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5° lezione - 14/03

Stavamo guardando il secondo principio della termodinamica ed in particolare l’entropia, abbiamo visto come questa
rappresenta il verso delle trasformazioni spontanee ed indica che tutti i sistemi evolvono spontaneamente attraverso una
massimizzazione del disordine energetico, cioè massimizzando la distribuzione delle particelle nei livelli energetici accessibili
al sistema, grazie appunto ad una funzione termodinamica, l’entropia, direttamente proporzionale al calore (la funzione è
proporzionale al calore perché questo rappresenta quel parametro che fornito al sistema evidenzia un incremento della
distribuzione delle particelle del mio sistema nei livelli energetici accessibili mentre il lavoro rappresenta soltanto il
cambiamento dell’energia, ma non della popolazione, e quindi non produce entropia)
Abbiamo cercato di assegnare delle equazioni che definiscano l’entropia, all’inizio abbiamo preso in esame l’ambiente,
valutando come questo si possa definire in funzione degli scambi energetici del sistema, attraverso il rapporto tra la quantità di
calore e la temperatura. Tuttavia ciò che a noi interessa valutare è il sistema, infatti io osservo il sistema nell’ambiente e voglio
vedere come il sistema si evolve, in altre parole, la possibilità dei sistemi viventi di evolversi verso un massimo di entropia si
può vedere attraverso l’osservazione di questi sistemi nell’ambiente, e vedremo come questo, e quindi anche il secondo
principio della termodinamica, potrebbe apparentemente essere contro la teoria dell’evoluzione di Darwin.
L’osservazione dei sistemi è fondamentale, ma è fondamentale anche considerare il continuo interscambio di materia ed energia
tra ambiente e sistema, noi non possiamo assegnare la spontaneità in funzione di uno solo dei due fattori, ma vanno sempre
valutati entrambi. Il calore che io cedo, dal sistema all’ambiente, va nell’ambiente e crea qualcosa, crea un cambiamento
dell’entropia, se l’entropia che io genero nell’ambiente, in seguito alla cessione di calore dal sistema, supera l’eventuale
decremento di entropia del sistema, osservo un processo spontaneo.

Abbiamo denominato S’ l’entropia dell’ambiente e S quella del sistema.


