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1) Lo studente illustri le possibili misurazioni del benessere collettivo, mostrando le relazioni che

intercorrono tra esse

Il benessere di un Paese, dipende da molte variabili, alcune di carattere economico, altre di carattere
socio-ambientale (es. sicurezza, sanità, istruzione, ambiente); noi ci concentriamo sulle variabili
economiche e, a tale riguardo, si utilizzano principalmente le seguenti:

- REDDITO AGGREGATO

- PRODOTTO AGGREGATO

- SPESA AGGREGATA

Il REDDITO AGGREGATO è l’ammontare di risorse distribuite agli abitanti di una nazione come
compenso (retribuzione) per la prestazione di servizi produttivi nell’arco di un determinato periodo di
tempo.

La grandezza che si utilizza abitualmente per misurare il reddito aggregato è il REDDITO


NAZIONALE cioè la somma dei redditi che vengono dichiarati dai cittadini in occasione del
pagamento delle tasse.

Ci sono però dei problemi, delle differenze tra il valore teorico (reddito aggregato) e il valore misurato
(reddito nazionale), ci sono cose che sfuggono:

- ci sono dei cittadini che avendo redditi molto bassi non hanno l’obbligo di presentare la
dichiarazione dei redditi;

- ci sono poi cittadini che non presentano dichiarazione o la presentano con valori inferiori
(elusione o evasione) che in Italia si stima essere intorno al 17-18% del PIL e questa parte di
sommerso sfugge quindi alle rilevazioni statistiche;

- c’è inoltre uno spicchio costituito dalle attività non di mercato cioè attività che se passassero
per il mercato produrrebbero un reddito ma non passano per il mercato e quindi sfuggono alla
rilevazione (es. autoconsumo – l’agricoltore consuma ciò che produce da solo; servizi fatti per
la famiglia es. pulizie);

- poi ci sono le imposte indirette che fanno parte del reddito aggregato ma non del reddito
nazionale – es. pittrice che ha una galleria d’arte e vende i quadri – un quadro è valutato 12 k €
cioè 10 k € + Iva – nel reddito nazionale sono computati 10 k €, il valore è però di 12 k € che è
quanto sarebbe computabile come reddito aggregato.

Il PRODOTTO AGGREGATO è l’insieme dei beni e servizi prodotti in un’economia in un certo


arco di tempo.

Ci sono diverse difficoltà per misurarla:

- distinzione tra beni finali – bene che non è utilizzato per la produzione di altri beni – e beni
intermedi – bene che serve per produrre altri beni e si consuma interamente nel processo

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produttivo. Il valore del bene intermedio non va considerato perché altrimenti staremmo
duplicando dei valori (il valore dei beni finali include infatti il valore dei beni intermedi).
Il prodotto aggregato si può calcolare o sommando il valore di tutti i beni finali o con il criterio del
valore aggiunto (incremento di valore che subisce un bene intermedio grazie all’attività
dell’impresa) – la differenza del valore tra il bene finale e il bene intermedio è il valore aggiunto;
- beni capitali e scorte di magazzino.
Beni capitali = beni strumentali all’esercizio dell’impresa, che servono per la produzione di altri
beni ma non si consumano interamente in un solo processo produttivo (macchinari, capannone,
furgone). Essi sono beni il cui valore non è inglobato nella produzione del bene finale ma che
vanno computati nel prodotto aggregato; in particolare va computato l’investimento netto cioè la
differenza dello stock di beni capitali al tempo t+1 e lo stock di beni capitali al tempo t, al netto
dell’ammortamento (che è la perdita di valore subita dai beni capitali).
Occorre poi considerare le scorte di magazzino (i beni intermedi non utilizzati per la produzione di
beni finali nel medesimo periodo considerato non sono infatti computati nel loro valore).
- beni e servizi prodotti dalla pubblica amministrazione cioè i beni pubblici – beni non escludibili e
non rivali nel consumo (es. difesa. istruzione); non essendoci un valore di mercato sono computati
al costo di produzione.

Gli elementi da considerare nel prodotto aggregato sono quindi:


i beni finali +
i nuovi beni capitali prodotti +
le scorte di magazzino +
beni e servizi prodotti dalla pubblica amministrazione (valorizzati al costo di produzione).

Per la misurazione del prodotto aggregato, le grandezze importanti sono:


- PIL = prodotto interno lordo = beni e servizi prodotti all’interno di un Paese (anche da soggetti
non cittadini italiani) in un certo arco di tempo, al lordo dell’ammortamento

- PNL = prodotto nazionale lordo = beni e servizi prodotti da cittadini italiani in un certo arco di
tempo, non importa dove.

Il PIL riguarda dove si produce mentre PNL riguarda chi produce.

La SPESA AGGREGATA indica quanto spendono i cittadini di un certo Paese in un certo arco di
tempo.

Consideriamo un’economia chiusa. Semplificando, abbiamo due grandi blocchi:

- il SETTORE PRIVATO suddiviso in famiglie e imprese;

- il SETTORE PUBBLICO.

La spesa aggregata è quindi composta da:


- C = spesa per beni di consumo – fatta dalle famiglie
- I = spesa per beni di investimento – fatta dalle imprese
- G = spesa del settore pubblico – domanda di beni e servizi da parte della pubblica
amministrazione.

Il settore pubblico può:


- domandare beni e servizi G (spesa)

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- effettuare trasferimenti TR = dazioni, solitamente di denaro, fatte dallo stato ai cittadini o alle
imprese (es. pensioni, sussidi per le imprese); è un’altra fonte di spesa;
- introitare tasse T (entrate);

Vediamo ora in che relazione sono le 3 grandezze teoriche viste.

Le 3 grandezze coincidono. Parliamo quindi della stessa grandezza vista in momenti diversi

REDDITO AGGREGATO = PRODOTTO AGGREGATO = SPESA AGGREGATA

In un’economia chiusa, tutto quello che viene prodotto è acquistato all’interno dell’economia stessa;
una parte della produzione è acquistata dalle famiglie (beni di consumo), una parte dalle imprese (beni
di investimento), una parte dalla pubblica amministrazione; inoltre tutto quello che viene prodotto
viene redistribuito tra coloro che hanno contribuito a produrlo; infine tutto quello che viene
redistribuito ai fattori produttivi viene speso. Anche se il singolo individuo non spende tutto il proprio
reddito, qualcuno lo farà al suo posto (una parte la pubblica amministrazione e una parte coloro che
prendono a prestito il denaro da altri risparmiato).
Tale identità può essere rappresentata sia attraverso il flusso circolare del reddito (schema di
contabilità nazionale che ci fa vedere come il sistema economico sia tutto collegato) sia in termini di
identità contabili.

