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Vladimir Bukovskij Gli archivi segreti di Mosca

Ruggero Chinaglia Cominciamo l'incontro di


questa sera con Vladimir Bukovskij. L'occasione ci è fornita dall'uscita in libreria in questi giorni
del suo ultimo libro, Gli archivi segreti di Mosca, un'opera imponente, un libro impegnativo, che ha
richiesto anni di lavoro, mesi di traduzione, e che ha incontrato anche qualche vicissitudine, perché
questa italiana è l'unica edizione integrale tra quelle sin qui uscite in Francia, in Germania, in
Polonia e la stessa edizione inglese sta incontrando notevoli difficoltà. Questo per dire che si tratta
di un libro che non chiunque è stato disposto a pubblicare perché contiene un messaggio forte, non
generico, un messaggio non facile. In prima istanza questo libro dice che la parola non può essere
mai confiscata, che la parola è libera, libera di divenire qualità, libera di incontrare il suo destino di
libertà e di qualità, non per inerzia, bensì a condizione che ciascuno lotti per questo, a condizione
che ciascuno conduca la sua battaglia per questo, che è battaglia eminentemente intellettuale.
Questo forse spiega perché a pubblicarlo in Italia è stata la casa editrice Spirali, una casa editrice
che pubblica libri non per tutti, non bestseller, ma libri che inducano a pensare. È per questa ragione
che anche in precedenza la casa editrice aveva pubblicato, sempre di Bukovskij, un libro che,
quando è uscito, nel 1991, indicava qualcosa che nessun giornale era disposto a pubblicare, e cioè
che l'URSS era destinata a passare dall'utopia al disastro, non già al benessere, non già a un futuro
florido, ma a un disastro, perché la mentalità, a fronte di una trasformazione che si andava
annunciando, rimaneva la stessa. E così è in Europa, dove ciascuno è disposto a scommettere
sull'importanza della costituzione dell'unione dell'Europa, ma nessuno si occupa di verificare se
l'idea, il pensiero attorno a cui sorge questo progetto dell'Europa sia un progetto che introduce
elementi di novità, o piuttosto non si attesti su luoghi comuni, su idee già presenti, quindi su luoghi
comuni che hanno fatto il loro tempo e che non sono forieri di quella trasformazione intellettuale
che la circostanza esige. In precedenza era stato pubblicato un altro libro di Bukovskij, un libro di
racconti, Il convoglio d'oro, che racchiude i contributi di altri autori russi e, prima ancora, una
testimonianza di alcuni dissidenti, tra cui Vladimir Maksimov e Aleksandr Zinov'ev, Per Armando
Verdiglione, nel momento in cui fu istituito un processo alle idee di un intellettuale, di
un'associazione, di un movimento che era nettamente in contrasto con l'ideologia dell'epoca.
Bukovskij, sicuramente più esperto delle procedure che ogni regime attua verso idee non conformi e
non uniformi, indicò già allora quali erano i metodi che un regime oppone a un progetto culturale
che non sia allineato. Questo per dire la statura intellettuale del nostro ospite di oggi, che io sono
fiero e onorato di avere qui a Padova con noi, e che prosegue la tradizione di ospitalità della nostra
associazione nei confronti di intellettuali, scrittori, artisti russi. Molti di voi ricorderanno che
qualche mese fa abbiamo avuto ospite Aleksandr Zinov'ev, quando è uscito il suo libro L'umanaio
globale, e che già era venuto dieci anni fa, nel 1988, allora con Vladimir Maksimov, un altro
esponente della dissidenza russa, allora in esilio a Parigi. Tra gli altri esponenti del pensiero russo,
abbiamo avuto a Padova Yurij Naghibin, autore di romanzi, autore di sceneggiature di film
famosissimi, vincitore anche di un Oscar per la sceneggiatura del film Dersu Uzala, e ancora artisti
come Alekseij Lazykin e Michail Anikushin. È quindi per noi un motivo di gioia proseguire negli
incontri con esponenti della cultura, del pensiero, dell'arte della Russia, e in particolare quegli
esponenti che si sono distinti per una mozione di libertà, di indipendenza per il loro pensiero e per
la loro vita. Però noi non siamo qui oggi per fare l'elogio di Vladimir Bukovskij, perché non ne ha
bisogno. Ci sono scelte nella vita di ciascuno che si fanno non per convenienza, ma perché risultano
un'esigenza di vita, e quindi non siamo qui per giudicare, ma per ascoltare, per ascoltare la
testimonianza di chi ha vissuto da protagonista una battaglia per la libertà, la libertà delle idee, la
libertà della parola, la libertà del pensiero. È anche per questo che, non stupisca, a ospitarlo e a
invitarlo è un'associazione psicanalitica, perché non sono molte nè le associazioni né i settori
culturali che oggi si distinguono per propugnare questa istanza, ossia la libertà della parola. Questo
è un libro che ciascuno dovrebbe leggere, perché è un libro non di denuncia ma di informazione, è
un libro di messaggio per le generazioni attuali e per le generazioni che verranno, un libro per la
memoria, perché la memoria non si cancelli, perché è indispensabile che di ciò che accade ciascun
dettaglio entri nella memoria, in modo che non si riproduca il luogo comune, non si riproduca
l'ideologia uniformante e conformante. Soprattutto non si riproducano i regimi e non vengano
accettati supinamente. Molte sono le domande che sorgono leggendo questo libro e avremo modo
durante l'incontro di rivolgerne alcune a Vladimir Bukovskij. C'è con noi questa sera anche
Maurizio Cerruti, capo dei Servizi Esteri del "Gazzettino", che ha fatto un'attenta lettura del libro e
che è qui per darci una testimonianza della sua lettura e per rivolgere domande a Vladimir
Bukovskij.

Maurizio Cerruti È un piacere avere quest'occasione di intervistare pubblicamente un personaggio


che in qualche modo è stato profetico, perché quando trenta, quarant'anni fa diceva determinate
cose, lo rinchiusero in un ospedale psichiatrico, cercarono di fargli cambiare idea a colpi di
psicofarmaci, ma non ci riuscirono, e alla lunga direi che ha avuto pienamente ragione. Adesso
questo libro fornisce una gran quantità di spunti, perché analizza, attraverso i documenti degli
archivi ufficiali del Partito Comunista Sovietico, un po' tutta la storia dell'Unione Sovietica degli
ultimi trent'anni, proiettandosi anche sulla storia attuale della Russia e, poiché l'Unione Sovietica è
stata una delle due superpotenze che hanno dominato il pianeta per l'arco di tutto il dopoguerra,
evidentemente in quelle segrete stanze in cui venivano decise le sorti del pianeta sono passati tutti i
grandi avvenimenti della storia. Leggendo, ho avuto anche la sensazione, d'altronde mi pare che lo
stesso autore ne faccia cenno, che molte cose, probabilmente, sono state dette a microfoni spenti,
quindi in qualche modo già questi documenti ufficiali sono un'immagine edulcorata di quello che in
realtà avveniva in quelle segrete stanze del comitato centrale del Politburo. Io partirei con le mie
domande da un personaggio che mi sembra abbastanza centrale in questo grande dramma-tragedia
dell'Unione Sovietica, un personaggio che è passato e presente, perché è ancora sulla scena ed è
Michail Gorbacev. Gorbacev, circa un mese e mezzo fa, è venuto in Italia, accolto con tutti gli
onori, come un premio Nobel per la pace, ha partecipato alla trasmissione televisiva più seguita in
tutta Italia, e, probabilmente, la trasmissione televisiva italiana più seguita nel mondo, che è il
Festival di Sanremo, ed è stato presentato come un monumento vivente alla libertà, alla democrazia,
al cambiamento, al rinnovamento; è venuto a dirci anche delle cose un po' generiche ma
sostanzialmente per rivendicare questo suo ruolo di guidare il mondo verso migliori destini,
criticando il modo in cui si comportano gli americani, si comporta l'occidente, si comportano gli
attuali dirigenti russi. Io vorrei cominciare a chiedere all'autore di questo libro, che in qualche modo
quel vecchio sistema lo ha conosciuto molto bene, chi è in realtà Michail Gorbacev.

