso di regimi di cambio fissi possono variare i prezzi.
- Se un paese presenta tassi di cambi fissi e deve svalutare,
questo porta agli investitori a chiedere tassi di interesse
alti
- In un sistema di tassi di cambio flessibili il tasso di cambio
può fluttuare ed uscire fuori dal controllo della politica
monetaria.
- Solitamente il tasso di cambio flessibile è preferibile,
tranne se un gruppo è già integrato economicamente, e se
si pensa che la politica monetaria che adotta la banca non è
responsabile.

Esercizi sul tasso di cambio


1) Il tasso di cambio reale diminuisce se:
a) Diminuisce il livello dei prezzi nazionali;
b) Aumenta il livello dei prezzi esteri;
c) Si apprezza il tasso di cambio reale.

2) In un sistema di cambi fissi e perfetta mobilità di capitale:


a) La relazione di parità de tassi di interesse non vale;
b) Il tasso di interesse interno è pari alla media ponderata
dei tassi di deprezzamento attesi in futuro
c) Il tasso di interesse nazionale ed estero sono uguali.

3) In economia aperta un deprezzamento del tasso di cambio


reale:
a) Fa aumentare la produzione per l’aumento delle
esportazioni;
b) Fa diminuire la produzione per la riduzione delle
importazioni;
c) Non ha effetti sulla produzione perché essa non dipende
dal tasso di cambio.

4) In economia aperta una diminuzione del livello dei prezzi


interni provoca:
a) Una diminuzione del tasso di cambio reale, aumento delle
esportazioni nette e quindi una riduzione della domanda e
della produzione
b) Un aumento del tasso di cambio reale, diminuzione delle
esportazioni nette e quindi un aumento della domanda e
della produzione
c) Una diminuzione del tasso di cambio reale, aumento delle
esportazioni nette e quindi un aumento della domanda e
della produzione.
5) In presenza di un sistema di cambi fissi nel breve periodo il
tasso di cambio reale:
a) Può variare, attraverso variazioni del livello dei prezzi
interni ed esteri;
b) È sempre fisso, in quanto il tasso di cambio nominale e il
livello dei prezzi è fisso;
c) Può variare attraverso variazioni del tasso di interesse
esterno.

6) In presenza di tassi di cambi fissi nel medio periodo il tasso di


cambio reale:
a) È sempre fisso, in quanto il tasso di cambio nominale e il
livello dei prezzi sono fissi.
b) Può variare, attraverso variazioni del livello dei prezzi
interni ed esteri;
c) Può variare attraverso variazioni del tasso di interesse
estero.

7) Il tasso di cambio corrente è particolarmente volatile:


a) A causa dei mutamenti delle aspettative sul tasso di
interesse futuro;
b) A causa dei mutamenti delle aspettative sul tasso di
cambio futuro estero;
c) Entrambe

8) In regime di cambi fissi una svalutazione:


a) A volte è inevitabile e i mercati hanno forti aspettative,
anche infondate, che la banca centrale riduce il cambio;
b) Può essere un modo per far diminuire un’inflazione
galoppante;
c) Non è mai possibile, dato che i tassi di cambio sono fissi.

9) Che cosa può fare un governo per fronteggiare aspettative di


svalutazione?
a) Difendere il cambio, a costo di un tasso di interesse più
alto;
b) Attendere e valutare;
c) Entrambe
10)a seguito delle aspettative di svalutazione, il tasso di
cambio fisso richiede:
a) un tasso di interesse alto, per la parità scoperta dei tassi di
interesse;
b) una riduzione del tasso di interesse che tenga il tasso di
cambio al livello predeterminato;
c) un’espansione monetaria.

Esercizio:
ipotizzate di essere nel 2016 e che valga la condizione di
parità dei tassi di interesse. Il tasso di cambio atteso E2017 è
1.23.
tasso di interesse pari al 4% nella propria nazione, 6% negli
USA. Calcolare il tasso di cambio corrente e la variazione
percentuale attesa.

Si parte dall’equazione del tasso di cambio nominale:


𝟏 + 𝒊𝒕 𝒆
𝑬𝒕 = 𝑬
𝟏 + 𝒊𝒕 ∗ 𝒕+𝟏
Ponendo t=2016 e t+1=2017:
𝟏 + 𝟎. 𝟎𝟒
𝑬𝒕 = 𝟏. 𝟐𝟑 = 𝟏. 𝟐
𝟏 + 𝟎. 𝟎𝟔
Per calcolare la variazione:
𝑬𝒕+𝟏 − 𝑬𝒕 𝟏. 𝟐𝟑 − 𝟏. 𝟐
= = 𝟐. 𝟓%
𝑬𝒕 𝟏. 𝟐

Esercizio:
supponete che il tasso di cambio tra dollaro e peso messicano
sia fisso e che gli investitori del mercato finanziario ad un
certo punto si aspettano una svalutazione del peso. In
particolare assumete che credano che vi sia una probabilità
del 50% di una svalutazione del peso del 10% entro l’anno
prossimo e una probabilità del 50% che non ci sia alcuna
svalutazione. i
tDi quanto deve aumentare la banca centrale messicana i tassi
di interesse per mantenere la parità dei tassi di interesse?

