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Neoclassicismo Jacques-Louis David “la pittura epico-celebrativa”

(1748-1825)

Nacque a Parigi il 30 agosto 1748.

David compì i primi studi nella capitale francese,


dove frequentò l'Académie des Beaux-Arts
partecipando più volte al concorso per il premio di pittura
che dava la possibilità ai vincitori di vivere per un lungo
periodo a Roma a contatto con le antichità.

David è in Italia dal 1775 al 1780 (e poi dal 1784 al


1785) ed ebbe così modo di studiare la scultura e la
pittura romane e la pittura di Raffaello.
Dopo un viaggio a Napoli, Ercolano e Pompei, l'artista Cataratta
dichiarò di aver aperto gli occhi sull'antico e fu come se Affezione degli occhi, consistente
nell'opacamento del cristallino, che
fosse stato «operato di cataratta».
impedisce di vedere.
Solo allora egli comprese che “operare come gli
antichi e come Raffaello è essere veramente
artisti”.
Neoclassicismo Jacques-Louis David “la pittura epico-celebrativa”
(1748-1825)

“ Non appena fui a Parma,


vedendo le opere di Correggio, mi sentii scosso,
a Bologna cominciai a fare tristi riflessioni,
a Firenze fui convinto,
ma a Roma mi vergognai della mia ignoranza…”

Così Jacques-Louis David ricordava le tappe del suo


viaggio italiano nel 1775 quando, dopo aver vinto
l'ambitissimo Prix de Rome (Premio di Roma) divenne
pensionnaire, pensionato (oggi diremmo borsista),
all'Accademia di Francia a Roma .
Cataratta
Affezione degli occhi, consistente
Rientrato in Francia ebbe numerosi incarichi di lavoro e nell'opacamento del cristallino, che
partecipò attivamente alla rivoluzione del 1789, impedisce di vedere.
fu deputato e poi presidente della Convenzione Borsista
Nazionale, appoggiò Robespierre e, alla morte di questi, Colui che riceve una «borsa di
fu incarcerato dall'agosto al dicembre 1794. studio», cioè una somma di denaro
che lo aiuta negli studi.
Neoclassicismo Jacques-Louis David “la pittura epico-celebrativa”
(1748-1825)

Così Jacques-Louis David ricordava le tappe del suo


viaggio italiano nel 1775 quando, dopo aver vinto
l'ambitissimo Prix de Rome (Premio di Roma) divenne
pensionnaire, pensionato (oggi diremmo borsista),
all'Accademia di Francia a Roma .

Successivamente, come molti altri intellettuali europei,


subì il fascino di Napoleone, tanto da diventare suo
sostenitore e il 18 dicembre 1804 venne anche nominato
Primo Pittore dell'Imperatore (cioè pittore ufficiale
di corte).
Dopo la caduta di Napoleone e la restaurazione della Cataratta
legittimità prerivoluzionaria, nel 1816 l'artista fu Affezione degli occhi, consistente
nell'opacamento del cristallino, che
costretto all'esilio a Bruxelles, in Belgio,
impedisce di vedere.
dove muore il 29 dicembre 1825.
Borsista
Colui che riceve una «borsa di
studio», cioè una somma di denaro
che lo aiuta negli studi.
Neoclassicismo Jacques-Louis David “la pittura epico-celebrativa”
(1748-1825) Jacques-Louis David, Giovane addormentato
nelle braccia di un vecchio, 1775-1780.
Disegno a penna e inchiostro nero, acquerello grigio, su
I disegni di David non sono realizzati con tratti di matita, 15,4x21,2 cm. Parigi, Museo del Louvre.
Département des ArtsGraphiques (inv. 26.132 bis).
tecniche grafiche elaborate o con colori
seducenti.
Al contrario, si presentano molto austeri e
quasi poveri di mezzi.
Solitamente si tratta di disegni nei quali si nota
l'uso per lo più esclusivo della matita a mina di
piombo.
David impiega anche la penna e l'inchiostro,
il cui segno netto è ravvivato dall'acquerello
(bruno, nero o grigio) e dalle lumeggiature a
tempera bianca o gessetti. Mina di piombo
Detta anche «grafite inglese», si caratterizza per
la sua friabilità.
Le finalità che David si propone nel disegno Nel 1790 il francese Conte aggiunse dell'argilla
sono la chiarezza del segno, la purezza alla polvere di grafite e portò i due elementi così
uniti a cottura, dando origine alla grafite che
dell'immagine e la sua semplificazione per
troviamo nelle attuali matite (matite Conte).
mezzo del contorno netto, della linearità. In base al grado di cottura e alla percentuale dei
due componenti, il materiale risultante è più o
meno duro.
Neoclassicismo Jacques-Louis David “la pittura epico-celebrativa”
(1748-1825)
Jacques-Louis David il giuramento degli Orazi, 1784.
Olio su tela, 330x425 cm. Parigi, Museo del Louvre.
Il soggetto è scelto dalla storia della
Roma monarchica quando, durante
il regno di Tulio Ostilio, i tre fratelli
Orazi, romani, affrontarono i tre
fratelli Curiazi, albani, per
risolvere in duello una contesa
sorta fra Roma e la città rivale di
Albalònga.
I tre Curiazi morirono e uno solo
degli Orazi si salvò, decretando in
tal modo la vittoria della propria
patria. Il soggetto sta dunque a
rappresentare le virtù civiche
romane: i tre giovani giurano di
vincere o morire per Roma.
L'adesione di David a tale ideale è certa, come sicura è la volontà di proporla agli
spettatori perché l'esempio spinga all'emulazione.
Neoclassicismo Jacques-Louis David “la pittura epico-celebrativa”
(1748-1825)
Jacques-Louis David il giuramento degli Orazi, 1784.
Olio su tela, 330x425 cm. Parigi, Museo del Louvre.

In conformità all'estetica
neoclassica,
David non mostra il momento del
combattimento,
ma sceglie di rappresentare quello
supremo del giuramento,
che precede l‘azione,
e congela nei gesti tutti i personaggi
che in tal modo illustrino l'amor
di patria.
Neoclassicismo Jacques-Louis David “la pittura epico-celebrativa”
(1748-1825)
Jacques-Louis David La morte di Marat, 1793.
Olio su tela, 165x128 cm. Bruxelles, Musées Royaux des Beaux-Arts.

Il 13 luglio 1793 il medico


rivoluzionario Jean-Paul Marat,
nato in Svizzera da padre sardo (Mèra),
venne assassinato nel suo bagno dalla
nobile Marie-Anne-Charlotte de Corday
d'Armont.

David fu incaricato dalla Convenzione di


dipingere un quadro che rendesse onore
al martire della rivoluzione.

Nel dipinto non compaiono tutti quegli


elementi (noti dalle cronache del tempo)
che nella realtà caratterizzavano il luogo
del delitto e che avrebbero fatto apparire
la morte di Marat troppo simile a
quella di un uomo comune.
Neoclassicismo Jacques-Louis David “la pittura epico-celebrativa”
(1748-1825)
Jacques-Louis David La morte di Marat, 1793.
Olio su tela, 165x128 cm. Bruxelles, Musées Royaux des Beaux-Arts.