Vladimir Bukovskij Per noi in Russia è un personaggio che è stato inquadrato molto bene, è qui in
occidente che di Gorbacev si ha un'opinione diversa. Gorbacev è una figura per nulla amata
all'interno del paese. Nel 1996 presentò la sua candidatura alla presidenza del paese. Non
dimentichiamo che gli è stato dato lo zero virgola qualcosa dei consensi, dei voti, non di più. Se
dovessimo porre la figura di Gorbacev in un contesto politico e se io mi chiedessi quale delle figure
storiche del passato è quella che più gli si avvicina, e con la quale lui possa essere identificato, io
allora parlerei di Luigi XVI. L'unica differenza è che, allora, i tempi erano onesti e Luigi XVI è
stato decapitato, invece a Gorbacev hanno dato il premio Nobel. Entrambi hanno cercato di salvare
il proprio regime, e hanno sollevato in modo inaspettato per loro stessi una rivoluzione: però
Gorbacev per questa rivoluzione viene esaltato da tutti e gli vengono attribuite tutte le qualità e
anche l'intenzione di fare del bene, invece la rivoluzione di Francia non viene attribuita a Luigi
XVI. In realtà Gorbacev è una figura abbastanza pietosa, mediocre, grigia. L'hanno tradotto - parlo
del suo linguaggio - in modo molto migliore di quanto non suoni la sua lingua in Russia. Io ricordo
un episodio avvenuto nel 1985 a Parigi, quando lui era appena assurto al potere, e io ricordo che la
televisione francese trasmise il suo discorso con i sottotitoli; una quindicina di noi, riuniti nella casa
di Maksimov, a Parigi, lo stavamo ascoltando ed eravamo tutti stupiti da quanto la traduzione
abbellisse la sua lingua. Parlava a vanvera, senza capo né coda, e invece nella traduzione gli
attribuivano un profondo significato filosofico. Ma la sua particolarità consisteva nel fatto che lui
sapeva dare e proporre di sé un'immagine di uomo sottile, di uomo preparato, di uomo colto. Si
trattava di una specie di aura, di atmosfera che lo circondava e che era così difficile da definire e da
afferrare; comunque, una sera, c'era un famoso regista teatrale russo, del teatro Taganka di Mosca.
Dal momento che è un regista teatrale, ha un occhio speciale per le figure, per le espressioni, per il
carattere di un uomo, e lui ha dato di Gorbacev, al suo primo apparire in occidente, una splendida
definizione, dicendo: "Ma questo è un Cecikov fatto e finito!" (Cecikov è il protagonista delle
Anime morte, di Gogol, n.d.t.), un uomo piacevole sotto tutti gli aspetti. Ovviamente, il successo
che Gorbacev ha ottenuto in occidente non ha nulla a che fare con lui personalmente. Il programma
della glasnost e della perestrojka era stato elaborato prima di lui, la stampa occidentale aveva svolto
un programma colossale di propaganda in suo favore, addirittura prima della sua prima apparizione
in occidente; prima ancora che comparisse, già la stampa parlava di lui come di un energico,
giovane, intelligente innovatore e riformatore, e che aveva addirittura una moglie filosofo, quando
in realtà la moglie insegnava marxismo-leninismo. In pratica, l'occidente ha poca voglia di
riconoscere di essere stato fatto fesso, ora come ora, e sebbene risulti chiaro ormai che lui non è
assolutamente la figura che è stata presentata allora all'occidente, continuano a invitarlo all'apertura
di mostre, ai festival, alle conferenze, eccetera, il che ormai appare comico, buffo: da noi in Russia
fa addirittura la rèclame della Pizzafast.

Maurizio Cerruti Si può dire che Gorbacev, in un certo senso, è il prodotto di esportazione russo di
maggior successo, in questo momento. Tornando un po' indietro, mi ha colpito il fatto che gran
parte delle decisioni prese negli anni di Breznev e poi successivamente, erano prese dai vari organi
dirigenti dell'Unione Sovietica all'unanimità: in sostanza discutevano tutti quanti con una stessa
finalità, mentre l'impressione che poi si aveva in occidente di quello che avveniva dietro le quinte
era di una lotta feroce tra colombe e falchi, tra riformatori e conservatori. In realtà cos'era? Un
gioco delle parti che nasceva dall'interno, oppure un'errata visione che avevamo noi occidentali
della situazione?

Vladimir Bukovskij Innanzitutto, da parte dell'occidente c'è sempre stata la tendenza di trovare un
riflesso, negli altri paesi, di quelle che erano le proprie convinzioni, di quello in cui loro volevano
credere. Dal momento che in occidente c'erano le forze di sinistra e quelle di destra, anche in Russia
dovevano esserci delle forze di sinistra e delle forze di destra, e dal momento che i falchi e le
colombe esistono in occidente, i fautori e i contrari alla guerra, anche in Russia doveva essere lo
stesso. Di questo, esattamente, si è servito il regime sovietico, e, a un certo punto, ha cominciato
veramente a inscenare esattamente questa lotta, cioè questo tipo di illusione, esattamente secondo
gli schemi dell'occidente. Svolgevano intenzionalmente, per così dire, il ruolo di quello che avviene
in un romanzo poliziesco, ovvero il ruolo dell'eroe buono e dell'eroe cattivo: da una parte il cattivo
che si vuole assolutamente cacciare dentro, dall'altro, invece, il buono, quello che si vuol salvare,
quello che fa la parte dell'eroe positivo. Ricordo benissimo come fu in occidente: all'apice della
distensione i saggi locali dicevano che assolutamente bisognava appoggiare le colombe del
Cremlino. Ricordo di aver avuto con loro molti dibattiti, anche televisivi, e la mia domanda
preferita era quella di chiedere loro di farmi un elenco dei presunti falchi e delle presunte colombe:
non me li hanno mai dati, perché il giorno successivo gli elenchi si sarebbero potuti capovolgere e il
falco sarebbe diventato colomba e viceversa. Nell'era di Gorbacev tutto questo si è trasformato in
una colossale operazione di disinformazione. Era incredibilmente conveniente: da un lato Gorbacev
diventava il leader del paese e dall'altra parte leader dell'opposizione; in pratica, ha finito per
concentrare in sé il potere esattamente come nell'epoca di Stalin, e tutto il mondo gli stava dietro,
aveva compassione per lui e faceva il possibile per non danneggiarlo, con il risultato che lui, in
pratica, si ritrovò libero di fare tutto quello che voleva. Nel 1989, su suo diretto e preciso incarico,
le truppe sovietiche hanno sedato e represso una dimostrazione pacifica a Tiblisi, in Georgia, uno
spaventoso bagno di sangue, aperto e sfacciato. Che cosa disse l'occidente allora? Che i
conservatori avevano battuto i riformatori al Cremlino, e che Gorbacev, poverino, non era riuscito a
cavarsela, e così un caso dopo l'altro, per salvare il povero Gorbacev in difficoltà dagli attacchi dei
conservatori, l'occidente si è dimostrato disposto a tutti i compromessi, a tutti gli aiuti, agli appoggi
di ogni tipo, pur di salvare il suo amato Gorbacev. Ho calcolato che, dal 1991 al 1999, l'occidente,
per salvare Gorbacev, aveva versato nelle casse dell'Unione Sovietica 45 miliardi di dollari. Questa
situazione è stupefacente perché illustra nel modo più compiuto quella che è la nostra doppia
morale. Il mio collegio di Cambridge, il King's college, una settimana fa ha invitato Gorbacev per
tenere una conferenza. Mi sono arrabbiato moltissimo e ho scritto una lettera indignata al rettore del
mio college: "Che cosa succede? - chiesi - Pinochet sembra che debba finire in prigione, e voi
invitate Gorbacev a tenere un corso di conferenze, quando, tenete presente, Gorbacev è riuscito, in
sette anni di potere, a uccidere più uomini di quanto non sia riuscito a fare Pinochet in tutti i suoi
anni di potere!". Così propongo a loro uno scambio: non sarebbe il caso di invitare Pinochet a
tenere conferenze nel nostro college e di inviare Gorbacev in prigione? I miei colleghi del college
erano tutti indignati dal mio intervento: come è possibile fare un confronto tra Gorbacev e
Pinochet? Questo dimostra una volta per tutte che da noi c'è una moda intellettuale, ormai precisa e
fissa nel mondo, grazie alla quale solo quelli di destra commettono dei delitti, non li commettono
invece quelli di sinistra.

Maurizio Cerruti Tornando indietro ai personaggi della storia sovietica, la mia impressione,
leggendo il libro, è che, in qualche modo, forse il più onesto tra i leader dell'URSS sia stato - a parte
Stalin, che era un personaggio a parte - Chruscev, il quale ha tentato le riforme però senza
mascherarsi dietro un'immagine di liberale. In fondo lui credeva sinceramente a quello che faceva.
Dopo Chruscev che cosa è successo? Come mai c'è stata questa involuzione, questo crollo verticale,
soprattutto dal punto di vista economico?
Vladimir Bukovskij È un'espressione molto forte, io non mi sentirei di definire Chruscev un uomo
onesto: era un cretino, e mentre gli altri parlavano di lotte di classe, lui rispondeva: "Noi vi
sotterreremo". Probabilmente lui, con le sue parole, rifaceva il motto marxista che diceva che il
proletariato è la tomba del capitalismo, lo ripeteva a modo suo. Per quanto riguarda la sua onestà,
ho trovato molti documenti; al tempo in cui, per esempio, lui andava proclamando una pacifica vita
insieme all'occidente, stava preparando uno speciale reparto nel K.G.B. per organizzare il
terrorismo in occidente, e parlava di coesistenza pacifica. Ovvero, si trattava di un programma che
prevedeva di assassinare e preparare gli assassini degli esponenti politici migliori e più energici
dell'occidente. Persino nella situazione in cui, più o meno, il suo comportamento può definirsi retto,
ovvero nella riabilitazione dei detenuti politici staliniani, si è comportato in modo estremamente
immorale, così come risulta dai documenti che compaiono nel libro. Per esempio, non si poteva dire
ai parenti che i loro familiari erano stati fucilati, bisognava solo dire che erano morti in detenzione.
In una cosa lei ha ragione: Chruscev era un uomo imprevedibile, non si sapeva che cosa avrebbe
fatto, un uomo impulsivo. Ha sempre cercato, in qualche modo, di correggere il sistema; era
convinto onestamente che si sarebbe dovuto correggere in modo da farlo funzionare, e in tutti questi
suoi tentativi a vuoto, svelava ancora di più l'incapacità congenita di quello che era il sistema
sovietico, la debolezza interna. Finiva per dividere o disintegrare i comitati regionali per poi riunirli
nuovamente, era andato in America e ha visto quanto bene cresceva il grano laggiù e ha deciso di
piantarlo al Polo Nord: aveva una massa enorme di idee, però il sistema era ormai talmente
stabilizzato che solo pensare di realizzare le idee di Chruscev e portarle nella realtà, suscitava solo e
semplicemente il riso, pareva comunque assurdo. Io ritengo che Chruscev sia stato l'ultimo leader
sovietico che, in qualche modo, credeva nel socialismo o in qualche forma di socialismo, e pertanto
cercava di introdurre testardamente, di fare qualcosa, e con questo ha mandato in malora il sistema.
Poi, invece, sono venuti degli uomini che, viceversa, non volevano toccare il sistema in nessun
modo, lo volevano conservare esattamente com'era senza cambiare nulla all'interno di esso, per cui
si è avuta l'impressione che dopo Chruscev il sistema in qualche modo è peggiorato, io invece sono
stato in prigione all'epoca di Chruscev. Nell'epoca di Chruscev c'erano quasi cinque volte più
prigionieri politici che in altri periodi.