La svalutazione attesa è data da= 0.5 x 10 + 0.5 x 0= 5%.La


𝑬𝒕+𝟏−𝑬𝒕
parità dei tassi di interesse è data da: 𝒊 = 𝒊 ∗ − = 𝒊 ∗ +𝟓%
𝑬𝒕
Mercati finanziari e aspettative
Quando si parla delle aspettative innanzitutto bisogna capire cos’è
il VALORE PRESENTE SCONTATO ATTESO.
Se il tasso di interesse nominale a un anno è 𝒊𝒕 , l’anno prossimo
sarà (𝟏 + 𝒊𝒕 )
Per sapere quanti € vale oggi un euro preso a prestito l’anno
𝟏
prossimo bisogna fare (𝟏+𝒊 ). Questo si può capire dal fatto che se
𝒕
𝟏
oggi prestiamo 1/(1+it), l’anno prossimo riceveremo (𝟏+𝒊𝒕 )
(𝟏 + 𝒊 𝒕 ) =
𝟏.
Per sapere quanti € vale oggi un euro preso a prestito fra due anni
𝟏
bisogna fare (𝟏+𝒊 )(𝟏+𝒊𝒆
𝒕 𝒕+𝟏 )

Quest’anno L’anno prossimo Tra due anni


1€ (1+𝒊_𝒕)
𝟏 1€
(𝟏 + 𝒊𝒕 )
1€ €(𝟏 + 𝒊𝒕 )(𝟏 + 𝒊𝒕+𝟏 )
𝟏 1€
(𝟏 + 𝒊𝒕 )(𝟏 + 𝒊𝒕+𝟏 )

Il termine ‘valore presente scontato atteso’ è composto da


‘presente’ che indica che si osserva il valore in termini di € oggi, e
da ‘scontato’ perché è composto da un fattore di sconto cioè
1/(1+it).
Maggiore è il tasso di interesse nominale, minore è il valore
presente di un euro percepito l’anno prossimo.

Una formula generale è:


€𝒁𝒕+𝟏 €𝒁𝒕+𝟐 €𝒁𝒕+𝒏
€𝑽𝒕 = −𝑪𝟎 + + + ⋯ +
(𝟏 + 𝒊𝒕 ) (𝟏 + 〖𝒊𝒕 )〗𝟐 (𝟏 + 〖𝒊𝒕 )〗𝒏
Da questa equazione si può notare che ogni pagamento futuro è
moltiplicato per il tasso di sconto. Più distante è il pagamento,
minore sarà il tasso di sconto, e quindi minore sarà il valore del
pagamento oggi.
Se ad esempio i pagamenti futuri e i tassi di interesse sono incerti,
per calcolare il valore attuale allora si osservano i pagamenti e i
tassi di interesse attesi.
Per capire se conviene o meno investire nel progetto sulla base del
VAN si segue una regola:
- Se il VAN è positivo, i flussi di cassa futuri attualizzati
coprono interamente il costo del progetto;
- Se il VAN è negativo, i costi superano i ricavi attualizzati,
quindi non conviene investire nel progetto.

Esercizi:
supponete di ricevere €100000 ogni anno per 2 anni a partire
dall’anno prossimo.
a) Calcolare il valore attuale di questa sequenza di pagamenti
quando il tasso di interesse costante è: 0%, 4%, 8%.
b) Come varia il valore attuale al cambiare del tasso di
interesse?

a) Quando i=0% allora Vt= 100000+ 100000=200000


𝟏𝟎𝟎𝟎𝟎𝟎 𝟏𝟎𝟎𝟎𝟎𝟎
Quando i=4% allora Vt= + (𝟏.𝟎𝟒)𝟐
= 𝟏𝟖𝟖𝟔𝟎𝟖
𝟏.𝟎𝟒
𝟏𝟎𝟎𝟎𝟎𝟎 𝟏𝟎𝟎𝟎𝟎𝟎
Quando i=8% allora Vt= + (𝟏.𝟎𝟖)𝟐
= 𝟏𝟕𝟗𝟓𝟐𝟕
𝟏.𝟎𝟖

b) Il valore attuale diminuisce all’aumentare del tasso di


interesse.
Esercizio:
supponete che un individuo A riceve 50000€ ogni anno per 3
anni iniziando dall’anno prossimo e che un individuo B riceve
50000€ ogni anno per 3 anni iniziando da questo anno.
a) Supponete che si prevede che il tasso di interesse nominale
rimanga costante nei prossimi 3 anni. Quale dei due individui
riceverà la sequenza dei pagamenti con un valore attuale più
elevato (i=5%)?
b) Sotto quali condizioni il valore attuale delle due sequenze dei
pagamenti è lo stesso?
a) Per quanto riguarda l‘individuo A:
𝟓𝟎𝟎𝟎𝟎 𝟓𝟎𝟎𝟎𝟎 𝟓𝟎𝟎𝟎𝟎
𝑽𝒕 = + + = 𝟏𝟑𝟔𝟏𝟔𝟐
𝟏. 𝟎𝟓 (〖𝟏. 𝟎𝟓)〗𝟐 (〖𝟏. 𝟎. 𝟓)〗𝟑
Per quanto riguarda l’individuo B:
𝟓𝟎𝟎𝟎𝟎 𝟓𝟎𝟎𝟎𝟎
𝑽𝒕 = 𝟓𝟎𝟎𝟎𝟎 + + = 𝟏𝟒𝟑𝟗𝟕𝟎
𝟏. 𝟎𝟓 (𝟏. 𝟎𝟓)𝟐
Pagherà di più l’individuo B
b) L’unica condizione secondo il quale il valore attuale delle
sequenze è uguale è i=0%.

Esercizio:
supponete di vincere alla lotteria e di scegliere 3 diverse azioni:
a) Ricevere 100000€ tra 1 anno
b) Ricevere 100000€ tra 2 anni
c) Ricevere 100000€ tra 3 anni
Calcolare il valore attuale di ciascun pagamento
Come varrà il valore attuale se lo stesso pagamento si verifica
più tardi?

