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I TRE RE MAGI

Articolo tratto dalla rivista di studi medioevali: "MEDIOEVO" - anno 2 n° 12 -


Gennaio 1998
Sulle tracce dei Re Sapienti
di Massimo OLDONI
Quando sul Monte Vaus, nel giorno della nascita di Gesù, fu vista levarsi una stella più lucente
e brillante del sole, i Tre Re, per vie diverse, si misero in cammino: quello fu il primo
pellegrinaggio della storia cristiana. Nel centro della stella si distingueva l'immagine di un
bambino sormontato da una croce; dall'interno dell'astro si dice risuonasse una voce: "Oggi è
nato il Re dei Giudei, colui che è l'attesa delle genti e il loro Signore. Andate a cercarlo e
adoratelo!". Il Monte Vaus va identificato con il Sabalan, la cima più alta dell'Azerbaigian, nella
Persia nord-occidentale; la tradizione latina medievale chiama il Vaus, "Monte della Vittoria" e
fu davvero una vittoria quel fenomeno di re e pastori, di umili e potenti che, sulla via verso
Betlehem (Betlemme), si scoprirono uguali.
Partì Melchiar (Melchiorre), re di Nubia e d'Arabia. Era il più piccolo di statura dei tre
Dal regno di Godolia e di Saba parti Balthasar (Baldassarre), il mediano d'altezza; infine partì
Jaspar (Gaspare), il più alto dei Tre Re, scuro di pelle come il nero colore degli Etiopi: era re di
Tharsis e di Egriseula, l'isola dove la mirra cresce su piante dalla forma di spighe abbrustolite. I
Tre Re, usciti dai loro regni, seguivano la stella che li precedeva e avanzava quando loro, con
tutto il seguito, avanzavano, e si fermava quando si fermavano.
Seguendo strade differenti, i Tre Re attraversarono villaggi e città: era tempo di pace e
nessuno chiudeva le porte. Le genti li vedevano avvicinarsi quasi in un chiarore di giorno, e
tutti rimanevano stupefatti per l'imponenza dei loro cortei. Le vie sconosciute, i corsi d'acqua, i
deserti, le paludi, le montagne si trasformavano al loro passaggio in vie pianeggianti. E al trivio
sotto il Calvario, a due miglia da Gerusalemme, i Tre Re si incontrarono al diradarsi della
nebbia che s'era levata.
Parlavano lingue diverse, venivano da Paesi lontani, ma s'intesero e capirono di avere la stessa
meta. Al levarsi del sole i Tre Re cercano il Bambino: "Dov'è il Re dei Giudei?". Tornarono
indietro e, seguendo la stella, arrivarono a Betlehem senza bisogno di cibo o bevande e senza
dare foraggio agli animali. Colà i Tre Re incontrarono i pastori, la primizia dei Giudei, e
conobbero altri re, la primizia dei Gentili. I Tre Re portavano per tutti doni provenienti dalla
Casa di Salomone e dal suo Tempio, appartenuti una volta ad Alessandro, figlio di Filippo di
Macedonia, e alla Regina di Saba; e poi avevano vasi preziosi, oro, argento, gemme. I Tre Re
entrarono a Betlehem verso l'ora sesta, quindi a mezzogiorno: il viaggio era durato tredici
giorni. La stella si era fermata sopra un tugurio e illuminava la spelonca che fungeva da
mangiatoia per le bestie. E lì c'era Gesù, un paffuto neonato di tredici giorni, tra le braccia
della madre. Maria, florida nel corpo e bruna di pelle e di capelli, aveva il capo avvolto in un
panno di lino e non appena scorse i Tre Re si copri con un mantello bianco.
TRENTA DENARI
I Tre Re, scesi dai dromedari, baciarono la terra tremanti per l'emozione, e si sentirono
invadere da un'ansia fervida e di tutto quanto avevano portato presero a caso quello che
ebbero a portata di mano; ma i Tre Re, di India, Persia e Caldea, seppero ugualmente offrire
doni particolari al Re dei Giudei. Melchiar offrì l'oro, simbolo del tributo e segno della divina
maestà e regalità; Balthasar offri l'incenso, simbolo del sacro e segno della divina potestà
Jaspar offri la mirra, simbolo della sepoltura dei morti e segno dell'umana fragilità. Ma il dono
di Melchiar, l'oro, alludeva a storie lontane...
