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Appunti del corso di Impiantistica Termotecnica

del prof. Claudio Cianfrini

Avvertenza
Quanto segue è il frutto dell’elaborazione degli appunti di
studenti che hanno seguito il corso in anni passati. Non è un
manuale, né sostituisce i testi di riferimento che devono
essere consultati per approfondimenti e chiarimenti.

Manuali di riferimento:
 C. Pizzetti, Condizionamento dell'aria e refrigerazione,
vol. I e II, Ed. Masson
 G. Parolini, A. Fantini, Impianti tecnici per l'edilizia,
Ed. Sistema
 M.Coppi, Clima artificiale e benessere
termoigrometrico, Ed. E.S.A.
 Alfano, Filippi, Sacchi - Impianti di climatizzazione
per l'edilizia - Ed. Masson.
Prof. Claudio Cianfrini
Prof. Emanuele Habib

Psicrometria
L’aria è un miscuglio di aria secca e vapore d’acqua. Per semplicità e chiarezza utilizziamo la locuzione
“aria umida” per indicare il miscuglio. Spesso useremo il termine “aria” per l’aria secca priva di vapore
d’acqua e il termine generico “vapore” per riferirsi al vapore d’acqua.
Ai fini della valutazione delle proprietà, l’aria umida può essere trattata come il miscuglio di due soli gas,
quindi un miscuglio bicomponente. Infatti, non si commettono approssimazioni nel considerare i due
gas come monocomponenti, se consideriamo solo trasformazioni in cui le proprietà chimiche
dell'aria secca non cambiano. Ad esempio, nel corso sono considerate trasformazioni che non
provocano cambiamenti di concentrazione dell'anidride carbonica presente in aria, se invece ci
fossero questa ipotesi non sarebbe valida.

Poiché in condizioni ordinarie la pressione è ampiamente inferiore alla pressione critica di ciascuna specie,
aria e vapore acqueo sono ben descritti dal modello di gas perfetto.
L’acqua allo stato liquido NON fa parte dell’aria umida. Se il vapore condensa, si separa dall’aria umida.

Grandezze estensive: sono quelle grandezze che dipendono dalla quantità di materia presente nel sistema;
ad esempio: massa, volume, entalpia, entropia, ecc.
Grandezze intensive: sono quelle grandezze che non dipendono dalla quantità di materia presente nel
sistema; ad esempio: temperatura, pressione, concentrazione, ecc.

Per ciascuna grandezza estensiva è possibile derivare una grandezza intensiva dividendo per la massa
complessiva contenuta nel sistema. Tale grandezza derivata è utilizzata, ad esempio, nelle rappresentazioni
sui piani termodinamici e per i diagrammi termodinamici in generale.
Alcuni esempi di grandezze derivate:
‐ Volume  volume specifico;
‐ Entalpia  entalpia specifica;
‐ Entropia  entropia specifica;
‐ Massa  concentrazione.

La varianza, ovvero il numero di grandezze necessarie a identificare lo stato di un sistema


termodinamico (come l’aria umida), è data Regola di Gibbs o delle Fasi. È pari al numero di
componenti C presenti (di cui possa variare la composizione relativa) meno il numero delle fasi F
più due.
2
Nel caso dell’aria umida, i componenti sono 2: l’aria secca ed il vapore d’acqua; la fase è solo gassosa;
quindi la varianza del sistema è pari a 3. Sono necessarie tre grandezze per definire lo stato dell’aria umida.
Per una costruzione grafica sarebbero necessarie rappresentazioni tridimensionali. Nel nostro settore (la
Climatizzazione) le trasformazioni che ci interessano possano essere ritenute a pressione pressoché
costante e circa uguale alla pressione atmosferica. Questa è un’approssimazione, che però si fa
quasi sempre, fin quasi a dimenticarsela!
Si deve ricordare che le considerazioni che faremo e le relative rappresentazioni grafiche sul
diagramma psicrometrico, sono fatte nell’ipotesi di pressione costante (isobare).
In questo modo riduciamo la varianza a due, dando per nota la pressione, la terza grandezza,
supposta pari a quella atmosferica.
-> possiamo rappresentare le trasformazioni su un diagramma piano, il Diagramma Psicrometrico
Esistono diverse tipologie di diagrammi psicrometrici, ma nel corso si farà riferimento al
Diagramma di Mollier.
Le due variabili utilizzate per la rappresentazione sono:

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- Entalpia dell’aria umida per unità di massa di aria secca. Simbolo J.


NB non si tratta dell’entalpia specifica in quanto la grandezza estensiva Entalpia è divisa per la
massa della sola aria secca, non di tutto il sistema. Tale scelta consente di semplificare le
rappresentazioni grafiche delle trasformazioni più comuni ed i calcoli. Unità di misura SI [Jau /
kgas]; altre unità di misura [kJau / kgas], [kcalau / kgas], [Wh / kgas]
- Umidità Specifica o Umidità Associata: massa di vapore acqueo presente nell’aria umida per
unità di massa di aria secca. Simbolo x.
NB non si tratta della concentrazione in quanto la massa del vapore è divisa per la massa della sola
aria secca, non di tutto il sistema. Tale scelta consente di semplificare le rappresentazioni grafiche
delle trasformazioni più comuni ed i calcoli. Unità di misura SI [kgv / kga]; altre unità di misura [gv /
kga]
N.B: spesso viene indicata l’umidità in grammi di vapore per chilogrammo di aria secca: Convertire
immediatamente in kg, o i calcoli vengono sballati!

Le grandezze estensive dell’aria umida, però, saranno sempre riferite a 1 kg di aria secca.

Nel diagramma di stato dell’aria umida, quindi, è costante la massa di aria secca ma la massa
totale del sistema è variabile
Nella condizione limite di aria secca la massa sarà 1 kg, per ogni altra condizione la massa sarà pari
a 1 + x, ovvero 1 kg di aria secca + x kg di vapore.

Perché come variabile indipendente scegliamo l’Entalpia?


Perché nei sistemi chiusi, per trasformazioni isobare, l’entalpia è pari al calore scambiato
complessivamente.
Infatti, l’entalpia è una funzione di stato, il calore NO!

Convenzioni: il calore è positivo se fornito al sistema, il quale la riceve, il lavoro è positivo se


compiuto dal sistema verso l’esterno.

Primo principio della termodinamica (per sistemi chiusi),

Si usa il simbolo  per indicare il calore ed il lavoro infinitesimi scambiati per indicare che non si
tratta di differenziali esatti.

Definizione di Entalpia:


Per trasformazioni isobare

Per i fluidi è

Pertanto si ha:

Per trasformazioni isobare

Pertanto, per una trasformazione isobara dallo stato A allo stato B:

Non dipende dalla trasformazione, ma solo dallo stato iniziale e finale.

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A parità di stato iniziale e finale qualunque trasformazione isobara dà la stessa risultante del calore
scambiato, ovvero la stessa somma algebrica di tutte le quantità di calore scambiate.
La differenza di entalpia, dunque, non da tutte le informazioni sulle quantità di calore scambiate:
ce ne da solo la risultante, intesa come somma algebrica di quantità di calore positive e negative.
Solo per trasformazioni monotone corrisponde effettivamente al calore scambiato.

Per definire numericamente il valore dell'entalpia occorre, come per molte variabili di stato, definire
un valore numerico di riferimento (infatti l’energia interna di un sistema è definita a meno di una
costante).
In psicrometria si adotta la convenzione:
 Entalpia di valore numerico zero per l'aria secca nelle condizioni di temperatura di 0°C.
 Entalpia di valore numerico zero per il componente acqua (l'altra specie chimica, H2O,
ancora non diciamo vapore!) allo stato liquido, alla temperatura di 0°C.
Avendo posto lo stato di riferimento coi gradi centigradi, ci converrà esprimere sempre le
temperature in gradi centigradi. Indichiamo con t minuscola la temperatura espressa in gradi
centigradi, con la T maiuscola in gradi assoluti.

Per i componenti dell’aria umida si ha quindi:


 L'entalpia dell'aria secca

, , ,

cp,a calore specifico a pressione costante dell'aria secca.


 L'entalpia del vapore alla generica temperatura t
,
,
,
Partiamo dallo stato di riferimento dell'acqua liquida a 0°C, definiamo l'entalpia del vapore come la
quantità di calore necessaria prima a vaporizzare tutta quell'acqua, poi a portarla alla temperatura
desiderata
r0 = calore latente di vaporizzazione dell'acqua alla temperatura di 0°C. Unità di misura SI [J / kg],
unità tecniche [kcal / kg]
Calore Specifico (c): calore che deve essere scambiato con un’unità di massa per farne aumentare di 1 K la
temperatura, attraverso una determinata trasformazione. Unità di misura SI [J / kg K]
Attenzione: devo sempre specificare il tipo di trasformazione termodinamica a cui mi sto riferendo.
In particolare le trasformazioni termodinamiche usate come riferimento sono 2: l'isobara (p = kost; cp) e
l'isocora (V = kost; cv), ma ad ogni trasformazione corrisponde un valore di calore specifico compreso tra 
(isoterma) e 0 (adiabatica)

Capacità Termica (C) di un sistema: il rapporto fra il calore fornito e l'aumento di temperatura che ne è
derivato. Unità di misura SI [J / K].

La capacità termica è proporzionale alla quantità di materia. Dipende anch’essa dalla trasformazione.
Quando non è meglio specificato, generalmente, ci si riferisce a trasformazioni isobare.

 L'entalpia dell'aria umida per ogni unità di massa d'aria secca è:


, ,

Spesso come unità tecnica per l'energia si usa il Wh (wattora): l’energia espressa in kcal per 0,86
troviamo il valore in Wh (che quindi, per verifica, si può controllare che il valore sia leggermente
maggiore). Analogamente 1 kWh = 860 kcal.

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Il diagramma psicrometrico è un diagramma con Assi Cartesiani non ortogonali: in particolare


l'asse delle umidità specifiche non viene assunto perpendicolare all'asse delle entalpie, bensì
ruotato in modo che l’isoterma a 0°C sia ortogonale all’asse delle entalpie. Ciò comporta che il
semiasse delle umidità specifiche sia ruotato di circa 40° per formare un angolo ottuso con il
semiasse positivo delle entalpie.

 Le Linee Isoentalpiche: un fascio di rette parallele all'asse X, quindi inclinate di circa 40°.
 Le Linee a Umidità Specifica Costante, parallele all'asse J, quindi verticali.

Regola generale: le iso-X sono curve parallele all'asse Y, le iso-Y sono curve parallele all'asse delle
X.

N.B: le iso-J e le iso-x sono fasci di rette parallele, semplicemente perché sono queste le variabili
indipendenti rappresentate sugli assi.

Possiamo ora tracciare un'altra famiglia di curve, le Isoterme. Per tracciarle è sufficiente esplicitare
l’espressione dell’entalpia rispetto all’umidità specifica:
, ,
Nell’equazione in cui cp,a t è il termine noto, (r0 + cpv t) è il coefficiente angolare.

r0, cp,a, cp,v sono costanti: in generale, i calori specifici dipendono dalla temperatura (per i gas
perfetti, solo dalla temperatura), ma per un'isoterma cp,a e cp,v sono i calori specifici a pressione
costante alla temperatura considerata.
cp,a = 0.238 [kcal / kg °C] = 0.277 [Wh / kg °C]= 1.0 [kJ / kg K]
cp,v = 0.46 [kcal / kg °C] = 0.525 [Wh / kg °C] = 1.9 [kJ / kg K]
r0 = 595 [kcal / kg] = 625 [Wh / kg] = 2250 [kJ / kg K]

Si tratta di un fascio di semirette divergenti in quanto il coefficiente angolare aumenta con la


temperatura (oltre all’intercetta). Avendo scelto l’angolo tra gli assi in modo che la isoterma a 0°C
sia perpendicolare all’asse delle entalpie (altrimenti avrebbe pendenza “r0”), ne segue che le
isoterme a temperatura inferiore hanno pendenza negativa.
Alle temperature ordinarie, passando da zero a 30°C, il coefficiente angolare passa da 600 a 615
circa, dunque nel campo che c'interessa la variazione della pendenza non è particolarmente
rilevante, ma già su un diagramma psicrometrico si vede che la prima delle isoterme in alto arriva a
tagliare il bordo superiore a metà delle ascisse.

L’origine del diagramma, il punto 0,0, è quello dell'aria secca a 0°C, cui abbiamo attribuito
entalpia pari a zero.

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N.B. 2 - Sul bordo del diagramma, fuori campo, viene riportato il valore dell’umidità specifica, ma
non è questo l’asse delle x!

I numeretti che identificano il valore delle isoentalpiche sono rappresentati lontano dall’asse per
non “impicciare” il diagramma coi numeri, ma le isoentalpiche sono inclinate verso il basso di 40°,
come l'asse X.
Temperature: gli stati dell'aria che ci interessano arrivano fino a circa 45-50 [°C]
Scala delle Umidità Specifiche: gli stati dell'aria che ci interessano arrivano fino a circa 50  10-3
[kgv / kgas]
*in molti diagrammi i valori si leggono in grammi di vapore, ma quando facciamo i calcoli
dobbiamo convertire subito in kg.
Scala delle Entalpie: esiste una relazione biunivoca tra temperatura ed entalpia dell’aria secca,
quindi, una volta definite le temperature, i valori numerici delle entalpie sono definite. Il valore
massimo nel campo che c'interessa è circa 35 [kcal/kg].
Es: 40°C con 22 gv/kga di vapore è pari a circa 23 kcal/kg
N.B. 3 - Si usa riportare accanto a ogni isoterma il valore numero della temperatura
all’intersezione con l'asse J. Ciononostante, non si tratta dell’asse delle temperature, ma di quello
delle entalpie!
Mettendoli all'interno del diagramma confonderemmo tutto, per questo si portano i valori numerici
al bordo di quella linea.
Non dobbiamo fermarci all'isoterma 0°C, l'aria esiste anche a temperature inferiori: i diagrammi
comuni arrivano a -5°C. Chiaramente per temperature al di sotto di 0°C la pendenza delle isoterme
è negativa, il coefficiente angolare è inferiore al valore di 600 dell’isoterma a 0°C.
*Usualmente le isoterme sono riportate grado per grado.
Invece non ha senso parlare di umidità specifica negativa, per cui il diagramma si ferma a x = 0.

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Umidità Relativa
Umidità Relativa (U.R. o ur o ): rapporto tra la pressione parziale del vapore presente nell’aria
umida e la pressione di saturazione del vapore alla temperatura a cui si trova l’aria.
. .
La pressione del vapore è funzione dell'umidità specifica.
La pressione di saturazione, detta anche tensione di vapor d'acqua, è funzione solamente della
temperatura.
Infatti, dall'Equazione di Clausius-Clapeyron: un vapore in presenza del proprio liquido si trova
alla sua pressione di saturazione.

Immaginiamo di avere un cilindro con pistone mobile inizialmente pieno d’acqua, in un bagno
termostatico. Sollevando il pistone, il volume che non è occupato dall’acqua si riempie di vapore,
fino alla pressione di saturazione. Sollevando ulteriormente, altra acqua evapora, mantenendo il
vapore costantemente alla pressione di saturazione. Finché non sarà evaporato tutto il liquido, il gas
si manterrà alla pressione di saturazione.
- Finché siamo in presenza di liquido siamo nel campo dei Vapori Saturi.
- Nello stato in cui termina i liquido siamo in condizioni di Vapore Saturo Secco.
- Aumentiamo ancora il volume, in assenza di liquido passiamo nel campo dei Vapori Surriscaldati.

Dal momento in cui compare la fase vapore fino al momento in cui il cambiamento di stato non è
completo abbiamo la Coesistenza delle Fasi.
In queste condizioni il sistema contenuto nel cilindro è Monovariante -> esiste una corrispondenza
biunivoca tra pressione e temperatura data dalla Relazione di Clausius-Clapeyron: questa relazione
ci dà l'unica possibile condizione di equilibrio di coesistenza delle due fasi.
→ Se ci sono le condizioni per cui la trasformazione avviene in modo isobaro è anche isoterma e
viceversa.

Condizioni x Trasformazione Isoterma: bagno termostatico.


Condizioni x Trasformazione Isobara: lascio il pistone libero di scorrere e applico una forza
costante (es. ci metto sopra un peso).
→ Dunque si potrebbe ripetere tutto il ragionamento supponendo di fornire calore a un pistone
gravato da carico costante anziché sollevare gradualmente il tappo di un pistone in bagno
termostatico.

L’equazione di Clausius-Clapeyron definisce la relazione tra la pressione e la temperatura nel


passaggio da uno stato di aggregazione 1 a uno stato di aggregazione 2:

N.B. r  calore latente o di trasformazione associato al passaggio di stato di aggregazione è


funzione della temperatura

Esistono strutture matematiche più o meno precise che forniscono la relazione tra pressione di
saturazione e temperatura, altrimenti sono disponibili apposite tabelle dell'acqua.
Graficamente, le curve di transizione di stato di aggregazione sono rappresentate nel Diagramma di
Stato dell'Acqua: p-T, pressione – temperatura.

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- Individua tre zone di esistenza: solido, liquido e vapore. Le zone di coesistenza delle fasi sono
solo archi di curva.
- La curva di transizione liquido-vapore termina nel punto critico. Pressioni o temperature superiori
si passa da liquido a vapore con calore di trasformazione pari a zero.

Excursus
L'acqua ha una particolarità rispetto a (quasi) tutte le altre sostanze: la sua fase solida, il ghiaccio, ha densità
minore rispetto alla sua fase liquida.
Tutte le altre sostanze hanno fase solida che “va a fondo” del liquido, avendo densità maggiore, per cui il
ramo che separa la fase solida da quella liquida avrebbe pendenza positiva.
Se nel diagramma di stato dell'acqua ci mettiamo su quel tratto di curva, un aumento di pressione favorisce il
cambiamento di stato. Ovvero, se comprimo il ghiaccio, che ha volume specifico maggiore di quello del
liquido, favorisco la formazione di liquido, “costringendo” il ghiaccio a passare alla fase a volume specifico
minore.
Per le altre sostanze, invece, caratterizzate da solido più denso del liquido, un aumento di pressione non
favorisce il passaggio a stato liquido, anzi lo “addentra” ancora di più nella zona di esistenza del solido.
Comunque, in generale, le pendenze sono piccole rispetto alla verticale in quanto le variazioni di volume tra
solido e liquido sono modeste (quindi il denominatore dell’eq. di Clausius-Clapeyron è piccolo).

La linea di separazione tra liquido e vapore, compresa tra il punto triplo e il punto critico è quella di
maggiore interesse del diagramma. Fornisce le condizioni di temperatura e pressione per cui
coesistono le fasi liquida e vapore, ovvero la Legge Grafica di Clausius-Clapeyron, la curva delle
pressioni di saturazione in funzione della temperatura.
Analogamente, il ramo basso, in basso a sinistra del punto triplo fornisce il legame tra pressione e
temperatura per cui coesistono le fasi solida e vapore

Ricaviamo l'espressione della pressione parziale del vapore per mostrare che dipende solo
dall'umidità specifica
Ipotesi: consideriamo aria e vapor d'acqua dei gas perfetti
Affidabile nel campo che c'interessa in quanto la pressione di entrambi è inferiore a circa 1 bar
(ampiamente inferiore per il vapore), mentre le pressioni critiche sono pari a circa 220 bar per
l’acqua e circa 38 bar per l’aria.

Equazione di Stato dei Gas Perfetti:


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In cui R è la costante di elasticità della specie gassosa (pari alla costante universale dei gas perfetti
diviso la massa molare della specie).
Facendo riferimento a 1 kg di aria secca e x kg di vapore, che compongono l’aria umida, si ha:
ptot = pressione totale. Assegnata e costante.
V = volume totale occupato dal miscuglio:, da 1 + x kg di miscuglio, quindi dall'unità di massa
dell'aria secca, non dall'unità di massa di aeriforme.

La ptot è data dalla somma delle pressioni che i due singoli composti avrebbero se occupassero
tutto il volume disponibile (pressioni parziali). Quindi:

dove:
pa = pressione parziale dell'aria secca
ma = massa d'aria secca = 1 kg d'aria secca
Ra = costante di elasticità dell'aria secca

dove:
pv = pressione parziale del vapore
mv = massa di vapore = x kg d'aria secca
Rv = costante di elasticità del vapore




*la seconda è per ricordare meglio, dato che somiglia all'equazione di stato dei gas perfetti.



*da ora in poi per ricordare che V/ma è il volume specifico dell'aria umida per unità di massa d'aria
secca, quindi non un vero e proprio volume specifico, lo chiamerà vau*

Ricavando T/V dall’espressione dei gas perfetti per il vapore si ha:




Da cui:

Ra = 285 [J / kg K]
Rv = 461 [J / kg K]

0.622

Nel campo di interesse x < 0.05, quindi la relazione tra pressione parziale e umidità specifica è
quasi lineare.

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In alcuni diagrammi psicrometrici, lo pseudo asse delle x, al bordo inferiore del diagramma, è
utilizzato come asse effettivo per rappresentare la legge di variazione delle pressioni parziali in
funzione dell'umidità specifica.
L'asse delle pressioni parziali del vapore è in basso a destra poiché quella è la parte più sgombra da
segni del diagramma.
Abbiamo dunque una curva (che per il nostro campo d'interesse è praticamente una retta) di
pressione parziale del vapore in funzione dell'umidità specifica che delimita questo diagrammino
ausiliario.

Si usa esprimere le umidità relative in percento, ma i suoi valori veri vanno da 0 a 1.


1 (=100%) è quando la pressione parziale del vapore eguaglia quella di saturazione alla temperatura
a cui si trova.
0 (= 0%) è nella condizione limite di aria secca.
In percento ci da in un certo senso il Grado di Saturazione dell'aria. È un numero puro,
adimensionale.

Per costruire la curva U.R. 100% sul diagramma:


‐ ad ogni temperatura è associata la pressione di saturazione;
‐ la pressione di saturazione è pari alla pressione parziale del vapore;
‐ alla pressione parziale del vapore è associata l’umidità specifica;
‐ individuo l’intersezione tra l’isoterma e l’umidità specifica corrispondente a U.R. 100%.
Unendo i punti sulle diverse isoterme posso costruire la curva a U.R. 100%.

Per costruire una curva a U.R. costante sul diagramma:


‐ scelgo l’U.R.
‐ ad ogni temperatura è associata la pressione di saturazione;
‐ la pressione parziale del vapore è pari all’U.R. per la pressione di saturazione;
‐ alla pressione parziale del vapore è associata l’umidità specifica;
‐ individuo l’intersezione tra l’isoterma e l’umidità specifica corrispondente alla U.R. scelta.
Unendo i punti sulle diverse isoterme posso costruire la curva a U.R. costante.

Osservazioni:
1 – Notiamo che scendendo con l'umidità relativa ci si avvicina asintoticamente all'asse delle x = 0,
ovvero all'aria secca. In particolare, la curva Umidità Relativa 0% coincide con la linea retta
corrispondente a Umidità Specifica = 0 kgv/kgas (che poi coincide con l'asse J), ovvero col luogo dei
punti dell'aria secca.

2 - Notiamo che alle basse temperature le curve sono molto più vicine che alle alte: questo vuol dire
che alle basse temperature per saturare l'aria di vapore occorre poco vapore, in valore assoluto.
All'aumentare della temperatura è sempre maggiore la quantità di vapore che devo somministrare
all'aria secca per portarla in condizioni di saturazione, quindi c'è più distanza tra le curve a umidità
relativa costante

Oltre la curva Umidità Specifica 100% vengono prolungate le isoentalpiche ma non ci sono stati di
equilibrio dell'aria umida, quindi tutti gli stati di equilibrio e le trasformazioni dell'aria umida
possibili sono compresi tra le curve umidità relativa 0 e 100%.

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La zona oltre l'umidità relativa 100% è detta Zona delle Nebbie: rappresenta aria in condizioni
instabili, ovvero che contiene una quantità di vapore superiore a quella massima che potrebbe
contenere in condizioni di saturazione.
Dunque, è vapor d'acqua che si trova in condizioni di sovrasaturazione e basta una qualunque
sollecitazione (meccanica, acustica...) perché l'eccesso di vapor d'acqua presente nel miscuglio
condensi e precipiti.

Il Diagramma Ausiliario del Volume Specifico

Accanto al diagramma psicrometrico troviamo un Diagramma Ausiliario: in ascissa abbiamo


umidità relativa, dallo 0% al 100%. Questo diagramma ausiliario serve solo per evitare di fare dei
calcoli leggendo direttamente i valori sul diagramma.
Serve a calcolare il volume specifico (N.B. vau* - volume specifico dell’aria umidità per unità di
massa di aria secca) rappresentato da un certo punto sul diagramma psicrometrico.
A seconda del contenuto igrometrico il volume specifico è diverso: in particolare sappiamo che il
volume specifico cresce con l’umidità specifica e con l’umidità relativa.

Utilizzo:
- Prolunghiamo l’isoterma dallo stato considerato fino al bordo destro del diagramma
ausiliario.
- Da questo punto si segue il segmento secondo la sua inclinazione.
- Ci si interrompe al valore di umidità relativa dello stato considerato.
- Si prosegue perpendicolarmente fino all’asse dei volumi specifici, dove si legge il volume
specifico dello stato considerato.

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Notiamo che nella condizione di aria secca il valore corrisponde all’estremità sinistra del
diagramma ausiliario, mentre per aria satura, a umidità relativa 100% trovo il valore all’estremità
destra del diagramma ausiliario, quindi non seguo il segmento inclinato. Appena si scende seguendo
la retta inclinata fino a un’umidità relativa minore, si ottengono minori volumi specifici, a parità di
pressione e temperatura.
Questa è una sorta di verifica: ci mostra che ad aria più secca corrisponde volume specifico minore
e viceversa.
N.B. vau* - volume specifico dell’aria umidità per unità di massa di aria secca

Il diagramma ausiliario si può utilizzare anche in modo inverso: individuare la temperatura


corrispondente ad uno stato assegnato di volume specifico e umidità relativa:
- Interseco ascissa = umidità relativa e ordinata = volume specifico.
- Seguo la linea a volume specifico costante fino all’estremità destra del diagramma
ausiliario.
- Leggo la temperatura dell’isoterma in questione.

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Le Linee a Volume Specifico Costante: sono quasi delle rette.


Le potremmo costruire seguendo questa regola: un andamento di volume specifico costante sarebbe
dato da:





Se aumenta x, deve aumentare anche il secondo termine  la temperatura deve diminuire.