𝟏𝟎𝟎𝟎𝟎𝟎
Dopo 1 anno: 𝑽𝒕 = = 𝟗𝟎𝟗𝟎𝟗 è il valore attuale maggiore
𝟏+𝟎.𝟏
𝟏𝟎𝟎𝟎𝟎𝟎
Dopo 2 anni: 𝑽𝒕 = (〖𝟏+𝟎.𝟏)〗𝟐 = 𝟖𝟐𝟔𝟒𝟒
𝟏𝟎𝟎𝟎𝟎𝟎
Dopo 3 anni: 𝑽𝒕 = (〖𝟏+𝟎.𝟏)〗𝟑 = 𝟕𝟓𝟏𝟑𝟏

Se lo stesso pagamento si verifica più tardi il valore attuale vale


di meno

Valore annuale di una annuity


Annuity significa che il titolo genera dei flussi di cassa per n
anni.
𝟏 𝒓
Bisogna dimostrare che 𝑽𝑨 = 𝑪( − ))
𝒓 𝒓(〖𝟏+𝒓)〗𝒏

Si parte col rappresentare il VA:


𝟏 𝟏 𝟏
𝑽𝑨 = 𝑪+ 𝑪 … 𝑪
𝟏+𝒓 (𝟏 + 〖𝒓)〗𝟐 (𝟏 + 〖𝒓)〗𝒏
Metto in evidenza 1/1+r C e ottengo:
𝟏 𝟏 𝟏
𝑽𝑨 = 𝑪 (𝟏 + +⋯ )
𝟏+𝒓 𝟏+𝒓 (𝟏 + 〖𝒓)〗𝒏−𝟏
𝟏
𝒑𝒐𝒏𝒈𝒐 = 𝑿, 𝒒𝒖𝒊𝒏𝒅𝒊 𝒐𝒕𝒕𝒆𝒏𝒈𝒐:
𝟏+𝒓
𝑽𝑨 = 𝑿𝑪(𝟏 + 𝑿 + ⋯ 𝑿𝒏−𝟏 )
𝑻𝒖𝒕𝒕𝒐 𝒒𝒖𝒆𝒍𝒍𝒐 𝒄𝒉𝒆 𝒔𝒊 𝒕𝒓𝒐𝒗𝒂 𝒕𝒓𝒂 𝒑𝒂𝒓𝒆𝒏𝒕𝒆𝒔𝒊 𝒍𝒐 𝒑𝒐𝒏𝒈𝒐 𝒑𝒂𝒓𝒊 𝒂𝒅 𝒂:
𝟏 + 𝑿 + ⋯ 𝑿𝒏−𝟏 = 𝒂
Quindi 𝑿 + 𝑿𝟐 … + 𝑿𝒏−𝟏 = 𝒂 − 𝟏
Metto in evidenza X:
𝑿( 𝟏 + 𝑿 + ⋯ 𝑿𝒏−𝟐 ) = 𝒂 − 𝟏
Siccome nel caso delle annuity il tempo è finito, allora 𝑿𝒏 ≠
𝑿𝒏−𝟏 ≠ 𝑿𝒏−𝟐
L’equazione può essere scritta come 𝑿( 𝒂 − 𝑿𝒏−𝟏 ) = 𝒂 − 𝟏
Moltiplico:
𝒂𝑿 − 𝑿𝒏 = 𝒂 − 𝟏
𝒂𝑿 − 𝒂 = 𝑿𝒏 − 𝟏
𝒂(𝑿 − 𝟏) = 𝑿𝒏 − 𝟏
𝟏 − 𝑿𝒏
𝒂=
𝟏−𝑿
𝟏−𝑿𝒏
Quindi 𝑽𝑨 = 𝑪𝑿 ( )
𝟏−𝑿

Sostituisco X= 1/1+r:
𝟏
𝑽𝑨 = 𝑪
𝟏 𝒏
𝟏− ( )
(𝟏 + 𝒓) ( 𝟏+𝒓 )
𝟏
𝟏−
𝟏+𝒓
𝒇𝒂𝒄𝒄𝒊𝒐 𝒊𝒍 𝒎𝒊𝒏𝒊𝒎𝒐 𝒄𝒐𝒎𝒖𝒏𝒆 𝒎𝒖𝒍𝒕𝒊𝒑𝒍𝒐:
(𝟏 + 〖𝒓)〗𝒏 − 𝟏
𝟏 (𝟏 + 𝒓)𝒏
𝑽𝑨 = 𝑪 ( )
𝟏+𝒓 𝟏+𝒓−𝟏
𝟏+𝒓
𝟏 (𝟏 + 〖𝒓)〗𝒏 − 𝟏 𝟏 + 𝒓
𝑽𝑨 = 𝑪 ( )
𝟏+𝒓 (𝟏 + 〖𝒓)〗𝒏 𝒓
𝟏
𝒔𝒄𝒓𝒊𝒗𝒐 𝒊𝒍 𝒑𝒓𝒊𝒎𝒐 𝒕𝒆𝒓𝒎𝒊𝒏𝒆 𝒕𝒓𝒂 𝒑𝒂𝒓𝒆𝒏𝒕𝒆𝒔𝒊 𝒄𝒐𝒎𝒆 𝟏 − 𝒆 𝒐𝒕𝒕𝒆𝒏𝒈𝒐:
(𝟏 + 〖𝒓)〗𝒏
𝟏 𝟏
𝑪 (𝟏 − 𝒏 )
(𝟏 + 〖𝒓)〗 𝒓
𝑽𝑨 =