La tappezzeria in carta da parati viene


sostituita da un fondo scuro e quasi
monocromo, se non fosse per le fitte
pennellate gialle formanti una sorta di
pulviscolo dorato che sembra voler
investire Marat.

Il cesto che fungeva da tavolino viene


sostituito da una cassetta di legno chiaro.
Questa viene trasformata da David in una
sorta di lapide, sulla quale l'artista scrive
la semplicissima dedica:

“A MARAT, DAVID. 1793. L'an deux”


(A Marat, David. 1793. L'anno secondo).
Neoclassicismo Jacques-Louis David “la pittura epico-celebrativa”
(1748-1825)
Jacques-Louis David La morte di Marat, 1793.
Olio su tela, 165x128 cm. Bruxelles, Musées Royaux des Beaux-Arts.

Una cartina della Francia e le pistole


appese alla parete non vengono
riprodotte,
mentre il cesto che fungeva da tavolino
viene sostituito da una cassetta di legno
chiaro.

Questa viene trasformata da David in una


sorta di lapide, sulla quale l'artista scrive
la semplicissima dedica:

“A MARAT, DAVID. 1793. L'an deux”

(A Marat, David. 1793. L'anno secondo).


Neoclassicismo Jacques-Louis David “la pittura epico-celebrativa”
(1748-1825)

David racconta Marat in come un uomo buono e inerme.


Il calamaio, la penna d'oca sulla cassetta, la penna ancora nella mano destra e il
coltello lasciato a terra sono rappresentati come gli strumenti della Passione.
Non a caso, infatti, David costruisce l'immagine del defunto come se si trattasse di una
Deposizione di Cristo o di una Pietà . Il parallelo con la morte di Cristo, neppure
tanto nascosto, è un modo per elevare Marat al di sopra degli altri uomini, per
esaltarne maggiormente le virtù e proporlo come esempio da imitare.
Particolari di:

Jacques-Louis David,
La morte di Marat;

Michelangelo, Pietà;

Caravaggio,
Sepoltura di Cristo,

Raffaello,
il trasporto di
Cristo al sepolcro.
Neoclassicismo Jacques-Louis David “la pittura epico-celebrativa”
(1748-1825)
L'adesione di David, mai venuta meno, al principio neoclassico che impone di evitare
l'azione, in modo da esaltare la grandezza d'animo dei personaggi, è evidente in altre
due opere di grande formato: Le Sabine e Leonida alle Termopili , dove l'artista può
mostrare le conoscenze acquisite nello studio dell'antico rivolgendosi alla storia
romana e a quella greca.
L'evento narrato è quello della leggenda secondo la quale i Sabini, guidati da Tazio,
tentano di riprendere le loro donne rapite dai Romani, guidati da Remolo, per poter
popolare la neonata Roma.
Per evitare spargimenti di
sangue i due condottieri
decidono di ricorrere a un
duello, ma nel frattempo
arrivano le donne con i loro
bambini a interporsi fra i
contendenti che cessano così
ogni ostilità.

Jacques-Louis David Le Sabine, 1794-1799.


Olio su tela, 385x522 cm. Parigi, Museo del Louvre.
Neoclassicismo Jacques-Louis David “la pittura epico-celebrativa”
(1748-1825)
In Leonida alle Termopili, eseguito poco prima della caduta di Napoleone, il soggetto
ricorda l'eroico sacrificio degli Spartani guidati da Leonida per difendere il passo delle
Termopili contro l'incalzante avanzare delle armate persiane di Serse.
Di nuovo David si orienta verso la rappresentazione delle virtù civiche, aiutato in ciò
dalla tanto celebrata fedeltà degli spartani alla polis e dalla loro altrettanto nota
rigidità di costumi.
Ancora una volta l'artista
utilizza nella rappresentazione
dei nudi perfetti: da quello del
pensoso Leonida, al centro, a
quelli dei due giovani che,
rimandati indietro con uno
stratagemma a causa della loro
giovane età, decidono invece di
restare e morire con gli altri:
l'uno si allaccia un sandalo,
l'altro (a destra) si stringe al
vecchio genitore.
Jacques-Louis David Leonida alle Termopili,
1814. Olio su tela, 395x531 cm.
Parigi, Museo del Louvre.
Neoclassicismo Jean-Auguste Dominique Ingres (1748-1825)
“la perfezione della pittura tra stile neoclassico e romanticismo”

Nato a Montauban il 29 agosto 1780 ,


il giovane Ingres, dopo i primi studi a Tolosa, si
trasferì a Parigi nel 1797 per praticare l’atelier di
David.
Nel 1825 fu eletto membro dell'Académie des
Beaux-Arts, divenendone professorienel 1829.
Ingres, visse in Italia per 25 anni, circa un terzo
della sua vita. Arrivò a Roma nel 1806, dopo aver
vinto il Prix de Rome, rimanendovi fino al 1820, ben
oltre la scadenza della sua borsa di studio (1810).
Dal 1820 al 1824 abitò a Firenze.
La sua fama crebbe senza rallentamenti pur dovendo
gareggiare con le novità di Delacroix in una Francia
in cui la spinta propulsiva neoclassica di David
andava spegnendosi per lasciare il passo alle
espressioni romantiche e, successivamente, al Jean-Auguste-Dominique Ingres,
Realismo di Courbet. Accademia di nudo maschile, ca 1800.
Olio su tela, 102x80 cm.
L'artista muore a Parigi il 14 gennaio 1867. Parigi,
École Nationale Supérieure des Beaux-Arts.
Neoclassicismo Jean-Auguste Dominique Ingres (1748-1825)
“la perfezione della pittura tra stile neoclassico e romanticismo”

L’ Accademia di nudo maschile dell'École Nationale


Supérieure des Beaux-Arts di Parigi è un tipico
esercizio di studio anatomico dal vero.
Il modello è raffigurato di profilo, volto a sinistra, e in
una posa complessivamente serpentinata, a «S»,
come nelle statue di Prassitele.
Nonostante che si tratti di un semplice soggetto di
studio, già vi è evidente il particolare trattamento
del colore che modella il corpo con toni dorati:
una costante nella pittura di Ingres.

La fama dell'artista è legata in gran parte alla sua


eccezionale capacità di disegnatore.
L'amore di Ingres per il disegno è legato alla sua
passione per Raffaello, per Masaccio e per
Giotto, artisti studiati in patria, ma contemplati Jean-Auguste-Dominique Ingres,
direttamente durante il lungo soggiorno italiano. Ritratto di Madame Destouches, 1816.
Matita, 43x28,5 cm. Parigi,
Museo del Louvre
Neoclassicismo Jean-Auguste Dominique Ingres (1748-1825)
“la perfezione della pittura tra stile neoclassico e romanticismo”
Il Neoclassicismo di Ingres si svuota del contenuto politico e rivoluzionario che
aveva ispirato e infiammato le tele di JL.David, trasformandosi in puro stile.
D'altra parte il grande pittore di Montauban fu sempre un conservatore in politica.
Il manifesto del Neoclassi-
cismo di Ingres è costituito
dall’Apoteosi di Omero ,
opera del 1827.

