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Per sapere se un’acqua è adatta ad un determinato impiego bisogna analizzare le sostanze disciolte e sospese in essa.
Distinguiamo in acque per uso industriale e in acque ad uso potabile.
Analizziamo per ora le acque ad uso industriale. Bisogna esaminare i seguenti parametri:
1) Sostanze in sospensione
La sospensione si può avere ad esempio con l’abrasione delle rocce in acqua e le sostanze sospese vengono raccolte per
𝑚𝑚𝑚𝑚𝑚𝑚𝑚𝑚𝑚𝑚 𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠
filtrazione; per la determinazione della quantità di sostanze in sospensione vale 𝑆𝑆 =
𝑣𝑣𝑣𝑣𝑣𝑣𝑣𝑣𝑣𝑣𝑣𝑣 𝑑𝑑𝑑𝑑 𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙𝑙
;
2) Residuo fisso
Si può avere ad esempio quando bolliamo l’acqua e sul fondo della pentola resta la patina bianca di Sali d’acqua.
È costituito dalle sostanze (organiche e inorganiche) che rimangono dopo la completa evaporazione dell’acqua.
Per la determinazione si introduce acqua in una capsula di platino, la si fa evaporare a T1=105°C e poi si secca il residuo
a T2=180°C. Talvolta si può far raggiungere alla capsula la temperatura T3=900°C per eliminare anche le sostanze
organiche. I sali inorganici passano da T1 a T2 perdendo acqua di cristallizzazione.
𝑃𝑃𝑃𝑃𝑃𝑃𝑃𝑃 𝐇𝐇𝟐𝟐 𝐎𝐎 𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐𝑐 = 𝑃𝑃𝑃𝑃𝑃𝑃𝑃𝑃 𝑟𝑟𝑟𝑟𝑟𝑟𝑟𝑟𝑟𝑟𝑟𝑟𝑟𝑟 𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠 𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖𝑖 (105°) − 𝑃𝑃𝑃𝑃𝑃𝑃𝑃𝑃 𝑟𝑟𝑟𝑟𝑟𝑟𝑟𝑟𝑟𝑟𝑟𝑟𝑟𝑟 𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠 𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎 (180°)
Questo perché la solubilità dei gas nei liquidi si annulla alla temperatura di ebollizione.
Solitamente la durezza si misura in gradi francesi e si dice che un’acqua ha 1 grado francese di durezza quando la quantità di sali
di Calcio e Magnesio contenuta in 100 litri di acqua corrisponde stechiometricamente ad 1 g di carbonato di calcio.
Un altro modo di esprimere la durezza è in p.p.m. di Carbonato di Calcio, cioè in grammi di CaCO3 per m3 d’acqua.
• DUREZZA TEMPORANEA o CARBONATICA: è dovuta alla presenza di Ca(HCO3 )2 e Mg(HCO3 )2 cioè di sali carbonati
acidi di calcio e magnesio. Può essere eliminata scaldando l’acqua a 90°-100° C.
In questo modo il carbonato acido si decompone perdendo H e passando a carbonati neutri quali
CaCO3 e MgCO3 che sono insolubili in acqua e quindi precipitano rendendo facile la separazione.
• DUREZZA PERMANENTE o ACARBONATICA: è legata a tutti gli altri sali solubili di Ca e Mg.
A differenza della durezza temporanea, qui i sali non precipitano dopo il riscaldamento.
Nel processo di eliminazione della durezza temporanea avvengono le seguenti reazioni:
1) 2HCO− 2−
3 → CO3 + H2 O + CO2 cioè HCO−
3 si decompone
2) Ca2+ + CO2−
3 → 𝐶𝐶𝐶𝐶𝐶𝐶𝑂𝑂3 ↓ 𝐶𝐶𝐶𝐶𝐶𝐶𝑂𝑂3 precipita
Sperimentalmente la durezza può essere determinata con il metodo di Boutron – Boudet (o della soluzione saponosa) oppure
con il metodo dei complessanti (titolazione classica).
Nota: Le molecole che si trovano all'interno di un liquido polare tendono ad esercitare le forze di attrazione in tutte le direzioni,
mentre quelle che si trovano in superficie le concentrano in un'unica direzione: lo strato delle molecole superficiali si comporta
come una membrana che avvolge la sostanza stessa creando una tensione superficiale.
