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MACROECONOMIA, cap. 5,6,7

IL MODELLO IS-LM

Riprendendo quanto già visto nel cap. 3:


 relazione IS  l’equilibrio nel mercato dei beni tra la produzione (Y) e la
domanda (Z)
 Per semplificare abbiamo assunto che C = Y – T  abbandoniamo questa
semplificazione  C = C(Y – T).
 Condizione di equilibrio: Y =C ( Y −T ) + I +G
La principale semplificazione di questo modello consiste nel fatto che non si
considera come il tasso di interesse influenzi effettivamente la domanda di beni. Ora
ci concentreremo sugli effetti del tasso di interesse sull’investimento.

L’ipotesi del cap. 3 prevedeva che l’investimento fosse costante, in realtà


quest’ultimo dipende da due fattori:
 IL LIVELLO DELLE VENDITE: consideriamo un’impresa che deve far
fronte ad un aumento delle vendite e, di conseguenza, aumentare la
produzione. Probabilmente dovrà acquistare dei nuovi macchinari e costruire
nuovi impianti.
 IL TASSO DI INTERESSE: consideriamo un’impresa che deve decidere se
acquistare o meno un nuovo macchinario e supponiamo che debba chiedere un
mutuo alla banca: quanto più è alto il tasso di interesse, tanto meno
conveniente sarà indebitarsi per realizzare il nuovo investimento.

I =I ¿

Quest’equazione ci dice che l’investimento dipende dalla produzione e dal tasso di


interesse in maniera, rispettivamente, crescente e decrescente. A questo punto la
condizione di equilibrio diventa:

RELAZIONE IS ESTESA: Y =C ( Y −T ) + I ( Y ,i ) +G

Graficamente la domanda è misurata sull’asse verticale e la produzione su quello


orizzontale e, per un certo valore del tasso di interesse, la domanda è una funzione
crescente della produzione per due ragioni:
 Se produzione  reddito  reddito disponibile   consumo
 Se produzione  investimento
Possiamo vedere quindi che, attraverso i suoi effetti sul consumo e sull’investimento,
un aumento della produzione fa aumentare la domanda di beni: questa relazione tra
domanda e produzione, per un dato tasso di interesse, è rappresentata dalla curva ZZ
inclinata positivamente
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1. La ZZ è una curva, non una retta. Le equazioni del consumo e


dell’investimento non sono necessariamente lineari, anzi.
2. Assumiamo che la risposta della domanda alla produzione sia meno che
proporzionale e disegneremo la curva più piatta della retta a 45

LA CURVA IS

La curva che abbiamo appena visto è disegnata per un dato valore del tasso di
interesse, vediamo come cambia al variare di i.

Per ogni livello della produzione, il maggior livello di i riduce la domanda e dunque
il punto di equilibrio si abbassa. In breve: quando i  I  Y  per effetto del
moltiplicatore quindi C e I e così via.  la curva IS è quella curva che spiega la
relazione negativa tra la produzione ed il tasso di interesse.

1. Un aumento del tasso di interesse


riduce la domanda di beni a ogni
livello di produzione e porta a una
riduzione della produzione di
equilibrio

2. L’equilibrio sul mercato dei beni


richiede che un aumento del tasso
di interesse porti a una riduzione
della produzione. Perciò la curva
IS, che descrive la relazione tra
tasso di interesse e produzione, è
negativamente inclinata

Variazioni di T o G comportano lo spostamento della curva IS nel piano. Se


considerassimo un aumento delle imposte da T a T’, noteremmo che, per un dato
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tasso di interesse, un aumento delle imposte provoca una riduzione del livello di
produzione  la curva IS si sposta verso sinistra  fissando il tasso di interesse,
notiamo come la produzione di equilibrio diminuisca rispetto a quella iniziale.
Discorso analogo vale per una riduzione della spesa pubblica (G) o qualunque altro
fattore influenzi negativamente il livello di equilibrio. Simmetricamente azioni come
la diminuzione delle imposte o l’aumento della spesa pubblica garantiscono uno
spostamento della curva IS verso destra.