Per Ingres il pittore non


doveva esercitarsi nella
copia della natura, ma sulle
incisioni dei grandi maestri.

Jean-Auguste-Dominique Ingres,
L'apoteosi di Omero, 1827.
Olio su tela, 386x515 cm. Parigi, Museo del Louvre.
Neoclassicismo Jean-Auguste Dominique Ingres (1748-1825)
“la perfezione della pittura tra stile neoclassico e romanticismo”
L‘ispirazione pittorica di Ingres si proietta nel
campo del gusto per i primitivi, tipico del
preromanticismo.
I soggetti del sogno, gli eroi armati e le
belle eroine, morti che avevano popolato le
sue ballate, prendono forma sopra e accanto
a lui.
La monocromia sottolinea l'incorporeità
di personaggi sognati, mentre la realtà di
Ossian è richiamata dalle sue vesti colorate
e dal paesaggio.
L'opera fu commissionata per decorare la
camera da letto di Napoleone nel Palazzo
del Quirinale.
Il controluce che caratterizza queste figure
ricorda gli armati che vegliano l'imperatore
nel Sogno di Costantino, dipinto da Piero
della Francesca ad Arezzo, città visitata da
Jean-Auguste-Dominique Ingres,
Ingres all'epoca del soggiorno fiorentino. II sogno di Ossian, 1813.
Olio su tela, 348x275 cm. Montauban, Musée
Neoclassicismo Jean-Auguste Dominique Ingres (1748-1825)
“la perfezione della pittura tra stile neoclassico e romanticismo”

La grandezza di Ingres si rivela soprattutto


nei numerosissimi ritratti che eseguì,
tutti definiti dalla perfezione del disegno,
dall'uso sapiente del colore e da una non
comune capacità introspettiva .

Jean-Auguste-Dominique Ingres,
ritratti, particolari.
Neoclassicismo Jean-Auguste Dominique Ingres (1748-1825)
“la perfezione della pittura tra stile neoclassico e romanticismo”
Jean-Auguste-Dominique Ingres,
Monsieur Bertin, 1832.
Olio su tela, 116x95 cm. Parigi, Museo del Louvre.

Autoritario e forte, Louis-Francois


Bertin tiene ambedue le mani piantate
sulle gambe.
Il suo volto è caratterizzato dai candidi
capelli in disordine e da fattezze irregolari.
Una citazione colta da un tocco di estrema
raffinatezza al dipinto: sullo schienale
ricurvo Ingres ha raffigurato il riflesso di
una finestra fuori campo, evidente
omaggio al Raffaello del Ritratto di Leone
X con due cardinali.
Neoclassicismo Jean-Auguste Dominique Ingres (1748-1825)
“la perfezione della pittura tra stile neoclassico e romanticismo”
Jean-Auguste-Dominique Ingres,
Madame Moitessier, 1844-1856.
Florida, ricca, Inès Moitessier è seduta su Olio su tela, 240x178 cm. Londra National Gallery of Art.
una dormeuse rivestita di damasco rosso.
Il suo vistoso e ampio abito bianco con mazzi
di rose multicolori è reso più civettuolo da
nastri, svolazzi e nappe, mentre preziosi
gioielli parlano di opulenza ostentata.
Un nastro rosso le orna i capelli raccolti
riflettendosi in uno specchio che occupa gran
parte della superficie pittorica dietro di lei.
Incorniciato d'oro, esso fa bella mostra di sé al
di sopra di una console ugualmente dorata
riflettendo, oltre a madame Moitessier,
anche il ricco ambiente al di qua del quadro:
un'infilata di porte laccate e candelieri a muro.
La posa morbida della donna e il suo
sguardo, che denuncia un sorriso colto sul
nascere, ingentiliscono il ritratto rivelandoci
un Ingres critico e commentatore attento e
sensibile.
Romanticismo Genio e sregolatezza

Storicamente il Romanticismo si configura come un complesso movimento


politico, filosofico, artistico e culturale capillarmente diffusosi in Europa tra la
fine del Settecento e la prima metà del XIX secolo.
Assume caratteri molto diversi nei vari contesti nazionali in cui si sviluppa,
dando origine a orientamenti estremamente disomogenei - quando non
addirittura contrapposti - anche fra gli intellettuali e gli artisti d'uno stesso
Paese.

il Romanticismo è il prodotto di una società in grave crisi economica e


sociale, fortemente travagliata sia dai problemi derivanti dalla crescente
industrializzazione, sia da quelli della restaurazione politica.
Romanticismo Genio e sregolatezza

Il concetto di popolo che il Romanticismo esalta è quello legato all'idea


di Nazione, cioè un insieme di individui legati fra loro
da vincoli indissolubili di lingua, religione, cultura e tradizioni.

E se ogni Nazione impara a rivendicare la propria originalità storica anche


ciascun uomo può legittimamente vantare la propria storia personale che, in
quanto soggettiva, è sempre unica, preziosa e irripetibile.

Da ciò deriva una nuova attenzione per tutta quella sfera di sentimenti, affetti
e passioni caratteristici di ciascuna individualità
Romanticismo Genio e sregolatezza

La sensibilità romantica predilige infatti le personalità singole e tutti i fattori


ambientali e culturali che hanno contribuito a formarle.
Se noi siamo quello che siamo - sostenevano al riguardo i Romantici - lo
dobbiamo soprattutto all'ambiente in cui abbiamo vissuto e nel quale
siamo cresciuti, maturando progressivamente consapevolezze, scelte e
identità.

Il nostro presente, in altre parole, è profondamente intriso del nostro


passato.

Non certo il passato remoto, astratto e indifferenziato, al quale faceva ideale


riferimento il Neoclassicismo, ma, più concretamente, il nostro passato
prossimo, quello più vicino, più sentito, più sofferto.
Romanticismo Genio e sregolatezza

Negli intellettuali romantici, traspare sempre una certa insoddisfazione


rispetto a un presente che produce disorientamento e frustrazione e che
finisce poi per risolversi nel predominio assoluto del sentimento soggettivo.
Il temperamento romantico cerca rifugio nel proprio passato, al fine di
alleviare la paura di un presente che spesso è percepito come ostile e
degenerato.

Il Romanticismo si pone come momento di forte e totale contrapposizione


con il Neoclassicismo e con la cultura del razionalismo illuminista.