È chiaro che se così non fosse, iniettando vapore in un sistema che non può cambiare volume, la
pressione tenderebbe a crescere. Se vogliamo tenerla costante e allo stesso tempo tenere costante il
volume, la temperatura deve diminuire.

Ricapitoliamo:
- Se la temperatura è assegnata, al volume specifico più basso corrisponde la condizione di aria
secca.
- Quando si aggiunge vapore all’aria secca, a parità di temperatura il suo volume specifico aumenta.

I Segmenti Ausiliari

Premessa: questi segmentini sono tutti orientati in modo tale che se io li prolungassi,
convergerebbero nel punto di coordinate entalpia = 0, umidità specifica = 0

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(è un punto di riferimento geometrico, non ha nessuna importante come significato fisico, esistono
anche rappresentazioni diverse).

Valori:
- Il segmento verticale in alto ha valore 1: è un segmento limite. Questo valore sul diagramma
NON è riportato.
- Il segmento orizzontale ha valore zero, corrisponde all’isoterma 0°C. Le varie inclinazioni
delle semirette fino all’orizzontale hanno dunque valori decrescenti da uno a zero.
- Andando oltre passiamo ai numeri negativi: troviamo un – 0.075.
- Poi diminuisce sempre più rapidamente fino a -5.
- C’è poi una inclinazione particolare: la stessa delle rette isoentalpiche. Si ha prolungando
l’isoentalpica a 0°C corrispondente al valore .

Questi valori rappresentano il rapporto R = Calore Sensibile (Qsens) / Calore Totale (Qtot)

Ma cosa significano calore sensibile e calore totale?


Il calore totale scambiato, se noi abbiamo una massa di aria che passa da uno stato A a uno stato B,
è la differenza di entalpia tra i due stati: JB – JA.
Non dipende dalla specifica trasformazione seguita: qualunque sia la trasformazione seguita
(isobara in quanto rappresentata sul diagramma) JB – JA non cambia.

In particolare possiamo considerare una trasformazione composta da due “sottotrasformazioni”:


- Una verticale, dove varia la temperatura ma non il contenuto di vapore (l’umidità specifica)
della nostra massa d’aria
1° Trasformazione: x = costante = xA; T passa da TA a TB.
- Una isoterma, nella quale il sistema passa dallo stato C allo stato finale B. Non c’è
variazione di temperatura, ma solo aumento dell’umidità specifica.
2° Trasformazione: T = costante = TB; x passa da xA a xB.

Calore Sensibile: la quantità di calore somministrata al sistema per portarlo, lungo la prima
trasformazione, dalla temperatura TA alla temperatura TB, quello proporzionale alla variazione di
temperatura. La sua espressione è…
Qsens = ca (TC – TA) + xA cv (TC – TA)
dove:
xC = x A
TC = TB
ca = calore specifico a pressione costante dell’aria secca
cv = calore specifico a pressione costante del vapore
La variazione di entalpia ad esso associata è JC – JA
→ Qsens = JC – JA = ca (TB – TA) + xA cv (TB – TA) = (ca + xA cv) (TB – TA)

Excursus/Memo/Precisazione: (ca + xA cv) = Calore Specifico dell’aria umida per unità di massa di aria
secca, quindi non è un vero calore specifico, che sarebbe invece per unità di massa di miscuglio, ovvero per
kg di aria umida.
Questo invece è per 1 + x kg di aria umida, composti da 1 kg di aria secca + x kg di vapore.
Faremmo meglio a chiamarlo “capacità termica”, perché non è esattamente riferito all’unità di massa.

Il calore sensibile si ripartirà nelle proporzioni di ca (TB – TA) per innalzare la temperatura dell’aria secca e di
xA cv (TB – TA) per innalzare la temperatura del vapore.

ca e cv sono le quantità di calore che servono per innalzare di un grado l’unità di massa rispettivamente di
aria secca e di vapore.

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Il calore specifico NON è una funzione di stato, in quanto dipende anche dalla trasformazione! Può
assumere valori, in certe condizioni, che vanno da meno infinito a più infinito!
ES: in una trasformazione con cambiamento di fase, in cui l’acqua passa da fase liquida a fase vapore, il
calore specifico va a più infinito.

Ricordiamo infine che il discorso vale anche per l’Entalpia dell’Aria Umida: l’entalpia di una quantità di
sostanza costituita da 1 kg di aria secca + X kg di vapore.

Il calore sensibile si chiama così perché è quello che si “sente” come variazione di temperatura.
Quando invece si cambia di stato, passando dallo stato liquido allo stato vapore, con una
trasformazione isobara, QUINDI anche isoterma, si modifica lo stato d’aggregazione.
Il calore fornito per fare ciò si chiama Calore Latente, perché non se ne sentono gli effetti, perché
non si manifesta con una variazione di temperatura ma solo col cambiamento dello stato di
aggregazione, è “nascosto”.

*Calore latente di vaporizzazione dell’acqua a 0°C = 595 kcal/kg

Qlat = JB – JC = (r0 + cv TB) (xB – xA)


*Ricordiamo che r0 + cv TB sarebbe l’entalpia del vapore per unità di massa DI VAPORE!
Moltiplichiamo l’entalpia per unità di massa proprio per una (variazione di) massa.

Questa variazione di entalpia è associata al passaggio, lungo una trasformazione isoterma, dallo
stato C allo stato B, trasformazione nella quale l’aria si arricchisce solo di vapore, non varia la
sua temperatura. Ad essa si attribuisce il significato di calore latente.

Calore Totale = JB – JA = JB – JC + JC – JA = Qlat + Qsens

Ricapitoliamo: andando da A a B, seguendo prima la trasformazione AC e poi la CB, nel primo


tratto variando la sola temperatura e non l’umidità specifica viene fornito il calore sensibile, nel
secondo tratto variando solo il contenuto di vapore dell’aria ma non la temperatura viene fornito il
calore latente.

Ora che abbiamo capito il significato dei vari termini, possiamo innanzitutto osservare che:
1
1

Passiamo ora ad esaminare come varia questo rapporto per le varie trasformazioni che possiamo
tracciare sul diagramma psicrometrico.

1) Aumento sia di temperatura che di umidità specifica, pendenza forte.


Andiamo da sinistra a destra, dal basso verso l’alto: i calori (Qsens e Qlat) saranno dunque positivi.
C’è però da notare che più la trasformazione è prossima alle iso-x (rimanendo sempre inclinata
verso destra) meno conta il contributo del calore latente, rispetto a quello del calore sensibile.
Una trasformazione verticale, a unità specifica costante, avrà dunque R = 1, Qlat = 0 e Qsens finito
proporzionale al salto di temperatura compiuto.

2) Aumento sia di temperatura che di umidità specifica, pendenza debole.


Man mano che l’inclinazione scende, da 1 scendiamo verso 0: conta meno il calore sensibile e più il
calore latente, più R si avvicina allo zero.

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Se il latente ha più importanza rispetto al sensibile, infatti, abbiamo il termine Qlat/Qsens al


denominatore cresce!

3) Trasformazione isoterma.
Quando la trasformazione è circa orizzontale e quindi isoterma, il calore latente è TUTTO, il calore
sensibile è zero, il calore totale coincide col calore latente.
R è pari a zero.
Ciò corrisponde a una trasformazione a pendenza nulla.

Finora abbiamo avuto aumento di temperatura e aumento di umidità specifica: andando oltre questa
pendenza passiamo a…
4) Diminuzione di temperatura e aumento di umidità specifica, pendenza minore (in valore
assoluto) a quella delle isoentalpiche.
Siamo ancora a pendenze negative modeste  il modulo del calore latente è maggiore di quello del
calore sensibile.
Abbiamo quindi un numeratore negativo e un denominatore globalmente positivo → R è negativo.
Quando la pendenza negativa è molto limitata il sensibile negativo è molto piccolo, il latente
positivo invece è grande, perciò R è negativo.

Via via che questa pendenza negativa aumenta (in modulo), avremo che aumenta il calore sensibile
in proporzione al latente, pur essendo più piccolo di esso. I due valori dei moduli si avvicinano, il
valore negativo di R sale di modulo molto velocemente, fino a pendenze che si avvicinano a quella
delle isoentalpiche…

5) Pendenza Negativa delle Isoentalpiche.


Arriviamo alla nostra “pendenza particolare”: quella delle isoentalpiche.
Se considero una trasformazione isoentalpica, ed immagino di scomporla in due trasformazioni, una
ad umidità specifica costante (dove viene fornito Qsens) ed una isoterma (Qlat), la somma delle
differenze di entalpia associate alle due trasformazioni dovrà necessariamente dare zero.
Ciò significa che calore latente e calore sensibile sono uguali in modulo ma di segno opposto.
Abbiamo dunque R con denominatore pari a zero -> va a infinito!

Ma a più o meno infinito?


- Se ci stiamo avvicinando alla pendenza delle isoentalpiche provenendo da inclinazioni
appena inferiori, la somma Qsens + Qlat tende a zero, ma provenendo da valori comunque
positivi. Ciò perché il calore latente (positivo) è comunque più grande del sensibile
(negativo), anche se di poco → R tende a -
- Passati oltre l’inclinazione delle isoentalpiche, avendo dunque una pendenza appena più
ripida di quella delle isoentalpiche, il calore sensibile (negativo) sarà un po’ più grande del
latente (positivo), quindi al denominatore avremo una somma negativa, seppur molto
piccola. Essendo il numeratore negativo (è il calore sensibile) → R tende a +

6) Diminuzione di temperatura e aumento di umidità specifica, pendenza superiore a quella


delle isoentalpiche.
Vicino all'isoentalpica abbiamo dunque valori molto alti. Andando oltre, man mano che il calore
latente perde di importanza rispetto al calore sensibile, R ritorna a 1.

Ricapitoliamo:
Procedendo in senso orario dalla porzione alta del diagramma, R va da 1 a 0, poi scende a valori
sempre più piccoli, fino ad arrivare a meno infinito.

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Isoentalpica, per cui calore sensibile e latente si compensano.


Superata l'inclinazione delle isoentalpiche da più infinito riscende fino a 1.

N.B: i valori di R esaminati fin qui NON dipendono dal verso della trasformazione, ma solo dalla
pendenza, per cui superato il “mezzo giro” si ripetono.
E' chiaro che i valori di R rimangono uguali, ma calore sensibile e latente cambiano segno!

*Poiché consideriamo sistemi aperti, non è vero in generale che un’isoentalpica sia adiabatica. In
un'isoentalpica ci possono essere scambi di calore e di vapore che si compensano.

A questo punto abbiamo capito il significato di R: che cosa ci facciamo?


Se conosco la quantità di calore sensibile che viene fornita ad una massa d’aria e la massa di vapore
che viene iniettato (ovvero quanto calore latente), posso individuare, dallo stato iniziale a cui si
trova questa massa d'aria, lungo quale trasformazione evolverà l'aria partendo dal suo stato iniziale.
 Individuo il rapporto R per questo caso specifico (posso farlo se conosco Qsens e Qlat)
 So dunque la pendenza su cui muovermi: la cerco sul diagramma (se non c'è quel valore
preciso interpolerò)
 Con la squadra riporto la suddetta pendenza sul punto corrispondente allo stato iniziale.
*Le pendenze ricavate dalla graduazione grafica sul diagramma vanno traslate: infatti il fatto che
convergano nel punto (0,0) non ha nessun senso fisico, avrei potuto riportarmi queste pendenze
anche a parte dal diagramma psicrometrico e non sarebbe cambiato nulla!

Quelli sulla retta identificata sono i possibili stati che l'aria può assumere se riceve calore sensibile
e calore latente in quel rapporto.

 A questo punto di che altre informazioni abbiamo bisogno per identificare esattamente il
punto finale? La massa d’aria interessata, per poter calcolare la variazione di una delle
grandezze (x, J o T). Abbiamo i valori del calore sensibile e del calore latente, quindi
sappiamo di quanto dobbiamo spostarci sulla retta così individuata.
*sono sufficienti due dati tra calore sensibile, latente e totale.

ANTICIPAZIONE: La Retta d'Introduzione


Carichi sensibili: calore che tende a variare la temperatura del mio ambiente.
ES: apporti di calore in estate
Carichi latenti: sviluppo di vapore nel mio ambiente.
ES: il vapore emanato dalle persone
Stato dell'Ambiente: le sue temperatura ed umidità specifica, identificati sul diagramma

Quando all'aria, opportunamente pretrattata, immessa in un ambiente viene affidato il compito di


neutralizzare i carichi sia sensibili che latenti, se conosco lo stato nell'ambiente che voglio
mantenere grazie ad essa...
 Se il carico fa aumentare la temperatura e umidità specifica dell'ambiente dovrò introdurre
aria a temperatura e umidità specifica più basse di quelle che voglio mantenere.
 Viceversa se il carico fa diminuire temperatura e umidità specifica (N.B. condizioni quasi
impossibili in ambienti civili), dovrò introdurre aria con temperatura e umidità specifica più
alte.

...ma in che proporzioni?


 Conosco Qsens e Qlat → conosco R

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 Individuo sul diagramma psicrometrico la Retta d'Introduzione, ovvero il luogo dei punti
dove si trova lo stato d'aria da iniettare per neutralizzare i carichi assegnati.
 Traslo la pendenza del mio R sul punto A
...ecco le proporzioni. Ma andiamo oltre:
 Se i carichi sono positivi scendo, altrimenti salgo
 Dove mi fermo? Di certo non posso MAI andare oltre la curva umidità relativa 100%,
altrimenti andrei a finire nella zona delle nebbie.

Quanto scendere dipenderà da quale massa d'aria voglio introdurre nell'unità di tempo: se mi
allontano molto dal punto A potrò permettermi di introdurre, nell'unità di tempo, masse d'aria
minori e viceversa.

* se introducessi aria in uno stato che non si trova sulla retta a pendenza R: neutralizzerei troppo
uno tra calore sensibile e latente e troppo poco l'altro. Solo con pendenza R riesco a neutralizzare i
due carichi nelle proporzioni giuste.

Il Calore Sensibile è il calore che fa variare la temperatura del fluido che lo riceve.
La variazione di entalpia ad esso associata è la quantità di calore sensibile che la massa di aria
umida deve cedere o acquistare, a umidità specifica costante, per compiere un certo salto termico,
per unità di massa di aria secca.

Nel diagramma psicrometrico traccio la parallela passante per A alla retta R (con pendenza R), la
Retta d'Introduzione: questa retta determina i punti caratteristici dello stato dell'aria da introdurre
nell'ambiente per neutralizzare i carichi ricevuti Qs e Ql, mantenendo le condizioni in A.

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 Se introduciamo aria corrispondente a punti sotto A vuol dire che dobbiamo contrastare un
Qs positivo (introduciamo aria a T minore) e un Ql positivo (introduciamo aria a umidità
specifica minore);
 Se introduciamo aria corrispondete a punti sopra A vuol dire che dobbiamo contrastare un
Qs negativo (introduciamo aria a T superiore) e un Ql negativo (introduciamo aria a umidità
specifica superiore).
*Un Ql negativo indicherebbe condensazione di vapore: questo è molto insolito se non in ambienti
specifici.

Per determinare la portata necessaria:



dove:

A parità del carico Qs al diminuire della portata deve aumentare il salto termico e viceversa.

La Portata Minima è definita dal punto di intersezione della retta d'introduzione con la curva a
U.R. 100% o con l'asse delle J (x=0), che definisce la temperatura minima di introduzione.
Per temperature inferiori sarebbe necessaria aria più che satura (U.R. > 100%) o con umidità
specifica negativa (x<0). Entrambi tali condizioni sono impossibili.
Chiaramente questa Tmin varia al variare di R, perché varia la pendenza della retta di introduzione e
quindi l’intersezione con U.R. 100% o con x = 0.

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Richiami di Fisica Tecnica e Proprietà termoigrometriche delle


pareti

Conduzione attraverso una lastra piana indefinita


Te: temperatura esterna
Ti: temperatura interna
s: spessore della lastra
k = conducibilità termica interna: in generale è funzione della T e dell'intorno del punto (è un
parametro locale).
dS: superficie dell'elementino infinitesimo, con direzione ortogonale
Postulato di Fourier:

per cui T=T(x, y, z, t)

indicando con  l’angolo fra la normale alla superficie e il vettore gradiente di T si ha per la regola
del prodotto scalare:
∙ cos

dove cos   dS è la proiezione della superficie ortogonalmente al vettore gradiente di T, cioè la


superficie “che si lascia attraversare dal flusso termico”.

Ne deriva l'Equazione di Fourier:


1

dove qv è la sorgente/pozzo di calore per unità di volume, ossia gli scambi di calore che non
derivano da trasmissioni attraverso la superficie del sistema (es. irraggiamento) o che derivano da
dissipazione di lavoro (es. effetto Joule).
*Il termine qv va considerato solo se c'è produzione di calore all'interno.

Questa equazione è ottenuta con riferimento alle seguenti ipotesi sulla conducibilità termica k:
 Indipendente dal punto (materiale omogeneo)
 Indipendente dalla direzione (materiale isotropo)
 Indipendente dalla stato termico del materiale;
→ deve essere quindi assolutamente costante.

Il termine α indica la Diffusività Termica Interna (a volte indicata con D).


Nel caso di lastra piana si ha un Campo Termico Monodimensionale: T varierà solo lungo l’asse x
ortogonale alle superfici limite della lastra e le superfici isoterme saranno dei piani paralleli alle
stesse. Le linee di flusso saranno invece parallele all'asse x.
Infatti, l’equazione di Fourier diventa:
0
Cui corrisponde una legge lineare della T all'interno della lastra.
Sulle facce limite si presentano dei gradienti termici dovuti agli strati limite instaurati dai moti
convettivi esterni.

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Trasmittanza


Dove, per una lastra piana monostrato:
1
1 1
/
espressa in oppure in
°

Trasmittanza H: la quantità di calore che nell'unità di tempo attraversa un elemento di superficie unitaria in
presenza di una differenza di temperatura unitaria tra interno ed esterno. È quinti, il coefficiente di
proporzionalità tra flusso termico specifico e differenza di temperatura.

I passaggi per arrivare alla trasmittanza:


Nella lastra, dall’integrazione del postulato di Fourier, si ha:

In cui, T' e T'' sono le temperature delle facce (diverse dalle temperature dell’aria interna ed
esterna).

Lo scambio tra la superficie della lastra e l’ambiente adiacente avviene per adduzione, ossia per
effetto combinato di convezione e irraggiamento.

Le potenze specifiche scambiate per adduzione all’esterno e all’interno sono rispettivamente:


,
,
In regime stazionario si ha :
, .
NON si devono assolutamente sommare.

Isolando i T e poi sommando membro a membro le 3 equazioni si ha:

da cui, risolvendo si ha l'espressione della trasmittanza termica H.

La superficie di bordo deve poter essere considerata perpendicolare e adiabatica; in particolare


ogni lastra piana finita che presenti una superficie di bordo avente queste caratteristiche può essere
trattata una lastra indefinita.
In caso la superficie di bordo non presenti le suddette caratteristiche si avranno degli effetti di
bordo, ovvero delle perturbazioni al campo termico in corrispondenza dell'interfaccia della parete
con le porzioni di involucro adiacenti.

Per una parete multistrato si avrà:


1
1 1

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Radiazione solare
Lo Spettro della radiazione solare appena fuori dall’atmosfera, è PROPORZIONALE allo Spettro
d’Emissione di un corpo nero a circa 5500 K, ma con un bel coefficiente di proporzionalità.
Quindi qualitativamente lo spettro d’emissione del corpo nero a 5500 K riproduce bene quello
d'incidenza del sole, ma quantitativamente no!
Perché?
Lo spettro di emissione di un corpo è riferito alla superficie di emissione, a contatto con essa.
L’energia raggiante emessa dal sole si propaga radialmente, ovvero in modo uniforme in tutte le
direzioni. Per questo motivo allontanandomi diminuisce la Densità di questa energia raggiante,
perché l’energia si distribuisce su superfici sferiche che crescono col quadrato della distanza dal
sole.

L’energia solare che arriva a noi è ridotta del rapporto tra la superficie solare e la superficie di
una sfera di raggio = distanza sole-terra.

Irraggiamento integrale (potere emissivo globale) di un corpo nero a 5500 K:


5.67 ∙ 10 ∙ 5500 5 188 404 375 [W/m2] = 5.188 [MW/m2]
Costante Solare: circa 1450 [W/m2], potenza raggiante solare che incide su una superficie di
captazione posta fuori dall’atmosfera, ampia 1 m2, diretta ortogonalmente al sole.

-> Conclusione: lo spettro di emissione solare e di incidenza sull’atmosfera terrestre hanno lo stesso
andamento, quello che cambia sono i valori numerici delle ordinate. D’ora in poi faremo riferimento
allo Spettro d’Incidenza.

Spettro d’Assorbimento dell’Atmosfera


Possiamo definirlo (in modo inesatto) “Spettro di Trasparenza dell’Atmosfera al Suolo” ovvero
quella parte di radiazione che riesce ad attraversare l’atmosfera e ad arrivare al suolo.

Al suolo arriva chiaramente meno energia di quanta ne arriva alla parte superiore dell’atmosfera,
tant’è che nelle migliori condizioni atmosferiche la radiazione al suolo è pari a circa 1000 W/m2,
contro i 1450 W/m2 fuori dall’atmosfera.
(Il resto viene in parte assorbito, in parte rinviato e in parte diffuso)

Selettività dell’Atmosfera: quanto passa, quanto viene assorbito, quanto viene rinviato, dipende
fortemente dalla lunghezza d’onda.

Se infatti rappresentiamo lo Spettro al Suolo, vediamo che è estremamente frastagliato: ciò significa
che, anche per piccole variazioni della lunghezza d’onda, il comportamento cambia molto.

Se ci sono le nuvole arriva comunque energia raggiante di origine solare, al suolo, ma sotto forma
di Radiazione Diffusa.

Lunghezze d’onda:
0,4 micron = violetto, sotto c’è l’ultravioletto.
0,7 micron = rosso, oltre c’è l’Infrarosso, il campo che ci interessa, ovvero quello in cui emettono i
corpi alle temperature ordinarie.

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Posizione Solare e Potenza Incidente


La posizione del Sole rispetto alla terra si ottiene individuando due angoli: l’Angolo Azimutale e
l’Angolo di Altezza Solare.

Azimut (): angolo che forma un piano verticale contenente il Sole con il piano verticale in
direzione Nord. N.B. Nelle applicazioni relative all’energia solare è frequente utilizzare l’azimut
riferito alla direzione Sud in quanto semplifica alcune equazioni.

Altezza (): angolo formato dalla direzione apparente del sole con il piano orizzontale.

Angolo d’Incidenza (): angolo compreso tra la normale alla superficie e la direzione apparente del
sole.
Quando beta vale zero si ha l’Incidenza Normale, ovvero l’orientamento migliore della superficie
per ottenere la massima potenza raggiante incidente sulla superficie stessa.

Usualmente, per le medie latitudini dell’emisfero boreale, per dimensionare gli impianti di
climatizzazione, si fa riferimento al 23 Luglio, cui si riferiscono i valori normalmente disponibili
nelle tabelle dei fattori di accumulo e delle differenze di temperatura equivalenti.

Spieghiamo: a mezzogiorno (solare, non quello convenzionale dato dalla scelta di fuso orario), il sole si trova
proprio sul piano Sud. Quindi, per pareti esposte a Sud, in tale istante l’angolo di altezza solare () coincide
con l’angolo di incidenza della radiazione ().

Esempio: Potenza [W/m2] in funzione delle ore (23 Luglio, giornata serena, latitudine 40° Nord).

Notiamo che la radiazione:


- Per Orientamento Orizzontale e atmosfera standard, ha andamento simmetrico rispetto alle 12.
- Per Esposizione Sud anche, ma i valori sono molto più bassi.

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Spieghiamo: se Woriz è la potenza incidente su superficie orizzontalmente e Wsud è quella per superficie
orientata a Sud, si ha:
∙ cos

∙ cos ∙ sen 
2
Poiché in estate, con latitudine 40°, l’altezza solare al mezzogiorno è pari a circa 70°, con
radiazione su superficie perpendicolare pari a 850 W si ha:
- su superficie orizzontale alle ore 12 è Woriz 750 W/m2;
- su superficie verticale esposta a Sud alle ore 12 è Wsud 270 W/m2.
Nonostante l’azimut sia 180° (riferimento Nord), che massimizza la radiazione incidente a Sud, la
superficie verticale esposta a Sud sarà comunque meno irraggiata di quella orizzontale.

- Esposizione Est: ha un massimo alle ore 8 e un minimo alle ore 12, alle quali il Sole tramonta,
rispetto all’esposizione Est.
Tuttavia la potenza incidente non si annulla, poiché data dall’Irraggiamento Diretto + Irraggiamento
Diffuso della volta celeste. Dalle ore 12 in poi resta il diffuso.
(In particolare l’irraggiamento diffuso aumenta per giornate nuvolose, mentre nelle giornate serene
il diretto supera il diffuso).
- Esposizione Ovest: ha andamento simmetrico alla Est rispetto al mezzogiorno.
- Esposizione Nord: al sorgere del sole molto modesta, così come al tramontare, ha componente di
sola luce diffusa per tutto il giorno. Quindi, a parte la prima e l’ultima ora, si mantiene nei termini
di luce diffusa.

In inverno la situazione si ribalta.


D’inverno l’altezza solare al mezzogiorno è bassa (circa 25° per latitudine 40°) quindi l’angolo
d’incidenza è alto per la superficie orizzontale, ma è basso per il fronte sud. Quindi, per esposizione
Sud, la potenza incidente è superiore in inverno.

Tutto ciò interessa nel calcolo dei carichi termici: è quindi possibile che un ambiente potrebbe avere
un fabbisogno di raffreddamento superiore in inverno.

Interazioni fra Energia Raggiante e Superfici Perimetrali di un Ambiente Confinato


Temperatura Fittizia al Sole: temperatura che dovrebbe avere l’aria esterna per determinare la
medesima sollecitazione termica dovuta all’effetto combinato della radiazione solare e della
temperatura effettiva dell’aria esterna.
La parete di un edificio esposta direttamente al sole è un tipico caso in cui non si può ridurre lo scambio
termico alla sola adduzione, dato che l’intensità della radiazione solare NON dipende dalla temperatura
esterna.