Vengono introdotti circa 40 cm3 cubici dell'acqua da analizzare in una boccetta richiudibile e viene aggiunta goccia a goccia una
soluzione acquosa alcolica a titolo noto di sapone. I saponi sono sali di sodio e potassio di acidi organici con un elevato numero
di atomi di carbonio che quando si legano agli ioni calcio e magnesio in acqua formano sali insolubili.
Quindi all'aggiunta delle prime gocce di soluzione saponosa si forma un precipitato. Quando tutti gli ioni calcio e magnesio
saranno precipitati, il nuovo sapone aggiunto passa in soluzione modificando la tensione superficiale del liquido e, agitandolo, si
ha la formazione della schiuma. Non si aggiunge più sapone quando la schiuma è alta 5 mm e persiste per almeno 5 minuti.
Sulla buretta si legge direttamente il valore della durezza. Tuttavia, questo metodo non è molto accurato e si preferisce l’altro.
Aggiungendo l’indicatore ad un’acqua contenente sali di Mg la soluzione diventa rossa. Con l’aggiunta alla soluzione del sale
disodico di EDTA si ha la seguente reazione:
H2EDTA2- + MgIn- ⟶MgEDTA2- + HIn2- + H+
L’indicatore è di colore rosso se è legato ai metalli e di colore blu se è libero.
Punto Equivalente: moli agente titolante = moli agente da titolare
L’ambiente è basico.
TRATTAMENTI DELLE ACQUE PER USO INDUSTRIALE
Per rendere le acque adatte ai vari impieghi bisogna trattarle.
SEDIMENTAZIONE
L'obiettivo comune di questo trattamento è l'eliminazione delle sostanze solide in sospensione.
La sedimentazione consiste nella precipitazione spontanea (senza intervento di alcuna forza esterna a parte la forza di gravità)
delle particelle solide sospese. Più grandi sono le particelle più velocemente cadono e la velocità con cui ciò accade è detta
velocità di sedimentazione.
Questa velocità di sedimentazione è definita dalla Legge Di Stokes che descrive in quanto tempo i sali si depositano sul fondo.
Essa però presuppone una serie di approssimazioni come, ad esempio, che le particelle siano di forma sferica, che il liquido sia in
quiete e che si trovi a temperatura costante.
La sedimentazione può avvenire:
1) in vasche con acqua immobile in modo discontinuo (metodo abbandonato);
2) in modo continuo con vasche a flusso orizzontale o verticale;
I decantatori orizzontali sono costituiti da lunghe vasche percorse in senso longitudinale dall'acqua, in modo che il
tempo di attraversamento sia superiore a quello necessario affinché la maggior parte delle particelle sospese possano
cadere sul fondo che è inclinato per favorire la raccolta e l'eliminazione del fango (10 ore);
In un decantatore a flusso ascendente l'acqua da trattare entra verso l’alto, passa sotto un deflettore che ne inverte il
moto e risale poi con una velocità più bassa venendo raccolta nei recipienti laterali (3 ore).
5-
I trattamenti di sedimentazione però funzionano soltanto per le particelle di moderata dimensione; le particelle di dimensioni
minori dette particelle colloidali vengono allontanate attraverso trattamenti di coagulazione.
COAGULAZIONE
Queste particelle spesso hanno cariche dello stesso segno e si respingono impedendo la
formazione di agglomerati più grandi che possano precipitare. Attraverso la coagulazione
si introducono degli elettroliti in grado di neutralizzare la carica delle particelle e dare
origine a specie insolubili che possono precipitare portando, come un effetto a catena,
anche le restanti particelle a precipitazione. Un esempio di coagulante è il
Solfato Idrato di Alluminio Al(SO4)3
Il solfato idrato di alluminio, aggiunto ad acque con discreto tenore di durezza, dà origine alla seguente reazione, con produzione
di Al(OH)3, fioccoso e insolubile:
I filtri agiscono secondo due meccanismi: le particelle sospese più grossolane vengono trattenute perché di dimensioni superiori
ai pori del filtro mentre quelle più fini (particelle colloidali) vengono assorbite dallo strato gelatinoso che si forma sulla superficie
dei grani filtro.
I materiali filtranti più utilizzati sono la sabbia silicea o i granuli di carbone. I filtri possono essere aperti o chiusi:
• FILTRO APERTO (lento o veloce); la forza è esercitata dalla colonna d'acqua (gravità);
• FILTRO CHIUSO; la forza è fornita da aria compressa (pressione);
Con i filtri lenti non è necessario effettuare operazioni di sedimentazione o coagulazione prima, mentre con i filtri rapidi queste
operazioni sono indispensabili.