Mentre quest'ultimo faceva infatti riferimento a un passato ideale (cioè


l'antichità greco-romana), che non apparteneva a nessuno di coloro i quali vi si
riferivano, il movimento romantico ricerca le proprie radici nel più vicino
Medioevo, con i suoi ricchi fermenti nazionalistici.
Romanticismo Genio e sregolatezza

La fede, il sentimento e l'irrazionalità che il «secolo dei lumi» aveva


condannato e bandito riaffiorano nel Romanticismo in mille forme.
Sul piano letterario la cultura romantica predilige il romanzo storico e la
poesia dei sentimenti soggettivi.
Nell'ambito della continua ricerca delle proprie origini storiche e culturali si
arriva poi a dare dignità artistica addirittura alle favole e, in Italia, ai
componimenti dialettali, simbolo entrambi di un profondo radicamento nel
retroterra delle tradizioni popolari più antiche e sentite.

Vi è anche un risveglio del sentimento religioso in tutte le sue componenti:


da quelle più mistiche, ricerca di sicuri punti di riferimento morali, fino a
quelle intrise di superstizione popolare, quasi al limite della magia.
Romanticismo Genio e sregolatezza

I salotti culturali e i caffè sono animati dalla presenza di intellettuali


che si lasciano andare «orgogliosamente» agli eccessi di nature
impulsive e passionali, nature che ricercavano nella forza dei sentimenti e
delle emozioni un senso adeguato al vivere.

Qualcuno, infine, si chiede:


cosa rende l'uomo, così piccolo di fronte alla potenza della natura
(eppure segnato da un desiderio di felicità insaziabile!),
un essere unico ed irripetibile?

È sull'onda di queste domande che nasce il movimento che chiamiamo


Romanticismo.
Romanticismo Genio e sregolatezza

La rappresentazione della figura umana nelle opere romantiche


è sempre espressiva: gli artisti danno importanza all'atteggiamento,
alla mimica e alle caratteristiche del volto perché essi sono lo
specchio della personalità del soggetto.
Romanticismo Genio e sregolatezza

La rappresentazione della figura umana nelle opere romantiche


è sempre espressiva: gli artisti danno importanza all'atteggiamento,
alla mimica e alle caratteristiche del volto perché essi sono lo
specchio della personalità del soggetto.

Dalle figure perfette, composte ed equilibrate


dell'arte neoclassica si passa così
a personaggi agitati, come testimonia il ritratto
dell'Alienata con monomania dell'invidia
di Théodore Géricault.
Romanticismo Genio e sregolatezza

Nelle opere romantiche le figure sono sempre colte in azione e spesso in


situazione di lotta, a volte in lotta contro la natura stessa, come testimonia
nel dipinto La zattera della Medusa, sempre Théodore Géricault.
Romanticismo Genio e sregolatezza

Dal punto di vista del linguaggio visivo si attua un grande cambiamento:


la preferenza per il disegno lascia il posto alla dominanza del colore,
l'elemento più legato al mistero della luce e del sentimento dell'uomo.
I grandi contrasti cromatici o la pennellata mossa sono sentiti più
adeguati al dramma dell'uomo, eroe non sempre vincente.

Francisco Goya,
Fucilazioni del 3 maggio 1808,
1814. Madrid, Museo del Prado.
Romanticismo Genio e sregolatezza

Nei quadri di Turner abbiamo una visione grandiosa della natura che riflette
le emozioni dell'uomo, quali si possono cogliere ascoltando una sinfonia di
Beethoven, una poesia di Leopardi.

Beethoven , abbandona la compostezza del periodo neoclassico


orientandosi verso una musica passionale, evocatrice di sensazioni estreme,
fortemente legata agli eventi della natura e costantemente venata da qualche
nota di malinconica tristezza.

Constable, Turner, Bierstadt, Church, paesaggisti puri


(quella di Constable è una veduta emozionata,
quella di Turner una veduta emozionante) ;
Caspar David Friedrich, il maggiore dei pittori romantici tedeschi,
riesce a congiungere al sentimento panico della natura e alla vertigine
dell'uomo di fronte alla sua magnificenza un profondo e sentito afflato
religioso.
Constable, la spiaggia di Brighton,
Romanticismo 1827, olio su tela, 127x183 cm
(Tate Britain, Londra)
Genio e sregolatezza
Constable, Il mulino di Flatford,
Romanticismo 1817, olio su tela, 110x127 cm Genio e sregolatezza
Joseph Mallord William Turner, La valorosa Temeraire,
Romanticismo 1839, olio su tela, 90.7 × 121.6 cm Genio e sregolatezza
Joseph Mallord William Turner, Il molo di Calais,
Romanticismo 1803, olio su tela, 172×210 cm Genio e sregolatezza
Joseph Mallord William Turner, Tempesta di neve,
Romanticismo 1842, olio su tela, 172×210 cm Genio e sregolatezza
Bierstadt, Tra le monagne,
Romanticismo 1867, olio su tela, 91,9x127,6 cm
(Wadsworth Atheneum Museum of Art, Hartford, CT)
Genio e sregolatezza
Winslow Homer,
Romanticismo Cape Trinity, chiaro di luna sul fiume Saguenay
1904-1909 - olio su tela. 72,4×122 cm
Genio e sregolatezza
(Curtis Galleries, Minneapolis, MN)
Frederic Edwin Church - L’isola di Mount Desert
Romanticismo 1863, olio su tela, 91,8×121,9 cm
(Hartford, CT, Wadsworth Atheneum Museum of Art)
Genio e sregolatezza
Caspar David Friedrich,
Romanticismo Barca sul fiume Elba nella nebbia del primo mattino,
1820-25, Wallraf-Richartz-Museum & Fond. Corboud, Colonia
Genio e sregolatezza
Romanticismo Genio e sregolatezza

A questo tipo di pittura è connesso il sentimento del sublime, altro carattere


distintive del Romanticismo.
Secondo Edmund Burke, scrittore e uomo politico inglese del Settecento,
il sublime consiste in quel misterioso e affascinante insieme di sensazioni
che è possibile provare solo di fronte a certi grandiosi spettacoli naturali (un
tramonto infuocato, una tempesta impetuosa, una notte di vento, una
tormenta di neve), quando le sensazioni che ne derivano «tendono a colmare
l'animo di un orrore dilettevole». Nella sensibilità romantica il sublime si
pone dunque all'estremo limite superiore della percezione del bello.
Dove perfezione, grazia e armonia confinano con lo smarrimento della nostra
mente, incapace di percepire razionalmente sensazioni così intense e assolute,
là si affaccia il sublime, che è nel contempo piacere e dolore.
«Il pinnacolo della beatitudine», affermavano i primi Romantici già sul
finire del Settecento, «confinante con l'orrore, la deformità, la follia: un
culmine che fa smarrir la mente di chi non sa guardar oltre».
Romanticismo Genio e sregolatezza

Fortemente legato al concetto di sublime è anche quello di genio.