Considerata la superficie limite esterna della parete, poiché non ha una capacità termica, la potenza
raggiante assorbita dalla parete è pari alla somma di quella trasmessa per conduzione verso l’interno e per
adduzione verso l’esterno (convezione con l’aria e irraggiamento con tutte le altre superfici che la
circondano, compresa la superficie fittizia associata al cielo):

- Definiamo:
I = potenza raggiante solare che incide sull'unità di superficie esterna della parete esposta.
a = coefficiente d'assorbimento globale per la radiazione solare della parete.
- Supponiamo che la parete sia opaca, perciò t = 0, che a + r = 1.

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Da cui:

1

1 1



1 1

Pertanto la temperatura fittizia al sole è così definita:


Quindi:

N.B: per dare senso a questa approssimazione si deve supporre che la potenza incidente non riflessa
debba essere assorbita da uno strato superficiale molto sottile, al limite dalla superficie stessa
(quindi è indicata per lastre estremamente opache, ovvero di materiali con costanti di assorbimento
molto elevate).
Si suppone che la potenza venga tutta assorbita in uno spessore piccolo, al limite nullo e quindi pari
alla superficie d’incidenza; o ingegneristicamente che lo spessore di parete sia molto maggiore a
quello necessario per rendere opaca la parete.

Notiamo che: la temperatura fuori è la stessa, la temperatura di parete sale, la pendenza della
temperatura dentro la parete sale perché cresce la differenza di temperatura tra le superfici limite.

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Una classificazione grossolana delle pareti, per determinare quanto assorbono, le suddivide in pareti
chiare, medie e scure. Il loro colore è grossolanamente ciò che distingue quanto assorbono.

Regime Non Stazionario – Periodico Stabilizzato


La temperatura esterna ha una variazione di periodo 24 ore: abitualmente è descritta mediante la
temperatura massima e l’escursione termica giornaliera (cioè la differenza tra la massima e la
minima temperatura nel periodo).
Generalmente, il valore massimo di temperatura si ha alle ore 15.

Per le pareti dovremmo utilizzare le soluzioni in regime non stazionario. Uno studio di base ci aiuta
a capire un po’ il fenomeno di comportamento in regime non stazionario, precisamente quello di
Regime Periodico Stabilizzato.
Es.

, sen 2
2
Dove:
0 sono le 24 ore, ovvero il periodo dell'oscillazione.
e è l’escursione termica giornaliera esterna
0 è la fase (che determina il massimo alle 15)

Per parete di spessore infinto con diffusività termica  si ha:


, , sen 2
2
Possiamo riscrivere come:
, , ∙ ∙ sen 2
2

Sostituendo nell’equazione del flusso termico specifico attraverso la parete, assumendo la


temperatura interna costante, in prima approssimazione si ha:
≅ , , , , ∙ ∙ ∙ sen 2
2
Dove:
Il primo termine è il flusso termico che si avrebbe in condizioni di regime se la temperatura esterna
fosse costantemente pari al valore medio.
Il secondo termine è il flusso termico determinato dalla differenza di temperatura che si avrebbe
sulla superficie limite interna in relazione all’ampiezza di oscillazione (e) all’esterno.
 = sfasamento, Ritardo di Fase
 = Smorzamento < 1.

Comportamento delle Pareti prive di inerzia termica (Ultraleggere)


Se  = 1 e  = 0 il flusso termico all’interno dipende dalla temperatura esterna nello stesso
istante:

→ la parete risponde immediatamente alla sollecitazione esterna, seguendone l’oscillazione istante


per istante.
NO attenuazioni, NO sfasamento (ovvero NO ritardi).

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Per una parete reale


 Il flusso termico massimo effettivo non si verifica quando è massima la sollecitazione.
 Il flusso termico massimo effettivo è inferiore al massimo istantaneo.

L’Attenuazione () è proporzionale al rapporto tra il flusso termico massimo effettivo e quello
massimo “istantaneo” in assenza di inerzia termica.
E’ dunque sempre minore dell’unità.

Lo Sfasamento (o meglio “Ritardo”) ():è pari all’intervallo di tempo che trascorre tra l’istante in
cui si ha il massimo della sollecitazione termica (massima temperatura esterna) e il massimo flusso
termico effettivo all’interno.

-> Conclusione: è importante ricordarci che il flusso massimo all’interno si verifica dopo un certo tempo,
detto ritardo, rispetto al tempo in cui è massima la sollecitazione esterna e la sua entità è minore di quella
che avrei come flusso massimo istantaneo, per cui questa entità è caratterizzata da una certa attenuazione.
Il flusso termico massimo effettivo è dunque sfasato e attenuato.

Pareti Ultraleggere: sono quelle la cui inerzia è trascurabile rispetto al periodo su cui varia la
sollecitazione esterna. Per le applicazioni di climatizzazione, quando il ritardo è inferiore a 1 ora.

In questo consiste l’Inerzia termica della Parete, che si “carica termicamente” e va poi a “scaricarsi”
nell’ambiente interno. Prima accumula energia termica, che impiega un certo tempo per trasmettersi
all’interno.

*L'inerzia termica NON è il ritardo, bensì la capacità termica per unità di superficie frontale:  * s * cp

Limiti all’applicabilità del coefficiente di adduzione


La definizione di coefficiente di adduzione è limitata all’ipotesi che le temperature che regolano
l’irraggiamento e la convezione siano uguali;
La trasmissione del calore per convezione dipende dalla temperatura dell’aria in prossimità della
parete, a qualche metro di distanza.
La trasmissione del calore per irraggiamento dipende dalla temperatura dei corpi che la nostra
parete “vede” radiativamente, fino allo sfondo. Ad esempio, la temperatura della volta celeste
(superficie fittizia cui sono associati gli scambi radiativi in direzione del cielo) è generalmente
inferiore a quella dell’aria, in alcuni casi in modo molto significativo.
Ad esempio, è il motivo per cui è necessario coprirsi la testa con un telo o un ombrellone nelle notti
d’estate, in quanto lo scambio di calore per irraggiamento con il cielo è intenso anche quando la
temperatura dell’aria è mite.

Scambio termico con pareti irraggiate dal sole - regime non


stazionario
Trascurando l’inerzia termica della parete si ha:

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ciò è valido se abbiamo a che fare con Pareti Ultraleggere: quelle la cui inerzia termica è
trascurabile rispetto al periodo di oscillazione, che seguono l’andamento della temperatura esterna
senza ritardi, quasi immediatamente.

Via via che la capacità termica della parete aumenta, questa relazione non vale più.
Pareti Pesanti: quelle per le quali non è possibile trascurare la capacità termica della parete stessa.
Queste hanno:
 = Smorzamento o Attenuazione: è il rapporto tra il flusso termico massimo effettivo e quello
massimo che si avrebbe se la parete seguisse la sollecitazione esterna istante per istante.

tr = Ritardo (proporzionale a ): tempo trascorso fino all’istante in cui effettivamente risulta
massimo il flusso termico interno (quello attenuato) rispetto all’istante in cui risulterebbe massimo
il flusso termico se la parete non avesse capacità termica apprezzabile, ovvero quello in cui risulta
massima lo sollecitazione esterna.
tr circa = 0 → Varrebbe la relazione scritta prima.

Ordini di Grandezza: pareti di 20-30 cm di mattoni pieni:


tr = 6-8 ore
 = 0,3 (flusso effettivo = 1/3 flusso ipotetico)

A parità di sollecitazione, il comportamento di una parete dipende fortemente dalla sua


composizione;
Se si parla di una parete multistrati, poi, dipende dalle proprietà del singolo strato ma anche
dall’ordine con cui si susseguono gli strati (in condizioni stazionarie questo non conta, conta solo in
condizioni non stazionarie).

Ricapitoliamo:
Pareti (componenti opachi) in regime stazionario:
 Pareti per le quali il coefficiente d’assorbimento sia considerabile come concentrato in uno spessore
piccolo rispetto a quello totale della parete, quindi praticamente non trasparenti rispetto alla
radiazione solare → trattazione con temperatura fittizia al sole, regime stazionario.
Vetri (componenti trasparenti) in regime stazionario:
 Pareti per le quali il coefficiente d’assorbimento sia considerabile come distribuito in tutto lo spessore
(piccolo) della parete → trattazione con generazione interna di calore, regime stazionario.
Pareti ultraleggere, generalmente sottili o costituite di solo materiale isolante, (componenti opachi) in regime
ordinario – periodico:
 Pareti Ultraleggere → trattazione con regime periodico stabilizzato, espressione con temperatura
fittizia al sole.
Pareti pesanti (componenti opachi) in regime ordinario – periodico:
 Pareti Pesanti → trattazione con regime periodico stabilizzato, attenuazione e tempo di ritardo.

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Le Superfici Vetrate - Comportamento nei confronti dell’energia


raggiante solare
Un vetro “ordinario” (semplice) presenta un coefficiente di trasparenza spettrale abbastanza alto nel
campo del visibile. Abitualmente pari a circa 0.85, piuttosto uniforme tra 0.4 e 2.5 micron circa.
Intorno ai 3 micron e al disotto dei 0,4 invece va a zero -> in quel campo il vetro è invece
praticamente opaco alle radiazioni.

Come trovare il coefficiente di trasparenza globale del vetro note le leggi di t(lambda) trasparenza
spettrale e i(lambda) spettro d'incidenza?

W trasp ∫ 0
t(λ) i(λ)d λ
t̄ s= = ∞
W inc ∫ 0 i (λ ) d λ
Quindi non è un valore costante, che qualunque radiazione gli mandiamo non cambia perché è su
tutte. Varia caso per caso in relazione allo spettro della radiazione incidente i().
Se non è applicabile il modello di corpo grigio → Non esiste una trasparenza globale tipica del
corpo, dipende sempre dalle condizioni d’irraggiamento.
Dipende sì dalle caratteristiche del corpo, ma ANCHE dalla distribuzione alle diverse lunghezze
d’onda della radiazione incidente.

*Se la radiazione fosse monocromatica il coefficiente di trasparenza spettrale per quella lunghezza
d’onda sarebbe anche il coefficiente globale di trasparenza

Comportamento del vetro semplice rispetto alla radiazione solare:


t = 0,85
a = 0,05
r = 0,1

Solitamente questi valori si danno per Incidenza Normale


I coefficienti sono abbastanza costanti fino a 50°-60°. Se l’angolo di incidenza tende a 90°, r tende a
1, quindi a e t tendono a 0.

Potenza trasmessa attraverso le Superfici Vetrate


La resistenza termica specifica offerta dalle lastre vetrate è trascurabile rispetto alle altre resistenze
termiche. Infatti, lo spessore è pari a circa 4 mm = 0.004 m, la conducibilità del vetro è
abitualmente 1 W/mK. Il coefficiente di adduzione interno per parete verticale è pari a circa
8W/m2K. Il coefficiente di adduzione interno per parete verticale è pari a circa 20 W/m2K.
Si ha quindi:
0.004
0.004
1
1 1
0.125
8
1 1
0.05
20
Poiché la resistenza termica della lastra vetrata è di un ordine di grandezza inferiore alla più piccola
delle altre resistenze termica, la variazione di temperatura attraverso il vetro è trascurabile. Ciò

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significa che la temperatura delle due superfici limite della lastra vetrata possono essere assunte
uguali tra loro.
È quindi possibile valutare la potenza termica trasmessa attraverso il vetro con l’espressione:


Infatti, poiché è sottile, il ritardo e l’attenuazione attraverso il vetro sono trascurabili. Quindi segue
praticamente istantaneamente la sollecitazione esterna (si dice anche che “risponde appieno” alla
sollecitazione esterna).

→ Nell’ipotesi di trascurare il salto di temperatura interno alla lastra di vetro (assumendo quindi
trascurabile la resistenza termica e la capacità termica) possiamo usare la temperatura fittizia al
sole.

Abbiamo 2 contributi al flusso di calore trasmesso all’ambiente:



Ci troviamo:
 Il componente 1 H (Te – Ti) che è la trasmissione dovuta alla differenza di temperatura
interno/esterno;
 Il componente 2 H as Ws / he dovuto alla quota parte di energia raggiante che viene assorbita
dalla lastra e trasmessa verso l’interno.
Inoltre, abbiamo la radiazione solare che passa per trasparenza attraverso il vetro:
,
̅ coefficiente globale di trasparenza per la radiazione solare, nel seguito sarà indicato
semplicemente con t.
È una potenza raggiante che passa per trasparenza e non ha nessuna influenza sullo stato termico
della lastra ma contribuisce al bilancio energetico dell'ambiente. N.B. non è calore!
Tale influenza saranno gli effetti termici che si avranno quando verrà assorbita e quindi “si
trasformerà in calore”.

La componente rinviata invece non ha effetto sullo stato termico né della lastra né dell’ambiente.

Arriviamo dunque all'espressione finale della potenza complessiva che entra in ambiente per effetto
della superficie vetrata soggetta alla radiazione solare:

,
Si possono individuare due termini:
1. H (Te – Ti) – potenza termica trasmessa per effetto della differenza di temperatura;
2. (ts + H as / he) Ws – Potenza solare che entra in ambiente, in parte sotto forma di calore, in
parte come radiazione.

I Vetri Speciali
Classifichiamo i vetri non normali (speciali) in due categorie:
1. Vetri Assorbenti, in cui la trasparenza è ridotta aumentando il coefficiente d’assorbimento
2. Vetri Riflettenti, in cui la trasparenza è ridotta aumentando il coefficiente di riflessione
*nulla toglie la possibilità di avere vetri misti, con entrambi gli effetti. Si classificano a seconda di
quale dei due prevale.

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Entrambi servono a ridurre gli effetti dell’irraggiamento solare sugli ambienti.


Per un vetro singolo la trasmittanza termica è pari a:
1 1
≅6
1 1 0.125 0.004 0.05

Quindi:
6
0.3
20
0.3
Per Vetro Normale: t = 0.85 ; a = 0.05 ; r = 0.1.
→ qirr / Ws = t + 0.3 a = 0.85 + 0.3  0.05 = 0.865;

1. I Vetri Assorbenti ideali


La riduzione della trasparenza è ottenuta aumentando il coefficiente di assorbimento, a coefficiente
di rinvio costante.
Alla diminuzione di t corrisponde un pari aumento di a, quindi la potenza complessiva trasmessa non
diminuisce linearmente con t;
Una parte (30%) della potenza che non è passa per trasparenza è comunque trasmessa per effetto
dell’assorbimento da parte del vetro.

Valutando la relazione tra trasparenza e frazione della potenza solare che entra in ambiente si ha:
1
1 1
La relazione è lineare rispetto a t  la curva nel diagramma è una retta.
Per t = 0, si ha l’intercetta:
6
0 1 1 0.1 0.27
20

Es: se t = 0.5 → a = 0.4 → qirr / Ws = 0.62.

*i vetri assorbenti possono raggiungere temperature elevate (es. 45°C). Ciò aumenta la trasmissione
per irraggiamento diretto (nell’infrarosso) sugli esseri umani presenti nell’ambiente, determinando
l’assenza di confort anche in presenza di temperatura dell’aria ottimale altrimenti.

1. I Vetri Riflettenti ideali


Per questi la riduzione della trasparenza è ottenuta aumentando il coefficiente di rinvio, a
coefficiente d’assorbimento costante.

Valutando la relazione tra trasparenza e frazione della potenza solare che entra in ambiente si ha:
1

La relazione è lineare rispetto a t  la curva nel diagramma è una retta.


Per t = 0, si ha l’intercetta:
6
0 0.05 0.015
20

Es: se t = 0.5 → qirr / Ws = 0.515.

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Una riduzione della trasparenza tramite aumento del coefficiente di rinvio non innalza la
temperatura del vetro: la porzione rinviata non da carico né al vetro né all’ambiente interno.

1
riflettente
assorbente
0.8

0.6
qirr/Ws

0.4

0.2

0
0 0.2 0.4 0.6 0.8 1
Coefficiente di trasparenza  globale per la radiazione  solare
→ Per ridurre i carichi dovuti all’irraggiamento solare dall’interno sono più efficaci i vetri
riflettenti.

N. B: i vetri riflettenti non si vedono sempre a specchio, dall'esterno: un vetro può essere riflettente
energeticamente, ma non nel campo del visibile. N.B. la radiazione solare è compresa tra 0 m e
2m, il visibile tra 0.4 m e 0.7 m.

Una superficie vetrata serve comunque a garantire a un ambiente illuminazione naturale. Se il vetro
deve essere protettivo (o assorbente o riflettente) nei confronti della radiazione solare desiderabile
che riduca la potenza dovuta alla radiazione solare ma non nel visibile.
Da questi vetri dobbiamo aspettarci caratteristiche di selettività.

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Ideale: un vetro che abbia massima protezione dall’irraggiamento solare senza penalizzare la
trasparenza nel visibile; dovrebbe avere r vicino a 1 fuori dal visibile e vicino a 0 nel visibile.
E’ a questo che punta la tecnologia.
Reale: nella realtà i vetri protettivi penalizzano un po’ la trasparenza nel visibile. A rigore per avere
lo stesso illuminamento naturale in un ambiente con vetri protettivi, dovrei aumentare la superficie
vetrata rispetto ai vetri non protettivi.

Data questa particolare importanza del comportamento nel visibile le case costruttrici di vetri
speciali forniscono i coefficienti di trasparenza e assorbimento per l’energia solare ed il coefficiente
di trasparenza nel Visibile.

Effetto Serra
La radiazione solare passa attraverso un vetro (anche semplice) ma poi viene “trattenuta” dal vetro.
Come?
Il rinvio (riflessione) avviene alla stessa lunghezza d’onda di incidenza. Quindi la radiazione solare
rinviata (riflessa) dal terreno esce dal vetro per trasparenza.
La radiazione che viene assorbita dal terreno determina un aumento dell’emissione per effetto
dell’incremento di temperatura, ma la sua lunghezza d’onda è ben diversa -> non passa il vetro!

La serra
Il vetro è opaco alle radiazioni alla temperatura del terreno (ultrarosso) e trasparente alla radiazione
visibile.
Della radiazione solare, quella che entra e viene rinviata in modo diffuso, un po’ esce dal vetro per
trasparenza.
Quella che viene assorbita, viene (in parte) emessa nell’infrarosso -> il vetro è opaco, questo non
esce.
Analogamente, il vetro protegga dallo scambio per radiazione con i corpi che circondano la serra ->
protezione dal freddo.

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Per questi motivi il vetro, che è trasparente al visibile e opaco nell’infrarosso, permette di realizzare
una temperatura più alta dentro una serra rispetto all’ambiente esterno.

Influenza delle Proprietà dei Vetri sulla Trasmittanza


Il contributo della resistenza termica del vetro è trascurabile.
1
1 1

, ,
, ,

Il coefficiente d’irraggiamento hr dipende dall’emissività del corpo (eta)  le proprietà emissive


della superficie limite del corpo hanno effetto sulla trasmittanza.

Vetri Basso Emissivi: trattati opportunamente sulla superficie limite in modo che l’emissività
globale della superficie vetrata sia bassa, dell’ordine di 0.1. Ciò significa che la radiazione che
assorbe ed emette per temperatura è il 10% di quelle che emetterebbe un corpo nero alla stessa
temperatura.

Bassa emissività  coefficiente d’adduzione più basso  trasmittanza più bassa  riduzione degli
scambi termici a parità di differenza di temperatura.
Ciò si usa per rendere i vetri più isolanti.
*non c’entra con la radiazione solare, si parla di emissione alle basse temperature
N.B. un rivestimento basso emissivo è più efficace all’interno che all’esterno in quanto all’esterno
la trasmissione per convezione è più intensa che all’interno.

Doppi Vetri: struttura con due lastre vetrate separate tra loro da un’intercapedine.
Spesso nell’intercapedine c’è Argon, perché ha una conducibilità inferiore all’aria, quindi aumenta
l’isolamento.

Ciò che aumenta la resistenza termica non sono le due lastre di vetro, bensì l’intercapedine: le
resistenze delle due lastre sono trascurabili rispetto a quella dell’intercapedine.
1
1 1 1

*Sono disponibili vetri con trasmittanza inferiore a 1 W/m2K, quindi minore di quella di strutture
isolanti opache tradizionali.

Mettere più intercapedini in serie renderebbe ancor più isolante la struttura: nelle intercapedini di
piccolo spessore non si instaurano moti convettivi, inoltre ogni lastra intermedia agisce come uno
schermo per la radiazione.
Poiché le lastre interne non hanno funzione meccanica in quanto non sono a contatto né con
l’esterno né con l’interno, possono essere sottilissime, spesso in materiale plastico.

*Se uno dei due vetri viene trattato per essere basso emissivo, si sceglie una delle superfici rivolta
verso l’intercapedine interna, in quanto gli agenti atmosferici possono vanificare il trattamento.

Ordini di Grandezza della trasmittanza termica

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vetro semplice  6 W/m2K


doppi vetri ordinari  3 W/m2K
tripli vetri / doppi vetri basso emissivi con Argon 1 W/m2K

Pareti laterizio forato = 1.2 – 2 W/m2K


Pareti laterizio con isolante termico = 0.2 – 0.5 W/m2K

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Benessere termoigrometrico e qualità dell'aria


Il benessere ambientale, inteso in senso globale, ha grande influenza sulle varie attività dell’uomo,
non solo per il sensibile contributo al rendimento nei diversi compiti svolti, ma anche per i risvolti
di tipo psico-fisiologico.
Al riguardo, il progresso tecnologico impiantistico ha consentito un notevole innalzamento dei
livelli qualitativi ambientali, in termini di controllo termoigrometrico, di qualità dell’aria, della luce
e del rumore. E’ comunque importante precisare che, poichè il benessere è una condizione
essenzialmente soggettiva legata non solo all’attività svolta, ma anche e soprattutto alle abitudini,
alle condizioni psico-fisiche ed alla capacità di risposta verso stimoli esterni da parte del singolo
individuo, tutti gli studi svolti e le conseguenti indicazioni di progetto non possono che basarsi su
dati statistici ottenuti mediante indagini su campioni di individui e caratterizzate sempre, pertanto,
da un certo grado di “insoddisfazione”.
Per quanto attiene al benessere termoigrometrico e di qualità dell’aria, si può osservare come la
diffusione della tecnologia del condizionamento dell’aria, intesa in termini di climatizzazione, ossia
di creazione di un microclima rispondente alle diverse esigenze dell’organismo, abbia condotto allo
studio approfondito dei rapporti tra l’uomo e l’ambiente che lo circonda. I primi studi sperimentali
di benessere termoigrometrico furono condotti
tenendo esclusivamente conto degli effetti della temperatura e dell'umidità relativa dell'aria,
trascurando pressoché del tutto l'influenza della velocità dell'aria nella zona occupata dalle persone
e della temperatura delle superfici limite di confine, oltre che del tipo di attività svolta e del tipo di
abbigliamento, sul giudizio espresso dai singoli individui. Allo stesso modo, anche il concetto di
qualità dell’aria fu essenzialmente legato ad aspetti di carattere oggettivo, di tipo igienico-
fisiologici, più che di carattere soggettivo, di tipo olfattivo. Al contrario, i recenti orientamenti
tendono sempre più ad attribuire a tali aspetti un peso non irrilevante, con l’introduzione di nuove
grandezze e criteri progettuali. A tal proposito, si ritiene significativo riportare i risultati degli studi
condotti dalla scuola danese di Fanger ed accennare ad alcuni risultati della scuola americana di
Gagge.
Gli studi relativi al benessere termoigrometrico hanno consentito di definire le principali grandezze
da cui esso dipende: si distinguono grandezze riguardanti l’organismo umano (metabolismo, attività
svolta, temperatura corporea, superficie corporea ed abbigliamento) e grandezze relative
all’ambiente confinato in cui l’uomo è “immerso” (temperatura dell’aria, umidità relativa dell’aria,
temperatura media radiante dell’ambiente, velocità dell’aria nella zona occupata dalle persone).