FLUSSO CIRCOLARE DEL REDDITO E IDENTITA’ CONTABILI

Le famiglie possiedono i fattori produttivi (K,T,L) e li offrono alle imprese e in cambio ottengono un
reddito lordo da parte delle imprese (salari, stipendi, profitti, rendite).
y che è stato prodotto con capitale + terra + lavoro, coincide con i salari, i profitti, le rendite e quindi
con tutte le possibili retribuzioni.
Funzione della produzione Y = f(L,K,T) = W + II + R
Le famiglie possono scegliere di allocare il reddito tra consumo e risparmio:
y=C+S
il prodotto si divide in beni di consumo e in beni di investimento:
y=C+I
Unendo queste due identità, abbiamo che:
C+I=C+S
e quindi in un’economia chiusa senza pubblica amministrazione, il risparmio è uguale
all’investimento
S=I

In presenza di pubblica amministrazione, al reddito lordo vanno decurtate le tasse (che vanno alla
pubblica amministrazione) e vanno aggiunti i trasferimenti (che entrano da parte della pubblica
amministrazione).
Si determina quindi il reddito disponibile:
yd = y – T + TR

Una parte del reddito disponibile delle famiglie andrà per i consumi (C) e una parte per il risparmio
(S) (al settore degli intermediari finanziari) – cioè offerta di fondi. Il risparmio esce poi dalle banche e
va alle imprese come domanda di fondi che vengono utilizzati per la domanda di beni di investimento.

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Lo stato infatti oltre a prendere tasse e erogare trasferimenti, fa una spesa pubblica. Pertanto la
domanda aggregata non è data solo da domanda di beni di consumo da parte delle famiglie e domanda
di beni investimento da parte delle imprese (y = C+I) – come avviene nell’economia senza pubblica
amministrazione - ma anche dalla domanda da parte dello stato (y = C+I+G).

Abbiamo quindi che y = PIL = C+I+G

Flusso circolare senza resto del mondo

Anche in presenza di pubblica amministrazione, l’identità contabile S=I resta vera (dove S e I sono
riferiti non solo alle famiglie e imprese ma anche allo stato e quindi sono totali).

Quando l’economia si apre al resto del mondo invece, l’identità contabile tra prodotto aggregato,
spesa aggregata e reddito aggregato, così come l’identità tra risparmio e investimento non sono più
vere perché l’equilibrio si ottiene a questo punto introducendo anche le grandezze riferite alle
importazioni (M) e alle esportazioni (X).

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2) Lo studente costruisca, nell’ambito dell’analisi della scelta del consumo intertemporale, la
curva di offerta di fondi individuale

BASTA FARE IL CASO DEL CREDITORE

L’analisi intertemporale consente di introdurre il concetto del risparmio che invece nell’analisi
uniperiodale non ha significato.

Per spiegare tale aspetto occorre anzitutto premettere che in economia vale il principio di non sazietà,
cioè il principio che consumare di più è meglio che consumare quantità inferiori.

Ciò determina che nell’analisi uniperiodale l’individuo consumerà tutto perché risparmiare non ha
senso. Nell’analisi multiperiodale invece l’individuo può decidere di consumare meno oggi per
consumare più domani.

Nel contesto multiperiodale pertanto l’individuo ha 3 possibilità:

- C 1 < y1 y1 – C 1 = S > 0 in questo caso è CREDITORE (offre fondi) e quindi C2 > y2

- C 1 = y1 S=0 consuma esattamente ciò che ha (coincide con il caso


uniperiodale) e quindi C2 = y2

- C 1 > y1 y1 – C 1 = S < 0 in questo caso è DEBITORE (domanda fondi) e quindi C2 < y2


(una parte

del reddito futuro viene utilizzata per ripagare il debito).

Occorre considerare che ciò che muove le scelte di consumo è il COSTO OPPORTUNITA’: cioè il
valore della rinuncia a un utilizzo alternativo delle risorse. In un contesto uniperiodale il costo
opportunità è dato dal prezzo relativo dei due beni. In un contesto multiperiodale invece considero lo
stesso bene in due diversi periodi, ma la questione è un po’ più complessa perché il consumo odierno
ha un valore diverso dal consumo futuro: il valore del bene è diverso nei due periodi. La rinuncia al
consumo odierno viene quindi retribuita con un tasso di interesse.

Pertanto, considerando il tasso di interesse pari a r:

- se oggi ho 1 mela e la mangio perdo l’opportunità di mangiare 1+r mele domani

1+r rappresenta quindi il COSTO DEL CONSUMO ODIERNO IN TERMINI DI CONSUMO


FUTURO

- se domani avrò 1 mela, posso decidere di anticiparne il consumo ad oggi e avrò 1


1+r

1 rappresenta quindi il COSTO DEL CONSUMO FUTURO IN TERMINI DI CONSUMO


PRESENTE
1+r
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Costruiamo ora il VINCOLO DI BILANCIO INTERTEMPORALE

Consideriamo la dotazione del primo periodo pari a y1 e quella del secondo periodo pari a y2.

La dotazione del primo periodo può essere consumata o risparmiata:

y1 = C 1 + S da cui deriva che S = y1 - C1

nel 2° periodo:

y2 = C2 + S (1+r) vado allora a sostituire S con quanto sopra e ottengo:

y2 = C2 + y1 (1+r) – C1 (1+r)

questa è l’equazione del vincolo di bilancio intertemporale espresso in valore futuro ed è una retta
decrescente (le grandezze sugli assi sono infatti C1 e C2). Il vincolo di bilancio passa sempre per le
dotazioni iniziali y1 e y2 perché rappresenta comunque un paniere economicamente
raggiungibile. La pendenza della retta è -(1+r) che rappresenta il prezzo relativo tra consumo
odierno e consumo futuro.

L’intercetta verticale è y2 + y1 (1+r) e corrisponde al valore futuro della dotazione iniziale (ricchezza
futura).

L’intercetta orizzontale è y1 + y2 e corrisponde al valore attuale della dotazione iniziale (ricchezza umana).
1+r
Passiamo ora a capire quale sarà la scelta dell’individuo in termini di consumo nel primo e nel
secondo periodo. Il criterio che guida l’individuo nello scegliere tra consumo presente e futuro è lo
stesso seguito per la scelta tra beni diversi disponibili oggi.

Le preferenze dell’individuo possono essere rappresentate dalla FUNZIONE DI UTILITA’ che riflette
la CURVA DI INDIFFERENZA cioè la curva di tutte le combinazioni associate a un certo livello di
utilità.

Occorre ricordare che vale il principio della MONOTONICITA’ delle preferenze (cioè si preferiscono
quantità maggiori a quantità minori) e quindi il principio della NON SAZIETA’ – ciò determina che la
curva è DECRESCENTE.

Il consumatore inoltre è MODERATO cioè preferisce avere un paniere composito – ciò determina che
la curva è CONVESSA. Nel contesto multiperiodale la convessità è ancora più vera perché il consumo
è distribuito in parte presente e in parte futuro.

La pendenza della curva di indifferenza nel contesto multiperiodale è il SMPI – SAGGIO


MARGINALE DI PREFERENZE INTERTEMPORALE che è dato dal rapporto tra l’utilità marginale
del consumo presente e l’utilità marginale del consumo futuro e misura quindi il valore che
l’individuo attribuisce ad una unità aggiuntiva di consumo presente in termini di consumo futuro cioè
a quante unità di consumo futuro è disposto al massimo a rinunciare per avere una unità in più di
consumo presente. Esso è decrescente perché riflette le ipotesi di moderazione del consumo e quindi
la convessità delle preferenze.