DEGASAZIONE
Bisogna distinguere il caso nel quale si debbano eliminare dall'acqua dei gas accidentalmente disciolti in essa da quello in cui il
principale gas da eliminare è proprio l'ossigeno (che è uno dei costituenti dell'acqua).
Si possono utilizzare degasatori meccanici, termici o chimici.
DOLCIFICAZIONE
DEMINERALIZZAZIONE (DEIONIZZAZIONE)
È una ulteriore eliminazione di sostanze disciolte (sostanze inorganiche in forma ionica) mediante resine scambiatrici
cationiche o anioniche.
ACQUE PER USO POTABILE
I saggi chimici sulle acque potabili sono un'analisi fondamentale per verificare se l'acqua è sicura da bere.
Nel caso in cui si riscontri una sola positività, l'acqua non è considerata potabile. Durante i test, vengono analizzate le seguenti
componenti:
• I nitrati (NO3-), che devono avere una concentrazione di N2O5 inferiore a 0,012 g/l;
• Le sostanze organiche disciolte, (devono avere una concentrazione di O2 usato per ossidazione inferiore a 0,0025 g/l).
L'NH3, che può essere presente come sali di ammonio, non è tossico di per sé, ma indica la presenza di sostanze organiche in
decomposizione, come proteine di origine animale, che possono portare a germi patogeni. I nitriti e i nitrati possono essere
presenti a causa della decomposizione delle sostanze organiche. Inoltre, l'azione ossidante energica e prolungata può anche
distruggere eventuali germi patogeni.
Infine, l'assenza di sostanze organiche disciolte indica l'assenza di germi, ma in realtà nessuna acqua è completamente priva di
queste sostanze, che si determinano per via indiretta attraverso l'ossidazione in H2O e CO2 mediante ossigeno.
∙ Si tratta il campione di acqua con una soluzione di difenilammina (C6H5)2NH, in H2SO4 concentrato.
Presenza di ioni NO3- ⟹ colorazione azzurra intensa (compositi di ossidazione della difenilammina)
- Metodo diretto: Determinazione mediante spettrofotometria UV-visibile a a λ=220 nm.
- Si raffredda a 70-80°C e si aggiunge uno stesso v di soluzione N/50 o N/100 riducente di acido ossalico (H2C2O4)
- Si titola l’eccesso di H2C2O4 con altro MnSO4 fino a colorazione rosa persistente
* Soluzione 1N ossidante = 1 L di soluzione cede 1 g equivalente (8 g) di ossigeno; Soluzione 1N riducente = 1 L di soluzione consuma 1 g
equivalente (8 g) di ossigeno.
Per l’utilizzo delle acque potabili si possono eseguire una serie di TRATTAMENTI.
TRATTAMENTO DI CORREZIONE E DEPURAZIONE: è un processo essenziale per garantire che l'acqua sia sicura da bere. Le acque
sotterranee profonde sono le più adatte per l'uso potabile poiché sono già state filtrate attraverso spessi strati di terreno. Tuttavia, le altre
fonti di acqua raramente soddisfano i requisiti di potabilità e devono essere sottoposte a vari trattamenti di correzione e depurazione.
1. Sedimentazione: questo processo consente di rimuovere le particelle solide in sospensione presenti nell'acqua.
3. Filtrazione: questo processo consente di rimuovere le particelle solide e le sostanze in sospensione presenti nell'acqua.
5. Parziale addolcimento (per acque molto dure): questo processo consente di rimuovere i minerali presenti nell'acqua.
I primi 3 trattamenti sono analoghi a quelli visti per le acque ad uso industriale.
Per quanto riguarda i metodi di sterilizzazione, ci sono due tipi: i metodi fisici e i metodi chimici.
I metodi fisici, come la distillazione e l'ebollizione, sono efficaci ma costosi e non vengono utilizzati per grandi quantità di acqua.
- Distillazione: si ottiene acqua poco gradevole al palato che occorre poi aerare e addizionare con bicarbonato;
- Ebollizione: richiede l’uso di autoclavi a 120-130°C
I metodi chimici, invece, vengono utilizzati per grandi quantità di acqua mediante l'aggiunta di sostanze ossidanti o velenose (raramente
utilizzate perché tossiche) per i batteri. La sostanza più utilizzata è il cloro, che è economico e di facile impiego.
Ma l'uso eccessivo del cloro può causare un cattivo odore e sapore, specie se presenti tracce di fenoli. Inconvenienti dell'uso del cloro
possono essere eliminati per filtrazione su carboni attivi o per l'aggiunta di reattivi.
