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ISTITUTO SUPERIORE DI SCIENZE RELIGIOSE

Fossano

Sguardi sulla disabilità e teologia

Tesi di Laurea in scienze religiose

Candidato: Maristella Bertino


Relatore: Giuseppe Pellegrino

Fossano 2020
Introduzione

La mia tesi cercherà di evidenziare quali esperienze e quali difficoltà


hanno avuto e hanno tuttora la cultura e la società in relazione alla
disabilità.
In una prima parte il mio sguardo scaverà, servendomi di saperi e metodi
diversi, nella cultura del mondo antico. Cercherò di rinvenire nell’epoca
greca, romana e quella del primo cristianesimo le tracce lasciate dalle
persone con disabilità.
Passerò successivamente alla visione della disabilità nel mondo
contemporaneo partendo dalla visione negativa che ritroviamo nel
paradigma di ogni totalitarismo che trova efferate realizzazioni nel mondo
fascista, nazista e stalinista.
La seconda parte cercherà di analizzare la disabilità come condizione
umana discussa in prospettiva teologica. La teologia può guidare la
comprensione della disabilità da parte della società. La disabilità deve
essere esplorata come fonte di riflessioni teologiche sull’antropologia e
l’immagine di Dio come Trinità. La disabilità è una vera “provocazione”.
La disabilità interpella la Chiesa.

1
CAPITOLO I

Sguardo storico sulla disabilità

1. Efesto, un disabile fra gli dei

Nel testo Vedere la disabilità. Per una prospettiva umanistica di


Marianna Gensabella Furnari si dice che, come gli eroi di Francesco
Guccini , gli dei greci non “son tutti giovani e belli” 1. Nell’Iliade Efesto
con altri dei prende parte alla guerra tra Greci e Troiani. Efesto è zoppo e
si trascina a fatica su gambe sottili. Non è specificato se la sua disabilità
sia causata da una caduta o se sia congenita. Nel canto diciottesimo dello
stesso poema era Era a buttare giù dall’Olimpo Efesto, volendolo
nascondere perché zoppo. Su un bassorilievo del secondo secolo dopo
Cristo proveniente da Ostia, sopra Efesto che precipita sono raffigurati
Zeus ed Era ma non è chiaro se a buttarlo giù sia stato il padre o la madre.
Anche Afrodite, la più bella fra le dee tratta molto male Efesto, lo tradisce
intrecciando una relazione con Ares, che è il più veloce tra gli dei (vv. 266-
366 Odissea). Avvertito dal Sole Efesto che è un fabbro abilissimo prepara
una trappola per i due amanti e li intrappola con catene. Tutti gli dei
accorrono a vedere la scena e qualcuno dei presenti sentenzia: «Le azioni
cattive non fruttano. Il lento prende il veloce»2 : così anche ora Efesto che

1 MARIANNA GENSABELLA FURNARI , Vedere la disabilità. Per una prospettiva umanistica, 24.

2 OMERO, Odissea, vv 266-366.

2
è lento ha catturato Ares, il più veloce fra gli Dei che abitano l’Olimpo.
Dagli esegeti dell’antichità il lento prende il veloce è diventato
proverbiale. Gli dei greci sono accomunati all’umano. Efesto è
accomunato nella disabilità, nel lavoro e nel sudore. La disabilità non
compromette il valore di un individuo.

2. La disabilità nella Grecia antica

La mitologia è ricca di personaggi deformi, mostruosi, inquietanti


come i Ciclopi, le Sirene, i Centauri, demoni come i Telchini . Il valore
metaforico di queste figure è ribadito da D. Musti, sulle tracce di angosce
antiche e moderne. Nella vita reale che destino attendeva chi nasceva con
vistose imperfezioni? Per dirla con Marie Dèlcourt erano nascite
malefiche.
Le nascite malefiche venivano eliminate anche se alcune sopravvivevano
dall’accettazione del diverso e ciò è dimostrato da pitture su vasi etruschi
di immagini raffiguranti creature affette da sindrome di Down.
A Sparta, quando nasceva un bimbo, il padre doveva portarlo in un edificio
pubblico, la lesche, dove una commissione di anziani della tribù esaminava
attentamente il neonato e permetteva l’allattamento solo se totalmente sano
e vigoroso. Se il bimbo aveva qualche difetto veniva abbandonato in un
luogo chiamato Apothetai, sul monte Taigeto, vicino ad un dirupo. Questo

3
gesto era ritenuto buono, sia per il bimbo che non aveva ricevuto fin
dall’inizio quanto necessario per la vita, sia per la città stessa.
Aristotele3 , delineando nel settimo libro della Politica la propria pilteia, o
costituzione ben temperata, affermava: “Quanto all’esposizione e
all’allevamento dei piccoli nati sia legge di non allevare nessun bambino
deforme, mentre le disposizioni consacrate dal costume impongono di non
esporre nessuno a causa dell’elevato numero dei figli; si deve però fissare
un limite alla procreazione e se alcune coppie sono feconde oltre tale
limite bisogna procurare l’aborto prima che nel feto siano sviluppate la
sensibilità e la vita, perché è la sensibilità e la vita che determinano la
consapevolezza e la non consapevolezza dell’atto”.4 Il filosofo si sofferma
anche sull’eta’, i requisiti della coppia e perfino la stagione ottimale per la
procreazione (ideale la stagione dei venti da nord); indugia poi sul
comportamento e la cura del corpo delle donne incinte (dieta equilibrata,
moto quotidiano accompagnato da visite di culto agli altari di Artemide e
Ilizia, dee preposte alla nascita) e, rinviando ad altra opera
sull’allevamento del bambino, delinea l’alimentazione piu’ indicata per i
piccini, sconsigliando l’uso di vino, di fasce troppo costrittive per i neonati
(diversamente da Platone che ne proponeva l’uso sino ai tre anni).

3 MARIANNA GENSABELLA FURNARI, Vedere la disabilità. Per una prospettiva umanistica, 46.
4 ARISTOTELE, Opere, 258-259.

4
3. Nascere diversi nell’antica Roma.

