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Théodore Géricault

La zattera della “Medusa”


Parigi, Museo del Louvre
491 x 761 cm
Olio su tela
1818-1819

“La zattera della Medusa” è la tela che più rappresenta il talento di Théodore Géricault. Questi
visse a cavallo tra il 1700 e il 1800, quindi anche tra due correnti culturali: il Neoclassicismo ed il
Romanticismo. Il primo voleva far sì che l’arte seguisse la scia che aveva lasciato il Classicismo
dei Greci e Romani, il secondo si interessava soprattutto a scuotere l’animo dello spettatore. In
Francia, in questo periodo si era appena chiuso ed eliminato un importante capitolo della storia del
paese: nel 1814 il Congresso di Vienna aveva cancellato tutto ciò che di buono avevano portato la
Rivoluzione Francese e l’Impero Napoleonico. Tutti i principi di libertà, fraternità ed uguaglianza
erano stati messi da parte con il ritorno dell’assolutismo. In questo tumulto Géricault trovò il modo
con il quale rappresentare la situazione di equilibrio debole ed instabile che regnava in Francia. La
vicenda esposta corrisponde ad un tragico evento che aveva inquietato il paese: al largo delle coste
occidentali africane la “Medusa”, grande nave francese, naufragò. Circa 150 passeggeri riuscirono
a salire su una zattera. Dal governo non arrivava niente pur conoscendo la situazione. I gruppo si
decimò letteralmente. Rimasero in 15, gli altri morti nella disperazione, nel cannibalismo, nella
pazzia. Géricault decise di immortalare la tragedia nel momento più carico di emozione. Egli ci fa
vedere l’attimo in cui i sopravvissuti intravedono spuntare all’orizzonte la punta dell’albero
dell’Argus, nave che li salverà. Nella scena possiamo capire gli stati d’animo di tutti i naufraghi.
Tra le figure spicca quella dell’uomo che in piedi, con lo sguardo speranzoso verso l’orizzonte,
sventola un panno. Con lui gran parte dei moribondi lotta con tutte le sue forze per alzarsi e farsi
vedere, o forse per godere solamente di quel momento passeggero che li incoraggerà e gli darà
fiducia. Ai lati della zattera vediamo i corpi nudi delle vittime. Sono quasi completamente portati
via dal mare che è come se cercasse di sommergere tutto. Tre personaggi sono da ricordare: la
figura più in basso a destra fu aggiunta dopo l’esposizione del dipinto per creare più equilibrio ed è
ripresa da un quadro del Caravaggio; quella più a sinistra, l’uomo per metà immerso è l’amico
dell’autore Eugéne Delacroix, che posò per essere ritratto; infine il ragazzo completamente nudi
con un paio di calzini ai piedi, poi ripreso ne “La libertà che guida il popolo”, ci fa vedere l’opera
come viva, reale, ci inquieta e ci mette tristezza. Ma ancor più dolore infonde il padre che lo
trattiene e appoggia la testa sulla sua mano. Il suo sguardo è rassegnato, ormai è anziano e ha perso
ogni speranza. Non si volta, attende invece con impazienza il destino che ha raggiunto le persone
che lo circondano: la morte. I colori sono principalmente caldi e cupi. La luce ricopre i corpi torti
in modo molto irregolare e non uniforme a causa di una nuvola nera che minaccia tempesta sopra
la zattera. La cosa che più colpisce emotivamente lo spettatore, pur senza saperlo, sono le due
strutture compositive piramidali. Una trasmette speranza e conforto, l’altra paura e disperazione.
Entrambe hanno come base la zattera e le figure dei morti. La prima però parte dall’uomo che
osserva l’orizzonte, la seconda invece ci indirizza da tutt’altra parte con la vela gonfia che ci
allontana da quel puntino in lontananza che aveva portato tanto ottimismo per condurci verso
l’enorme che ci viene incontro nera e profonda. Lo spettatore è in continua tensione. Cosa accadrà?
Chi avrà la meglio, la vita o la morte? Questo è lo stato d’animo che trasmette. L’enorme tela è una
metafora della Francia che in quegli anni andava alla deriva verso non si sa quale direzione. In
questo quadro Géricault riesce ad affiancare elementi puramente neoclassici, come i corpi
michelangioleschi, ad altri molto romantici quali il rapporto dell’uomo con la natura e la
valorizzazione dei sentimenti. Il pittore ci sa con “La zattera della Medusa” un travagliato affresco
della società dell’epoca ed al tempo stesso ci fa rivivere la tragedia che fu.

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