Alternativamente si può utilizzare il diossido di cloro, ottenuto per aggiunta di clorito di sodio, o l'ozono, ottenuto come aria ozonizzata:
• O3 ⇄ O2 + O
Il trattamento avviene in torri: dall’alto si polverizza finemente l’acqua da trattare, dal basso si insuffla aria ozonizzata; l’eccesso di
O3 esce inalterato dall’alto della torre; in soluzione resta solo ossigeno (acqua con migliori qualità). È 5 volte più costoso del cloro.
• Trattamenti che usano sostanze velenose per i batteri: uso di metalli pesanti, ad es. l’argento, introdotto come AgF;
ACQUE DI SCARICO
Le acque di scarico possono essere suddivise in due categorie principali: quelle derivanti da impieghi civili, come le fogne, e
quelle derivanti da scarichi industriali. Tuttavia, le differenze tra queste due categorie non sono sempre ben definite, poiché le
stesse condutture possono essere utilizzate per entrambe e l'uso di detersivi sintetici nell'uso domestico può rendere le acque
simili a quelle derivanti da industrie alimentari o cartiere.
Il trattamento delle acque di rifiuto industriali è necessario per poterle immettere in fognatura o in un corso d'acqua. L'ideale
sarebbe riportare le acque alle condizioni antecedenti all'uso industriale, tuttavia, questo non è sempre possibile sia dal punto di
vista economico che tecnico. Di conseguenza, si cerca di ridurre al massimo la concentrazione di sostanze dannose e inquinanti.
Per trattare le acque di scarico industriali, non esistono schemi generali poiché gli inquinanti possono variare notevolmente.
Per l'alta diluizione delle sostanze inquinanti, alcune reazioni possono risultare troppo lente; pertanto, si utilizzano resine
scambiatrici di ioni per assorbire gli inquinanti e separarli in soluzioni più concentrate.
In generale, la purificazione meccanica mediante l'uso di griglie e decantatori e gli impianti di purificazione biologica possono
essere sufficienti per trattare le acque di rifiuto da impieghi civili. Tuttavia, per le acque di scarico industriali, è necessario un
trattamento specifico in base alla tipologia e concentrazione degli inquinanti presenti.
ESEMPIO:
Per acque troppo acide o alcaline ⟹ neutralizzazione con sospensioni basiche (calce, soda, pezzi di calcare) o acide (HCl, H2SO4)
Per acque contenenti ioni di metalli pesanti ⟹ precipitazione come idrossidi poco solubili mediante Ca(OH)2.
Es.: scarichi dell’industria di cromatura contenenti CrO4- e Cr2O72- (cromo esavalente): 1) riduzione con sali di ferro (II) o con SO2
a cromo trivalente; 2) precipitazione di Cr(OH)3
Per acque contenenti cianuri ⟹ ossidazione con cloro o ipoclorito.
• Uno è la domanda di ossigeno biochimica (BOD), che indica la quantità di ossigeno espressa in mg necessaria ad
ossidare, con l'aiuto di batteri aerobi presenti, le sostanze biodegradabili presenti in un litro di acqua. La procedura
prevede di utilizzare un volume noto di acqua inquinata e un volume noto di acqua pura contenente una quantità nota
di ossigeno disciolto. Dopo 5 giorni a 20°C al buio, si determina l'ossigeno residuo e si calcola quello consumato.
• L’altro è la domanda di ossigeno chimica (COD), che indica la quantità di ossigeno espressa in mg necessaria ad
ossidare, in condizioni ben definite, le sostanze riducenti presenti in un litro di acqua. La procedura prevede di portare a
ebollizione per 2 ore un volume noto di acqua insieme ad H2SO4 e un volume noto di soluzione titolata di dicromato di
potassio (ossidante). In seguito, si determina il volume di soluzione ossidante e quindi di ossigeno consumato.
I COMBUSTIBILI (1)
I combustibili sono le sostanze che, combinandosi con un comburente, sviluppano una grande quantità di calore.
È importante notare che le reazioni di combustione sono reazioni di ossidazione perché il comburente è O2.
• Il combustibile è la specie ossidabile (es. CH4); il comburente quella ossidante (es. O2)
• assenza di prodotti di combustione nocivi Lo zolfo brucia con facilità sviluppando molto calore, ma dà
origine ad anidride solforosa (SO2) e anidride solforica (SO3).