Nell’antica Roma i parti deformi erano notevoli e fin dall’epoca regia


c’erano disposizioni specifiche sull’esposizione dei neonati con
malformazioni.. Il pater-familias poteva abbandonare un neonato deforme
dopo averlo mostrato a cinque vicini. Il bambino veniva lasciato in un
luogo poco frequentato dove era alta la possibilità che sopraggiungesse la
morte. Poteva accadere che un passante pietoso decidesse di prendere con
sé il neonato, o per allevarlo con amore o per avviarlo alla schiavitù. La
prima selezione, il primo test di validità fisica spettava all’ostetrica la
quale non era particolarmente rigida e infatti cercava di correggere le
imperfezioni con manipolazioni e fasciature atte a modellare le parti
interessate come si fa con l’argilla. Ai medici romani competevano le
malattie, una volta insorte e nei confronti della disabilità si ponevano come
fonte di una malattia incurabile e quindi da non prendersi in carico.
Gli antichi Romani interpretavano le stranezze anatomiche e le anomalie
anatomiche come manifestazioni di collera divina nei confronti della
condotta umana. La malattia invalidante è quindi correlata alle categorie
della colpa e del male: riguarda gli altri, la collettività prima dei diretti
interessati e metteva in causa la pace degli dei. Il diritto penale romano
arcaico aveva più la funzione di preservare la città e di ristabilire la pax
deorum che quella di punire il colpevole. Le deformità impressionavano i

5
Romani e ciò si evince dalla terminologia utilizzata dalle fonti: monstrum,
sotentum, portentum,prodigium.

Poiche’ fanno vedere (ostendunt), prognosticano (portendunt), mostrano


(monstrant), predicono (praedicunt), vengono chiamati apparizioni miracolose
(ostenta), portenti (portenta), mostri (monstra), prodigi (prodigia).5

L’occorrenza più frequente è registrata da prodigium; ostentum e


portentum indicano tout court un fenomeno straordinario, inanimato per
natura; monstrum e miraculum si riferiscono spesso a un particolare
spaventoso in un essere umano.
In piena età imperiale il corpo del disabile , finalmente affrancato dal
vincolo religioso e superstizioso che ne imponeva l’eliminazione, recupera
appieno il valore visivo del monstrum e dell’ostentum, nel senso di una
sovrapposizione dai risvolti sempre meno negativi. A questo cambiamento
ha contribuito anche la diffusione sempre più ampia dei nuovi canoni
estetici diffusi dall’arte alessandrina, penetrata a Roma tra il II e il I secolo
avanti Cristo: il bello ideale dell’arte classica lascia il posto all’uomo della
strada e della sua quotidianità fatta anche di malattie e deformità. Plinio ci
fornisce molte informazioni circa il costume dei suoi tempi. L’androgino
non fa più paura e lo si trova tra i pueri formosi, che popolano le lussuose
dimore dei romani, pronti a soddisfare le perversioni dei padroni in cambio
di un’adozione o un’eredità.6
Tra i pueri deliciae del dominus rientrano anche i nani. Nel Satyricon di
Petronio, Creso è il puer vetulus (bambino con la faccia da vecchio),
5 CICERONE , De Divinatione, Libro I, Par. 41- 45.
6 F. DUPONT, in Raison presente, 73ss.

6
deliciae (amoruccio) e cicaro (cocco).7 Questi strani rapporti con esseri
destinati a non crescere mai, caricature di bambini, quasi succedanei di
figli, sono stati spiegati come un modo perverso e incestuoso di esercitare
la paternità.
Il nano è presente nella domus imperiale, spesso molto vicino al princeps e
addentrato negli affari di stato.

Domiziano per tutta la durata dei combattimenti gladiatori si teneva ai piedi un puerulus
coccinatus, “un nano dalla veste scarlatta”, dalla testa piccola e mostruosa, a cui dover
dar conto persino degli incarichi che affidava. Il colore rosso della veste, indica che il
puerulus godeva di un certo prestigio all’interno della corte.8

Con Severo Alessandro (222-235 d.C.) si assiste ad una sferzata di


sobrietà: l’immagine del disabile subisce una svolta. Termina il periodo
della spettacolarizzazione dei deformi e si guarda finalmente ai loro
bisogni. Severo Alessandro fa il primo passo verso l’assistenza statale a
favore dei nati malformati, stanziando spese pubbliche in favore degli
invalidi per evitare l’accattonaggio. L’essere deforme comincia ad esistere
come persona.

7 PETRONIO, Satyricon, 28.4; 64.5; 71.11.


8 SVETONIO, Tiberio, 6.1 e Domiziano, 4.2

7
4. La cura dell’infirmitas nel Cristianesimo antico

Con la diffusione del Cristianesimo la Chiesa e alcuni privati


cominciarono a portare avanti iniziative caritatevoli in favore di quei
soggetti sfortunati ma si trattava di azioni rivolte soprattutto a poveri e
bisognosi. Presso le basiliche e le chiese c’erano spesso ospedali dove si
curavano le malattie ma quando si trattava di disturbi mentali la guarigione
poteva avvenire solo con la preghiera o la suggestione del potere
miracoloso delle reliquie di un santo. In età cristiana si hanno
testimonianze di malati o disabili accuditi con amore dai genitori, parenti o
servi. La disabilità e l’infermità nel disegno cristiano non è più la
punizione divina per una colpa commessa ma diventa strumento perchè la
potenza di Dio si manifesti, perché solo da Dio potrà avvenire la
guarigione dalla malattia. «Chi ha peccato? Lui o i suoi genitori, per essere
nato cieco ? » Rispose Gesù: «Non hanno peccato né lui né i suoi genitori»
(Gv 9.2-3).
Dal mondo greco-romano a quello cristiano avviene una svolta nei
confronti della disabilità. I disabili vengono accolti e guariti nel corpo e
nell’anima dal Christus-medicus. Cristo guarisce e i Santi continuano la
sua opera.
Nei primi secoli del Cristianesimo si intravvede il rapporto diretto tra
salute dell’anima e guarigione dell’infirmitas, infirmitas che si esprime in

8
forme diverse (ciechi, paralitici, zoppi). La guarigione è connessa al
perdono delle colpe ed al cammino di conversione.
La concezione del Cristo medico dell’anima e del corpo, e il suo invito a
continuare la sua opera di carità portava all’accoglimento del malato, fosse
egli affetto da disabilità fisica o mentale o sociale nella sua totalità e
interezza.
Massimo il Confessore (662d.C.) dice: « La carità non può essere divisa in
carità verso Dio e carità verso il prossimo »: la carità è unica, tutta intera, è
dovuta a Dio ma unisce gli uomini gli uni agli altri. L’azione della perfetta
carità verso Dio, e la sua evidente dimostrazione, risiedono in una sincera
disposizione di volontaria benevolenza nei confronti del prossimo, perché,
dice il divino apostolo Giovanni, « colui che non ama il fratello che vede,
non può amare Dio che non vede ».9

9 MASSIMO IL CONFESSORE, Epistola seconda sulla carità a Giovanni Cubiculario.

9
1. CAPITOLO II

La disabilità in tempi moderni

1. La disabilità nel mondo contemporaneo

Nel mondo contemporaneo si apre la visione negativa dei


totalitarismi che trovano la più grave realizzazione nel regime nazista.
L’ideale dell’uomo, il più possibile perfetto procede all’eliminazione della
persona disabile.
A partire dagli anni Sessanta la cultura avanza verso il riconoscimento dei
diritti di persone con disabilità, ma rimangono ancora fattori di resistenza
di contesto culturale. La nascita di un bambino con handicap è vissuta
dalle famiglie in modo drammatico. Le società occidentali sono
competitive e spingono all’individualismo; conta una buona posizione
sociale, il successo e la carriera.
Le persone disabili incarnano il dolore, evocano la fragilità umana. Il
disabile rappresenta il limite umano, suscita inquietudine e desiderio di
fuggire anche solo con lo sguardo. Molto spesso è difficile fissare il nostro
sguardo nel suo. La filosofa Julia Kristeva e il pensatore Jean Vanier nel
loro libro Il loro sguardo buca le nostre ombre 10
vanno alla ricerca di un
nuovo umanesimo che dia fondamento alla cultura della disabilità.