𝟏 𝟏
𝒒𝒖𝒊𝒏𝒅𝒊 𝑽𝑨 = 𝑪 ( − )
𝒓 (𝟏 + 〖𝒓)〗𝒏
Valore attuale di una perpetuity
La perpetuity sono pagamenti costanti che durano all’infinito.
𝑪
Si vuole dimostrare che 𝑽𝑨 =
𝒓

Partiamo sempre dalla rappresentazione di VA


𝟏 𝟏 𝟏
𝑽𝑨 = 𝑪+ 𝑪 … 𝑪
𝟏+𝒓 (𝟏 + 𝒓)𝟐 (𝟏 + 𝒓)𝒏
Metto in evidenza 1/ 1+r C:
𝟏 𝟏 𝟏
𝑽𝑨 = 𝑪 (𝟏 + +⋯ )
𝟏+𝒓 𝟏+𝒓 (𝟏 + 〖𝒓)〗𝒏−𝟏
𝟏
𝒑𝒐𝒏𝒈𝒐 =𝑿
𝟏+𝒓
𝑽𝑨 = 𝑿𝑪( 𝟏 + 𝑿 + ⋯ 𝑿𝒏−𝟏 )
𝑺𝒄𝒓𝒊𝒗𝒐 𝒕𝒖𝒕𝒕𝒐 𝒄𝒊ò 𝒄𝒉𝒆 è 𝒏𝒆𝒍𝒍𝒂 𝒑𝒂𝒓𝒆𝒏𝒕𝒆𝒔𝒊 𝒑𝒂𝒓𝒊 𝒂𝒅 𝒂
𝟏 + 𝑿 + ⋯ 𝑿𝒏−𝟏 = 𝒂
𝑿 + 𝑿𝟐 + ⋯ 𝑿𝒏−𝟏 = 𝒂 − 𝟏
Metto in evidenza X:
𝑿( 𝟏 + 𝑿 + ⋯ 𝑿𝒏−𝟐 ) = 𝒂 − 𝟏
In caso di perpetuity i pagamenti sono tutti uguali e all’infinito,
quindi 𝑿 = 𝑿𝒏 = 𝑿𝒏−𝟏 = 𝑿𝒏−𝟐
Quindi possiamo scrivere:
𝑿𝒂 = 𝒂 − 𝟏
𝑿𝒂 − 𝒂 = 𝟏
𝟏 = 𝒂(𝟏 − 𝑿)
𝟏
𝒂=
𝟏−𝑿
Sostituisco nell’equazione di VA:
𝟏 𝟏
𝑽𝑨 = 𝑪 ( )
𝟏+𝒓 𝟏− 𝟏
𝟏+𝒓
Faccio il minimo comune multiplo:

𝟏 𝟏
𝑽𝑨 = 𝑪 ( )
𝟏+𝒓 𝟏+𝒓−𝟏
𝟏+𝒓
𝟏 𝟏+𝒓 𝑪
𝑽𝑨 = 𝑪 ( )=
𝟏+𝒓 𝒓 𝒓

Prezzo dei titoli e curva dei rendimenti (yield curve)


I titoli differiscono per:
- Scadenza, o maturità, che è il periodo di tempo durante il
quale si deve effettuare il pagamento;
- Rischio, che può essere rischio di insolvenza, cioè il rischio
che l’emittente del titolo non rimborsi l’intero rendimento,
e rischio di prezzo, cioè il rischio legato all’incertezza del
prezzo del titolo se si volesse vendere prima della scadenza.
Tutti i titoli presentano un RENDIMENTO ALLA SCADENZA,
cioè un determinato prezzo per ogni maturità. La relazione
tra titolo e rendimento è rappresentata dalla curva dei
rendimenti.
Per determinare questa curva si devono osservare due cose:
1) Prezzo dei titoli
2) Rendimento dei titoli
Prezzi e arbitraggio
I titoli che hanno un solo pagamento sono titoli senza cedola, i
titoli che hanno più pagamenti prima della scadenza e un
rimborso alla scadenza sono titoli con cedola.
Per i titoli annuali per ogni € che si investe in questi titoli, si
ottiene (1+it) l’anno successivo.
𝑷𝒆𝟏𝒕+𝟏
Per i titoli biennali per ogni € che si investe si ottiene l’anno
𝑷𝟐𝒕
successivo (e non alla scadenza).
Il rendimento di un titolo annuale è certo, invece il rendimento
annuale di un titolo biennale è rischioso.
Se un individuo deve scegliere tra un titolo annuale e un titolo
biennale, questi titoli devono avere lo stesso rendimento.
CONDIZIONE DI ARBITRAGGIO: i rendimenti attesi tra titoli
diversi devono essere uguali. e il prezzo oggi di un titolo
biennale deve essere pari al valore attuale del prezzo atteso del
titolo l’anno prossimo.
Quindi il rendimento del titolo annuale deve essere uguale al
rendimento del titolo biennale:
𝑷𝒆𝟏𝒕+𝟏
( 𝟏 + 𝒊𝒕 ) =
𝑷𝟐𝒕
quindi
𝑷𝒆𝟏𝒕+𝟏
𝑷𝟐𝒕 =
(𝟏 + 𝒊𝒕 )
Si ipotizza che un titolo annuale offre alla scadenza 100€, allora
𝟏𝟎𝟎 𝟏𝟎𝟎
𝑷𝒆𝟏𝒕+𝟏 = (𝟏+𝒊 e 𝑷𝟐𝒕 =
𝒕+𝟏 ) (𝟏+𝒊𝒕 )(𝟏+𝒊𝒕+𝟏)

relazione tra arbitraggio e valore attuale: l’arbitraggio tra titoli


con maturità diverse implica che i prezzi del titolo siano uguali
al valore attuale dei pagamenti di questi titoli.