Supponiamo di avere un equilibrio termico tra sistema e ambiente, questo vuol dire che i due hanno la medesima temperatura.
Che significa dire ciò dal punto di vista entropico?
Quando io prendo due corpi che hanno diversa temperatura e li metto a contatto, ci sarà un flusso di calore spontaneo dal corpo
più caldo a quello più freddo, ad un certo punto si raggiunge l’equilibrio e dal punto di vita entropico questo rappresenta la
massimizzazione dei livelli elettronici accessibili, cioè il massimo dell’entropia, perché il corpo più freddo, che preleva calore
dal più caldo, ha molti livelli energetici accessibili che può occupare, mentre il sistema che perde calore non comporta un
grandissimo cambiamento nella popolazione, quindi io vado verso una massimizzazione della popolazione che occupa i vari
livelli energetici accessibili e cioè verso una massimizzazione dell’entropia, che all’equilibrio, appunto, raggiunge il valore
massimo proprio perché ho massimizzato la distribuzione energetica.
Ora supponiamo di considerare un trasferimento di calore reversibile, io ho che, in accordo con la simbologia adottata, dS
rappresenterebbe la variazione infinitesima di entropia a carico del sistema.
Realizziamo un’espansione isoterma irreversibile, avremo una certa variazione di entropia che registrerò in seguito al processo,
se io poi ripristinassi la mia condizione iniziale e cioè tornassi indietro, attraverso un processo reversibile, che cosa
succederebbe? Praticamente io vado, attraverso un’espansione isoterma irreversibile, dal punto iniziale al punto finale e poi
riporto il sistema al punto iniziale attraverso una trasformazione reversibile e cioè attraverso una trasformazione che prevede un
continuo equilibrio tra sistema e ambiente e che quindi non perturba l’ambiente, ma restituisce ad esso le sue condizioni iniziali
senza lasciare traccia di quello che è successo.
Se io considero l’entropia come una funzione di stato, poi lo dimostreremo, a me non interessa come io arrivo dal punto iniziale
a quello finale o come torno indietro, infatti la sua variazione sarà sempre la stessa ma cambiata di segno, dato che non importa
il cammino percorso dalla trasformazione, quindi la variazione dell’entropia del sistema sarà pari a -dS, infatti se dS è la
variazione che registro in un verso, -dS sarà quella nell’altro verso. Abbiamo detto che il processo avviene reversibilmente,
quindi la quantità di calore che io somministro sarà di tipo reversibile e dovrei scrivere, nel caso specifico ho una cessione di
calore, -dqrev.
Fino a qui il discorso è semplice, io realizzo una trasformazione diretta irreversibile isoterma e poi torno indietro
reversibilmente, è chiaro che se faccio questo la variazione di entropia che io registro sarà uguale ed opposta a quella della
trasformazione diretta e il calore che è in gioco sarà, visto che il processo è reversibile e visto che cedo calore, -dqrev,
considerando la variazione infinitesima.
Il calore che noi abbiamo in gioco va a carico dell’ambiente, per cui se io, come sistema, ho una certa quantità di calore che
cedo, questo va ad incrementare il calore dell’ambiente, allora io posso scrivere:
dq’ = -dqrev
Per cui la variazione di entropia a carico dell’ambiente sarà: dS’ = dqrev /T
La temperatura dell’ambiente coincide con quella del sistema proprio perché siamo all’equilibrio, inoltre la temperatura non è
variata perché la trasformazione è isoterma (T’ = T).
Naturalmente, essendo il processo tornato alle condizioni iniziali e dato che la trasformazione è reversibile (in una
trasformazione irreversibile sarebbe maggiore di 0) , dStot=0 , cioè io dovrei scrivere che dSsistema + dSambiente =0 , ma il dSsistema = -
dS e il dSambiente = dqrev/T quindi posso scrivere: -dS + dqrev/T =0
Posso, quindi, generare un’equazione che identifica come la variazione infinitesima di entropia del sistema risulta sempre essere
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data dal rapporto tra la variazione infinitesima del calore somministrato reversibilmente diviso la temperatura del sistema stesso
(lo avevamo già detto senza dimostrarlo).
Quindi se volessi fare la variazione finita di entropia dovrei integrare tra il punto iniziale e il finale.
In altre parole il dS del sistema non è altro che il rapporto tra la quantità di calore che io posseggo, in seguito agli scambi di
natura reversibile con l’ambiente, diviso la temperatura del mio sistema.
Ciclo di Carnot
Adesso voglio introdurre meglio il concetto di entropia e voglio dimostrare che essa è una funzione di stato, si utilizza il Ciclo
di Carnot che è una macchina termica molto semplice. Tutte le macchine termiche funzionano prelevando calore da una
sorgente a temperatura superiore, una parte viene ceduta alla sorgente a temperatura inferiore e un’altra parte dell’energia viene
usata per scambiare lavoro con l’ambiente. Si può anche realizzare il processo inverso, non spontaneo, prelevando calore dalla
sorgente a temperatura inferiore, e cedendone una parte alla sorgente a temperatura superiore, ma devo ricevere lavoro
dall’ambiente, perché non essendo spontaneo il processo, ho necessità che l’ambiente dia l’energia necessaria per far avvenire il
tutto. Il processo inverso è quello che avviene per esempio nei condizionatori e nelle macchine frigorifere.
Utilizzo il Ciclo di Carnot per dimostrare, appunto, che l’entropia è una funzione di stato, ma anche per parlare del rendimento
di una macchina termica, perché alla fine quello che mi interessa sapere è quanta della porzione di calore che io prendo dalla
sorgente superiore si trasforma in lavoro, questa è l’efficienza, quanto maggiore sarà quest’efficienza, tanto maggiore sarà il
rendimento.
Il Ciclo di Carnot è un ciclo reversibile e simmetrico, in cui utilizzo un gas ideale. Prendiamo un gas ideale che si trova
all’interno di un cilindro munito di pistone, inizialmente le pareti del contenitore sono diatermiche (il sistema può fare scambi di
calore con ambiente). Vado ad osservare le varie trasformazioni:
1.Espansione isoterma: Metto in contatto il cilindro con una sorgente di calore alla temperatura T1. La trasformazione prevede
una cessione di calore dalla sorgente a temperatura superiore, cioè T1, verso il gas, che quindi preleva il calore da T1. Quando il
gas prende la quantità di calore T1 aumenta l’energia cinetica media delle particelle e quindi c’è un aumento del numero di urti
sul pistone e il gas si espande reversibilmente a T costante.
2.Espansione adiabatica: adiabatica perché non ci sono scambi di calore con l’esterno, ho un’ulteriore espansione del gas.
Quando espando il gas in un sistema adiabatico, dato che non posso scambiare calore con l’esterno, si abbassa la temperatura
del gas e scende a T2.
Dopo di che io devo tornare indietro per ripristinare le condizioni iniziali, realizzo altre due trasformazioni:
3.Compressione isoterma: per realizzare una compressione isoterma il gas cede una quantità di calore alla sorgente a
temperatura inferiore, cioè a T2, e il mio gas si comprime.
4.Compressione adiabatica, la temperatura del gas sale a T1, ritorno allo stato iniziale e chiudo il ciclo.
Con queste trasformazioni ho realizzato la mia macchina termica, infatti ho prelevato calore dalla sorgente a T superiore, cioè
T1, una parte l’ho ceduto alla sorgente a T inferiore, cioè T2, e una parte la uso per fare il lavoro, infatti faccio espansioni e
compressioni proprio per questo.
Tra le 4 trasformazioni, le due adiabatiche sono quelle che determinano una perturbazione nell’ambiente, infatti le altre due
sono reversibili e quindi c’è un continuo equilibrio tra sistema e ambiente.