A questo punto andiamo a cercare la scelta ottima.


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L’individuo sceglierà quella combinazione di consumo presente e consumo futuro che massimizza la
sua funzione di utilità tra quelle raggiungibili (date dal vincolo di bilancio).

Il paniere ottimo si ha quando la più alta curva di indifferenza è tangente al vincolo di bilancio, cioè
hanno la stessa pendenza.

Nel punto di ottimo il beneficio marginale dello scambio (SMPI) = al costo marginale dello scambio
(costo che il mercato richiede per lo scambio di C1 con C2 cioè 1+r)

Se l’individuo sceglie di consumare un paniere a sinistra del punto D (es. paniere A) sarà un creditore,
se invece sceglie di consumare un paniere a destra del punto D (es. paniere B) sarà un debitore.

Trovare la scelta ottima serve per costruire:


- la curva di domanda di consumo presente C1

- la curva di domanda di consumo futuro C2

- la curva di risparmio S

Per trovare queste funzioni debbo vedere come varia la scelta ottima al variare del tasso di interesse r.

Occorre precisare che la variazione del tasso di interesse, determina il cosiddetto EFFETTO PREZZO
che può essere scomposto in:
- EFFETTO SOSTITUZIONE: è identico sia per il debitore che per il creditore. Se r aumenta,
consumare oggi è diventato più costoso perché rinuncio a consumare 1+r domani (con r + grande).
Il tasso di interesse rappresenta infatti il costo del consumo presente in termini di consumo futuro.

Ciò determina che:

C1 C2 S (perché S = y-C1) e y (cioè la dotazione) in questa analisi è costante

- EFFETTO REDDITO: è invece diverso tra debitore e creditore

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*DEBITORE C1 C2 S se r aumenta si sente più povero quindi i consumi presenti
e

futuri diminuiscono (C1 e C2 sono beni normali o superiori cioè la

quantità domandata varia nella stessa direzione del reddito).


Diminuendo C1, S aumenta (quindi si riduce l’indebitamento)

*CREDITORE C1 C2 S se r aumenta si sente più ricco quindi i consumi


aumentano

(consideriamo sempre beni normali o superiori)

Vediamo ora l’effetto totale:

- per il DEBITORE: effetto sostituzione: C1 C2 S

effetto reddito C1 C2 S

EFFETTO TOTALE C1 C2 ? S C2 dipenderà se


prevale ES o ER

Per il debitore ci potranno essere casi diversi:

o ER > ES in questo caso anche C2 si riduce e quindi il debitore sta peggio. I punti
stanno sotto al vecchio vincolo di bilancio.

o ES > ER in questo caso C2 aumenta; il debitore può star peggio di prima (punto sotto al
vecchio vincolo di bilancio) ma può anche star meglio perché ritiene talmente
conveniente rinunciare al consumo odierno che decide di diventare creditore (e quindi
il punto sta sopra al vecchio vincolo di bilancio – sceglie un paniere migliore).

- per il CREDITORE: effetto sostituzione: C1 C2 S

effetto reddito C1 C2 S

EFFETTO TOTALE C1 ? C2 S? C1 e S dipenderanno se prevale


ES o ER

Il creditore all’aumentare del tasso di interesse resterà comunque creditore e starà comunque
meglio (avrà panieri che prima non poteva raggiungere).

Consideriamo ora un caso specifico: il caso del creditore con effetto sostituzione superiore
all’effetto reddito e costruiamo la curva di RISPARMIO cioè la FUNZIONE DI OFFERTA DI
FONDI
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Quando il tasso di interesse è rA, l’individuo sceglie il paniere A in cui la domanda di consumo
presente è C1A e il risparmio SA sarà pari a y1 - C1A

Determino ora un altro punto per trovare la curva di offerta di fondi.

Considero rB > rA il vincolo di bilancio si sposterà ruotando attorno alla dotazione iniziale. L’individuo
sceglie ora il paniere B in cui la domanda di consumo presente è C1B e il risparmio SB sarà pari a y1 -
C1B in cui, avendo detto che prevale l’effetto sostituzione, C1B < C1A si avrà quindi che SB > SA

La curva di risparmio è quindi crescente. Al crescere del tasso di interesse cresce anche l’offerta di
fondi.

Per il debitore la curva di indebitamento, cioè la curva di domanda di fondi è invece decrescente:
all’aumentare del tasso di interesse domanda meno fondi (indipendentemente dal fatto che ES sia > o
< ER).

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3) Dopo aver descritto un’economia delle dotazioni, lo studente individui, con l’aiuto di grafici,
gli effetti a livello individuale di shock temporanei e permanenti del reddito

NOTA: La descrizione dell’economia delle dotazioni e la declinazione degli shock di reddito sono
come quelle della domanda 4

L’economia delle dotazioni, del modello neoclassico, è un’economia molto semplice dove due
individui - Adamo e Eva - vivono in un contesto biperiodale, hanno delle dotazioni espresse in
termini reali (es. mele) nei due periodi - es. y1 dotazione odierna e y2 dotazione futura - che possono
decidere di consumare o di risparmiare prestandole, in quest’ultimo caso, all’altro.

In questa economia:

- non c’è lavoro e quindi non c’è produzione

- non c’è investimento in beni capitali

- non c’è investimento in scorte (i beni sono infatti deperibili)

- non c’è moneta

- non c’è pubblica amministrazione

- non ci sono scambi con l’esterno – è quindi un’economia chiusa

- non c’è incertezza (si conosce esattamente la propria dotazione attuale e futura).

Uno dei requisiti fondamentali è che i due individui abbiano preferenze e dotazioni differenti
altrimenti non possono avvenire scambi tra loro, ognuno consumerebbe la propria dotazione.

In questa economia semplificata possiamo avere, in linea teorica, due cause di shock, che derivano da
variabili esogene al modello:

- shock delle preferenze

- shock delle dotazioni (cioè del reddito).

Tenendo tuttavia conto che siamo nel breve periodo, le preferenze non cambiano e consideriamo
quindi solo shock di reddito.

Gli SHOCK DI REDDITO possono essere:

- TEMPORANEI – cioè che riguardano un solo periodo e sono a loro volta suddivisi in:

- PRESENTI – cioè che avvengono nel primo periodo (su y1) e possono essere POSITIVI o
NEGATIVI;

- FUTURI – cioè che avvengono nel secondo periodo (su y2) e possono essere POSITIVI o
NEGATIVI;

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- PERMANENTI – cioè che riguardano entrambi i periodi (e quindi su y1 e y2) e possono essere
POSITIVI o NEGATIVI.

SCEGLIERE UNO SHOCK TEMPORANEO (PRESENTE O FUTURO, POSITIVO O NEGATIVO) E


UNO PERMANENTE

Vediamo che cosa succede a livello individuale, cioè a livello micro in presenza di shock di reddito.

Occorre considerare che per i neoclassici, il consumo dipende dalla ricchezza intertemporale: cioè non
consumo oggi in base al reddito di oggi ma in base alla ricchezza umana che è data dalla dotazione
odierna + dotazione futura attualizzata y1 + y2
1+r

Vale il principio dell’uniformità del consumo: se c’è una variazione positiva/negativa di reddito in un
periodo, l’individuo si sente INTERTEMPORALMENTE più ricco/più povero.

