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Altra-luce riassunto più completo

Pedagogia sociale (Università degli Studi di Palermo)

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CAPITOLO 1 ELLEN KEY

1. L’INFANZIA,LA VITA FAMILIARE E I PRIMI STUDI

Ellen Key nasce nel 1849 a Tyust, nella Svezia del sud. In famiglia,riceve un’educazione rigida da
cui non sono escluse le punizioni corporali; la madre si dedica ad allevare la figlia Ellen e
quest’ultima è orientata verso gli studi. In un primo momento è la madre stessa a darle istruzione
poi fu affidata a due governanti una tedesca e una francese. La sua formazione avvenne a casa
(educazione formale) però ebbe anche un’educazione informale in quanto iniziò a intraprendere dei
viaggi con il padre poiché egli fu eletto nel parlamento svedese. La giovane acquisisce un’ ampia
cultura,legge Rousseau,Goethe,Nietzsche ecc… da bambina era stata educata al cristianesimo ma
crescendo si allontana alla fede.
E.Key è tra le fondatrici di un’associazione chiamata TOLFTERNA,che riunisce donne lavoratrici
della classe media con donne della classe operaia,al fine di aiutare queste ultime a migliorare le loro
condizioni di vita. Intorno l’autrice non si riunivano soltanto artisti,filosofi ma anche operai e
studenti.

2.IL SECOLO DEI FANCIULLI

Il secolo dei fanciulli è l’opera principale di Ellen Key,pubblicato nel 1900, in cui esprime il sogno
che il Novecento veda la nascita di una società guidata da una maggiore comprensione dell’anima
infantile e da una prioritaria preoccupazione per i diritti dei bambini. Quest’opera può essere
considerata uno scritto di pedagogia della famiglia e i principali temi trattati sono: I DIRITTI DEI
FIGLI, IL RAPPORTO TRA MATERNITA’ E LAVORO,EDUCAZIONE TRA CASA E
SCUOLA.
Quest’ opera nel 1904 usci’ in Italia e fu recensito da Sibilla Aleramo sulla rivista <<NUOVA
ANTOLOGIA >>

2.1 DIRITTI DEI FIGLI


Il primo saggio si chiama I DIRITTI DEI FIGLI, Key afferma che il matrimonio va fondato sulla
libertà e ci deve essere un legame d’amore tra uomo e donna e non deve essere un contratto che
stabilisce diritti e doveri. L’ autrice afferma che se in una famiglia non c’è amore è meglio che
avvenga il divorzio e quest’ultimo è giusto che succeda prima della nascita del bambino al fine di
non far nascere dei figli infelici. Il primo diritto dei figli è quello di nascere da un’autentica unione
d’amore e gli devono essere assicurate le condizioni igieniche sanitarie.

2.2 MATERNITA’ E LAVORO: NOTE CRITICHE SUL FEMMINISMO


Il secondo nucleo tematico del volume riguarda un tema molto caro al femminismo ovvero il
rapporto tra maternità e lavoro della donna. Infatti nonostante si afferma che il femminismo vuole la
felicità e il progresso dell’ umanità intera,agli occhi della scrittrice esso finisce per combattere per
sé solo. Le lotte femministe avevano ottenuto i diritti civili solo per le donne delle classi
superiori,ma soprattutto che ha fatto dimenticare dice Key che il massimo diritto di ogni donna,è
quello di pensare e agire con assoluta libertà. Molto importante è il principio di coequivalenza cioè
uguale dignità va riconosciuta agli uomini e alle donne, pur senza dimenticare la differenza fra gli
uni e gli altri.
Ellen Key osserva inoltre,che una volta scelta la maternità,occorre assumersene ogni responsabilità.
Innanzitutto durante la gravidanza, è necessario non mettere a pericolo la vita del nascituro per
condizioni di lavoro eccessivo;poi,dopo la nascita, non è opportuno che la madre lo affidi subito ad
altri,per tornare alle precedenti occupazioni. La scrittrice ritiene che sia prioritario il bisogno del
bambino di ricevere dalla madre cure adeguate; tra i diritti del bambino vi è quello di avere una
madre presente.

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L’autrice critica il vecchio metodo cioè picchiare i bambini in quanto afferma che ciò non è una
buona educazione,una buona madre soprattutto quando si deve occupare di figli piccoli, per poterlo
fare bene non dovrebbe avere bisogno di lavorare fuori casa per guadagnare. Ellen Key sa vedere il
lavoro svolto in casa esattamente per quello che è: un lavoro di dignità uguale a quelli retribuiti.

2.3 L’IDEA DI EDUCAZIONE


Il terzo saggio è intitolato l’educazione ed esso è molto ricco di riferimenti teorici: Goethe, Madame
de Stael, Rousseau e da quest’ultimo autore riprende l’educazione negativa o naturale sottolineando
che i bambini non vanno accompagnati e non bisogna lasciarli liberi di fare da sé. Il buon educatore
è tenuto a fornire ad ogni bambino le occasioni e il materiale per educarsi,spesso gli educatori si
lamentano dei difetti e delle cattiverie dei bambini ma la studiosa evidenzia che i cosiddetti “difetti”
dei bambini non sono altro che i difetti degli educatori stessi.
Ellen denuncia l’inadeguatezza dei metodi educativi che chiedono al bambino solo di
piegarsi,rinunciare,di essere umile e obbediente in ciò vuole dire che l’educando non deve pensare
con la testa degli altri ma deve pensare con la propria testa e il proprio cuore. Quindi per l’autrice è
importante che ci sia una formazione dell’ educatore e affermò che: “ con le botte si educano gli
schiavi non gli uomini liberi” con questa affermazione pone in evidenzia che picchiare un bambino
è spesso la soluzione più semplice e rapida che però non si risolve nulla.

2.4 VALORE EDUCATIVO DELLA CASA,VALORE EDUCATIVO DELLA SCUOLA


Per Key l’ambiente educativo migliore per l’educazione dei bambini fino al concepimento del
decimo anno di età è la casa, sia per la propria esperienza personale, sia perché gli istituti infantili
secondo l’autrice erano delle fabbriche che formavano soltanto dei uomini-gregge,futuri soldati.
Quindi per Ellen solo la casa è il luogo adeguato per la formazione dei bambini piccoli:una casa
spaziosa,dove ci siano spazi e oggetti a << misura del bambino>.
L’autentico maestro viene descritto come una persona che deve praticare oggettività e soggettività e
la scuola dell’ avvenire per la pensatrice deve: evitare la dispersione delle materie e ciò si può
superare attraverso collegamenti tra le discipline e tra lo studio delle discipline e la vita reale;non ci
deve essere nessun insegnamento religioso; non ci devono essere assegnati compiti per casa cosi’
l’allievo il pomeriggio potrà dedicarsi alla lettura dei libri; deve essere una scuola mista cosi’ che si
cerca di risolvere la questione della donna,il problema dell’operaio e del matrimonio. Lo scopo
della scuola dell’avvenire è quello di ottenere uno studio che prepari alla vita e che sia più libero e
individuale.