Il mio scopo è dimostrare che l’entropia è una funzione di stato e cioè che l’integrale ciclico di questa trasformazione,
relativamente alla variazione infinitesima di entropia, è uguale a zero.
Questa è la raffigurazione del ciclo. Abbiamo espansioni isoterme e adiabatiche, in precedenza abbiamo comparato l’equazione
di Boyle e quella di Poisson, la prima dice che PV=cost., la seconda che PVɤ=cost.
La differenza tra le due equazioni sta proprio nel gamma che non è altro che il rapporto tra Cp e Cv (ɣ = Cp/Cv), questo è sempre
maggiore di uno perché Cp è sempre maggiore di Cv. Tutto ciò si riflette in una differente pendenza della curva nel grafico
pressione/volume, infatti l’adiabatica ha una pendenza superiore rispetto alla isoterma.
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dqrev
 T 0

isoterma

Ribadiamo il concetto:
1. Espansione isoterma e reversibile del gas dallo stato iniziale A allo stato finale B alla temperatura costante T1. La
variazione di entropia (rappresentata dal rapporto tra il calore scambiato reversibilmente e la temperatura) subita dal
sistema è ΔS=+q1/T1, essendo q1 il calore assunto dalla sorgente calda e T1 la temperatura. Il calore è positivo
perché io prendo calore, come sistema, dall’ambiente.
2. Espansione adiabatica e reversibile del gas dallo stato B allo stato C. Il sistema non cede calore, per cui la variazione
di entropia è zero. ΔS=0
3. Compressione isoterma e reversibile del gas dallo stato C a quello D alla temperatura costante T2. Il sistema cede il
calore q2 alla sorgente fredda, per cui il segno del calore sarà negativo, la variazione di entropia del sistema è:
ΔS=- q2/T2
4. Compressione adiabatica e reversibile del gas dallo stato D a quello di partenza A. Non penetra nel sistema alcun
calore, per cui la sua variazione di entropia è nulla. ΔS=0
La variazione totale dell'entropia lungo il ciclo è:
q q
∮ dS= T 1 − T 2
1 2
Per dimostrare che l’entropia è una funzione di stato, quest’equazione dovrebbe essere uguale a zero, perché dovrebbe essere
uguale a zero il ΔS globale della mia trasformazione ciclica.
Lasciamola un attimo da parte perché prima di dimostrare questo ci serve di sapere qualcos’altro. Abbiamo detto che una
macchina termica ha come unico scopo quello di trasformare calore in lavoro, l’efficienza di una macchina termica si esprime
attraverso la frazione di calore, prelevata dalla sorgente a temperatura superiore, e quindi assorbita, che viene trasformata in
lavoro. In altre parole non è altro che il rapporto tra il lavoro e q 1.

