Sei sulla pagina 1di 17

Il bipolarismo USA – URSS (1945- 1989)

Fin dall'immediato dopoguerra USA e URSS intrapresero una lotta serrata per l'egemonia, che
poneva a confronto sia i loro interessi di potenza sia due modelli di società contrapposti
(capitalismo e socialismo). Il mondo intero fu chiamato a schierarsi con il blocco americano o con
quello sovietico e il confronto fra queste due superpotenze caratterizzò tutta la storia del secondo
dopoguerra, dal 1945 al 1989, attraverso fasi alterne di confronto e distensione, fino alla sua
dissoluzione finale per lo sfaldamento del blocco sovietico.
Le varie fasi si possono così riassumere schematicamente:

1) fase della guerra fredda propriamente detta (anni '45-'50)


Convenzionalmente si fa giungere al 1953, data della morte di Stalin. In questa fase la tensione fra i
due blocchi fu tanto acuta da non lasciare spazio al dialogo. Si ha la spartizione del mondo in rigide
sfere di influenza attraverso il Piano Marshall ('47) che determinò un avvicinamento dei paesi
europei agli Stati Uniti. Attraverso il Patto Atlantico (NATO, Aprile '49) e il Patto di Varsavia ('55)
si ha la rigida divisione in blocchi militari. Tale fase fu caratterizzata da un clima di scontro frontale
sfiorando il rischio di un confronto militare diretto:

 '48 blocco di Berlino: l''URSS chiude gli accessi alla città impedendone i rifornimenti, nella
speranza di indurre gli occidentali ad abbandonare la zona ovest della città da loro occupata. Nel
'49 si costituiscono le due Germanie: furono unificate le tre zone occidentali della Germania e
proclamata la Repubblica federale tedesca, con capitale Bonn; i sovietici crearono nella parte
orientale la Repubblica democratica tedesca, che aveva la su capitale a Pankow, (sobborgo di
Berlino) e che era retta da un regime comunista.

 guerra in Corea ('50-'53), nel corso della quale si confrontarono i due blocchi
La Corea era divisa in due zone delimitate dal 38º parallelo; quella del Nord era governata da
un regime comunista (guidato da Kim il Sung) quella del Sud da un governo nazionalista
appoggiato dagli americani. Nel giugno 1950 le forze nord-coreane, armate dai sovietici,
invasero il Sud. Gli Stati uniti reagirono inviando in Corea un grosso contingente di truppe. Gli
americani respinsero i nord-coreani e oltrepassarono il limite del 38º parallelo. A questo punto la
Cina di Mao intervenne in difesa dei comunisti, con un massiccio invio di uomini che in poche
settimane capovolsero le sorti del conflitto penetrando nella Corea del Sud. Nell'aprile del '51
Truman accettò di aprire trattative con la Corea del Nord. I negoziati -e con essi la guerra-si
trascinarono per altri due anni, per concludersi nel 1953 con il ritorno alla situazione precedente
il conflitto (col confine al 38º parallelo).

Nei primi anni '50 negli Stati Uniti si scatenò una campagna anticomunista il cui protagonista fu il
senatore McCarthy (da cui l'espressione “maccartismo”, con cui fu designato questo fenomeno).
Fu adottata una “legge per la sicurezza interna” che servì a epurare ed emarginare quanti, nella
pubblica amministrazione o nel mondo della cultura e dello spettacolo, fossero sospettati di
filocomunismo o di simpatie di sinistra. Gli eccessi del maccartismo si protrassero fino al 1955.

Con la fine ('52) della presidenza Truman (dottrina del “contenimento del comunismo”) e la morte
di Stalin, la guerra fredda aveva perso i suoi maggiori protagonisti e si apriva a una nuova fase.

2) fase della distensione (anni '60-'70)


Si svolge all'insegna della “coesistenza pacifica” fra i due blocchi.
USA e URSS affermano la loro egemonia sulle proprie sfere di influenza e cercano di estenderla al
mondo intero dove, nel contempo, si dispiegava il fenomeno della decolonizzazione, che
conduceva all'indipendenza le colonie dai paesi europei. Negli Stati Uniti il presidente Eisenhower
(generale) pur conducendo una politica conservatrice e anticomunista (“rollback”, ricacciare
indietro la pressione comunista) mostra una certa disponibilità alle trattative coi sovietici,
incontrando in Kruscëv un leader disponibile alla politica della distensione. Questa fase ha i suoi
massimi protagonisti nel presidente Kennedy (eletto nel '60) e in Kruscëv, che si farà promotore
della cosiddetta “destalinizzazione” 1. (Le conseguenze della destalinizzazione si fecero sentire
soprattutto nell'Europa dell'Est, in particolare in Ungheria2).
Kennedy fu assassinato a Dallas, in Texas, nel 1963. Venne eletto presidente Johnson, che legò il
suo nome alla guerra in Vietnam (anche se fu Kennedy, poco prima di essere assassinato, ad avviare
l'intervento americano in Vietnam).
Breznev e Johson, intrapresero una politica di collaborazione e di dialogo simboleggiata
dall'istituzione del cosiddetto telefono rosso, una linea di comunicazione permanente fra la Casa
Bianca e il Cremlino, per dialogare in tempo reale in caso di grave crisi internazionale. La politica
della distensione non impedì il manifestarsi di lunghi e cruenti conflitti in aree periferiche, anche se
strategicamente importanti, del pianeta. E non mancarono i momenti di tensione:

 '61 i sovietici costruiscono il muro di Berlino


 '62 crisi dei missili di Cuba
Kennedy appoggia gruppi di esuli anticastristi3 che sbarcano nell'isola di Cuba, in un luogo
chiamato baia dei Porci. La spedizione armata fu un fallimento. L'Unione sovietica installa
sull'isola alcune basi di lancio per i missili nucleari. Gli USA scoprono le basi e Kennedy ordina
il blocco navale attorno a Cuba per impedire alle navi sovietiche di raggiungere l'isola. Il mondo
fu per 6 giorni vicino al conflitto. Alla fine Kruscëv acconsentì a smantellare le basi militari in
cambio dell'impegno americano ad astenersi da azioni militari contro Cuba.

I due conflitti di maggior rilievo internazionale del periodo furono:

 la guerra del Vietnam (1964-75) che si risolse in un grave scacco per gli Stati Uniti e consentì
all'URSS di riaffermare le proprie posizione nel Sud-Est asiatico.
Gli accordi di Ginevra del '544 avevano diviso il Vietnam in Vietnam del Nord (sotto i
comunisti di HoChimin) e Vietnam del Sud (regime semidittatoriale appoggiato dagli