3 NOTE PEDAGOGICHE SULLA DONNA E SULL’AMORE

Nel 1903 Ellen pubblica il ritratto su una donna ovvero su Rahel Varnhagen,vissuta a cavallo tra il
700 e 800.Si tratta di un’intellettuale ebrea di cui la studiosa apprezza che amava un uomo di
quattordici anni più giovane di lei. Rahel era una donna che leggeva molto e non è difficile
ipotizzare che Ellen si rispecchiasse in questa donna.
La maternità per la pedagogista è una scelta libera e consapevole,è molto importante il tema della
maternità sociale in quanto ogni donna è madre in tutti i contesti e anche se non ha dei figli non
significa che non può avere con gli altri delle relazioni materne anzi spesso chi non è realmente
madre con gli altri ha un comportamento materno.

Capitolo 2 ROSA AGAZZZI

L’esperienza educativa delle sorelle Agazzi è stata raccontata,descritta e argomentata da Rosa in


numerosi scritti .L’opera principale è “GUIDA PER L’EDUCATRICI DELL’INFANZIA” .

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Le sorelle Agazzi sono note per aver creato la SCUOLA MATERNA e quest’ultima fu pensata
come un ambiente in continuità con l’ambiente familiare: una scuola dove al centro c’è il bambino
nella sua totalità. L’invenzione didattica più significativa è : il materiale non scientifico, non
preordinato e occasionale ovvero “LE CIANFRUSAGLIE SENZA BREVETTO”,costituito da tutto
ciò che i fanciulli stessi raccoglievano,portavano a scuola e al quale si interessavano. Certamente
Rosa è stata soprattutto una maestra ma è possibile riscontrare nei suoi scritti uno spessore
pedagogico.

1.L’INFANZIA,LA VITA FAMILIARE E I PRIMI STUDI


Rosa nasce nel 1866 a Cremona in una famiglia di modeste condizioni economiche. Sulla sua
formazione ha avuto notevole influenza la figura di uno zio materno,Rosa vive nella casa di questo
zio con la sua famiglia. Si trasferisce poi a Brescia dove inizia a frequentare la Scuola Normale,cioè
la scuola finalizzata alla formazione degli insegnanti. Con lei c’è la sorella Carolina. Entrambi
iniziano a lavorare come educatrici e conoscono Pietro Pasquali e attraverso lui sentono parlare
dell’opera pedagogica e il metodo del <<giardino d’infanzia>> di Frobel; dai giardini d’infanzia di
Frobel le sorelle Agazzi apprendono a valorizzare la spontaneità del bambino nel contesto di
<<un’educazione libera e completa>>. Le Agazzi inoltre si rifanno anche a Rousseau per quanto
riguarda il ruolo educativo dell’ambiente naturale; tuttavia Rosa Agazzi valorizza l’ambiente come
un posto per creare e rendere sempre più stabile la possibilità di consentire il proseguo di tutte
quelle esperienze educative.
Nel 1898 Rosa è relatrice al Congresso pedagogico di Torino,dove denuncia la situazione
degradante degli istituti infantili allora esistenti e,riscuotendo molta approvazione del rinnovamento
frobelismo. Per Rosa è necessaria una preparazione per le maestre infatti lei si lamentava del fatto
che la Scuola Normale fornisse soltanto una preparazione superficiale. Nel 1902 appare il libretto
dei CONSIGLI ALLE FAMIGLIE DEI BAMBINI scritto da Rosa e sono consigli per lo più rivolte
alle mamme per sconfiggerne i pregiudizi popolari, con l’obiettivo di sottolineare che le educatrici
sagge,come le maestre, sono quelle che risvegliano nei bambini abitudini buone e cosi’ educano alle
virtù. Il metodo agazziano conquistò molti sostenitori in Italia e a poco a poco l’esperienza delle
sorelle Agazzi venne introdotta in molte scuole infantili.

2. PARTIRE DAI SENSI PER ARRIVARE ALLO SPIRITO:GLI ESERCIZI DI VITA PRATICA
Rosa Agazzi comincia a scrivere vari testi nei quali ordina alcuni aspetti della sua
esperienza,racconta aneddoti significativi ed esemplari,suggerisce spunti di lavoro,fornisce
indicazioni pratiche e materiali. I primi tentativi di rinnovamento didattico riguardano gli esercizi di
lingua parlata. L’educazione linguistica deve muovere dalla lingua viva,tramite
giochi,cantilene,conversazioni attraverso cui la maestra può ascoltare,correggere e giocare. Per
rendere più agevole l’incontro con le cose e la realtà,Rosa raccomanda l’uso di
“CONTRASSEGNI”,di tratta di semplici disegni per rendere riconoscibili gli oggetti per un
bambino piccolo che non sa leggere e né conosce i numeri. I contrassegni fanno sì che ogni
bambino possa collaborare all’organizzazione dello spazio e al mantenimento dell’ordine. Secondo
le sorelle Agazzi è molto importante che il bambino sia innanzitutto educato al decoro e alla pulizia,
degli ambienti e di se stesso. Con alcuni dei materiali raccolti e contrassegnati,si costituisce il
<<museo didattico>>,a partire dal quale vengono articolate conversazioni,spiegazioni e nuove
ricerche. La maestra è chiamata a condurre i bambini con attività e spiegazioni che procedano dal
semplice al complesso; sono previste alcune aiuole personali ( di ciascun bambino ma anche
dell’educatrice) e il bambino viene non solo educato dal punto di vista fisico ma viene anche aiutato
a comprendere l’importanza del saper aspettare e rispettare l’ambiente.