Nello shock temporaneo opera quindi lo SMUSSAMENTO INTERTEMPORALE del consumo: la


variazione di reddito si cerca di spalmarla nei due periodi per avere uniformità nei consumi.

Facciamo l’esempio dello SHOCK TEMPORANEO PRESENTE POSITIVO

Prendiamo il caso di Eva creditrice. A fronte di una dotazione iniziale D (500, 500), al tasso del 5%
decide di consumare il paniere A (400, 605) dove 605 è dato da 500 + 100(1+r).

Con lo shock presente positivo Eva ha una dotazione D’ (700, 500).

Aumenta quindi la dotazione y1; essendo invece costante il tasso di interesse, il vincolo di bilancio si
sposta in alto a destra parallelamente al precedente e passa per la nuova dotazione D’.

Con lo shock temporaneo Eva si sente intertemporalmente più ricca e opera quindi lo smussamento
intertemporale del consumo (attraverso il risparmio): la maggiore dotazione si cerca infatti di
spalmarla in entrambi i periodi.

Eva sceglierà quindi un paniere che aumenta il consumo di entrambi i periodi e si trova pertanto tra il
punto B e il punto C.

In caso di shock temporaneo presente positivo pertanto aumenta C1, aumenta C2 e aumenta il
risparmio S.
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Facciamo ora il caso dello SHOCK PERMANENTE NEGATIVO.

Prendiamo il caso di Eva creditrice. A fronte di una dotazione iniziale D (500, 500), al tasso del 5%
decide di consumare il paniere A (400, 605) - dove 605 è dato da 500 + 100(1+r).

Con lo shock permanente negativo Eva ha una dotazione D’ (300, 300).

Diminuisce quindi sia y1 che y2; essendo invece costante il tasso di interesse, il vincolo di bilancio si
sposta in basso a sinistra, parallelamente al precedente e passa per la nuova dotazione D’.

Con lo shock permanente, essendo già uniforme la variazione del reddito nei due periodi, non opera lo
smussamento intertemporale del consumo: i consumi si riducono uniformemente e il risparmio non
cambia.

Eva sceglierà quindi il paniere E’.

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4) Dopo aver descritto un’economia delle dotazioni, lo studente individui, con l’aiuto di grafici,
gli effetti a livello macroeconomico di shock temporanei e permanenti del reddito

NOTA: La descrizione dell’economia delle dotazioni e la declinazione degli shock di reddito sono
come quelle della domanda 3

L’economia delle dotazioni, del modello neoclassico, è un’economia molto semplice dove due
individui - Adamo e Eva - vivono in un contesto biperiodale, hanno delle dotazioni espresse in
termini reali (es. mele) nei due periodi - es. y1 dotazione odierna e y2 dotazione futura - che possono
decidere di consumare o di risparmiare prestandole, in quest’ultimo caso, all’altro.

In questa economia:

- non c’è lavoro e quindi non c’è produzione

- non c’è investimento in beni capitali

- non c’è investimento in scorte (i beni sono infatti deperibili)

- non c’è moneta

- non c’è pubblica amministrazione

- non ci sono scambi con l’esterno – è quindi un’economia chiusa

- non c’è incertezza (si conosce esattamente la propria dotazione attuale e futura).

Uno dei requisiti fondamentali è che i due individui abbiano preferenze e dotazioni differenti
altrimenti non possono avvenire scambi tra loro, ognuno consumerebbe la propria dotazione.

In questa economia semplificata possiamo avere, in linea teorica, due cause di shock, che derivano da
variabili esogene del modello:

- shock delle preferenze

- shock delle dotazioni (cioè del reddito).

Tenendo tuttavia conto che siamo nel breve periodo, le preferenze non cambiano e consideriamo
quindi solo shock di reddito.

Gli SHOCK DI REDDITO possono essere:

- TEMPORANEI – cioè che riguardano un solo periodo e sono a loro volta suddivisi in:

- PRESENTI – cioè che avvengono nel primo periodo (su y1) e possono essere POSITIVI o
NEGATIVI;

- FUTURI – cioè che avvengono nel secondo periodo (su y2) e possono essere POSITIVI o
NEGATIVI;

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- PERMANENTI – cioè che riguardano entrambi i periodi (e quindi su y1 e y2) e possono essere
POSITIVI o NEGATIVI.

A livello macroeconomico:

- la curva di domanda aggregata, che si determina dalla somma delle domande individuali di
Adamo e Eva, è una curva decrescente perché è una funzione inversa del tasso di interesse
(all’aumento del tasso di interesse si riduce il consumo);

- la curva di offerta (risorse disponibili) è invece perfettamente inelastica, non dipende dal tasso
di interesse e quindi è verticale (perché se si offrisse meno delle dotazioni ci sarebbe spreco,
non si sarebbe soggetti razionali).

IL GRAFICO E’ OPZIONALE

Nel contesto macroeconomico, il tasso di interesse si muove per riequilibrare il sistema; in caso di
eccesso di offerta il tasso di interesse scende mentre in caso di eccesso di domanda il tasso di interesse
sale.

Rappresentiamo graficamente ipotizzando uno SHOCK TEMPORANEO DI REDDITO FUTURO


POSITIVO.

NOTA: SCEGLIERE UNO SHOCK FUTURO PERCHE’ PIU’ SEMPLICE IN QUANTO NON
IMPLICA L’ADEGUAMENTO DELL’OFFERTA MA SOLO DELLA CURVA DI DOMANDA

Dall’intersezione della curva di domanda e di offerta aggregata troviamo il punto di equilibrio E che si
ha al tasso del 5%.
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Lo shock di reddito futuro positivo, per l’ipotesi dello smussamento del consumo che avviene a livello
dei desideri individuali, fa aumentare anche la domanda di consumo presente perché i soggetti si
sentono intertemporalmente più ricchi e pertanto la curva di domanda aggregata si sposta in alto a
destra.

Tenendo tuttavia conto che l’offerta è fissa (siamo in un’economia delle dotazioni), si genera un
eccesso di domanda che fa salire i tassi di interesse. La nuova curva di domanda incontra la curva di
offerta nel punto E’ che corrisponde al tasso del 10%. A tassi più alti infatti i desideri di consumo si
riducono perché consumare oggi diventa più costoso.

A livello aggregato l’ipotesi di smussamento del consumo non può quindi operare perché l’offerta è
fissa. La maggiore domanda si scarica tutta sull’aumento del tasso.

Vediamo ora che succede a livello micro. (NON E’ INDISPENSABILE MA MEGLIO FARLO
VEDERE)

A livello micro la variazione della dotazione futura fa aumentare il desiderio di consumo per C1 e per
C2 perché gli individui si sentono intertemporalmente più ricchi; ci sarà quindi un nuovo vincolo di
bilancio (riga verde) che passa per la nuova dotazione (D’), parallelo al precedente (perché a parità di
tasso di interesse).