10 JULIA KRISTEVA e JEAN VANIER, Il loro sguardo buca le nostre ombre.

10
E’ possibile cambiare lo sguardo della società? Nella corrente mentalità il
disabile è una persona da aiutare. C’è bisogno di liberarsi dalla tirannia
della normalità. Non si tratta di avere compassione ma di riconoscere
l’unicità di ogni essere umano voluto da Dio e prezioso ai Suoi occhi. Il
portatore di handicap, figlio di Dio è membro attivo del Suo corpo.
Spesso abbiamo nel profondo del nostro essere paure nascoste che
governano più o meno consciamente le nostre azioni e i nostri pensieri,
abbiamo blocchi che ci impediscono di amare alcuni per attaccarci ad altri.
La vita cristiana è una continua crescita nell’amore e ciò implica di
accettare continua potatura da parte di Dio, potatura che ci porta a
purificare i nostri sistemi di difesa perché il nostro cuore sia docile allo
Spirito Santo e all’amore divino.

11
2. I disabili e i totalitarismi

I tre maggiori regimi del Novecento (fascismo italiano, nazismo


tedesco e comunismo sovietico) con la teorizzazione e la messa in pratica
di politiche eugenetiche finalizzate al miglioramento della razza , portano
avanti politiche finalizzate all’eliminazione dei disabili e ai portatori di
malattie ereditarie (il nazismo ha il tragico primato). L’ideologia
dell’eliminazione dei disabili era già presente in Germania ben prima
dell’avvento di Hitler al potere.
Infatti è del 1920 la pubblicazione del volume dello psichiatra Alfred
Hoche e del giurista Karl Binding dal titolo L’autorizzazione
all’eliminazione delle vite non più degne di essere vissute, opera solo di
recente tradotta in italiano 11e sintetizzata così da Lucetta Scaraffia :
Non si può considerare vita in senso pieno quella di chi, a causa della malattia è
esposto ad un’agonia dolorosa o senza speranza o a quella degli idioti incurabili che
trascinano esistenze senza scopo e utilità, imponendo alla comunità oneri di sostegno

pesanti e inutili 12
.
Con l’avvento di Hitler al potere si passerà dalla teoria alla pratica. Grazie
all’opera di Henry Friedlander The origin of Nazi genocide: from
Euthanasia to the Final Solution 13
possiamo ricostruire le tappe attraverso
le quali è stata portata avanti l’eliminazione dei disabili, degli Ebrei e degli
zingari. L’autore ricostruisce una delle più orrende tragedie del Novecento
11 E.DE CRISTOFARO, C. SALETTI (a cura di) , Precursori dello sterminio, binding e Hoche all’origine dell’eutanasia dei
malati di mente in Germania.
12 L. SCARAFFIA , «Se la vita è indegna di essere vissuta» .
13 H. FRIEDLANDER, The Origins of Nazi Genocide: From Euthanasia to theFinal Solution.

12
e dimostra come l’eutanasia dei disabili e dei malati di mente fornì il
modello all’assassinio di massa degli Ebrei: i centri nei quali i disabili
venivano eliminati con il sistema delle camere a gas divennero
successivamente i campi di sterminio.
All’indomani dell’ascesa di Hitler al potere una legge del 1933, Legge
sulla prevenzione della nascita di persone affette da malattie ereditarie,
prevedeva la sterilizzazione forzata di persone affette da malattie ereditarie
(i documenti ufficiali parlano di 375000 persone tra Tedeschi e Austriaci).
Nel 1935 la legge per la salvaguardia ereditaria del popolo tedesco
legalizzava l’aborto nel caso in cui uno dei due genitori fosse sospettato di
essere portatore di malattie ereditarie. Il Reich propagandava , attraverso
manifesti, opuscoli e filmati, quanto costasse allo stato una persona affetta
da disabilità. Si evidenziava il grande peso economico che la comunità
tedesca era condannata a sopportare. Furono istituiti centri di consulenza
per la protezione del patrimonio genetico della razza . Nel 1939 una legge
obbligava i reparti di ostetricia degli ospedali e le levatrici ad informare i
medici dei centri di consulenza della nascita di bambini con malformazioni
o malattie psichiche e o fisiche. I medici informati convocavano i genitori
dei disabili e, magnificando i progressi della medicina tedesca, li
inducevano al ricovero dei propri figli in centri specializzati, cliniche che
in realtà provvedevano alla soppressione di quei neonati. Tale sorte
spettava spesso anche a fanciulli ebrei, indipendentemente dalle loro
condizioni psico-fisiche e perfino a ragazzi ariani ritenuti disadattati.
Sul finire del 1939 vennero inviati agli ospedali psichiatrici questionari che
intendevano censire le capacità lavorative dei ricoverati al fine di eliminare

13
i soggetti improduttivi . Le schede frettolosamente compilate portarono a
morte parecchie migliaia di ricoverati. I malati venivano portati, con
grandi pullman dai finestrini oscurati, in centri di eliminazione con camere
a gas camuffate da docce e i cadaveri venivano eliminati in forni
crematori. l’operazione detta Aktion T4 era segretissima ma a volte
qualcosa trapelava e suscitava le proteste dei settori sia della Chiesa
protestante che di quella cattolica, ma tali proteste non potevano essere di
impedimento alla tristissima e tragica operazione.
Il fascismo non presenta inizialmente connotazione razzista e per tutto il
corso degli anni Venti non si intravvede svolta anti-semitica.
Successivamente il colonialismo cominciò ad alimentare il razzismo con il
divieto delle unioni miste introdotta dalla legislazione italiana. La svolta
decisiva avviene nel 1938 con l’imitazione del potere alleato tedesco,
frutto della logica del totalitarismo che vede l’idea della razza pura con
l’emarginazione e l’eliminazione del diverso. La collaborazione con i
nazisti vede l’invio nei campi di concentramento di cittadini italiani di
origine ebraica. Con la sconfitta del nazi-fascismo si mette fine alla
persecuzione anti-ebraica e alla purificazione della razza attraverso
l’eliminazione di portatori di malattie ereditarie e dei disabili.
Nella Russia sovietica, a partire dal 1919, all’interno del sistema
concentrazionario, non è stato ancora accertato se siano esistiti campi di
lavoro per i disabili ma all’interno della grande massa di cittadini inviati
nei campi di lavoro vi sono un gran numero di ribelli asociali e un
considerevole numero di disabili, i primi a soccombere nell’impossibile
vita dei campi. Nella costruzione del socialismo non c’è posto per il