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3.IL CONFRONTO CON MARIA MONTESSORI


Rosa Agazzi e Maria Montessori si incontrarono nel Congresso pedagogico di Torino del 1898 e tra
le due non era sorta grande simpatia. Alla fine degli anni 20, cresce il consenso intorno al metodo
della pedagogia scientifica e diminuisce quello per il sistema educativo delle sorelle Agazzi.
Mentre per M.Montessori il materiale doveva essere scientifico per le sorelle Agazzi il materiale
doveva essere raccolto spontaneamente dal bambino e non doveva essere scientifico e per entrambi
ci doveva essere una formazione dei maestri.
4.L’EDUCAZIONE MORALE AGAZZIANA
Dalla lettura dei programmi per la scuola materna scritti da Rosa ,si evince l’importanza della logica
e dell’ordine. Quest’ultimo viene descritto come il caposaldo della scuola materna e non si tratta di
un ordine compressivo che blocca la spontaneità, ma della condizione necessaria per la libertà di
tutti e di ciascuno. Per un bambino essere educato a spostare una sedia in modo da non fare rumore
significa,compiere una prima esperienza di socialità e di moralità. L’educazione del bambino è tutta
intesa come educazione morale e quest’ultima è educazione alla fratellanza. Parte essenziale
dell’educazione morale agazziana è l’insegnamento religioso cattolico anche se per Rosa Agazzi
tutte le religioni,se pur di diverso culto, hanno una base comune. Inoltre i bambini hanno a
disposizione l’esempio dei bambini più grandi, e sono molto importanti gli esercizi di socievolezza
ovvero insieme di giochi,esercizi. Altro strumento dell’educazione morale è l’educazione estetica.
Per Rosa Agazzi la scuola è luogo di educazione morale e quindi di rigenerazione sociale perchè
promuove buone abitudini, la maestra Rosa è immersa insieme ai bambini nei diversi esercizi di vita
pratica, il suo sguardo educativo è sempre rivolto ad un punto preciso << l’educazione di tutto il
bambino,preoccupandosi in modo particolare di farlo crescere sano, buono,operoso,civile e utile
agli altri>>.

CAPITOLO 3 MARIA MONTESSORI

1.L’INFANZIA,LA VITA FAMILIARE E I PRIMI STUDI


Maria Montessori nasce a Chiaravalle (Ancona) nel 1870. L’autrice in un primo momento manifesta
il desiderio di voler diventare ingegnere ma all’inizio il padre,autoritario e severo, non accoglie con
favore la decisione della figlia di intraprendere studi da lui considerati, come dalla maggior parte
delle persone di quel tempo,adatti esclusivamente agli uomini; la sua disapprovazione diventa
esplicita quando Maria afferma addirittura di voler continuare a studiare per diventare
<<medichessa>>. Inizialmente si iscrive al corso di Scienze naturali conseguendo il diploma di
licenza e una volta ottenuto questo diploma le è finalmente possibile accedere agli studi medici.
Non sarà la prima donna a laurearsi in Medicina ( come talvolta è stato erroneamente scritto) ma
certamente è una delle prime donne italiane a seguire tali studi.
Con il padre ha un rapporto di distacco e freddezza ma comunque egli segue con attenzione i
momenti più importanti della carriera della figlia e in occasione del suo trentesimo compleanno gli
donò una raccolta di articoli di giornali che narravano l’attività e i successi della figlia che negli
anni aveva conservato. Nel 1896 la Montessori si laurea e considerò il medico come un
ambasciatore di un rinnovamento etico e un vero e proprio riformatore sociale.
Dopo che si laurea Maria cominciò a lavorare nella clinica psichiatrica dell’Università di Roma e in
questa clinica uno dei suoi compiti era quello di scegliere tra i ricoverati quelli adatti ad attività di
didattica clinica. Tra questi vi erano anche bambini <<frenastenici>> cioè con gravi deficit
intellettivi ( in quel periodo erano chiamati idioti, anormali e deficienti) che vivevano in condizioni
precarie e senza stimoli. Maria inizia a dedicarsi con dedizione e impegno a questi bambini e sarà
proprio il prendersi cura di loro a condurla verso la pratica è lo studio dell’educazione.

2.IN DIFESA DEI BAMBINI: DALLA MEDICINA ALLA PEDAGOGIA

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Nel 1898 durante il Congresso pedagogico di Torino, la dottoressa affermò con decisione che la
società non deve trascurare alcun mezzo per redimere ed educare i bambini che, non possono trarre
beneficio dalla scuola. Questi bambini non vanno considerati <<ineducabili>>; sono piuttosto
necessarie delle classi speciali. Alla fine dell’800 la proposta di classi speciali era a dir poco
rivoluzionaria, perché lascia vedere la ferma convinzione che queste persone possono essere
educate e normalizzate cioè recuperate ed inserite in società, piuttosto che chiuse in un manicomio o
abbandonate in strada. Durante il congresso torinese, Maria si lamentò anche dell’impreparazione
dei maestri che utilizzavano i metodi educativi tradizionali e soprattutto severe punizioni e castighi.
Nel 1899 viene fondata la lega nazionale per la protezione dei fanciulli deficienti. Tra gli obiettivi
c’era quello di istituire una scuola per formare i maestri per l’educazione di questi bambini. Maria si
dedica all’impresa di educare i deficienti, non solo preparando i materiali ma anche svolgendo delle
attività di insegnamento.
3. UNA DONNA NUOVA
L’impegno sociale della giovane Maria si era svolto, in difesa dei diritti dei bambini e dei diritti
delle donne. Nel 1908 Maria partecipò al primo congresso delle donne italiane,a Roma,nello stesso
anno aderì anche al convegno dell’unione femminile nazionale. In questa sede presentò una
relazione sulle Case dei bambini e in quell’occasione Maria conosce la moglie del filantropo,
Leopoldo Franchetti, Alice che fu molto importante nella diffusione del suo metodo. La dottoressa
parla di una donna nuova sottolineando l’importanza del lavoro femminile,tanto per lo sviluppo del
paese, quanto per il rinnovamento degli equilibri familiari nella direzione di una maggiore giustizia
e felicità per tutti. M.Montessori può essere considerata un educatrice ma anche pedagogista per le
donne e i bambini in condizione di disagio. La stessa Maria vive in una condizione difficile poiché
dà segretamente alla luce un figlio di nome Mario. Lei e Montesanto, il padre del bambino, non
riconoscono il bambino. Mario prima viene cresciuto all’interno di una famiglia poi in collegio, la
madre seguiva da esterna il figlio e soltanto quando lui è più grande gli dice a Mario che lui è suo
figlio e quest’ultimo fu molto importante nell’ attività educativa della madre. La giovane donna nei
suoi scritti ricorre spesso ad un terzo argomento: in Italia non sono tanto le leggi o l’uomo che sono
contro il progresso della donna,quanto piuttosto la donna stessa. Molte donne infatti, preferiscono
rimanere in posizione marginali della società ossia prendiamo in esame un esempio significativo per
Maria: quando le donne si ammalano e quindi possono scegliere da chi farsi curare, anziché
chiamare una medichessa chiamano un uomo.
4. LE CASE DEI BAMBINI
Quando a Maria le viene fatta la proposta di lavorare a San Lorenzo lei è una donna davvero nuova
per il suo tempo, <<una donna straordinaria, con una mente carica di dubbi e di idee nuove>>. La
studiosa parte da un confronto tra i bambini della clinica ( i bambini franestenici) e i bambini sani
( capacità intellettuali migliori) ovvero fece un esame e i bambini della clinica superarono la prova
invece i bambini normali non erano riusciti a superare l’esame. Lei raccontò nel discorso inaugurale
dell’apertura delle Case dei bambini che la prima volta che entrò a San Lorenzo rimase colpita dal
buio e dal silenzio. Cominciare a lavorare a San Lorenzo significava per Maria iniziare a
sperimentare con i bambini normali il materiale per l’educazione già utilizzato con i bambini
franestenici. Sempre nel discorso inaugurale Maria racconta che quando incontrò questi bambini del
quartiere di San Lorenzo erano paurosi,timidi,abbandonati.
4.1 L’AMBIENTE E IL MATERIALE
La riqualificazione del quartiere di San Lorenzo aveva tenuto conto delle norme igieniche e di
nuovi criteri edilizi,per cui aspetti qualificanti dell’abitazione erano diventati: l’aria,la luce,la
pulizia,il decoro e la gaiezza. Nei casamenti c’erano gli ambienti scolastici, appunto le case dei
bambini. Esse permettevano di togliere dalla strada questi bambini e di offrire loro un ambiente in
cui erano seguiti nel loro sviluppo fisico,psichico ed educativo dalla direttrice,maestra e dal
medico,sempre in stretta collaborazione con le madri. La casa dei bambini rappresentava anche una
risposta al problema del lavoro industriale femminile.,in quanto le occupazioni domestiche della
donna divenuta lavoratrice,andavano sostenute da modalità organizzative solidali che prevedevano