Rendimenti dei titoli


il tasso di rendimento di un titolo è il tasso di interesse che
annulla i flussi di cassa di un titolo (cioè il tasso di interesse tale
che il risultato faccia 0).
𝟏𝟎𝟎
𝑷𝟐𝒕 =
(〖𝟏 + 𝒊𝟐𝒕 )〗𝟐
Esempio:
calcolare il tasso di interesse sapendo che il prezzo di un titolo
biennale al tempo t=90
𝟏𝟎𝟎 𝟏𝟎𝟎 𝟏𝟎𝟎
𝑷𝟐𝒕 = (𝟏+〖𝒊 )〗𝟐 𝒒𝒖𝒊𝒏𝒅𝒊 (𝟏 + 〖𝒊𝒕 )〗𝟐 = → 𝒊𝒕 = √ − 𝟏 = 𝟓. 𝟒% il tasso
𝒕 𝟗𝟎 𝟗𝟎
di interesse non può mai essere negativo.
La relazione tra tasso di interesse a due anni, tasso di interesse
corrente a un anno e tasso di interesse atteso a un anno è:
𝟏𝟎𝟎 𝟏𝟎𝟎
= → (𝟏 + 〖𝒊𝒕 )〗𝟐 = (𝟏 + 𝒊𝟏𝒕 )(𝟏 + 𝒊𝒕+𝟏 )
(〖𝟏 + 𝒊𝒕 )〗𝟐 (𝟏 + 𝒊𝟏𝒕 )(𝟏 + 𝒊𝟏𝒕+𝟏 )
Approssimativamente
𝟏
𝒊𝟐𝒕 = (𝒊𝟏𝒕 + 𝒊𝒆𝟏𝒕+𝟏 )
𝟐
Il tasso di interesse a due anni è pari approssimativamente alla
media semplice del tasso di interesse a un anno e il tasso di
interesse atteso a un anno.

Condizione di arbitraggio in caso di rischio


Se è presente il rischio, viene attribuito un premio per il rischio
per investire nel titolo a due anni. La condizione di arbitraggio
diventa:
𝑷𝒆𝟏𝒕+𝟏
𝟏 + 𝒊𝟏𝒕 + 𝒙 =
𝑷𝟐𝒕
𝑷𝒆𝟏𝒕+𝟏
𝒒𝒖𝒊𝒏𝒅𝒊 𝑷𝟐𝒕 =
𝟏 + 𝒊𝟏𝒕 + 𝒙
𝟏𝟎𝟎
𝒔𝒂𝒑𝒑𝒊𝒂𝒎𝒐 𝒄𝒉𝒆 𝑷𝒆𝟏𝒕+𝟏 =
(𝟏 + 𝒊𝒕+𝟏 )
Quindi:
𝟏𝟎𝟎
𝑷𝟐𝒕 =
(𝟏 + 𝒊𝟏𝒕 + 𝒙)(𝟏 + 𝒊𝒕+𝟏 )

Riguardo i rendimenti possiamo scrivere che:


𝟏𝟎𝟎 𝟏𝟎𝟎
𝑷𝟐𝒕 = =
(〖𝟏 + 𝒊𝟐𝒕 )〗𝟐 (𝟏 + 𝒊𝟏𝒕 + 𝒙)(𝟏 + 𝒊𝒆𝟏𝒕+𝟏 )

𝒒𝒖𝒊𝒏𝒅𝒊 (𝟏 + 〖𝒊𝟐𝒕 )〗𝟐 = (𝟏 + 𝒊𝟏𝒕 + 𝒙)(𝟏 + 𝒊𝟏𝒕+𝟏 )


𝟏
𝒂𝒑𝒑𝒓𝒐𝒔𝒔𝒊𝒎𝒂𝒕𝒊𝒗𝒂𝒎𝒆𝒏𝒕𝒆 𝒊𝟐𝒕 = (𝒊 + 𝒊𝟏𝒕 + 𝒙)
𝟐 𝟏𝒕+𝟏
Ora possiamo rappresentare la curva dei rendimenti, o Yield
curve:
- Quando gli investitori si aspettano che i tassi di interesse
rimangano uguali nel tempo, la curva dei rendimenti è
leggermente positiva.
- Quando gli investitori si aspettano tassi di interesse bassi
(o comunque più bassi da non essere compensati dal
premio per il rischio), la curva è decrescente.
- Quando gli investitori si aspettano tassi di interesse alti la
curva è crescente.

tassi di interesse a breve termine

Tassi di interesse a breve termine decrescenti


Tassi di interesse a lungo termine crescenti
Titoli azionari
Mentre i governi si finanziano attraverso l’emissione dei titoli, le
imprese si finanziano attraverso:
- Finanziamenti interni, utilizzando parte dei loro utili.
- Finanziamenti esterni, attraverso prestiti bancari.
- Finanziamenti con debiti, attraverso obbligazioni o
prestiti.
- Prestiti azionari, attraverso emissioni di azioni.
Le azioni vengono pagati con dividendi che vengono detratti
dagli utili di bilancio.
Il prezzo delle azioni è pari ai suoi dividendi attesi.
Dimostrazione:
se si vuole investire in un’azione per un anno, per ogni euro
𝟏 €𝑫𝒆𝒕+𝟏 +€𝑸𝒆𝒕+𝟏
investito oggi si ottiene
€𝑸𝒕