1 Demolizione della figura di Stalin attraverso una sistematica denuncia dei crimini commessi dall'URSS a
partire dagli anni '30. Nel febbraio 1956, in un rapporto al XX congresso del PCUS, Kruscëv pronunciò una durissima
requisitoria contro Stalin, rievocando gli arresti di massa, le deportazioni, le torture e i processi farsa. Il mondo conobbe
il “rapporto Kruscëv”, attraverso la pubblicazione sul New York Times.
2 1956: Insurrezione ungherese. In ottobre si verificarono una serie di proteste che videro un'ampia
partecipazione di operai. A capo del governo fu chiamato il comunista Nagy. Quando il 1 novembre Nagy annunciò
l'uscita dell'Ungheria dal Patto di Varsavia, il segretario del partito comunista Kadar, invocò l'intervento sovietico.
Reparti dell'Armata rossa occuparono Budapest e stroncarono in breve tempo la resistenza popolare. Pochi giorni dopo
Nagy fu fucilato. Mentre Kadar assumeva la guida del paese. L'intervento sovietico provocò grave sdegno e proteste in
tutto l'Occidente e suscitò non poche crisi di coscienza tra i comunisti di tutto il mondo, già colpiti dal trauma del
rapporto Kruscëv.
3 La dittatura di Fulgenzio Batista fu rovesciata nel gennaio 1959, dopo una guerriglia iniziata 3 anni prima, da
un movimento rivoluzionario guidato da Fidel Castro, che diede al nuovo regime un orientamento comunista. Castro
(che era appoggiato da Ernesto Che Gevara) intraprese una riforma agraria che colpì il monopolio statunitense sulla
coltivazione della canna da zucchero, principale risorsa dell'isola. Gli Usa, che non avevano osteggiato la rivoluzione
ed avevano riconosciuto il regime, assunsero a questo punto un atteggiamento ostile. Castro si rivolse allora all'URSS -
che si impegnò ad acquistare lo zucchero cubano a prezzi molto superiori rispetto al mercato internazionale- rompendo
le relazioni diplomatiche con gli Stati Uniti. Per la prima volta, in una paese così vicino agli USA, si affermava un
regime filosovietico. Ernesto Che Gevara non condividendo del tutto la subordinazione all'URSS voluta da Castro,
abbandonò nel 1966 gli impegni di governo e sostenne la necessità di diffondere il processo rivoluzionario in tutta
l'America Latina. Proprio nel tentativo di sostenere i focolai di guerriglia in Bolivia fu catturato sulle Ande e ucciso l'8
ottobre del 1967 dall'esercito regolare.
4 Nel Vietnam i comunisti, sotto la guida di Ho Chi Minh si pongono alla guida del movimento indipendentista
contro il dominio francese. Nel 1945 Ho Chi Minh proclamò la Repubblica democratica del Vietnam. I francesi non
riconobbero il nuovo stato e rioccuparono la parte meridionale del paese. Nel '46 cominciò una lunga guerra tra francesi
e forze della Lega per l'indipendenza (Vietminh) che si concluse nel 1954. Gli accordi di Ginevra sanzionarono il ritiro
dei francesi e la divisione del Vietnam in due stati: uno comunista a Nord, l'altro filo-occidentale a Sud.
americani). I Vietcong, un movimento di guerriglia guidato dai comunisti, sostenuti dal Vietnam
del Nord invadono il Vitnam del Sud. Nel 1965 gli Usa bombardano il Vietnam del Nord. Nel
'68, dopo l'”offensiva del Tet”, gli USA sospendono i bombardamenti. Il successore di Johnson,
Nixon5, avvia i negoziati col Vietnam del Nord ma contemporaneamente allarga le operazioni
belliche al Laos e alla Cambogia, nel tentativo di tagliare i rifornimenti ai Vietcong. Nel 1973
l'Armistizio di Parigi fra americani e nordvietnamiti prevede il graduale ritiro delle truppe
statunitensi. La guerra continua altri due anni nei quali i Vietcong conquistano tutto il Vietnam
del Sud . Il 30 aprile del 1975 termina la guerra con la conquista di Saigon, capitale del Sud.
Pochi giorni prima in Cambogia i Khmer rossi (guerriglieri comunisti) occuparono la capitale
della Cambogia. Tre mesi dopo venne occupato il Laos. Tutta l'Indocina era diventata
comunista. Grave sconfitta americana.

 il secondo conflitto arabo-israelinao ('56, crisi di Suez, consentì all'URSS di mettere piede in
Medio-oriente)

Dopo il 1975 il processo di distensione entrò in crisi: mentre l'occidente pativa la crisi economica
degli anni '70 ed era impegnato in Medio-oriente, l'Unione Sovietica ne approfittò per estendere la
propria influenza in Africa, dove entrarono nella sua orbita paesi di nuova indipendenza come
Angola, Mozambico, Etiopia. L'episodio che, infine, fece precipitare le relazioni fu l'intervento
sovietico in Afghanistan (1979) che impose un governo socialista ed inviò numerose truppe per
contrastare la resistenza dei guerriglieri integralisti musulmani (i mujaheddin). Gli USA iniziarono a
rifornire di armi la resistenza islamica, sostenuti dal Pakistan e dall'Iran. Solo dieci anni dopo
L'URSS avvia il ritiro delle truppe dall'Afghanistan che verrà concluso nel 1989.

3) ripresa di un duro confronto (primi anni '80) detta anche “seconda” guerra fredda
Il presidente Reagan intraprende un vasto programma di riarmo (euromissili, progetto scudo
spaziale) in risposta alla politica di riarmo intrapresa da Breznev.

4) ritorno alla distenzione (secondi anni '80)


Gorbacëv (1985) rilancia il dialogo con l'Occidente (si interfaccia prima con Reagan e poi, dall'88
con Bush), un rilancio dovuto alla necessità di frenare la corsa agli armamenti per poter destinare
maggiore risorse ad altri settori. Con lui si ebbe una vera e propria svolta nella storia del paese. In
politica interna Gorbacëv legò il suo nome a due parole d'ordine: perestroika e glasnost6

A questo punto l'improvviso sfaldamento del blocco socialista nell'Europa orientale (1989) e poi
le spinte indipendentistiche portarono alla fine dell'URSS.
Le prime tre repubbliche a ottenere l'indipendenza furono Estonia, Lituania e Lettonia. Nell'agosto
del '91 tentato colpo si stato. Nel dicembre '91, L'URSS viene sciolta e, ad Alma Alta, capitale del
Kazakistan, i rappresentanti di 11 repubbliche (su 15) diedero vita alla nuova Comunità degli stati
indipendenti (Csi). Gorbacëv si dimette.

5 Nel 1973 Nixon fu coinvolto nello scandalo Watergate, dal nome del palazzo sede del partito democratico
dove i repubblicani (uomini di Nixon) avevano fatto installare dei microfoni per spiare gli avversari in occasione delle
elezioni del 1972. Nixon si dimette; lo sostituisce il vicepresidente Ford.
6 La riforma dell'economia, detta Perestroika (cioè “ristrutturazione”, “riforma”) prevedeva di dare autonomia
alle imprese industriali (che potevano stabilire autonomamente i prezzi dei loro prodotti), l'incentivo a formare delle
cooperative gestite come aziende private e l'autorizzazione all'uso privato delle terre dei cittadini, che lasciano i
kolshoz. Sul terreno delle istituzioni mise in discussione l'identificazione fra stato e partito e approva una riforma
elettorale che istituisce come organo supremo il Congresso generale dei deputati del popolo, per 2/3 eletti liberamente
e per 1/3 designati dal partito. Il Congresso elegge a sua volta il Soviet supremo e il suo presidente, che assume le
funzioni di capo dello stato. Nel maggio 1990 il Congresso elesse a larga maggioranza Gorbacëv presidente dell'URSS.
Inoltre egli avviò un programma di liberalizzazione della vita politico-culturale condotta all'insegna della gladnost
(“trasparenza”, in senso lato libertà di espressione), un processo che consentì lo sviluppo di un dibattito politico-
culturale impensabile fino a pochi anni prima.
LA DISSOLUZIONE DELL'URSS
Nel 1989 il sistema degli stati comunisti costruito alla fine della prima guerra mondiale si avviò
verso un rapido declino.
La riforma economica e la liberalizzazione della vita politico-culturale operate da Gorbacëv,
crearono tensioni non facilmente controllabili e l'emergere di movimenti autonomistici o addirittura
indipendentisti.
Delle 15 repubbliche che componevano l'URSS, le prime a dichiarare l'indipendenza furono le tre
repubbliche Baltiche: Estonia, Lettonia, Lituania (seguite da Moldavia, Armenia, Ucraina, Georgia,
Azerbaigian...).
A questo punto la posizione di Gorbacëv cominciò a indebolirsi e alcuni dei suoi più attivi e
importanti collaboratori chiesero le dimissioni. L'episodio più clamoroso fu il tentativo di colpo di
stato (golpe), proposto da alcuni membri del partito comunista mentre Gorbacëv era in vacanza in
Crimea nell'agosto del 1991. Il tentativo fallì, anche perché ai golpisti mancò l'appoggio della
popolazione e dell'esercito. Il 21 dicembre 1991 ad Alma Alta, capitale del Kazakistan, i
rappresentanti delle 11 repubbliche (non vi presero parte le tre Repubbliche baltiche e la Georgia)
diedero vita alla nuova Comunità degli Stati indipendenti (CSI) e sancirono la morte dell'URSS.
Il 25 dicembre Gorbacëv annunciò in un discorso televisivo le sue dimissioni. Il CSI non riuscì a
darsi un'organizzazione efficiente , né tantomeno a bloccare i ricorrenti contrasti fra le repubbliche o
i violenti conflitti etnici e politici. La stessa Repubblica russa, la più ricca ed estesa,comprendente
etnie e culture diverse, nel dicembre del '94, intervenne militarmente in Cecenia, una repubblica
autonoma situata nella regione del Caucaso, che aveva proclamato la propria indipendenza. Sulla
scena politica si afferma la figura di Boris Elsin, che si fece promotore di una politica di riforme
(es. privatizzazione delle imprese statali) che avrebbero dovuto agevolare il passaggio dal
comunismo al capitalismo. . Nel 1993 all'ostruzionismo del parlamento russo Elsin rispose con un
decreto di scioglimento e facendo ricorso all'esercito. Successivamente decise di invadere la
Cecenia, ma i russi non riuscirono a riprendere il controllo della situazione. Malgrado questi
insuccessi, Elsin vinse le elezioni del 1996. l concessione, fatta subito dopo, di un'ampia autonomia
alla Cecenia non fu sufficiente a eliminare i focolai di guerriglia nella regione e i continui attacchi
alle forze militari russe. Dopo l'uscita di scena di Elsin assume la presidenza provvisoria Putin nel
1999. Da allora si sono susseguiti una serie di attentati gravissimi a Mosca, ufficialmente attribuiti
agli indipendentisti ceceni, e la ripresa delle guerre contro il separatismo della Cecenia. Il presidente
Putin è stato riconfermato nelle elezioni del 2000. Un grave episodio fu quello dell'ottobre 2002: il
23 ottobre terroristi ceceni si impadroniscono del teatro Dubrovka; il 26 ebbe luogo un bliz delle
forze speciali russe che, impiegando un gas mortale, causarono la morte anche di circa 100 ostaggi.