Aumenta il desiderio di consumo, quindi la domanda di consumo C1, ma essendo fissa l’offerta
aggregata, come abbiamo visto sopra, i tassi di interesse salgono (il tasso di interesse non è più
costante come invece veniva considerato a livello individuale). Il vincolo di bilancio ruota quindi
attorno alla nuova dotazione D’ (riga rossa). L’aumento del tasso fa rientrare il desiderio di consumare
di più oggi. E quindi Eva consumerà esattamente quello che consumava prima dello shock (sceglierà
infatti il paniere G che corrisponde al vecchio livello di C1).

Riepilogando: i soggetti si sentono intertemporalmente più ricchi e quindi il vincolo di bilancio si


sposta in alto a destra; aumentano quindi i desideri di consumo ma a livello aggregato l’offerta non
cambia pertanto aumenta il tasso di interesse; il tasso di interesse quindi si sposta per adeguare a
livello macro i desideri di consumo con le risorse disponibili. Il tasso di interesse sale per riequilibrare
l’eccesso di domanda. Aumentando il tasso di interesse, il vincolo di bilancio ruota attorno alla
dotazione iniziale.
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Vediamo ora gli effetti dello shock sul MERCATO FUTURO, cioè il mercato dei titoli, tenendo
comunque in considerazione che le scelte vengono fatte oggi anche per questo mercato.

Sul mercato futuro la curva di offerta aggregata aumenta per l’intero effetto dello shock (es. 300 mele) e ciò fa
scendere il prezzo delle mele rappresentato da 1 (quindi r aumenterebbe), ma di converso, anche
1+r
la curva di domanda aggregata aumenta e quindi il prezzo, cioè 1 aumenterebbe (e r scenderebbe).
1+r
Essa tuttavia, per l’ipotesi dello smussamento del consumo e quindi per il fatto che un aumento del
reddito futuro fa aumentare anche i consumi presenti perché l’individuo si sente intertemporalmente
più ricco, cresce in misura inferiore all’offerta quindi prevale l’effetto dell’offerta. Al vecchio tasso di
interesse, sul mercato futuro si genera quindi un eccesso di offerta che fa ridurre il prezzo 1 e di
conseguenza fa aumentare r. 1+r
Il tasso di interesse che metteva in equilibrio il mercato presente è lo stesso che mette in equilibrio
anche il mercato futuro; infatti:

- se in C1 c’è un eccesso di domanda, in C2 c’è un eccesso di offerta;

- se in C1 c’è un eccesso di offerta, in C2 c’è un eccesso di domanda;

- se in C1 c’è equilibrio, anche in C2 c’è equilibrio.

Vediamo ora gli effetti di uno SHOCK PERMANENTE POSITIVO

In questo contesto non ha senso l’ipotesi di smussamento del consumo perché la dotazione aumenta
nella stessa misura sia oggi che domani e quindi anche il consumo aumenta in modo omogeneo
(ricordiamo che siamo sempre in un’economia senza investimento).

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La curva di offerta si sposta quindi a destra per l’aumento del reddito di oggi.

Allo stesso tempo anche la curva di domanda si sposta a destra, di tanto quanto si è spostata la curva
di offerta.

Il nuovo punto di incontro è quindi E’ che è sempre allo stesso livello di tasso di interesse infatti
essendo domanda uguale all’offerta, il tasso di interesse, che serve per riequilibrare il mercato, non si
è mosso.

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5) Lo studente costruisca la curva di capitale e di investimento in un’economia neoclassica,
evidenziandone le determinanti

Nell’economia neoclassica, quando si introducono gli investimenti, gli individui cominciano a


rinunciare a parte del consumo per investire in beni capitali; ciò produrrà un aumento dello stock di
capitale e, nel periodo successivo, un rendimento, cioè una maggiore quantità di beni a disposizione.
Gli individui si considerano quindi contemporaneamente consumatori e imprenditori.

Il rendimento lordo dell’investimento è dato dal maggior numero di mele che si ottengono mentre il
rendimento netto si determina come differenza tra il rendimento lordo e l’investimento effettuato.

Prendiamo la funzione di produzione. Essa dipende dal capitale e dal fattore lavoro:

y = f (k,L)

La funzione di produzione considera le sole combinazioni di capitale e lavoro che danno il massimo
livello di output (esclude quindi le combinazioni di fattori produttivi inefficienti).

Poi, tra le combinazioni efficienti, l’imprenditore sceglie in base al prezzo dei fattori produttivi.

Infatti l’imprenditore ha come obiettivo la massimizzazione dei profitti; essa è data da:

MAX II = MAX (RT – CT) massimizzazione dei ricavi totali – i costi totali

considerando che: - RT = P*y;

- CT = L*W + k*r (in cui W = costo del fattore lavoro e r = costo del capitale);

- y = f(k,L);

- siamo in un mercato di concorrenza perfetta e quindi i soggetti sono price-


takers, pertanto i prezzi dei fattori produttivi sono considerati dati (W, r, P);

- siamo nel breve periodo e quindi la tecnologia è costante (essa è rappresentata


dalla funzione di produzione);

la massimizzazione del profitto si ottiene massimizzando k e L.

MAX II = P * f (k,L) – LW - rk

Per massimizzare la funzione rispetto a k occorre determinare quando la derivata parziale è pari a 0.
18
E quindi:

E quindi:

P*PMAK – r = 0 da cui: PMAK = r/P (produttività marginale = tasso di interesse reale)

Nella condizione di ottimo il beneficio marginale deve essere infatti uguale al costo marginale.

La PRODUTTIVITA’ MARGINALE DEL CAPITALE - PMAK, che è data dalla derivata della
funzione di produzione rispetto a k, indica di quanto varia la produzione a fronte di una variazione
infinitesimale del capitale.

Nella teoria neoclassica, la produttività marginale dei fattori di produzione e quindi, in questo caso,
PMAK è:
- Positiva – se si aumenta K aumenta anche y;

- Decrescente – all’aumentare di K, y aumenta in misura via via inferiore.

Tale regola determina la pendenza della funzione di produzione sopra rappresentata graficamente (la
pendenza della funzione in un punto è infatti data dalla sua derivata in quel punto).

Rappresentiamo quindi la produttività marginale del capitale.

Per la massimizzazione del profitto, l’imprenditore necessita di beni capitali fino a che PMAK = r
(tasso di interesse reale) e quindi fino a che il beneficio marginale = costo marginale.

Questi concetti sono tutti di micro, andiamo ora ad applicare questi concetti al nostro contesto per
capire quanta domanda di beni di investimento si genera.

Quando Eva deve decidere che cosa fare della mela, sotterrarla o investirla, considera qual’è il costo
opportunità cioè il rendimento che otterrebbe con l’utilizzo alternativo (che nel nostro caso è quello di
prestare la mela ad Adamo).

19
La scelta va quindi fatta confrontando il rendimento che otterrebbe domani sotterrando la mela, cioè
PMAK, con il rendimento dell’utilizzo alternativo, cioè del prestare la mela ad Adamo, cioè 1+r; Eva
sceglierà pertanto di sotterrare la mela fino a che PMAK = 1+r.

Rappresentiamo graficamente questa condizione - curva rd(k):

La curva è quindi funzione del tasso di interesse ed è decrescente perché riflette la produttività
marginale che è decrescente.