η= W
q1
Questa rappresentazione è una comune macchina termica, tipo quella del ciclo di Carnot, in cui
abbiamo la sorgente a T superiore, compiamo lavoro W e cediamo calore alla sorgente a T
inferiore.

Rendimento di un ciclo motore (η)


Si definisce rendimento termodinamico di un ciclo motore semplice la frazione di calore assorbita
dalla macchina che può essere trasformata in lavoro meccanico o in altra forma di energia, e cioè
il rapporto fra il calore effettivamente utilizzato dalla macchina e il calore da essa assorbito alla sorgente superiore.

Per una mole di gas ideale, in una trasformazione ciclica, ΔU=0 e quindi q=W. Il calore totale del ciclo motore è q=q1-q2
(sarebbe la somma dei due calori, ma dato che uno è ceduto e ha segno negativo diventa una differenza). Abbiamo detto però
che il calore è uguale al lavoro e quindi vale anche l’equazione W=q1-q2.
Possiamo allora dire che il rendimento è uguale a:
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q1−q 2 q2
η= oppure η = 1−
q1 q1
Dalle equazioni risulta evidente che posso aumentare il rendimento di una macchina termica quando diminuisce la quantità di
calore che c’è nella sorgente inferiore, perché significa che ho una maggiore quantità di calore che posso trasformare in lavoro.
Nel mondo reale posso ridurre la quantità di calore nella sorgente inferiore in vari modi, come per esempio attraverso tutte
quelle dispersioni dovute all’attrito come l’attrito degli pneumatici sull’asfalto.
Devo fare un ulteriore passo in avanti per dimostrare che l’entropia è una funzione di stato.
Teorema di Carnot
Considero sempre una macchina termica reversibile, come quella del ciclo di Carnot, ma se io al posto del gas ideale utilizzassi
un altro fluido cosa succederebbe al rendimento? Cambierebbe?
Il teorema di Carnot dice che il rendimento termodinamico di una macchina reversibile di Carnot è indipendente dalla natura del
fluido purché questo sia un gas a comportamento ideale.
Tutte le macchine termiche reversibili funzionanti a cicli di Carnot, purché utilizzino le due stesse sorgenti di calore ed abbiano,
quindi, le stesse temperature, debbono avere lo stesso rendimento indipendentemente dalla natura del fluido con il quale il ciclo
viene realizzato.

Supponiamo di avere due macchine termiche: una ideale, di Carnot, che lavora con un gas ideale e il cui rendimento sia del
40%, l’altra, chiamata X, lavora sempre con un ciclo reversibile di Carnot, ma con un gas reale e il suo rendimento è del 47%.
Entrambe lavorano con cicli reversibili di Carnot.
Voglio dimostrare che il teorema di Carnot è valido e per farlo devo dimostrare che il rendimento delle due macchine è lo
stesso, infatti non è possibile secondo il teorema che io abbia dei ciclo motori con due rendimenti diversi cambiando soltanto il
fluido (gas ideale vs gas reale) e non cambiando le sorgenti (per ipotesi le due macchine lavorano alle stesse temperature).