Maurizio Cerruti Quindi già funzionava la politica dell'immagine, che poi è stata riscoperta da
Gorbacev. Una cosa che mi ha colpito del libro è un passaggio in cui accenna al fatto che, in fondo,
il sistema sovietico è come un nazismo che non ha subito il processo di Norimberga, che è andato
avanti protetto dietro al suo schermo di bombe atomiche. Può dirci qualcosa su questo argomento?
Vladimir Bukovskij Prima di tutto vorrei dire che questo libro è nato proprio dal mio desiderio di
riuscire a fare, in Unione Sovietica, un processo sul genere del processo di Norimberga. Nell'agosto
del 1991 a Mosca successe il putch, il golpe, e io, per combinazione, mi trovavo in tasca un visto di
entrata per il 25 agosto. Mi sono accorto, già al secondo giorno - ero ancora in Inghilterra,
ovviamente - che il putch non avrebbe avuto esito alcuno, e dopo poco, il 25, io mi recai a Mosca di
persona. Il mio scopo immediato era, partendo da Londra e arrivando a Mosca, quello di mettere le
mani sugli archivi. Approfittando della confusione, della rincorsa al potere, della gente in conflitto
gli uni contro gli altri, io avrei messo le mani sugli archivi, perché sapevo bene che quel mostro lo
si sarebbe potuto distruggere solo mettendo le mani sui suoi segreti. Arrivai quindi a Mosca,
conoscevo un personaggio dell'entourage di Eltsin, sono andato da lui e gli proposi l'idea di istituire
un processo. Comunque, con loro era un po' difficile fare un discorso filosofico, quindi preferii far
loro un discorso molto più semplice e chiaro. Invece di parlare di una lotta contro i mali universali
dissi: "Guardate, bisogna ferire l'animale ferito finché è ferito perché, se gli consentiamo di
sopravvivere, quello continuerà a svolgere il suo lavoro. Adesso approfittiamo del fatto che i
golpisti sono tutti in prigione, cerchiamo di istruire un processo contro di loro, trasformiamolo in un
processo contro il partito - e sarebbe stato molto semplice abbinare le due cose, perché loro erano
contemporaneamente sia leader del partito sia dello Stato - e facciamo in modo che si tratti di un
processo pubblico, come succedono, per esempio, i processi nelle commissioni al Congresso
americano, e pubblicamente, davanti agli occhi di tutti, apriamo un volume d'archivio dopo l'altro, e
discutiamoci sopra". La cosa strana è che riuscii a convincere quasi tutti, a parte Eltsin. Eltsin capì
subito che quella non era cosa che gli sarebbe convenuta, ha capito subito che avrebbero cominciato
dai golpisti e avrebbero finito con lui, per cui si rifiutò categoricamente e oppose un netto rifiuto,
quindi me ne tornai a casa, mi misi il cuore in pace, e ormai sulla Russia avevo messo una croce
sopra, ero convinto che non ci sarei più tornato; ma nella primavera del 1992 successe esattamente
quello che io prevedevo: i comunisti si sono svegliati di botto, e non solo si sono svegliati ma
addirittura hanno mosso all'attacco e hanno chiamato in causa Eltsin presso la Corte Costituzionale,
per discutere la decisione di Eltsin di mettere fuori legge il partito e di deciderne più o meno la
legalità e la costituzionalità. A questo punto, tutto l'entourage di Eltsin si spaventò, perché si rese
conto che avrebbero potuto benissimo perdere il processo. Allora uno dei più stretti collaboratori di
Eltsin mi telefonò a Cambridge invitandomi ad andare a Mosca, chiedendomi aiuto, esprimendomi
la paura che, essendo la gran parte del collegio dei giudici a favore del partito, ci sarebbe stata la
probabilità di perdere il processo, e, quindi, chiedendo il mio aiuto e il mio appoggio. Io
acconsentii, però a una condizione, dissi: verrò, solo qualora voi apriate gli archivi. Acconsentirono
ad aprire gli archivi, però a condizione di tenerli aperti solo ai fini processuali e nel periodo della
celebrazione del processo. Crearono quindi una speciale commissione presidenziale, al fine di poter
togliere il sigillo del segreto agli archivi e aprirli per un tempo limitato, corrispondentemente alle
necessità processuali, e io venni designato esperto presso la Corte Costituzionale. In tal modo mi
diedero la possibilità di richiedere espressamente determinati documenti d'archivio, la commissione
avrebbe sostenuto la mia richiesta, e avrei ottenuto le carte necessarie; ma dal momento che io
conosco bene i miei ex compatrioti, sapendo benissimo che nessuno mi avrebbe dato la possibilità
di fare delle fotocopie, decisi di provvedere per conto mio. Avrebbero opposto le scuse più strane: la
fotocopiatrice s'è rotta, manca la carta, il documento non c'è, quindi non avrei potuto copiare nulla.
Quindi decisi di comprarmi un computer portatile, con uno scanner, anch'esso portatile. Uno
scanner portatile, da abbinare a un computer portatile, era, a quel tempo, una novità anche per
l'occidente, e tanto più in Russia, e quindi immaginai che non avrebbero assolutamente capito
quello che stavo andando a fare. Così infatti avvenne: io mi trovavo nella sede della Corte
Costituzionale, il processo si svolgeva: da un lato gli ex membri del comitato centrale del Politburo,
sull'altra sponda i membri e i ministri dell'entourage di Eltsin, e io, nel mezzo, seduto tra di loro,
tranquillamente passavo allo scanner 48 volumi di documenti. Naturalmente il mio computer
suscitava molta curiosità; durante gli intervalli mi si raggruppavano alle spalle, mi guardavano da
dietro le spalle e l'unico argomento che li interessasse era il valore: "Quanto costa uno strumento
come questo?", "Costa, costa". Solo alla fine, mentre stavo copiando il quarantottesimo volume, a
uno di loro si accese una lampadina e gridò: "Ma quello, li sta copiando!" e si fece un silenzio di
tomba. Io finsi che la cosa non mi riguardasse per nulla e continuai tranquillo a copiare, ma quello
non si diede per vinto e disse: "Ma quello farà pubblicare tutto 'di là'!", ovvero in occidente. Io,
tranquillamente, chiusi il mio computer, ordinai i miei fogli e mi avviai verso la porta, e, con la
coda dell'occhio, vidi la scena del mutismo, pari alla scena conclusiva dell'Ispettore generale di
Gogol. Da lì andai all'aeroporto e tornai a Cambridge. Sulla base di quei documenti è nato questo
libro, e ora tutti i documenti copiati hanno un sito internet, anche se purtroppo è uscito un errore
tipografico nell'indirizzo, comunque sono tutti a disposizione e possono essere consultati grazie
all'aiuto dei miei amici americani.
Maurizio Cerruti Praticamente non è sfuggito niente? È riuscito a fare tutti e quarantotto i volumi
o…
Vladimir Bukovskij Anche qualcosa di più, perché poi ne richiedevo espressamente di altri. Non
dimentichiamo che l'Italia e la Russia sono un po' un "casino", quando tu chiedi una cosa te ne
arriva un'altra. Per esempio, una commissione arriva con un grosso fascicolo, e mi dice: "Guarda,
qui dentro ci sono tutti i segreti di stato. Sono tutti coperti dal segreto. Questi non te li mostreremo
mai!", poi intanto c'è l'intervallo del pranzo, il funzionario mi appoggia questo fascicolo sul tavolo e
se ne va a mangiare. Ovviamente io sono curioso di vedere che razza di segreti stanno lì dentro,
apro quindi il fascicolo e copio tutto quello che è successo. Un altro modo è quello, per esempio, di
instaurare rapporti personali con gli archivisti: con qualcuno hai qualche rapporto privilegiato, gli
chiedi qualche documento specifico, lui ti fa il favore, quindi te ne arrivano di altri: "Siamo russi
tutti e due, quindi cerchiamo di trovare un accordo…", un po' di cioccolata per le signore, per
esempio, un po' di cognac per gli uomini. Il capo della commissione era allora il ministro per la
stampa e la comunicazione, amico carissimo di Eltsin, e spesso, nella sua dacia, di sera, a un tavolo,
finivamo per bere un mucchio di vodka insieme, per cui, come en passant, gli dicevo, dopo la
seconda bottiglia di vodka: "Guarda, ti ho ordinato 500 documenti domani, sono tutti segreti: per
favore, fammeli consegnare", e lui, ubriaco, rispondeva: "Quanti, 500? Va bene. Dai, beviamoci
sopra". Questa è la Russia, e la disciplina non c'è.