𝟏
= 𝒒𝒖𝒂𝒏𝒕𝒊𝒕à 𝒅𝒊 𝒂𝒛𝒊𝒐𝒏𝒊 𝒄𝒉𝒆 𝒔𝒊 𝒑𝒐𝒔𝒔𝒐𝒏𝒐 𝒂𝒄𝒒𝒖𝒊𝒔𝒕𝒂𝒓𝒆 𝒔𝒆 𝒔𝒊 𝒊𝒏𝒗𝒆𝒔𝒕𝒆 𝟏€
𝑸𝒕
𝑫𝒆𝒕+𝟏 = 𝒅𝒊𝒗𝒊𝒅𝒆𝒏𝒅𝒐 𝒂𝒕𝒕𝒆𝒔𝒐 𝒍′ 𝒂𝒏𝒏𝒐 𝒔𝒖𝒄𝒄𝒆𝒔𝒔𝒊𝒗𝒐
𝑸𝒆𝒕+𝟏 = 𝒑𝒓𝒆𝒛𝒛𝒐 𝒅𝒆𝒍𝒍′ 𝒂𝒛𝒊𝒐𝒏𝒆
Questo significa che si acquista un’azione oggi, si riceve un
dividendo l’anno prossimo e dopo si rivende.

Ovviamente deve valere la condizione di arbitraggio, quindi il


rendimento atteso di un’azione per un anno deve essere
uguale al rendimento di un titolo annuale + il premio per il
rischio, chiamato PREMIO PER IL RISCHIO AZIONARIO:
€𝑫𝒆𝒕+𝟏 + €𝑸𝒆𝒕+𝟏
= 𝟏 + 𝒊𝒕 + 𝒙
€𝑸𝒕
Moltiplico entrambi i membri per Qt e divido per 1+i+x
ottenendo il valore dell’azione al tempo t:
€𝑫𝒆𝒕+𝟏 𝑸𝒆𝒕+𝟏
€𝑸𝒕 = +
𝟏 + 𝒊𝒕 + 𝒙 𝟏 + 𝒊𝒕 + 𝒙
All’anno t+1 deve valere sempre la stessa condizione di
arbitraggio e quindi:
€𝑫𝒆𝒕+𝟐 €𝑸𝒆𝒕+𝟐
€𝑸𝒆𝒕+𝟏 = +
𝟏 + 𝒊𝒕+𝟏 + 𝒙 𝟏 + 𝒊𝒕+𝟏 + 𝒙
Sostituisco questa equazione ottenuta nella prima equazione:
𝑫𝒆𝒕+𝟏 €𝑫𝒆𝒕+𝟐 €𝑸𝒆𝒕+𝟐
€𝑸𝒕 = + +
𝟏 + 𝒊𝒕 + 𝒙 (𝟏 + 𝒊𝒕 + 𝒙)(𝟏 + 𝒊𝒕+𝟏 + 𝒙) (𝟏 + 𝒊𝒕 + 𝒙)(𝟏 + 𝒊𝒕+𝟏 + 𝒙)
Il prezzo dell’azione è il valore attuale della somma del dividendo
atteso l’anno prossimo, del dividendo atteso fra due anni e del
prezzo atteso fra due anni.
In generale:
𝑫𝒆𝒕+𝟏 €𝑫𝒆𝒕+𝟐 €𝑫𝒆𝒕+𝒏 €𝑸𝒆𝒕+𝒏
€𝑸𝒕 = + (𝟏+𝒊 … (𝟏+𝒊 (𝟏+𝒊𝒕 +𝒙)..(𝟏+𝒊𝒕+𝒏−𝟏+𝒙)
𝟏+𝒊𝒕 +𝒙 𝒕 +𝒙)(𝟏+𝒊𝒕+𝟏 +𝒙) 𝒕+𝒙)…(𝟏+𝒊𝒕+𝒏−𝟏+𝒙)

L’ultimo termine dell’equazione è pari a 0 perché se il tasso di


interesse è positivo questo termine tende a zero all’aumentare di
n.
Quindi il valore dell’azione è semplicemente la somma del valore
presente scontato atteso dei dividendi futuri:
𝑫𝒆𝒕+𝟏 €𝑫𝒆𝒕+𝟐 €𝑫𝒆𝒕+𝒏
€𝑸𝒕 = + …
𝟏 + 𝒊𝒕 + 𝒙 (𝟏 + 𝒊𝒕 + 𝒙)(𝟏 + 𝒊𝒕+𝟏 + 𝒙) (𝟏 + 𝒊𝒕 + 𝒙) … (𝟏 + 𝒊𝒕+𝒏−𝟏 + 𝒙)

Possiamo descrivere il valore dell’azione in termini reali (senza


scrivere €).
Il prezzo reale dell’azione aumenta all’aumentare dei dividendi
futuri attesi.
Il prezzo reale dell’azione diminuisce all’aumentare del tasso di
interesse reale.
Il prezzo reale dell’azione diminuisce all’aumentare del premio per
il rischio.
Espansione monetaria e mercato azionario
Supponiamo che il governo sia in recessione e si voglia attuare una
politica monetaria espansiva riducendo il tasso di interesse e
aumentando la produzione. La curva LM si sposta verso il basso:

LM

lm’

Un’espansione monetaria può portare a:


- AUMENTO DEI PREZZI, perché aumenta la produzione e si
riduce il tasso di interesse, quindi i dividendi sono più
elevati, e di conseguenza anche i prezzi.
- NESSUN EFFETTO SUI PREZZI, quando gli investitori
anticipano la politica espansiva.
- RIDUZIONE DEI PREZZI, quando gli investitori
cominciano a dubitare che la banca centrale possieda
informazioni che loro non hanno, e per mancata fiducia
abbassano le previsioni sulla produzione, e quindi anche
sui prezzi.