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oltre alla casa dei bambini anche altri servizi come l’infermiera,la cucina e la sala da lettura. Alle
madri veniva fatto l’obbligo di prestare attenzione alla cura fisica e morale dei piccoli e di avere
almeno un colloquio settimanale con la direttrice. L’ ambiente scolastico montessoriano era
improntato anch’esso a criteri di gaiezza, serenità,bellezza. Il materiale di sviluppo comprendeva
figure a blocchi da incastrare o ordinare secondo le dimensioni e le caratteristiche di questo
materiale erano: l’attraenza ( il bambino viene attratto da cose curate e belle),la dimensione attiva( il
materiale deve essere a misura del bambino) e la possibilità di controllare l’errore( il bambino
accompagna l’uso di questi materiali con il ragionamento e con un’attenzione sempre più raffinata).
Gli oggetti erano tutti a misura del bambino,i tavolini erano tanto leggeri da poter essere trasportati
dal bambino, le poltroncine permettevano alla maestra di sedersi ad altezza del bambino e anche le
scope eraano a misura del bambino, in modo che ciascuno poteva contribuire a tenere pulito
l’ambiente. Erano molto importanti esercizi di vita pratica ovvero lavori conservativi, cioè attività
adatte ai bambini finalizzate a ben conservare gli oggetti dell’ambiente; non solo a spazzare per
terra,ma mettere al loro posto gli oggetti e aver cura della propria persona. I bambini erano invitati
ad apparecchiare la tavola da pranzo, a mangiare in modo educato senza disturbare gli altri e alla
fine a sparecchiare. È noto una precisa educazione alimentare, il pranzo in comune atteneva a un
preciso scopo di perfezionamento pratico collettivo.
4.2 LA LIBERTA’ DEL BAMBINO E IL RUOLO DELLA MAESTRA
Maria Montessori ricorda,che i bambini hanno bisogno di muoversi e di sentirsi quindi autonomi e
utili. Tanto i locali quanto i materiali vengono pensati e perfezionati per rispondere ai bisogni di
manipolazione di gioco dei bambini. La maestra doveva saper mostrare l’uso di oggetti, doveva
essere attenta osservatrice,breve semplice e usare poche parole, non doveva soffocare la spontaneità
del bambino e non imporre nulla con violenza. Il bambino educato secondo la pedagogia della
studiosa appare molto silenzioso,paziente e obbediente, perché laborioso: un bambino impegnato in
attività significative è tranquillo. Il silenzio della casa dei bambini è un profondo silenzio interiore
quindi lo sguardo di Maria era rivolto principalmente al mondo interiore del bambino. Uno
strumento principale del lavoro della maestra montessoriana è l’osservazione del bambino. La
maestra redige una carta biografica dove annota tutte le caratteristiche del bambino.
5. LA DIFFUSIONE E GLI APPROFONDIMENTI DEL METODO
Maria Montessori ben presto lasciò l’esercizio della professione medica per dedicarsi totalmente
all’attività educativa nelle case dei bambini. Dopo le case a Roma ne vennero aperte altre anche a
Milano. Nel 1908 aveva conosciuto Alice,moglie di Leopoldo Franchetti e i due quando videro con
i loro occhi l’esperienza educativa di San Lorenzo ne rimasero conquistati. Spingono cosi l’autrice a
scrivere l’opera “IL METODO DELLA PEDAGOGIA SCIENTIFICA APPLICATO
ALL’EDUCAZIONE INFANTILE NELLE CASE DEI BAMBINI”, i due coniugi Franchetti
finanziarono la pubblicazione di quest’opera. Se in Italia il metodo montessoriano si diffonde
abbastanza rapidamente, ancora più rapido e duraturo è l’apprezzamento per l’estero. Alcuni
religiosi lo introducono in Spagna. Nel 1913 Maria va negli Stati Uniti dove riceve un’accoglienza
calorosa e quando però ci ritorna per la seconda volta l’ accoglienza è più fredda: sul suo metodo
inizia a gravare il giudizio critico di Dewey in quanto quest’ultimo si mostra scettico nei confronti
di un materiale così strutturato e pensato dagli adulti. Nel 1916 a Barcellona venne presentato un
nuovo materiale di sviluppo per l’insegnamento della grammatica,aritmetica e della geometria per
bambini aventi più di sei anni; inoltre nelle case dei bambini di Barcellona venne allestita una
cappella a misura del bambino.
6. DAL COMPROMESSO CON IL FASCISMO ALL’ESILIO
Nel 1929 fu fondata l’Associazione Montessoriana internazionale (AMI) e oggi è ancora tutt’ora
aperta. Mario aveva contattato Mussolini per chiedergli se si poteva avere un sostegno per la
diffusione del metodo montessoriano e inizlamente ci fu questo compromesso tra Mussolini e Maria
però dopo che la studiosa partecipò alla conferenza sulla pace e guerra lei disse che la guerra nasce
dove manca autentica educazione: la più profonda origine della guerra è nella negazione dei diritti

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dell’infanzia, nell’indipendenza negata,nell’autonomia piegata e così vi fu il fallimento del


compromesso con il fascismo.