CRISI DELL'EUROPA COMUNISTA E RIUNIFICAZIONE TEDESCA


POLONIA: già all'inizio degli anni '80 si era affermato un sindacato indipendente, chiamato
Solidarnosc (solidarietà) appoggiato ed ispirato dal clero cattolico e guidato dall'operaio Walesa.
Dopo alterne vicende e grazie all'appoggio del papa Giovanni Paolo II nelle elezioni del '90
Solidarnosc portò alla guida dello Stato il suo leader.

UNGHERIA: nell'89 i nuovi dirigenti del partito comunista emarginano Kadar (protagonista delle
repressione ungherese del '56) e indicono nuove elezioni per l'anno successivo. Nel 1990 si ha
l'affermazione di un partito di centro-destra. La decisione più importante presa dai nuovi dirigenti
comunisti fu la rimozione della barriera di filospinato con l'Austria. A partire dall'estate dell'89
decine di migliaia di cittadini della Germania orientale abbandonarono il loro paese per raggiungere
la Repubblica federale tedesca, passando attraverso l'Ungheria e l'Austria

9 Novembre 1989: CADUTA DEL MURO DI BERLINO che separava le due Germanie.
La caduta del muro di Berlino aprì la strada per la riunificazione tedesca che fu formalmente
conclusa il 3 ottobre 1990.

CECOSLOVACCHIA:
1968 Primavera di Praga
Dubcek, segretario del partito comunista cecoslovacco, cerca di introdurre elementi di riforma.
Nell'estate del '68 le truppe del Patto di Varsavia invadono Praga e la cecoslovacchia ponendo fine
alla primavera di Praga. Per protesta, nel gennaio del 1969 il giovane Jan Palach si bruciò in piazza
S. Venceslao.
Negli anni '80-'90 si vede il ritorno sulla scena di Dubcek e gli altri protagonisti della primavera di
Praga. Caduta del gruppo dirigente comunista. Nel '93 si divide pacificamnete: nasce la Repubblica
Ceca (comprendente Boemia e mMoravia)e la Repubblica Slovacca.

ROMANIA: qui il cambiamento di regime, che negli altri paesi si era svolto in modo pacifico, ebbe
sviluppi drammatici per la resistenza opposta dalla dittatura di Ceausescu (che avviò una
repressione sistematica del dissenso e la distruzione dei villaggi abitati dalla minoranza ungherese
residente in Transilvania). Il regime sarà abbattuto nell'89 da un'insurrezione popolare, Ceausescu e
la moglie furono catturati e uccisi

Un graduale processo di liberazione interessò anche la BULGHERIA ('89) e l'ALBANIA ('90)

JUGOSLAVIA: dopo la morte di Tito (1980) si accentuarono le spinte centrifugheall'interno della


federazione Jugoslava. Alle elezioni del '90 le Repubbliche di Slovenia e Croazia davano la
vittoria ai partiti autonomisti, in Serbia prevaleva il neocomunismo nazionalistico di Milosevic,
deciso a riaffermare l'egemonia dei serbi sulla Jugoslavia unita7.

7 1991-1995: guerra civile Jugoslava. Nel 1991 Slovenia e Croazia proclamarono l'indipendenza. Milosevich,
in nome della difesa delle popolazioni serbe che era insediate in questi territori, decise di intervenire in Crozia per
ostacolarne l'indipendenza. Scoppia una sanguinosa guerra civile, caratterizzata da brutali episodi di pulizia etnica e da
stragi civili. Oltre che la Croazia fu coinvolta nel conflitto anche la confinante Bosnia.Erzegovina, la cui capitale,
Sarajevo, fu assediata e bombardata per mesi.il conflitto si concluse solo alla fine nel 1995 con gli accordi di Dayton.
IL CONFLITTO ARABO-ISRAELIANO
Nel dopoguerra la causa sionista trovò un potente alleato negli Stati Uniti, dove la comunità ebraica
era numerosa ed influente, ma fu ostacolata dalle autorità inglesi, preoccupate di inimicarsi i vicini
Stati arabi. Nel 1947 il governo inglese decise il ritiro delle sue truppe dalla Palestina e rimise alle
Nazioni Unite il compito di trovare una soluzione al problema. L'ONU approva un piano di
spartizione in due stati- uno arabo e uno ebraico- che venne subito respinto dagli arabi. Nel
maggio 1948 gli ebrei proclamarono la nascita dello Stato di Israele. La creazione dello stato di
Israele fu sentita da tutti gli arabi come una grande ingiustizia, dal momento che sottraeva territori
di loro appartenenza. Questo determinò uno stato di conflitto permanente, sfociato in ben 4 guerre
tra il 1948 e il 1973.

'48 (maggio '48-gennaio '49) prima guerra arabo-israelina: scatenata dopo la proclamazione
dello Stato di Israele, dagli stati della Lega araba (Egitto, Yemen, Arabia Saudita, Iraq,
Trasgiordania, Siria, Libano), che rifiutano la conciliazione con Israele, ma vengono sconfitti. A
seguito della guerra Israele allarga il proprio territorio fino a comprendere Gerusalemme ovest,
estendendosi oltre i confini stabiliti dall'ONU, mentre il resto della Palestina viene diviso tra Egitto
(striscia di Gaza) e Trasgiordania (Giordania e Gerusalemme est) che assume il nome di regno di
Giordania. I palestinesi, trovandosi senza terra e senza patria, furono costretti ad emigrare e a vivere
da profughi, mal tollerati, negli stati arabi confinanti.

'56 seconda guerra arabo-israeliana: in occasione della crisi di Suez (in Egitto Nasser ottiene lo
sgombro di francesi e inglesi dal canale e lo nazionalizza), Israele attacca l'Egitto occupando il
Sinai, ma l'intervento di USA e URSS lo costringono a ripiegare sulle posizioni di partenza.

'67 terza guerra arabo-israeliana o “guerra dei sei giorni” (la più breve e la più disastrosa per
gli arabi e per i territori persi): la decisione di Nasser, in accordo con Siria e Giordania, di chiudere
alle navi israeliane l'accesso al mar Rosso scatena l'offensiva di Israele: ha inizio la “guerra dei sei
giorni”. L'Egitto perse la penisola del Sinai e Gaza, la Giordania tutti i territori della riva
occidentale del Giordano (Cisgiordania) inclusa la parte orientale di Gerusalemme (che fu
proclamata nell'80 “capitale eterna” dello stato di Israele); la Siria le alture del Golan.