Io ho due macchine termiche che lavorano alle medesime sorgenti, T1 e T2, quello che io voglio fare è esaminare queste due
macchine, naturalmente a parità di lavoro erogato (+6 cal) sennò non posso compararle; il loro rendimento è diverso, uno è del
40% e l’altro è del 47%. Se il lavoro è lo stesso, ma il rendimento è diverso vuol dire che cambia la quantità di calore in gioco
che prelevo dalla sorgente superiore, infatti il rendimento non è altro che lavoro fratto calore, e se il lavoro è identico deve
essere diverso il calore. Quindi il calore viene scambiato diversamente tra le due sorgenti.
La macchina X, a sinistra, preleva 13 calorie dalla sorgente superiore: 6 le trasforma in lavoro e 7 le cede alla seconda sorgente.
La seconda, invece, avendo rendimento più basso, per poter realizzare il medesimo lavoro deve prelevare una maggiore quantità
di calore, per l’appunto15 calorie: 9 le cede alla sorgente inferiore e realizza un lavoro sull’ambiente pari a 6 calorie.
Questo è quello che noi osserviamo in base ai rendimenti. Questo ciclo è un ciclo DIRETTO, ma io posso anche fare il ciclo
INVERSO, il quale è un processo NON spontaneo e prevede che io nella macchina X prelevo 7 calorie dalla sorgente inferiore,
ricevo lavoro pari a 6 calorie e cedo calore pari a 13 calorie alla sorgente superiore. La stessa cosa succederà nella macchina
ideale: io prelevo 9 calorie dalla sorgente inferiore, ricevo 6 calorie di lavoro e cedo 15 calorie alla sorgente superiore.
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Nel ciclo inverso i processi sono non spontanei, infatti io ricevo lavoro dall’ambiente affinché il sistema possa compiere queste
trasformazioni. Ora supponiamo di realizzare un ciclo motore che faccia prima il ciclo diretto e poi il ciclo inverso. Il ciclo
diretto lo realizzo con la macchina X, reale, quindi io prelevo 13 calorie dalla sorgente superiore, 6 le uso per compiere lavoro e
7 le cedo alla sorgente inferiore. Dopo tutto ciò stacco la mia macchina e la sostituisco con la macchina reversibile di Carnot,
che lavora con il gas ideale, e realizzo il ciclo inverso (torno indietro). Il ciclo inverso prevede che io prelevo 9 calorie dalla
sorgente inferiore, ricevo 6 calorie di lavoro e cedo 15 calorie alla sorgente superiore. Alla fine del processo torno alle
condizioni iniziali e non ho traccia del lavoro fatto perché il processo è stato compiuto reversibilmente, l’ambiente è rimasto
quindi inalterato. Il lavoro è stato 6 calorie ceduto e 6 dato, non ho traccia di perturbazioni sull’ambiente. Ma cosa è cambiato?
Il sistema sorgente a temperatura superiore all’inizio aveva perso 13 calorie, poi ne ha prese 15, quindi ha 2 calorie in più, ha
ricevuto due calorie dalla sorgente inferiore, ma non c’è traccia di come è avvenuto e ciò significa che è avvenuto
spontaneamente. Ho realizzato qualcosa di impossibile dal punto di vista termodinamico! Perché ho realizzato qualcosa che
spontaneamente prende calore dalla sorgente a temperatura inferiore e lo cede a quella a temperatura superiore, ciò non è
possibile. Quindi è impossibile che le due macchine lavorino con rendimenti diversi, devo necessariamente avere lo stesso
rendimento altrimenti realizzerei un paradosso termodinamico.
“Osservo il passaggio di 2 cal dalla sorgente inferiore più fredda a quella superiore più calda; la sorgente superiore ha
perduto 13 cal nel ciclo diretto fatto dalla macchina X, mentre ne ha ricevute 15 nel ciclo inverso fatto dalla macchina di
Carnot.
Il trasferimento di queste due calorie da un corpo più freddo (sorgente inferiore) a uno più caldo (sorgente superiore) sembra
essere avvenuto spontaneamente!!!, ciò NON è possibile, realizzerei un paradosso termodinamico.”