CAPITOLO 4 EDITH STEIN


1.L’INFANZIA, LA VITA FAMILIARE E I PRIMI STUDI
Edith Stein nasce nel 1891 a Breslavia in una famiglia ebrea. Il padre muore quando l’autrice non
aveva nemmeno compiuto due anni d’età; la madre si dedica con impegno alla cura della famiglia e
alla gestione della ditta di legname del marito scomparso. Edith nell’opera autobiografica STORIA
DI UNA FAMIGLIA EBREA parla della madre come colei che riuscì ad occuparsi di ognuno dei
suoi figli in maniera diversa. Stein iniziò a frequentare la VIKTORIA SCHULE nella sua città
distinguendosi per la sua intelligenza vivace e per gli ottimi risultati scolastici. Successivamente si
trasferisce dalla sorella e maturò la scelta di smettere di pregare. Si iscrive all’ università di
Breslavia dove studia filosofia,storia e psicologia. La sua prima conversione fu dall’ateismo alla
psicologia però di quest’ultima ne rimase delusa perché lei pensava che la psicologia le potesse dare
delle risposte a delle domande ( che cos’ è l’anima)che guidavano il suo studio in quegli anni. La
giovane Edith sente parlare di Edmund Husserl e della fenomenologia e così iniziò a leggere l’opera
principale di Husserl ovvero RICERCHE LOGICHE e ne rimane conquistata. Quindi decide di
andare a Gottinga dove Husserl insegnava e arrivata in questa città cerca Adolph Reinach, fedele
collaboratore di Husserl. Qui avviene la seconda conversione dell’autrice ovvero dalla psicologia
alla fenomenologia. Grazie alla pratica del metodo fenomenologico cominciò a vedere come la
verità dell’anima non possa essere soltanto compresa dalle leggi psicologiche; Stein affermò che la
fenomenologia è la scienza fondamentale autentica.

2.ALLA SCUOLA DELLA FENOENOLOGIA: VERSO LE COSE STESSE


Il motto della fenomenologia è verso le cose stesse. L’esigenza di fondo di questo stile di
razionalità è quello di fedeltà ai fenomeni,ovvero di una considerazione della realtà liberata dai
pregiudizi,dalle certezze dogmatiche e da tutto ciò che diamo per scontato. Husserl pone la
distinzione tra conoscenza scientifica e conoscenza filosofica quindi tra atteggiamento naturale e
atteggiamento fenomenologico. Il primo dà per scontato l’esistenza del mondo e la nostra possibilità
di conoscerlo; il secondo è animato invece dalla domanda radicale sul << che cos’è >> ossia
sull’essenza di un fenomeno,sui suoi caratteri costitutivi. Stein definisce la fenomenologia <<occhi
spalancati>> ovvero l’immagine giusta è degli occhi sgranati di un bambino e il suo sguardo
esprime meraviglia e candore. Dalla scuola di Husserl,Stein impara che il fenomeno non è parvenza
bensì il modo attraverso cui qualcosa dell’essenziale di una realtà si manifesta cioè si lascia vedere
con evidenza.
3. IL PROBLEMA DELL’EMPATIA
Il significato del termine empatia inizialmente era riferito alla immedesimazione in grado di far
vivere un’opera d’arte nella propria interiorità. L’empatia per Edith costituì un problema e in un
primo momento infatti parlò di empatia sensoriale,quando incontrando l’altro come individuo
psicofisico,ne incontriamo il corpo vivo. Per l’autrice l’empatia è un vissuto non originario,
originario per me è, ad esempio, il mio dolore, mentre non originario rimane il mio percepire il
dolore dell’altro. E se anche due persone vivono una stessa esperienza,questa ha risonanze diverse
differenti nel vissuto personale di ognuno. La persona con cui si entra in empatia è e rimane altra
rispetto a me,come io sono e rimango altra rispetto a lei. Stein parla di retroazione dell’atto
empatico cioè l’empatia permette di conoscere l’altro ma anche se stesso.
4. GLI ANNI DI FRIBURGO
Mentre Edith svolgeva la sua indagine sull’esperienza empatica,scoppiò la guerra. Il circolo
fenomenologico si disperse e la giovane filosofa fece domanda per poter prestare servizio come
crocerossina. Nel Dicembre del 1915 Stein ritornò a Gottinga dove incontrò l’amico Reinach e

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Husserl e discussero sul suo lavoro riguardante l’empatia. Nel frattempo Edith rientrò nella sua città
natale dove cominciò per necessità economiche, la sua attività di insegnante presso la viktoria
schule, la scuola in cui aveva studiato. Negli anni successivi l’autrice cercò di ottenere la libera
docenza ma,in quanto donna, non riuscì ad ottenere il titolo di professore universitario.
Successivamente chiese ad Husserl se poteva collaborare con lui e quindi diventare la sua assistente
e lui accettò questa sua proposta; dopo un po' però si rese conto che andare dietro ad Husserl
lasciava poco spazio allo studio e quindi decise di abbandonare questo compito. Stein parlò di
comunità e società. Nella prima le relazioni sono organiche e personali ed è una forma di
convivenza umana; nella seconda ci sono relazioni meccaniche ed estrinseche ed ognuno è solo.
5.LA CONVERSIONE ALLA FEDE CATTOLICA E L’INTERESSE PER LA PEDAGOGIA
I biografi annoverano per lo più due eventi legati alla conversione dell’autrice alla fede nel Dio di
Gesù Crocifisso. Il primo evento è la morte in guerra dell’amico Reinach e,soprattutto, l’incontro
avvenuto con la moglie che le aveva chiesto di aiutarla ad ordinare gli scritti del marito. Edith
rimase colpita del dolore composto e sereno della donna. Il secondo evento è quello più noto ovvero
una sera di estate fu ospite nella casa dei coniugi Conrad e nella loro biblioteca trovò un libro
particolare ossia La vita di Santa Teresa d’Avila. Edith si convertì al cristianesimo e abbracciò la
vita monastica carmelitana e fu chiamata suor Teresa Benedetta della Croce infatti lei è nota per
aver portato la croce e la stella. Nel 1932, ebbe la cattedra presso l’Istituto di Pedagogia Scientifica
di Munster e quindi fu molto impegnata in varie conferenze e incontri. Nel 1933 a seguito delle
leggi razziali, fu costretta a lasciare l’insegnamento e nel 1938 cominciarono le deportazioni degli
ebrei e le fu chiesto di cercare rifugio e così insieme alla sorella cercarono rifugio in Olanda. Il 2
Agosto 1942 Edith e la sorella furono prelevate e deportate in diversi campi di concentramento e
morirono nel campo di Auschwitz.
6.LA RIFLESSIONE PEDAGOGICA
L’attività educativa di Edith Stein è stata intensa,oltre all’insegnamento si è infatti dedicata a
numerose conferenze e quest’ultime ne tenne numerose anche fuori dal territorio tedesco riguardanti
sulla donna e sulla sua vocazione specifica.
6.1 ALLA RICERCA DELLA VERITA’ E DELLA CHIAREZZA
Uno dei primi scritti pedagogici dell’autrice, Verità e chiarezza nell’insegnamento e
nell’educazione, Stein si sofferma sul rapporto educazione e verità,mettendo in luce che la
conoscenza umana segue le cose,invece la conoscenza divina precede le cose in quanto il Creatore
conosce le cose prima. Il fine dell’educazione è di avere consapevolezza di una conoscenza
dell’autentica natura umana. L’educatore deve cercare di conoscere l’educando com’è nella mente
di Dio.
6.2 L’IDEA DI BILDUNG
Edith si soffermò sul tema della bildung e svolse un’attenta analisi fenomenologica . Bildung indica
sia l’azione del formare una materia sia il processo del venire formato. Quando si educa non si ha a
che fare con una materia inerte,ma con una materia animata. L’autrice descrive prima le materie
inanimate,poi quelle animate,considerando prima le piante, poi gli animali ed infine l’essere
umano:qui emerse la sua matrice ovvero aristotelica-tomista. Citò espressamente quindi Aristotele e
Tommaso e osservò che le piante hanno un principio di vita interno,che viene denominato
anima,precisamente anima vegetativa; gli animali a loro volta, oltre che all’anima vegetativa hanno
anche l’anima cinestetica e l’anima sensitiva; l’essere umano oltre ad avere l’anima
vegetativa,sensitiva e cinestetica ha soprattutto l’anima intellettiva cioè lo spirito. Per Stein educare
è un nutrire e si tratta di un nutrimento sia del corpo anche dell’anima.
6.3 IL NESSO ESSENZIALE TRA BILDUNG E COMUNITA’
Il processo della bildung appartiene al contesto di una comunità in quanto non ci può essere un io
senza un noi. Le persone già non nascono membri di una comunità ma devono diventarlo e
necessitano di essere formati per esserlo in modo autentico. Senza gli altri non si può essere
realmente se stessi,. Le realtà formative comunitarie,secondo l’autrice sono: la famiglia,la chiesa,la
scuola. La scuola, secondo Stein, ha lo scopo di trasmettere i beni culturali alle nuove generazioni