In questo contesto acquista sempre maggior importanza l'Olp (organizzazione per la liberazione
della Palestina) guidata, dal '69, da Yasir Arafat, che pone le sue basi in Giordania, creando una
specie di stato nello stato. L'Olp unifica i movimenti di lotta palestinesi contro lo Stato di Israele per
la costruzione di un nuovo stato. Nel settembre 1970, il re di Giordania Hussein, esposto alle
rappresaglie israelinae, scatena l'esercito contro i combattenti e i profughi palestinesi presenti sul
suo territorio i quali, dopo aver avuto migliaia di morti, furono costretti a rifugiarsi in Libano
(“settembre nero”). Da allora l'Olp avrebbe esteso la lotta terroristica sul piano internazionale, con
una serie di attentati sanguinosi e dirottamenti aerei, come quello attuato a Monaco nel '72 quando
un commando di terroristi palestinesi uccise 11 atleti israelinai alle Olimpiadi (di Monaco). Intanto
nel 1970 Nasser morì. Il suo successorre Sadat, deciso a recuperare il Sinai, riprende la via della
guerra.

'73 quarta guerra arabo-israeliana o “guerra del Kippur”: l'Egitto, in accordo con la Siria,
attacca di sorpresa il 6 ottobre, giorno della fasta ebraica del Kippur, realizzando un iniziale
successo nel Sinai. L'attacco sul Sinai fu presto bloccato e respinto dagli israeliani. I paesi arabi
decidono il blocco petrolifero verso i paesi occidentali amici di Israele, dando alla crisi una
dimensione mondiale e rendendo gli Stati Uniti più sensibili al dialogo con gli arabi.
Sedat, a sua volta, deciso a trovare una soluzione politica al conflitto, si allontana dall'Unione
Sovietica (che finora lo aveva appoggiato) e si avvicina agli Stati Uniti.
Nel '78 si giunse, con la mediazione del presidente Carter, agli accordi di Camp David, fra Sedat
e il ministro israelinao Begin. L'Egitto ottenne la restituzione del Sinai e stipulò con Israele un
trattato di pace nel '79. Sedat verrà ucciso nell'81 in un attentato da integralisti islamici.
Il fronte arabo si ruppe con la decisione dell'Egitto, protagonista di tutte le guerre contro Israele, di
concludere la pace con il “nemico” accettando la mediazione americana. La comunità degli Stati
arabi e l'Olp denunciarono il tradimento. A partire dagli anni '80 gli stati moderati (in particolare
Giordania e Arabia Saudita) e la stessa dirigenza dell'Olp assunsero una posizione più morbida e si
dissero disposti a trattare con Israele in cambio del suo ritiro dai territori occupati (Cisgiordania e
striscia di Gaza), dove sarebbe dovuto sorgere uno stato palestinese. A questo punto però furono i
dirigenti dello Stato di Israele a rifiutare le trattative con l'Olp di Arafat, considerata
un'organizzazione terroristica, e a opporsi alla creazione di uno stato palestinese, visto come una
minaccia permanente all'esistenza stessa di Israele. La tensione si accrebbe ulteriormente quando i
palestinesi dei territori occupati diedero vita a una lunga e diffusa rivolta nel (1987, detta intifada,
in arabo “risveglio”, nata spontaneamente ma sostenuta dall'Olp,l detta “rivolta delle pietre”),
contro gli occupanti, che reagirono con una dura repressione. Fu allora che per la prima volta
Hamas (che vuol dire “entusiasmo”,“ardore”), un gruppo di resistenza palestinese in contrasto con
l'Olp e che si richiamava all'Islam, inaugurò la tecnica degli attentati suicidi (kamikaze). Nel 2000
scoppia una seconda Intifada; durissima la repressione israeliana.
Da allora è rimasto aperto il problema della creazione di uno stato palestinese (in Giordania e
Gaza), della convivenza delle due parti a Gerusalemme e delle garanzie di sicurezza per lo stato di
Israele.

I riflessi dell'irrisolto nodo palestinese si sono fatti sentire anche in Libano, un piccolo stato
pluriconfessionale dove l'Olp aveva trasferito le sue basi dopo il “settembre nero”del 1970. il
trapianto delle organizzazioni di guerriglia significò ancora una volta la creazione di uno stato nello
stato e fece saltare il fragile equilibrio su cui si reggeva la convivenza fra le diverse comunità
libanesi (cristiani, musulmani, sunniti, sciiti, drusi). Dal 1975 il Libano entra in uno stato di di
cronica e sanguinosa guerra civile. La situazione si aggravò ulteriormente nell'estate dell'82,
quando l'esercito israeliano, con l'obiettivo di colpire le basi dell'Olp, invase la capitale Beirut e
costrinse i reparti armati dei profughi palestinesi a disperdersi in altri paesi musulmani del Medio
Oriente e dell'Africa settentrionale. Il Libano rimase lacerato da lotte intestine, che avrebbero
fornito alla Siria il pretesto per intervenire militarmente nel paese e imporvi una sorta di
protettorato. La presenza israelina nel Libano è durata fino al giugno 2000.
NEGOZIATI E TENTAIVI DI PACE
Si sono svolte difficili trattative fra israeliani e palestinesi per arrivare a un accordo di pace. Dopo
alcuni colloqui segreti a Oslo e la pace del 1994 fra Israele e Giordania, nel 1995 si ebbe un
incontro storico a Washington fra Arafat e il premier israeliano Rabin con la mediazione del
presidente statunitense Clinton. A nome dell'Olp Arafat riconobbe lo stato di Israele e proclamò la
rinuncia al terrorismo e a ogni atto di violenza, mentre il governo israeliano accettò l'Olp come
rappresentante del popolo palestinese e promise di consentire entro cinque anni l'autogoverno dei
“territori occupati”. Questi accodi, basati sul principio della pace in cambio di territori, furono
realizzati in minima parte e di fatto affossati nel 1995 stesso dall'assassinio di Rabin da parte di
uno studente israeliano di estrema destra e dalla vittoria della destra in Israele alle elezioni del 1996.
Anche altri negoziati (a Camp David nel 2000, a Taba nel 2001) sono rimasti infruttuosi.
Attualmente l'autorità palestinese, entrata in funzione nel maggio 1994, governa sul 40 % della
Cisgiordania e sui 2/3 della Striscia di Gaza; ma si tratta di un governo solo formale, sottoposto al
tiro dei carri armati israeliani. La Paletina , attraversata da blindati di guerra e sottoposta ad una
serie di check point militari (“punti di verifica” e di controllo israeliani), resta tuttora un campo di
battaglia. Ne 2002 Israele fa erigere un “muro di sicurezza” nella West Bank (“sponda
occidentale”, termine inglese che indica la Cisgiordania), pensando così di prevenire attentati
suicidi, ma di fatto impedendo a migliaia di palestinesi di lavorare in Israele e ha privato molti di
loro dei loro beni e terreni.
Dopo la morte di Arafat (nov 2994) è stato eletto presidente dell'Autorità palestinese nel gennaio
2005 , Mahmoud Abbas, meglio noto come Abu Mazen.
EVENTI IMPORTANTI DEL DOPOGUERRA

 anni '50: sviluppo dei mezzi di comunicazione di massa e, in particolare, diffusione della
televisione

La conquista dello spazio


Alla fine degli anni '50 inizia la conquista dello spazio che si inserisce all'interno del conflitto USA-
URSS
 1957: L'Unione Sovietica manda in orbita il primo satellite artificiale, lo Sputnik
 1961: L'Unione Sovietica invia nello spazio il primo astronauta, Yuri Gagarin, che girò 2 ore
attorno alla terra a bordo della navicella Vostock.
 21 luglio 1969: gli Stati Uniti inviano l'uomo sulla Luna (Amstrong e Aldrin) attraverso la
navicella Apollo 11. Le immagini dello sbarco furono trasmesse sui teleschermi di tutto il
mondo.
Negli anni seguenti furono messi in orbita satelliti meteorologici e per le telecomunicazioni,
sonde spaziali senza uomini a bordo per esplorare il sistema planetario; furono costruite stazioni
orbitanti, satelliti spia e lanciate navette spaziali (gli Speace shuttles) capaci di rientrare a Terra
dopo aver compiuto la loro missione.