I combustibili per uso industriale sono caratterizzati da diverse proprietà, tra cui:
il potere calorifico, la quantità di aria necessaria alla combustione, il volume e la composizione dei fumi,
la temperatura teorica di combustione e i limiti di infiammabilità.
IL POTERE CALORIFICO
Il POTERE CALORIFICO di un combustibile è la quantità di calore sviluppata nel corso di una combustione completa
dell’unità di massa (per solidi e liquidi) o dell’unità di volume in condizioni normali (per i gas).
Si misura in kcal/kg (per solidi e liquidi) o in kcal/Nm3 (per i gas)*
* Kcal = quantità di calore necessaria per riscaldare da 14,5°C a 15,5°C 1 kg di acqua; Nm3 = massa di gas che in
condizioni normali (STP = 0°C, 1 atm) ha V = 1 m3.
Esempi di combustione completa sono trasformazione completa di: C⟶CO2, H ⟶ H2O , S ⟶ SO2 , N ⟶ N2.
H2O al termine della combustione può trovarsi allo stato liquido o gassoso.
Possiamo distinguere il potere calorifico in inferiore (PCI o Qi) e superiore (PCS o Qs) in base allo stato dell’acqua.
• Il Potere Calorifico Inferiore (Qi) è l'energia liberata quando una sostanza combustibile viene bruciata in una
quantità sufficiente d'aria per ottenere una combustione completa, escludendo l'energia necessaria per
vaporizzare l'acqua presente nella sostanza combustibile.
• Il Potere Calorifico Superiore (Qs) è l'energia totale liberata quando una sostanza combustibile viene
bruciata, compreso l'energia necessaria per trasformare l'acqua presente nella sostanza combustibile da uno
stato liquido a uno stato gassoso, ossia l'entalpia di vaporizzazione.
In sintesi, il Qi tiene conto solo dell'energia liberata dalla combustione, escludendo l'energia necessaria per
vaporizzare l'acqua prodotta durante la combustione. Il Qs tiene conto dell'energia liberata dalla combustione e
dell'energia necessaria per vaporizzare l'acqua prodotta durante la combustione.
Infatti durante la combustione, gli idrocarburi presenti nel combustibile reagiscono con l'ossigeno nell'aria e
producono acqua. La temperatura della fiamma di combustione è generalmente inferiore alla temperatura di
ebollizione dell’acqua; quindi, il vapore acqueo prodotto si condensa immediatamente in gocce d'acqua liquida.
Ricorda che la combustione è supposta adiabatica e a P=cost e condotta alla temperatura standard iniziale di 25°C.
Poi se ho Qi avrò Tfinale=25°C, se ho Qs avrò Tfinale>100°C (pto. Ebollizione acqua).
- In un caso in cui la combustione di una sostanza combustibile non produce acqua sia in forma liquida che gassosa, il
Potere Calorifico Superiore (PCS) e il Potere Calorifico Inferiore (PCI) sarebbero uguali.
Qs = Qi + n • 600
Qi determinato teoricamente o sperimentalmente; n= kg di H2O del combustibile; 600[kcal/kg] = 2500 [kJ/kg];
Poiché il potere calorifico è definito come la differenza tra l’entalpia dei reagenti e quella dei prodotti in una
reazione a temperatura e pressione costante, esso dipende anche - seppur lievemente - dalla temperatura del
combustibile e dell’aria e dallo stato di aggregazione del combustibile.
La condensazione del vapore d'acqua nei fumi può causare la formazione di acido solforico, corrosivo per l’acciaio;
quindi, in molte caldaie industriali il vapore d'acqua non viene condensato. Di conseguenza, quando non specificato,
si fa riferimento al potere calorifico inferiore.
ESEMPI DI CALCOLO Qi e Qs
1) Il potere calorifico superiore Qs del metano (CH4, gas) è 9500 kcal/Nm3. Quanto vale Qi? Qs = Qi + n · 600
Si consideri la reazione di combustione completa del metano: CH4 + 2 O2 ➝ CO2 + 2 H2O
1 kmol di CH4 dà 2 kmol di H2O (PMH2O = 18 kg/kmol ⇒ massa di 2 kmol di H2O = 36 kg) 1 kmol di CH4 a STP
occupa un volume di 22,4 m3.