Maurizio Cerruti Questo clima che si è creato, questa finestra che si è aperta, adesso si è richiusa
oppure ancora adesso lei può andare ancora abbastanza liberamente e magari preparare qualche
volume per il futuro?
Vladimir Bukovskij Almeno alla fine del processo tutto è stato richiuso e inoltre è passata una
nuova legge che ha sottoposto tutti gli archivi contenenti i documenti dell'ultimo trentennio a un
regime di segretezza, però non solo questo periodo è stato sottoposto al segreto, addirittura i
documenti riguardanti gli inizi del potere sovietico adesso sono sotto regime di segretezza. Solo
documenti poco interessanti possono emergere di qua e di là, in realtà tutti gli archivi sono chiusi.
La cosa paradossale, ora come ora, è che i documenti che ora voi potete leggere, che compaiono in
questo libro, sono diventati segreti di nuovo, sono sottoposti a regime di segretezza. Li potete
vedere in internet, ma non più in originale. Andando invece nella sede degli archivi, diranno che
non è possibile averli perché sono secretati.

Maurizio Cerruti Torniamo al momento del famoso golpe, che mi sembra un passaggio chiave.
Apparentemente, in occidente, sembrò che un gruppo di vecchi dirigenti, legati al passato, tentarono
di rovesciare Gorbacev per tornare indietro e quindi sconfiggere il riformismo, però l'impressione, a
leggere il libro, è tutt'altra. Può essere dettagliato su quest'aspetto, cioè, il ruolo di Gorbacev e il
ruolo di Eltsin in questo passaggio?

Vladimir Bukovskij Purtroppo non ho avuto in mano questi documenti, perché si trattava di
fascicoli separati che riguardavano il periodo di inquisizione sul putch. Il periodo istruttorio non era
ancora concluso, però il procuratore generale, al processo, ha portato con sè questi volumi dei
documenti di materiale istruttorio. Non ho potuto purtroppo nè copiare nulla nè prendere qualcuno
di questi volumi con me, però sono riuscito a sbirciare. L'istruttoria ha stabilito che Gorbacev era al
corrente del putch e che il putch non era diretto contro di lui. È stato invece il tentativo di
proclamare la legge marziale nel paese, tentativo che si stava preparando già nell''89. Era stata
elaborata addirittura una serie di leggi relative alla proclamazione della legge marziale. Addirittura
si può dire che, nel gennaio del 1991, loro misero in atto un piccolo putch nei paesi baltici. Chi
ricorda gli avvenimenti baltici di allora trova una straordinaria coincidenza nello schema e nella
procedura con il putch di Mosca dell'agosto del '91. Il sistema sovietico, prima di attuare alla grande
un esperimento, ha sempre condotto un test, un saggio a livello minore. Quindi avvenne
l'esperimento nei paesi baltici, però la reazione a tale "esperimento" fu talmente grave che Gorbacev
si è spaventato. Nei loro piani, in base ai documenti che ho visto, si sarebbe dovuto introdurre la
legge marziale alla fine di marzo, inizio aprile 1991, però, all'epoca, il paese era ormai
incontrollabile; si verificavano colossali dimostrazioni nel paese, una addirittura a Mosca alla quale
partecipò mezzo milione di persone, e milioni di minatori scioperavano nel paese. In aprile la
tensione era diventata talmente bollente che venne proclamato uno sciopero generale di un giorno.
Più di 50 milioni di persone aderirono allo sciopero generale. A quel punto a Gorbacev fu chiaro che
se avesse introdotto la legge marziale nel paese, la resistenza sarebbe stata colossale e decise di
posticipare la cosa. D'altro canto gli faceva molto comodo avere l'immagine del liberale in
occidente e non voleva figurare come capo di coloro che introducevano la legge marziale. Era
necessario quindi trovare il modo di proclamare sì la legge marziale, ma in qualche modo senza il
suo diretto intervento. Così nacque l'agosto. Lui se ne andò in Crimea e disse ai colleghi di agire.
Una volta fatto, lui sarebbe tornato. Però tutto prese a non funzionare: l'esercito si rifiutò di
obbedire, per il semplice fatto che i capi militari avevano il timore di fare qualsiasi cosa senza
l'approvazione diretta di Gorbacev; capivano perfettamente che sarebbero stati in un primo tempo
utilizzati e poi fucilati. Si rifiutarono dicendo: "Dov'è il comandante generale? - nella fattispecie
Gorbacev - Dia l'ordine e noi ubbidiremo". Come si può immaginare che quelli che hanno ordito il
complotto vadano a consultare la loro vittima designata? Quello che io mi immagino è che loro si
siano recati da Gorbacev a ricevere aiuto. "Ci dia una mano, Michail Sergeij" hanno detto. Questo è
successo. Nel 1993 era stata decisa l'amnistia nei confronti di tutti i partecipanti al putch. Uno solo
si rifiutò di accettare l'amnistia, era il generale Varishnikov: "Non voglio l'amnistia: io voglio essere
processato". Lo processarono e gli diedero ragione, per il semplice fatto che aveva agito su incarico
di Gorbacev. Però la cosa stupefacente è che io ho trovato un solo giornale in occidente che ha
riportato questa notizia, piccolissima, due righe, ed è finita lì. Questi sono i nostri putch.

Maurizio Cerruti A questo punto farei un'ultima domanda e poi passerei al pubblico. Volevo
chiedere in particolare: perché l'inganno dell'occidente? È veramente un inganno oppure è un gioco
delle parti, per cui a un certo punto all'occidente ha fatto comodo presentare Gorbacev come il
liberatore? Mi sto chiedendo se sia stato il vecchio regime sovietico che ha ingannato l'occidente,
oppure è stato un gioco delle parti per…
Vladimir Bukovskij È una domanda buona ma molto lunga. Dobbiamo tenere presente che
l'occidente non è omogeneo. Le forze occidentali di sinistra volevano coscientemente andare alla
ricerca di un inganno, volevano essere ingannati. Ho trovato un documento magnifico, del 1991, ed
è un rapporto della sezione internazionale del comitato centrale, pochi mesi prima che cadesse il
regime. In questo rapporto si dice che i partiti socialisti, socialdemocratici occidentali sono molto
preoccupati di un'eventuale caduta del regime per il semplice fatto che un crollo dell'idea in oriente
avrebbe portato a una crisi dell'idea in occidente, per cui, spontaneamente, da parte dei leaders di
maggior prestigio dell'occidente, come Mitterand e Gonzales, si propone al regime l'aiuto per
sostenerlo e impedirgli il crollo. Addirittura concretamente Pierre Leroi, ex ministro di Francia, si
offre di andare a Mosca personalmente per discutere i modi e i tempi per risolvere il problema:
semplicemente stupefacente. Se di questo scrivono nel 1991, vuol dire che il problema li affliggeva
da tanto, il che significa che alle forze occidentali di sinistra sin dall'inizio non conveniva il crollo
del regime, e quindi da qui il sostegno cosciente di Gorbacev. Lui infatti cercava di salvare il
socialismo, il che era perfettamente compreso in occidente. Ecco quindi che gli creano l'immagine
del lottatore per la democrazia e del fautore di una vita migliore, infatti lo appoggiano fino
all'ultimo istante. Ora, guardando quel che succede nel mondo, dobbiamo dire che loro ce l'hanno
fatta, che hanno avuto partita vinta. In Russia sono rimasti al potere gli ex comunisti e al potere in
occidente abbiamo ora o gli ex o i neo comunisti, chiamateli come volete, o i socialisti o i
socialdemocratici. Tutta l'Europa al giorno d'oggi è socialista, con la sola esclusione della Spagna.
Come la mettiamo con i conservatori? A questo proposito posso dare una risposta molto
frammentaria, non una risposta generale: vi posso portare l'esempio di Margaret Thatcher,
sicuramente una delle figure più significative, più chiaramente anticomuniste e conservatrici
dell'Europa occidentale e tuttavia una delle prime che ha accolto generosamente Gorbacev e che lo
ha appoggiato. Devo dire che la conosco dal 1986 e posso dire che abbiamo fatto amicizia.
Abbiamo discusso per sette lunghi anni cercando inutilmente di dimostrarle che Gorbacev voleva
esattamente l'inverso di quello che voleva lei e mi rendevo conto che non voleva assolutamente
capirmi. Nei confronti di Gorbacev aveva una specie di istinto materno, era quasi un suo figlioletto,
era quasi come una sua creatura. Bisogna dire che mi ha veramente fatto infuriare, finché alla fine
sono riuscito a trovare i documenti che volevo, riguardanti gli scioperi dei minatori inglesi avvenuti
nel 1984, uno sciopero estremamente importante per lei, perché se i minatori avessero avuto
successo il suo regime sarebbe caduto, lei sarebbe caduta. Nel momento culminante dello sciopero,
quando più ne avevano bisogno, l'Unione Sovietica inviò 1.000.000 di dollari a sostegno dei
minatori inglesi, e chi è stato colui che ha firmato la risoluzione a proposito di questo trasferimento
di denaro? Gorbacev. Le ho portato il documento, gliel'ho messo sotto il naso, ho messo il dito sulla
firma e ho detto: "Eccolo qui il tuo Misha!". Lei è impallidita, e mi chiese: "Quando l'ha firmata?".
Le trovai la data. "È ancora peggio - dice - perché esattamente in quest'epoca io gli ho posto una
domanda diretta e lui mi ha detto che non sapeva nulla in proposito"; io mi sono letteralmente
fregato le mani, e le ho detto: "Vedi, questo significa fare affari con il comunismo. La loro abitudine
è quella di guardarti negli occhi e di mentire". Lei ha taciuto e poi ha commentato: "Non sono
un'ingenua". A mio avviso era molto ingenua.