La contestazione giovanile
 fine anni '60: contestazione giovanile contro la “società del benessere”. Veniva proposta una
cultura alternativa in cui confluivano pratica della non violenza e religiosità orientale, consumo
di droghe leggere e messaggi della nuova musica . Il fenomeno prese avvio negli Stati Uniti
(dove si diffusero le comunità degli hippies) con l'occupazione dell'università di Berkeley, in
California e si intrecciò con la protesta contro la guerra in Vietnam e col movimento contro la
segregazione razziale. La mobilitazione dei neri negli USA, prima egemonizzata da leader non-
violenti come Martin Luther King, esplose fra il '65-'67 in una serie di rivolte, ispirate
all'ideologia rivoluzionaria dei BlackPower (potere nero).
 A partire dal '66-67, con un apice nel '68, “l'anno degli studenti”, la rivolta giovanile si estese ai
maggiori paesi dell'Europa occidentale. L'episodio più clamoroso della contestazione
studentesca fu la rivolta parigina del maggio '68 (quartiere latino di Parigi). Questi movimenti,
pur ottenendo pochi risultati sul piano politico, lasciarono un segno nella società occidentale,
soprattutto nel campo dei valori e dei modelli di comportamento.
Negli sessi anni si sviluppa un nuovo femminismo che, ormai raggiunta la parità tra i sessi sul
piano dei diritti politici, criticava la divisione dei ruoli tra uomo e donna nella famiglia e nel
lavoro e rifiutava i valori “maschilisti “ della società industrializzata
 Primi anni '70: in Italia prende avvio il nuovo femminismo con il movimento di liberazione
della donna (MLD), che si mobilitò per la legalizzazione dell'interruzione volontaria della
gravidanza
 1978 il parlamento approva la legge sull'aborto
 1970 legge sul divorzio

 anni '70: crisi economica, shok petrolifero e aumento dei prezzi


 1973: James Watson e Harry Crick scoprono il Dna

La Chiesa Cattolica e il Concilio vaticano II


 1958-63: pontificato di Giovanni XXIII, il papa buono (Angelo Maria Roncalli, salito al soglio
dopo Pio XII). La svolta che impresse alla politica vaticana fu sancita da due celebri encilciche:
Mater et Magistra ( in cui il papa, richiamandosi alla Rerum Novarum di Leone XIII, ribadiva
la necessità di non astenersi dalla “questione sociale” e dal contrasto fra imprenditori e
lavoratori)e Pacem in Terris( dedicata soprattutto ai rapporti internazionale e conteneva, oltre
l'appello alla cooperazione fa i popoli, una proposta di dialogo con le religioni non cattoliche e
con gli stessi non credenti), l'atto più importnte del pontificato giovanneo fu la convocazione del
Concilio Vaticano II (il I Concilio è del 1870, sotto Pio IX, che aveva segnato il movimento di
più rigida chiusura della Chiesa di Roma)
 '62-'65: convocazione del Concilio Vaticano II che continua col pontificato di Paolo VI. Con
questo concilio viene introdotta la messa in volgare
 1978: pontificato di Papa Giovanni Paolo II (il polacco Karol Wojtyla), che si caratterizzò, da
un lato, per l'intransigente difesa dei dogmi e dei culti tradizionale, dall'altro, per un crescente
dinamismo, sottolineato dai frequenti viaggi, con cui il papa ha rilanciato la presenza e
l'immagine della Chiesa nella società contemporanea.

 Anni '70 caduta delle dittature in Portogallo, Grecia e Spagna


Portogallo: la dittatura portoghese, instaurata da Salazar (alla cui morte nel 1968 era subentrato
Marcello Caetano) cadde nel 1974. Il malcontento del paese per la sanguinosa guerra contro i
moti indipendentistici di Mozambico e Angola offrì l'occasione per la deposizione di Caetano.
Furono proprio i militari a segnare la svolta mediante l'incruenta “rivoluzione dei garofani”
(aprile 1974). L'anno dopo fu dichiarata l'indipendenza delle colonie.
Grecia: nel 1967 un colpo di stato instauro la “dittatura dei colonnelli”, che interruppe la serie
dei governi liberali sopprimendo ogni libertà democratica. Ma nel 1974 un fallito tentativo
militare di annessione di Cipro e la reazione della Turchia, che occupò la parte nord-orientale
dell'isola (poi annessa nel 1983) segnò la fine del regime; nello stesso anno un referendum
istituzionale decretò la fine della monarchia
Spagna: qui è stato il sovrano Juan Carlos di Borbone (insediatosi nel 1975, dopo la morte di
Franco, su un trono rimasto vacante dal 1931) a guidare il trapasso verso un regime
democratico.

...ALCUNI EVENTI PER L'ITALIA


 1970: approvazione dello Statuto dei lavoratori che garantisce le libertà sindacali e i diritti dei
lavoratori

 1975: abbassamento della maggiore età a 18 (da 21)

 Il terrorismo. Negli anni '70 le istituzioni corsero gravissimi pericoli, ad opera delle azioni
terroristiche di destra e di sinistra -tese entrambe, nell'ambito di diverse ideologie, a
destabilizzare il regime democratico. Se il terrorismo di destra (terrorismo nero)ricorreva alla
strage, il terrorismo di sinistra (terrorismo rosso)mirava a colpire alcuni uomini-simbolo. Tra i
gruppi del terrorismo rosso emersero le Brigate rosse e, dal 1975, i Nuclei armati proletari e
Prima linea.
•12 dice.1969, una bomba esplosa nella Banca dell'agricoltura, in Piazza Fontana a Milano
provocò 17 morti e oltre cento feriti: cominciano gli “anni di piombo”
• nel 1974 il sequestro a Genova del giudice Sossa ad opera delle Brigate rosse fu il primo di
una lunga serie di attentai contro i “servitori dello Stato”
•dopo Piazza Fontana il terrorismo nero mette delle bombe in Piazza della Loggia, a Brescia
(meggio 1974) e, nell'agosto dello stesso anno, le bombe sul treno Italicus
• nell'agosto 1980 vi fu un attentato alla stazione di Bologna con più di 80 morti. Il processo
tenutosi nel 1990 ha però assolto gli imputati neofascisti
• 16 marzo 1978 un comando delle Brigate rosse rapisce il leader democristinao Aldo Moro in
via Fani a Roma e uccide la scorta. Dopo circa due mesi di prigionia viene assassinato: era la
vendetta delle forze estremiste contro il regista del compromesso storico, colui che si era reso
garante dell'evoluzione democratica del PCI. Dopo l'assassinio Moro il terrorismo entra in crisi
anche grazie alla legge “sui pentiti” (1980) che concede forti sconti di pena a chi contribuisce
allo svolgimento delle indagini

 1984 (giugno) sotto il governo Craxi firma del nuovo Concordato con la Chiesa, che conferma
la laicità dello Stato, in quanto non riconosceva più la religione cattolica come religione di Stato
(da cui la lunga diatriba sull'ora di religione nelle scuole)

 negli anni '80 si incrementano alcuni mali storici come la mafia e la camorra, potenziate dal
mercato della droga e da sospette connivenze da parte di un certo mondo politico. Ricordiamo,
nel 1982, l'assassinio del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, che aveva il compito di
coordinare a Palermo la lotta antimafia.
 1992: la mafia uccide i due giudici Giovanni Falcone (il 23 maggio con la sua scorta a Capaci)
e Paolo Borsellino (il 19 luglio in via d'Amelio, a Palermo), simboli della lotta contro Cosa
nostra. La reazione dello Stato, pressato dall'opinione pubblica, è risultata questa volta dura ed
efficace, tanto che i provvedimenti presi nel periodo 1991-1992 (legge a favore dei pentiti,
istituzione della Superprocura antimafia e della Direzione investigativa antimafia, invio
dell'esercito in Sicilia, scioglimento dei consigli infiltrati dalla mafia, sequestri dei beni dei
mafiosi, ricerca dei latitanti, trasferimenti dei mafiosi in carceri speciali) e la fine di alcune
protezioni politiche e giudiziarie di cui ha goduto la mafia, hanno permesso alle forze
dell'ordine di compiere molte rilevanti operazioni e di arrestare, tra gli altri, anche il capo della
cupola di Cosa nostra Totò Riina (1993). La mafia ha risposto allora con una serie di attentati
terroristici (1993) a Roma, a Firenze (dove è stato colpito il Museo degli Uffizi) e a Milano.
 Anni '90: scoppia Tangentopoli. Le inchieste della magistratura (in particolare a Milano,
Roma, Napoli e Palermo) sulla corruzione della vita pubblica e sui rapporti tra mafia e politica
hanno avuto l'effetto dirompente di inquisire e delegittimare quasi l'intera classe politica
italiana, una vera e propria “rivoluzione giudiziaria” che si è abbattuta su Tangentopoli e sulla
partitocrazia. L'inchiesta sulla corruzione, denominata “mani pulite” (cominciata a Milano il 17
febbraio 1992) fu condotta da un pool di magistrati milanesi, fra i quali Antonio di Pietro.
È il collasso della prima Repubblica, quella nata dall'antifascismo e dalla Costituzione del 1948.
Lo spazio lasciato vuoto dai vecchi partiti è rapidamente occupato da nuove formazioni
politiche dalle quali nasce la Seconda Repubblica. Fra queste spiccano Forza Italia, fondata da
Silvio Berlusconi, Alleanza Nazionale e la lega Nord, fondata da Umberto Bossi.