Politica fiscale e mercati azionari


Supponiamo una politica fiscale espansiva, la curva IS si
sposta verso destra:

LM
IS’
IS
All’aumentare della produzione i prezzi aumenteranno, e aumenta
la probabilità di ricevere dividendi più alti in futuro.
Se la produzione è vicina al livello potenziale, allora la banca
reagisce all’espansione fiscale aumentando il tasso di interesse, in
modo che la produzione resta al livello potenziale (livello iniziale),
aumenta il tasso di interesse e il prezzo si riduce.
ESERCIZI SUI PREZZI, RENDIMENTI E AZIONI:
1) Il valore presente scontato atteso di 1€ l’anno prossimo è:
a) It
b) 1+it
c) 1/1+it

2) In presenza di tassi di interesse costanti il valore attuale di un


titolo che offre pagamenti perpetui costanti a partire
dall’anno prossimo è dato da:
a) Somma di pagamenti costanti
b) Valore di un pagamento costante diviso per il tasso di
interesse
c) Valore di un pagamento costante diviso per (1+it)

3) In presenza di tassi di interesse costanti con pagamenti


costanti il valore attuale è pari a:
a) Soma dei pagamenti costanti
b) Somma ponderata dei pagamenti costanti con pesi
crescenti nel tempo
c) Somma ponderata dei pagamenti costanti con pesi
decrescenti nel tempo

4) È possibile calcolare il valore attuale di un titolo


a) Scontando i pagamenti nominali utilizzando il tasso di
interesse nominale.
b) Scontando i pagamenti reali utilizzando il tasso di
interesse reale.
c) Entrambe.
5) Un aumento del tasso di interesse nominale atteso tra 1 anno:
a) Riduce il valore atteso scontato di 1€ tra 2 anni
b) Aumenta il valore atteso scontato di 1€ tra 2 anni
c) Non ha alcun effetto

6) Il prezzo oggi di un titolo senza cedola con scadenza a 1 anno


è pari a:
a) Valore facciale del titolo
b) Valore attuale del valore facciale del titolo
c) Valore facciale diviso per il tasso di interesse a un anno

7) Secondo la condizione di arbitraggio tra titoli con maturità


diverse, il prezzo di un titolo è pari a:
a) Rendimento atteso
b) Al valore attuale scontato dei pagamenti futuri
c) Aumenta al crescere del tasso di interesse.

8) Un modo di tenere in considerazione il ruolo del rischio nella


valutazione di un titolo è quello di:
a) Aumentare i per il premio per il rischio
b) Scontare i pagamenti futuri utilizzando esclusivamente il
premio per il rischio
c) Entrambe

9) La curva dei rendimenti è inclinata:


a) Negativamente quando il tasso di interesse a lungo
termine è maggiore del tasso a breve termine
b) Positivamente quando il tasso di interesse a lungo termine
è maggiore del tasso a breve termine
c) Negativamente quando i mercati si aspettano che in
futuro i tassi saranno più alti

10) Il prezzo di un’azione è pari a:


a) Valore attuale dei dividendi nominali scontati per il tasso
di interesse reale
b) Dipende positivamente dal tasso di interesse reale
c) Valore attuale dei dividendi reali scontati per il tasso di
interesse reale

11) A seguito di una politica monetaria restrittiva anticipata


dagli operatori finanziari
a) I dividendi attesi rimangono invariati ma il tasso di
interesse atteso aumenta a seguito della stretta monetaria
b) Il prezzo delle azioni rimane invariato ma il tasso di
interesse atteso aumenta
c) Prezzo, dividendi e tassi di interesse rimangono invariati

12) A seguito di una politica monetaria restrittiva non


anticipata dagli operatori finanziari:
a) I prezzi generalmente diminuiscono
b) I prezzi generalmente aumentano perché aumenta il tasso
di interesse
c) I dividendi aumentano a seguito dell’aumento del tasso di
interesse

13) Uno spostamento inatteso della curva IS verso sinistra


causa:
a) Una riduzione dei prezzi, se la banca non reagisce
b) Un aumento dei dividendi a causa dell’aumento della
produzione
c) Un aumento dei prezzi se la banca interviene

14) Il prezzo di un’azione:


a) È indipendente dalla politica monetaria
b) È sempre pari al suo valore facciale
c) Mostra un’elevata volatilità
Esercizio:
supponete che un titolo prometta una cedola di 100€e abbia un
valore facciale di 1000€. Assumete che il prezzo corrente del titolo
sia 900€. Qual è il tasso della cedola di questo titolo? Qual è il
rendimento corrente del titolo?
TASSO CEDOLARE= VALORE CEDOLA/ VALORE FACCIALE
Tasso cedolare= 100/1000= 0.1= 10%
RENDIMENTO CORRENTE= VALORE FACCIALE/ PREZZO
CORRENTE
Rendimento corrente= 100/900= 11.1%

Esercizio:
considerate titoli annuali e biennali che promettono un pagamento
di 1000€ alla scadenza e supponete che i1t=10% e i1t+1=8%.
Assumete che x=0
qual è il prezzo del titolo annuale oggi?
Pt= 1000/ 1+0.1= 909.09€
Qual è il prezzo di un titolo biennale oggi?
P2t=1000/ (1+0.08)(1+0.1)= 841.75
Qual è il prezzo atteso del titolo biennale tra un anno?
P1t+1= 1000/1+0.08=925.9€