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come beni educativi per contribuire alla formazione di un autentico popolo,essa è intesa come una
comunità di vita, che nutre per la più ampia comunità sociale.
6.4 L’ANALISI FENOMENOLOGICA DELLA VOCAZIONE DELLA DONNA
La studiosa osserva che le esponenti più radicali del movimento femminista pretendevano che la
donna fosse uguale all’uomo ovvero che avesse la possibilità di accesso a tutte le professioni. Gli
oppositori invece di questo movimento avevano risposto dicendo che la donna ha come unica
attività quello di prendersi cura della sua prole,famiglia e della sua casa. Edith fece una critica ad
entrambi le tesi in quanto la prima nega l’esistenza e il valore delle particolari caratteristiche della
femminilità,costringendo la donna ad una assimilazione mimetica all’uomo; la seconda tesi invece
appare inaccettabile perché riduce l’essere donna a semplici dati naturali.
6.5 LA VOCAZIONE DELLA DONNA SUL FONADAMENTO DELLE SACRE SCRITTURE
Per descrivere la vocazione della donna, Edith Stein fa riferimento alle Sacre Scritture:nel racconto
del Genesi,Dio ha creato l’essere umano a sua immagine,creando maschio o femmina. In
prospettiva biblica ci sono compiti comuni all’uomo e alla donna,perché propri dell’essere umano:
essere immagini di Dio,procreare la posterità,dominare la terra. Sono compiti che possono essere
svolti solo nella reciproca interazione delle differenze tra il maschile e il femminile. Queste
differenze riguardano tutta la persona, quindi anche la psiche e lo spirito. Gli atteggiamenti
femminili sono descritti a partire dal racconto biblico della creazione: non è bene che l’uomo sia
solo-disse Dio dopo aver creato l’uomo. Pertanto,gli diede la donna come compagna. Essere
compagna si concretizza nell’accompagnare l’uomo come aiuto a lui pari.
6.6 IL LAVORO DELLA DONNA
Edith Stein affermò che tutte le professioni possono essere svolte da una donna in modo
autenticamente femminile. L’autrice annota che molte donne non possono scegliere,ma sono
costrette ad adattarsi al lavoro extradomestico dalla crisi economica e dalla guerra. L’educazione
deve basarsi nel rispetto di una triplice esigenza: lo sviluppo dei valori umani,lo sviluppo della sua
femminilità,lo sviluppo della sua individualità. Poiché ogni donna è donna in modo peculiare, molto
articolata è la visione della formazione al femminile non vincolata al lavoro domestico e alla vita
religiosa. È necessario perciò che le ragazze siano formate anche alla partecipazione sociale e alla
vita nello Stato.