 1 gennaio 2002: viene introdotto l'Euro


AMERICA LATINA ('70-'80)
CILE:
1970: il socialista Allende assume la presidenza e avvia una politica di riforma (nazionalizzazion
delle banche e riforma agraria) che incontra l'ostilità degli Stati Uniti che vedono messi in pericolo i
privilegi di alcune compagnie minerarie americane che monopolizzavano l'estrazione e la vendita
del rame.
Settembre del '73: colpo di stato che stronca la vita ad Allende. Fu instaurata la dittatura militare del
generale Pinochet.
1988-89: soltanto dopo un decennio riprese con vigore il movimento per la restaurazione della
democrazia. Nell''88, con un referendum,i cittadini si pronunciano per la fine della dittatura; nell''89
vince le elezioni il presidente democratico patricio Aylwin.

ARGENTINA:
il regime militare argentino cominciò a vacillare sotto la protesta levatasi in tutto il mondo per la
vicenda dei “desaparesidos”, migliaia di persone torturate e fatte scomparire dalla polizia e dai
reparti militari. Il regime dittatoriale cercò di reagire e di guadagnare consensi occupandole isole
maldive (1982 Falkland) e tenute dalla Gran Bretagna. Fallita la guerra delle Falkland il governo
non fu più in grado di resistere all protesta popolare. Le elezioni dell'83 portarono alla presidenza il
democratico Alfonsin.

NICARAGUA:
nel 1979 la rivoluzione sandinista ( da Sandino, eroe nazionale protagonista della lotta anti-
imperialista delgi anni '20 del '900) rovesciò la dittatura della famiglia Somoza. Si instaura un
regime di orientamento socialista osteggiato dagli Stati Uniti che sostenevano gli avversari del
regime (i “contras”). Il governo sandinista cercò l'appoggio dell'unione sovietica. Nonstante ciò
dovette accettare che si tenessero nuove elezioni nel 1990, che portarono alla vittoria l'opposizione.

I CONFLITTI NELL'ASIA COMUNISTA


- La CAMBOGIA '76-78
Il regime dei Khmer rossi guidato dal PolPot (segretario del partito comunista cambogiano) avvia la
costruzione di unregime comunista integrale fondato sul collettivismo agrario: le città vengono
svuotate e gli abitanti costretti a duri lavori agricoli. Due milioni di persone vennero uccise
(intellettuali, appartenenti al vecchio quadro dirigente, non contadini...)

IL VIETNAM DOPO LA GUERRA


Dopo il conflitto si ha l'unificazione del Vietnam. Nel '78 il Vietnam unificato invade la Cambogia;
col pretesto di liberare il paese dalla dittatura di PolPot cerca di estendere la sua egemonia a tutta la
penisola indocinese. La Cina, che intanto vive una fase di rottura dall'URSS, cui si appoggiava il
Vietnam, invade il Vietnam del Nord, ma non riuscì a provocare il ritiro delle truppe vietnamita
dalla Cambogia. dopo fasi alterne, sotto il controllo dell'Onu, nel maggio '93, si tennero le elezioni.
Sarà restaurata la monarchia.

CONTRASTO RUSSO-GIAPPONESE E “RIVOLUZIONE CULTURALE”


Fine anni '50 inizi '60: parallelamente allo stabilirsi di una precaria coesistenza fra USA e URSS, si
delinea n contrasto fra Unione sovietica e Cina di Mao.
-'58. la dirigenza comunista cinese, per rilanciare l'agricoltura, promuove la strategia del “grande
balzo in avanti”, basata sulle “comuni popolari” (le cooperative vengono unire in unità più grandi,
ciascuna delle quali doveva tendere all'autosufficienza). L'esperimento fu un fallimento e segnò la
rottura con i russi, portando anche a a scontri armati. Il fallimento della politica del “grande balzo
in avanti” ebbe dei contraccolpi anche sul piano interno, dando spazio alle componenti più
moderate del gruppo dirigente cinese. Allora Mao , avvalendosi del sostegno dell'esercito, mobilitò
contro i suoi avversari le generazioni più giovani. Fra il '66-68 si ebbe una rivolta giovanile, la
cosiddetta rivoluzione culturale (detta così perché si proponeva profonde trasformazioni nella
cultura, cioè nella mentalità e nel costume): gruppi di guardie rosse, in maggioranza studenti,
mettevano sotto accusa i dirigenti politici, gli insegnanti, gli intellettuali, gli artisti, le istituzioni, il
sospettati di percorrere la “via del capitalismo”. A partire dal '68 lo stesso Mao comincerà a frenare
e reprimere il movimento.
Dal momento che i rapporti con l'URSS restavano tesi, agli inizi degli anni '70 ci fu una apertura
agli Stati Uniti

LA CINA DOPO MAO


dopo la morte di Mao (1976), Dang Xiaoping emerge come il vero leader del paese e dà luogo a una
demaoizzazione. Nel giro di pochi anni propose una serie di profonde modifiche nella gestione
dell'economia: parziale abbandono della collettivizzazione nell'agricoltura e nel settore industriale,
promozione dello sviluppo tecnologico, restaurazione di una certa libertà di mercato,
liberalizzazione dei prezzi... la riforma economica, basata sulla politica della “porta aperta” fa
aumentare considerevolmente il commercio estero. La vita politica, però, era rigidamente
monopolizzata dal partito Comunista e questo sarà motivo di crisi, una crisi che venne
clamorosamente alla luce quando, ripresi i contati con l'URSS, Gorbacëv visita Pechino.
Nella primavera dell'89, gruppi di studenti della Università di Pechino avevano organizzato una
manifestazione politica occupando Piazza Tienammen. La protesta, fatta all'insegna della non-
violenza, si trasformò in un vasto movimento per la libertà e la democrazia. Giornali e reti televisive
di ogni paese avevano mandato a Pechino i loro corrispondenti poiché si preparava un evento
straordinario: Gorbacëv era atteso nella capitale cinese e tale incontro avrebbe messo fine alle
ostilità fra Cina ed Unione Sovietica. L'incontro si svolse mentre sulla piazza, vicinissima alle sedi
del governo, si era accalcata una folla di circa 1 milione di persone. Il movimento si diffuse anche
in altre città della Cina. Le alte autorità del partito e il governo si rifiutarono di ricevere le
delegazioni dei manifestanti e nel giugno dell'89 fece confluire truppe corazzate nella piazza. La
repressione iniziata nella notte fra il 3-4 giugno, provocò un numero imprecisato di morti nella
popolazione civile e diede l'avvio a una serie di arresti. L'intervento dell'esercito in piazza suscitò
reazioni sdegnate in tutto il mondo.
LA DECOLONIZZAZIONE

Decolonizzazione Termine con il quale si indica il processo storico che nel XX secolo portò alla
conquista dell’indipendenza di quelle popolazioni, soprattutto africane e asiatiche, ancora soggette
al colonialismo e la costituzione di nuovi stati dallo smantellamento degli imperi coloniali.

Il processo di decolonizzazione si avviò alla fine della prima guerra mondiale con la nascita di forti
movimenti nazionalistici e si svolse in più tappe, spesso attraverso violenti conflitti, concludendosi
negli anni Settanta del Novecento.