Quindi la massa n di H2O prodotta dalla combustione di 1 m3 di CH4 può essere ottenuta dalla proporzione
22,4 : 36 = 1 : n da cui n = 36/22,4 = 1.61 kg
Qi = Qs - n · 600 = 9500 – 1.61 · 600 = 8534 kcal/Nm3
2) Il potere calorifico superiore Qs del benzene (C6H6, liq) è 9980 kcal/kg. Quanto vale Qi? Qs = Qi + n · 600
Si consideri la reazione di combustione completa del benzene: C6H6 + 15/2 O2 ➝ 6 CO2 + 3 H2O
1 kmol di C6H6 (PMC6H6 =78 kg/kmol) dà 3 kmol di H2O (PMH2O = 18 kg/kmol ⇒ massa di 3 kmol di H2O = 54 kg)
Quindi la massa n di H2O prodotta dalla combustione di 1 kg di C6H6 può essere ottenuta dalla proporzione 78 :
54 = 1 : n da cui n = 54/78 = 0.69 kg
Qi = Qs - n · 600 = 9500 – 0.69 · 600 = 9566 kcal/kg
3) Se i combustibili non sono anidri?
Esempio: alcol etilico commerciale (95% in peso di C2H5OH e il resto acqua). Il Qs dell’alcol anidro è 7120 kcal/kg.
Quanto valgono Qs e Qi per l’alcol commerciale?
Per l’alcol commerciale il potere calorifico superiore Qs(EtOH95) è pari al 95% di quello dell’alcol anidro:
Qs(EtOH95) = 0.95 · 7120 = 6764 kcal/kg
Per calcolare Qi(EtOH95) si consideri la reazione di combustione completa dell’alcol: C2H5OH + 3 O2 ➝ 2 CO2 + 3 H2O
1 kmol di C2H5OH (PMEtOH = 46 kg/kmol) dà 3 kmol di H2O (PMH2O = 18 kg/kmol) ⇒ 46 kg di EtOH anidro
danno 3 · 18 = 54 kg di H2O ⇒ 46 kg di EtOH commerciale danno 54 ·0.95 = 51.3 kg di H2O
Quindi la massa n di H2O prodotta dalla combustione di 1 kg di EtOH commerciale può essere ottenuta dalla
proporzione 46 : 51.3 = 1 : n da cui n = 51.3/46 = 1.11 kg
Qi = Qs - n · 600 = 6764 – (0.05 + 1.11) · 600 = 6068 kcal/kg
4) Se di un combustibile sono noti il contenuto di umidità e l’analisi elementare, la relazione tra Qs e Qi si può
scrivere con la formula seguente:
Dove U = % di H2O e H = % di H2 (escluso quello contenuto nell’H2O; il valore di H, moltiplicato per 9 che è il
rapporto tra il PM di H2O e H2, dà i kg di H2O ottenuti dalla combustione di 100kg di combustibile).
Esempio: Carbon fossile al 4% di umidità contenente il 3% di H2; Qs del secco è 7900 kcal/kg. Quanto vale Qi
dell’umido? Qs dell’umido = 0.96 * 7900 = 7584 kcal/kg Qi = 7584 – (9 * 0.03 + 0,04) * 600 = 7398 kcal/kg
DETERMINAZIONE SPERIMENTALE DEL POTERE CALORIFICO
I poteri calorifici dei combustibili vengono misurati nei calorimetri.
Principio del metodo: si fa bruciare una quantità definita di combustibile e il calore sviluppato viene determinato per via
calorimetrica attraverso l’aumento di temperatura subito da una quantità di H2O nota a cui tale calore viene ceduto.
• Per i combustibili liquidi e solidi in genere è più conveniente bruciare il combustibile con ossigeno in una
“bomba calorimetrica” (recipiente) in pressione, in un processo a volume costante.
• Esempio: la «bomba» calorimetrica di Mahler
• Per i combustibili gassosi è in genere più conveniente e accurato utilizzare dei calorimetri a flusso continuo a
pressione atmosferica.
• Esempio: il calorimetro di Junkers
1) La «bomba» calorimetrica di Mahler
Il Calorimetro di Mahler è un apparecchio utilizzato per misurare il potere calorifico
di un combustibile.
Consiste in un recipiente cilindrico in acciaio ermetico, con una capacità di circa 500
mL, dotato di 2 valvole a spillo per l'ingresso di ossigeno e la fuoriuscita dei gas di
combustione. La combustione viene innescata mediante un filamento elettrico e
all'interno della bomba c'è una piccola quantità di acqua per consentire la
condensazione dell'acqua prodotta dalla combustione.
Per ottenere il potere calorifico superiore a volume costante, si misura l'incremento
di temperatura della bomba e il contenuto di acqua presente al termine della
combustione.