Il bilancio energetico del corpo umano


Il corpo umano, da un punto di vista termodinamico, può essere considerato come un sistema
complesso che interagisce con l’ambiente esterno tramite scambi di massa ed energia. In sostanza il
corpo umano trasforma, attraverso il metabolismo, l’energia chimica delle sostanze nutritive in
calore e lavoro in quantità dipendente dall’attività svolta e poichè tra questi, istante per istante, non
v’è solitamente equilibrio, la loro differenza corrisponde ad energia accumulata che può essere
immagazzinata o riutilizzata.
Con riferimento al lavoro svolto, può essere definito un rendimento meccanico (mediamente
variabile fra 0, nel caso di organismo in condizioni di assoluto riposo, ed il 20%):
η = L/PM , (1)
in cui L rappresenta il lavoro utile esterno e PM il flusso metabolico che indica l’energia totale
sviluppata dal corpo umano in funzione dell’attività svolta, assumendo per esso, quale unità di
misura, il “met”, pari al calore prodotto, per unità di tempo e di superficie corporea, da un uomo
seduto ed a riposo, assunta uguale a 58.2 W/m2. Per quanto attiene ai carichi metabolici connessi
alle diverse attività svolte si può fare riferimento ai valori disponibili in letteratura (ad esempio:
dormire = 0.6 met; stare seduti = 1 met; camminare = 2÷3 met; eseguire lavoro d’ufficio = 1.1÷1.2

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met; fare ginnastica =3÷6 met) oppure si può ricorrere a relazioni semi-empiriche che forniscono il
carico metabolico in funzione del quoziente di respirazione RQ, espresso come rapporto tra le
portate volumetriche di CO2 espirata e di O2 inspirato (usualmente, risulta RQ = 0.7÷1.0).
L’equazione di bilancio energetico relativa al corpo umano esprime la variazione di energia interna
nell’unità di tempo:
∆U = (PM + Q cond + Q conv + Qirr + Qevap + Qresp ) − L , (2)
in cui Qcond, Qconv, Qirr, Qevap e Qresp rappresentano le potenze termiche scambiate rispettivamente per
conduzione, convezione, irraggiamento, evaporazione e respirazione, con la convenzione di
assumere positive le quantità ricevute dal corpo umano (si consideri che Qevap e Qresp sono sempre
negative, trattandosi di potenze cedute).
In ambienti nei quali si svolgono attività normali in condizioni ambientali non particolarmente
gravose, che possono essere pertanto definiti “termicamente moderati”, in condizioni di omeotermia
(quindi di regime stazionario per cui risulta ∆U = 0) la precedente equazione, tenendo conto dell'eq.
(1) e dei possibili segni per le potenze termiche scambiate, può essere scritta nella forma (Fanger):
PM (1 − η) ± Q cond ± Q conv ± Q irr − Q evap − Q resp = 0 . (3)

Definizione di alcune grandezze di base


Prima di esaminare in dettaglio le espressioni dei singoli termini di scambio termico contenuti
nell'eq. (3), conviene introdurre e definire alcune grandezze necessarie alla completa
caratterizzazione degli scambi stessi.
Area della superficie corporea
L'area della superficie corporea, Ac, é mediamente compresa tra 1.6 ed 1.9 m2. Essa può essere
espressa in funzione della massa corporea m (in kg) e dell’altezza h (in m) per mezzo della
relazione di DuBois:
0.202 . .
(4)
Temperatura operativa dell'ambiente
La temperatura operativa dell’ambiente può essere definita come la temperatura uniforme che
dovrebbe avere l’ambiente per garantire lo stesso scambio termico per adduzione:
To = (hcTa + hrTmr ) /(hc + hr ) , (5)
in cui hc ed hr sono i coefficienti di scambio convettivo e radiativo, Ta è la temperatura dell’aria e
Tmr è la temperatura media radiante delle pareti, a sua volta definita come la temperatura uniforme
delle pareti di un ambiente virtuale in cui il soggetto scambierebbe la medesima quantità di calore
per irraggiamento effettivamente scambiata nell’ambiente reale. Nell’ipotesi in cui l’emissività
delle pareti possa essere assunta unitaria o nel caso in cui la superficie di confine dell’ambiente
risulti molto maggiore della superficie corporea, risulta Tmr4 = ΣiFCiTi 4 , essendo Ti la temperatura
dell’i-esima parete e FCi il fattore di vista tra il corpo e l’i-esima parete; per modeste differenze di
temperatura si può porre Tmr = ΣiFCiTi .
Temperatura superficiale corporea
La temperatura superficiale corporea, TS, dipende dall’attività svolta, dalle condizioni ambientali e
dal tipo di abbigliamento.
Per persone nude è il valor medio di 10 misure di temperatura superficiale di diverse parti del corpo
(guancia, torace, addome, spalle, schiena, braccio, avambraccio, dorso della mano, coscia,
polpaccio); in alternativa sono disponibili relazioni sperimentali di tipo quadratico in funzione della
temperatura operativa dell’ambiente To, del tipo:
(6)
in cui si può assumere a = −0.00165, b = 0.32 e c = 24.8, avendo indicato con TP la temperatura
superficiale della pelle espressa in °C.
Per persone vestite sono disponibili relazioni sperimentali di tipo lineare in funzione della
temperatura operativa dell’ambiente, del tipo:

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(7)
in cui si può assumere a = 0.267 e b = 25.8, avendo indicato con TV la temperatura superficiale del
vestiario espressa in oC. Alternativamente, la temperatura superficiale del vestiario può essere
espressa per mezzo di una relazione lineare in funzione del carico metabolico:
TV = aPM(1 − η) + b , (8)
in cui, esprimendo il flusso metabolico PM in unità del sistema tecnico [kcal/(hm2)], si può assumere
a = −0.032 e b = 35.7, avendo indicato con TV la temperatura superficiale del vestiario espressa in
°C.
Comunque, nel caso di persone vestite la temperatura superficiale di scambio può essere calcolata
in maniera più appropriata introducendo il concetto di resistenza termica specifica del vestiario, RV,
che tiene conto del tipo di abbigliamento, misurata in “clo”, pari alla resistenza termica specifica di
un abito europeo di mezza stagione, assunta uguale a 0.155m2K/W, essenzialmente funzione del
tipo di tessuto e del suo spessore. I valori di resistenza termica specifica di numerosi capi di
vestiario ed insiemi di abiti sono ampiamente disponibili in letteratura dai lavori di Mc Cullough.
L'espressione della temperatura superficiale del vestiario TV in funzione di RV discende dalla
considerazione che, in condizioni stazionarie, il calore scambiato per conduzione attraverso gli abiti
deve eguagliare quello scambiato per adduzione con l’ambiente esterno:
(9)
essendo ha il coefficiente di scambio termico adduttivo.
Temperatura media corporea
La temperatura media corporea, TC, può essere espressa per mezzo di una media pesata della
temperatura superficiale corporea TS e della temperatura rettale interna TI :
TC = aTI + (1 − a)TP , (10)
in cui il coefficiente a è funzione del tipo di attività svolta e delle condizioni ambientali (per
persone in attività ed in equilibrio termico si può porre a ≅ 0.9; per persone esposte al freddo si può
porre a ≅ 0.7).
Lo scambio termico per conduzione
Lo scambio termico per conduzione avviene di regola dal corpo all’ambiente attraverso i punti di
contatto (pavimento, sedie, tavoli, divani,...) e ha, usualmente, entità così limitata da poter essere
considerato trascurabile.
Lo scambio termico per convezione
Lo scambio termico per convezione avviene di regola dal corpo all’aria ambiente, la quale si trova,
in genere, ad una temperatura Ta più bassa di quella superficiale corporea:
Q conv = h cA cfV(TS − Ta ) , (11)
in cui: fv è il “fattore vestiario” che tiene conto dell’aumento di superficie di scambio dovuto agli
abiti (fv = 1 per persone nude, fv > 1per persone vestite) e che può essere assunto (McCullough): fv =
1 + 0.3RV; Ts è la temperatura superficiale (Ts = TP per persone nude, Ts = Tv per persone vestite); hc
è il coefficiente di scambio termico convettivo (hc ≅ 3 W/m2K per persone sedute, hc ≅ 4 W/m2K
per persone in piedi, hc ≅ 9÷10 W/m2K per persone in cammino).
In inverno limitiamo l’entità di tale scambio indossando abiti isolanti, mentre in estate, quando la
temperatura dell’aria si avvicina a quella della superficie corporea, cerchiamo di aumentare lo
scambio intervenendo sul valore del coefficiente di convezione attraverso l’aumento della velocità
locale dell’aria, ad esempio mediante l’uso di ventilatori. Nel caso, infine, in cui la temperatura
dell’aria superi la temperatura superficiale corporea (tipico dei climi desertici), si ricorre
nuovamente ad un abbigliamento di tessuto isolante che sia nel contempo traspirante (lana).
Lo scambio termico per irraggiamento
Lo scambio termico per irraggiamento avviene di regola dal corpo agli oggetti circostanti ed alle
pareti che delimitano l’ambiente, caratterizzato, di norma, da una temperatura media radiante Tmr
più bassa di quella superficiale corporea Ts (in alcuni casi il senso dello scambio può essere

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invertito riscaldando artificialmente una o più superfici limite di confine, ad esempio mediante
l’installazione di pannelli radianti):
(12)
essendo: σ la costante di Stefan-Boltzmann, pari a circa 5.67⋅10-8 W/m2K4; fr il “fattore di
radiazione” che tiene conto della posizione più o meno raccolta del corpo (fr = 0.7 per persone in
piedi a braccia abbassate); FCA un fattore di mutua radiazione tra corpo ed ambiente pari a:
(13)
 ∑ 
in cui η s rappresenta l’emissività della superficie corporea esterna (ηs = 0.9÷1), Si la generica
superficie dell’ambiente (ΣiSi = Sa), e ηa il valor medio di emissività delle supefici dell’ambiente, da
cui si ricava che, se Sa >> Acfvfr o ηa = 1, risulta FCA = ηs.
Se la differenza di temperatura è piccola, come di regola avviene negli ambienti termicamente
moderati, si può ricorrere all'espressione lineare:
Qirr = hrAcfVfr(TS − Tmr ) , (14)
essendo hr il coefficiente di scambio radiativo (hr ≅ 4 W/m2K). Sotto tale ipotesi, gli scambi termici
per convezione ed irraggiamento possono anche essere trattati in termini di adduzione:
Qadd = haAcfV(TS − To ) , (15)
essendo ha il coefficiente di scambio adduttivo (ha = hc + hr), da cui, imponendo che la potenza
termica scambiata per adduzione eguagli la somma delle potenze termiche scambiate per
convezione ed irraggiamento, si può giungere all'espressione della temperatura operativa definita in
precedenza nell'eq. (5) come media ponderale delle temperature dell’aria e media radiante,
assumendo come rispettivi pesi i coefficienti di scambio termico convettivo e radiativo.
Lo scambio termico per evaporazione
Lo scambio termico per evaporazione è dovuto a due contributi: uno relativo alla diffusione
attraverso la pelle dell’acqua contenuta nei tessuti (fenomeno che si verifica anche in condizioni di
assoluto riposo); l’altro relativo alla traspirazione (o sudorazione), consistente nella secrezione da
parte delle ghiandole sudoripare di una soluzione acquosa di NaCl che, attraverso i pori, raggiunge
la superficie esterna della cute ed evapora. La quantità di acqua evaporata ad una certa temperatura
dell’aria ambiente dipende in modo rilevante dall'umidità relativa dell’aria e dalla velocità dell’aria
che lambisce la cute. E’ assai importante osservare, inoltre, che in una certa regione del corpo può
avvenire solamente uno dei due scambi: al riguardo si definisce “coefficiente di bagnamento” w =
At/Ac il rapporto tra la superficie di traspirazione e la superficie corporea totale (concettualmente w
può valere anche 1, anche se praticamente è assai difficile superare 0.8), da cui deriva: At = w Ac.
Risulta:
Q evap = Q diff + Q trasp (16)
Con
Qdiff = roρ vfdvAd(pP − p v ) , (17)
in cui: ro è il calore latente di evaporazione dell’acqua alla temperatura di equilibrio del corpo
umano di circa 37°C, pari a circa 575 Kcal/kg ≅ 2.4 MJ/kg; ρv è la permeabilità della pelle al
vapore, che, in unità di misura SI, si esprime in kg/(sm2Pa); fdv è un fattore di diffusione del vapore
dovuto al vestiario (fdv ≅ 0.65 per abito pesante, fdv ≅ 0.85 per abito leggero); pp è la pressione di
saturazione del vapore alla temperatura superficiale TP; pv è la pressione parziale del vapor d’acqua
in ambiente, pari al prodotto ϕ⋅pvs dell’umidità relativa dell'aria per la pressione di saturazione del
vapor d’acqua alla temperatura dell’aria; Ad è l’area di diffusione, pari a (Ac − At);
Qtrasp = roCmfdvA t(xP − xa ) , (18)
in cui: Cm è il coefficiente di trasporto di massa (che, assunto Le ≅ 1, risulta: Cm = hc/cp); xp è
l’umidità specifica di saturazione alla temperatura TP; xa è l’umidità specifica dell’aria ambiente [xa
= 0.622pv/(p − pv)].
Lo scambio termico per respirazione

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Lo scambio termico per respirazione è pari alla somma di due contributi: uno scambio sensibile per
convezione forzata tra l’aria inspirata e gli alveoli polmonari; uno scambio latente dovuto al
processo di evaporazione dell’acqua negli alveoli polmonari.
Risulta:
Qresp = Qr−conv + Qr−evap (19)
Con
Qr−conv = Gcp(Ti − Ta ) , (20)
in cui: G è la portata di aria inspirata, funzione del carico metabolico [da Fanger: G(kg/h) ≅ 0.3
PM(met)]; cp è il calore specifico a pressione costante dell’aria, pari a circa 0.24 Kcal/(kg°C) ≅ 1005
J/(kg°C); Ti è la temperatura del cavo polmonare, che alcuni autori fissano a 37°C, altri a 34°C e
che Fanger ha espresso in funzione di Ta e xa (nella forma: Ti = a + bTa + cxa);
Qr−evap = Gro(xi − xa ) , (21)
essendo xi l’umidità specifica di saturazione alla temperatura Ti.

La condizione di omeotermia
La condizione di omeotermia relativa all'equazione di bilancio finora esaminata viene mantenuta in
corrispondenza ad una temperatura corporea di circa 37°C (ottimale per il funzionamento degli
organi interni e dei tessuti) per mezzo di un sofisticato sistema di termoregolazione costituito da
tutta una serie di termorecettori, posti sia all’interno del corpo che sulla superficie della pelle,
sensibili sia alla temperatura assoluta che alle sue variazioni, costantemente in collegamento,
tramite terminazioni nervose, con l’ipotalamo, regione cervicale responsabile, tra l’altro, della
termoregolazione, il quale, confrontando istante per istante le informazioni di temperatura che gli
giungono dai sensori periferici con le relative temperature di riferimento, al verificarsi di eventuali
“squilibri” è in grado di attivare dei “sistemi effettori”.
In condizioni di neutralità termica il sistema non è attivato; in condizioni di “freddo” viene attivata,
da prima, una vasocostrizione e, successivamente, una serie di processi ossidativi che tendono ad
aumentare il carico metabolico(tensione muscolare, brividi, tremori, pelle d’oca, battito di denti) ed
una serie di stimoli che inducono il soggetto a coprirsi maggiormente, ad incrementare l’attività
fisica, a raggomitolarsi; in condizioni di “caldo” viene invece attivata, da prima, una
vasodilatazione e, successivamente, la regolazione evaporativa con intervento delle ghiandole
sudoripare ed una serie di stimoli che inducono il soggetto ad indossare abiti più leggeri e ad
aumentare la velocità dell’aria ad esso circostante.

L'equazione del benessere di Fanger


La individuazione delle condizioni di benessere termoigrometrico avviene partendo dalle seguenti
considerazioni (Fanger):
a) l’organismo reagisce agli stimoli esterni e tende, tramite il sistema di termoregolazione, a
mantenere la condizione di omeotermia;
b) la condizione di omeotermia è necessaria ma non sufficiente a garantire condizioni di benessere
termoigrometrico;
c) il giudizio espresso dalla “popolazione” di individui intervistati al riguardo (si sottolinea la
chiave statistica dello studio) sembra dipendere essenzialmente da due variabili: la temperatura TP
della superficie della pelle e la potenza termica Qevap scambiata per evaporazione cutanea,
derivandone che, per un certo carico metabolico, occorre che queste variabili assumano valori tali
che il soggetto percepisca una sensazione di neutralità termica (è da osservare come Gagge, al
contrario di Fanger, abbia assunto come seconda variabile il coefficiente di bagnamento in luogo
della potenza termica scambiata per evaporazione).

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Sulla base di tali considerazioni, Fanger ha introdotto le seguenti due equazioni per l’individuazione
dei valori ottimali di TP e Qevap:
TP−ott = 35.7 − 0.0275(1 − η)PM [°C] (da McNall) (22)
Qevap−ott = 0.42[(1 − η)PM − 58] [W/m2], (23)
tali che, ad ogni valore del carico metabolico, corrisponda una ed una sola coppia di valori di TP-ott e
Qevap-ott.
Tenendo conto di tali equazioni ed inserendo le espressioni delle potenze termiche precedentemente
discusse nell’equazione di bilancio, si ottiene l’equazione del benessere di Fanger, la cui
dipendenza funzionale ha una forma del tipo:
f(PM , R V , AC , fV , Ta , Tmr ,ϕ, va ) = 0 , (24)
In base a tale equazione del benessere, una volta che siano definite le variabili relative all’individuo,
le condizioni di benessere termoigrometrico sono verificate quando le variabili ambientali
assumono valori tali che l’equazione stessa sia soddisfatta.

La valutazione del microclima


La valutazione del microclima in termini di benessere termoigrometrico avviene attraverso una serie
di indici microclimatici, sia globali che locali, tutti di natura statistica, essenzialmente basati sul
giudizio espresso da una popolazione di individui in base ad una prefissata scala di valori.
L'indice microclimatico globale ET
Il primo indice globale introdotto (Houghton e Yaglou, 1923), l’ET (Effective Temperature), è un
indice sperimentale che ha interesse solo dal punto di vista storico: esso consente di correlare la
sensazione termica determinata in un ambiente dalla combinazione di tre variabili (temperatura,
umidità relativa e velocità dell’aria) con la sensazione termica relativa ad un ambiente di
riferimento di cui sia possibile variare solamente la temperatura (aria satura ed in quiete),
mantenendo, per entrambi gli ambienti, la temperatura media radiante pari alla temperatura
dell’aria. I risultati sperimentali sono usualmente rappresentati mediante due scale, una relativa a
soggetti a torso nudo (scala base), l’altra relativa a soggetti vestiti (scala normale). I grossi limiti di
tale indice, che sono poi le cause per le quali esso è stato di fatto accantonato, sono la difficoltà dei
soggetti intervistati ad emettere un giudizio, essenzialmente a causa della difficoltà di adattamento
nel passaggio da un ambiente all’altro (e quindi la conseguente elevata dispersione dei risultati), e la
scarsa influenza assegnata alla velocità dell’aria (le prove erano effettuate a va = 0.1 m/s).
Gli indici microclimatici globali PMV e PPD
Gli indici globali attualmente utilizzati in Europa sono il PMV (Predicted Mean Vote) ed il PPD
(Predicted Percentage of Dissatisfied), introdotti da Fanger agli inizi degli anni ‘70 ed in seguito
recepiti dalla normativa ISO (International Organization for Standardization).
L’indice PMV, espresso in termini di voti che possono essere assegnati al microclima in base ad
una certa scala psicofisica (+3 = molto caldo; +2 = caldo; +1 = leggermente caldo; 0 = neutralità
termica; −1 = leggermente freddo; −2 = freddo; −3 = molto freddo), consente di prevedere il voto
medio espresso dagli occupanti di un ambiente di caratteristiche definite, i quali svolgano una certa
attività, indossando un certo tipo di abbigliamento. L’indice è definito, sulla base di dati
sperimentali acquisiti attraverso una popolazione di circa 1300 individui, in funzione della “fatica
termica” F (definita come la differenza fra il valore del carico metabolico effettivamente prodotto
dall'individuo e quello che dovrebbe essere prodotto affinchè risulti verificata l’equazione del
benessere) mediante una correlazione del tipo:

(25)
con a, b e c costanti.
L’indice PPD individua tra il PMV e la percentuale di individui insoddisfatti dalle condizioni
microclimatiche una correlazione del tipo:

100 (26)

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con a, b e c costanti.
Si può osservare come anche in corrispondenza al valore PMV=0 (condizioni ottimali di benessere)
esista una minima percentuale di insoddisfatti (pari al 5% degli individui), a conferma della assoluta
soggettività delle sensazioni.
L'indice microclimatico globale ET*
L'indice globale in uso negli Stati Uniti è l’indice ET* (New Effective Temperature), introdotto da
Gagge nel 1971 ed in seguito recepito dalla normativa ASHRAE (American Society of Heating,
Refrigeration and AirConditioning Engineers).
L’indice ET* è definito come la temperatura uniforme di un ambiente virtuale isotermo con umidità
relativa dell'aria pari al 50% in cui il soggetto, nelle stesse condizioni di velocità dell’aria e di
carico metabolico, a parità di temperatura superficiale corporea Tp e coefficiente di bagnamento w,
avrebbe, alla superficie della pelle, lo stesso scambio termico che ha nell’ambiente reale.
Gli indici microclimatici locali
Fra gli indici microclimatici locali si possono citare gli indici di disagio locale introdotti da Fanger,
di tipo PD (Percentage of Dissatisfied), che tengono essenzialmente conto della sensazione di
disagio indotta da disuniformità di temperatura (esistenza di gradienti verticali della temperatura
dell’aria ambiente dal pavimento al soffitto, pavimento più caldo o più freddo dell’aria ambiente,
elevata disuniformità della temperatura delle pareti) e da disuniformità della velocità dell’aria
ambiente.

Aspetti normativi
Per quanto attiene all’impiego dei suddetti indici, la norma UNI EN ISO 7730 (Ambienti
termicamente moderati − Determinazione degli indici PMV e PPD e specifica delle condizioni di
benessere termico) impone che in ambienti termicamente moderati sia PPD < 10% (e quindi −0.5 <
PMV < +0.5) e, per ciò che riguarda gli indici locali, PD < 5%, tranne che per la disuniformità di
temperatura del pavimento rispetto all’ambiente per cui è sufficiente che sia PD < 10% (invece, la
norma ASHRAE 55-1981 impone che siano verificate condizioni di benessere per almeno l’80%
degli occupanti, con campi di benessere invernale ed estivo rispettivamente pari a ET* = 20÷23.6°C
e ET* = 22.8÷26.1°C).
In pratica, seguendo le indicazioni della norma UNI EN ISO 7730, una volta che siano fissati
l'umidità relativa (generalmente imposta pari al 50%), il livello di attività ed il tipo di abbigliamento
(che dovrebbe essere supposto adeguato all'attività svolta), assunto che il PMV sia compreso
nell'intervallo tra −0.5 e +0.5, per ogni valore della velocità dell'aria nella zona occupata dalle
persone si ricava il corrispondente valore della temperatura operativa dell'ambiente in grado di
garantire condizioni di benessere agli occupanti.
E' interessante osservare che per attività leggere (1.2 met), nel caso che il vestiario sia costituito da
un "abito europeo di mezza stagione" (1 clo), più tipico del periodo invernale, le condizioni di
benessere prevedono che la temperatura operativa sia compresa tra 20°C e 24°C, ammettendo che la
velocità dell'aria nella zona occupata dalle persone non superi 0.2 m/s.
Viceversa, con il medesimo livello di attività (1.2 met), ma con un abito più leggero (0.5 clo), più
tipico del periodo estivo, le condizioni di benessere prevedono che la temperatura operativa sia
compresa tra 23°C e 26°C, ancora ammettendo che la velocità dell'aria nella zona occupata dalle
persone non superi 0.2 m/s.
In entrambi i casi è raccomandato che l'umidità relativa sia compresa tra il 30% ed il 70%.
Valori dello stesso ordine sono peraltro riportati nella norma UNI 10339 (Impianti aeraulici a fini di
benessere − Generalità, classificazione e requisiti − Regole per la richiesta d'offerta, l'offerta,
l'ordine e la fornitura) in cui sono indicati i seguenti valori di progetto per la temperatura e l'umidità
relativa dell'aria: in periodo invernale ta ≤ 20°C e URa = 35% − 45%; in periodo estivo ta ≥ 26°C e
URa = 50%−60%.

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La qualità dell’aria
L’organismo umano stabilisce con l’ambiente che lo circonda uno scambio gassoso sia a livello
cutaneo sia attraverso la respirazione ed è quindi naturale che la qualità dell’aria ambiente abbia
rilevante influenza sulle condizioni di benessere, tanto a livello fisiologico (qualità oggettiva)
quanto psicologico (qualità percepita).
Con riferimento ad ambienti civili, si può osservare che l’inquinamento dell’aria è essenzialmente
dovuto alla presenza delle persone ed al rilascio di sostanze volatili da parte dei materiali da
costruzione, arredo e decorazione e che la salubrità dell’ambiente è di norma assicurata attraverso
una diluizione delle sostanze inquinanti con aria esterna.
Ne deriva, quindi, che la qualità dell’aria ambiente dipende essenzialmente dalla portata e dalle
caratteristiche dell’aria esterna di ventilazione, dalla quantità e dal tipo di sostanze inquinanti
prodotte in ambiente, nonché dalla portata dell’aria di ricircolo (quando ciò sia previsto).

Le caratteristiche dell'aria atmosferica


L'aria atmosferica é costituita da un miscuglio gassoso di azoto (78%), ossigeno (21%), anidride
carbonica (0.03%), gas rari (0.97%) e vapor d’acqua in quantità variabile tra zero (aria secca) e un
valor massimo (aria satura) dipendente dalla temperatura.
Per effetto dell’inquinamento prodotto nelle aree urbane ed industrializzate, l’aria esterna si
arricchisce di anidride carbonica e di una serie di sostanze tossiche ed inquinanti tra le quali si
possono citare il monossido di carbonio, il biossido di zolfo, il biossido di azoto, alcuni composti di
piombo e particelle finemente disperse derivanti dai processi di combustione.
Per effetto della presenza delle persone all’interno degli edifici, l’aria interna si arricchisce, a causa
della respirazione, diffusione cutanea e traspirazione, di svariati prodotti aromatici, vapor d’acqua,
agenti patogeni, ed anidride carbonica (il quantitativo medio di CO2 prodotto varia da 0.02 a 0.35
m3/h per persona in funzione dell’attività svolta) e, se nell’ambiente sono
presenti dei fumatori, anche di fumo di tabacco e nicotina; altri gas tossici, tra i quali la
formaldeide, i fenoli, lo stirolo e l’acetone, possono essere rilasciati dai materiali da costruzione e di
arredo in quantità normalmente dipendente dalla temperatura ed umidità relativa dell’aria ambiente;
infine, può essere rilevata presenza di radon, proveniente dalle rocce del sottosuolo.

La filtrazione dell'aria
A fronte di quanto detto, è fondamentale provvedere ad una depurazione sia dell’aria esterna di
ventilazione che dell’aria interna di ricircolo, mediante l’impiego di opportuni sistemi di filtrazione,
tra i quali si distinguono sistemi a filtrazione meccanica (prefiltri piani, a rullo, a tasche, ad angolo,
tutti usualmente a bassa efficienza; filtri a media, alta ed altissima efficienza; filtri elettrostatici;
separatori inerziali) e sistemi a filtrazione chimico/biologica ("filtri" chimici, biologici, a radiazione
ultravioletta, a carboni attivi).
Elementi di dettaglio sui diversi meccanismi di filtrazione (setaccio, inerzia, intercettazione,
diffusione, etc.), che, evidentemente, dipendono dal diametro delle particelle e dalla loro natura,
dalla velocità dell'aria attraverso il filtro, nonché dalla tipologia di filtro considerato, sono riportati
nel capitolo IV ("filtrazione dell'aria negli edifici") del libro "Filtrazione e disinquinamento
dell'aria" di Antonio Briganti (Tecniche Nuove editore).
Indicazioni sui requisiti dei filtri e sui metodi di prova per la determinazione delle loro prestazioni
sono riportati nelle norme UNI EN 779 (Filtri d'aria antipolvere per ventilazione generale) e UNI
EN 1822-1 (Filtri aria a particelle per alta ed altissima efficienza (HEPA e ULPA) −
Classificazione, prove di prestazione e marcatura), UNI EN 1822-2 (Filtri aria HEPA e ULPA −
Produzione di aerosol, apparecchiature di misura, conteggio statistico delle particelle), UNI EN
1822-3 (Filtri aria HEPA e ULPA − Prove per filtri planari medi), UNI EN 1822-4 (Filtri aria

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HEPA e ULPA − Individuazione di perdite in elementi filtranti − metodo a scansione) e UNI EN


1822-5 (Filtri aria HEPA e ULPA − Determinazione dell'efficienza di elementi filtranti).
E’ d’altra parte evidente che, per garantire l’efficienza del sistema adottato, i vari elementi filtranti
debbano essere opportunamente posizionati il più vicino possibile all’ambiente da ventilare rispetto
al sistema di distribuzione dell’aria, avendo cura di effettuare una scrupolosa manutenzione a
scadenza programmata.
Per ambienti particolari, all’interno dei quali tendano a svilupparsi sostanze particolarmente nocive
(quali virus e batteri negli ospedali, gas tossici in ambienti industriali), è sconsigliabile adottare
sistemi di climatizzazione con ricircolo, garantendo, inoltre, la non propagazione di tali sostanze sia
verso gli ambienti limitrofi (ambienti inquinanti in “depressione” rispetto a questi ultimi) che,
possibilmente, verso l’esterno (depurazione dell’aria di espulsione).