Genio: è colui che, grazie alla sua sensibilità artistica e ai mezzi tecnici con i
quali sa tradurla in opera compiuta, ci consente di accedere alla
vertigine del sublime.
Nella visione romantica, dunque, geni si nasce e certo non si diventa.
Da cui l'inutilità, ai fini creativi, dell'esperienza scolastica, che può al
massimo servire ad apprendere alcune utili tecniche.
Il genio, nella sua assoluta libertà morale ed espressiva, si sente simile a Dio
nel momento della Creazione.
È proprio da questa visione fortemente idealizzata, che discende anche una
certa propensione tendente a giustificare ogni comportamento del genio
che, in quanto tale, può permettersi qualsiasi intemperanza.
Genio e sregolatezza, appunto.
Romanticismo Théodore Géricault,
La zattera della Medusa,
Theodore Gericault ( 1791-1824)
ca 1819. Olio su tela, 491x716 cm.
Parigi, Museo del Louvre.
Romanticismo Théodore Géricault,
Alienata con la monomania del gioco,
Theodore Gericault ( 1791-1824)
Alienato con monomania del
comando militare,
Alienato con monomania del furto,
Alienato con monomania del
rapimento di bambini,
Alienata con monomania dell'invidia,
Romanticismo Eugène Delacroix (1798-1863)
«La prima qualità di un quadro è di essere una gioia per l'occhio»

Nella sua arte incarna la malinconia, il desiderio di cambiamento,


l'avversione per l'accademismo, il riferimento ai fatti della storia medioevale
(rivissuti attraverso le pagine dei grandi scrittori romantici Walter Scott o
George Byron) piuttosto che a quelli della storia antica, l'impetuosità
creativa, l'esotismo.

Suoi modelli furono Michelangelo, Tiziano, Rubens.

Ma il suo modo di dipingere cambiò dopo il soggiorno in Marocco nel 1832,


scoprì la luminosità dei cicli nordafricani e i colori accesi.
Romanticismo Eugène Delacroix (1798-1863)
«La prima qualità di un quadro è di essere una gioia per l'occhio»

Il suo modo di dipingere cambiò dopo


il soggiorno in Marocco nel 1832,
scoprì la luminosità dei cieli
nordafricani e i colori accesi.

Eugène Delacroix,
La moglie di Abraham Benchìmol e una delle sue figlie,
1832. Acquerello e matita su carta, 22,3x16,2 cm.
New York, The Metropolitan Museum of Art
Romanticismo Eugène Delacroix (1798-1863)
«La prima qualità di un quadro è di essere una gioia per l'occhio»

Il 7 settembre 1856 scriveva nel diario:

“Vedo dalla mia finestra un operaio che lavora, nudo fino alla cintola.
Osservo, paragonando il suo colore a quello del muro esterno, come le
mezze-tinte della carne siano colorate a paragone delle materie inerti.
Ho osservato la stessa cosa ier l'altro sulla piazza di St. Sulpice, dove un
monello era salito sulle statue della fontana al sole.
L'arancione opaco nei chiari, i viola più vivi per il passaggio dell'ombra e i
riflessi dorati delle ombre che facevano contrasto col suolo.
L'arancio e il viola dominavano alternativamente e si mescolavano.
Il tono dorato aveva del verde.
La carne non ha il suo vero colore se non all'aperto e soprattutto al sole.
Che un uomo metta la testa alla finestra, ed è tutt'altro che nell'interno.
Donde la stupidità del lavoro in studio che tende a rendere falso quel colore”.
Romanticismo Eugène Delacroix (1798-1863)
«La prima qualità di un quadro è di essere una gioia per l'occhio»

In queste osservazioni e nella pratica pittorica di Delacroix, ci sono tutte quelle


linee di ricerca che apriranno all'Impressionismo.
Non per nulla i grandi pittori impressionisti proveranno un indiscusso amore e
un'immensa ammirazione per Eugène Delacroix, ne copieranno le opere e
riterranno, secondo la significativa espressione attribuita a Cézanne, che
“siamo tutti in Delacroix”.
L'artista si spense a Parigi il 13 agosto 1863.
Romanticismo Eugène Delacroix (1798-1863)
«La prima qualità di un quadro è di essere una gioia per l'occhio»
Eugène Delacroix,
La barca di Dante,
1822. Olio su tela, 189x246 cm.
Parigi, Museo del Louvre
Romanticismo Eugène Delacroix (1798-1863)
«La prima qualità di un quadro è di essere una gioia per l'occhio»

Già in questo dipinto l'artista mostra i germi della sua ricerca coloristica.
Le goccioline d'acqua sul ventre della giovane donna dannata sulla destra e
quelle sotto l'ascella dell'uomo di sinistra sono formate da pennellate di
colori puri giustapposti.
Delacroix, infatti, non ha fatto ricorso a un colore ottenuto dalla fusione di
più colori, operata sulla tavolozza, né ha impiegato un colore carico di riflessi
di luce (come avrebbe potuto essere), ma ha posto l'uno di fianco
all'altro il rosso, il giallo, il verde e tocchi di bianco.
L'unico colore, quindi, è stato diviso nei suoi componenti che, puri, sono
stati posati sulla tela.
Vedremo quanto questa intuizione di Delacroix fu importante per gli
Impressionisti e per i Postimpressionisti.
Romanticismo Eugène Delacroix (1798-1863)
«La prima qualità di un quadro è di essere una gioia per l'occhio»
Eugène Delacroix,
La barca di Dante,
1822. Olio su tela, 189x246 cm.
Parigi, Museo del Louvre
Romanticismo Eugène Delacroix (1798-1863)
«La prima qualità di un quadro è di essere una gioia per l'occhio»
Eugène Delacroix,
La Libertà che guida il popolo,
1830. Olio su tela, 235x260 cm.
Parigi, Museo del Louvre

Per Delacroix
ogni colore
contiene
i tre colori primari:
blu, rosso e giallo.
L’unico colore
è stato diviso nei suoi
componenti che, puri,
sono stati posati sulla tela
La rivoluzione del Realismo
La poetica del vero
Realismo

Il 1848 rappresenta, per tutta l'Europa, l'anno delle grandi e sanguinose


sommosse popolari.
I movimenti REALISTI nascono pertanto proprio per rispondere in modo
artistico a questa prepotente richiesta di vero e di quotidiano.
In pittura come in letteratura non si vuole più ingannare, proponendo soggetti
falsi o inconsistenti, ma - al contrario - si cerca di documentare la realtà
nel modo più distaccato possibile, quasi analitico, similmente a quanto, in
campo filosofico, veniva allora teorizzato dai pensatori positivisti.

Nel 1848 un gruppo di artisti francesi si riunisce nel villaggio di Barbizon


per seguire il programma degli artisti romantici,
cioè guardare con occhio nuovo la natura.
Loro obiettivo era rappresentare la realtà, indagandola nella sua normalità,
fino agli aspetti più drammatici.
Con questa esperienza vengono poste le basi del REALISMO.
La rivoluzione del Realismo
La poetica del vero
Realismo

Nelle opere dei realisti cose e persone non sono abbellite,


i personaggi non sono caricati nella mimica e neppure negli atteggiamenti,
il colore è denso, le pennellate ben visibili, le tonalità calde,
i contrasti di luce e di ombra appaiono decisi.
Le scene, insomma, hanno il rilievo e la forza della realtà stessa.

