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Il Giuramento degli Orazi-

David, Louvre

E’ un dipinto su tela che venne


realizzato nel 1784 da David su
commissione di Re Luigi XVI, come
segno di riconoscenza e di fedeltà
verso la Francia, dopo essere tornato
dall’esperienza artistica quinquennale
di Roma. L’opera, ispirata ad un mito,
è ambientata ai tempi del regno di
Tullio Ostilio, quando si dovevano
ancora determinare le sorti della
sanguinosa guerra tra Roma e Alba
Longa. A decretare il regno vincitore
sarebbero stati tre fratelli romani, gli Orazi, contro tre fratelli albani,cioè i Curiazi, dei quali
non sopravvisse nessuno: solo uno dei soldati romani riuscì a fare ritorno trionfante in patria.
è tratto dalla narrazione storica di Tito Livio e dalla tragedia Horace di Cornellie. Nel dipinto
compaiono i tre fratelli e il padre, impegnati a compiere il giuramento “o Roma o Morte”, la madre
con due bambini, Sabrina, moglie del romano Orazio, la sorella Camilla, fidanzata con uno dei
soldati nemici che dovranno essere uccisi: dopo la morte dell’amato, sarà accusata per “aver
pianto un nemico di Roma” e infilzata con la spada dal suo stesso fratello sopravvissuto. L’opera
è contestualizzata all’interno dell'atrio di una domus romana, costituita da tre alzate che
poggiano su colonne tuscaniche, la cui area risulta essere in penombra, come per esaltare la
drammaticità della scena. Il focus, nonché punto di fuga, coincide con le mani del padre ( con la
destra tiene le spade, con la sinistra esegue un gesto di buon auspicio), il quale soffre sapendo
che i figli potrebbero morire ma sceglie ugualmente di compiere il giuramento in quanto cittadino
di Roma. Camilla si accascia su Sabrina in preda alla disperazione mentre la madre degli Orazi
avvolge con un manto nero i bambini, in segno di drammaticità e lutto. Le tre donne sono
disposte secondo linee curve razionali ed esprimono tristezza e dolore, rappresentano la
disparità tra uomo e donna. Il tema è, quindi, quello dell’eroe che per la patria sceglie di
sacrificare se stesso, esattamente come la famiglia ritratta che accetta il suo destino per Roma.
I personaggi sono tendenzialmente statici e senza emozioni o sentimenti, quasi atarassici come
l’ideale neoclassico prevedeva. La luce entra di lato e le ombre proiettate verso destra che
danno staticità, esprimono l’attimo che precede l’azione, risultando più marcate tra gli uomini e
più tenui tra le donne.

Incoronazione di
Napoleone- David, Louvre.

E’ un dipinto olio su tela


realizzato tra il 1805 e il 1807
da David, con l’intento di
rappresentare la nuova
aristocrazia e sottolineare la
grandezza della Francia
Napoleonica. L’opera raffigura
l’incoronazione di Napoleone e
la sua prima moglie Giuseppina di Beauharnais, avvenuta all’interno della cattedrale Notre
Dame : la scena racchiude 80 personaggi realmente esistiti e importati (anche se non tutti i
presenti nel dipinto parteciparono realmente all’occasione) che presero parte alla cerimonia.

La Morte di Marat- David, Museo


Reale delle Belle Arti del Belgio,
Bruxelles.