1 d2
Y= ( c 0−c1 T + I −d 2 i +G )− i
1−c1 −d 1 1−c1 −d 1

LA CURVA LM

Nel cap. 4 abbiamo visto che il tasso di interesse è determinato dall’uguaglianza tra la
domanda e l’offerta di moneta: M =€ Y L(i)  assumeremo che la BC controlli
direttamente M. Sapendo che €Y = YP  divido entrambi i membri per il livello dei
prezzi P si ottiene:
M
=YL(i )
P
che ci consente di ridefinire l’equilibrio come uguaglianza tra l’offerta reale di
moneta (lo stock di moneta in termini di beni, non di euro) e domanda reale di
moneta (dipende dal reddito reale (Y) e dal tasso di interesse).

Per derivare la curva LM dobbiamo decidere come caratterizzare la condotta della


politica monetaria: se in termini di scelta dell’offerta M o del tasso di interesse i.
Volendo scegliere M, l’equazione precedente ci dice che la domanda reale di moneta
deve essere uguale all’offerta reale di moneta, e quindi, se ad esempio aumenta il
reddito reale, deve aumentare anche il tasso di interesse, in modo da mantenere vera
l’uguaglianza tra domanda e offerta.  in questo caso quindi un aumento del reddito
porta automaticamente ad un aumento dl tasso di interesse.

Sebbene nel passato le BC abbiano spesso considerato l’offerta di moneta come il


principale strumento di controllo della politica economica, oggi esse si concentrano
direttamente sul tasso di interesse: esse scelgono un tasso di interesse e aggiustano
l’offerta di moneta in modo tale da raggiungerlo.  assumiamo dunque che la BC
scelga un tasso di interesse  ciò genera una curva LM estremamente semplice: una
retta orizzontale in corrispondenza del tasso di interesse fissato.
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IL MODELLO IS-LM: L’EQUILIBRIO

La curva IS deriva dall’equilibrio nel mercato dei beni, la curva LM da quello dei
mercati finanziari. Se soddisfatte contemporaneamente, queste due equazioni
determinano il livello di produzione di equilibrio:

{
1 d2
Y=
1−c 1−d1
( c 0−c 1 T + I−d 2 i+G )−
1−c 1−d1
i
i=i

Vediamo adesso cosa siamo in grado di analizzare utilizzando il modello IS-LM


considerando separatamente gli effetti della politica fiscale e della politica monetaria.

CONSOLIDAMENTO FISCALE  (G – T)


ESPANSIONE FISCALE  (G – T)
POLITICA FISCALE

Supponiamo che il governo decida di ridurre il disavanzo di bilancio attraverso un


aumento delle imposte, mantenendo invariata la spesa pubblica. Quali sono gli effetti
di questo tipo di politica sulla produzione, e sul tasso di interesse? Per rispondere è
importante compiere tre passi:
1. Chiedersi come la variazione della politica economica influenzi le relazioni di
equilibrio nei due mercati  si muove la curva IS e/o la curva LM? In che
modo?
2. Chiedersi quali sono gli effetti di questi spostamenti sull’intersezione tra la
curva IS e la curva LM  come cambiano la produzione ed il tasso di interesse
di equilibrio?
3. Descrivere questi effetti a parole.
Analizziamo il caso precedente cercando di rispondere a queste domande.
1. Aumentando le imposte, come abbiamo visto, la curva IS trasla verso sinistra.
La curva LM resta invariata.
2. Dopo l’incremento delle imposte l’equilibrio si sposta in corrispondenza della
nuova intersezione tra la curva LM e la curva IS’ traslata verso sinistra. Dal
punto di vista economico notiamo come il tasso d’interesse resti invariato e la
produzione diminuisca.
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3. L’incremento delle imposte provoca una riduzione del reddito disponibile, che
a sua volta induce gli individui a ridurre il consumo. Il risultato, attraverso
l’effetto del moltiplicatore, è una riduzione della produzione e del reddito. Una
riduzione della produzione porta ad un calo dell’investimento.

POLITICA MONETARIA

Supponiamo che la BC riduca il tasso di interesse attraverso una politica di


espansione monetaria. Seguiamo i tre passaggi:
1. La decisione di ridurre il tasso di interesse non altera la curva IS, bensì la curva
LM, la quale trasla verso il basso.
2. L’equilibrio passa dall’intersezione iniziale alla nuova intersezione tra la curva
IS e la curva LM traslata verso il basso con la produzione che aumenta ed il
tasso di interesse che diminuisce.
3. L’aumento della produzione e la riduzione del tasso di interesse contribuiscono
entrambi ad un aumento dell’investimento. L’aumento del reddito conduce ad
un aumento del reddito disponibile e, in questo modo, del consumo.