Tuttavia, durante la combustione possono verificarsi alcune correzioni da tenere in considerazione, come la
combustione della spiralina (filamento) in ferro utilizzata per innescare la reazione, la formazione di acido solforico dallo
zolfo presente nel combustibile, e la possibile ossidazione dell'azoto in acido nitrico.
Per calcolare il valore del potere calorifico inferiore (Qi), è necessario misurare la quantità di acqua formatasi nella
bomba, riportarla a quella prodotta nella reazione di 1 kg di combustibile originale e utilizzare la formula Qi = Qs - n 600.
2) Il calorimetro di Junkers
Il Calorimetro di Junkers è un apparecchio utilizzato per misurare il potere calorifico di un
combustibile. Funziona a flusso continuo a pressione atmosferica. Il combustibile entrante viene
saturato con vapore d'acqua e miscelato con una quantità sufficiente di ossidante anch'esso
saturato con vapore, per ottenere una combustione completa alla temperatura di riferimento.
La miscela viene bruciata nella camera di combustione e i fumi vengono poi raffreddati
facendoli passare in uno scambiatore in cui circola acqua per riportarli alla temperatura di
ingresso. Il calore trasferito all'acqua di raffreddamento viene calcolato come prodotto della sua
portata per il suo incremento di temperatura misurato. Il potere calorifico determinato in
questo test è il potere calorifico superiore a pressione costante.
ARIA TEORICA DI COMBUSTIONE
È la quantità d’aria stechiometricamente necessaria all’ossidazione (combustione) totale di un combustibile.
Si calcola a partire dalla composizione (percentuali in volume dei vari composti), se nota, o dall’analisi elementare del
combustibile (percentuali in peso degli elementi costituenti) per i sistemi più complessi (combustibili solidi e liquidi).
Composizione aria (approssimata): 78% azoto Rapporto O2 : altri gas ⟶ 1 : 3.8
21% ossigeno Azoto = inerte
Solo O2 PARTECIPA alla reazione
1% gas inerti (argon 0.9)
Per avere 2 m3 O2 servono 9.6 m3 di aria (2 + 2 x 3.8) ⟹ Aria teorica di combustione: 9.6 m3
Composizione dei fumi:
3
In totale 2.88 + 0.24 + 0.72 = 3.84 Nm di aria
Esempio 5: combustibile solido (LITANTRACE)
CRITERIO GENERALE:
Aria teorica di combustione At :
At = 0.0890 · C + 0.265 · H + 0.0333 · S – 0.0334 · O
Volume dei fumi teorici Vt :
Vt = At + 0.0555 · H + 0.007 · O + 0.008 · N
Dove: - C, H, O, S, N = % degli elementi nel combustibile;
- i coefficienti sono funzione del rapporto N2/O2 nell’aria e dei pesi atomici degli elementi.
In pratica è necessario sempre un notevole eccesso di aria rispetto al teorico! Ad es. per: limitare la T di combustione,
per non danneggiare gli organi delle macchine o per ridurre la formazione di ossidi di azoto.
Esempio 6: Applicazione del criterio all’esempio 5
Se la combustione di 1 kg di litantrace è effettuata con eccesso di aria del 40%:
Volume totale di aria teorica: 8.11 + 0.4 · 8.11 = 11.35 Nm3
Composizione dei fumi: V(CO2) = 1.49 m3 , V(H2 O) = 0.5 m3 ,
!NOTA BENE! Il volume di CO2 prodotto da una data quantità di combustibile (a T e P definite) in caso di combustione
completa è lo stesso in assenza o in presenza di aria in eccesso.
All’aumentare dell’eccesso d’aria, la percentuale di CO2 nei fumi diminuisce!
dove:
Qi = calore disponibile (coincide col potere calorifico se ci riferisce all’unità di massa o di volume del combustibile);
Cp • 𝑽𝑽 = capacità termica a V costante dei vari costituenti dei fumi moltiplicata per il rispettivo volume;
T = temperatura teorica di combustione; T0 = temperatura ambiente
Cp varia con la temperatura! Si potrebbe sostituire ad esso il suo valore medio nell’intervallo (T-T0), ma bisognerebbe
conoscere T, che è proprio ciò che intendiamo determinare.
Quindi, alternativamente, si può procedere con un METODO GRAFICO.
Prima di procedere ricordiamo la definizione di CALORE SENSIBILE:
Il CALORE SENSIBILE di un gas a una data temperatura è la quantità di calore, in kcal (o kJ) , necessaria per portare
1 Nm3 di tale gas da 0°C alla temperatura T scelta.
Può essere determinato a P = costante o a V = costante.