14
disabile. Nella logica dei totalitarismi non c’è posto per il “diverso”. Il
progetto di una società perfetta prevede l’emarginazione, l’occultamento e
l’eliminazione del disabile. E’ doveroso ricordare sempre alle giovani
generazioni quanta ingiusta e grande sofferenza hanno vissuto “gli ultimi”
durante quel terribile periodo di storia.

15
CAPITOLO III

La parola alla teologia

1. Disabilità come condizione umana discussa in prospettiva teologica

Come dice Peter Byrne in Philosophical and ethical problems in


mental handicap14: « C'è una prospettiva specificamente cristiana sulla
disabilità? E, se questa prospettiva esiste, quale significato e importanza
potrebbe assumere riguardo a come la disabilità è considerata in una
società pluralistica ? ».
Dal punto di vista storico il contributo della teologia al modo
fondamentale di intendere la disabilità e la malattia da parte della società è
stato principalmente legato alla sanità e alle opere di carità.
Attraverso la propria pratica la Chiesa ha mostrato che le persone affette
da malattia o disabilità non vanno penalizzate ma curate. Ciò si applica a
tutte le forme di discriminazione e, in anni recenti, ha assunto maggior
significato per il modo in cui le persone affette da HIV o AIDS sono state
trattate.
Ma c'è anche ragione di chiedersi se la teologia abbia trascurato la
disabilità come argomento teologico o se essa non vada criticata per non

14 PETER BYRNE , Philosophical and ethical problems in mental handicap, 135.

16
aver abbracciato una visione dell' umanità che considera le differenze nelle
abilità funzionali come un elemento proprio della diversità umana.
Ha sostenuto la teologia una comprensione delle persone con disabilità
come destinatarie e bisognose di cura o piuttosto una visione che parte da
una sostanziale uguaglianza?
La disabilità è vista come una conseguenza della caduta dell' uomo eo
come qualcosa che è parte della vita umana così come è stata creata?
Molte Chiese, Università e College non riescono a garantire pari accesso ai
disabili; tali condizioni possono influenzare la teologia, dal momento che
importanti prospettive rischiano di essere trascurate o negate.
Una visione teologica cristiana dell' umanità considera il genere umano
come socialmente, culturalmente, storicamente e biologicamente parte
della creazione. Questo ha importanza per capire la disabilità. Il punto
fondamentale non è che gli esseri umani dovrebbero essere in salute, forti
e indipendenti, ma, piuttosto, dovrebbero essere in grado di vivere ed
essere definiti attraverso le loro interazioni con gli altri e nella mutua
dipendenza.
La disabilità, la malattia cronica, il disordine mentale, psichico e fisico,
appartengono alla vita umana così come è stata creata.
Il disagio e l' inabilità funzionale provocano qualche volta un malessere
che può essere curato o alleviato. In altri casi bisogna conviverci.
Una visione teologica dell' umanità che vede gli individui in una mutua
relazione possiede implicazioni sia etiche che politiche; comprendere gli
umani come esseri vulnerabili e dipendenti può avere implicazioni per un'
interpretazione della disabilità come condizione fondamentale della vita

17
umana. La disabilità ha sempre fatto parte della vita umana ed è stata
interpretata in modi diversi in diverse culture e periodi storici.
Alcuni modelli recenti sulla disabilità sono spesso descritti sia come
modello medico, in cui la disabilità è vista come un problema di natura
medica e individuale, sia come modello sociale, che sottolinea le cause
sociali e politiche della disabilità.
In generale il termine disabilità riguarda sia le esperienze individuali che le
condizioni che si vengono a creare nell' interazione dell' individuo con il
proprio ambiente, condizioni che possono condurre alla disabilità.
Questa si rivela nelle situazioni concrete e nelle relazioni tra le persone e il
loro ambiente sociale: intervengono sia fattori legati strettamente
all’individuo che aspetti legati alla struttura dell’ambiente in cui essi
vivono. L’essere umano è considerato come entità comprendente corpo
fisico e mente. Barriere architettoniche e altri impedimenti influenzano
questi due aspetti.

18
2. Disabilità come segno della solidarietà di Cristo con noi

La fonte di questo paragrafo è un articolo su La disabilità nella


Chiesa15 dell' autore Justin Glyn, giovane gesuita, disabile, teologo e
canonista, docente di diritto canonico al Catholic Theological College di
Melbourne (Australia).
La nostra Chiesa cattolica vanta una lunga teologia e storia della dottrina
sociale.
Oggi è chiamata ad esprimersi meglio sui diritti delle persone con
disabilità. Pochi cattolici disabili sono coinvolti nella teologia della
disabilità. I disabili sono peccatori o benedetti ?
La concezione della disabilità nella Chiesa ha visto da una parte la
disabilità come conseguenza del peccato originale (a causa di esso l'
immagine di Dio era stata oscurata nella disabilità).
Da un' altra parte ha sostenuto che le persone con disabilità sono state
benedette più di chiunque altro, avendo avuto la grazia di soffrire per tutti.
Nessuna delle due posizioni corrisponde all' esperienza vissuta dai disabili:
le loro vite sono variegate come quelle di chiunque altro.
Il primo insegnamento sulla disabilità che ci viene offerto riguarda la
solidarietà di Gesù con noi nella vita che ha assunto in quanto uomo.
Gesù Cristo non ha preso su di sé solo i limiti umani, ma si è identificato
con quel corpo assunto nella sua sofferenza e nella sua morte.