UN MIX DI POLITICA ECONOMICA

MIX DI POLITICA ECONOMICA: politica monetaria + politica fiscale

A volte la soluzione migliore è che le due politiche vadano nella stessa direzione. Nel
caso di un’economia in recessione con una produzione troppo bassa sarà bene che le
due politiche vengano utilizzate per aumentare la produzione:

Gli effetti di un mix di


politica monetaria
espansiva e di politica
fiscale espansiva
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Perché si utilizzano i mix di politica economica e non si agisce solo su quella


monetari o fiscale per arrivare al livello di produzione desiderato?
1. Un’espansione fiscale significa un aumento della spesa pubblica o una
riduzione delle imposte, o entrambi.  tutto ciò porta ad un grande disavanzo
di bilancio  aumenta pericolosamente il debito pubblico  meglio non
affidarsi solamente alla politica fiscale.
2. Un’espansione monetaria significa una riduzione del tasso di interesse, il
quale, se già abbastanza basso, non lascerà molto spazio di manovra. Tutto il
peso ricadrebbe sulla politica fiscale.
3. Le due politiche hanno impatti su diversi componenti della produzione: una
politica monetaria espansiva (riducendo delle imposte sul reddito) tende a far
aumentare il consumo piuttosto che l’investimento; una politica fiscale
espansiva (abbassando il tasso di interesse) avrà un effetto maggiore
sull’investimento piuttosto che sul consumo.
4. Non è detto che queste due politiche sempre funzionino, per questo, nel caso
una delle due non funzioni come sperato, è preferibile ricorrere a entrambe.

Altre volte invece risulta preferibile utilizzare la politica monetaria e quella


fiscale in direzioni opposte, per esempio combinando un consolidamento fiscale con
un’espansione monetaria. Supponiamo che il governo si ritrovi con un grande
disavanzo di bilancio e vorrebbe ridurlo senza dare il via ad una recessione. Se il
governo riducesse il disavanzo di bilancio (T e/o G) e basta, dato il tasso di
interesse, per effetto del moltiplicatore si ridurrebbe la domanda e di conseguenza
anche la produzione portando quindi l’economia in una fase di recessione. Questa
recessione si potrebbe evitare se si utilizzasse anche la politica monetaria. Se la BC
riducesse il tasso di interesse, come possiamo vedere dal grafico, l’equilibrio si
sposterebbe in un punto in cui la produzione rimarrebbe uguale a quella di partenza
ed il disavanzo pubblico risulterebbe decisamente minore, senza dunque il pericolo di
una recessione.
In questo caso gli effetti sul consumo cambiano a seconda delle modalità attraverso le
quali si è ridotto il deficit: se G allora il reddito non ne rimarrà colpito ed il
consumo rimarrà invariato, se T, invece, il reddito disponibile sarà inferiore, e così
pure il consumo. Gli effetti sull’investimento sono più evidenti: una diminuzione del
tasso di interesse, a parità di produzione, rappresenta un incentivo all’investimento.

Gli effetti di un mix di


consolidamento fiscale ed
espansione monetaria
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MODELLO IS-LM ESTESO

Per rendere questo modello ancora più verosimile dobbiamo innanzitutto distinguere
tra il tasso di interesse reale ed il tasso di interesse nominale.

TASSO DI INTERESSE NOMINALE: è il tasso di interesse espresso in termini di


euro. Se il tasso di interesse nominale per l’anno t è it, prendendo a prestito un euro
quest’anno si dovranno ripagare (1+ it) euro l’anno prossimo.

TASSO DI INTERESSE REALE: è il tasso di interesse espresso in termini di beni.


Se indichiamo il tasso di interesse reale per l’anno t con rt, per prendere a prestito
l’equivalente unità di beni quest’anno dovremo pagare l’equivalente di 1+ rt unità di
beni l’anno prossimo.
e
r t =i t −π t+1

 Quando l’inflazione attesa è uguale a zero  r t =it


 Poiché l’inflazione attesa è, di solito, positiva, il tasso di interesse reale è in
genere inferiore rispetto a quello nominale
 Per un dato tasso di interesse nominale, maggiore è l’inflazione attesa e minore
sarà il tasso di interesse reale.

Quando si pensa alle decisioni di investimento il tasso di interesse da tenere in


considerazione è quello reale. Se la BC vuole fissare un tasso di interesse pari a r,
dovrà allora scegliere un tasso di interesse i tale per cui, dati l’inflazione attesa
ed il tasso di interesse reale, r sia pari al livello desiderato. (la BC desidera che il
tasso reale sia del 4%, data un’inflazione del 2%, fisserà un tasso nominale del 6%).