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CAPITOLO 7 FRANCOISE DOLTO


1.L’INFANZIA,LA VITA FAMILIARE E I PRIMI STUDI
Françoise Dolto nasce nel 1908 a Parigi in una famiglia borghese benestante; impara a leggere e a
scrivere in casa,con una giovane istruttrice,quest’ultima era venuta in questa famiglia per i fratelli
più grandi ma instaura con Dolto un rapporto particolare e con il tempo il metodo dell’istruttrice dà
i suoi frutti. Molti tratti di questa istruttrice attenta e paziente furono reinterpretati da Françoise nel
suo modo personale di essere terapeutica. Quando Françoise ha 15 anni, muore la sorella,
JACQUELINE, e la madre cade in depressione. Successivamente la studiosa esprime il desiderio di
voler iscriversi all’università e di fare il medico ma i suoi genitori non accettarono che la figlia
doveva intraprendere gli studi di medicina e quindi lei rimase a casa fino al venticinquesimo anno di
età . Nel 1931 finalmente si iscrive alla facoltà di medicina e frequentò questa facoltà con uno dei
suoi fratelli infatti anche egli era interessato alla psicoanalisi. Un incontro importante per la sua
formazione fu con LACAN.
2. LA PRATICA DELLA PSICOANALISI:L’IMPORTANZA E I LIMITI DELLE PAROLE
Dopo la laurea,Françoise si iscrive all’ordine dei medici e cominciò a lavorare a Parigi come
medico generico; insieme a LACAN fondano la scuola Freudiana di Parigi. Il fondamento di senso
del suo metodo educativo è riconoscibile all’antropologia lacaniana: l’essere umano non è riducibile
al dato biologico ma si connota per la sua capacità di linguaggio. La parola <<desiderio >> non
definisce un godimento illimitato ma rinvia alla soddisfazione di riconoscimento. Educare per Dolto
non equivale a soddisfare i bisogni più immediati ma coincide con una spinta
all’umanizzazione,che muove dal riconoscimento del desiderio proprio e costitutivo proprio della
persona e poterlo seguire permetterà alla persona di diventare davvero se stessa. La capacità
simbolica,cioè la capacità di linguaggio di comunicazione,è considerata la principale potenzialità
della persona ed essa è già presente nei bambini piccolissimi. Secondo l’autrice l’essere umano è
una creatura di linguaggio ed educare significa saper ascoltare l’altro e saper poi usare le parole
giuste. Nel 1973 Dolto apre la ECOLE DE LA NEUVILLE per cercare di recuperare il disagio
scolastico. Si trattava di una struttura in cui erano ammessi ragazzi con disturbi dell’apprendimento.
Nel 1979 l’autrice aprì la pria MAISON VERTE ( casa verde),luogo pensato come spazio di
iniziazione del bambino alla vita sociale ed era un luogo di passaggio tra la casa in cui il bambino
era nato e quelle realtà nelle quali i bambini sono temporaneamente separati dai genitori.
3.IN ASCOLTO DEI BAMBINI
I diversi scritti di Françoise Dolto - saggi,conferenze- furono pubblicate in Francia a partire dagli
anni’80. Il linguaggio è semplice,chiaro,ricco di esempi e neologismi che servirono all’autrice per
esprimere una realtà difficile da comprendere e un modo di accostare i problemi davvero nuovi.
Secondo la pensatrice è molto importante aiutare l’altro a riconoscere il proprio desiderio e a farsi
soggetto di tale desiderio,la persona così diventa in prima persona protagonista della sua cura cioè
consapevole e responsabile del proprio desiderio, per poi a sua volta essere capace di prendersi cura
degli altri. La pedagogia di Dolto si può definire “ PEDAGOGIA DELL’ASCOLTO ma anche della
VERITA’ “ovvero l’educazione si configura come ricerca della verità,ricerca della verità dell’altro
e sforzo di una relazione autentica. Françoise esorta i genitori a rispettare i bambini come persone e
soprattutto a non mentirgli in quanto il bambino ha il diritto alla parola veritiera,ad una
comunicazione attenta e rispettosa, l’errore educativo più grande che si può fare dice l’autrice è
rappresentato dal silenzio,inganno,menzogne dette per il bene del bambino. Dire la verità al

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bambino significa presentare la realtà in una forma loro comprensibile. Il compito del terapeuta è
ben svolto se crea le condizioni affinché sia il bambino e i genitori possano esprimersi e crescere
come <<soggetti di desiderio>>: scoprirsi e impegnarsi per maturare come persone,gli uni diversi
dall’altro e soprattutto ciascuno diverso da come l’altro si aspetta. Ciò li aiuterà a sviluppare
autonomia e responsabilità.
4.I GENITORI DAVANTI ALL’ADOLESCENZA
Oltre al nesso tra educazione e desiderio e tra educazione e linguaggio, negli scritti della
psicanalista emerge anche il nesso tra educazione e storia;la psicoanalista sottolinea il rapporto non
solo tra i bambini e i propri genitori ma anche quest’ultimi con i loro genitori. Ella osservò che vi
sono dei disagi, nevrosi, che caratterizzano gli adulti e si possono manifestare soprattutto nel
passaggio dall’infanzia all’adolescenza in quanto,da bambini hanno avuto dei conflitti con i propri
genitori irrisolti e ne consegue il loro malessere. Questi conflitti sono “ non detti” e bloccano la
relazione educativa e sono quelli che gli adulti tendono a tenerli dentro senza esplicitarli. L’autrice
afferma che gli educatori che si occupano degli adolescenti devono anche lavorare con i loro
genitori affinché essi diventino capaci di pensare e parlare con il terapeuta delle difficoltà che loro
stessi hanno avuto durante la loro adolescenza. Per Dolto la << crisi adolescenziale >> è vista
come una vera e propria trasformazione sia di corpo che del loro atteggiamento. Gli
adolescenti ,secondo Françoise , danno importanza all’uscire in quanto restare a casa con i genitori
gli è impossibile perché essi vogliono scoprire nuove cose e sentirsi grandi quindi hanno in bocca
sempre la parola USCIRE.
5.EDUCAZIONE,PSICOANALISI E VANGELO
F.Dolto pone in luce il nesso molto stretto tra pratica psicoanalitica, educazione e fede cristiana.
Dolto osservò che,ripercorrendo le scene ,le immagini e i racconti del Nuovo Testamento, è
possibile vedere come la vicenda umana di Gesù e la sua missione di salvezza costituiscano un
processo di liberazione del desiderio. Gesù non insegna a rinunciare il desiderio;piuttosto insegna il
desiderio. In particolare nella lettura della psicoanalista,insegna che,per essere autenticamente noi
stessi, è necessario convertire i bisogni in desideri. Bisogna insegnare ai bambini il senso del sacro
per condurli così a riconoscere il loro desiderio. Secondo Dolto ,l’educazione religiosa, è solo
insegnamento moralistico e spesso si usa la parola <<sacro>> per indicare realtà che non sono
affatto tali. E se un bambino si sente dire questo qui è sacro,non si tocca, si farà l’idea che il sacro è
qualcosa che non gli deve appartenere e che esiste solo al servizio dell’adulto. Tra le immagini del
Vangelo,Dolto ne commenta una che si riallaccia un tema a lei caro ovvero quello della
cittadinanza. Essere cittadini significa saper portare aiuto. In ciò si scorge il riconoscimento di
essere nati e continuare a esistere grazia all’aiuto che altri,a loro volta, ci hanno dato.

CAPITOLO 8 SIMONE WEIL


1.L’INFANZIA,LA VITA FAMILIARE E I PRIMI STUDI
Simone Weil si può affermare che è stata una pensatrice attenta,l’attenzione costituì la categoria
fondamentale del suo pensiero e della sua vita. L’autrice nacque nel 1909 in una famiglia benestante
ebraica. Lei ebbe un rapporto di amore e odio con il fratello. Cominciò a frequentare il liceo e si
rilevò brillante negli studi appassionandosi agli studi filosofici e si avvicinò al pensiero kantiano
affermando che tra pensare,agire,contemplare ci deve essere una connessione. Per educare secondo
Weil bisogna avvicinarsi al bello e al bene e la bellezza deve essere collegata alla giustizia e alla