15 JUSTIN GLYN, «La disabilità nella Chiesa» .

19
Cristo, nel divenire un concreto essere umano con tutti i suoi limiti e le sue
menomazioni, si è fatto solidale con tutti.
La disabilità è veramente un segno di quanto sia profonda la solidarietà di
Cristo con la condizione umana. Cristo, nel divenire un essere umano con
tutti i suoi limiti e con quello più significativo che è la morte, si fa solidale
con tutti, indipendentemente da quale forma di umanità essi vivano,
comprese le loro menomazioni e limitazioni. Diventando uno di noi Cristo
è diventato tutti noi.
Ogni uomo che ha la fortuna di vivere a lungo fa esperienza di qualche
menomazione. La solidarietà di Cristo è per tutti.
C'è da chiedersi cosa la disabilità dice di Dio. Nell' affrontare la disabilità
c'è bisogno di riscoprirne il valore teologico.
Non è sufficiente chinarsi sulla marginalità seppure in modo generoso. La
disabilità non è un problema da affrontare. E' necessario domandarsi quale
messaggio di Dio ci sia nella fragilità, abbandonando le idee di
competenza, intelligenza e bellezza che molti hanno solamente in testa.
La menomazione dimostra che Cristo si è fatto carico dei limiti umani.
Cristo che opera le guarigioni assume le menomazioni degli altri nella vita
divina e ritorna dai morti conservando le sue ferite nel suo Corpo risorto.
La menomazione appare dunque come una caratteristica della debolezza
umana attraverso la quale può risplendere la potenza di Dio e ci rivela che
siamo fatti per la comunione con Dio.

20
Gesù si è avvicinato spesso e soprattutto alle persone ultime (non solo
peccatori ma persone malate e con disabilità) oltrepassando frontiere
sociali e religiose per incontrare coloro che erano ai margini della società.
Un aspetto essenziale di intendere l' uomo a somiglianza di Dio consiste
nella sua capacità di prendersi cura del creato, degli altri esseri viventi e in
modo particolare dell' essere umano. Nei confronti dell' uomo significa
riconoscere la debolezza e la vulnerabilità dell' altro.
Alla domanda di Caino « Sono forse custode di mio fratello? » 16, la
risposta è « Si! ».

16 Gen, 4,9.

21
3. Il valore della vita e la dignità della persone

Giovanni Paolo II nell’enciclica Evangelium Vitae 17


ricorda che
l’uomo è chiamato ad una pienezza di vita che va ben oltre le dimensioni
della sua esistenza terrena poiché consiste nella partecipazione alla vita
stessa di Dio. La vita dunque è un dono prezioso anche nel suo momento
terreno. Dio ci fa promessa della vita divina che raggiungerà il suo pieno
compimento nell’eternità (Gv 3,1-2 « Vedete quale grande amore ci ha
dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente ! Per
questo il mondo non ci conosce: perchè non ha conosciuto Lui. Carissimi,
noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora
rivelato. Sappiamo però che quando Egli si sarà manifestato noi saremo
simili a Lui perché lo vedremo come Egli è »).18
La vita è una realtà che ci viene affidata perché ne siamo custodi e la
portiamo a perfezione nell’amore e nel dono di noi stessi a Dio e ai fratelli.
Ogni uomo aperto alla verità e al bene può riconoscere nella legge naturale
scritta nel cuore (cfr. Romani 2,14-15) il valore della vita dal
concepimento al termine.
Il Concilio Vaticano II ci ricorda che nell’Incarnazione il Figlio di Dio si è
unito in certo modo ad ogni uomo e sottolinea quindi il valore
incomparabile di ogni persona umana « Prima di formarti nel grembo

17 GIOVANNI PAOLO II , Evangelium vitae.


18 Gv, 3, 1-2.

22
materno, ti conoscevo, prima che tu uscissi alla luce ti avevo consacrato.»19
L’esistenza di ogni individuo fin dalle sue origini è nel disegno di Dio.
La madre dei sette fratelli (2Mc 7,22-23) professa la sua fede in Dio,
principio e garanzia della vita e fondamento della speranza della nuova
vita oltre la morte : « Non so come siete apparsi nel mio seno; non io vi ho
dato il respiro e la vita, né io ho dato forma alle membra di ciascuno di voi.
Senza dubbio il Creatore dell’Universo, che ha plasmato all’origine
l’uomo e ha provveduto alla generazione di tutti, per la sua misericordia vi
restituirà di nuovo il respiro e la vita, poiché voi ora per le sue leggi non vi
preoccupati di voi stessi ».20
La vita è spesso segnata dalla malattia e dalla sofferenza e il suo declino dà
tristezza e a volte dà disperazione ma il credente sa che la sua vita sta nelle
mani di Dio. Anche nel momento della malattia l’uomo è chiamato a
vivere lo stesso affidamento al Signore e a rimuovere la sua fondamentale
fiducia in Lui che guarisce tutte le malattie.
« Ho creduto anche quando dicevo: Sono troppo infelice » (Sm 116
[115,10])21; « Signore Dio mio a te ho gridato e mi hai guarito. Signore mi
hai fatto risalire dagli inferi, mi hai dato vita perché non scendessi nella
tomba » (Sm 30 [29], 3-4).22
Le guarigioni operate da Gesù ci dicono quanto Dio abbia a cuore anche la
vita corporale dell’uomo. Oggi la nostra società ci presenta uno spettacolo
allarmante: ogni giorno sentiamo notizie di attentati alla vita che vanno
dall’abbandono di neonati, suicidi, omicidi, massacri di innocenti, guerre.

19 Gm, 1,5.
20 2Mc, 7,22-23.
21 Sm 116 [115,10].
22 Sm 30 [29], 3-4.

23
In nome del progresso si fa ricorso all’aborto, alla selezione embrionale,
all’eutanasia. La nostra epoca da un lato sembra voler affermare una
sensibilità attenta a voler riconoscere il valore della dignità umana, in
effetti poi c’è una tragica negazione di quanto proclamato.
Nella nostra società sembra non esserci posto per il concepito non
desiderato, per il più debole, per colui che non realizza il modello di vita
ideale, per chi è anziano ed è visto come ingombro al ritmo frenetico nella
corsa al raggiungimento di una vita tranquilla e felice. Gli esclusi sono un
gran numero maggiore rispetto a chi detiene potere e ricchezza. Nel
tentativo di dominare nascita e morte l’uomo chiuso nello stretto orizzonte
della sua fisicità non coglie più il Trascendente, del suo Esistere come
uomo. La vita non è più vista come splendido dono di Dio da custodire e
venerare. Il corpo diventa complesso di organi, fusioni di energie da usare
secondo criteri di godibilità ed efficienza.
Benedetto XVI in occasione della giornata della Pace del 2007 ci ha
invitati a soffermarci sul valore dell’individuo e sulla sua dignità. Egli
parla di una dignità trascendente. Ciò che noi siamo non è determinato
solo da fattori di ordine naturale, biologico o sociale, ma anche in
relazione al vincolo misterioso che ci lega al creatore. L’uomo non
discende solo da Adamo, ma anzitutto da Cristo, primo uomo nel disegno
divino.
Papa Francesco dice che quando l’uomo perde il proprio fondamento
divino la sua intera esistenza comincia a svanire, a diluirsi, a diventare
insignificante, scompare ciò che rende l’uomo unico e irripetibile nonché
tutto quello che fa della sua dignità un bene inviolabile e un uomo