Il contesto della trappola della liquidità implica che il tasso di interesse non può
essere negativo, altrimenti gli individui non vorranno detenere titoli ma solo contante:
questo implica che il tasso di interesse reale non può essere minore del negativo
dell’inflazione, quindi fintanto che l’inflazione attesa è positiva è possibile
raggiungere tassi di interesse reali negativi (se l’inflazione attesa è del 2%, il tasso
reale minimo può essere -2%). Ma se l’inflazione attesa diventa negativa (deflazione
attesa) allora il valore minimo del tasso di interesse reale è positivo e potrebbe essere
anche abbastanza alto (se l’inflazione attesa è pari al -2%, il tasso reale minimo è del
2%).
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PREMIO AL RISCHIO (x): nessuno può prendere a prestito denaro al tasso di


interesse controllato dalla Banca Centrale oppure allo stesso tasso di interesse del
Governo, questo è perché esiste una probabilità non trascurabile che il debito non
venga ripagato. Per assumersi tale rischio i creditori richiedono un premio al rischio.
Chiamiamo i il tasso di interesse di un titolo privo di rischio, (i + x) il tasso di
interesse su un titolo rischioso con una probabilità (p) di fallimento. Il rendimento
atteso di un titolo rischioso sarà:

( 1+i )=( 1− p )( 1+i+ x )+ p(0)

Con probabilità (1 – p) non ci sarà il fallimento ed il titolo pagherà (1 + i + x). Con


probabilità (p) invece ci sarà il fallimento ed il titolo non pagherà nulla.

( 1+ i ) p
x=
1− p

Quindi se il tasso di interesse su un titolo privo di rischio è il 4% e la probabilità di


fallimento è del 2%, allora il premio al rischio sarà del 2.1%.

Vediamo ora come questi fattori influenzano il modello IS-LM.

{ IS :Y =C ( Y −T ) + I ( Y , i−π e + x ) +G
LM :i=i

La relazione LM rimane invariata, infatti la BC continua a stabilire il tasso di


interesse nominale. Abbiamo aggiunto alla IS l’inflazione attesa ed il premio al
rischio, a riflettere il fatto che le decisioni di spesa dipendono dal tasso reale r,
piuttosto che da quello nominale, e che il premio al rischio influisce in maniera
importante sulla relazione IS. Risulta a questo punto evidente che il tasso di interesse
della IS (r + x) è diverso dal tasso di interesse nella LM (i):

 TASSO SUI PRESTITI (r + x): il tasso a cui le imprese e gli individui


possono prendere a prestito.
 TASSO DI POLICY (i): il tasso stabilito dai policy-maker, in questo caso la
BC.
Dal momento che la BC può prefissare r e scegliere i per arrivarci, adottiamo la
semplificazione per la quale la BC scelga direttamente r:

{IS :Y =C ( YLM−T:r=r
) + I ( Y , r+ x )+G
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La BC sceglie il tasso di policy reale, r, ma il tasso di interesse reale che determina le


decisioni di spesa è il tasso reale sui prestiti, (r + x), il quale dipende sia dal tasso di
policy che dal premio al rischio.

Un aumento del premio al


rischio x sposta la curva IS
verso sinistra e porta a una
diminuzione della
produzione di equilibrio.
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MODELLO WS-PS

Nel medio periodo i prezzi non sono costanti, ma variano in risposta alla dinamica nel
mercato del lavoro  al variare della domanda varia la produzione, varia
l’occupazione, la disoccupazione, i salari pagati e di conseguenza i costi per le
imprese.

Variabili del mercato del lavoro:


 POPOLAZIONE IN ETÀ LAVORATIVA (Pop>15): numero di individui in
età lavorativa (l’età compresa tra la scuola dell’obbligo ed il pensionamento).
 OCCUPATI (N): numero di individui che, nel periodo di riferimento,
posseggono un lavoro.
 DISOCCUPATI (U): numero di individui che, nel periodo di riferimento, non
posseggono un lavoro ma lo stanno cercando attivamente.
 FORZA LAVORO (L): somma di occupati e disoccupati ( L=N +U ¿
 INATTIVI: numero di individui che non hanno un lavoro e non lo stanno
cercando  individui fuori dalla forza lavoro seppure in età lavorativa.