Le portate di ventilazione
Le portate di ventilazione degli ambienti ai fini del controllo della qualità dell’aria devono essere
determinate in modo tale da mantenere la concentrazione delle sostanze inquinanti prodotte in
ambiente entro valori di accettabilità. Il criterio di accettabilità può essere, come accennato, sia di
tipo oggettivo che soggettivo, in quest’ultimo caso tenendo conto non solo degli effetti fisiologici
delle sostanze inquinanti, ma anche degli stimoli olfattivi da esse prodotti (si parla in tal caso di
"qualità percepita").
La portata di ventilazione secondo il criterio "oggettivo"
Nel primo caso, indicando con ga la portata di inquinante prodotta in ambiente, con i la
concentrazione dell’inquinante nell’aria di ventilazione in mandata e con a la concentrazione
dell’inquinante massima ammissibile in ambiente, la minima portata di ventilazione Gmin risulta:
∙ (27)
  
in cui  è l’efficienza del sistema di ventilazione, dipendente dal tipo di distribuzione ( < 1
corrisponde ad una ventilazione difettosa, in cui parte dell’aria immessa è espulsa dall’ambiente
senza che contribuisca alla diluizione degli inquinanti;  = 1 corrisponde ad un perfetto
mescolamento dell’aria immessa; in pratica si riescono a realizzare sistemi per i quali  è
mediamente compreso tra 0.9 ed 1.4, riuscendo ad ottenere valori più elevati per impianti a
dislocamento o con aspirazione dedicata in prossimità delle sorgenti di inquinanti).
La portata di ventilazione secondo il criterio "soggettivo"
Mentre le "vecchie" norme, peraltro ancora vigenti, stabiliscono, sulla base del criterio "oggettivo",
un definito numero di ricambi di ventilazione o una definita portata oraria di ricambio per persona,
peraltro in buon accordo con i principi di risparmio energetico, alcuni tra i recenti orientamenti
progettuali fanno riferimento al secondo criterio di accettabilità, che si basa sul concetto di qualità
percepita (soprattutto dopo i numerosi studi condotti negli USA sulla “sindrome da edificio
insalubre”).
Si verifica, infatti, che tutta una serie di sostanze contenute nell’aria di ventilazione e sviluppate in
ambiente, sebbene in concentrazioni nettamente inferiori a quelle di tossicità o rischio clinico,
vengono percepite dal punto di vista olfattivo, provocando una sensazione sgradevole.
Al riguardo, Fanger ha proposto di quantificare la capacità inquinante dal punto di vista olfattivo
delle diverse sorgenti introducendo una unità di misura di “inquinante percepito”, definita ”olf”,
corrispondente all’inquinante percepito prodotto da una persona adulta che svolga attività sedentaria
in condizioni di benessere termico (1met) con uno standard igienico di 0.7 bagni/giorno. Per quanto
attiene ai valori di inquinante percepito riferito a diverse sorgenti inquinanti, si può fare riferimento
ai valori disponibili in letteratura (ad esempio: persona in movimento, 4-6 met = 5-11 olf; fumatore
= 25 olf; materiali d’ufficio = 0-0.5 olf/m2).Lo stesso Fanger ha quindi introdotto:

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1) un indice PD (Percentage of Dissatisfied) che, con riferimento ai primi 15 minuti di


permanenza in un dato ambiente (onde evitare assuefazione olfattiva), esprime una
correlazione tra la percentuale di insoddisfatti (giudizio di tipo on/off) e la portata q di
ventilazione per unità di inquinamento percepito [l/(s⋅olf)] del tipo:
.
per q  0.32 [l/(solf)],
con a e b costanti, risultando sempre PD = 100% per q < 0.32 [l/(s⋅olf)].
2) un indice C di “qualità percepita dell’aria” o di “inquinamento percepito dell’aria” o ancora
di “concentrazione di inquinanti percepiti nell’aria” legato alla percentuale di insoddisfatti, e
quindi alla portata q di ventilazione per unità di inquinante percepito [l/(s⋅olf)], da una
correlazione del tipo:
ln , (29)
con a e b costanti, risultando C = 10/q ed assumendo per esso, quale unità di misura, il “decipol”,
pari all’inquinamento percepito in un ambiente con una ventilazione di 10 l/s di aria non inquinata
per ciascun "olf" prodotto in ambiente.
Per quanto attiene ai diversi valori di C si può ancora fare riferimento ai valori disponibili in
letteratura (ad esempio: in montagna, aria esterna pulita = 0 decipol; in città, aria esterna di buona
qualità = 0.2 decipol; in ambiente, aria di ottima qualità con PD 10% = 0.6 decipol; in ambiente,
aria di minima qualità con PD 30% = 2.5 decipol).
Ne deriva che, indicando con Na il numero di olf sviluppati in ambiente, con Ci la concentrazione di
inquinante percepito nell’aria di ventilazione in mandata, con Ca la concentrazione di inquinante
percepito massima ammissibile in ambiente e con  l’efficienza del sistema di ventilazione
precedentemente definita, la minima portata di ventilazione Gmin, relativa al criterio di accettabilità
basato sul concetto di qualità percepita, in analogia al caso precedente risulta:

_ min ∙ , (30)

usualmente nettamente superiore a quella precedentemente calcolata in base al criterio di
accettabilità “igienico-fisiologica”.

Aspetti normativi
Limitandosi al solo criterio "oggettivo" illustrato in precedenza, le classi di filtri e l'efficienza di
filtrazione richiesta per le diverse tipologie di edifici sono indicate nella norma UNI 10339
(Impianti aeraulici a fini di benessere − Generalità, classificazione e requisiti − Regole per la
richiesta d'offerta, l'offerta, l'ordine e la fornitura), in cui, tra l'altro, sono riportate diverse tabelle
informative utili alla progettazione impiantistica, tra cui le portate di aria esterna di ventilazione
richieste negli edifici ad uso civile. Ulteriori informazioni sono riportate nella norma UNI EN
13779 (Ventilazione degli edifici non residenziali − Requisiti di prestazione per i sistemi di
ventilazione e di condizionamento).

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Proprietà termoigrometriche delle pareti


Ipotesi: facciamo riferimento a una parete piana omogenea isotropa che si sviluppa indefinitamente
lungo y e lungo z, in modo da trattare un problema monodimensionale.

Attraverso una lastra permeabile al vapore, che separa due ambienti, se ai lati c’è aria umida, può
avvenire una migrazione di vapore.
La Propagazione o Trasmissione del Vapore avviene per effetto di una Differenza di Pressione
(parziale) del vapore.

Nell’ipotesi di pressione totale costante, le pressioni parziali sono funzioni solo delle umidità
specifiche.
Il vapore migra per effetto di differenze di pressioni attraverso mezzi Permeabili al Vapore, come la
maggior parte dei materiali da costruzione.

Il vapore va dai punti a più alta pressione parziale ai punti a più bassa pressione parziale
(ovvero, data la definizione di pressione parziale, dai punti a più alta concentrazione a quelli a più
bassa concentrazione).
La migrazione del vapore per diffusione (in assenza di moto della miscela di gas di cui fa parte) è
descritta dalla legge di Fick (di forma simile al postulato di Fourier):

Per lastra piana indefinita (isotropa e omogenea), in regime stazionario, si ha quindi:
∆ ∆

- gv = portata specifica di vapore acqueo, la quantità di vapore nell’unità di tempo per unità di
superficie frontale = [kgvap / h m2]. E' l'analoga del flusso termico specifico.

- v = Coefficiente di Conducibilità del Vapore = [kgvap m / h m2 Pa] = [kgvap / h m Pa]. E' l'analoga
della conducibilità termica.

Il coefficiente di conducibilità del vapore ha valori diversi a seconda del materiale:


Per aria immobile si ha:
1
 ,
1500000

- p = differenza di pressioni parziali. E' l'analoga della differenza di temperatura.

- s = spessore → s / v = Resistenza al Vapore (Rv), formalmente identica alla resistenza termica.

-  = Coefficiente di Resistenza al Vapore = rapporto fra la resistenza al vapore di un certo


materiale e resistenza al vapore dell’aria a parità di spessore = Rv(mat) / Rv(aria)
Ci dice quanto un determinato materiale è più resistente al passaggio di vapore rispetto all’aria.
, / , ,

, / , ,
1
,
 1500000
,  1500000

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Spesso le schede tecniche riportano solo i valori del coefficiente di resistenza al vapore .

- Alle volte è definito , = 1 / 

Alcuni valori di :
 mattoni = 10
 isolante (ES: polistirolo) = 20 - 30
 barriera al vapore (ES: sfoglia d'alluminio o materiale polimerico) = → infinito

Queste nozioni di base servono per la Verifica delle Condense: interne o superficiali
Hanno sempre effetti negativi.

Le condense superficiali e quelle interne hanno diversa origine, sono due fenomeni diversi quindi,
ma fare la verifica alle condense interne implica fare anche quella alle condense superficiali.

Es: condensa superficiale = quella sul vetro, una barriera al vapore.

Verifica della Condensa Superficiale


Tipico regime invernale: temperature interne > temperature esterne
Il rischio di condensa superficiale si ha sulla superficie interna del vetro, quella in comunicazione
con l’ambiente interno. La temperatura di quella parete è Tpa.

La verifica grafica è molto semplice: la condizione perché non si verifichi la condensa è…


… Tpa > Tra
La temperatura della superficie che confina con l’ambiente della parete deve essere maggiore della
temperatura di rugiada per l’aria ambiente.

Verifica della Condensa Interna


Si forma condensa all’interno della parete se la pressione del vapore tende superare la pressione di
saturazione, oppure, se la pressione di saturazione scende al di sotto della pressione del vapore.
Ipotesi: parete omogenea, conducibilità costante, regime stazionario;
Distribuzione delle temperature lineare. La temperatura superficiale non è uguale alla temperatura
dell’aria per effetto della resistenza termica liminare.
Le pressioni di saturazione dipendono dalla temperatura in modo non lineare  la distribuzione
delle pressioni di saturazione non è lineare.


→ la distribuzione delle pressioni parziali all’interno della parete è lineare.
*Come quella delle temperature ma NON quella delle pressioni di saturazione.
Le pressioni del vapore hanno una distribuzione lineare. Sulle superfici le pressioni parziali
dipendono dall’umidità specifica nell’ambiente adiacente. N.B. non c’è variazione della pressione
del vapore attraverso lo strato limite in quanto la resistenza alla migrazione del vapore offerta
dall’aria in moto convettivo è molto minore della resistenza offerta da qualunque strato di cui sia
composta la parete.
Le pressioni sulle superfici possono essere anche calcolate come le pressioni di saturazione per
l’umidità relativa.

Diagramma di Glaser o Verifica di Glaser in forma grafica.

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Nel nostro disegno notiamo che all’interno della parete le pressioni parziali sono tutte più basse
delle tensioni di vapore: l’aria all’interno della parete a umidità relative anche alte (che raggiunge
nella zona in cui la curva delle pressioni di saturazione si avvicina molto alla retta delle pressioni
parziali) NON condensa mai.

Se le due curve si incontrassero avremmo una zona interna alla parete dove il vapore raggiunge le
condizioni di saturazione: formazione di condensa interna.

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- Stavolta si incontrano: questa è una denuncia che siamo in condizione di Condensa Interna Parete,
ma non di Condensa Superficiale, infatti non è Pp = Ps sulla superficie interna di parete, bensì
all'interno.

N.B: strutture non permeabili al vapore possono avere solo condensa superficiale
→ per un vetro non esiste la verifica di Glaser.
(Se non c’è la possibilità che il vapore migri all’interno della struttura per differenza di pressioni parziali non
può formarsi condensa interna.)

Zona di Condensazione
La Zona di Condensa Interna NON è quella tra i due punti d’intersezione tra l’andamento delle
pressioni parziali e l’andamento delle pressioni di saturazione, bensì si individua così:

- Si individua il punto di Pp alla parete interna.


- Da lì si traccia la tangente all’andamento delle pressioni di saturazione.

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- Il punto di tangenza è t1.


- Lo stesso lavoro si fa a partire dal punto di Pp alla parete esterna → individuo t2.

L’andamento tratteggiato NON è reale: non possono esistere zone in cui Pp > Ps, o avremmo aria
soprasatura, instabile. Pp > Ps è il valore che Pp avrebbe se NON ci fosse il fenomeno di condensa.
Tra i punti di tangenza abbiamo la zona di condensa, dove l’aria si trova in condizioni di
saturazione e la pressione parziale coincide con la tensione di vapore.
Il tratto di curva tra i due punti di tangenza da sia l’andamento delle pressioni parziali che quello
delle tensioni di vapore. Sono uguali.

La distribuzione delle pressioni dalla parete interna a t1 ha pendenza diversa da quello da t2 alla
parete esterna. Come mai?
Pendenza =
La portata di vapore dall’interno è superiore a quella verso l’esterno in quanto la differenza è pari
proprio alla portata condensata. Quindi, la pendenza dal lato interno è superiore alla pendenza dal
lato esterno.
Esaminiamo la distribuzione delle pressioni nelle tre porzioni di parete:
- Nella porzione s1 c’è un flusso di vapore gv1 costante.
0

- Dal punto di tangenza interno in poi, lungo tutta la porzione s2 il vapore continua a migrare per
differenza di pressione parziale, ma si trova in saturazione → una parte condensa → si forma
acqua liquida.
- Dal punto di tangenza esterno in poi, nella porzione s3, il vapore che non è condensato migra con
un flusso costante (ridotto) gv3.

Finché persiste questa condizione stazionaria di flusso, continuerà a prodursi in quel tratto acqua
liquida.

Condizioni della verifica: il caso peggiore possibile, ovvero condizioni di alte x (umidità specifica)
nell’ambiente effettivamente realizzabili.
Un’elevata umidità specifica determina alte pressioni parziali e quindi il rischio di formazione di
condensa.
*Si prendeva come riferimento, in inverno, Ta 20°C, umidità relativa 70% (corrispondente a un
valore molto elevato di umidità specifica).
Si tratta di verifiche che (per i climi moderati) si fanno in regime invernale, ovvero con temperatura
interna e umidità specifica interna superiori a quelle esterne.

Una volta accertato che c’è condensa, come si rimedia?


1. Impianto di Condizionamento: le condizioni ottimali sono 20°C e U.R. 50% e l’impianto può
controllare che la U.R. non salga oltre un certo livello, controllando quindi anche la x.
Ciò si fa dopo (quando già la parete è costruita e stiamo usando l’edificio).
Quando viene spento l’impianto di condizionamento la temperatura dell’aria (all’interno)
diminuisce → potrebbe formarsi condensa interna per riduzione della pressione di saturazione.

2. In fase di costruzione, se necessario, si prevede che nella parete sia inserito un materiale che va
sotto il nome di Barriera al Vapore. Ciò si fa prima (in fase progettuale, costruttiva).

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In conseguenza dell’utilizzo dei materiali isolanti termici si è posto l’accento sulla prevenzione di
condense interne. Nelle vecchie strutture, in assenza di isolamento termico, la distribuzione della
pressione di saturazione segue quella della pressione parziale del vapore ed è poco probabile che si
formi condensa interna.

I materiali isolanti favoriscono notevolmente la formazione di condense interne.


Vediamo perché:
Partiamo da un andamento tranquillo, senza formazione di condensa. Parete di mattoni.

5000 25

4500 20

4000 15

3500 10
Pressione di 
3000 5 saturazione

2500 0 Pressione del 
vapore
2000 ‐5
Temperatura
1500 ‐10

1000 ‐15

500 ‐20

0 ‐25
‐5 0 5 10 15 20 25 30

A spessore invariato immaginiamo di creare due porzioni di mattoni e di mettere in mezzo uno
strato di materiale isolante. Come si modifica l’andamento delle temperature?

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5000 25

4500 20

4000 15

3500 10
Pressione di 
saturazione
3000 5 Pressione del 
vapore
2500 0 Temperatura

2000 ‐5 Serie7

1500 ‐10 Serie8

1000 ‐15

500 ‐20

0 ‐25
‐5 0 5 10 15 20 25 30

Azione dell'isolante: aumenta significativamente la resistenza termica → diminuisce


significativamente la trasmittanza → la potenza termica trasmessa sarà minore.
Infatti q = H (Te – Ti) diminuisce perché diminuisce H.

Quindi anche qe = he (T” - Te) diminuisce → diminuisce T’’


Quindi anche qi = hi (Ti – T') diminuisce → aumenta T’
→ la T’’ sarà minore e la T’ sarà maggiore.

Nei mattoni la pendenza cambia: è minore perché minore è il flusso termico mentre la loro
conducibilità e il loro spessore sono invariati → deve diminuire il T.

Il T totale nella parete è aumentato (quello tra interno ed esterno è invariato) e nei mattoni è
diminuito. Ciò perché il salto termico si concentra prevalentemente nello strato isolante.
Di conseguenza avremo una caduta della pressione di saturazione concentrata nel materiale
isolante.

Ciò, come vediamo nel disegno, facilita la formazione di condensa: infatti nel nostro esempio senza
il materiale isolante non c’era formazione di condensa, con il modificato andamento delle Ps dovuto
all’inserzione del materiale isolante abbiamo invece formazione di condensa.

Vediamo COME si usano le barriere al vapore per prevenire la formazione di condense interne
Barriere al Vapore: sono materiali con coefficiente di resistenza al vapore dell’ordine di 100.000,
500.000, quindi con bassissima conducibilità al vapore.
(ES: sfoglie di materiali polimerici, di alluminio…)

L’isolante ha abbassato la Ps? → noi abbassiamo la Pp!

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5000 25

4500 20

4000 15

3500 10
Pressione di 
3000 5 saturazione

2500 0 Pressione del 
vapore
2000 ‐5
Temperatura
1500 ‐10

1000 ‐15

500 ‐20

0 ‐25
‐5 0 5 10 15 20 25 30

Ipotizziamo di mettere una barriera al vapore di spessore trascurabile e di trascurabile effetto


sull’andamento delle temperature: ad esempio una sfoglia di alluminio di 1/10 di mm.
L’effetto sarà di impedire la migrazione del vapore. Quindi, al di fuori della barriera la pressione del
vapore si mantiene pressoché uniforme.
- Avremo dunque una brusca caduta di pressione parziale fra monte e valle della barriera al vapore.

→ In questo modo, prima che si verifichi la condizione di formazione di condensa, la pressione del
vapore diminuisce, evitando la formazione di condense grazie alla barriera al vapore.

Le pressioni parziali a monte e valle della barriera al vapore sono rispettivamente più alta e più
bassa del caso senza barriera al vapore.

N.B: dunque il materiale isolante termico tende a favorire la formazione di condensa interna, la
barriera al vapore ne compensa questo effetto negativo.

Regola Generale: in situazione di regime invernale il vapore dall’interno migra verso l’esterno e
può trovarsi all’interno della parete in condizioni di condensazione. Stabilito ciò, per evitare la
formazione di condensa interna…
La barriera al vapore va posta il più possibile verso gli strati interni della parete, ovvero il più
vicini possibile all’ambiente “sorgente” di vapore.
Il materiale isolante va invece posto il più possibile all’esterno della parete.
Non sempre però si riesce a fare ciò.

Notiamo come quello sia il posizionamento ottimale perché:


 La presenza di isolante all’esterno mantiene la pressione di saturazione più alta in tutta la
parete. Alzare tutte le tensioni di vapore della parete è un ottimo lavoro aggiuntivo da parte
dell’isolante termico.

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 La barriera al vapore all’interno impedisce la migrazione del vapore nella parete,


mantenendo la pressione del vapore bassa in tutta la parete, allontanandola ancora di più
dalle pressioni di saturazione.

Problema:
La barriera al vapore abbatte le Pp a valle ma le alza a monte: può farlo talmente tanto da
provocare, prima della barriera, condensa interna che prima non c’era.
ES: questo succede concretamente quando si monta male un materiale isolante, credendo che
l’isolamento dall’umidità vada messo in direzione della pioggia esterna e non del passaggio di
vapore dall’interno.

5000 25

4500 20

4000 15

3500 10
Pressione di 
3000 5 saturazione

2500 0 Pressione del 
vapore
2000 ‐5
Temperatura
1500 ‐10

1000 ‐15

500 ‐20

0 ‐25
‐5 0 5 10 15 20 25 30

Si rivolge la sfoglia d’alluminio verso l’esterno, montando il pannello con l’alluminio attaccato
all’isolante anziché verso l’interno della casa e ciò causa un posizionamento della barriera al vapore
“troppo avanti” e il problema di cui sopra.

La cosa peggiore è mettere una barriera al vapore esterna: così si tiene alta la Pp in tutta la parete,
è proprio l’errore peggiore e si fa credendo di dover proteggere il muro dall’umidità esterna.

Un isolante va SEMPRE protetto da una barriera al vapore: se un isolante termico tipo lana di vetro
o lana di roccia si bagna, anche se dopo si riasciuga può perdere le sue caratteristiche di isolante
termico. (ciò può accadere ad esempio se il materiale perde “vaporosità” bagnandosi, schiacciandosi
e riasciugandosi schiacciato)

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Criteri di progettazione degli impianti di climatizzazione


Per sviluppare un impianto di condizionamento occorre:
 Conoscere le Caratteristiche del Fabbricato: pianta architettonica, posizione, destinazione
d'uso, orientamento, periodi in cui l'ambiente sarà occupato dalle persone;
 Definire le Condizioni Termoigrometriche e la Qualità dell'Aria;
 Definire le Condizioni di Progettazione;
 Effettuare il Calcolo dei Carichi Termici.

Sviluppo di un Impianto di Condizionamento – Condizioni di Progettazione


Le condizioni di progettazione si dividono in:
1) Interne: Temperatura Interna dell'Aria & Umidità Relativa Interna dell'Aria
Sono i due parametri più significativi (anche se occorre conoscere, non fissare, la temperatura
radiante delle superfici limite dei corpi presenti);

Essi sono i valori che vogliamo ottenere all'interno, per cui devono essere legati alle condizioni
dell'ambiente esterno e al tipo d'abbigliamento del periodo.

Generalmente si utilizzano questi due valori termoigrometrici estremi, corrispondenti a due


condizioni ambientali accettabili estreme:
 Valori Invernali: Ti = 18 – 20 °C ; U.R. = 45 – 55 %;
 Valori Estivi: Ti = 24 – 26 °C ; U.R. = 40 – 60 %;
*valori per ambiente uso ufficio e attività moderata.

Questi valori dipendono anche dal tempo di permanenza in ambiente: quando si entra in un
ambiente c'è un Tempo di Acclimatazione minore o uguale a 10 minuti; solo dopo di esso
l'individuo comincia ad avvertire (e può quindi verificare) se si trova in condizioni di benessere
termoigrometrico o meno. Quindi, le condizioni variano in relazione alla tipologia di ambiente.
Es: in un bar si rimane meno che in un ufficio → ci dev'essere una temperatura diversa.

2) Esterne: Temperatura Esterna dell'Aria & Umidità Relativa Esterna dell'Aria


Anch'esse sono riferite a due condizioni estreme, invernale ed estiva:
 Valori Invernali: ci sono norme che definiscono, per le varie località, la temperatura minima
invernale; sono valori molto severi (eccessivamente bassi) con cui di solito si
sovradimensiona l'impianto;
Es: a Roma la Tmini = 0 °C

 Valori Estivi: è necessario


◦ Individuare il giorno più gravoso per il nostro fabbricato;
◦ Definire l'andamento delle temperature in quel giorno, nell'ipotesi di cielo sereno (ciò è
necessario perchè NON si può fare l’ipotesi di regime stazionario nel periodo estivo);
◦ In base a ciò si dovrà poi individuare la temperatura massima e l'escursione termica;
esse vengono definite dalle norme.
Es: a Roma il giorno critico è il 23 Luglio, la temperatura massima è di 33-34°C e l'escursione
termica è di 10-11°C

Ricapitoliamo: ci sono condizioni interne ed esterne di progettazione, per le quali si assumono


valori estremi diversi in inverno e in estate.

N.B.1:

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in inverno sono condizioni aggravanti l'assenza di illuminamento, l'assenza di persone in ambiente,


l'assenza di macchinari in funzione;
in estate saranno condizioni aggravanti il massimo illuminamento, l'affollamento, la presenza di
dispositivi in funzione.

N.B.2: bisogna climatizzare opportunamente l'ambiente PRIMA che le persone lo occupino e


inizino le loro attività. Quindi, in inverno, gli apporti di calore dovuti alle persone e ai macchinari
non devono essere considerati nel calcolo.

N.B.3: un difetto dello studio basato sui valori estremi è che non è detto che il carico massimo di
raffrescamento si verifichi nel giorno estremo estivo.
Es. un ambiente con ampie superfici vetrate a Sud potrebbe avere carichi superiori in autunno, in
primavera o persino in inverno, per effetto dell’angolo di incidenza inferiore della radiazione solare
(dovuto alla minore altezza solare) rispetto alle condizioni estive (con elevata altezza solare, quindi
irraggiamento ridotto sulla parete a Sud, nonostante l’elevata temperatura esterna).

Valutazione del fabbisogno di energia per la climatizzazione


invernale
- L'Italia è classificata in Zone Climatiche (da A ad F), in base ai gradi giorno. Di questi daremo una
definizione corretta più avanti, per ora possiamo dire che essi sono una sorta di “unità di misura” di
quanto è rigido il clima nel periodo invernale.
Es: Roma ne ha 1415, Bolzano ne ha 2791.

Le Tg su questo diagramma sono temperature medie: di rilevazioni, mediate nel corso del giorno,
mediate in vari anni di rilevamenti.