ASIA
INDIA

La vicenda più importante, che segnò la fine dell’impero coloniale britannico in Asia, riguardò
l'India. Qui un movimento indipendentista, guidato dal Partito del Congresso nazionale indiano era
nato già alla fine del XIX secolo e si era guadagnato le simpatie di tutto il mondo negli anni fra le
due guerre mondiali per le azioni di protesta non violenta ispirate da Gandhi. Nel 1935 il governo
britannico concesse alla colonia l’autonomia amministrativa: l’ultimo viceré inglese in India, Lord
Mountbatten, ottenne dal Partito del Congresso e dalla Lega Musulmana l’assenso alla divisione
dell’India in due stati autonomi.

Il 15 agosto del 1947 l’India, che aveva inizialmente mantenuto lo status di dominion nell’ambito
del Commonwealth, riconoscendo formalmente l’autorità della Corona inglese acquistò, sotto il
governo di Javaharlal Nehru, l’indipendenza. I territori con popolazione prevalentemente
musulmana si separarono e costituirono il Pakistan.

ESTREMO ORIENTE

Molto complesse furono le vicende che portarono i paesi della penisola indocinese all’indipendenza
dalla Francia, e che proseguirono anche dopo il ritiro dei francesi. Vietnam, Cambogia e Laos
nacquero nel 1954 dalla frammentazione della dominazione coloniale francese, dopo un lungo
conflitto che vide soprattutto il Fronte dell’indipendenza del Vietnam infliggere una pesante
sconfitta all’esercito francese (vedi Accordi di Ginevra del '54)

AFRICA

Dopo il crollo dell’Impero ottomano (avvenuto nel 1922) i paesi musulmani del Nord Africa
(Maghreb) e del Medio Oriente vennero assoggettati o affidati in mandato coloniale a Gran
Bretagna e Francia (l’Italia controllava la colonia della Libia).

Di tutti questi paesi, solo l'Egitto era uno stato sovrano, almeno formalmente, già dal 1922; ma in
quasi tutti i paesi arabi erano sorte delle élite nazionalistiche o fautrici di progetti panarabici, volti
cioè a formare un unico stato indipendente o a stabilire forti legami fra tutti gli arabi, dalla Penisola
arabica al Marocco.

La Libia ottenne l’indipendenza, grazie all’ONU, nel 1951. Nel 1969 una rivoluzione depose la
monarchia e portò al potere i militari guidati dal colonnello Gheddafi.

L’Algeria conquistò l’autonomia dalla Francia solo dopo anni di sanguinosa guerriglia (Guerra
d'Algeria) combattuta dal Fronte di Liberazione Nazionale (FLN).

Anche in Marocco in Tunisia si costituirono movimenti nazionalisti che, nonostante la repressione


da parte della Francia, nel 1956 portarono quei paesi all’indipendenza.

La decolonizzazione dei possedimenti britannici a sud del Sahara non si svolse ovunque
pacificamente. Nei paesi con scarsa popolazione bianca l’indipendenza fu concessa dopo elezioni
politiche: in Ghana (allora “Costa d’Oro”) nel 1957 e in Nigeria nel 1960. Invece, nei paesi in cui
forte era la presenza della comunità bianca, gli inglesi furono più restii a ritirarsi: questo suscitò
movimenti estremisti e contrapposizioni radicali, come la ribellione dei Mau Mau in Kenya, paese
che divenne indipendente nel 1963, dopo anni di violenze.

Dal 1953 al 1963 la colonia della Rhodesia Meridionale costituì, con le altre colonie della Rhodesia
Settentrionale e del Niassa, la Confederazione della Rhodesia e del Niassa. Quando questa si
sciolse, mentre la Rhodesia Settentrionale e il Niassa diventarono indipendenti, rispettivamente con
il nome di Zambia e Malawi, e con un governo a maggioranza di colore, il governo della Rhodesia
Meridionale, di ispirazione razzista, rifiutò la linea suggerita dalla mediazione inglese che
promuoveva la partecipazione politica allargata alla popolazione nera e, nonostante l’opposizione
britannica, autoproclamò nel 1965 la propria indipendenza. Le sanzioni della Gran Bretagna e delle
Nazioni Unite non produssero alcun effetto e solo dopo anni di guerriglia delle organizzazioni di
liberazione ZANU (Zimbabwe African National Union) e ZAPU (Zimbabwe African People’s
Union), nel 1980 la maggioranza nera ottenne la sovranità del paese, diventato Zimbabwe.

La Francia aveva concesso alle sue colonie l’autonomia amministrativa nel 1946, con la
fondazione dell’Union française; naufragata l’Unione nel 1958, diede loro la possibilità di scegliere
tra l’autonomia e l’adesione alla Comunità franco-africana. Solo la Giunea optò subito per
l’indipendenza (1958); nel 1960 seguirono le colonie restanti: Madagascar, Mali, Dahomey
(l’attuale Benin), Niger Alto Volta (oggi Burkina Faso), Costa d'Avorio, Ciad, Repubblica
Centroafricana, Congo, Gabon, Senegal e Mauritania.

IL CONGO BELGA E LE COLONIE PORTOGHESI

Drammatico fu il processo di decolonizzazione nel Congo Belga, l’attuale Repubblica


Democratica del Congo: negli anni Cinquanta il governo belga aveva elaborato un programma per
un ritiro graduale dalla colonia ma, in seguito a rivolte scoppiate improvvisamente nel 1959, fu
costretto nel giugno del 1960 a concederle l’indipendenza. Tuttavia, poiché l’ex colonia non
disponeva di una classe dirigente preparata e di infrastrutture sufficienti, il paese piombò in una
devastante guerra civile.

“Seconda decolonizzazione”

Nel 1975, infine, anche il Portogallo, che aveva resistito più a lungo alla decolonizzazione, dovette
rinunciare all’Angola e al Mozambico, dove da tempo era impegnato a respingere gli attacchi di
varie organizzazioni guerrigliere. L'Africa dell'Ovest già amministrata dal Sud Africa, acquisterà
l'indipendenza nel 1990 col nome di Namibia.

ESITI DELLA DECOLONIZZAZIONE

Il processo di decolonizzazione ha avuto esiti incerti e controversi. Spesso impreparati


all’indipendenza, i nuovi stati si trovarono di fronte a enormi problemi di varia natura (politica,
economica, etnica, religiosa), che le amministrazioni coloniali non avevano saputo o voluto
affrontare. Ricchi di risorse naturali ma con pochi strumenti per sfruttarle, sono rimasti soggetti alle
grandi potenze occidentali, che spesso, allo scopo di salvaguardare i propri interessi economici e
strategici, hanno ostacolato la costituzione di classi dirigenti e istituzioni rispondenti alle esigenze
locali.

In piena Guerra Fredda, stretti tra i due blocchi, quello occidentale e quello sovietico, i nuovi paesi
non ebbero l’opportunità di perseguire un modello di sviluppo autonomo e adeguato alle loro
condizioni sociali, politiche ed economiche: una “terza via” non capitalista né socialista. La parola
d'ordine divenne non allineamento rispetto ai blocchi militari e ideologici. I leader del non
allineamento furono Nehru (per l'India), Nasser (per l'Egitto) e Tito (per la Jugoslavia). La
consacrazione di questo indirizzo si ebbe nel 1955 quando i rappresentanti di 29 stati di nuova
indipendenza asiatici e africani indissero la Conferenza di Bandung per il primo summit dei paesi
non allineati. Il presidente egiziano Nasser definì quell’insieme di paesi, diversi tra loro ma
accomunati dalla speranza nel futuro, “l’Internazionale dei poveri”.

Veniva così emergendo un Terzo mondo, distinto sia dall'occidente capitalista sia dall'est
comunista. Se il non allineamento fu il comune denominatore politico del Terzo mondo, il
sottosviluppo lo fu in campo economico.

Le speranze della gran parte dei paesi di nuova indipendenza furono in seguito travolte da lotte
fratricide (volta per volta politiche, etniche o religiose), da conflitti regionali, da sfavorevoli
relazioni politiche ed economiche internazionali, da ingerenze delle grandi potenze e delle
multinazionali nei loro affari interni, dall’aggravarsi del divario tecnologico e dell’indebitamento
con i paesi del Nord del mondo.