Assumendo che Pop≥15 =L , ovvero che non ci siano inattivi, si definiscono:

 TASSO DI PARTECIPAZIONE: il rapporto tra la forza lavoro e la


L N +U
popolazione attiva  p= ≥15
=
L
=1
Pop
 TASSO DI OCCUPAZIONE: la quota di occupati rispetto alla popolazione
N N
in età lavorativa  n= ≥ 15
=
L
Pop
 TASSO DI DISOCCUPAZIONE: la quota dei disoccupati rispetto alla forza
U L−N N
lavoro  u= L = L =1− L =1−n

Il modello Wage Setting – Price Setting (WS-PS) consente di stabilire in che modo,
nel medio periodo, vengono determinati congiuntamente i salari ed il tasso di
occupazione sulla base della regola seguita da lavoratori e imprese per fissare il
salario in sede di negoziazione (equazione dei salari) e della regola delle imprese nel
fissare il prezzo dei prodotti (equazione dei prezzi).

EQUAZIONE DEI SALARI (WS): descrive la regola seguita nella fissazione dei
salari nominali aggregati (W) in sede di negoziazione tra lavoratori e imprese.
Indipendentemente dal fatto che la contrattazione salariale sia collettiva (sindacati e
imprese) o bilaterale (datore di lavoro – lavoratore), i lavoratori accettano solo livelli
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salariali maggiori del loro salario di riserva (salario che lascia indifferenti tra il
lavorare ed il non lavorare). Le variabili che influenzano il salario negoziato sono
 LIVELLO ATTESO DEI PREZZI ¿: in sede di negoziazione salariale i
lavoratori, se si aspettano un aumento nel livello dei prezzi, chiederanno di più
in modo da mantenere inalterato il loro potere d’acquisto; le imprese, invece,
decidono quanto pagare i lavoratori in base al livello dei prezzi dei prodotti
venduti e quindi, se si aspettano un aumento nel livello dei prezzi, saranno
disposte a pagare salari maggiori.
 TASSO DI DISOCCUPAZIONE ¿: se la disoccupazione è elevata, il potere
contrattuale dei lavoratori è basso perché è più difficile trovare lavoro,
essendoci sul mercato molti altri lavoratori sostituti. I lavoratori sono dunque
disposti ad accettare salari più bassi senza diventare meno produttivi.
 FATTORI ISTITUZIONALI DEL MERCATO CHE DETERMINANO
IL POTERE CONTRATTUALE DEI LAVORATORI ¿: il potere
contrattuale dei lavoratori cresce se nel sistema economico vi sono istituzioni
che riducono il costo della disoccupazione. Ad esempio:
o Sussidi di disoccupazione: se aumentano i sussidi che proteggono il
lavoratore di caso di perdita del lavoro e mancanza di reddito, si riduce il
costo della disoccupazione per il lavoratore, che sarà disposto a rimanere
disoccupato più a lungo se i salari offerti dal mercato non sono
sufficientemente elevati. Quindi sussidio  potere contrattuale 
salario di riserva  salario negoziato.
o Salario minimo: se salario minimo  salari negoziati
o Regimi di protezione all’impiego (RPI): se RPI  licenziamento più
costoso  potere contrattuale lavoratori  salari richiesti.
o Potere dei sindacati: potere sindacati  potere dei lavoratori soggetti
alla copertura sindacale  salario negoziato.

W
=f ¿
Pe

EQUAZIONE DEI PREZZI (PS): descrive la regola di fissazione dei prezzi da


parte delle imprese sulla base del potere di mercato e della tecnologia di cui
dispongono (sintetizzata dalla funzione di produzione, che ne determina i costi).
Supponendo che l’unico fattore produttivo utilizzato sia il lavoro (N), ricaviamo la
nostra funzione di produzione lineare Y = AN , dove A rappresenta sia la produttività
∂Y Y
marginale del lavoro ( A= ∂ A =MP N ) sia il prodotto medio del lavoro ( A= N = APN ). Il
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costo marginale è MC= MP W = A W . Se le imprese hanno potere di mercato fissano i
N

prezzi in modo da massimizzare i profitti come un mark-up (m > 0) sui costi


marginali.
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W A
=
P 1+ m
EQUILIBRIO DI MEDIO PERIODO NEL MERCATO DEL LAVORO: è
definito in termini di salari reali negoziati e tasso di disoccupazione compatibili con
le equazioni di salari e prezzi. Il mercato del lavoro è quindi in equilibrio se il salario
reale richiesto dai lavoratori coincide con il salario che le imprese sono disposte a
pagare e le aspettative sono corrette:

