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Gli anni ’60 e i primi anni ’70 rappresentarono per i paesi occidentali
un periodo di benessere e cambiamenti politici. In Italia, Germania e
Gran Bretagna entrarono al governo i socialisti (da soli o in
coalizione con altri partiti), mentre in Francia i gruppi gaullisti
rimasero alla guida del governo. Nella Germania federale
governarono i cristano-democratici fino al 1966, poiché dovendo
affrontare una congiura economica e non trovando accordi con i
liberali, formarono una grande coalizione insieme ai
socialdemocratici. La nuova coalizione dovete affrontare sia la
destra neonazista, sia la rivolta giovanile del ’68. Risolta la situazione i
socialdemocratici ruppero la coalizione e si allearono con i liberali.
Il socialdemocratico Brandt adottò una politica estera nuova, di
conciliazione con l’Est e propose la riunificazione delle due Germanie
attraverso il superamento dei blocchi. Questa politica orientale,
definita Ostpolitik, venne messa in pratica con la stesura di rapporti
diplomatici coi paesi comunisti, che riconoscevano i confini stabiliti
dopo la seconda guerra mondiale e stabilivano dei contatti con i
tedeschi dell’Est.
In Gran Bretagna Wilson dovete affrontare la questione irlandese.
Nell’Ulster, cioè l’Irlanda del nord, la minoranza cattolica diede vita a
violenti agitazioni per la rivendicazione dell'unità irlandese. Le
difficoltà economiche e politiche ridussero l’avversione della classe
dirigente e dell’opinione pubblica. Nel ’67 la Gran Bretagna, l'Irlanda e
la Danimarca entrarono nella Cee, ma nonostante ciò le condizioni
economiche del paese non migliorarono.