Ruggero Chinaglia In alcune pagine del suo libro si occupa ampiamente della questione Italia, in
particolare dell'attualità italiana che va sotto il nome, negli ultimi anni, di "mani pulite", emblema,
per alcuni, della trasformazione civile, politica, morale. Quali sono, a suo parere, le radici di questa
operazione detta "mani pulite"?

Vladimir Bukovskij Ne scrivo abbastanza compiutamente nel libro. Tenete presente che io queste
cose le ho scritte nel 1992-93. Allora dissi che si trattava di un'operazione del partito comunista per
arrivare al potere. Ora, a distanza di cinque, sei anni, si può dire che avevo ragione. Ovviamente
non avevo documenti in proposito, perché stavano ben al di fuori dei confini dei documenti a cui io
avevo avuto accesso; avevo tuttavia a disposizione molti documenti a proposito dei rapporti
finanziari tra Mosca e il partito comunista italiano, e alcuni di questi compaiono nel libro. Bisogna
anche dire che, non appena li trovai, mi affrettai a spedirli in Italia ai miei amici. Alcuni documenti
uscirono su alcuni giornali: vennero fatte delle mozioni in Parlamento a proposito dell'illegalità di
questi finanziamenti al partito comunista, ed è a questo punto che è iniziata l'operazione "mani
pulite", cosa che di per sé mi suscita sospetto. Prima cosa: se noi combattiamo contro la corruzione,
dobbiamo combatterla dovunque essa sia, quindi, la lotta contro la corruzione, se concentrata sui
partiti minori... C'era sicuramente, però, per qualche strana ragione, si è bloccata di fronte agli
immensi, sicuramente illegali finanziamenti che riguardavano uno dei partiti maggiori, e non c'è
stata alcuna indagine sul loro conto. Io ho mandato questi documenti a tutti, li ho inviati alla
stampa, ai giornalisti, ai politici, alle personalità pubbliche, e tuttavia non è mai stata iniziata una
seria istruttoria da parte della magistratura italiana nei confronti di questo tipo di finanziamenti. I
miei amici italiani mi hanno detto che da tempo la magistratura italiana era infiltrata da gente del
partito comunista, per cui per me, all'epoca, sentendo questo tipo di spiegazioni, fare due più due
uguale quattro, è stato abbastanza semplice, e riuscire anche a capire dove sarebbe andata a parare
un'operazione come questa. Non mi sono sbagliato ed è successo quello che ho previsto.

Ruggero Chinaglia Recentemente è stata approvata una legge che riguarda il "consenso
informato", in base alla quale ogni cittadino, a meno che non lo neghi espressamente, dona i propri
organi. Cosa le sembra?

Vladimir Bukovskij Nessuno vuole i miei organi perché fumo troppo, però dal punto di vista
giuridico la questione è molto discutibile, cioè, come si può effettivamente realizzare? In Inghilterra
avviene l'inverso, è necessario dare disposizione specifica perché possano prelevarli, e senza questa
autorizzazione personale non si possono toccare. Direi che nel vostro paese è avvenuta una
dilatazione, in questo senso, che non corrisponde a quella che è la pratica a livello mondiale.

Ruggero Chinaglia Non le sembra che questa formula, che dà per scontato un assenso, possa
configurarsi in direzione di un indicatore della credenza nel suddito e di conseguenza nel plagio?

Vladimir Bukovskij Va detto che un concetto come questo era abbastanza tipico dell'Unione
Sovietica, nel senso che tutto quello che non veniva espressamente consentito, era vietato. Era
necessario, ovvero, affermare espressamente un diritto, in modo che esso funzionasse, quando
invece, dal punto di vista della prassi internazionale, avveniva espressamente l'inverso. Io direi che,
da questo punto di vista, il fatto che sia comparso questo modo di pensare è un segno abbastanza
negativo. Ho l'impressione che, se si dovesse continuare su questo esempio, interverrebbero molte
limitazioni della libertà degli uomini, quindi molte opposizioni ad esse. Dal punto di vista di un
uomo che si è sempre occupato di diritti umani, direi che una cosa del genere va intesa come
pericolosa.

Ruggero Chinaglia Negli ultimi vent'anni almeno, una delle conquiste dell'occidente è stata
considerata la libertà sessuale. In termini intellettuali, considera questa una conquista della libertà?
Vladimir Bukovskij Esaminiamo il mondo attuale, cercando di individuare quali sono le sue
tendenze, in quale direzione si muove il suo sviluppo. Dovremmo dire che il modello propostoci da
Orwell, che è servito da spauracchio nella prima metà di questo secolo, ormai non è più tale, e ci
siamo arrivati molto vicini però non ci siamo arrivati del tutto; in questo senso il 1984 si può dire
non sia mai arrivato. C'è stata però, nel nostro secolo, un'altra grande anti-utopia, di cui gli uomini
sembrano essersi dimenticati: io intendo Aldus Huxley, The brave new world. Io invito tutti coloro
che hanno letto il libro tempo fa o che non l'hanno ancora letto, a leggerlo, perché è un libro
veramente profetico, che merita di essere letto. È esattamente il modello propostoci da Huxley in
questo libro che ora si sta realizzando: è una specie di modello di dittatura più raffinato, costruito
sul principio che tutti gli uomini devono essere necessariamente felici, che non devono avere
problemi di sorta, e, se questi dovessero sorgere, bisogna ingoiare una pillola. La pillola di Huxley
si chiama soma, noi abbiamo il Prozac, per esempio, molto vicino al soma; tra una ventina d'anni lo
perfezioneranno e diventerà il soma di Huxley. In questa anti-utopia, in questo libro, nel mondo non
esiste più la famiglia, la libertà sessuale è assoluta e si cambia partner ogni giorno. Huxley lo spiega
in un modo splendido, e lo scrive in modo splendido: "Quando diminuisce la libertà intellettuale, il
dittatore saggio aumenta la libertà sessuale". Accendo la televisione, oggi come oggi - e sono, vi
assicuro, tutt'altro che un puritano - e non vedo altro che sesso. Allora mi chiedo perché, chi può
avere deciso una cosa come questa, e ricordo Huxley. Tutti siamo in grado di capire che il sesso è
un bellissimo sostituto di quella che è la libertà reale.

Dal pubblico Vorrei sapere la sua opinione su Eltsin e sul popolo russo. Vladimir Bukovskij Per
quanto riguarda Eltsin, è una figura molto contraddittoria e, a suo modo, tragica. Ha effettivamente
avuto un impulso verso il meglio, e sinceramente, onestamente, ha desiderato di migliorare la
situazione del paese, ma, ahimè, si è rivelato inadatto al ruolo a cui la storia lo ha designato, e il suo
apice, il suo momento migliore è stato durante il putch di agosto, il suo momento magico è stato
quando, durante il putch, si è arrampicato sul carro armato e ha chiamato il popolo russo a opporsi
al comunismo, ma purtroppo gli è bastato scendere da quel carro armato per cominciare a fare
errori. Non si è rivelato un uomo forte, e gli è mancato il coraggio di istituire il processo al
comunismo. Si è purtroppo di fronte alle forze comuniste che continuamente si riproponevano, e lui
ha sempre dimostrato di cedere. Purtroppo ha ceduto, tranquillamente ha consegnato al nemico
almeno quattro o cinque gruppi di suoi stretti collaboratori, e quindi ha finito per ritrovarsi loro
ostaggio. Oggi come oggi si differenzia poco dal Breznev e dal Cernienko degli ultimi tempi, non si
capisce bene se sia vivo o morto. Le decisioni non le prende lui ma il suo entourage, e lui fa
addirittura fatica a firmare i decreti emessi da lui stesso. Io non so cosa succede a voi, ma quando lo
vedo alla televisione provo pietà per lui, e mi capita di pensare: se tu fossi morto due o tre anni fa
saresti stato una grande figura della storia. Questo è quello che provo per lui.

Massimo Meschini Dal dibattito molto interessante di questa sera, e anche da ciò che emergeva in
un dibattito che ho avuto la fortuna di seguire a Roma, veniva posta da Bukovskij la questione che
la mancata elaborazione della questione comunista in occidente è andata di pari passo alla presa del
potere da parte della sinistra in Europa. Alla luce di quello che stiamo dicendo questa sera, può dire
qualcosa di più intorno alla "mancata elaborazione della questione comunista"? È mancata
l'elaborazione della possibilità di controllare le masse, secondo un regime utopico, e in questo senso
ciò coinvolgerebbe tanto la sinistra quanto la destra? La connivenza rispetto al sistema sovietico, è
forse dovuta alla mancata elaborazione della novità della politica, anche in occidente, e quindi al
fatto che anche l'occidente si piegasse agli stessi pregiudizi, in parte, dell'Unione Sovietica?