Il primo (e unico) fine dell'artista, infatti, sarà quello di annotare


minuziosamente le caratteristiche del mondo che lo circonda, astenendosi
il più possibile da qualsiasi giudizio di tipo soggettivo.
II concetto di realismo, del resto, è sempre stato strettamente connesso con
quello di arte.
Ogni periodo storico ha avuto il suo realismo in rapporto a quelle che erano
le specifiche esigenze sociali e culturali del tempo.
La rivoluzione del Realismo
La poetica del vero
Realismo

Il primo (e unico) fine dell'artista, infatti, sarà quello di annotare


Per rendere compiutamente il senso del vero, cioè quella che già Delacroix
chiamava «la cruda realtà degli oggetti», l'artista comprende di non
poter più vivere nei modi convenzionali della società borghese.

Nel 1850 Courbet nota:


«Nella nostra civiltà così incivilita bisogna che io conduca una vita da
selvaggio; bisogna che mi tenga libero anche dai governi.
Il popolo gode le mie simpatie; devo rivolgermi direttamente a lui,
ricavarne il mio sapere, e dev'essere lui a farmi vivere.
Per questo ho incominciato la grande vita indipendente del bohémien».
La rivoluzione del Realismo
La poetica del vero
Realismo
Jean-Francois Millet, L'Angelus,
Jean-Francois Millet (1814-1896), 1858. Parigi, Louvre.
decide di estendere il proprio
programma dai paesaggi alla figura.
Egli dipinge scene di vita contadina
così come le vede, dando ai
personaggi una grande dignità ed
esaltandone il senso religioso.
Lasciata definitivamente alle spalle
l'idea neoclassica che un soggetto
“importante” fa un'opera
“importante”, i pittori realisti
dipingono scene di lavoro,
immagini della vita di tutti i giorni,
in contrasto con l'idea accademica
che riteneva questi soggetti poco
dignitosi e insignificanti, anzi brutti.
Gustave Courbet (1819-1877)
e la rivoluzione del Realismo - La poetica del vero
Realismo
Gustava Courbet, Lo spaccapietre,
Courbet rappresenta un manovale 1849. Olio su tela, 45x55 cm. Svizzera, Collezione privata.
intento a frantumare dei sassi per
ricavarne ciottoli di pezzatura
inferiore.
Le diversità non sono solo formali.
L'occhio indagatore di Courbet
scava impietosamente nella realtà
mettendone a nudo ogni risvolto.
Ecco allora le toppe sulle maniche
della camicia, il panciotto strappato
sotto l'ascella, i calzini bucati al
tallone. A sinistra, sotto un cespuglio,
vi sono anche una pentola e mezzo
filone di pane, evidente accenno a
quello che sarà il povero pasto dello
spaccapietre. La natura circostante è
tratteggiata in modo essenziale, quasi
scarno, senza indulgenza né
compiacimenti.
Courbet rifugge da qualsiasi
tentazione pietistica e proprio in
questo equilibrio sta la sua grandezza.
Gustave Courbet (1819-1877)
e la rivoluzione del Realismo - La poetica del vero
Realismo
Gustava Courbet, Funerale ad Ornans, 1849. Olio su tela, Parigi, Louvre.

Nel grande quadro (che raffigura un funerale) i partecipanti alla cerimonia, i cittadini di Ornans,
sono disposti dinnanzi alla fossa pronta. Ognuno di loro mostra nel volto e nei gesti il proprio
grado di partecipazione al rito: il prete, i chierichetti e i portatori, il becchino in attesa, gli
amici, le donne piangenti, anche il cane con lo sguardo fisso su qualcosa al di fuori del quadro.
Questo triste avvenimento, che accomuna tutti, viene osservato da Courbet con uno sguardo
grave e partecipe, quasi a voler documentare un momento di vita nell'amato angolo di
provincia dove è nato.
Gustave Courbet (1819-1877)
e la rivoluzione del Realismo - La poetica del vero
Realismo
Gustava Courbet,
L‘atelier del pittore. Allegoria reale determinante un periodo di sette anni della mia vita artistica e morale,
1855. Olio su tela, 359x598 cm. Parigi, Musée d'Orsay.
Al centro della composizione,
Courbet rappresenta se
stesso intento a dipingere.
Attorno a lui si affollano una
trentina di personaggi.
A sinistra sono rappresentate
le classi sociali che vivono ai
margini della società: operai,
saltimbanchi, balordi. Hanno
tutti la testa reclinata e
l'atteggiamento pensoso. Nei
loro volti si legge il pesante
fardello della vita e dei suoi
dolori.
A destra sono invece i sogni e le allegorie. Tra queste l'amore, la filosofia e la letteratura, alle
quali Courbet ha imprestato i volti di vari amici e conoscenti.
La Verità, nuda accanto all'artista, osserva con tenerezza l'opera che egli sta ultimando.
Di fronte un bimbette dai vestiti laceri guarda incuriosito: la verità, vuoi dirci l'artista è semplice e
innocente, oltre che nuda.
Gustave Courbet (1819-1877)
e la rivoluzione del Realismo - La poetica del vero
Realismo
Gustava Courbet,
L‘atelier del pittore. Allegoria reale determinante un periodo di sette anni della mia vita artistica e morale,
1855. Olio su tela, 359x598 cm. Parigi, Musée d'Orsay.
Gustave Courbet (1819-1877)
e la rivoluzione del Realismo - La poetica del vero
Realismo
Gustava Courbet,
Fanciulle sulla riva della Senna,
1857. Olio su tela, 174x200 cm. Parigi, Musée du Petit Palais.
Anche questo dipinto, apparentemente
tanto innocuo, scosse la critica
benpensante del tempo.

Per la prima volta la scena appariva


ambientata non in una dimensione
fantastica e lontana ma lungo le ben note
rive della Senna.

Le due ragazze sdraiate,


non in posa ufficiale ma in un
atteggiamento spontaneo,
erano vestite secondo il gusto
dell'epoca,
e ciò escludeva definitivamente
qualunque volontà di identificarle
con qualche personaggio dell'antichità
classica.
Gustave Courbet (1819-1877)
e la rivoluzione del Realismo - La poetica del vero
Realismo
Gustava Courbet, Fanciulle sulla riva della Senna,
1857. Olio su tela, 174x200 cm. Parigi, Musée du Petit Palais.

Nei loro volti assonnati e un po' volgari, si poteva leggere tutta la quotidianità della loro storia… quasi
avesse scattata una istantanea come un fotoreporter nascosto. Osservando alcuni particolari (il mazzo di
fiori, i ricami del vestito bianco, la barca...) possiamo cogliere la grande forza pittorica dell'artista.
Egli attribuisce la medesima importanza alle foglie, alla trasparenza dei vestiti, ai volti, al legno della barca.
Gustave Courbet (1819-1877)
e la rivoluzione del Realismo - La poetica del vero
Realismo
Gustava Courbet,
Fanciulle sulla riva della Senna,
1857. Olio su tela, 174x200 cm. Parigi, Musée du Petit Palais.
Gustave Courbet (1819-1877)
e la rivoluzione del Realismo - La poetica del vero
Realismo
Gustava Courbet, Jo, la bella ragazza irlandese (o Donna d'Irlanda),
1866. Olio su tela, 54x65 cm. Stoccolma, Nationalmuseum.