Melchiar regalò a Gesù un pomo d'oro e trenta denari aurei. Il pomo era appartenuto ad
Alessandro Magno: fuso con particelle dei tributi provenienti da tutte le province dell'Impero,
Alessandro lo stringeva in una sola mano, come il mondo di cui egli era signore; ma quando
aveva abbandonato la Persia il pomo era rimasto là. Quel globo prezioso rappresentava, nella
sua sfericità senza principio né fine, la potenza di colui che regge l'Universo con la sua virtù e
la propria straordinaria unicità. Appena il bambino Gesù ebbe tra le mani il pomo, quello si
frantumò riducendosi a una polvere d'oro che sembrava spargersi dovunque intorno: a
significare che l'umiltà di Gesù e l'irripetibile unicità della sua presenza avrebbero mandato in
mille pezzi le cose vecchie del mondo. I trenta denari aurei che Melchiar offri al Signore erano
gli stessi che Abramo aveva portato con sé da Ur, in Caldea, fino a Hebron, e con essi aveva
comprato il campo per la sepoltura sua, di sua moglie e dei suoi figli. Tare, padre di Abramo, li
aveva fatti coniare per il re di Mesopotamia e per quegli stessi denari Giuseppe h venduto dai
fratelli agli Ismaeliti. Morto Giacobbe, i trenta denari furono inviati alla regina di Saba per
acquistare gli aromi da mettere nel sepolcro di Giacobbe e Giuseppe, e qui furono depositati
nel tesoro regio. La regina di Saba, all'epoca di Salomone, li donò al Tempio di Gerusalemme.
Quando gli Arabi conquistarono Gerusalemme, al tempo di Roboamo, gli aurei furono custoditi
nel tesoro del re degli Arabi. Melchiar li prese da li. Ma durante la fuga in Egitto Maria smarrì i
trenta denari che, insieme agli altri doni offerti dai Tre Re, teneva avvolti in un panno di lino.
Fu un pastore beduino a trovarli; questi, poiché era tormentato da una malattia inguaribile,
andò a Gerusalemme dove Gesù lo risanò e lo converti. Il pastore gli offri l'involucro
contenente quegli antichi doni preziosi e Gesù ordinò che tutto fosse conservato nel Tempio.
Qui il sacerdote accese l'incenso di Balthasar sopra l'altare e fece riporre nella stanza del
tesoro i trenta denari con la mirra. Nel terzo giorno prima della Passione del Signore i Principi
dei Sacerdoti prelevarono i trenta denari dal tesoro del Tempio e li diedero a Giuda a
compenso per il tradimento di Gesù. Della mirra, invece, si sa che una parte fu mescolata
all'aceto offerto a Gesù sulla croce, una parte fu aggiunta da Niccodemo agli altri aromi
profumati per il seppellimento del corpo del Re dei Giudei.
Presentati i doni e adorato Gesù, i Tre Re tornarono alle loro terre, ma non c'era più la stella a
guidarli: tredici giorni erano bastati a raggiungere Betlehem, occorsero due anni, guide e
interpreti per fare il cammino a ritroso fino ai loro regni. Erode bruciò le loro navi e mise a
soqquadro le regioni che attraversavano. Passò il tempo... I Tre Re conobbero dai racconti che
circolavano tutti i fatti della vita di Gesù, i Suoi Atti, i Suoi miracoli, la Sua predicazione.
L'apostolo Tommaso, li incontrò "ancora sani e vecchi" quando si recarono presso di lui con
tutti i loro popoli per farsi battezzare. I Tre Re da allora, diffusero il Verbo di Cristo, con
l'apostolo Tommaso consacrarono, sul Monte Vaus, una cappella al Re dei Giudei e decisero di
ritrovarsi colà ogni anno. Ai piedi della montagna i Magi fecero edificare una città, Sava, la più
nobile e ricca dell'India e di tutto l'Oriente, a sud-ovest di Teheran e a nord-ovest di Qom; e a
Sava c'era la casa del "Prete Giovanni" o "Prete Gianni", il signore degli Indi, pastore di genti
convertite che aveva ereditato il nome dal modello di Giovanni il Battista e Giovanni
Evangelista. Infine l'apostolo Tommaso ordinò arcivescovi i Tre Re ed essi, a loro volta,
ordinarono vescovi e preti in tutte le Indie, dove regnarono a lungo.