I paesi di nuova indipendenza rimasero condizionati dall’economia occidentale; negli ultimi


decenni, la globalizzazione ne ha addirittura accentuato la dipendenza dalle vecchie potenze
coloniali.
L'IRAQ: PRIMA E SECONDA GUERRA DEL GOLFO

l'Iraq negli ultimi vent'anni è passata da una guerra ad un'altra. Saddam Hussein (1937-2006). che
aveva assunto saldamente la guida del paese nel 1979, è entrato dapprima in guerra contro l'Iran di
Komehini8 forte del sostegno degli USA e delle potenze occidentali. Poi, dopo tale guerra,
protrattasi contro ogni aspettativa per otto anni e senza alcun risultato a lui favorevole, invade il
ricco Kuwait il 2 agosto 1990. L'intervento non viene però tollerato dagli USA che, ribaltando la
precedente alleanza e con l'appoggio dell'Onu, bombardano il paese (prima guerra del Golfo: 28
2 agosto 1990-28 febbraio 1991). Grazie all'operazione “tempesta nel deserto” il Kuwait viene
liberato in soli tre giorni. Nel 1991 Saddam deve ritirarsi e accettare le risoluzioni dell'Onu contro
di lui. Per il presidente Bush è il momento del trionfo. Saddam Hussein rimane tuttavia al suo
posto, dopo aver represso duramente le rivolte dei curdi nel nord e dei musulmani sciiiti
(appoggiati dall'Iran) nel sud, e dopo aver sventato diversi tentativi di colpi di stato da parte dei
militari. Nel decennio successivo Saddam viene accusato dalla stampa anglo-americana di
possedere armi di distruzione di massa(chimiche e batteriologivhe). È il pretesto per un secondo
attacco Usa all'Iraq nel marzo 2003 (seconda guerra del Golfo), giustificato dalla necessità di
sventare la minaccia. Saddam Hussein è stato catturato e poi impiccato (2006) ma una drammatica
guerra civile insanguina il paese.

AFGANISTAN

Territorio poverissimo ma in posizione geografica strategica che lo ha posto da due secoli al centro
degli interessi delle grandi potenze: a fine Ottocento dell'Inghilterra e dalla Russia zarista, negli
anni '70 del '900 dell'Urss, che aveva tentato di occuparlo militarmente (rinunciando poi nel 1989 ai
tempi di Gorbacëv),e ora dagli Stati uniti che lo hanno invaso - con l'approvazione del Consiglio di
sicurezza dell'Onu- nell'ottobre 2001 in risposta agli attentati dell'11 settembre 2001 (attentato alle
Torri gemelle), dando così inizio ala “guerra al terrorismo”. L'operazione Enduring Freedom
(“libertà duratura”) dei militari statunitensi si proponeva di catturare il leader di al Qaeda, Osama
bib Laden, di distruggere le basi locali del governo terroristico e di eliminare il governo dei
talebani che gli avevano offerto ospitalità e protezione, ma nessuno di tali obiettivi è stato
raggiunto. Nel dicembre del 2001 i talebani, dopo aver abbandonato la capitale Kabul, si sono
ritirate nelle montagne a sud del paese, in una zona dominata da diverse tribù di etnia pashtun,
hanno rinsaldato le proprie forze e hanno ripreso, all'inizio del 2003gli attacchi contro il fragile
governo filoccidentale di Karzai (1957), presidente dell'Afganistan dal 2004, e la forza armata
multinazionale (a cui partecipa anche l'Italia con 2000 uomini) che lo sostiene.

FINE DELL'APARTHEID IN SUDAFRICA

Fino al 1989 nella Repubblica sudafricana vigeva una rigorosa divisione fra bianchi e neri : cinque

8 Gennaio 1979: la rivoluzione iraniana rovescia lo scià (imperatore) Rheza Palhavi (accusato di governare con
metodi dispotici e appoggiato dagli Stati Uniti) e instaura la Repubblica islamica di stampo teocratico, basata sui
dettami del Corano, e guidata dall'ayatollah Khomeini, massima autorità dei musulmani sciiti. Violentemente
antioccidentale e antiamericano, il nuovo regime entrò subito in contrasto con gli Usa, accusati di aver sostenuto lo
scià e di avergli offero ospitalità dopo la fuga. Per oltre un anno (nov.1979-genn 1981) il personale dell'ambasciata
Usa a Teheran fu tenuto prigioniero da un gruppo di militari islamici che agivano col pieno appoggio dell'autorità.
Gli ostaggi furono liberati dopo lunghe trattative e dopo il fallimento di un'azione militare voluta dal presidente
Carter. Intanto scoppia il conflitto Iraq-Iran: l'Iran fu attaccato dal vicino Iraq, appoggiato dagli Stati uniti. La
guerra si protrasse per 8 anni e si risolse in un 'inutile carneficina. La fine della guerra e la morte di Khomeini
aprirono qualche spazio alle componenti meno estremiste del regime iraiano.
milioni di bianchi, eredi dei colonizzatori olandesi e inglesi, imponevano i propri privilegi secolari a
venti milioni di neri. L'elezione a presidente della Repibblica di Frederik De Klerk, nel 1989, segnò
una svolta nella storia del paese. L'unico al mondo nel quale la segregazione razziale fosse
ufficialmente sancita dalla costituzione. De Klerk si mostrò disponibile a porre fine all'apartheid e
già nel 1990 fece scarcerare, dopo quasi 30anni di prigionia (dal 1962) Nelson Mandela, leader
nero dell'African National Congress (ANC), il partito che guidava la lotta contro l'apartheid. La
nuova costituzione, che riconosceva pari diritti civili e politici alla popolazione di colore, entra in
vigore nel 1994. Nelle elezioni dello stesso anno, le prime in cui votassero anche i neri, Mandela fu
eletto presidente della Repubblica e negli anni successivi ha attuato una politica di riconciliazione.

DA RICORDARE: GENOCIDI riconosciuti

 Olocausto: certamente il genocidio più noto, fu metodicamente condotto dallagermania


nazista in buona parte dell'Europa prima e durante la seconda guerra mondiale, e portò
all'annientamento di 6 milioni di ebrei (oltre la metà degli ebrei in Europa), colpendo anche
gruppi etnici Rom e Sinti (i cosiddetti zingari),comunisti, omosessuali, prigionieri di guerra,
malati di mente, Testimoni di Geova, Russi, Polacchi e altri Slavi, per un totale di vittime
stimabile tra 13 e 20 milioni
 Secondo genocidio armeno: negli anni 1915-1916, il governo Turco guidato dai Giovani
Turchi ha condotto deportazioni ed eliminazioni sistematiche della minoranza Armena. Il
numero di morti è molto incerto e valutato da 200.000 a oltre 2 milioni; la cifra più accettata
è di 1.500.000. È possibile identificare una prima fase del genocidio nei massacri hamidiani,
che negli anni 1896-1897 fecero da 80.000 a 300.000 vittime.

 Ruanda: il peggiore genocidio africano avvenne nel 1994 in Ruanda da parte di milizie e
bande Hutu contro la minoranza Tutsi e tutti coloro che erano sospettati di favorirli. Le
vittime, circa un milione, furono spesso uccise barbaramente con armi rudimentali. Massacri
occasionali si verificarono per tutta la seconda metà del '900, anche dopo il '94.

 La regione del Darfur (nel Sudan occidentale) dal 2003 è teatro di un conflitto che gli Stati
Uniti e alcuni media e studiosi considerano come genocidio. I Janjawid, gruppo di miliziani
appoggiati dal governo, uccidono sistematicamente i gruppi etnici Fur, Zaghawa, e Masalit.
Le diverse fonti riferiscono di un numero di morti da 200.000 a 400.000 e di 2 milioni di
profughi.
 Cambogia: tra il 1975 ed il 1979 i Khmer rossi, sostenuti ed armati dalla Cina,
massacrarono o fecero morire nei cosiddetti campi di rieducazione o Killing Fields (campi
della morte) da 1 a 2,2 milioni di persone (su una popolazione totale di 7,5).

Potrebbero piacerti anche