La curva rd(k) rappresenta lo stock di capitale necessario per massimizzare il profitto. Occorre però
capire qual è la domanda di beni capitali necessari perché si avrà già un certo stock di capitale.

La domanda di beni di investimento rd(I) è quindi data dalla variazione dello stock di capitale
necessario per arrivare a quello ottimo ed è quindi rappresentato dalla traslazione verso il basso della
curva rd(k).

Le determinanti della domanda di investimento nel modello neoclassico sono:

- la tecnologia (funzione di produzione) che determina la produttività marginale del capitale

- il tasso di interesse

- la dotazione iniziale dello stock di capitale.

20
6) Lo studente descriva l’equilibrio macroeconomico di un’economia neoclassica delle dotazioni
con investimento, evidenziando i legami di tale equilibrio con il mercato dei capitali (S, I) e
illustrando la teoria della natura del tasso di interesse

Nell’economia neoclassica, quando si introducono gli investimenti, gli individui cominciano a


rinunciare a parte del consumo per investire in beni capitali. La curva di domanda aggregata sarà
pertanto determinata dalla somma tra la curva di domanda aggregata di beni di consumo e la curva di
domanda aggregata di beni di investimento cioè

rdagg (C1) = rdagg (C) + rdagg (I)

Vediamo ora il mercato dei beni con l’evidenza degli scostamenti tra risparmio e investimento.

Vediamo ora l’equilibrio sul mercato dei capitali.

21
Quando il mercato dei beni è in equilibrio (domanda = offerta), al tasso di interesse del 10%,
risparmio = investimento (S=I) e quindi anche il mercato dei capitali è in equilibrio.

Quando il mercato dei beni è in disequilibrio al tasso di interesse del 15% c’è un eccesso di offerta, il
mercato dei capitali è in disequilibrio e c’è un eccesso di offerta di fondi (S>I).

Quando il mercato dei beni è in disequilibrio al tasso di interesse dell’8% c’è un eccesso di domanda,
il mercato dei capitali è in disequilibrio e c’è un eccesso di domanda di fondi (S<I).

Sappiamo comunque che il disequilibrio è momentaneo perché il tasso si muoverà e riporterà la


situazione in equilibrio.

Con riferimento alla natura del tasso di interesse, la teoria neoclassica asserisce che il tasso di
interesse ha solo NATURA REALE, mette quindi in equilibrio la domanda e offerta di fondi e non ha
effetti sulla moneta, a differenza della teoria keynesiana secondo la quale il tasso di interesse ha anche
natura monetaria.

Il tasso di interesse dipende quindi dall’equilibrio tra S e I in cui:

- I dipende dalla produttività marginale del capitale, dalla tecnologia e dalla dotazione di
capitale;

- S dipende dalla frugalità degli individui e quindi dalle preferenze nonché dalle dotazioni
iniziali;

e non dipende quindi da fenomeni monetari.

Il tasso di interesse mette in equilibrio il mercato dei beni (spesa effettiva = spesa desiderata) e il
mercato dei capitali (S=I) - in cui c’è un unico punto di equilibrio perché c’è un unico livello di
produzione (punto in cui l’imprenditore massimizza i profitti e l’individuo massimizza la sua utilità).

22
7) Lo studente descriva le modifiche all’equilibrio macroeconomico di un’economia neoclassica
delle dotazioni con investimento, a shock del reddito temporanei, evidenziandone le differenze

Quando si introduce l’investimento, c’è una curva di domanda di beni di consumo (mele per consumo)
e una curva di domanda di beni di investimento (mele per sotterrare affinché crescano alberi che
daranno poi mele in futuro). Aggregando consumo e investimento si ottiene la curva di domanda
aggregata.

Incrociando la curva di domanda con la curva di offerta (che nell’analisi neoclassica è fissa e quindi
verticale) si ottiene l’equilibrio macroeconomico (punto E), ipotizziamo al tasso del 10%.

Vediamo ora che cosa succede in caso di shock di reddito temporanei.

NOTA: NEL FARE LO SHOCK IPOTIZZARE SEMPRE SHOCK FUTURO COSI’ NON SI TOCCA LA CURVA
DI OFFERTA

Ipotizziamo uno shock di reddito positivo futuro (aumenta la dotazione futura).

In questo caso l’offerta non cambia.

La domanda di beni di investimento non cambia perché le determinanti sono la tecnologia (e quindi la
produttività marginale) e lo stock di capitale k.

Gli individui a fronte di uno shock temporaneo futuro si sentono intertemporalmente più ricchi (a
parità di tasso di interesse) e quindi, per l’ipotesi di smussamento del consumo cercheranno di
aumentare sia C1 che C2. C1 C2

La curva di domanda aggregata di consumo si sposta quindi in alto a destra e conseguentemente la


domanda aggregata (C+I) si sposta in alto a destra.

Tenendo tuttavia conto che l’offerta aggregata non si sposta perché siamo al livello di massima
occupazione, si genera un eccesso di domanda che porta il tasso di interesse a salire per riequilibrare il
mercato. Si determina il nuovo punto di equilibrio E’.
23
Occorre considerare che c’è una differenza rispetto all’economia senza investimento. Mentre infatti in
assenza di investimento il consumo non può aumentare, ora si può decidere comunque di aumentare il
consumo diminuendo l’investimento. I -50 C +50

Infatti l’aumento del tasso di interesse, a livello micro produce i seguenti effetti;

aumenta la dotazione: y1+ y2 e quindi C (mi sento +


ricco)
- sul consumo 2 effetti contrastanti: 1+r

r e quindi consumare è divenuto più costoso quindi C

(sul consumo, l’effetto del sentirsi più ricco prevale sull’effetto dell’aumento del tasso di interesse)

- sull’investimento: se r allora I all’aumento del tasso di interesse si riduce la

convenienza dell’investimento (Eva decide di non

sotterrare parte delle mele e di prestarle ad Adamo

perché i tassi sono aumentati e quindi è + conveniente)

A differenza dell’economia senza investimento, un aumento della dotazione futura consente in parte,
agendo attraverso la riduzione dell’investimento, lo smussamento dei consumi (si asseconda il
desiderio di aumentare C1 a fronte di un aumento della dotazione futura).

Sul mercato dei fondi la curva I non si muove, si muove invece la curva S in alto a sinistra (perché è
aumentato C che è la funzione inversa). Investimento e risparmio si riducono e si determina il nuovo
punto di equilibrio al tasso del 15%.

24
8) Lo studente, dopo aver illustrato il funzionamento del mercato del lavoro nell’ambito della
teoria neoclassica e la conseguente natura della disoccupazione, costruisca la curva di offerta
aggregata.

NOTA: Le premesse sono identiche alla domanda 11 riferita al mercato del lavoro keynesiano.

Siamo in un’economia della produzione e il mercato del lavoro si studia per costruire la curva di
offerta di beni. Stiamo infatti facendo un’analisi di breve periodo in cui capitale e tecnologia sono
costanti e quindi la curva di offerta aggregata dipende dal lavoro: y = f(k,L).

Consideriamo l’analisi micro sul mercato del lavoro.