Esistono poi delle Ta, temperature interne, che la norma impone siano mantenute durante i periodi
di riscaldamento e raffrescamento

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(Memo – vedi sopra: la norma impone che nel periodo di riscaldamento la temperatura
dell’ambiente sia mantenuta a non più di 20°C.)
Si fissa dunque sul diagramma Ta temperatura ambiente di riferimento, da non superare.

Si fissa poi una Te min temperatura dell’aria esterna minima, sotto la quale non si ritiene ragionevole
accendere l’impianto di riscaldamento.
Tale temperatura è normalmente inferiore a quella che voglio mantenere dentro (Ta). Ciò perché ci
sono contributi come l’energia raggiante solare, che riducono l’effettiva necessità di apporti di
calore da parte dell’impianto di climatizzazione.
Insomma, abbiamo una temperatura esterna sotto la quale si intende attivabile il riscaldamento.

Si individuano così delle intersezioni Te min – curva delle Tg: quelle ascisse sono il primo e l’ultimo
giorno di riscaldamento.
Tra quei due giorni abbiamo il Periodo di Riscaldamento [gg]

Abbiamo dunque la definizione corretta dei gradi giorno:


GradiGiorno (GG): sono la somma, su tutti i giorni dell'anno, delle differenze di temperatura tra la
temperatura Ta - Tg(gg), che chiameremo.

Che significa Gradigiorno dal punto di vista grafico? E’ l’area compresa tra la curva Tg e la retta
Ta.

, , ∙

dove
Ng = numero di giorni del periodo di riscaldamento

Possiamo individuare una Retta di Compenso, tale che l’area sotto ad essa ma sopra la curva sia pari
alle aree ai lati sotto la curva ma sopra di essa.
Chiamiamo la temperatura della retta ,
Fasce Climatiche:
A - Gradi Giorno 600: le città del nostro Sud. Vuol dire che la Te si mantiene abbastanza vicina alla
Ta e scende sotto ad essa per un numero di giorni limitato. Condizioni invernali più miti.
B – 601 - 900
C – 901 - 1400
D – 1401 – 2100 (Roma con 1415)
E – 2101 - 3000
F –sopra i 3000: le città con inverni più rigidi.

Un passo avanti: le ore al giorno che il riscaldamento sarà attivato.


I gradi giorno ci interessano per definire il periodo di riscaldamento in termini di numero di giorni
durante la stagione, ma a noi interessa anche le ore al giorno che il riscaldamento sarà attivato.

Applicazione: si usavano i Gradi Giorno per valutare l’energia termica dispersa dagli ambienti
durante una stagione di esercizio dell’impianto di riscaldamento.

Note che siano tutte le superfici che scambiano calore con l’esterno (pareti esterne, pareti vetrate…)
definiamo:
Sj area di ciascuna porzione di superficie omogenea j
Hj trasmittanza termica di ciascuna superficie omogenea j
Ta temperatura ambiente

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Te(g) temperatura esterna media giornaliera


dà la potenza media dispersa attraverso una certa superficie in un certo giorno;

sommando su j ottengo la potenza media dispersa da tutte le superfici;



moltiplicando per le ore al giorno di funzionamento del riscaldamento ottengo l’energia giornaliera
dispersa da tutte le superfici, quella che dovrò reintegrare mediante l’impianto di riscaldamento;

sommando su tutti i giorni del periodo di riscaldamento ottengo l’energia dispersa da tutte le
superfici per tutto il periodo di riscaldamento;

Introduciamo ora la , , temperatura media stagionale:


,

indica la potenza media stagionale scambiata da tutte le superfici.

Spieghiamo: abbiamo tolto la dipendenza di Te da g per cui possiamo evitare la sommatoria su tutti
i giorni di riscaldamento ma comunque non avere un risultato valido per un solo giorno, bensì un
risultato medio.
,

moltiplicando per le ore al giorno di funzionamento del riscaldamento ottengo l’energia giornaliera
media scambiata nel periodo da tutte le superfici.
,

moltiplicando poi per Ng (giorni del periodo di riscaldamento), per come abbiamo definito ,
avremmo lo stesso risultato della formula di prima, ovvero l’energia dispersa da tutte le superfici in
tutto il periodo di riscaldamento;

Proviamo ora a considerare:


Stot somma di tutte le superfici di trasmissione; prendiamo poi, detto
(Trasmittanza termica media) una media delle trasmittanze Hj pesate con le superfici Sj


,
è ancora una volta l’energia dispersa da tutte le superfici in tutto il periodo di riscaldamento;

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*Su questa formula le vecchie norme imponevano di calcolare i consumi di combustibile.


Non si tiene conto del fatto che ci sono sorgenti naturali spontanee di calore di cui invece bisogna
tenere conto nel calcolo di consumi e fabbisogni.
Es: energia solare, apporti termici all’interno degli ambienti (occupanti, illuminazione artificiale,
apparecchiature)

Calcolo dei Carichi Termici Invernali


Stabilite le condizioni estreme, si passa al calcolo dei carichi termici.

- Ci mettiamo, tanto per cominciare, nelle Condizioni Peggiori: NO irraggiamento solare, NO fonti
di calore interne all'ambiente a meno che la loro presenza non sia assicurata e costante.
(Es: macchinari perennemente in funzione, difficile trovarne in ambienti civili)

Sviluppiamo infine il vero e proprio calcolo dei carichi termici invernali.


Carico Termico Estremo: è il massimo fabbisogno termico richiesto da un ambiente per garantire il
controllo della temperatura dell’ambiente (ovvero per mantenerla al valore di benessere).

Storicamente, per limitare l’impegno di calcolo, si fa il calcolo dei carichi termici estremi invernali
ed estivi, cioè della richiesta massima e si dimensionano gli impianti per l’esercizio massimo,
ovvero in queste due occasioni.

- Una volta individuata la Destinazione d’Uso dell’ambiente si avranno la temperatura ed


eventualmente l’umidità relativa desiderate.
Queste due prendono il nome di Variabili di Progettazione Interne o Condizioni Interne e dipendono
dalla destinazione d’uso, ripetiamo.

Prendiamo come condizioni interne invernali:


- Ta = 20°C +/- 1°C
- U.R.a = 45% +/- 5%
Notiamo le Tolleranze Ammissibili sul controllo di temperatura e umidità relativa che il sistema di
controllo può ammettere.

- Abbiamo poi le Condizioni Esterne di Progettazione: temperatura esterna minima in


corrispondenza della quale calcolare i disperdimenti.

NON è la temperatura minima assoluta per quella località, è una sorta di media della minima
registrata anno per anno, perché prendere la minima mai registrata porterebbe probabilmente a un
sovradimensionamento dell’impianto. Sarebbe la “temperatura esterna minima più ricorrente”.

Prendiamo la temperatura invernale di riferimento per Roma: Tmin = 0°C.

Non è però una verità assoluta: anche la definizione delle condizioni esterne dipendono dalla
destinazione d’uso.
Es: se la destinazione d’uso è particolarmente critica, tanto che non sarebbe tollerabile
l’indisponibilità di una potenza adeguata in presenza di una temperatura inferiore a quella di
progetto, anche per brevi periodi, sarà opportuno dimensionare per una temperatura “di sicurezza”,
eventualmente inferiore anche alla minima temperatura mai registrata nella località.

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Variazione della temperatura di progetto rispetto alle indicazioni per la località di riferimento:
Se l’agglomerato urbano è piccolo o l’edificio si trova in periferia, si riduce di 1°C.
Se l’edificio è isolato, si riduce di 2°C.
Si riduce la temperatura di progetto di 1°C ogni 200m d’altitudine al di sopra dal livello di
riferimento. (Calcolare bene perché il progetto rischia di cambiare parecchio.)
Queste correzioni tengono conto dell’effetto isola di calore che si registra negli agglomerati urbani.

- Si calcolano le Dispersioni di Calore: considerando le pareti che affacciano all’esterno e quelle in


comunicazione con ambienti interni che possono trovarsi a temperatura diversa dal nostro.
,
, ,
Per un certo periodo la normativa vigente in Italia imponeva un limite alla potenza dell’impianto di
riscaldamento installabile in relazione all’esito del calcolo indicato sopra. Poiché ambienti con
differente esposizione hanno diversi apporti solari (che non sono calcolati per il dimensionamento,
ma che sono presenti durante l’esercizio dell’impianto), inoltre, la trasmittanza dei componenti
edilizi igroscopici dipende dall’irraggiamento solare medio, la normativa prevedeva la
moltiplicazione della potenza trasmessa attraverso i componenti dell’involucro affacciati all’esterno
per un coefficiente compreso tra 1 e 1.2. Ciò corrisponde ad un incremento della potenza derivante
dal calcolo tra lo 0% (esposizione Sud) e il 20% (esposizione Nord) per garantire potenze
dell’impianto adeguate alle effettive necessità.
La normativa di calcolo attualmente vigente non prevede l’utilizzo dei fattori di esposizione, che,
peraltro, in presenza di isolanti termici non igroscopici non sono appropriati.

Abbiamo dato le basi per il calcolo dei disperdimenti, ma ciò vale nel caso di:
- Temperatura esterna minima
- Assenza di irraggiamento solare
- Notte

E per quanto riguarda l’ambiente interno…


- Nessuna sorgente interna di calore (assenza di persone e potenze termiche dovute a
dissipazione di apparati…)

Tutti questi fattori sono apporti termici, infatti andranno invece tenuti da conto nel calcolo del
raffrescamento estivo.

Fatti i calcoli in assenza di tutte queste sorgenti di calore ci mettiamo nelle condizioni estreme.
“Lavoriamo a vantaggio della garanzia delle prestazioni”.

*Una persona in attività moderata cede all’ambiente circa 70W di calore sensibile e 40W di calore
latente.
Bisognerebbe però tenerne conto, perché se l’ambiente è vuoto, che lo climatizzo a fare?
NON è così: l’ambiente va climatizzato in modo che chi ci entra lo trovi già nelle condizioni
ambientali di benessere.
Per questo si progetta in funzione delle condizioni estreme, quelle che prevedono un ambiente non
occupato.

Ma nell’ambiente ci potrebbe essere una Sorgente di Calore Continua. In tal caso la considero!
E’ difficile però trovare un ambiente, soprattutto nel settore civile, in cui ci sia una sorgente di
calore certa e continua…

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ES: un computer sempre acceso. Potrebbe guastarsi! O non lo calcoliamo nel progetto o accettiamo
di perdere il suo contributo quando si guasta.

Calcolo dei Carichi Termici Invernali - Effetti di Bordo


Nella nostra formula noi non teniamo mai conto degli effetti di bordo: calcoliamo il disperdimento
ad esempio attraverso una finestra con la formula della lastra piana indefinita.
Eppure, una finestra, una parete, NON sono lastre piane indefinite, comunicano bensì con gli
elementi strutturali adiacenti. Più precisamente è in connessione sia sopra e sotto che di lato.

Per correggere la potenza termica calcolata con la trasmittanza (che presuppone l’assenza di effetti
di bordo  superficie di bordo della parete ortogonale e adiabatica) si introducono dei le
trasmittanze termica lineari “K Lineari”: hanno unità di misura [W / m K]. Spesso gli effetti di
bordo sono denominati “Ponti termici”.

La potenza termica trasmessa attraverso l’involucro esterno è quindi:


, ,
, , ,

Il secondo termine è la potenza termica che si trasmette all’esterno in aggiunta a quello che si
avrebbe attraverso le pareti indefinite (oppure con bordo adiabatico). La trasmittanza termica
lineare deve essere moltiplicata per la lunghezza L del bordo considerato.

Casi Particolari:
La presenza di un Isolamento Continuo rende trascurabile l’effetto di bordo.
→ In presenza di isolamento continuo Kl  0.

Calcolo dei Carichi Termici Invernali - Impianto con


Radiatore
Andiamo avanti nel nostro progetto d’impianto:
Abbiamo calcolato i massimi Disperdimenti (quelli nelle condizioni estreme progettuali).
Questi però non sono la massima potenza che il radiatore deve erogare: la potenza termica che
dovranno fornire i riscaldatori non è solo pari ai disperdimenti, anche se consideriamo i ponti
termici. Prendendo questa come potenza di progetto potrei sottodimensionare l’impianto.

Dobbiamo aggiungere una ulteriore potenza da fornire: quella per i Ricambi d’Aria.
In ogni ambiente ci sono dei ricambi d’aria (naturali o meccanici che siano).

n = numero di ricambi d’aria orari. n si esprime in numero di volumi ambiente / ora, [vol / h]
Es: se abbiamo n = 2 vol/h e un ambiente di 100 m3, vuol dire che la portata d’aria è
2100=200m3/h.

Le normative impongono un certo valore di ricambi d’aria orari per ogni tipo di ambiente, in base ai
quali dobbiamo progettare la potenza termica dell’impianto di riscaldamento. Ciò anche se con i
moderni edifici spesso non si arriva a quei valori di ricambi d’aria.

Spieghiamo: i ricambi d’aria naturali non possono che essere stimati. Variano nel tempo, con le condizioni
climatiche, con l’uso dell’edificio… per questo progettiamo con i valori di ricambi orari raccomandati o imposti
dalle norme.

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È necessario che l’impianto di riscaldamento fornisca anche la potenza termica necessaria per
riscaldare l’aria di rinnovo, ovvero per compensare la perdita di energia termica dovuta al fatto che
nell’ambiente entra aria esterna in sostituzione di quella ambiente che fuoriesce.

Questo “apporto di freddo” deve essere compensato dall’apporto di calore che il radiatore fornisce
all’aria ambiente. Il radiatore fornisce il calore che corrisponde a quell’apporto di freddo, oltre a
compensare i disperdimenti (che tenderebbero ad abbassare le temperatura ambiente).

Calore che deve fornire il radiatore = Qr = Qdisp + Qaria di rinnovo dove:


Qdisp = calore perso per disperdimenti
Qaria di rinnovo = calore per il riscaldamento dell’aria esterna di ricambio = Ga c*au (Ta – Te)
c*au è il calore specifico dell’aria umida per unità di volume.
Ga = portata d'aria in ingresso (soli ricambi).

*Il radiatore non riscalda proprio l’aria di ricambio esterna, compensa solo la fuoriuscita di energia
termica per via della portata di ricambio.

Calcolo dei Carichi Termici Invernali - Impianto di


Termoventilazione
Nell’ambiente viene immessa meccanicamente aria termicamente trattata (non ci sono radiatori in
ambiente).
Non serve Qaria bensì solo Qdisp.
Il calore viene fornito all’aria PRIMA che questa sia immessa in ambiente.

Noti i disperdimenti Qdisp e la portata d’aria in ingresso Ga, quale sarà la temperatura di mandata
Tm?
Si ricava da: Ga c*au (Tm – Ta) = Qdisp

Infatti è immettendo in ambiente aria più calda dell’aria ambiente che contrasto col calore così
fornito il calore perso per via dei disperdimenti.

Attenzione! Non Qdisp + Qaria, solo Qdisp. Infatti, se l’ambiente viene climatizzato in questa maniera
l’aria di ricambio viene portata alla temperatura ambiente prima di essere immessa in ambiente.

Praticamente la differenza tra questo e quello prima è che qui sto immettendo aria a Ta in un ambiente a
temperatura Ta per cui il lavoro che l'impianto deve fare in più è quello di innalzare ulteriormente la
temperatura dell'aria che immette per compensare i disperdimenti. In quello prima invece dovevo riscaldare
un ambiente, compensandone i disperdimenti, in più dovevo compensare l'apporto di freddo che
l'immissione di aria fredda (alla Te) in ambiente comportava.

E’ chiaro che le Temperature di Mandata Massime non possono superare i circa 50°C (dipende dal
sistema distributivo, ma grossomodo i valori numerici della Tmax sono questi).
Se ci viene Tm troppo alta, da questa formula, dovremo intervenire sulla portata, aumentandola per
poter abbassare Tm a parità di Qdisp.

Dobbiamo verificare che:

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 La Temperatura Residua nella Parte dell’Ambiente Occupata dalle Persone sia sotto quella
massima accettabile;
Se ci viene troppo alta dovremo intervenire sulla portata, aumentandola per poter abbassare Tm a
parità di Qdisp.
 La Velocità Residua nella Zona Occupata dalle Persone sia sotto quella massima accettabile,
cioè non deve superare 0.1-0.2 m/s (specialmente l’aria fredda non deve essere troppo
veloce).
Se questa condizione non viene verificata si cambia bocchetta di distribuzione. Ne esistono anche
alcune che si orientano in base a come l’aria immessa riesce a rimescolarsi con l’aria ambiente.

L’equazione, assegnata una temperatura di mandata di accettabilità (oppure se la temperatura di


mandata è imposta per altre ragioni), può essere utilizzata anche per calcolare la portata Ga.
Ga = Qdisp / c*au (Tm – Ta) ...è infatti l'equazione di controllo termico che faremo più avanti, a
meno dell'efficienza del sistema di ventilazione.

*per temperatura di mandata di accettabilità si intende quella che dipende dalla distanza bocchetta
d’immissione / persone. Se immettiamo vicino alle persone, la temperatura di mandata non potrà
differire più di 5-6°C da quella ambiente, se invece l’aria immessa ha la possibilità di mescolarsi
adeguatamente con l’aria presente in ambiente sono ammissibili anche differenze di temperatura
maggiori.

Ci sono delle ulteriori condizioni che impongono Ga: è imposta una portata minima (che dev’essere
garantita) in base ad esempio al grado di affollamento dell’ambiente.

Ga compatibile con la qualità dell’aria e con la temperatura d’immissione → Tm

Riassumiamo: Qdisp = Ga c*au (Tm – Ta) può essere usata per ricavare Ga imposta Tm, oppure Tm
imposta Ga.
Le condizioni che possono imporre un limite a Tm , sono le posizioni delle bocchette di immissione.
Le condizioni che possono imporre un limite a Ga sono il grado di affollamento dell’ambiente.

Da quell’equazione ricaviamo anche la Potenza della Batteria di riscaldamento: Ga * c*au * (Tm – Te)

Spieghiamo: infatti complessivamente la batteria deve fornire calore sia per riscaldare l’aria esterna
fino alla temperatura ambiente, sia per compensare i disperdimenti (portando l’aria immessa dalla
temperatura Ta fino alla temperatura Tm)

Negli impianti di climatizzazione con controllo dell’umidità ambiente, per i calcoli deve essere utilizzata la
potenza associata ai soli disperdimenti se l’ambiente è mantenuto in sovrapressione rispetto all’esterno.
Altrimenti, se l’ambiente è mantenuto in depressione rispetto all’esterno, il carico invernale dovrà
considerare anche la potenza termica dovuta alle infiltrazioni.

Calcolo dei Carichi Termici Estivi


A differenza di quello invernale NON si può adottare l’ipotesi di regime stazionario.

Perché?
Ci dobbiamo mettere nelle condizioni tali per cui l’ambiente si trovi nelle condizioni di massimi
carichi e quindi abbia esigenza della massima potenza frigorifera.

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Condizioni di Progettazione Estreme Estive: massima temperatura esterna, massimo irraggiamento


solare (che dipende da latitudine, esposizione…), giornata completamente serena, massimo
affollamento, massimi apporti da apparecchiature all’interno…condizioni opposte a quelle estreme
invernali.

L’irraggiamento solare ha intensità variabile sulle diverse esposizioni durante la giornata. Pertanto,
non è possibile valutare a priori la condizione più gravosa. È quindi necessario calcolare i carichi
nelle diverse ore del giorno e individuare a posteriori il momento in cui si ha il massimo carico.

Nessun carico è istantaneo, nemmeno attraverso le superfici vetrate.

Carico termico estivo attraverso una Superficie Vetrata


H as
Potenza dovuta alla radiazione solare che entra in ambiente: q irr = (̄ t + h ) W i ( τ ) dove:
e

as H/he < 1 ci da la frazione della potenza assorbita che diventa carico per l’ambiente per differenza
di temperatura.
Potenza complessiva trasmessa in ambiente per differenza di temperatura e per radiazione solare:
H as
q= ( ̄ t + ) W i ( τ )+ H [ T e ( τ )− T i ]
he
Il primo termine dipende dall’energia raggiante incidente, il secondo dalla differenza di temperatura
esterno/interno.

Queste formule sono valide in regime stazionario e non stazionario per superfici vetrate
ultraleggere, ma nel termine t*Wi abbiamo energia raggiante che passa per trasparenza.
Questa energia non è un carico istantaneo per l’aria ambiente e quindi non il carico che ci
interessa effettivamente, ovvero quelli che interessa l’aria in cui siamo immersi.

Infatti, questa energia NON viene assorbita dall’aria, la quale è trasparente alla radiazione solare.
Viene invece assorbita dai corpi solidi presenti in ambiente e che delimitano l’ambiente (pareti,
pavimento, soffitto, arredi). N.B. la radiazione solare viene in parte riflessa dalle superfici,
interessando tutto l’involucro edilizio; inoltre l’incremento di temperatura che provoca determina
uno scambio per irraggiamento nell’infrarosso che contribuisce a distribuire l’energia solare tra tutte
le superfici interne.

L’energia assorbita dai corpi solidi viene trasmessa per convezione all’aria ambiente → la sua
restituzione all’ambiente dipende dalla condizione termica delle pareti, la quale varia nel tempo.

Se dunque le pareti che assorbono e trasmettono l’energia t*Wi hanno una loro Inerzia Termica,
l’evoluzione di temperatura della parete NON sarà istantanea.

La radiazione solare aumenta la temperatura della superficie interna Tsi dell’involucro edilizio.
Essendo questa temperatura ad influenzare gli scambi termici tra la superficie interna della parete e
l’aria ambiente, il carico termico derivante dall’assorbimento dell’energia raggiante da parte delle
pareti da luogo a un flusso:

dove:
hi è il coefficiente di adduzione medio interno
Stot è la superficie totale delle pareti che assorbono la radiazione solare

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Il flusso massimo si ha per la massima differenza di temperatura (Tsi() – Ta), il che non accade
quando si ha la massima energia che passa per trasparenza, bensì dopo un certo tempo, che
possiamo ancora chiamare Ritardo.

In questo caso il ritardo è dovuto all’inerzia di TUTTE le strutture che partecipano


all’assorbimento.
Per tenere conto di ciò esistono diversi metodi di calcolo del carico estivo dovuto alla radiazione
solare attraverso le superfici vetrate. Uno dei metodi è quello dei Fattori di Accumulo per
l’Irraggiamento Solare.
Il Carico Effettivo che arriva all’ambiente a seguito dell’irraggiamento solare diretto è dato da:
,
La radiazione solare massima sulla superficie vetrata è moltiplicata per i fattori correttivi, per la
superficie del vetro e per un fattore di accumulo che contiene la variazione del carico in relazione
alla distribuzione della radiazione solare durante la giornata e all’inerzia termica dell’ambiente.
fO è il fattore di ombreggiamento che esprime la frazione di superficie effettivamente irraggiata dal
sole. N.B. per la tipologia di metodo deve essere assunto un valore costante per l’intera giornata,
generalmente il valore medio.
ft è il fattore di trasparenza che valuta la trasparenza effettiva alla radiazione solare. Se Wi è la
radiazione incidente sul vetro, è pari al coefficiente di trasparenza globale per la radiazione solare.
Se viene utilizzato il valore di radiazione attraverso il vetro semplice (come nelle tabelle allegate), il
fattore correttivo tiene conto della trasparenza relativa, rispetto al vetro semplice.
Alcune tabelle di calcolo fanno riferimento alla superficie lorda della finestra, comprensiva del
telaio. In tal caso vengono aggiunti coefficienti correttivi della superficie netta effettiva della
superficie vetrata. N.B. gli infissi in ferro generalmente sono più sottili degli infissi in legno,
alluminio o PVC, generalmente assunti come riferimento.
Il fattore di accumulo ha un valore, variabile nel tempo, che dipende da:
- latitudine,
- giorno dell’anno,
- esposizione della superficie vetrata,
- inerzia termica dell’ambiente,
- durata e distribuzione nella giornata del periodo di climatizzazione.
Le tabelle abitualmente disponibili (come quelle allegate) sono riferite alle medie latitudini (circa
40°), per la giornata estiva tipica (23 Luglio). Il periodo di climatizzazione è valutato con inizio alle
ore 8 (solari).
Nelle tabelle, l’inerzia termica dell’ambiente è descritta mediante la Massa Efficace dell’Ambiente.
Essa è così definita:
1
∑ S e s e ρe + 2 ∑ S i s i ρi
M eff = dove:
Sp
Se, se, roe = superficie, spessore e densità delle pareti che danno all’esterno
Si, si, roi = superficie, spessore e densità delle pareti che danno all’interno

Per le superfici interne viene introdotto un coefficiente ½, in quanto si suppone che metà della
massa partecipi all’assorbimento per l’ambiente in questione e l’altra metà partecipi per l’ambiente
contiguo.

Sp = superficie del pavimento. Ciò perché viene valutata l’inerzia termica specifica: la Meff viene
data in [kg/m2 di pavimento], eppure non è il peso del pavimento sebbene esso rientri comunque,

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comparendo al numeratore (per intero o per metà a seconda se stiamo parlando di piano terra o altri
piani). Praticamente si rapportano tutte le masse al pavimento.
A masse efficaci più alte corrispondono maggiori inerzie delle strutture degli ambienti e quindi
variazioni di temperatura di parete più basse e ritardi maggiori.

Le tabelle dei fattori di accumulo sono differenziate in relazione alla durata del periodo di
climatizzazione. Infatti, quando la climatizzazione si interrompe l’energia solare si accumula
nell’ambiente, determinando un carico superiore all’attivazione il giorno successivo.

I fattori di accumulo hanno valore diverso in relazione alla posizione degli eventuali schermi alla
radiazione solare. Gli schermi esterni determinano un vero e proprio ombreggiamento, riducendo la
potenza solare istantanea. Gli schermi interni (tende, veneziane, ecc.) riflettono parte della
radiazione incidente, ma ne assorbono anche una parte. Poiché hanno un’inerzia termica modesta
rispetto all’inerzia dell’ambiente, la quota di radiazione assorbita dagli schermi interni diventa
carico per l’ambiente con un ritardo modesto.