24
insignificante sarà nient’altro che una pedina sulla scacchiera, un semplice
meccanismo nella catena di montaggio. Egli non sarà più trascendente, ma
soltanto più uno fra i tanti. La concezione efficientistica della nostra
società porta ad una guerra dei potenti contro i più deboli. La vita che
richiede più accoglienza, amore e cura diventa un problema. Chi con il suo
handicap, la sua malattia e la vecchiaia mette in discussione il benessere di
chi è sano ed efficiente diventa un peso. Giovanni Paolo II, nella sua
lettera enciclica Evangelium Vitae23 parla di congiura contro la vita.
Questa congiura non riguarda solo i rapporti in molti ambiti del quotidiano
ma anche quello fra i popoli e gli stati. Attentati alla vita sono portati
avanti dalle varie tecniche di riproduzione artificiale, diagnosi prenatale
che possono essere occasione per procurare l’aborto. nell’opinione
pubblica nasce l’idea di accogliere la vita solo in determinate occasioni
rifiutando l’handicap. La vita umana viene ridotta a materiale biologico di
cui poter liberamente disporre. In nome del progresso si segue una cultura
di morte che arriva persino a negare l’alimentazione a bambini nati con
gravi handicap. E’ come voler toglier e,la sofferenza, inevitabile peso
dell’esistenza umana e fattore di possibile crescita personale, che va a
disturbare il perseguimento della qualità di vita. I potenti della terra
avvertono come un incubo lo sviluppo della terra, temono che i popoli più
prolifici e poveri rappresentino una minaccia per il loro paese e invece di
risolvere i problemi nel rispetto della dignità delle persone preferiscono
promuovere la pianificazione delle nascite. L’uomo contemporaneo, nel
contesto sociale dominato dal secolarismo, vive spesso come se Dio non

23 GIOVANNI PAOLO II , Evangelium vitae.

25
esistesse. L’eclissi del senso di Dio porta all’eclissi del senso dell’uomo,
della sua dignità e della sua vita.
Il Concilio Vaticano II ci rammenta : «La creatura senza il creatore
svanisce...anzi l’oblio di Dio priva di luce la creatura stessa ». 24 L’uomo
non riesce più a percepirsi come misteriosamente altro rispetto alle diverse
creature terrene; egli si considera come uno dei tanti esseri viventi, non
coglie più il carattere trascendente del vivere come uomo. La vita diventa
una cosa che egli pensa di dominare e manipolare. Si arriva così al
materialismo pratico, all’individualismo, all’utilitarismo e all’edonismo.
Viviamo in una società dove c’è ricerca di efficienza e di elitismo. Si ha
paura di perdere i benefici sociali, le relazioni, il posto di lavoro, di essere
sottratti dal mondo degli esseri viventi. Tutto ciò che ci ricorda la nostra
umanità, la nostra fragilità risveglia in noi paure nascoste. L’essere umano
è programmato si per nascere, vivere e crescere ma anche per declinare.
Ci spaventa forse la nostra mortalità ? Si fa fatica ad accogliere ed
accettare le proprie fragilità, si fa fatica insomma a vivere umanamente.
Il grande desiderio di Gesù è stato l' umiltà. Quel che fa male a Dio sono i
potenti che sciacciano i deboli. Gesù non cerca di creare una società
normale ma un corpo dove ciascun individuo trova posto.
« Vi do un comandamento nuovo: di amarvi gli uni gli altri. Come io ho
amato voi, così voi amatevi gli uni gli altri ! Da questo conosceranno tutti
che siete miei discepoli; se avrete amore gli uni per gli altri ».25
Il Concilio Vaticano II ricorda a tutti i credenti: «Chiunque segue Cristo, l'
uomo perfetto, si fa lui pure più uomo ».26
24 Gaudium et spes, 36.
25 Gv 13, 34-35.
26 Gaudium et spes, 41.

26
Per raggiungere una piena maturità umana è necessario il raggiungimento
della maturità di fede poiché la fede svolge una funzione essenziale in
ordine alla ricerca del senso della vita.
Essere umani è accogliere pienamente se stessi per aprirsi e donarsi agli
altri. Accogliere la persona diversa implica un cambiamento, l'
accettazione delle proprie fragilità. Essere vulnerabili è la condizione degli
esseri umani e quindi non è possibile sentirci estranei e relegare la
vulnerabilità solo ad una determinata categoria di persone.

27
CAPITOLO IV

Possibile integrazione delle persone con disabilità

1. Integrazione dei disabili nella scuola

A partire dall' anno scolastico 2017-2018 l' indagine ISTAT ha esteso


il campo di osservazione in tutte le scuole di ogni ordine e grado su tutto il
territorio italiano e soltanto il 32% delle scuole risulta accessibile dal
punto di vista delle barriere fisiche. La legge numero 517 del 04-08-1977
sancisce l' integrazione scolastica degli alunni disabili e nel 1992, con la
legge 104, è stata introdotta a livello legislativo la figura dell' insegnante di
sostegno.
Ma il 36% degli insegnanti per il sostegno viene selezionato dalle liste
curriculari poiché la graduatoria degli insegnanti specializzati per il
sostegno non è sufficiente a soddisfare la domanda. Di fronte a tale
problema il Centro Erickson indica una serie di possibili risorse da mettere
in campo.
Tralasciando il discorso didattico, che non è il caso di analizzare in questo
contesto, mi sembra di individuare una risorsa importantissima, quella dei
compagni di classe.

28
La scuola deve essere la prima comunità accogliente nella quale tutti gli
alunni, a prescindere dalle loro diversità funzionali, possono realizzare
esperienze di crescita individuale e sociale.
La scuola ha il compito di aiutare ogni alunno della classe a sentirsi parte
integrante del gruppo, di insegnare a condividere le proprie esperienze con
gli altri, collaborando senza pregiudizi. I compiti possono essere diversi
ma assolutamente importanti come in un' orchestra in cui ognuno, pur
suonando uno strumento diverso, contribuisce alla buona esecuzione del
brano musicale.
E' necessario distinguere l' inclusione dall' inserimento e dall' integrazione.
L' inserimento riconosce il diritto delle persone con disabilità ad avere un
posto nella società, ma si limita spesso a inserirle in luoghi speciali (classi,
istituti...).
L' integrazione prevede che le persone disabili vengano tutelate sulla base
di un intervento speciale (vedi insegnanti di sostegno) e non è il pieno
riconoscimento della dignità della persona.
L' inclusione, invece, vede il disabile cittadino a pieno titolo, titolare di
diritti come tutti gli altri. I disabili non sono più ospiti della società ma
parte vera. Comprendere il senso dell' inclusione per le persone disabili
significa rispettare le diversità umane.
Partendo dal presupposto che Dio educa il suo popolo (e la Scrittura e’ un
esempio di un cammino educativo che Dio fa percorrere a ciascuno dei
suoi figli), si comprende il compito educativo che la Chiesa stessa assume
come traspare anche dalle indicazioni conciliari:

29
Ogni uomo ha il dovere di tener fermo il concetto della persona umana integrale, in
cui eccellono i valori dell’ intelligenza, della coscienza, della fraternita’, che sono in
Dio creatore e sono stati mirabilmente sanati ed elevati in Cristo.27

Lo stesso fine si ritrova nei documenti che riguardano il tema della


disabilita’:

Il portatore di handicap ha il diritto di ricercare la propria rotta per trovare un


equilibrio personale tra se stesso e l’ambiente che lo circonda.
E’necessario uno sforzo concorde e creativo per favorire un’educazione integrale, un
ambiente, rapporti umani e strumenti di comunicazione in cui la persona non sia
limitata nelle sue profonde esigenze e aspirazioni..28

Nonostante questi spunti i documenti non entrano nel merito degli


elementi del discorso pedagogico, ne’ riportano casi concreti, limitandosi
ad una generico impegno della societa’ civile e della Comunita’ ecclesiale.
Come sottolinea anche il testo di Collini 29, l’invito a promuovere una
pastorale in questo settore dell’educazione e’marginale e generico; inoltre
non si fa riferimento, con sufficiente chiarezza e vigore, a chi proprio nella
Chiesa ha una particolare vocazione in tal senso, per promuoverne
impegno e interesse.

27 Gaudium et spes, 66.


28 A quanti si dedicano al servizio delle persone handicappate.
29 MONICA COLLINI, Oltre il limite. La Chiesa e l’handicap, 97.

30
2. Inserimento dei disabili nella Chiesa cattolica con riferimenti ad alcuni
documenti del Magistero.

Ancora oggi tra le persone con disabilità e chi ne è privo esiste una
trasparente, quasi invisibile barriera. Per abbattere tale barriera è
necessario adottare un nuovo umanesimo in cui la vulnerabilità è cifra
essenziale dell' umano, umanesimo che includa realmente le persone con
disabilità come cittadini al pari degli altri in una società giusta e non solo
come persone capaci di suscitare emozioni.
L' inclusione del disabile non è solo sfida sociale bensì un diritto-dovere
connaturato con la logica della fede.
Riconoscendo la persona disabile come parte di sé, la Chiesa accoglie una
provocazione costante che dilata e concretizza il messaggio di Cristo.
Il richiamo ai valori evangelici è presente in tutti i documenti magisteriali.
In questi ultimi anni la Chiesa ha maturato nuova consapevolezza nell'
elaborazione di un cammino di inclusione della persona disabile concepito
come un rapporto di interdisciplinarietà tra teologia, scienze pedagogiche,
catechesi e pastorale liturgica.
Il Magistero della Chiesa ha avuto negli ultimi anni un ruolo significativo
sul piano teoretico; ne è un esempio l' enciclica Evangelium Vitae, 30ma
esso non può essere disgiunto dall' azione pratica, quotidiana del vissuto,
dell' impegno, della catechesi.

30 GIOVANNI PAOLO II , Evangelium vitae.

31
E' necessario preparare operatori capaci di far accettare all' interno della
comunità la ricchezza che i diversamente abili rappresentano come valore,
lezione di vita che può venire dal cammino fatto accanto e insieme a loro.
La Quarta Scheda del Comitato Per La Giornata Giubilare Della
Comunità Con Le Persone Con Disabilità 31
afferma nella premessa che:
«ogni battezzato, per il fatto stesso del Battesimo, possiede il diritto di
ricevere dalla Chiesa un insegnamento e una formazione che gli
permettono di raggiungere una vera vita cristiana ».32
La Chiesa è chiamata a formare la Comunità cristiana, a superare la
mentalità efficientistica ed emarginante della società secolarizzata e ad
affermare la dignità di ogni vita umana sin dal seno materno.
Anche le persone disabili vanno considerate parte attiva per la
realizzazione del progetto di salvezza affidato dal Signore alla Chiesa.
Ognuno, con la sua voce, con l' offerta di se stesso loda il Padre in Gesù
per mezzo dello Spirito. Anche le persone con disabilità, sia fisiche che
psichiche, sono capaci di tale culto di lode e il Padre non rifiuta la lode di
questi figli prediletti.
Tutti hanno posto nella comunità e ognuno deve trovare o essere aiutato a
trovare il proprio.
L' umanità della persona con disabilità avvicina al mistero di Colui che
volontariamente e liberamente ha scelto di essere vittima della violenza,
del rifiuto, dell' isolamento, dell' esclusione, dell' abbandono, del
tradimento psicologico, affettivo, emotivo e sociale dell' essere rifiutato

31 Quarta scheda del Comitato Per La Giornata Giubilare della Comunità Con Le Persone Con Disabilità.
32 Catechesi tradendae, 14.

32
dagli uomini, ma sostenuto da Dio (cfr Ps 41), in un disegno di salvezza a
vantaggio di tutti.
La pastorale per i disabili e la loro accoglienza nella vita della comunità ha
fatto molto, ma il cammino è ancora lungo. Molto rimane ancora da fare
circa il loro inserimento nella vita comunitaria e, in particolare, nell'
ammissione ai Sacramenti. E' triste constatare che in alcuni casi rimangono
dubbi, resistenze e perfino rifiuti.
Il rifiuto spesso è giustificato dicendo : «Tanto non capisce !», oppure
«Non ne ha bisogno !».
La piena inclusione delle persone con disabilità nella vita della Chiesa è
sancita nel documento”33, pubblicato dall' Ufficio catechistico nazionale
nel 2004.

L'integrazione dei disabili nella vita della comunità parrocchiale comporta la


possibilità concreta di ammetterli ai Sacramenti, seguendo il cammino dell'
Iniziazione cristiana e della crescita nella vita di fede. Essi hanno perciò il diritto
(come tutti) di partecipare al banchetto della vita cristiana, usufruendo dei doni di
Dio, come sacramenti del suo amore liberante.

Papa Francesco ricevendo in udienza i partecipanti al convegno per


celebrare i venticinque anni del settore per la Catechesi delle persone
disabili dell' Ufficio catechistico nazionale della CEI ha affermato,
parlando a braccio, che tutti hanno la stessa possibilità di ricevere i
Sacramenti e che a nessuno deve essere negata la figliolanza divina e la
piena partecipazione alla comunità ecclesiale.
33 UFFICIO CATECHISTICO NAZIONALE , Iniziazione cristiana alle persone disabili. Orientamenti e proposte, 26.