Vladimir Bukovskij Il fatto, purtroppo, che l'umanità si sia dimostrata incapace di elaborare, di
arrivare al livello intellettuale necessario per raggiungere la comprensione della questione
comunista, è estremamente doloroso e va preso in considerazione. Questo è per me doppiamente
triste, come uomo rappresentante di un paese che a causa di un regime ha visto perdere e perire
decine di milioni di persone. Sarebbe già una giustificazione se, dopo tutte queste vittime e tutti
questi strazi che hanno afflitto il mio paese, l'umanità fosse diventata di una sola virgola più
intelligente di prima, e il fatto che ciò non sia avvenuto è un'offesa nei confronti della memoria di
tutti quei milioni di persone. Rende senza senso sia la loro morte che la mia vita. La loro morte non
si differenzia dalle vittime prodotte da un terremoto. Se alla fine del nazismo l'uomo ha trovato
dentro di sé la necessità e la capacità di riconoscere e assumere la responsabilità di fronte a questo,
questo sarebbe già un fattore positivo. Ahimè, questo non è avvenuto alla fine del processo
comunista. Non si tratta nemmeno del fatto che tutto ciò suoni come offesa alla memoria delle
vittime. Questo significa ancora che tutti gli errori commessi lungo il secolo ventesimo
continueranno puntualmente a ripetersi, e, ahimè, si stanno ripetendo mentre noi siamo qui seduti a
chiacchierare in questa sala, e al posto di una sola utopia, appaiono una miriade di altre utopie che
vanno a occupare il posto lasciato da quella. È stato poco l'esempio di quel terribile mostro che era
l'Unione Sovietica, che grazie al cielo ci ha lasciato la pelle. Non è bastato l'immagine di questo
mostro, perché gli occidentali, l'Europa occidentale è pronta a ricreare per sé un altro mostro simile.
Inoltre, con incredibile precisione, stanno rimettendo in piedi tutte le sue strutture; per esempio, in
connessione adesso con le dimissioni della Commissione Europea, è emerso che dal punto di vista
giuridico nessuno avrebbe potuto desautorarla, che nessuno l'ha eletta e che i membri di essa si
eleggono tra di loro, reciprocamente. Spiegatemi allora la differenza fra questa commissione e il
Politburo. Forse ci sono stati troppo pochi esperimenti nell'Unione Sovietica per arrivare
all'amicizia fra i popoli, alla fine dei quali il risultato è stato quello di vedere che tutti i popoli
dell'Unione Sovietica hanno cominciato a odiarsi gli uni gli altri. Indipendentemente da tutto quanto
è successo e dimenticando questi esempi, vogliono creare una specie di casa comune europea,
ripetendo puntualmente tutti gli errori fatti, che porterà le stesse conseguenze e creerà odio. Sembra
che siano stati pochi i tentativi, nell'ambito di 73 anni, di istituire un'uguaglianza generalizzata,
valida per tutti; come risultato questo tentativo ha dato il paese più privo di uguaglianza esistente
sulla faccia della terra. Non sono bastati questi 73 anni di tentativi perché, adesso, l'Europa sta
cercando di nuovo di proporre, di istituire questa eguaglianza fra gli stati, in nome della
socialdemocrazia. Tutte le utopie condividono qualche cosa, e io speravo che alla fine di questo
nostro secolo gli uomini arrivassero per lo meno a delle deduzioni elementari e non fossero più lì a
rompersi la testa con queste utopie morte, mentre sembra invece che questo non debba succedere.
Quando sentiamo parlare di pulizie etniche si sveglia la memoria di quello che ci ha ricordato il
processo di Norimberga. Invece non abbiamo nulla da obiettare quando ci parlano di eguaglianza
sociale forzata. Le utopie hanno in comune l'incapacità di riconoscere la sovranità della personalità
dell'uomo in sè. Tutte le utopie hanno condiviso la stessa credenza nella possibilità di perfezionare
la natura umana con l'aiuto delle condizioni esterne. Per questi utopisti l'uomo rappresenta una
tabula rasa, un recipiente vuoto. Se mai c'è stato un desiderio che ho voluto affermare in tutta la mia
vita, è stato quello di far vedere che io non sono una tabula rasa, io non sono una cosa che si può
spostare di qua e di là: io porto in me la capacità di decidere di quello che sono e di quello che
voglio essere, e, di conseguenza, anche la responsabilità di quello che faccio. Guardate invece
attorno quello che succede: oggi, ahimè, sono tutti vittime e nessuno ha responsabilità alcuna. Io
guardo con spavento quello che succede in Inghilterra: le donne sono tutte oppresse e gli oppressori
sono gli uomini. Tutte le nostre minoranze etniche sono represse, soffrono e sono vittime; altrettanto
dicasi degli invalidi, e nessuno ha responsabilità, e io con stupore guardo quanto avviene intorno a
me e mi dico: io ho passato 12 anni nei lager sovietici, e tuttavia non mi sento vittima per averlo
fatto.

Ruggero Chinaglia Bukovskij ha risposto adesso alla domanda che gli avevo posto intorno al
plagio, in quanto mi pare molto preciso che ogni ideologia, ogni idea del vittimismo è l'altra faccia
della credenza nel plagio.
Dal pubblico Volevo chiederle un suo giudizio sulla situazione ebraica durante il regime sovietico,
poi un giudizio sulla situazione politica attuale in Italia e da quando le risulta sia iniziato il
sovvenzionamento da parte del partito comunista sovietico al partito comunista italiano e se
attualmente è finito o le risulta che continui ancora.

Vladimir Bukovskij Per quanto riguarda la situazione degli ebrei la questione è molto lunga. È una
cosa che risale al secolo scorso, quando c'erano molti comunisti ebrei. Fra gli ebrei c'erano molti
comunisti, i quali molto in fretta sono rimasti delusi. Stalin ha provveduto a fucilarne. Dalla mia
epoca, quando io crescevo, mi ricordo che ero ragazzino di otto, nove anni quando è cominciato il
famoso processo dei medici avvelenatori. In pratica tutto si riduceva al fatto che si trattava di
dimostrare che tutti questi medici avvelenatori erano ebrei. Io non ho visto i documenti, ma è
risaputo che l'intenzione di Stalin era quella di far deportare in blocco tutti gli ebrei in Siberia. In
pratica gli ebrei sono stati salvati dalla morte di Stalin: è stata solo la sua morte che ha impedito che
questo si avverasse. Nel periodo successivo, negli anni '60, il regime sovietico ha assunto una
finalità fortemente antisemitica, a causa della sua politica nel vicino oriente, nel senso che i paesi
arabi erano alleati dell'Unione Sovietica, di conseguenza Israele era nemico. Ufficialmente non si
definivano antisemiti ma antisionisti, però era sempre la stessa cosa, e molto spesso testi di chiara
fattura antisemitica venivano pubblicati sulla stampa con l'etichetta di antisionisti. Questo ha
comportato l'ondata di emigrazione in Israele degli anni '70. Questo è durato pressappoco fino alla
fine del regime. Con Gorbacev grossomodo si è risolto. A dispetto di quanto si pensi in occidente, il
regime sovietico è stato antisemita per la maggior parte del tempo. Potevano dare una formulazione
diversa, ma in sostanza si trattava di antisemitismo. A quanto mi risulta, i finanziamenti al partito
comunista italiano da parte del partito comunista sovietico ci sono sempre stati, in pratica dalla
prima creazione, dalla divisione dei comunisti dal partito socialista, cioè dai tempi del Comintern,
già sono cominciati i finanziamenti, dopodiché, dopo il Comintern si sono realizzati attraverso la
sezione internazionale del Comitato Centrale. Per darle un'idea dell'ammontare di questi
finanziamenti, nel 1967, nei primi sei mesi dell'anno, Mosca ha passato al partito comunista italiano
3 milioni e mezzo di dollari, e solo per sei mesi. All'inizio degli anni '70 sono passati a forme più
raffinate di finanziamento, attraverso ditte cosiddette "degli amici", che facevano in fondo da
mascheratura. Si creavano delle ditte fittizie che erano controllate dal partito comunista italiano.
Ufficialmente si davano al commercio con il Ministero del Commercio Estero sovietico e in questo
modo venivano "pompati", ho trovato alcuni documenti interessanti in proposito. Nel 1983, grazie a
una decisione del Politburo, il partito comunista guadagnò 4 miliardi di dollari attraverso
un'operazione compiuta con una ditta chiamata Inter-Export, appartenente al partito comunista, con
un certo signor Remigio suo rappresentante, che consisteva nel dare un credito a questa ditta,
nell'abbassare il prezzo del petrolio e di dilazionare la restituzione del debito, e questo avveniva
quasi ogni anno, non era l'unico caso questo, ovviamente, e c'erano molte di queste ditte e i soldi
circolavano attraverso di esse.

Dal pubblico E attualmente c'è ancora qualcosa?

Vladimir Bukovskij La Russia non ha soldi, adesso, non possono. Hanno troncato i finanziamenti
per mancanza di fondi, però hanno continuato i finanziamenti fino al '91 compreso, cioè fino
all'ultimo istante, sotto Gorbacev, ovviamente. L'occidente dava i soldi a Gorbacev e lui li
distribuiva ai comunisti.