Non è detto che non tener conto dell’accumulo e quindi assumere la potenza raggiante che passa per
trasparenza attraverso la parete vetrata ed arriva in ambiente come un carico istantaneo faccia
lavorare a vantaggio di sicurezza, sovrastimando il carico termico.
Effettivamente in assoluto sarebbe così, ma dobbiamo tener conto del ritardo, il quale fa sì che il
picco di temperatura delle pareti (e quindi di “restituzione” dell’energia radiante in ambiente) si
verifichi ad un orario diverso da quello di picco dell’energia radiante, che invece prenderemmo in
considerazione considerando il carico istantaneo.
Abbiamo dunque uno spostamento del picco termico nel tempo → la maggior parte delle volte è
così, ma non possiamo essere certi in assoluto di lavorare a vantaggio di sicurezza nel considerare
contemporanei il picco di energia raggiante che passa dai vetri e quello di restituzione delle pareti
→ non possiamo considerare il carico istantaneo.

Il carico complessivo dovuto alle superfici vetrate è quindi:


,
Alcune formulazioni dei fattori di accumulo (es. quelle delle tabelle allegate) valutano tutto il
contributo della radiazione solare, comprensiva della quota assorbita dal vetro stesso. In tal caso
l’espressione del carico dovuto alle finestre è:
,

Carico termico estivo attraverso una Struttura Opaca


Ultraleggera


Generalmente, possono essere considerati ultraleggeri i componenti edilizi che introducono ritardi
della sollecitazione inferiori a 1 ora.

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Carico termico estivo attraverso una Struttura Opaca Pesante


Per determinare i carichi estivi NON si può trascurare l’inerzia.

Il tempo necessario affinché si sentano gli effetti della sollecitazione termica esterna (dovuta alla
temperatura dell’aria e alla radiazione solare incidente) sulla superficie interna è, in prima
approssimazione, direttamente proporzionale alla massa frontale (massa della parete per unità di
superficie  * s) in [kg / m2] o in maniera più corretta alla Inerzia Termica della parete:  * s * cp
*I parametri d’inerzia termica che vengono forniti dalle norme sono convenzionali, vanno bene per
tutti i materiali da costruzione principali, dato che hanno più o meno lo stesso calore specifico.
Possiamo dunque calcolare l’inerzia termica di una parete in base alla massa frontale complessiva.

Il calcolo dei carichi termici per le strutture opache pesanti viene fatto, in maniera approssimata,
tramite la formula:

Il coefficiente Teq ha la dimensione di una differenza di temperatura, ma è un coefficiente
proporzionale alla sollecitazione termica interna, NON è una vera e propria differenza di
temperatura. In generale dipende da:
- latitudine,
- giorno dell’anno,
- esposizione della parete,
- massa frontale,
- temperatura dell’aria interna,
- temperatura massima dell’aria esterna,
- escursione termica giornaliera dell’aria esterna,
- radiazione solare massima incidente,
- coefficiente d’assorbimento alla radiazione solare.
Le tabelle abitualmente disponibili (come quelle allegate) sono riferite alle medie latitudini (circa
40°), per la giornata estiva tipica (23 Luglio).
L’effetto delle temperature e dell’intensità della radiazione solare è valutato mediante le correzioni
riportate nelle note delle tabelle e nella tabella ausiliaria.
Poiché generalmente non è disponibile il coefficiente di assorbimento per la radiazione solare, si
valuta il coefficiente dalla colorazione della parete. Infatti, il colore della superficie dipende dal
coefficiente di riflessione nel campo del visibile che rappresenta una rilevante frazione della
radiazione solare.

Le tabelle del ΔTeq considerano l'inerzia funzione della sola massa per unità di superficie frontale
della parete, che si misura in [kg/m2].

N.B: è la massa specifica per unità di superficie frontale, cioè la VERA massa della parete, non si
sta parlando di massa efficace.

I Motivi per cui il metodo del Teq non è esatto


Se Qi() fosse misurato, potremmo avere un Teq esatto, calcolato come:


L'uso di ΔTeq parte dall'assunzione che i materiali più comuni abbiano lo stesso cp, ciò non è vero
→ si semplifica, ipotizzando che l'inerzia sia funzione della sola massa efficace per ogni parete.

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→ Conclusione: Teq sarebbe esatto solo se Qi fosse misurato di volta in volta, il Teq fornito dalle
tabelle è convenzionale, costituisce un’approssimazione accetabile.

Uso del Teq tabulato


I calcoli in regime estivo, quindi non stazionario, vengono fatti a intervalli di tempo di un'ora,
poiché i carichi non cambiano in modo brusco.

Normalmente ci si limita a condurre il calcolo all'interno del normale orario di funzionamento


dell'impianto, al di fuori non avrebbe senso.

Vediamo come le diverse variabili vengono valutate dall'approccio del Teq tabulare:
 Il coefficiente d'assorbimento globale si considera funzione del colore (preso a grandi linee
come “chiaro, medio, scuro”) della parete e viene inserito nella formula tramite un
coefficiente correttivo
 Si ha la presunzione che la massa frontale della parete la caratterizzi completamente
 La latitudine è assegnata per una certa tabella, dato che esiste una tabella per ogni località
cllimatica. La nostra è circa 40°N
 Il giorno dell'anno per il quale fare il calcolo dei carichi estivi, dal quale dipende
l'irraggiamento, si sceglie in base alla località, ovvero in base alla latitudine. Nel nostro caso
è il 23 Luglio
 Ora del giorno e esposizione sono le variabili da considerare nel calcolo giornaliero, quindi
con cui entrare nella tabella

I Teq forniscono una valutazione grossolana del carico interno. Poiché il carico termico attraverso
le pareti opache pesanti generalmente non è il più rilevante, questo approccio è accettabile. In molte
applicazioni i carichi termici attraverso strutture pesanti, in regime estivo, sono modesti rispetto al
carico estivo totale.
→ Conclusione: anche calcolandoli così si introduce poco errore sul calcolo della potenza
frigorifera necessaria.

E' inutile assumere Teq per masse frontali superiori al limite massimo considerato dalla tabella,
dato che si tratterebbe di strutture poco sensibili alla variazione di sollecitazione termica esterna.
Analogamente è inutile per masse frontali inferiori al limite minimo, in quel caso è meglio usare la
formula delle pareti ultraleggere.

Riassumiamo tutto il Calcolo dei Carichi Termici Estivi


Condizioni Esterne Estreme di Progetto: questi calcoli, per Roma, si fanno di solito per una
Temperatura Esterna di 35°C e una Umidità Relativa Esterna del 50%.

1. Si fissa il giorno
2. la temperatura esterna massima, pari a 35°C
3. Dall'escursione termica giornaliera (di 10°C), deduciamo la temperatura esterna minima (di
25°C)
4. Ci costruiamo una tabella con il carico termico in funzione delle diverse ore del giorno,
tenendo conto delle diverse esposizioni nonché delle diversità delle superfici.

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*Notiamo che per le superfici trasparenti, come quelle vetrate, dovremo considerare sia il carico per
irraggiamento che quello per trasmissione, mentre per le pareti opache solo il secondo, calcolato
con la Teq tabulare.

Se si vuole contare insieme il carico termico dovuto a pareti diverse e diversamente irraggiate:
NON fare una media arimetica dei Teq fra pareti diverse e diversamente irraggiate, perchè non si
terrebbe più conto della diversità delle pareti e della loro storia termica.
Meglio scegliere una delle due, in particolare quella più leggera, perchè è più cautelativo (presenta
un Teq maggiore).

Excursus – Come ci comportiamo nel caso di ombre portate?


1. Superficie Trasparente
Se la superficie è tutta ombreggiata, banalmente non consideriamo il contributo al carico termico della
radiazione solare incidente Diretta, bensì solo il contributo di quella Diffusa (che tra l'altro non arriva
nemmeno tutta, ma non ne teniamo conto perchè lavoriamo sovrastimando il carico)

Se la superficie è solo parzialmente ombreggiata, quanta della sua area lo è dipenderà dall'ora del giorno e
dovremo tenerne conto nel calcolo dei carichi termici: per ogni ora si differenzierà, nella nostra tabella, tra
porzione di superficie in ombra (solo radiazione diffusa) e porzione di superficie al sole (diretta + diffusa)

2. Superficie Opaca Pesante


Dalle tabelle ci vengono dati due Teq, uno al sole ed uno all'ombra.
Non posso però cadere nell'errore di passare bruscamente dall'uso di Teq all'ombra all'uso di Teq al sole.
E' importante che la variazione del Teq non sia mai brusca da un'ora all'altra del giorno (ci sarebbe un
errore da qualche parte).
→ Bisogna trovare un compromesso: si considera la parete tutta in ombra finchè lo è effettivamente, poi
GRADUALMENTE e per l'INTERA parete si passa all'uso di Teq al sole.

Avremo così il carico termico per interazione con l'esterno totale, ora per ora, nel giorno peggiore.

Carichi interni.
Adesso calcoliamo i carichi interni.
Premessa: se stiamo climatizzando l'ambiente al fine di generare le condizioni di benessere per le
persone, i carichi termici interni che consideriamo sono solo quelli che vanno a interessare l'aria
nella zona occupata dalle persone.

Da cosa dipendono?
a) Attività Umana – Carichi Dovuti alle Persone: questo carico si divide in una parte sensibile
(dovuta alla differenza tra la nostra temperatura corporea e quella dell'ambiente in cui ci troviamo) e
una parte latente (dovuta al vapore che una persona emette).

E' funzione del grado di affollamento dell'ambiente, ovvero del numero massimo di persone che
permangono nell'ambiente per un tempo sufficiente a modificare la temperatura dell'aria ambiente.

b) Carichi Dovuti all'Illuminazione


Dopo che viene emessa energia radiante, essa viene man mano assorbita e diventa quasi
integralmente calore.
Le potenze che gli apparecchi d'illuminazione dissipano dipendono non solo dall'illuminamento
fornito [lumen], ma anche dall'Efficienza della lampada: le vecchie lampadine a incandescenza, per
fare la stessa luce di quelle a risparmio energetico, impegnavano più potenza elettrica, quindi
dissipavano molto più calore.

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Un valore di riferimento: con lampadine a fluorescenza, in un ufficio con valori medi


d'illuminamento, vengono assorbiti e dissipati circa 12 W/m2.

→ Conclusione: per questo tipo di carichi conviene prendere il valore 12 W/m2, costante.

Ci sono grosse disquisizioni sul valore 12 W/m2, ma poi non influenzano così tanto il calcolo, ci
sono altri errori più importanti.

Ad esempio, molto spesso viene trascurato il carico per illuminazione in campi specifici, ad
esempio le lampade da tavolo. Non sembra ma queste piccole apparecchiature, spesso accese anche
quando non servono e spesso dotate di vecchie lampadine a incandescenza, danno un bel carico
all’ambiente.

Dunque, a meno che non vengano date indicazioni molto precise sulle ore di funzionamento
dell'impianto di illuminazione, che in genere si considera quasi sempre acceso.

c) Carichi Dovuti Alle Apparecchiature


La potenza di targa di una macchina rappresenta il massimo assorbito, ma la potenza media che va a
interessare l’aria ambiente può essere molto inferiore.

Vanno fatte quindi due precisazioni:


1. L’apparecchiatura fa da Volano → La potenza da considerare non è quella di picco, ma quella
media.
Es: su un ciclo di 3 ore la macchina assorbe 300 W per 2.5 ore e 2000 W per mezz’ora. I picchi di
potenza non diventano picchi di potenza termia trasmessa all’aria, perché il corpo della macchina ha
un’inerzia termica che li assorbe.
300 W * 2.5 h + 2000W * 0.5 h = 1750 Wh → potenza media = 1750 Wh / 3 h = 583 W

2. L'apparecchio non sempre trasmette tutta la sua potenza in ambiente → Non bisogna prendere
tutta la potenza media, ma solo quella che interessa l’aria ambiente.

Es: alcune apparecchiature scaldano acqua e la scaricano (lavatrice, lavastoviglie). Tutto il calore
che l’acqua ha ricevuto non diventa carico per l’ambiente, poiché viene scaricata l’acqua con tutta
l’energia termica che ha assorbito; il calore che ci interessa è solo quello che arriva alla superficie
limite dell’involucro e viene poi scambiata per adduzione con l’ambiente.

Alcuni valori di potenze medie.


Computer: 200W
Fan-Coil: 75W (questo carico va subito all’aria ambiente, dato che il ventilatore movimenta l’aria)
Illuminazione su campi specifici: 180W

Conclusione: il carico massimo assoluto per un ambiente si avrà per una certa ora e sarà dato dalla
somma di carichi per interazione con l’esterno e di carichi interni.

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, ,
 , ,
, ,
, ,
,
,

, , , , , , ,
, ,

Un'ultima precisazione:
L’ora del carico massimo assoluto non è la stessa per tutti gli ambienti di un edificio o complesso edilizio.
(Es: irraggiamento massimo alle 8 per il fronte Est e alle 18 per il fronte Ovest).

L’impianto di condizionamento NON deve essere dimensionato per la somma delle potenze massime che si
hanno in ogni ambiente in ore diverse, ma solo per la massima somma delle potenze, diverse per i vari
ambienti, il quale si avrà ad una certa ora.

Carico Massimo Contemporaneo: se facciamo una lista di tutti gli ambienti serviti da uno stesso impianto e
vediamo i carichi nelle varie ore, dobbiamo fare il totale (la somma dei carichi) ora per ora, non il totale delle
potenze massime.
Se non si verifica il caso particolare che tutti gli ambienti presentano il carico massimo alla stessa ora, il
carico massimo contemporaneo sarà inferiore alla somma dei carichi massimi di ogni ambiente.

Note
* Spesso i carichi termici interni sono forniti insieme alle specifiche di progettazione.

Controllo di temperatura e umidità


Premessa - Approssimazione: Gin = Gout = G.
Assolutamente accettabile al livello di precisione a cui facciamo i calcoli.

L’aria transita nella sezione d’entrata e in quella (nel nostro caso, ma potrebbero anche essere
“quelle”) di uscita. All’interno dell’ambiente abbiamo generazione di vapore, generalmente dovuta
alle persone. L’aria ambiente scambia calore con l’esterno e per effetto dei carichi interni.

Definiti
gv = portata di vapore sviluppata in ambiente
Tv = temperatura a cui il vapore viene sviluppato in ambiente
Jv = entalpia del vapore sviluppato in ambiente
Qimp = calore (fornito o sottratto) dall’impianto di condizionamento.
Qtot = carico totale che interessa l’ambiente

Applichiamo il principio di conservazione dell’energia per sistemi aperti:


In regime stazionario, indicando con 2 l’unica sezione d’ingresso e con 1 l’unica sezione d’ingresso
si ha in generale:
1
2
In cui:
Gm è la portata in massa
g è l’accelerazione di gravità
z è la quota della sezione
v è la velocità media del fluido

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J è l’entalpia specifica
è la potenza termica scambiata (positiva se immessa nel sistema)
è la potenza meccanica/elettrica scambiata (positiva se immessa nel sistema)
*vale anche se ci sono fenomeni irreversibili (processi dissipativi di entità anche notevole)
all’interno del sistema

- Per un ambiente normale (per noi che facciamo impianti di condizionamento) le differenze di
quota e di energia cinetica sono trascurabili; inoltre il lavoro scambiato con l’esterno viene
considerato calore dissipato e annoverato in Q

Spieghiamo: qualunque apparecchiatura elettrica interna è un carico.


ES: un ventilatore in ambiente è semplice carico. Infatti, conferisce energia cinetica all’aria che si dissipa
integralmente nell’ambiente.
Lo posso dunque mettere indifferentemente nel termine W come energia elettrica o nel termine Q come
calore scambiato.


Gmas = portata in massa d’aria secca
gv = portata di vapore generata in ambiente
Qtot = carico totale dell’ambiente, dovuto a tutti gli apporti termici. NON contiene il calore latente
scambiato in ambiente che di fatto è una generazione di vapore, ossia il termine gv Jv!
Qimp = scambi di calore con impianti all’interno dell’ambiente. N.B. nel caso di impianti a tutt’aria
(vedi più avanti) questo termine è nullo, in quanto non ci sono porzioni di impianto che scambiano
direttamente con l‘ambiente; nel caso di impianti misti o a sola acqua, Qimp è opposto a Qtot, salvo
che per l’eventuale apporto di calore sensibile dell’aria di ventilazione.

Spieghiamo: moltiplichiamo la differenza di entalpia dell’aria umida per chilogrammo di aria secca [Jau / kgas]
per la portata di aria secca [kgas / s] → otteniamo il flusso entalpico dell’aria secca, una potenza, [Jau / s]
perché i kgas si semplificano.

Entalpia dell’aria umida (per unità di massa di aria secca):


Jau = cp,as t + x (r0 + cp,v t)

Conservazione della Massa di Vapore:


In regime stazionario la portata in massa di vapore in ingresso è pari a quella in uscita:

Poiché siamo interessati all’umidità nella zona occupata dalle persone, definiamo:

X = efficienza di ventilazione con riferimento all’uniformità dell’umidità specifica in ambiente. Se
è superiore all’unità il sistema è efficiente nel controllo dell’umidità specifica in ambiente.

In questo modo la relazione è riferita esplicitamente alla grandezza che ci interessa controllare:
1

Esplicitiamo anche l'entalpia del vapore:


Jv = (r0 + cp,v tv)
Oltre al Flusso Entalpico dell’aria c’è anche quello del Vapore: gv (r0 + Cpv tv)

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Dove abbiamo tenuto conto del fatto che tv può essere diverso da ta
Es: il vapore emesso dalle persone si trova alla temperatura della pelle o di espirazione.

Unendo tutto ciò otteniamo l'equazione di controllo della temperatura:



, , , , ,
, , , ,

, , , ,
, , ,

Analizziamo un po' di termini:


cpas + xi cpv è il calore specifico dell’aria umida per unità di massa di aria secca. Come al solito
non è un vero calore specifico.

(cpas + xi cpv) (tu – ti) è l’apporto di energia termica associato all’aria uscente alla temperatura tu
meno l’apporto di energia termica associato all’aria entrante alla temperatura ti.
Se tu > ti questo apporto è positivo. Questo che vuol dire? Che l’aria, stando all’interno, si è
riscaldata. Ha dunque neutralizzato un carico positivo. Siamo dunque in Regime Estivo.

gv cpv (tu – tv) è l’apporto di calore sensibile dovuto all’immissione in ambiente di vapore . Di
solito è trascurabile, a meno che non ci siano sorgenti di vapore ad alta temperatura. Infatti, le
portate di vapore sono dell’ordine di g/h mentre le portate d’aria sono dell’ordine di kg/h.
(Eccezione: non è trascurabile, nel caso di trattamenti di Umidificazione a Vapore dell’aria.)

Ricapitoliamo le ipotesi da cui salta fuori: questa equazione è valida:


 Regime stazionario;
 Differenze di energia potenziale e cinetica fra aria entrante e uscente nel nostro ambiente
trascurabili.

Il nostro scopo è arrivare ora a Equazioni Operative


Gmas = portata in massa d’aria secca;
Ma il ventilatore tratta volumi di aria umida → è un termine difficile da valutare.
Nelle applicazioni noi possiamo misurare direttamente
Ga = portata volumetrica d’aria umida.

La Ga si può facilmente valutare con la velocità media dell’aria:


1
̅
Essendo, v la velocità e S la sezione di un condotto.

Si introduce...
vau* = volume specifico dell’aria umida per unità di massa di aria secca, ovvero il volume occupato
dall’aria umida costituita da 1 unità di massa di aria secca più x unità di massa di vapore in
condizioni di pressione totale costante pari a quella atmosferica standard.

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E’ più facile valutare direttamente la portata in volume di aria umida, che poi è anche quella che
trattano i ventilatori per la movimentazione dell’aria.]

Torniamo a noi, stavamo tentando di ottenere delle equazioni operative:


, , ,

Trascurando l’apporto di calore sensibile del vapore... gv cpv (tu – tv), si ha:
, ,

[(cpas + xi cpv) / vau*] è il calore specifico (capacità termica precisamente) per unità di volume di
aria umida.
Si misura in [J / m3 K].

Diamo i numeri: valori estremi di vau* e del calore specifico


t = -10°C e UR = 80% x = 1.4 gv/kgas vau* = 0.75 [m3au / kgas] Cau* = 0.37 [Wh / m3au K]
t = 10°C e UR = 100% x = 7.6 gv/kgas vau* = 0.81 [m3au / kgas] Cau* = 0.35 [Wh / m3au K]
t = 20°C e UR = 50% x = 7.3 gv/kgas vau* = 0.84 [m3au / kgas] Cau* = 0.34 [Wh / m3au K]
t = 35°C e UR = 40% x = 14.1gv/kgas vau* = 0.89 [m3au / kgas] Cau* = 0.32 [Wh / m3au K]

- Chiamiamo da adesso cau* = capacità termica per unità di volume d'aria umida.

Poiché siamo interessati alla temperatura nella zona occupata dalle persone, definiamo:

t = efficienza di ventilazione con riferimento all’uniformità della temperatura in ambiente. Se è
superiore all’unità il sistema è efficiente nel controllo della temperatura in ambiente.
1
∗ 
...siamo arrivati all'equazione operativa!
Nel caso di impianti a tutt’aria Qimp = 0, quindi:
1
∗ 

Riprendiamo
1

Espressa rispetto alla portata in volume di aria umida diventa:
1 ∗ 1

 

Ricapitoliamo:
1) ∗ Equazione di Bilancio Termico

*cau* si assume, come valore di prima approssimazione, pari a 0.34 [Wh / m3].

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2) Equazione di Bilancio di Vapore


∗ 

*vau* come valore di prima approssimazione si prende pari a 0.86 [m3 / kgas]

3) Equazione di Bilancio degli Inquinanti Olfattivi (Soggettivi)

4) Equazione di Bilancio del j-esimo Inquinante Oggettivo


 ,  , 
*Spesso la 4 non c’è perché nell’aria non ci sono inquinanti oggettivi, dunque le equazioni
operative di base per il dimensionamento degli impianti sono le prime tre.

Abbiamo dunque quattro Equazioni Operative che danno legami tra carichi, portate, ecc ecc.

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Impianto a Tutt’Aria Esterna Monozona


Impianto a Tutt'Aria: si affida all’aria immessa in ambiente il controllo di tutte le grandezze
rilevanti per il benessere. Non ci sono apparecchiature per lo scambio di calore in ambiente.

E’ l’impianto di climatizzazione più elementare che si possa concepire e progettare.

N.B: solo se sono controllate tutte le grandezze si definisce propriamente impianto di


climatizzazione (o di condizionamento), altrimenti può essere limitato ad alcune funzioni:
ventilazione, raffrescamento, riscaldamento, deumidificazione, ecc…

Premessa generale:
Per limitare i calcoli, ai fini del raffrescamento, spesso si considera solo il giorno in cui si hanno le
condizioni estreme (es. 23 luglio). Non è sempre vero che i massimi carichi estivi avvengano nel
giorno convenzionale che a priori viene considerato. E’ probabile che lo sia per l’intero edificio, ma
potrebbe non essere il più gravoso per tutti i singoli ambienti. A rigore, dovremmo fare il calcolo
per tutti i giorni dell’anno in cui si suppone attivo l’impianto.

Caso Estremo: in inverno con un irraggiamento solare molto intenso il carico totale potrebbe essere
positivo (apporto netto di calore), persino maggiore di quello calcolato per il 23 Luglio (condizione
probabile per ambiente esposto a Sud con ampie superfici vetrate con trasmittanza termica bassa.

Torniamo all’impianto a tutt’aria esterna:


- Introduciamo...
Qtot,max = Carico Massimo Estivo (sensibile)
gv,max = Massimo Sviluppo di Vapore in Ambiente

Il dimensionamento si riferisce al massimo carico, in condizioni di carico inferiore la regolazione


dell’impianto adegua le condizioni di esercizio all’effettivo fabbisogno.

Dalle equazioni operative si ha la portata d’aria che è necessario introdurre in ambiente per
garantire il controllo, rispettivamente, termico, igrometrico, della qualità soggettiva e oggettiva
dell’aria.
, 1
,

, 

1
, à
, 
10 1
,

1
,
 ,
, 
Nelle prime due equazioni devono essere considerate la minima temperatura e la minima umidità
specifica possibili di immissione dell’aria in ambiente.

Se introduciamo più aria di quella derivata dalle equazioni che succede?


Eq. 1 Se non avviene alcuna regolazione, la temperatura ambiente si stabilizzerà ad un valore
inferiore a quello di progetto. Gli impianti sono dotati di regolazione che adeguano la prestazione
dell’impianto (generalmente della temperatura di mandata, alternativamente della portata) alle

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effettive esigenze. N.B. il calcolo è svolto in condizioni estreme, anche se la portata risolvesse
esattamente l’equazione in condizioni di massimo carico, sarebbe sovrabbondante per tutte le
condizioni effettive di esercizio.
Se è data la portata posso determinare la temperatura ambiente che a regime raggiungerei con quella
portata e con quel carico, oppure il carico che posso neutralizzare, oppure la temperatura di
introduzione che a regime mi soddisfa il bilancio.
Eq. 2 Se non avviene alcuna regolazione, l’umidità specifica ambiente si stabilizzerà ad un valore
inferiore a quello di progetto → xa diminuisce. N.B. il calcolo è svolto in condizioni estreme, anche
se la portata risolvesse esattamente l’equazione in condizioni di massimo sviluppo di vapore,
sarebbe sovrabbondante per tutte le condizioni effettive di esercizio.
Se è data la portata posso determinare l’umidità specifica ambiente che a regime raggiungerei con
quella portata e con quella generazione di vapore, oppure la portata di vapore che posso
neutralizzare, oppure l’umidità specifica di introduzione che a regime mi soddisfa il bilancio.
Eq. 3 La qualità percepita dell’aria sarà superiore → Ca diminuisce.
Se è data la portata posso determinare l’indice di inquinamento percepito che a regime raggiungerei
con quella portata e con quella generazione di odori, oppure la generazione di odori che posso
neutralizzare.
Eq. 4 L’aria sarà più pura → a diminuisce.
Se è data la portata posso determinare la concentrazione di inquinamento che a regime raggiungerei
con quella portata e con quella generazione di inquinanti, oppure la generazione di inquinanti che
posso neutralizzare.

Pertanto, poiché la portata dell’impianto è unica, deve essere tale da soddisfare tutte le equazioni
contemporaneamente. Pertanto, la portata dell’impianto deve soddisfare le Disequazioni derivate
dalle equazioni:
, 1


, 

1
, 
10 1

1
 ,
, 

Operativamente:
Risolvo le 4 equazioni e ottengo 4 portate d’aria.
Però la portata che posso introdurre è una sola, non 4 diverse… → Devo prendere la portata
massima tra le 4 calcolate.