La curva di domanda di lavoro è una funzione decrescente del salario reale perché gli imprenditori
domandano lavoro fino a che la produttività marginale dell’ultimo lavoratore è uguale al salario reale,
poiché nell’impianto che utilizziamo facciamo l’ipotesi che la produttività marginale dei fattori
produttivi (e quindi anche del lavoro), pur sempre positiva, è comunque decrescente, la domanda di
lavoro è decrescente perché rispecchia la produttività marginale (ad esempio, quando scende il salario,
le imprese assumono più lavoratori perché trovano conveniente assumere anche lavoratori che danno
produttività marginale più bassa).

La curva di offerta di lavoro è una funzione crescente del salario reale. Essa deriva dalla scelta
dell’individuo tra lavoro e tempo libero. Quando il salario reale cambia, ci sono due effetti
contrastanti:

- Effetto sostituzione – che rappresenta il fatto che la scelta tra consumo e tempo libero dipende
dalla convenienza relativa tra i due beni. Il costo opportunità del tempo libero è il salario. Se il
salario aumenta il costo del tempo libero aumenta e quindi riduco il tempo libero (e di
conseguenza aumento il lavoro, cioè l’offerta di lavoro);

- Effetto reddito – l’individuo è venditore del lavoro, quindi aumentando il prezzo del bene offerto
si sente più ricco. Quindi aumenta il tempo libero e riduce il lavoro.

L’offerta di lavoro è quindi teoricamente composta da una parte decrescente in cui ER>ES e una
parte crescente in cui ES>ER. La parte decrescente però si considera assente perché a fronte di
qualcuno che riduce l’offerta di lavoro, altre persone, che prima non lavoravano, decidono di offrirsi
sul mercato del lavoro a fronte di un aumento di salario.

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L’offerta di lavoro è quindi una curva crescente perché l’effetto sostituzione prevale sull’effetto
reddito e quindi all’aumentare del salario reale, il lavoratore, nella scelta tra tempo libero e consumo
riduce il tempo libero e quindi aumenta il lavoro.

Nella teoria neoclassica, il mercato del lavoro è, al pari di tutti gli altri mercati, perfettamente
concorrenziale, quindi valgono i seguenti criteri:

- le unità di lavoro sono considerate omogenee;

- lavoratori e imprese sono dei price-takers ovvero considerano il salario reale come un prezzo
dato sul quale non riescono, attraverso il loro comportamento, ad influire;

- c’è perfetta informazione sul salario.

Di seguito i grafici.

Partiamo dal punto di equilibrio E in cui abbiamo un livello di occupazione pari al livello di piena
occupazione e il salario reale è pari a W0
P0
Tale livello di piena occupazione corrisponde, nella funzione di produzione, al livello di piena
produzione yp0. Trasportando nella retta a 45° e poi nella curva di offerta, trovo il punto E.
Consideriamo ora un livello dei prezzi pari a P1>P0 che sta a significare, a salario nominale costante
pari a W0, un salario reale inferiore W0 < W0
P1 P0
Mi trovo quindi nella situazione in cui A è l’offerta di lavoro e B e la domanda; c’è un eccesso di
domanda di lavoro; per i neoclassici questo non è un problema perché il mercato funziona in maniera
perfettamente concorrenziale e quindi ha in sé i meccanismi per il ritorno automatico all’equilibrio, il
prezzo (cioè il salario nominale) è perfettamente flessibile e quindi le imprese sono disposte ad
26
aumentare il salario nominale (scatta la concorrenza tra le imprese). Il salario nominale cresce di tanto
quanto sono cresciuti i prezzi e, a parità di nuovi prezzi, cresce anche il salario reale fino a tornare al
livello precedente e siccome gli individui decidono in base alle grandezze reali, non cambiano il loro
comportamento, si torna in equilibrio al punto E in cui il livello di occupazione è quello di piena
occupazione e il livello di produzione è quello di piena produzione.
La produzione e l’equilibrio sul mercato del lavoro non dipendono quindi dai prezzi.

Quando il salario scende la domanda di lavoro aumenta, infatti le imprese assumono più lavoratori
perché trovano conveniente assumere anche lavoratori che hanno una produttività marginale più
bassa. Allo stesso tempo l’offerta di lavoro diminuisce perché quando il salario si abbassa, alcuni
lavoratori trovano più conveniente il tempo libero rispetto al lavoro.

Consideriamo ora un livello dei prezzi pari a P2<P0 che sta a significare, a salario nominale costante
pari a W0, un salario reale superiore W0 > W0
P2 P0
Sono nella situazione sopra al punto E; in questo caso, l’offerta di lavoro supera la domanda ed ho
quindi eccesso di offerta di lavoro. Si innesca subito il meccanismo concorrenziale di riequilibrio
automatico del mercato; i lavoratori si offrono a un salario nominale più basso (pari a W 2) (scatta la
concorrenza tra i lavoratori). Il salario reale quindi scende e si torna al solito punto di equilibrio E a
cui corrisponde piena occupazione e piena produzione.
Il punto E rappresenta un punto di equilibrio Pareto ottimale (sto infatti sulla curva di domanda dove
le imprese massimizzano il profitto e sto sulla curva di offerta dove i lavoratori massimizzano la
propria utilità); l’equilibrio è STABILE quindi se mi allontano, il mercato, attraverso la variazione del
salario, ci ritorna.
L’offerta aggregata è pertanto verticale.

La disoccupazione, nel mercato del lavoro neoclassico, ha una natura volontaria.


Se sono nel punto E, i lavoratori che si trovano nella parte della curva di offerta di lavoro sopra al
punto E sono disoccupati volontari perché reputano il salario reale troppo basso per compensarli della
rinuncia al tempo libero. Essi sarebbero disposti infatti a rinunciare al proprio tempo libero solo per un
salario più alto.

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9) Lo studente, dopo aver individuato le determinanti della domanda di moneta neoclassica,
illustri l’equilibrio sul mercato monetario e come questo cambi a seguito di una politica
monetaria espansiva

Per i neoclassici, la domanda di moneta ha uno scopo essenzialmente transattivo (mezzo di


pagamento), serve per facilitare le transazioni (evita i costi di transazione eliminando il problema della
doppia coincidenza dei bisogni).

Gli individui detengono moneta perché c’è uno sfasamento temporale tra incassi e pagamenti.

La domanda di moneta nominale dipende dalla propensione k a detenere moneta per il reddito
nominale (cioè prezzi per reddito reale) – la domanda di moneta sarà quindi una percentuale della
spesa desiderata; cioè:

Md = k * P * yp0

dove k è la propensione media marginale a detenere moneta, dipende dagli usi, dalle abitudini della
popolazione e da fattori tecnologici, elementi che nel breve periodo sono costanti e, visto che
facciamo analisi di breve periodo si assumono costanti

yp0 è il reddito reale che nell’economia neoclassica è costante perché abbiamo un unico livello di
produzione che è quello di piena occupazione

quindi, considerando k*yp0 = a abbiamo che Md = a * P


dividendo per P abbiamo Md = a dividendo poi per Md abbiamo 1 = a
P P Md
che rappresenta la funzione di un’iperbole y = 1
x
Rappresentiamo a livello grafico.