Il «maledetto realista»,
come lo chiamavano
sprezzantemente i suoi
detrattori accademici,
apre di fatto la strada alla
fervida stagione del
Realismo francese,
sulla quale si innesterà poi,
pur se con accenti diversi,
anche tutta la straordinaria
esperienza impressionista .
…e in Italia?
Il fenomeno dei Macchiaioli
Realismo

E in Italia? … l'arte italiana dell'Ottocento registra in tutte le sue


manifestazioni una forma di ritardo e di isolamento rispetto a quella
europea (francese in particolare), poiché da un lato non riusciva a sentir
propri i valori della civiltà contadina, che era in via di superamento a causa
dei processi di unificazione nazionale, dall'altro non poteva ancora riflettere i
valori e le contraddizioni della stessa società borghese, che nel nostro paese
si manifestavano solo in certe aree territoriali e che solo a fine secolo
cominciarono a diffondersi decisamente in tutta la penisola.
In pittura si formano correnti o
scuole regionali o addirittura
locali, favorite dalla
frantumazione dell'Italia in tanti
piccoli Stati: una divisione che
non scompare, dal punto di vista
culturale, neppure dopo
l'unificazione.
…e in Italia?
Il fenomeno dei Macchiaioli
Realismo

Due correnti artistiche acquistano tuttavia un certo rilievo nella seconda


metà del secolo: quella dei macchiaioli e quella dei divisionisti.
I macchiaioli sono un gruppo di pittori attivi a Firenze,
che intendono reagire alla pittura romantica ed accademica,
sia cambiando i soggetti (tratti, ad es., dalla vita e dagli avvenimenti del
tempo), sia abolendo il disegno, trascurando il dettaglio e rendendo la
visione d'insieme con vivaci “macchie” di colore.
Nascono così i dipinti di vita borghese
di Silvestro Lega “Il pergolato”
e di Giovanni Fattori
”Il muro bianco”
(narrato momenti
di vita Militare
del risorgimento italiano).
…e in Italia?
Il fenomeno dei Macchiaioli
Realismo

La teoria dei macchiaioli è quella secondo cui


il pittore deve rendere esattamente ciò che l'occhio percepisce,
cioè macchie colorate di luce e di ombra,
senza pregiudizi culturali di sorta.
…e in Italia?
Il fenomeno dei Macchiaioli
Realismo

Verso la fine del secolo alcuni pittori dell'Italia settentrionale, in particolare


Giovanni Segantini “Trittico delle Alpi, la morte”,
e Giuseppe Pellizza da Volpedo,
si collegano alle ricerche francesi postimpressioniste
(in particolare al puntinismo di Seurat “Il canale di Gravelines”, e Signac “La sala da pranzo”),
e scompongono il colore in minuti trattini,
nelle sue componenti primarie, stese in tante piccole pennellate,
non nel senso scientifico e distaccato dei pittori francesi,
ma con una profonda partecipazione emotiva,
e in tal senso il divisionismo italiano appartiene ancora in parte
alla cultura romantica.

Dal divisionismo muoveranno artisti come Balla, Boccioni, Carrà, Severini,


che daranno poi origine al futurismo, il primo movimento artistico italiano
moderno di portata europea.
…e in Italia?
Il fenomeno dei Macchiaioli
Realismo

Fin dagli anni Quaranta dell'Ottocento Firenze è dunque una delle capitali
culturali più libere e attive d'Italia, sicuro e stimolante punto di riferimento per
tutti quei giovani artisti e politici di fede liberale.
Questa vivace schiera di intellettuali amava ritrovarsi nel centralissimo Caffè
Michelangelo di Via Larga (l'attuale Via Cavour), l'anima intellettuale del
gruppo è senza dubbio Diego Martelli (Firenze, 1838-1896), scrittore e
critico d'arte fiorentino.
Egli fu forse il primo a teorizzare
«la macchia in opposizione
alla forma» e grazie alle riviste
da lui fondate («II Gazzettino delle
arti del disegno» e il «Giornale
artistico») i giovani artisti
fiorentini entrarono in contatto
anche con le contemporanee
esperienze pittoriche francesi.
Telemaco Signorini, Il ghetto di Firenze,
1882. Acquaforte, 62x92 cm. …e in Italia?
Il fenomeno dei Macchiaioli
Realismo

Altro importante ideologo del


gruppo del Michelangelo fu il
pittore Telemaco Signorini
(Firenze, 1835-1901) il quale
propose di adottare per sé e per i
suoi amici l'appellativo di
«Macchiaioli»,
accettando con provocatoria ironia
un aggettivo che la stampa del
tempo aveva invece coniato a fini
esclusivamente denigratori.

Il movimento macchiaiolo nasce in


questo ambiente e da queste
premesse.
…e in Italia?
Il fenomeno dei Macchiaioli
Realismo
Telemaco Signorini,
L’alzaia,
1864. Olio su tela. cm. 58,4x 173,2.Collezione privata

Il suo arco di sviluppo si può pertanto


collocare tra il 1855 e il 1867, ma i suoi
influssi sulla pittura italiana continueranno
a essere vivi fino agli inizi del Novecento.
…e in Italia?
Il fenomeno dei Macchiaioli
Realismo
Telemaco Signorini,
Luna di miele,
1862-1863, Viareggio, Istituto Matteucci

La teoria dei macchiaioli è quella secondo cui


il pittore deve rendere esattamente ciò che l'occhio percepisce,
cioè macchie colorate di luce e di ombra,
senza pregiudizi culturali di sorta.
…e in Italia?
Il fenomeno dei Macchiaioli
Realismo

Al gruppo dei Macchiaioli aderiscono artisti provenienti da quasi ogni parte


d'Italia.
Al già citato Signorini occorre aggiungere,
Giovanni Fattori ,
Nino Costa, che sarà uno degli ispiratori di tutto il gruppo,
Silvestro Lega, sublime interprete del mondo piccolo borghese,
Odoardo Serrani (Pisa 1833-Firenze 1905),
Giuseppe Abbati (Napoli, 1836-Firenze, 1868),
lo scultore Adriano Cecioni (Firenze, 1836-1886),
Raffaello Sernesi (Firenze, 1838-Bolzano, 1866),
Federico Zandomeneghi (Venezia, 1841-Parigi, 1917), prezioso tramite con
l'Impressionismo francese.
…e in Italia?
Il fenomeno dei Macchiaioli
Realismo

Ogni nuova pittura che miri al realismo doveva necessariamente riprodurre la


sensazione stessa della luce.
Poiché la luce non viene percepita in sé ma solo attraverso le modulazioni
dei colori e delle ombre, ecco che per restituire pittoricamente l'effetto-luce
occorre impiegare colori e ombre variamente graduati.
E, visto che nella realtà non esiste né il disegno né la linea di contorno, il
nostro occhio è colpito solo dai colori, organizzati in masse contrapposte.
I limiti di un oggetto sono infatti dati dal brusco passaggio da un colore
all'altro ed è proprio questa differenza di colori che ce ne determina l'esatto
contorno.
La pittura deve pertanto cercare di ricostruire la realtà per masse di colore e il
modo più semplice e utile per riuscirvi è quello di impiegare le macchie.
Queste sono campiture più o meno estese di colori elementari.
Il disegno scompare e la sensazione è quella di una grande solidità.
Silvestro Lega (1826 – 1895)
… l’intimità del quotidiano
Realismo
Silvestro Lega, il canto dello stornello,
1867. Olio su tela, 157x97 cm.,
Firenze, Galleria d'Arte Moderna.