33
CONCLUSIONE

Per superare l' invisibile steccato che separa abili e disabili c'è bisogno di
una svolta antropologica. Si tratta di ridimensionare l' odierno
individualismo, l' ideale dell' individuo libero, autonomo, indipendente,
onnipotente, capace di progetti che per essere realizzati vanno spesso a
scapito dei più deboli.
Si tratta di mettere in evidenza il limite, la finitezza umana, il bisogno dell'
altro, della dipendenza dalla comunità.
Siamo tutti disabili in un modo o nell' altro e alcuni sono più disabili di
altri. La disabilità non è uno sbaglio della natura ma un palesarsi più acuto
di quella generale e costante esposizione al dolore, alla malattia, alla
sofferenza psico-fisica, all' invecchiamento, alla finitudine, alla morte da
cui nessuno è preservato.
La persona affetta dall' handicap ci mette di fronte alle nostre paure
provate davanti alla fragilità.

Se accogliere la persona diversa implica un vero cambiamento del cuore, l'


accettazione delle nostre fragilità e dell' idea della nostra morte. Viviamo in una
società in cui si ha paura di perdere i benefici sociali, le relazioni, il posto di lavoro,
e ancor più di essere sottratti al mondo degli esseri viventi. Tutto quel che mi ricorda
la mia umanità risveglia in me paure nascoste: l' essere umano è si programmato per
vivere e crescere, ma anche per declinare e morire senza conoscere il giorno e l' ora
della sua fine. 34

34 JULIA KRISTEVA e JEAN VANIER, Il loro sguardo buca le nostre ombre, 187.

34
Queste parole che Jean Vanier rivolge a Julia Kristeva mi fanno ripensare
al mio lungo periodo lavorativo con i disabili. Il mio cammino insieme a
loro è stato una vita di relazione fatta sì di sofferenza ma soprattutto di
gioia nella condivisione di piccoli grandi successi.
Insieme non abbiamo portato al mondo conoscenze scientifiche ma
abbiamo condiviso un periodo di vita dove i nostri cuori si sono
reciprocamente aperti, Ho celebrato insieme a loro un grande tratto di vita
e grazie a loro ho trovato un senso alla mia esistenza.

35
Bibliografia

• Testi principali

M. G. FURNARI, Vedere la disabilità. Per una prospettiva umanistica,


Rubbettino Università, Catanzaro , 2014.

M. COLLINI, Oltre il limite. La Chiesa e l' handicap, Franco Angeli,


Milano, 2012.

V. MANCUSO, Il dolore innocente. L'handicap, la natura e Dio,


Mondadori, Trento, 2013.

J. VANIER, La vulnerabilità di Gesù e la nostra, Cittadella Editrice,


Assisi, 2014.

J. VANIER, La Spiritualità dell' Arca, EDB, Bologna, 1997.

J. VANIER, J. KRISTEVA, Il loro sguardo buca le nostre ombre,


prefazione di Gianfranco Ravasi, Saggine, Donzelli Editore, Roma, 2011.

J. VANIER, La comunità che accoglie i rifiutati, Jaca Book, Como, 1997.

36
• Letteratura secondaria

P. BYRNE, Philosophical and ethical problems in mental handicap,


Palmgrave McMillan, UK, 2000.

ARISTOTELE, Opere (vol. IX), Laterza, Bari, 1973.

CICERONE, De Divinatione, Garzanti, Milano, 1947.

PETRONIO, Satyricon, Rizzoli, Milano, 1997.

F. DUPONT, in Raison presente, 59 (1981) 73ss.

MASSIMO IL CONFESSORE, «Epistola seconda sulla carità a Giovanni


Cubiculario» , in Capitoli sulla carita’, Studium, Roma, 1963.

E. DE CRISTOFARO, C. SALETTI (a cura di) , Precursori dello sterminio,


binding e Hoche all’origine dell’eutanasia dei malati di mente in
Germania, Ombre Corte, Verona, 2012.

L. SCARAFFIA, «Se la vita è indegna di essere vissuta» in L’osservatore


Romano, (5 maggio 2012).

H. FRIEDLANDER, The Origins of Nazi Genocide: From Euthanasia to


theFinal Solution , The North Carolina University Press, Chapel Hill, NC,
1995.

J. GLYN, «La disabilita’nella Chiesa» in La civiltà cattolica, Vol. 1,


Quaderno 4096 (4/18 gennaio 2020).

37
Documenti magisteriali

GIOVANNI PAOLO II, Lettera Enciclica Evangelium Vitae (25 marzo


1995).

CONCILIO VATICANO II, Costituzione Pastorale Gaudium et Spes (7


dicembre 1965).

UFFICIO CATECHISTICO NAZIONALE, L'iniziazione cristiana alle


persone disabili. Orientamenti e proposte (1 dicembre 2004).

COMITATO PER LA GIORNATA GIUBILARE DELLA COMUNITA’


CON LE PERSONE CON DISABILITA, IV scheda di preparazione alla
giornata giubilare (3 dicembre 2000).

ENCHIRIDION VATICANUM, Edb, anno 1980-1981.

SANTA SEDE, Documento per l’anno internazionale delle persone


handicappate, A quanti si dedicano al servizio delle persone handicappate
(4 marzo 1981).

GIOVANNI PAOLO II, Esortazione apostolica sulla catechesi nel nostro


tempo, Catechesi Tradendae (16 ottobre 1979).

38
Indice generale

I Sguardo storico sulla disabilità..........................................................................................................3

1. Efesto, un disabile fra gli dei..................................................................................................3

2. La disabilità nella Grecia antica..............................................................................................4

3. Nascere diversi nell’antica Roma............................................................................................5

4. La cura dell’infirmitas nel Cristianesimo antico.....................................................................8

II La disabilità in tempi moderni........................................................................................................11

1. La disabilità nel mondo contemporaneo...............................................................................11

2. I disabili e i totalitarismi.......................................................................................................13

III La parola alla teologia...................................................................................................................17

1. Disabilità come condizione umana discussa in prospettiva teologica..................................17

2. Disabilità come segno della solidarietà di Cristo con noi.....................................................20

3. Il valore della vita e la dignità della persone.........................................................................23

IV Possibile integrazione delle persone con disabilità.......................................................................29

1. Integrazione dei disabili nella scuola....................................................................................29

2. Inserimento dei disabili nella Chiesa cattolica con riferimenti ad alcuni documenti del

Magistero..................................................................................................................................31

39

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