Per le combustioni industriali (normalmente condotte a P atmosferica) si fa uso dei calori sensibili a P = cost.
Esso aumenta con l’aumentare del numero dei legami della molecola.
METODO GRAFICO PER LA DETERMINAZIONE DELLA T TEORICA DI COMBUSTIONE:
Si utilizza il grafico ottenuto riportando sulle ordinate, per ogni T, la quantità di calore
necessaria per riscaldare fino a quella T i fumi ottenuti dalla combustione di 1 kg
(se solido o liquido) o 1 Nm3 (se gas) di combustibile.
Per costruire la curva ci si serve dei calori sensibili dei gas costituenti i fumi.
Procedura:
• si determina la composizione dei fumi;
• si calcola il calore necessario per portare i vari fumi alle varie T;
Il calcolo si riferisce ad una combustione
• si traccia una curva T/Q; effettuata con aria teorica!
• si individua Qi (il calore teoricamente disponibile);
• si trova la corrispondente T.
Esempio:
Composizione del combustibile: CO = 30 % vol CO2 = 5 % vol N2 = 65 % vol
Qi=Qs= 910 kcal/ Nm3
NOTA! Se Qs≠Qi si prende SEMPRE Qi.
PERDITA AL CAMINO λ :
È la frazione di calore che va perduta quando i fumi vengono dispersi nell’atmosfera a una temperatura
superiore a quella ambiente.
Viene calcolata come rapporto tra la sommatoria dei volumi di ciascun componente presente nei fumi
moltiplicato per il suo calore sensibile alla T di uscita e il potere calorifico inferiore del combustibile.
A parità di T dei fumi, la perdita al camino aumenta con l’eccesso di aria usato nella combustione.
Esempio:
Si calcoli la perdita al camino per la combustione di un litantrace (Qi = 7600 Kcal/Kg) avvenuta con il 40% di aria
in eccesso. Si assumano le condizioni seguenti: T dell’ambiente = 0°C; T fumi = 300°C;
3 3 3 3
Composizione dei fumi: CO2 = 1.5 Nm , H2O = 0.5 Nm , N2 = 6.43 Nm , aria eccesso = 3,24 Nm .
CO2 H2O N2 aria
𝑄𝑄𝐷𝐷𝐼𝐼𝐼𝐼𝐼𝐼𝐼𝐼𝐼𝐼𝐼𝐼𝐼𝐼
⋅ 100
→ Qi 𝑄𝑄𝑃𝑃𝑅𝑅𝑅𝑅𝑅𝑅𝑅𝑅𝑅𝑅𝑅𝑅𝑅𝑅
TEMPERATURA DI IGNIZIONE:
È la T minima per la combustione della miscela combustibile-comburente.
Come per tutte le reazioni chimiche, anche per quelle di combustione è necessaria una certa
energia di attivazione, in modo che la miscela combustibile-comburente raggiunga una temperatura minima,
chiamata di TEMPERATURA DI ACCENSIONE, a cui le reazioni di combustione hanno inizio.
Il valore della temperatura di ignizione dipende da: natura del combustibile, tipo di comburente,
pressione, superficie di contatto (finezza di macinazione o polverizzazione) , modalità di riscaldamento.
LIMTI DI INFIAMMABILITÀ:
Affinché una combustione si realizzi è necessario che il rapporto composizionale tra combustibile e
comburente sia all’interno dei limiti di infiammabilità per la data miscela.
Il limite di infiammabilità per una miscela combustibile-comburente è la concentrazione minima di
combustibile (ad esempio metano, propano, ecc.) e massima di comburente (di solito aria) in cui la miscela è
infiammabile e può bruciare. Il limite inferiore di infiammabilità (LII) è la concentrazione più bassa di
combustibile nella miscela che può essere accesa, mentre il limite superiore di infiammabilità (LSI) è la
concentrazione più alta di combustibile che può bruciare senza essere spenta dall'aria circostante.
Il LII e LSI sono determinati sperimentalmente utilizzando una camera di combustione o una cella di
combustione. In generale, una miscela con una concentrazione di combustibile inferiore al LII non si
accenderà, mentre una miscela con una concentrazione di combustibile superiore all'LSI si spegnerà.
Per i limiti di infiammabilità di miscele combustibili vale la legge empirica di Le Chatelier,
Dove: Qi è il potere calorifico inferiore, Qv è il calore di vaporizzazione del combustibile liquido e Vc e Va sono i
volumi di combustibile e aria teorica.