Olio su tela e realizzato nel 1793, il


reale nome di questo dipinto è “A
Marat”, in quanto sia stato realizzato
dall’amico David fortemente
addolorato per la sua morte. Svizzero
ma originario della Sardegna, Marat
era un rivoluzionario che perseguiva le
stesse idee di David, ed era a capo del
movimento giacobino. Essendo stato
accusato di star confabulando per una
rivolta civile, una giovane donna
girondina, Charlotte Corday, si recò
presso lui con il pretesto di dovergli far
leggere una petizione. Il rivoluzionario
accolse la ragazza mentre si trovava
immerso in una vasca riempita con
acqua e avena (per alleviare gli effetti
della scabbia, una malattia della pelle) e, dopo una discussione, con la penna in mano e
intento a leggere, venne pugnalato dalla fanciulla e così ucciso. Il tema principale dell’opera
è incentrato su una delle più frequenti conseguenze dell’eroismo: la morte. Marat si sacrificò
per il popolo e il bene comune, non per un tornaconto personale, e rimase vittima di un
tranello. Per realizzare il dipinto, David si ispirò a Michelangelo (la pietà) ma anche alla
Deposizione di Caravaggio per quanto riguarda le luci, in questo caso provenienti da
un’ipotetica apertura a sinistra. Il soggetto ha uno sguardo sereno, si trova all’interno di una
vasca col costato sanguinante e poggiato al di sopra di un sudario; tiene in mano una lettera
e una penna, accanto a lui un calamaio poggiato su di una scrivania, nella quale è presente
la dedica che la rende più simile ad una lapide. Penna, calamaio, lettera, sono gli unici
strumenti che Marat, in quanto uomo politico, può sfruttare per lottare. Il braccio cadente
parzialmente illuminato tocca per terra come per volersi ricongiungere ad essa (la morte,
appunto), e accanto la mano vi è il coltello lasciato dall’assassina. L’opera non è
contestualizzata, è estremamente statica ed è stata realizzata secondo linee orizzontali e
verticali ( a parte il braccio, in diagonale): Marat diventa un personaggio ideale per la lotta
alla libertà.
Il sonno della ragione genera i mostri- Francisco
Goya

Il dipinto è un acquatinta e acquaforte realizzata nel 1797, fa


parte di una serie di un’ottantina di opere ritraenti i vizi umani
(Los Caprichos): questa è la numero 43. E’ totalmente frutto
dell’immaginazione di Goya: raffigura un uomo
(probabilmente il pittore stesso) accasciato su un tavolo con
su scritto “il sonno genera i mostri”, e alle spalle numerose
creature tetre e simbolo di cattivo presagio. Chi genera
questi mostri non è altro che la fantasia, un elemento
essenziale per ognuno ma che allo stesso tempo può uscire
fuori controllo se il lume della ragione “dorme”, ed è quindi
assente. La frase rappresenta anche il destino doloroso della
Spagna, che non conosce la ragione non consapevole dei
principi del 700.

Il Ritratto della Duchessa D’Alba -


Francisco Goya

Nel 1797 il duca de Alba, don José Alvarez de


Toledo, muore a Siviglia. La moglie, dopo i
funerali, si reca nella residenza dei duchi d'Alba a
Sanlúcar e lì trascorre l'estate insieme a Goya.
La donna viene ritratta con un fare altezzoso e
delle vesti nere (in segno di lutto), tipiche delle
popolane spagnole. Era una donna bella ,
autoritaria e senza paura, rappresenta la
superbia della stirpe.
Il tutto è dipinto senza l’utilizzo di linee di
contorno; il paesaggio non è ricco di dettagli, ha
solo lo scopo di esaltare i tratti della nobildonna e
i suoi difetti: il cielo è plumbeo, nello sfondo si
nota un fiume nel quale si riflette la luce del sole.
La seducente duchessa D’Alba tiene il piede
sinistro leggermente avanzato e la mano sinistra
adagiata sul fianco; con la mano destra indica
per terra, come per voler accentuare maggiormente il suo potere e tutti i beni che possiede, ma
si può anche notare che l’indice punta una scritta sulla sabbia: “solo Goya”, e ci ordina di
osservarlo in maniera impassibile. Il ritratto è privo di chiaroscuro.
La Maya
Desnuda-
Francisco Goya

l E’ stato
probabilmente
commissionato da
Manuel de Godoy ,
da appendere nella
sua collezione
privata in un
armadietto separato
riservato ai dipinti di
nudo; è al Museo del Prado dal 1901.
Esattamente come era consuetudine fare per Tiziano, Goya rappresenta una donna
sdraiata, estremamente sensuale, in un contesto domestico. E’ nuda, ma questo è simbolo
di un amore sacro: indica purezza e amore ideale. La forma è morbida e lo sguardo
penetrante crea una relazione con l’osservatore. Destò molto scandalo tra gli ecclesiastici,
ma sicuramente si trattò di un’opera rivoluzionaria.