Maurizio Cerruti Abbiamo fatto un po' una trivellazione nel pianeta Unione Sovietica, Russia, di
questo enorme paese, il più grande del mondo, che è stato in fondo l'ultimo grande impero che ha
resistito fino quasi alle soglie del 2000 prima di collassare, nel senso che i vari imperi sono crollati
uno dopo l'altro con la prima guerra mondiale, e poi invece la Germania ha tentato di ricrearne uno
senza riuscirci. Il parallelo che Bukovskij ha fatto con l'Europa un po' mi preoccupa, anche se è un
parallelo non proprio diretto ma un richiamo a questo tentativo di riunire l'Europa sotto una nuova
forma, in una forma democratica che secondo lui non prospetta niente di buono. Io, con l'ottimismo
della speranza, mi auguro che la forza dell'economia, della moneta, del benessere che in qualche
modo accomuna quasi tutti questi paesi che aderiscono all'unione in qualche modo aiuti a evitare gli
errori del passato e a ricadere nella tendenza totalitaria che nasce sempre quando il potere è troppo
concentrato ed è troppo forte e racchiuso in poche mani. Il fatto che la commissione europea abbia
dato le dimissioni spontaneamente, o per lo meno senza alcun intervento esterno, diretto, è un
segno. Diciamo che nel Politburo una cosa del genere non era mai successa, quindi l'augurio è che
in qualche modo si cerchi di costruire qualcosa di diverso rispetto alle brutte esperienze del passato.
Io vorrei chiedere, per concludere, come vede il futuro della Russia. La Russia è un paese che è
andato avanti praticamente senza subire sconfitte, dai tempi di Napoleone ha vinto tutte le guerre, è
sempre stata dalla parte giusta, però è sempre ricaduta dalla parte dei perdenti, in qualche modo si è
sempre autosconfitta. È successo in tempi recenti, è successo in passato. Ecco, secondo Bukovskij,
qual è il futuro della Russia, come vede il dopo 2000 per la Russia? Da qualche speranza oppure
vede ancora nero… o rosso?

Vladimir Bukovskij Per prima cosa vorrei dirle che non sono un pessimista. Lei sa, naturalmente,
in che cosa si differenzia un pessimista dall'ottimista: il pessimista è un ottimista ben informato, per
cui io so bene che la natura umana è uguale, in occidente come in oriente. Con tutte le vostre
migliori intenzioni di vivere tranquillamente in pace, nel vostro "appartamento in comune" (si
riferisce agli appartamenti in comune comunisti n.d.t.), io temo che questo non vi riuscirà. Io non ho
dubbi che l'Unione Europea non sarà altrettanto sanguinosa di quella che è stata l'Unione Sovietica,
ma non sarà meno stupida e devastante dal punto di vista economico, per il semplice fatto che
questa è la natura umana, e non vi è alcun mezzo per rendere gli uomini nemici migliori gli uni
contro gli altri che quello di costringerli a vivere sotto lo stesso tetto. Per quanto riguarda la sua
affermazione relativa al fatto che l'Unione Sovietica è stato l'ultimo impero, mi consenta una
piccola precisazione: c'è anche la Cina, che forse può definirsi come ultimo impero. Io vorrei che
non vi dimenticaste della Cina, perché pian pianino, nell'ambito di cinque, sei, sette anni la Cina
diventerà il vostro Grande Fratello, e voi di colpo vi renderete conto che al suo interno ci sono
moltissime nazionalità, che per esempio gli Uguri e i Mongoli non si considerano cinesi, per non
parlare dei tibetani, però ritorniamo alla Russia e alla sua domanda di base. Penso di non essere
pessimista, ma semplicemente rivendico la mia conoscenza della materia; mi chiedono in che modo
sono stato in grado di prevedere con tanta precisione il futuro. Io ho parlato del fallimento del
comunismo 15 anni fa. Già nel 1983 avevo previsto che il gruppo di Eltsin non sarebbe riuscito a
svolgere i suoi compiti, a portarli a termine, e nessuno voleva credermi all'epoca. Non sono un
profeta, ma non sono segreti le cose di cui mi servo: sono solo un'analista, sono uno scienziato per
istruzione, per educazione, sono un analitico per carattere. Perché la vostra analisi sia giusta, dovete
tenere lontane tutte le emozioni, ovvero, l'analisi è buona laddove non c'è speranza, non si mischia
con la speranza: una cosa è l'analisi, una cosa è la speranza. L'analisi deve essere fredda, obbiettivo,
e questa dev'essere la sua sostanza. Una semplice analisi della situazione attuale della Russia mi
dice che il periodo critico è solo cominciato ed è ben lontano dall'essere concluso, che i crolli e i
disastri sono vicini, e crisi economiche come è successo nell'agosto dello scorso anno succederanno
sempre più spesso e regolarmente, e dal momento che l'estrazione, il ricavo dei pozzi petroliferi
continua a scendere progressivamente, e non dimentichiamo che il greggio è il prodotto principale
di esportazione, è inevitabile che la crisi diventi sempre più profonda, e dal momento che mancano
le forze politiche in grado di tenere unito il paese, quello che io prevedo è un processo di
progressivo disfacimento, frammentazione, sfaldamento del paese. Possiamo assistere, per esempio,
al nascere di repubbliche in estremo oriente, oppure di un piccolo regno della Siberia occidentale.
Non vedo impossibile anche la suddivisione della federazione russa in principati, così com'era nel
periodo medioevale. È difficile prevedere in dettaglio quello che succederà, però pressappoco penso
che questa sia la direzione che prenderà la situazione, e dal punto di vista storico c'è una certa
logica. Questo è un paese che nel corso di tutta la sua storia non è mai stato costruito dalla base, è
stato costruito dal tetto, quindi manca ancora e continuamente un centro di potere decentralizzato,
regionale, periferico. Finché non comparirà non c'è possibilità di salvezza per il paese. Oppure
potremo assistere in un primo tempo a una frammentazione, a un instaurarsi di piccoli centri
autonomi periferici, poi di nuovo a tentativi di integrazione, di riunificazione, non è per nulla
escluso. È bene? È male? Sia l'una sia l'altra cosa. Da un lato tutto ciò è inevitabile e, in qualche
modo, va superato e va vissuto, e d'altro lato ancora non sappiamo come saranno diretti, comandati
questi pezzettini di Russia: da parlamenti regolarmente eletti o piuttosto da dittatori? Vivranno
insieme fra di loro oppure si combatteranno a vicenda? E quali saranno le armi, nel caso si
combattessero a vicenda? Inoltre noi ci rendiamo conto che i poteri periferici della Russia, qualora
si frammentassero così, non sarebbero capaci di reggere il peso di infrastrutture nazionali, e quindi
di nuovo si pone il problema di chi si occupa degli impianti chimici, chi si occupa delle centrali
elettriche, chi paga per questo? Nessuno. E si tratta di una trentina di potenziali Chernobyl. È un
processo molto doloroso e molto pericoloso, ma questo, al giorno d'oggi, è lo scenario più
probabile.

Ruggero Chinaglia Nel congedarci, vorrei che tenessimo conto, ciascuno di noi, delle belle parole
di Bukovskij quando dice che si tratta di fare l'analisi di ciò che accade: non la sintesi, ma l'analisi.
Occorre che ciascuno faccia l'analisi delle cose che accadono. Un mezzo, un modo, uno strumento,
perché solo facendo l'analisi, considerando quindi ciascun dettaglio nella sua logica c'è modo di
dissipare la creduloneria, il candore, le credenze, che in molti casi non consentono di intendere
quello che accade. Il miglior modo di ringraziare Bukovskij per la sua generosità, per aver scritto
questo libro, per aver indagato e per continuare a indagare sulle cose d'Europa, di Russia e anche
d'Italia, sulle cose che sono quindi di ciascuno, ritengo che sia quello di leggere questa sua
testimonianza. È un libro d'informazione, è un libro anche per l'educazione, per l'educazione
appunto all'analisi, per l'educazione all'indagine, per l'educazione quindi all'intellettualità.

INTERVISTA CON VLADIMIR BUKOVSKIJ

L’INFERNO DEL GULAG NON SI DIMENTICA

"i responsabili degli orrori di Auschwitz e Kolyma non erano marziani, e molti di loro erano
convinti di agire per il bene dell¹intero genere umano".

di Gianni De Martino

Milano. E' cominciato sabato il viaggio in Italia dello scrittore e politologo russo Vladimir
Bukovskij, il mitico dissidente "scambiato" nel 1977 con Luis Corvalan da Breznev, autore con
Semen Gluzman della celebre Guida psichiatrica per dissidenti ( uscita da noi nel 1979, per l'Erba
Voglio di Elvio Fachinelli) e di Il vento va, poi ritorna ( Feltrinelli, 1978), libri emblematici della
dissidenza russa negli anni settanta e dello smisurato arbitrio del lager.
Sommariamente processato - dopo il quarto arresto - Bukovskij nella primavera del '71 era stato
condannato a sette anni di prigione e di lavori forzati, con l'accusa di aver pubblicato all'estero un
libro che dava notizie sui dissidenti intitolato Una nuova malattia mentale in Urss: l'opposizione.
Per la prima volta nella storia dell'Urss si formava un movimento di dissenso unificato, capace di
far giungere la propria voce in Occidente. Nella circostanza del processo, insorgendo contro
l'opprimente piattezza delle "verità" ufficiali, Bukovskij disse ai suoi giudici:" La nostra società è
malata di paura, sopravvivenza dell'era staliniana. Ma il processo di guarigione spirituale è già
cominciato e non può essere interrotto."