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politica. Nel 1931,Simone si laureò e fece una critica a Cartesio in particolare criticò l’unilateralità
nella definizione del rapporto tra uomo e natura,cui viene opposta la rivalutazione dell’importanza
della percezione.
2.UNA PROFESSORESSA PARTICOLARE
Dopo la laurea e l’abilitazione,Simone cominciò a lavorare in vari licei di provincia. Si dedicò con
passione alle sue alunne e arrivava spesso a scuola con libri comprati per le sue alunne che non
potevano permetterselo, così le allieve cominciarono a volerle bene e manifestarono quasi il
desiderio di proteggerla. L’autrice regalava quasi tutto il suo stipendio ai disoccupati si dedicò ai
più poveri e dimenticò di prendersi cura di lei. Scrisse LEZIONI DI FILOSOFIA, in quest’opera lei
affermò che attraverso l’agire,l’essere umano prende coscienza di sé. La sua aula appare come
luogo prezioso di autentico pensare, si può parlare di filosofia maieutica. Simone faceva leggere e
studiare direttamente le opere dei grandi filosofi e in ogni lezione dava ai propri alunni il
programma degli argomenti che venivano trattati e poi chiedeva di intervenire e di andare sempre
più in profondità. Per la pensatrice, il suo compito come insegnante era avviare i giovani alla
conoscenza della verità evitando l’indottrinamento. Dalle lettere alle allieve, chiamate quest’ultime
con affetto piccole care, emerse un ritratto più intimo ; infatti Simone dava consigli alle sue allieve
su come organizzare lo studio.
3.LA VITA CON GLI OPERAI
Weil entrò veramente a contatto con il popolo e si dedicò ai disoccupati,
pescatori,minatori;insomma a tutti coloro che vivevano una condizione di oppressione materiale. La
sua pedagogia può essere definita come: pedagogia delle liberazione, ossia, fa rifermento agli
orientamenti pedagogici e alla formazione dell’individuo in chiave emancipativa e inclusiva. Lei
ebbe un comportamento anticonformista e intervenne spesso in difesa dei disoccupati e della classe
operaria. L’esperienza più formativa per Weil fu in fabbrica. Simone si fece assumere in una
fabbrica per vivere le condizioni durissime dell’industria pesante e condivide la sofferenza degli
operai sentendosi soprattutto vicine ad esse. Da questa esperienza scrisse LA CONDIZIONE
OPERAIA e in essa parla con molta concretezza del lavoro di fabbrica mettendo in luce che in esso
è venuto meno quello che ai suoi occhi è essenziale cioè la libertà della persona di creare, inventare
e organizzare il lavoro. Guarda così il lavoro artigianale, come un modello ideale,luogo della
creatività dove pensiero e azione ritrovano un’armonia.

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CAPITOLO 10
Jane Roland Martin

Vita
. Nacque a New York e frequentò una scuola di stampo attivista;
. Si laurea con studi di teoria politica ma in seguito intraprese la carriera
dell’insegnamento;
. La filosofia analitica le insegnò che gli oggetti studiati non sono fenomeni del

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mondo reale, ma il parlare di essi;


. Leggendo l’Emilio di Rousseau scoprì che l’educazione è un fattore molto più
complesso di quel pensava.

Educare all’incontro
. Secondo Martin l’ideale dell’umanità più corretto da utilizzare sarebbe ‘’educated
person’’ e non ‘’educated man’’ come la famosa espressione di Richard Peters;
. L’autrice parla di dono dell’educazione per indicare quei momenti in cui la persona
soggetto di cambiamento riceve il dono dell’accoglienza ma a sua volta ella dona al
gruppo la sua esperienza, la sua trasformazione;
. Per Martin l’educazione è un incontro a più livelli e, secondo Ivan Illich, ridurre
l’educazione ad un fattore scolastico è come ridurre la fede al solo andare in Chiesa.

Nel Noddings

Vita
. Nacque nel 1929 ed intraprese studi matematici;
. Ebbe un matrimonio duraturo, molti figli e nipoti e per lei tale esperienza sarà un
saldo punto di riferimento per la sua elaborazione teorica;
. Divenne appassionata di filosofia, in particolar modo di filosofia dell’educazione,
etica e morale.

Riconoscere il Caring
Il punto di partenza della proposta pedagogica di Noddings è l’importanza assegnata
alla relazione di cura. Per poter parlare di ciò ella si serve sia della filosofia
relazionale di Buber sia della teoria dell’attenzione di Weil.
- Di Buber apprezza il fatto che la relazione autentica si instauri nel rapporto io-tu;
- Contrariamente da Weil, Noddings afferma che l’attenzione nei confronti dell’altro
non è poi così rara.
Già dalle prime pagine del testo Il Caring si evince la critica alla filosofia tradizionale
che collega l’etica al solo studio matematico tralasciando l’affettività.
Ella rifiuta l’etica basata soltanto su principi morali poiché, spesso, separano gli uni
dagli altri. Le quattro componenti dell’educazione morale per Noddings sono:
- MODELLAMENTO: spiega che per imparare a prendersi cura ma anche per
riceverne bisogna essere esposti ad una buona cura;
- DIALOGO: è una componente importante dell’incontro tra persone;
- PRATICA: spiega che l’educazione alla cura si compie anche attraverso essa, cioè la
prassi;

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- CONFERMA, sarebbe il ‘’SI’’ all’altro, il riconoscimento del suo valore e della sua
presenza.

Carol Friedman Gilligan

Vita
. Nacque nel 1936 ed oggi è tra le più riconosciute psicologhe contemporanee;
. Da bambina frequento una scuola privata ispirata all’attivismo pedagogico;
. Studia psicologia con l’intenzione di diventare terapeuta;
. Nel 1970 diventa assistente di Kohlberg e ne apprezza l’intelligenza;
. Nel 1982 viene pubblicato il suo volume in a different voice.

Ascoltare voci differenti


Nel volume ‘’in a different voice’’, Gilligan contesta sia il modo di fare di Freud che di
Kohlberg: di Freud poiché fino a quel momento la psicologia evolutiva proponeva
esempi sulla realtà basati soltanto su modelli maschili, basti pensare al complesso
edipico… Di Kohlberg critica l’impostazione metodologica poiché, per quanto
riguarda la morale, essendo molto importante, non poteva proporre esempi sulla
realtà soltanto maschili. Delle ricerche di Kohlberg famoso è il dilemma di Heinz e gli
stadi dello sviluppo morale che successivamente distinse:
1- STADIO PRECONVENZIONALE (4-9 anni), in esso il bambino si adegua alle norme
per paura della punizione;
2- STADIO CONVENZIONALE (10+), in esso il bambino incomincia a comprendere il
fondamento delle regole;
3- STADIO POST CONVENZIONALE (18), in esso il ragazzo è indipendente da autorità
esterne e può decidere da se.
Quello che cambia con Gilligan è che lei intervista anche donne, al fine di ascoltare
appunto voci differenti. Ella studia lo sviluppo morale delle donne ed individua tre
livelli:
1 EGOISMO, cioè quando il proprio sé è il solo soggetto di interesse;
2 BONTA’/ SACRIFICIO, è come se la donna si adeguasse al contesto sociale e, di
conseguenza, ne seguisse le regole;
3 VERITA’/ RESPONSABILITA’ in tale ed ultimo passaggio la donna comprende che le
responsabilità non sono solo le sue (es: aborto).

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