La domanda di moneta nominale è un’iperbole, funzione dell’inverso dei prezzi dei beni di consumo
ed è tracciata per un dato livello di moneta reale pari ad a perché per i neoclassici la moneta serve per
effettuare transazioni, perciò l’individuo quando esprime la domanda di moneta nominale, sa che dati i
prezzi, la moneta gli permetterà di acquistare a panieri di consumo. La curva è quindi fissata per un
dato livello di panieri di consumo. Se aumentano i prezzi si domanda più moneta, se i prezzi
diminuiscono si domanda meno moneta perché si vogliono acquistare sempre gli stessi panieri. Ciò
che interessa è quindi il potere d’acquisto della moneta; essa serve infatti per effettuare un certo livello
di acquisti.
28
Essendo a costante, la domanda di moneta reale lungo tutta la curva è costante.

L’offerta di moneta nominale Ms è inelastica, è costante.

Proviamo a ricercare l’equilibrio sul mercato della moneta con un esempio. Supponiamo che il livello
dei prezzi sia pari a 5. In tal caso, essendo a = 2, la domanda di moneta sarebbe pari a 10. Ma essendo
l’offerta di moneta pari a 20, c’è un eccesso di offerta di moneta. Gli individui si trovano pertanto con
più denaro e provano a spenderlo aumentando la domanda di beni. Tuttavia, essendo l’offerta di beni
fissa (perché siamo a livello di piena occupazione) si determina un eccesso di domanda che farà
aumentare i prezzi fino al livello di 10 (livello che mette in equilibrio il mercato dei beni), che riporta
in equilibrio il mercato della moneta.

In condizione di equilibrio l’offerta di moneta = alla domanda di moneta cioè Ms = Md

Se facciamo una POLITICA MONETARIA ESPANSIVA a parità di prezzo, la quantità maggiore di


moneta (M00>M0) viene spesa, aumenta il desiderio di consumo e quindi la domanda di beni di
consumo ma essendo l’offerta al livello di piena produzione, l’offerta di beni non può aumentare
pertanto la maggiore domanda si scarica sul livello di prezzi che aumentano (P 1>P0) e riportano quindi
la domanda in una situazione di equilibrio.

L’aumento dell’offerta di moneta (M ) porta solo all’aumento dei prezzi (P ) e all’aumento dei salari
nominali (W ).

L’aumento della moneta non ha variato le grandezze reali:


- la produzione non è cambiata;

- l’occupazione non è cambiata;

- il salario reale non è cambiato.

La politica monetaria nell’analisi neoclassica ha quindi solo effetti nominali e si scarica interamente
sul livello dei prezzi.

La moneta infatti, per i neoclassici è neutrale cioè non ha effetto sulle variabili reali. Il sistema reale e
il sistema monetario sono infatti dicotomici: il sistema reale trova il suo equilibrio a prescindere dalla
componente monetaria e viceversa.

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10) Lo studente, dopo aver brevemente descritto l’equilibrio macroeconomico neoclassico con
moneta, illustri il significato della dicotomia tra il mercato della moneta e il mercato dei beni

Rappresentiamo graficamente l’equilibrio macroeconomico neoclassico per la PARTE REALE.

Partendo dal mercato del lavoro, al livello dei prezzi P0 il salario reale è pari a w0 e l’equilibrio tra domanda
P0
e offerta di lavoro si ottiene al punto E che corrisponde al livello di piena occupazione. Portando sulla
funzione di produzione, esso corrisponde al livello di piena produzione yp0; si porta poi sulla retta a
45° e trovo il punto dell’offerta aggregata che corrisponde al livello di prezzi pari a P0.

Consideriamo poi P1 > P0, avremo che w0 < w0


P1 P0

Sul mercato del lavoro, quando il salario reale scende si crea un eccesso di domanda di lavoro. Scatta
la concorrenza tra le imprese. Il salario nominale cresce di tanto quanto sono saliti i prezzi e si torna
quindi al punto E.

La produzione è sempre al livello yp0

Il livello di produzione è sempre quello di pieno impiego, non dipende dal livello dei prezzi.

La curva di offerta aggregata è quindi una retta verticale. La modifica del livello dei prezzi non
cambia le grandezze reali.

Rappresentiamo ora la PARTE MONETARIA

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SI RIPRENDE QUANTO DETTO NELLA RISPOSTA 9

La domanda di moneta nominale è un’iperbole, funzione dell’inverso dei prezzi dei beni di consumo
ed è tracciata per un dato livello di moneta reale pari ad a perché per i neoclassici la moneta serve per
effettuare transazioni, perciò l’individuo quando esprime la domanda di moneta nominale, sa che dati i
prezzi, la moneta gli permetterà di acquistare a panieri di consumo. La curva è quindi fissata per un
dato livello di panieri di consumo. Se aumentano i prezzi si domanda più moneta, se i prezzi
diminuiscono si domanda meno moneta perché si vogliono acquistare sempre gli stessi panieri. Ciò
che interessa è quindi il potere d’acquisto della moneta; essa serve infatti per effettuare un certo livello
di acquisti.

Essendo a costante, la domanda di moneta reale lungo tutta la curva è costante.

L’offerta di moneta nominale Ms è inelastica, è costante

Il sistema reale e il sistema monetario sono DICOTOMICI.

A differenza dell’analisi keynesiana in cui i due sistemi vanno risolti contemporaneamente perché la
variabile tasso di interesse influenza l’equilibrio sia sulla parte reale che sulla parte monetaria,
nell’analisi neoclassica le due parti sono completamente separate.

L’equilibrio macroeconomico reale, sul mercato dei beni, si può determinare senza aver bisogno
dell’equilibrio monetario.

L’equilibrio sul mercato della moneta serve solo per determinare il livello dei prezzi.

La moneta, per i neoclassici, è NEUTRALE, cioè non ha effetti sulle variabili reali.

Facciamo l’esempio di una POLITICA MONETARIA ESPANSIVA.

Gli individui si trovano più moneta in tasca e ci fanno la sola cosa che ci sanno fare cioè la vogliono
spendere per consumare di più. La domanda aggregata cresce, ma l’offerta è al livello di piena
occupazione quindi l’eccesso di domanda si scarica interamente sul livello dei prezzi. I prezzi
aumentano fino a P1. Sul mercato del lavoro, aumentando i prezzi, il salario reale diminuisce, si genera
un eccesso di domanda di lavoro che a sua volta genera concorrenza tra le imprese che offrono un
salario nominale più alto. Salendo il salario nominale, sale anche il salario reale e si torna al punto E
in cui l’occupazione non è cambiata e neppure la produzione.

Es. M 50% P 50% M/P = a W 50% W/P= costante

In termini reali non è cambiato niente. Si sono quindi modificate solo le variabili nominali.
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Nella teoria neoclassica quindi le politiche monetarie hanno solo effetto sul livello dei prezzi.

A fronte di un aumento o una diminuzione di offerta nominale di moneta (politica monetaria espansiva
o restrittiva) non c’è nessuna incidenza sul mercato del lavoro in quanto la funzione di produzione (y)
e quindi l’offerta, resta invariata. Non ci sono effetti sulle variabili reali.

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