Dato che io ho dimostrato che le due macchine termiche devono avere lo stesso rendimento, indipendentemente dal fluido che
utilizzo, posso anche introdurre un altro concetto: supponiamo ancora di avere una macchina termica di Carnot e una macchina
X, dovendo avere lo stesso rendimento, possiamo dire che le macchine a ciclo ideale di Carnot hanno un rendimento che è
quello massimo che si può ottenere da una macchina termica, perché se ottenessi un rendimento superiore a quello riavrei il
paradosso termodinamico. Possiamo dire che il rendimento delle macchine termiche ideali e reversibili di Carnot è il massimo
rendimento di una macchina termica.
“Tutte le macchine termiche reversibili funzionanti a cicli di Carnot, purché utilizzino le due stesse sorgenti di ca-lore,
debbono avere lo stesso rendimento indipendentemente dalla natura del fluido con il quale il ciclo viene realizzato.
Il rendimento di una macchina reversibile di Carnot, è il massimo rendimento di una macchina termica.”
Dobbiamo ancora dimostrare che l’entropia è una funzione di stato.
Ritorniamo alla macchina di Carnot classica (ciclo di Carnot nel grafico a pagina 2), con il rendimento dato dal rapporto tra il
lavoro, che realizzo mediante la macchina termica, e il calore, che prelevo dalla sorgente a temperatura superiore.
Per una mole di gas perfetto, in una trasformazione isoterma ΔU=0 e q=W. Il lavoro che si realizza nell’espansione reversibile
isoterma del gas è pari a n*R*T*ln del rapporto tra i volumi, ma se q=W allora anche il lavoro sarà uguale a questa relazione.
Posso scrivere questa relazione sia per il ramo A-B che per il ramo C-D del ciclo di Carnot (scrivo la relazione per le due
isoterme):
V2
q 1=q A−B =W A −B=R T 1 ln
V1
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V4
Ed anche: q 2=q C−D =W C− D=R T 2 ln
V3
Dove q1 è riferito all’espansione isoterma reversibile e q 2 compressione isoterma reversibile. Essendo V2 >V1 perché è
un’espansione, e V4<V3 perché è una compressione, avrò che lo scambio q1 è positivo e lo scambio q2 è negativo infatti in un
caso prendo calore e nell’altro caso lo cedo.
Il rendimento allora può essere scritto così
V2 V4
R T 1 ln + R T 2 ln
q1−q 2 V1 V3
η= =
q1 V2
R T 1 ln
V1
RT2lnV4/V3 = - RT2lnV3/V4
V2 V3 V3
R T 1 ln −RT 2 ln R T 2 ln
V1 V4 V4
η= =1−
V2 V2
R T 1 ln R T 1 ln
V1 V1
Il ciclo è simmetrico, quindi io posso ulteriormente modificare l’equazione, infatti posso scrivere V2/V1 = V3/V4 e allora:
T2
η=1−
T1
Questa relazione evidenzia che il rendimento è indipendente dal fluido che utilizzo per realizzare la trasformazione ciclica,
come abbiamo dimostrato con il teorema di Carnot, infatti la discriminante per ottenere un rendimento maggiore o minore è la
differenza di temperatura tra le due sorgenti, sempre considerando due macchine che lavorano alle medesime temperature.
Puntualizziamo quello che abbiamo detto fino ad ora:
1. Il rendimento termodinamico di una macchina termica che realizza un ciclo reversibile di Carnot, dipende solo dalla
temperatura delle due sorgenti ed è indipendente dalla natura del fluido con il quale il ciclo viene realizzato purché questo
sia un gas a comportamento ideale.
2. Il rendimento della macchina è tanto maggiore quanto maggiore è la differenza di temperatura delle due sorgenti. Perché se
T2 è molto piccolo e anche il rapporto è molto piccolo e mi avvicino a 1 come rendimento. Se il rapporto tra le due
temperature è molto piccolo mi avvicino al 100% del rendimento, ovviamente senza mai arrivarci.
3. Essendo T2 < T1, il rendimento della macchina è sempre minore di uno, non posso raggiungere il rendimento del 100%,
come invece si poteva pensare considerando il primo principio della termodinamica.
q2
Prima avevamo scritto che il rendimento è η=1− anche questa è un’espressione per il rendimento, quindi posso
q1
eguagliarle:
q2 T2
1− =1−
q1 T1