Espulso dall'Unione Sovietica come "pazzo criminale e agente della sovversione", nel 1991 ha fatto
il suo primo viaggio in Russia su invito ufficiale di Boris Eltsin. Attualmente vive in Inghilterra, da
dove - ancora sardonico e irriducibilmente contro - dice di osservare con "ironia intollerabile"
l'Europa fra America e Russia. Lo incontriamo a Milano per l'uscita del recente libro Il convoglio
d'oro ( edito da Spirali/Vel), un romanzo ironico sulla Russia di oggi, scritto a dieci mani, con altri
quattro intellettuali russi: Igor Gerascenko, Michael Ledin, Irina Ratusinskaja e Viktor Suvorov.

- Professor Bukovskij, in questi giorni c'è un altro convoglio d'oro: i due vagoni speciali su cui
viaggia, lungo il percorso della Transiberiana, Aleksandr Solgenitsin. Il suo ritorno sulle rive
della Moscova è stato paragonato da qualcuno al primo atto dell' "Ispettore" o "Revisore" di
Gogol. Perché tanto nervosismo all'apparire di quell'uomo dalla barba al vento? Chi ha paura
di Aleksandr Isaevic ?

" I truffatori, tutte le autorità, cioè tutti coloro che hanno rapinato la liberazione e si sono proclamati
democratici dicendo di non avere niente a che fare con il passato, di essere puliti. I comunisti
travestiti da democratici hanno la coscienza sporca e i gruppi di potere della Russia di oggi non
sopportano gente pulita, preferiscono i Zhirinovski e i Rutskoi, che sono stati allevati dal vecchio
sistema."

- E di Bukovskij, chi ha paura ?

" Solo adesso Solgenitsyn è arrivato a questa conclusione. Il mio è un caso differente, perché sono
stato in Russia nel '91, c'era ancora il regime comunista e non era ancora iniziato il confronto che
c'è oggi. Si figuri che avevo il visto solo per cinque giorni e fu un vero miracolo averlo potuto
avere. Ero ancora nella lista nera del KGB."

- Con l'Arcipelago Gulag, Solgenytsyn ha aperto gli occhi a molti intellettuali russi, e tuttavia
sulla "Nezavisimaya Gazeta" dei giorni scorsi, una delle riviste più colte e sofisticate della
capitale, si legge un curioso attacco al premio Nobel Solgenitsyn, definito " monumento
spirituale", "appendiabiti pieno di vecchi cappotti", per cui si conclude che è meglio metterlo
in naftalina...

"Sì, ho risposto con un mio intervento sulle "Isvestie" ed è nato un dibattito perché ho detto che si
tratta di un articolo, peraltro non firmato, che segue le vecchie orme della propaganda russa. La
società oggi ha una cattiva coscienza, soffre di sensi di colpa e non sopporta chi in passato è stato
contro. La sensazione che ho avuto io quando sono andato in Russia è che le nuove élites siano sì
molto cortesi ma preferirebbero non averci tra i piedi. Perché noi li conosciamo, sappiamo
com'erano fino a pochi anni fa. E oggi trovano delle scusanti, non hanno l'onestà di riconoscere i
propri errori. Continuano a mentire fino alla fine e io non ho fiducia nella classe intellettuale, è la
parte più opportunista della società. Quale sarà invece la risposta delle persone semplici, non so."

- Ma allora chi sono, oggi, i nuovi russi?

"I bambini, le nuove generazioni. Le vecchie generazioni sono irrimediabilmente compromesse e


non fanno altro che scaricare le loro responsabilità ora sugli ebrei, ora sulla CIA, senza mai
riconoscere i loro stessi errori. Quella di Solgenitsyn è una missione spirituale, lui - a differenza di
me - è un uomo religioso e ha il compito di svegliare le coscienze e farle pentire. Non so se ci
riuscirà, mi chiedo se potrà avere successo."

Una sua opinione sull'Italia, sulla imprevista vittoria del nuovo partito di Berlusconi delle
ultime elezioni.

E' quanto di più interessante sia successo in Europa negli ultimi cinque anni. I comunisti, tramite la
magistratura che in Italia ha un orientamento politicizzato, di sinistra, hanno messo fuori gioco il
centro ed erano sicuri di vincere le elezioni, ma per fortuna non ci sono riusciti com'è invece
accaduto - tra l'indifferenza dell'America e dell'Europa - in Ungheria, in Polonia, in Ucraina, in
Lituania e anche in Russia dove le posso assicurare che il 90% dell'élite oggi al potere è ancora
comunista e i giudici che mi hanno condannato al Gulag sono ancora in libertà. Non le sembra
curioso che la Cnn lanci accuse contro il presunto neofascismo al potere in Italia e che taccia
assolutamente sui pericoli insiti nel recente successo dei comunisti in Ungheria? Temo che il
comunismo non sia ancora stato sconfitto e che noi non abbiamo finito il nostro lavoro. "

- Sì, ma nell’Occidente democratico i comunisti italiani, pur fra tante pecche e miserie, non
sono mai stati così subdoli e feroci come i comunisti che lei ha conosciuto in Unione Sovietica
pagando la sua dissidenza con il Gulag ...

" Non mi dica che non sono più comunisti... I comunisti italiani sono compromessi fino al collo con
il regime sovietico. Nel 1992 ho visto i documenti dei soldi mandati ai comunisti italiani, un'enorme
quantità di soldi dati ai dirigenti del PCI anche nel 1984, per esempio. La documentazione è stata
inviata a Luciano Lama, che ne è quindi a conoscenza ma non la tira fuori perché questo fornirebbe
un'arma troppo forte alle destre. Una parte dei finanziamenti proveniva da una sezione speciale del
KGB, che provvedeva anche a formare dieci o quindici attivisti all'anno. I vostri comunisti italiani
sapevano perfettamente di schierarsi dalla parte dei nostri comunisti che erano dei perfetti nazisti,
per i quali però non c'è ancora stato un processo come quello di Norimberga. Abbiamo avuto
persone in galera, gente ammazzata per questo. Allora l'Italia era parte della Nato e i missili
sovietici erano puntati contro l'Italia. Gli italiani che arrivavano a collaborare con il KGB è come se
avessero collaborato con il nemico, dal quale ricevevano soldi e una formazione speciale per
confezionare bombe, preparare attentati, alimentare il terrorismo, falsificare i documenti, modificare
i tratti del volto, eccetera. Io voglio che vadano in prigione, o che perlomeno compaiano davanti a
un giudice che possa decidere. Quindi, anche se hanno cambiato il nome, i comunisti italiani sono
ancora comunisti. Lo sono perché non hanno il coraggio di parlare. Per essere credibili devono
diventare puliti, devono dimostrare di avere veramente rotto con i vecchi metodi stalinisti, invece di
cercare di coprire i soldi che hanno ricevuto e fingere di essere gli unici ad avere le mani pulite.
- Lei chiede un processo al comunismo e trova sospetto il fatto che le inchieste di “mani pulite”
non coinvolgano più di tanto il Pci, o quello che ne resta. Insomma, vorrebbe che i comunisti
italiani dicessero la verità. Ma " la verità che sublima e libera", come dice Dante, non è
proprio il linguaggio della nostra politica ...

" Sì, devono dire la verità e assumersi le loro responsabilità . Non possiamo avere fiducia nei
comunisti italiani finché non si libereranno dalla menzogna."

Milano, Hotel Milan, 6/6/1994

Articolo di Gianni De Martino apparso con il titolo "L'inferno del gulag non si dimentica" nel Quotidiano di Lecce, 18
giugno 1994.

Nota. “ L’intervista al professor Vladimir Bukovskij – ricorda Gianni De Martino – fu inizialmente richiesta da Il
Mattino di Napoli e poi rifiutata dal capo-redattore delle pagine culturali. Durante il terremoto provocato dalle inchieste
giudiziarie, gli arresti, le fughe e i suicidi di “mani pulite”, la Democrazia cristiana era allo sbando, il partito socialista
era stato fatto fuori con particolare accanimento e il centro-destra di Berlusconi aveva appena vinto le elezioni.
Insomma, il clima politico di quella primavera del 1994 era particolarmente agitato e non sapevo che il mio redattore-
capo, Francesco Durante, si era presentato proprio in quei giorni nelle liste comuniste. ‘Gianni – gridava – ma come hai
potuto dare spazio, senza contrastarlo, a quel pazzo provocatore di Bukovskij !’. Nell’accusa di aver dato spazio a un
“pazzo provocatore” mi pareva di sentir reicheggiare gli stessi termini della propaganda russa.
Francesco Durante, studioso di letteratura italoamericana, è un uomo sensibile e intelligente. Per il momento, quel modo
di parlare m’innervosì terribilmente. Non mi sentivo libero. passai allora l’articolo, l’intervista a Bukovskji, a Massimo
Melillo e agli amici socialisti del Quotidiano di Lecce e fui praticamente costretto a diradare e poi mettere fine alla
collaborazione quasi decennale che avevo con la testata napoletana.
Non avevo pazienza. Non so avere pazienza. Forse non so neppure essere umile. In ogni caso, ero free-lance e mi
potevo permettere la libertà di non dover dipendere da capi e capetti di destra o di sinistra, e anche di pagarne il
prezzo.”

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