La Famiglia di Carlo IV-


Francisco Goya.

La famiglia di Carlo IV è un
dipinto di Francisco Goya, a
olio su tela (280 × 336 cm),
realizzato con tecnica
veneziana tra il 1800 e il 1801.
L'opera è conservata al Museo
del Prado.

Fu commissionato dalla
famiglia reale spagnola e,
nonostante si trattasse di un
ritratto ufficiale, il pittore
raffigurò con impietosa
precisione i visi grotteschi dei Reali. Infatti, ne vengono rappresentati i difetti fisici e morali,
descrivendo i nobili per come sono realmente: ecco la differenza col classicismo, che
operava per mezzo di ideali. Goya opera con introspezione psicologica, si autoritrae nel
dipinto come un grande osservatore che ha il compito di studiare e mettere in luce il
miserabile carattere degli elementi della famiglia. Gli unici a salvarsi dallo sguardo attento
del pittore dono i due bambini e la coppia di destra ( Maria Luisa di Borbone e il piccolo
Carlo), in quanto essi rappresentano la purezza e l’innocenza: secondo Goya sono l’unico
barlume di speranza all’interno di una realtà chiusa e corrotta come quella della Spagna. Lo
sfondo non è ricco; la luce unifica tutte le figure rappresentate, mentre il Goya rimane
estraniato nell’ombra.
La Fucilazione del 3
Maggio- Francisco Goya

Il 3 maggio 1808 è un dipinto a


olio su tela (266x347 cm) di
Francisco Goya, realizzato nel
1814 e conservato nel Museo del
Prado di Madrid.
Narra la vicenda dell’invasione
della Spagna da parte di
NApoleone, il quale venne qui
visto quasi come un tiranno:
alcuni patriottici spagnoli
combatterono ma in seguito furono arrestati e fucilati a Madrid, la quale si può scorgere nello
sfondo. Il tema è quello dell’eroe, ma non secondo David che decise di idealizzare questo tipo di
figura. Nel caso del Goya, l’eroe non è un uomo impassibile, bensì un uomo che nonostante il
grande coraggio ha paura della morte. La lanterna illumina i rivoluzionari che stanno andando
incontro alla loro fine (alcuni sono già stati sparati, i cadaveri sono accasciati a terra); c’è chi ha
paura e si chiude gli occhi, c’è chi abbassa lo sguardo, ma tra tutti vi è un uomo vestito di bianco
che resta in piedi, con le braccia alzate e gli occhi sgranati: è l’eroe sentimentale, che in preda al
terrore e pronto a morire per la Spagna affinché possa avvenire un cambiamento (proprio come
desiderava Goya). Il dipinto è quindi emblema della rivoluzione, risulta essere estremamente
sentimentale grazie alla tecnica utilizzata, la quale è data solo dall’istinto e rappresenta un fatto
realmente accaduto: per questo è definita pre-romantica ( al contrario di David, nulla qui è
idealizzato).

Saturno che divora i suoi


figli - Francisco Goya

E’ un dipinto a olio su intonaco


trasportato su tela (146x83 cm)
del pittore spagnolo Francisco
Goya, realizzato nel 1821-1823 e
conservato al museo del Prado di
Madrid: rappresenta lo stato che
divora, e quindi opprime, l’uomo,
ovvero il popolo. Nel dipinto,
Saturno sta divorando suo figlio
appena nato, lasciandone solo
alcuni resti.
La scena raccapricciante,
immersa in un buio nero come catrame, è rischiarata qua e là da una luce radente proveniente
da sinistra che conferisce peso e verosimiglianza alle due figure. Le pennellate, invece, sono
forti, rapide e informali.

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