q2 T 2
=
q1 T 1
E allora avremo che l’integrale ciclico è uguale a zero, dimostriamo così che l’entropia è una funzione di stato perché il suo
valore è indipendente dal cammino percorso dalla trasformazione, ma dipende solo dallo stato iniziale e finale.
q q
∮ dS= T 1 − T 2 =0
1 2
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dqrev
∮ dS=∮ T
=0
dS è un differenziale esatto, S è una funzione di stato.
Avremo un rendimento del 100% e quindi η=1 solo quando il rapporto tra T 2 e T1 è uguale a zero, cioè quando T2 è uguale a
zero, ma per il terzo principio della termodinamica non è possibile raggiungere lo zero assoluto e quindi è impossibile avere il
rendimento del 100%.
Il primo principio della termodinamica stabilisce l’equivalenza tra calore e lavoro, il secondo principio impone delle restrizioni,
il terzo dice che non è possibile trasformare integralmente il calore in lavoro.

Ora facciamo un esercizio che è un esempio di come si possa applicare l’entropia nelle trasformazioni:
PROBLEMA 1
Consideriamo un gas ideale contenuto in un cilindro e separato mediante un pistone adiabatico in due sezioni 1 e 2. Tutti i
cambiamenti che avvengono nella sezione 2 sono di tipo isotermo, ciò significa che l’ambiente che circonda la sezione 2 è
mantenuto ad una temperatura costante. ci sono due moli di gas in ciascuna sezione. Inizialmente la temperatura nelle due
sezioni è la stessa ed è pari a 300K, anche il volume è lo stesso ed è uguale a 2,0L. Se ora scaldiamo la sezione 1 si avrà il
movimento del pistone che irreversibilmente arriverà ad un volume finale della sezione 2 pari a 1.0L. Calcolare:
1) La variazione di entropia nelle due sezioni;
2) La variazione di entropia del sistema totale e del suo ambiente (C v.m=20 JK-1mol-1)
Ho due sezioni contenenti lo stesso tipo di gas ideale, separate da un pistone che si può muovere in un verso o nell’altro. Le
condizioni iniziali sono: medesima temperatura, medesimo volume occupato e medesimo numero di moli. Il pistone, essendo
adiabatico, non permette scambi di calore tra le due sezioni. La sezione due lavora a temperatura costante, avremo una
trasformazione isoterma. Quello che noi facciamo è scaldare la sezione uno e questo comporta che il movimento delle particelle
provoca una convessione del gas nella sezione due, perché si muove il pistone. Il pistone si muove fino a ridurre il volume due
alla metà, rispetto a quello iniziale. Io voglio sapere il dS nelle due sezioni e poi quello totale.