Esercizio:
supponete che il tasso di interesse a un anno sia 6% e che x=0. Per
ognuno dei seguenti valori del tasso a un anno che i mercati si
aspettano per il prossimo anno calcolate il tasso corrente a 2 anni
e dite qual è la forma della curva dei rendimenti: 8%, 5%, 6%
come cambierebbe il tasso di interesse se x=2%
i2t= ½ (1+it)(1+it+1)
i2t= ½ (1+6%)(1+8%)= 7% la curva è crescente perché il tasso di
interesse a due anni è maggiore del tasso di interesse a un anno.
Quando i1t+1= 5% :
i2t= ½ (1+6%)(1+5%)=5.5% la curva è decrescente perché il tasso di
interesse a due anni è minore del tasso di interesse a 1 anno
quando i1t+1= 6%
i2t=1/2 (1+6%)(1+6%)= 6% la curva è piatta (sono uguali i tassi di
interesse)

se x=2% e it=6%:
se i1t+1=8% allora i2t= ½ (2%+8%+6%)= 8%, la curva è crescente
se i1t+1=5% allora i2t= ½(2%+6%+5%)= 6.5% la curva è crescente
se i1t+1=6% allora i2t= ½ (2%+6%+6%)= 7% la curva è crescente.

Esercizio:
supponete che in un dato paese nell’anno t un titolo triennali paghi
100€ alla scadenza. Un titolo garantisce un tasso di interesse pari
al 5% nel primo anno t. sono attesi un tasso di interesse a breve del
7% per il secondo anno e del 9% per il terzo anno.
Assumete che il premio per il rischio sia pari a 0.
a) Calcolare il rendimento alla scadenza e il prezzo del titolo
nell’anno t
b) Supponete che ora il paese sia in recessione, quindi il governo
aumenta G. i mercati non si aspettavano una simile manovra.
In borsa il prezzo delle azioni aumenta o diminuisce?

a) Prezzo alla scadenza:


Pt=100/ (1+0.05)(1+0.07)(1+0.09)=81.65
Rendimento: i3t= 1/3 (0.05+0.07+0.09)=7%

b) Se il governo aumenta la spesa pubblica i prezzi in borsa


aumentano, perché aumenta la produzione e quindi anche i
dividendi.
Esercizio:
supponete che in un paese esistano 3 titoli con scadenza a 1,2,3
anni. Ipotizzate che il rendimento alla scadenza del titolo a 1 anno
sia i1t=0.06, quello con scadenza a due anni sia i2t=0.08, e che il
prezzo atteso di un titolo che in t2t avrà scadenza 1 anno sia
P1t+2=83€
assumete che x=0.
a) Utilizzare la condizione di arbitraggio per calcolare il
rendimento atteso a scadenza del titolo a 3 anni
b) Supponete che i prezzi attesi dei titoli varino: P1t+1=87€ e
P1t+2=80€. Calcolare la nuova struttura a termine dei tassi.

a) La condizione di arbitraggio pone che i tassi di interesse con


diversa maturità devono essere uguali:
𝟐
𝑷𝒆𝒕+𝟐
(𝟏 + 𝒊𝟐𝒕) =
𝑷𝟑𝒕
𝑷𝟐𝒕 𝟖𝟑
𝑸𝒖𝒊𝒏𝒅𝒊 𝑷𝟑𝒕 = = = 𝟕𝟏. 𝟏𝟔€
(𝟏 + 𝒊𝟐𝒕)𝟐 (𝟏 + 𝟎. 𝟎𝟖)𝟐
Rendimento del titolo a 3 anni:
𝟏𝟎𝟎
parto dall’equazione di 𝑷𝟑𝒕 = (𝟏+𝒊𝟑𝒕)𝟑
𝟏𝟎𝟎 𝟑 𝟏𝟎𝟎
quindi 𝟕𝟏. 𝟏𝟔 = → 𝒊𝟑𝒕 = √ − 𝟏 = 𝟏𝟐%
(𝟏+𝒊𝟑𝒕)𝟑 𝟕𝟏.𝟏𝟔

b) Per quanto riguarda il primo anno:


𝟏𝟎𝟎 𝟏𝟎𝟎 𝟏𝟎𝟎
𝑷𝟏𝒕 + 𝟏 = 𝒒𝒖𝒊𝒏𝒅𝒊 𝟖𝟕 = → 𝒊𝒕 + 𝟏 = −𝟏
(𝟏 + 𝒊𝒕 + 𝟏) (𝟏 + 𝒊𝒕 + 𝟏) 𝟖𝟕
= 𝟎. 𝟏𝟓
Per quanto riguarda il secondo anno:
𝟏𝟎𝟎 𝟏𝟎𝟎 𝟏𝟎𝟎
𝑷𝟏𝒕+𝟐 = → 𝟖𝟎 = → 𝒊𝟐𝒕 + 𝟏 = − 𝟏 = 𝟎. 𝟐𝟓
𝟏 + 𝒊𝟐𝒕+𝟏 𝟏 + 𝒊𝟐𝒕+𝟏 𝟖𝟎

Per quanto riguarda i rendimenti:


𝟏
𝒊𝟐𝒕 = (𝟔% + 𝟏𝟓%) = 𝟏𝟎. 𝟓%
𝟐
𝟏
𝒊𝟑𝒕 = (𝟔% + 𝟏𝟓% + 𝟐𝟓%) = 𝟏𝟓. 𝟑%
𝟑

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