Silvestro Lega, nato nel 1826 a Modigliana,


presso Forlì e scomparso a Firenze nel 1895,
rappresenta la voce più lirica della pittura
macchiaiola.
Formatosi all'Accademia di Belle Arti di
Firenze, frequentò anche la scuola privata
del purista Luigi Mussini.
Fu volontario nel 1848 e partecipò anche
Seconda guerra d'Indipendenza (1859).

Rientrato a Firenze si stabilì nella zona di


Piagentina e il suo studio divenne punto
d'incontro e di discussione per tutti gli
amici del Caffè Michelangelo.
Silvestro Lega (1826 – 1895)
… l’intimità del quotidiano
Realismo
Silvestro Lega, il canto dello stornello,
1867. Olio su tela, 157x97 cm.,
Firenze, Galleria d'Arte Moderna.
S’ispira al disegno nitido e preciso del
Quattrocento fiorentino, dopo aver esordito
come pittore storico andò avvicinandosi alla
macchia, convertendosi definitivamente ad
essa attorno al 1861.
Lega fornisce le sue prove più alte quando si
impegna nei temi di soggetto quotidiano,
rispecchianti la realtà a lui ben nota della
società piccolo-borghese del secondo ‘800.
Attraverso le piccole e insignificanti cose di
tutti i giorni (tranquilli interni domestici,
ritratti di amici e conoscenti, veloci bozzetti,
squarci di paesaggi toscani inondati di sole)
Lega ci restituisce il travaglio e la complessità
sociale di un'intera epoca, nella difficile fase di
transizione da una realtà ancora agricola ai
primi fermenti di quella industriale.
Silvestro Lega (1826 – 1895)
… l’intimità del quotidiano
Realismo
Silvestro Lega, Un dopo pranzo (Il pergolato),
1868, Pinacoteca di Brera, Milano

S’ispira al disegno nitido e preciso del Quattrocento fiorentino, dopo aver esordito come
pittore storico andò avvicinandosi alla macchia, convertendosi definitivamente ad essa
attorno al 1861. Lega fornisce le sue prove più alte quando si impegna nei temi di
soggetto quotidiano, rispecchianti la realtà a lui ben nota della società piccolo-borghese
del secondo ‘800.
Lega fornisce le sue prove più alte
Attraverso le piccole e
insignificanti cose di tutti i giorni
(tranquilli interni domestici, ritratti
di amici e conoscenti, veloci
bozzetti, squarci di paesaggi toscani
inondati di sole) Lega ci restituisce il
travaglio e la complessità sociale
di un'intera epoca, nella difficile
fase di transizione da una realtà
ancora agricola ai primi fermenti
di quella industriale.
Silvestro Lega (1826 – 1895)
… l’intimità del quotidiano
Realismo

Silvestro Lega, Il Primo dolore,


1863, Olio su tela
Amministrazione Provinciale di Genova
Silvestro Lega (1826 – 1895)
… l’intimità del quotidiano
Realismo

Silvestro Lega, Ritratto di Giuseppe Garibaldi,


1861, Olio su tela
Museo Civico Don Giovanni Verità, Modigliana, Forlì-Cesena
Silvestro Lega (1826 – 1895)
… l’intimità del quotidiano
Realismo

Silvestro Lega, I fidanzati,


1869, Olio su tela - Dim: 35 x 79 cm
Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci
Giovanni Fattori (1825 – 1908)
…il solitario cantore della Maremma
Realismo

Fattori, uomo semplice e schivo, nasce a Livorno nel 1825 e partecipa ai


moti rivoluzionari del '48 quasi per gioco.
Gli esordi pittorici di Fattori sono nel solco della tradizione romantico-
celebrativa cara agli accademici.
Ma già dai primi anni Cinquanta egli frequenta il Caffè Michelangelo,
L'adesione di Fattori alla macchia è spontanea e quasi fisiologica.
Può indagare la realtà secondo il «puro verismo»,
obbedendo allo “stimolo acuto di fare studi di animali e paesaggio”
nel tentativo di “mettere sulla tela tutte le sofferenze fisiche e morali
di tutto quello che disgraziatamente accade”.

“Quando all'arte si leva il verismo che resta?”


Giovanni Fattori (1825 – 1908)
…il solitario cantore della Maremma
Realismo
Giovanni Fattori, Campo italiano alla battaglia di Magenta,
1861-1862. Olio su tela, 232x348 cm. Firenze, Galleria d'Arte Moderna
Giovanni Fattori (1825 – 1908)
…il solitario cantore della Maremma
Realismo

La pittura deve pertanto cercare di ricostruire la realtà per masse di colore e


il modo più semplice e utile per riuscirvi è quello di impiegare le macchie. Giovanni Fattori,
Queste sono campiture più o meno estese di colori elementari. Soldati francesi del '59,
Il disegno scompare e la sensazione è quella di una grande solidità.… 1859. Olio su tavola, 15,5x32 cm.
Milano, Collezione privata.
Giovanni Fattori (1825 – 1908)
…il solitario cantore della Maremma
Realismo

La pittura deve pertanto cercare di ricostruire la realtà per masse di colore e


il modo più semplice e utile per riuscirvi è quello di impiegare le macchie.
Queste sono campiture più o meno estese di colori elementari.
Il disegno scompare e la sensazione è quella di una grande solidità.…
Giovanni Fattori,
La rotonda di Palmieri,
1866. Olio su tavola, 12x35 cm,
Firenze, Galleria d'Arte Moderna.
Giovanni Fattori (1825 – 1908)
…il solitario cantore della Maremma
Realismo
Giovanni Fattori, In vedetta (o il muro bianco),
ca 1872. Olio su tela, 37x56 cm. Valdagno, Collezione privata.
Giovanni Fattori (1825 – 1908)
…il solitario cantore della Maremma
Realismo

La pittura deve pertanto cercare di ricostruire la realtà per masse di colore e


il modo più semplice e utile per riuscirvi è quello di impiegare le macchie. Giovanni Fattori,
Queste sono campiture più o meno estese di colori elementari. Bovi al carro,
Il disegno scompare e la sensazione è quella di una grande solidità.… ca 1867. Olio su tela, 46x108 cm.
Firenze, Galleria d'Arte Moderna.
Riassunto
Riassunto

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