{ {
W
=F(u , z ) W
P
e
=F (u , z)
P
W A 
= W A
P 1+m =
P 1+m
P=Pe

Graficamente possiamo rappresentare il tutto sul piano (u – W/P) dove:


 La WS è una generica funzione decrescente in u, disegnata per un dato livello
di z. Se varia z la WS trasla nel piano:
o Se z  potere contrattuale dei lavoratori  W  trasla verso l’alto
o Se z  potere contrattuale dei lavoratori  W  trasla verso il
basso.
 La PS non dipende dalla disoccupazione ed è una retta parallela all’asse x
disegnata per un dato livello di mark-up e della produttività A, se variano
questi fattori la curva trasla nel piano. La curva trasla verso il basso se:
o Se m  potere di mercato delle imprese, che possono fissare prezzi
maggiori  P  W/P.
o Se A  produttività dei lavoratori  MC  le imprese devono
fissare prezzi maggiori per massimizzare i profitti  P  W/P.
La curva trasla verso l’alto se:
o Se m  potere di mercato delle imprese, che possono fissare prezzi
minori  P  W/P.
o Se A  produttività dei lavoratori  MC  le imprese possono
massimizzare i profitti applicando prezzi minori  P  W/P.
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Il mercato del lavoro è in equilibrio quando la WS interseca la PS, sulla base di


questo si viene a determinare il tasso naturale di disoccupazione.

TASSO NATURALE DI DISOCCUPAZIONE (un): è il tasso derivante


fisiologicamente dalle frizioni sul mercato del lavoro per il mancato incontro
istantaneo tra domanda e offerta di lavoro.

 u<u n  W/P richiesto è maggiore del W che le imprese sono disposte a pagare
 serve un tasso di disoccupazione maggiore per convincere i lavoratori ad
accettare il minor W offerto  la disoccupazione aumenta fino a raggiungere il
livello di equilibrio
 u>u n  W/P richiesto è minore del W che le imprese sono disposte a pagare 
incentivo per i disoccupati a cercare lavoro  si accettano più offerte  si
riduce la disoccupazione fino a raggiungere l’equilibrio.

OCCUPAZIONE NATURALE  N n=L( 1−un )

TASSO NATURALE DI OCCUPAZIONE  n n=(1−un )

PRODUZIONE NATURALE  Y n= A N n=AL(1−un )

E quindi la disoccupazione naturale in funzione della produzione naturale sarà:

Yn
un =1−
AL
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EFFETTI DELLE POLITICHE STRUTTURALI

Il tasso naturale di disoccupazione dipende da z, m, A. Se variano questi fattori si


modifica un .

 AUMENTA IL POTERE CONTRATTUALE DEI LAVORATORI ( Δz> 0 ¿.


o La PS non si modifica. Se z, a parità di altre condizioni, la
disoccupazione è relativamente meno cara ed i lavoratori chiedono salari
nominali maggiori  WS trasla verso l’alto.
o Si riduce l’intensità con cui i lavoratori disoccupati cercano lavoro, si
hanno maggiori frizioni nel mercato e l’incontro tra domanda e offerta è
più lento  aumenta la disoccupazione naturale e si riduce la
produzione naturale.

 DIMINUISCE IL POTERE DI MERCATO DELLE IMPRESE ( Δm< 0¿ .


o La WS non si modifica. Se m  P  W/P  PS trasla verso l’alto.
Il mercato non è più in equilibrio dato che il salario richiesto è minore
del salario offerto  è necessario un minor tasso di disoccupazione per
ristabilire l’equilibrio.
o Aumenta il salario reale che le imprese sono disposte a pagare 
aumenta l’intensità della ricerca del lavoro  minori frizioni nel
mercato ed incontro da domanda ed offerta più rapido  si riduce la
disoccupazione naturale.
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 PEGGIORAMENTO DELLA TECNOLOGIA ( ΔA < 0¿ .


o La WS non si modifica. produttività  MC  P per max profitti 
imprese disposte a pagare un salario inferiore  la PS trasla verso il
basso.
o Si riduce l’intensità della ricerca del lavoro  si accettano meno offerte
di lavoro  maggiori frizioni nel mercato e ritardo nell’incontro di
domanda e offerta  aumenta la disoccupazione naturale.

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