2
2

1
1 T 1 = T2 = 300K,

Dobbiamo immaginare quello che succede al livello entropico nelle due sezioni. La sezione due subisce una compressione
isoterma, l’unica possibilità di cambiamento dell’entropia è dovuta alla variazione di volume, la sezione uno invece cambia sia
il suo volume che la sua temperatura.
Conosciamo i volumi iniziale e finale di entrambe le sezioni:
V1-iniziale=V2-iniziale=2.0 L
V1-finale=3.0 L
V2-finale =1.0 L
Conosciamo la temperatura iniziale, uguale per entrambe le sezioni, e sappiamo che nella sezione due la temperatura non varia,
possiamo calcolare la temperatura finale della sezione uno facendo una considerazione: se il volume 2 si dimezza allora la
pressione nella sezione uno si raddoppia, in modo da poter dimezzare il volume della sezione due.
Io ho una trasformazione nella sezione 1 che mi porta alla variazione delle condizioni, avrò P, V (2.0L) e T (300K) iniziali e P
(2*P1-iniziale), V (3.0L) e T finali. Posso determinare allora la temperatura finale della sezione uno facendo il rapporto tra lo stato
iniziale e finale tramite l’equazione di stato dei gas ideali.
Quindi: Poiché il volume nella sezione 2 è diminuito della metà rispetto a quello iniziale, ciò significa che la pressione nella
sezione 1 sarà raddoppiata, quindi applicando la legge dei gas ideali possiamo scrivere:
T f ,1 Pf , 1 V f ,1 2 Pi , 1∗(3.0 L)
= = =3.00
T i ,1 Pi , 1 V i , 1 Pi , 1∗( 2.0 L)
Essendo Tf,1 =3.00*(300K) = 900K
In questo modo ho tutte le variabili per determinare il ΔS 1.
ΔS in generale è dq/T, ma nel caso del cambiamento di temperatura al posto di dq dovrei scrivere (nC v,mdT)/T.
Il ΔS1 sarà allora determinato dai due contributi, volume e temperatura, avremo:
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T f ,1
∆ S1 =n CV ,m ln
Ti, 1 ( )
+ nRln
V 1, f
V 1 ,i ( )
∆ S1 =( 2.0 mol )∗( 20 J K −1 mol−1 )∗ln
900 K
300 k ( )
+ ( 2.0 mol )∗( 8.314 J K−1 mol−1)∗ln
3.0 L
2.0 L ( )
Il ΔS2 invece ha soltanto il contributo del volume, avremo:

∆ S2 =nRln
( ) V 2, f
V 2 ,i
=( 2.0 mol )∗( 8.314 J K mol )∗ln
−1 −1 1.0 L
2.0 L (
=−11,5 J K
−1
)
Il ΔS globale deriverà dalla somma dei due contributi.
PROBLEMA 2
Supponiamo di avere dell’acqua liquida a 70 °C, la scaldo fino a 140 °C. voglio sapere l’espressione del ΔS tot. Quando scaldo
l’acqua aumenta la sua temperatura fino a 100 °C, subisce il passaggio di stato e poi la sua temperatura continua ad aumentare
fino a 140°C. Quando scaldo l’acqua devo quindi considerare 3 step:
1. Riscaldamento da 70°C a 100°C
2. Passaggio di stato
3. Riscaldamento da 100°C a 140°C
Sappiamo che la variazione di entropia è collegata al cambiamento di temperatura, inoltre stiamo lavorando a pressione
costante, sappiamo che dq a pressione costante è: dq = nCpΔT. Utilizziamo questa relazione per calcolare dq sia nel primo che
nel terzo step. Nel secondo step invece la variazione di entropia non è correlata alla variazione di temperatura, infatti durante il
passaggio di stato essa non varia; avremo una variazione di entropia dovuta al cambiamento nello stato di aggregazione, che
modifica i gradi di libertà del sistema. Il passaggio da liquido a gas comporta un cambiamento della distribuzione energetica e
quindi dell’entropia, non della temperatura. Il calore in gioco nel passaggio di stato è il ΔH di vaporizzazione dell’acqua, la
ΔH vap
relazione per il ΔS2 sarà allora: Δ S 2= .
100
La variazione di entropia totale (nella formula vediamo scritti i gradi centigradi per comodità, in teoria dovremmo utilizzare i
gradi kelvin) sarà:
100 140
dT ΔH vap dT
Δ S tot =n C p ∫ + +n C p ∫
70 T 100 100 T
Dobbiamo considerare tutti i contributi che possono portare ad una variazione dell’entropia del sistema (teoricamente dovrei
considerare anche il cambiamento del volume, ma in prima approssimazione lo trascurarlo.
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