L'ULTIMO PLAGIO
Quando nell'India Superiore, dove si era trasferito a predicare, l'apostolo Tommaso mori, i Tre
Re convocarono da tutte le loro terre vescovi, preti, nobili e genti e dissero loro di seguire
l'esempio di Tommaso, diffondendo ovunque la parola e i gesti di Gesù senza più dubitare di
nulla. E furono i Tre Re a eleggere il primo "Patriarca Tommaso", capo religioso, scegliendo
Giovanni di Antiochia, compagno di Tommaso. Questi diventò guida di genti dell'India e
dell'Oriente cristiano, a lui anche i Tre Re versavano il tributo delle decime. Per anni Melchiar,
Balthasar e Jaspar continuarono a incontrarsi nella città di Sava, poi, qualche tempo prima del
giorno della Natività del Signore, videro ancora la stella: era il loro presagio di morte. Melchiar
mori a 116 anni, nell'ottavo giorno della Natività; Balthasar morì a 112 anni, cinque giorni
dopo, nella festa dell'Epifania; Jaspar mori a 109 anni, sei giorni più tardi. Furono sepolti l'uno
accanto all'altro, in posizione come se dormissero. La stella rimase viva nel cielo finché i loro
corpi non andarono altrove. Il successore dei Tre Re, che ereditò i loro regni, le terre e al quale
obbedivano arcivescovi, vescovi, preti, patriarchi e genti, fu il Prete Giovanni (o Gianni).
Nel breve racconto del Vangelo di Matteo (Il. 112) tutto questo non è narrato, eppure da lì
inizia una lunga avventura sulle tracce di quei Tre Re, personaggi storici e uomini devoti, la cui
vita cambiò profondamente a seguito di quell'esperienza eccezionale. E subito si mise in moto
la circolazione delle voci raccolte, nel tempo, in opere come gli apocrifi Atti di Tommaso (III
secolo) e l'0pus imperfectum in Matthaeam (IV-VI secolo) che stanno alla base della tradizione
latina medio-occidentale articolata nei molti rivoli di testimonianze che punteggiano, dall'Alto al
Basso Medioevo, le differenti componenti dell'emozione. L'episodio del viaggio ha trovato eco
in autori come lo Pseudo Agostino, Enrico di Liegi, Ludolfo di Sassonia; le origini orientali
affiorano nelle pagine di Marco Polo, di Jacopo da Varagine, Enrico di Liegi; la regalità dei
personaggi è ricordata dalla Cronaca pseudo-Dionisiana, dal Libro di Colonia; il momento
dell'Epifania acquista sacralità nei commenti di Ambrogio, Fulgenzio di Ruspe, Gregorio Magno.
Nomi, opere... ma soprattutto un incircoscrivibile circuito di "voci" dove s'intersecano notizie e
passaggi orali che stanno alla base di questa immensa leggenda sorta intorno a un
accadimento vero, e vera anch'essa in tutti i suoi sviluppi. Finché un giorno un priore
dell'Ordine dei Carmelitani di Kassel, nella Germania centrale, di nome Giovanni di Hildesheim,
decide di mettere ordine nel fitto reticolo di quelle storie e scrive, fra il 1364 e il 1374 la
Historia Trium Regam, rifacendosi anche all'Historia scolastica di Pietro Comestore (1100-
1179). La ricostruzione dell'episodio qui presentata nasce dalla contaminazione dei molti testi
della tradizione mediolatina, dove è fortissima l'identica contaminazione fra le testimonianze
orali e la letteratura dei primi secoli. A questa va aggiunto il grande contributo emotivo e visivo
offerto dalle immagini: mosaici, pitture rupestri, miniature nei manoscritti e affreschi hanno
tutti "letto" la storia dei Tre Re utilizzando anche le brevi notazioni, riguardanti per esempio il
loro abbigliamento, presenti in testi assai diffusi quali l'Historia di Agnello di Ravenna (IX
secolo) o dello Pseuso-Beda. Tutti questi elementi servono a umanizzare e storicizzare una
vicenda che unisce il sacro momento della natività a quello laico del pellegrinaggio dei Re; è un
tema che sintetizza l'incontro fra due mondi, quello degli uomini e quello di Dio, che
giustamente ha trovato larghissimo consumo nei particolari effimeri dell'individuo
improvvisamente partecipe d'un fatto che muta il senso della storia e le motivazioni stesse
d'esistenza per l'uomo medievale e non. Cosi, il Medioevo entra dentro le vicenda: la segue,
l'amplifica, l'arricchisce d'informazioni e "voci" che servono a fare più uomo il Cristo e più santi
i Tre Re: di questo s'impossessa anche la letteratura agiografica e ogni atto di quei protagonisti
viene rappresentato come coronamento d'un ruolo storico esemplare. Non esiste mai un solo
modo d'intendere la storia dei Tre Re, ma tutto quello che la compone, da provenienze
molteplici, concorre a farne una serie telescopica di "oggetti" e di comportamenti che sono
ingresso a molte gallerie d'enigmi dall'età tardoantica a tutto il Medioevo e oltre si fissa nel
pellegrinaggio dei Tre Re la ricerca dell'uomo in viaggio verso la conoscenza di Dio.
MASSIMO OLDONI Ordinario di Letteratura latina medievale all'Università di Salerno

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