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UTA – Schema Generale

Scarico di spurgo e
"troppo pieno"

Unità di Trattamento d’Aria (UTA): una parte dell’intero impianto di condizionamento. Anche detta
Condizionatore (CDZ).
1- Presa d’Aria Esterna può essere dall’alto come nel disegno ma anche frontale, ad esempio, si
mette dov’è più conveniente.
2- Serranda di taratura
3- “Prefiltro” – Filtro Piano, classe di efficienza tra G1 e G4
+ Filtro, classe di efficienza tra F5 e F9.
4- Batteria di pre-riscaldamento;
5- Batteria di raffreddamento e deumidificazione;
6- Umidificatore (nel disegno del tipo a lavatore);
7- Separatore di gocce;
8- Batteria di post-riscaldamento;
9- Sezione ventilante;
10- Tronco di raccordo al canale o agli organi successivi (nel disegno divergente di raccordo alla
sezione afonica).
Tra il ventilatore e l’ambiente, si hanno inoltre, eventualmente:
11- Sezione afonica / Filtro acustico
12- Filtri ad altissima efficienza HEPA/ULPA (richiesto solo per applicazioni particolari)

Dimensione della Sezione di una UTA


La sezione libera interna della UTA normalmente si dimensiona con la seguente regola:
Velocità media dell’aria attraverso la sezione libera interna della UTA intorno a 2,2 – 2,5 m/s.
Le dimensioni trasversali (larghezza e altezza) della UTA si individuano dall’area della sezione frontale
dividendo la portata per la velocità. I due lati hanno generalmente un rapporto 1:1.5.
Come velocità media di attraversamento della batteria si cerca comunque di non superare i 3 m/s.
Velocità più elevate aumenterebbero il coefficiente di scambio lato aria nelle batterie, ma comporterebbero
maggiori perdite di carico in tutte le sezioni della UTA. Pertanto, si limita la velocità media nella UTA.

Per climatizzare grandi ambienti, che richiedono elevate portate d’aria, può essere necessario
frazionare l’impianto di condizionamento in più UTA, per ridurre gli ingombri di ciascuna.

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La UTA è costituita da un telaio metallico rivestita da pannelli, usualmente in acciaio zincato,


raramente in acciaio inox.
Può essere a Sezioni Componibili: viene consegnata divisa in moduli, giuntabili tra loro.

I filtri meccanici sono classificati in base alla loro Efficienza, ossia alla frazione delle polveri e/o aerosol che
sono in grado di trattenere. Nelle classificazioni normalizzate in uso sono designati da un numero
progressivo da 1 a 17, più è alto, minore è la frazione di polveri e/o aerosol che riescono ad attraversare il
filtro. Inoltre, sono distinti in categorie, cui corrispondono metodi di prova differenti, sia in relazione alla
qualità delle polveri e/o aerosol utilizzati per la prova, sia al metodo di rilevazione dei residui.
- G – Grossolani (o a Media efficienza), numerazione da 1 a 4, con capacità filtranti fino al 90% di
polvere sintetica di prova;
- F – Fini (o ad Alta efficienza), numerazione da 5 a 9, con capacità filtrante fino al 95% di polveri
sottili di diametro 0.4 m;
- HEPA – ad altissima efficienza, numerazione da 10 a 14, con capacità filtrante fino al 99.995% di
polveri sottili; in alcune normative le numerazioni da 10 a 12 sono indicate come EPA;
- ULPA – ad altissima efficienza, numerazione da 15 a 17, con capacità filtrante fino al 99.999995% di
polveri sottili
È necessario installare i filtri in successione, generalmente uno per categoria fino al livello di filtrazione
desiderato, per ridurre gli oneri di manutenzione. Infatti, i filtri di minore efficienza posti a monte servono da
protezione per i filtri a valle che agiranno solo sulle polveri residue.
N.B. filtri di maggiore efficienza introducono maggiori perdite di carico. Per limitare le perdite di carico dei filtri
F, generalmente sono realizzati con sviluppo “a tasche” in modo da realizzare una superficie di transito
maggiore della superficie frontale della sezione di UTA in cui sono installati, riducendo la velocità con
vantaggio per l’efficienza di filtrazione e riduzione della perdita di carico.
Esistono altre tipologie di filtri: elettrostatici, ai carboni attivi, ecc. raramente utilizzati in applicazioni di
climatizzazione.

Le batterie sono scambiatori di calore aria-acqua, classificate come CuAl, ovvero Rame (tubi) -
Alluminio (alette): sono costituite da tubazioni in rame dentro in cui passa un fluido termovettore
(normalmente acqua) del caldo o del freddo. Sui tubi sono applicate alette in alluminio. Infatti, il
coefficiente di convezione lato acqua è molto maggiore del coefficiente di convezione lato aria,
pertanto, per aumentare la trasmittanza dello scambiatore è necessario aumentare la superficie lato
aria. L’aria scorre in senso perpendicolare all’asse dei tubi dell’acqua. I tubi dell’acqua sono
ripartiti in ranghi, ossia piani perpendicolari al moto dell’aria e alle alette: i tubi di uno stesso rango
costituiscono circuiti d’acqua in parallelo o in serie, mentre i ranghi sono percorsi in serie in senso
opposto al moto dell’aria. Ciò è generalmente sufficiente affinché uno scambiatore con più di 3
ranghi abbia le medesime prestazioni di uno scambiatore in controcorrente.
Le batterie utilizzate nelle UTA hanno generalmente tra 4 e 16 ranghi. Per alcune applicazioni
possono essere utilizzate batterie con numero superiore di ranghi.

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LATERALMENTE

aria

Le alette sono molto sottili: il motivo di ciò è non avere troppo ostacolo al flusso d’aria. Le alette
infatti riducono la sezione libera di passaggio al 70-75% di quella precedente, la riducono molto più
della presenza dei tubi.
*le alette non vengono saldate sulla tubazione, ma unite al tubo meccanicamente per dilatazione del
tubo stesso.

*“Alette a Pacco” -> “Batteria a Pacco” (di alette).

La dimensione in lunghezza di una batteria va, a seconda del numero dei ranghi dai 30 cm a 50 cm
circa.

La Sezione di Umidificazione: serve in regime invernale ad aumentare il contenuto igrometrico


dell’aria che si immette in ambiente.
N.B. anche in invero è necessario immettere aria ad un’umidità specifica inferiore a quella
ambiente, ciononostante, l’aria esterna ha generalmente un contenuto igrometrico troppo basso,
pertanto deve essere umidificata in modo da avere un’umidità specifica di immissione superiore a
quella esterna, seppure inferiore a quella ambiente.
Per potere umidificare l’aria esterna è necessario riscaldarla, in modo che abbia un’umidità relativa
inferiore al 100% all’umidità specifica di introduzione.

Esistono umidificatori
- Adiabatici o ad Acqua: l’aria passando in questa sezione entra a contatto con l’acqua, le
fornisce il calore affinché vaporizzi, acquisendo il vapore generato.
Così nell’insieme la trasformazione che avviene per l’aria è adiabatica, trascurando gli
scambi di calore con l’ambiente adiacente, l’apporto di entalpia dell’acqua di alimentazione,
l’apporto di energia alla pompa eventualmente presente e la fuoriuscita di entalpia
dell’acqua di spurgo (scarico necessario per limitare la concentrazione di sali nell’acqua
all’interno dell’umidificatore).
- A vapore: li vapore è generato per ebollizione al di fuori dell’UTA, quindi viene immesso.
Poiché la portata di vapore è modesta rispetto alla portata di aria in transito, l’apporto di
calore sensibile è comunque modesto, tanto da determinare variazioni di temperatura
trascurabili.

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Poiché il vapore è generalmente prodotto mediante generatori elettrici, l’efficienza energetica di


produzione è molto inferiore a quella degli umidificatori adiabatici. Per contro, l’umidificazione a
vapore è molto più igienica, riducendo il rischio di formazioni di colonie batteriche.

I due tipi più classici di umidificatore adiabatico o ad acqua sono a Lavatore o a Pacco Bagnato.

Reintegro mediante
Valvola a galleggiante

Abbiamo una pompa di estrazione dalla vaschetta di raccolta.


Abbiamo un filtro a Y: serve per evitare che solidi trasportati dall’acqua (prevalentemente Sali
precipitati) possano intasare gli ugelli. Le impurità si raccolgano nell’appendice, quindi va montato
in modo che questa vada verso il basso.
Le valvola a saracinesca serve per sostituzione, manutenzione del filtro. Se le chiudo entrambe
posso pulirlo senza svuotare d’acqua l’umidificatore.
Dal filtro si arriva con la pompa a degli ugelli perpendicolari al flusso d’aria che spruzzano nel
flusso d’aria (usualmente controcorrente) acqua finemente nebulizzata.
Più piccole sono le goccioline e più aumenta, a parità di quantità d’acqua, la superficie di scambio
termico per la vaporizzazione dell’acqua.

Considerato che la lunghezza della sezione è circa 1 m, l’aria impiega meno di mezzo secondo per
attraversarla. Se non offrissimo all’aria tanta acqua con grandi superfici di scambio non avverrebbe
uno scambio di vapore sufficiente. È quindi necessario spruzzare tanta acqua, frazionata in gocce
piccole.
Tanta acqua…ma quanta? Circa 50-100 volte quella che effettivamente evapora.
L’acqua che non evapora ricade nella vaschetta, quindi non è un problema di disponibilità, però la
pompa deve essere in grado di trattarla in modo da concedere alla nostra aria la possibilità di
assorbirla.

Attualmente sono in commercio umidificatori ad acqua “polverizzata”, in cui gli ugelli sono
dimensionati in modo da frazionare l’acqua in gocce di diametro micrometrico. Ciò consente di
ottenere una medesima superficie di evaporazione con una portata d’acqua inferiore. Per contro, la
pompa dovrà fornire una prevalenza molto superiore in quanto si hanno perdite di carico
elevatissime (dell’ordine di qualche bar!) negli ugelli nebulizzatori.

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Reintegro mediante
Valvola a galleggiante

Essendo il Pacco Alveolare un elemento dalla grande superficie, la quale rimane sempre tutta
bagnata dall’acqua che viene distribuita dalla sommità, è garantita l’umidificazione dell’aria anche
nel piccolo tempo che l’aria ha a disposizione a contatto con l’acqua.
Il pacco deve essere bagnato fino in fondo.

*A volte si unisce l'umidificazione a pacco bagnato con quella a lavatore: il lavatore lava il pacco,
quindi l’aria si umidifica sia prima passando nel pacco che poi col lavatore.

L’aria, passando per l’umidificatore, segue la trasformazione quasi-isoentalpica: perde calore


sensibile, cedendolo all’acqua, e acquista calore latente aumentando il suo contenuto igrometrico.

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Separatore di Gocce: una serie di lamelle metalliche piegate in modo da separare le gocce per
inerzia. L’acqua “sbatte” sulle lamelle e scende verso il basso per poi, tramite il raccordo tornare
nella vaschetta.

Sezione Ventilante: Il flusso d’aria attraverso la UTA, fino all’ambiente, è realizzato dal ventilatore.
Questo deve fornire l’energia (prevalenza) necessaria per compensare le perdite di carico in tutte le
canalizzazioni dell’aria (dalla presa d’aria esterna).
Spesso, il motore elettrico di azionamento è collocato all’interno della sezione ventilante.
Per evitare la trasmissione di vibrazioni prodotte dal ventilatore, il supporto è dotato di smorzatori
ed il raccordo del ventilatore alla sezione di mandata, cioè la “bocca premente” del ventilatore è
collegata con un giunto flessibile.
A valle del ventilatore c’è un raccordo tra la sezione di mandata del ventilatore e la sezione del
canale (o la sezione del tronco afonico). La mandata del ventilatore è generalmente a 15-20 m/s, nel
canale principale la velocità è generalmente inferiore, quindi è necessario un raccordo divergente.
Alcuni impianti utilizzano canalizzazioni ad alta velocità, per le quali sarà necessario un raccordo
convergente.

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Il controllo igrometrico nella UTA


L’umidità dell’aria in transito nella UTA può essere modificata dalla batteria di raffreddamento e
deumidificazione oppure dall’umidificatore. Questi due dispositivi non sono mai in funzione
contemporaneamente.
Ci sono due modalità operative relative allo stato dell’aria in aspirazione dalla UTA:
- umidità specifica inferiore a quella di immissione, funzionamento invernale;
- umidità specifica superiore a quella di immissione, funzionamento estivo.
Funzionamento invernale con umidificatore a vapore
Per potere umidificare l’aria è necessario che abbia una temperatura cui corrisponda una pressione
di saturazione superiore alla pressione parziale del vapore corrispondente all’umidità specifica di
immissione in ambiente(xi). La temperatura dell’aria prima del processo di umidificazione deve
essere superiore alla temperatura di rugiada alla xi!
La batteria di preriscaldamento provvede ad umidificare l’aria fino ad una temperatura superiore
alla temperatura di rugiada di immissione, quindi l’aria viene umidificata fino alla xi.
Nella batteria di post-riscaldamento l’aria viene quindi riscaldata fino alla temperatura di
immissione in ambiente.

Nota, è possibile preriscaldare l’aria direttamente fino alla temperatura di immissione.

Funzionamento invernale con umidificatore adiabatico


Per potere umidificare l’aria è necessario che abbia una entalpia superiore a quella corrispondente
alla temperatura di rugiada alla xi. Infatti, poiché nel processo di umidificazione la temperatura

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dell’aria si riduce, ad entalpia pressoché costante, non è sufficiente che sia preriscaldata fino alla
temperatura di rugiada.
Gli umidificatori a lavatore e a pacco bagnato non permettono di controllare l’entità
dell’umidificazione. Se gli umidificatori fossero in grado di portare l’aria a saturazione (e fossero
esattamente isoentalpici), sarebbe necessario preriscaldare l’aria esattamente fino alla entalpia
corrispondente ad aria satura alla temperatura di rugiada. Poiché, l’aria in uscita dagli umidificatori
adiabatici ha un’umidità relativa compresa tra 70% e 95%, a seconda della particolare esecuzione
dell’umidificatore, l’aria viene preriscaldata fino all’entalpia corrispondente alla xi all’U.R.
realizzabile di fine umidificazione. Quindi, viene umidificata e poi post-riscaldata fino alla
temperatura di immissione in ambiente.

Funzionamento estivo
L’aria viene deumidificata per sottoraffreddamento: nella trasformazione ideale, l’aria viene
raffreddata dalla batteria fino alla temperatura di rugiada nella condizioni di aspirazione; quindi,
proseguendo lo scambio di calore, si raffredda seguente la curva ad U.R. 100%, deumidificandosi.
Nella trasformazione ideale l’aria viene raffreddata nella batteria di raffreddamento e
deumidificazione fino alla temperatura di rugiada alla xi. Nella batteria di post-riscaldamento l’aria
viene quindi riscaldata fino alla temperatura di immissione in ambiente.

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In effetti, la deumidificazione non avviene direttamente per tutta l’aria in transito nella batteria.
Infatti, solo il vapore adiacente alle alette può effettivamente condensare. Poiché le alette sono
inevitabilmente disposte in modo discreto nella sezione di transito, lo stato (medio) dell’aria a valle
della batteria di raffreddamento e deumidificazione sarà dato dalla media ponderale tra l’aria più
fredda e secca che è transitata adiacente alle alette e l’aria meno fredda e meno secca che è
transitata al centro del canale formato da ciascuna coppia di alette. Pertanto, l’aria in uscita dalla
batteria avrà un’umidità relativa generalmente compresa tra 90% e 98%, in funzione della
geometria della batteria, della temperatura dell’acqua di alimentazione della batteria (e della U.R.
dell’aria in ingresso alla batteria). Quindi, nel funzionamento reale, l’aria è raffreddata e
deumidificata fino alla xi, ad una temperatura lievemente superiore alla temperatura di rugiada; poi
viene post-riscaldata fino alla temperatura di immissione.
L’aria in uscita dalla batteria di raffreddamento e deumidificazione non si trova mai in condizioni di
saturazione (U.R. 100%), l’umidità relativa in uscita dalla batteria di raffreddamento e
deumidificazione è talvolta descritta mediane il Fattore di Bypass.
*Questo non è un handicap, comunque, potrebbe essere positivo. Infatti, a parità di umidità
specifica di fine deumidificazione, ad una minore è la saturazione dell’aria, corrisponde un minore
salto entalpico dell’aria, quindi una minore potenza frigorifera scambiata dalla batteria.

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Controllo puntuale dell’umidità


Al fine di mantenere lo stato dell’aria ambiente (temperatura e umidità) costante nel tempo, è
necessario adeguare le condizioni di introduzione al carico istantaneo, sia sensibile (controllo di
temperatura) che latente (controllo di umidità).
Ciò richiede di immettere l’aria in uno stato che si trovi lungo la retta d’introduzione dell’ambiente
in un certo istante, nel punto conseguente alla portata d’aria trattata.
A tal fine è necessario che vi sia, oltre al sistema di controllo della temperatura che adegua la
temperatura di introduzione (o la portata d’aria) al carico ambiente, un sistema di controllo che
adegui la temperatura di fine raffreddamento in estate, oppure la temperatura di fine umidificazione
adiabatica o l’umidità di fine umidificazione a vapore in inverno.

Un sistema di controllo normale (a feedback – controreazione) è costituito da sensore – regolatore –


attuatore: definita la grandezza di controllo (es. temperatura, umidità specifica, ecc.) il regolatore
calcola la differenza tra il valore misurato dal sensore ed il Set Point (riferimento) ed invia un
segnale all’attuatore per modificarne lo stato in modo da ridurre la differenza calcolata.
In generale i regolatori sono Posizionatori: cercano una posizione di equilibrio all’interno di certi
intervalli (range) di accettabilità e lavorano con tempi lunghi e carichi che variano molto lentamente
nel tempo.
La sensibilità della misura della grandezza, nonché la sensibilità della grandezza misurata all’azione
dell’attuatore sono i parametri che determinano la semplicità di un controllo.

Su cosa agire per operare la regolazione dell’umidità?

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 Controllo invernale con umidificatore a vapore:


direttamente sulla portata di vapore, controllando direttamente il generatore di vapore o una
valvola di erogazione all’umidificatore.
 Controllo invernale con umidificatore adiabatico:
sulla portata d’acqua calda alla batteria di pre-riscaldamento che modifica la temperatura di
inizio umidificazione e quindi l’umidità di fine deumidificazione.
 Controllo estivo:
sulla portata d’acqua fredda alla batteria di raffreddamento e deumidificazione che modifica
la temperatura di fine raffreddamento e quindi l’umidità di fine deumidificazione.

Prestazioni di uno scambiatore:


 Portata zero → potenza scambiata nulla.
 Portata infinita → massima potenza scambiata, la superficie della tubazione sarebbe tutta
uniformemente alla temperatura di ingresso dell’acqua.
Modulando la portata dell’acqua nella batteria si modula la potenza scambiata.

La relazione di controllo tra l’umidità (grandezza misurata) e la portata (grandezza controllata


mediante l’attuatore) non è affatto semplice il che complica la regolazione. Inoltre, i sensori di
umidità sono meno affidabili e più onerosi dei sensori di temperatura.

Controllo a punto fisso


Come rilevabile dalle equazioni del benessere, il corpo umano è poco sensibile alle variazioni di
umidità relativa. Si ha sensibilità solo per aria secca, sotto U.R. 30%, e per aria molto umida, sopra
U.R. 70%.
Per impianti di climatizzazione destinati al benessere degli occupanti è quindi sufficiente che
l’umidità relativa sia controllata all’interno di un intervallo (range) di accettabilità. Spesso si
adottano i limiti 40% - 60%.

Quindi: il sistema deve solo controllare che l’umidità relativa sia in ogni momento dentro un certo
range, senza controllarla puntualmente.

Come garantire che l’umidità relativa resti entro i limiti di accettabilità? Come sarà quindi il nostro
sistema di regolazione dell'umidità specifica?

Come indicato sopra, negli ambienti ordinari si hanno solo apporti di vapore. Generalmente, in
condizioni di esercizio ordinario, la portata di vapore gv è compresa tra 0 e il massimo prevedibile
(in relazione al massimo affollamento) gv,max.
L’equazione di bilancio del vapore è:
∗ 1

Da cui:


Pertanto, fissata l’umidità specifica di introduzione si ha:

,

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All’intervallo di umidità relative accettabili tra URmin e URmax, alla temperatura ambiente,
corrisponde un intervallo di umidità specifiche accettabili in ambiente, compreso tra xmin e xmax.
Per garantire che l’umidità relativa non sia mai (a regime) inferiore a URmin è sufficiente
introdurre l’aria in ambiente a xmin.

→ introducendo a xmin garantiamo U.R.a > U.R.min!

URmin URmax

Ta

Tpf teorica

xmin xmax

Come si realizza?
Nel controllo igrometrico invernale con umidificatore adiabatico e nel controllo estivo, dopo il
separatore di gocce l’aria si deve trovare a xmin. Pertanto, al termine del processo di umidificazione
o di deumidificazione l’aria si deve trovare ad una temperatura fissa, indipendente dalle condizioni
interne (una volta definita temperatura ambiente e UR minima) e dalle condizioni esterne (una volta
definita la stagione, cioè la modalità di funzionamento). Lo stato dell’aria dopo il separatore di
gocce prende il nome di Punto Fisso. Questa modalità di esercizio prende il nome di
Controllo a Punto Fisso.
Controllando questa temperatura di punto fisso Tpf, controllo indirettamente l’umidità specifica e
garantisco che in ambiente sia U.R.a > U.R.min.
Si chiama così perché è un controllo fisso nel tempo, che non deve inseguire l’andamento
dell’umidità in ambiente.

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I
URmin

Ta

Tpf

xmin
E

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URmin

Ta

Tpf

xmin

Se a valle del separatore di gocce l’aria fosse in condizioni di saturazione (UR=100%), la


temperatura di punto fisso sarebbe pari alla temperatura di rugiada in ambiente all’URmin.
Poiché sia l’umidificatore adiabatico che la batteria di raffreddamento e deumidificazione non
arrivano a saturazione, la temperatura di punto fisso effettiva è superiore alla temperatura di
rugiada.
→ Quindi gli devo dare come Set-Point un valore di temperatura superiore a quello teorico,
altrimenti la raffreddo troppo e la introduco a x < xmin.

All’attivazione dell’impianto deve essere eseguita la Taratura del valore effettivo di Set Point, che
terrà conto dell’efficienza di saturazione:
- Si controllerà che l’ambiente sia vuoto, cioè che non ci sia sviluppo di vapore.
- Si controllerà che la temperatura in ambiente sia al valore desiderato.
- Si controllerà che il sistema stia lavorando in condizioni di stazionarietà.
- Si misurerà l’umidità relativa in ambiente:
Se rispetto al valore U.R.min (che corrisponde a xmin) è più alta, vuol dire che l’umidità specifica
d’introduzione è più alta di xmin e che ho stimato male il valore di temperatura di punto fisso, devo
abbassarla (e viceversa).
ES: trovo 48%? Abbassiamo un po’ la temperatura e vediamo che scende al 44%. Facciamo passare
qualche ora per essere di nuovo in stazionarietà…Abbassiamo un altro po’ e cerchiamo il 40%.

N.B: occorre il tempo affinché ci sia il rinnovo d’aria, per cui queste misure non si possono fare una
dopo l’altra a poca distanza di tempo. Se lo facessimo non troveremmo modificazioni e
rischieremmo di abbassare troppo la temperatura.

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Il tempo necessario per raggiungere le condizioni stazionarie dipende da:


- Portata.
- Variazione dell’Umidità Specifica d’Introduzione.

N.B. la temperatura di punto fisso non dipende dalla stagione ma da URmin e ta. Poiché abitualmente
in inverno la temperatura in ambiente è inferiore, a parità di URmin la temperatura di punto fisso
teorica è inferiore.

Con umidificatore a vapore non è possibile realizzare propriamente un controllo a punto fisso.
Infatti, tutto il vapore immesso si mescolerà all’aria, a prescindere dalla temperatura di fine
preriscaldamento, portandola eventualmente in condizioni di aria sovra-satura (nella zona delle
nebbie sul diagramma psicrometrico). Pertanto, il separatore di gocce non è efficace. Ne segue che,
in assenza di un controllo dell’umidità specifica non è garantito il controllo della xmin.

Per garantire che sia rispettato il limite superiore per l’umidità relativa in ambiente, è sufficiente che
la portata immessa verifichi la disequazione di controllo igrometrico, con riferimento all’umidità
specifica di immissione xmin con umidità relativa massima in ambiente (quindi in ambiente xmax)
∗ 1

N.B: qui si ha solo una verifica a tavolino, non un vero e proprio controllo.

Nel controllo a punto fisso l’umidità specifica dell’aria introdotta in ambiente è costante e pari a
xmin.
*il controllo a punto fisso NON è un controllo puntuale, garantisce solo che l’umidità relativa non
vada sotto il valore minimo. Si aggiunge a ciò la verifica al limite massimo e si sta nel range, ma
comunque NON è un controllo puntuale.

Il controllo termico nella UTA – Portata d'aria


Vogliamo adesso trovare la minima portata necessaria per il controllo termico. Come illustrato
sopra, per la verifica dell’equazione di controllo termico è necessario determinare la minima
temperatura di introduzione. Una volta determinata la temperatura di punto fisso estivo, non è
possibile introdurre in ambiente aria ad una temperatura inferiore. In effetti, nella maggior parte
delle applicazioni, non è possibile nemmeno raggiungere questa temperatura.
Infatti, dopo che l’aria ha raggiunto la temperatura di punto fisso, deve attraversare gli altri organi
presenti prima dell’immissione in ambiente.
La batteria di post riscaldamento può essere disattiva. La circolazione è interrotta da una valvola di
regolazione, pronta ad aprirsi (gradualmente) nel caso sia richiesta una temperatura di immissione
superiore. Pertanto, non è garantito che la portata sia effettivamente nulla. Quando il regolatore
mantiene in completa chiusura la valvola, è possibile che ci sia un trafilamento (una modesta
portata) che può determinare un riscaldamento dell’aria fino a 1°C.
Non possiamo trascurare invece il separatore di gocce e il ventilatore.

Ventilatore: fornisce potenza all’aria. L’efficienza complessiva è pari al rapporto tra la potenza
meccanica trasferita all’aria (prodotto di portata in volume per differenza di pressione totale H) e la
potenza elettrica (se il motore elettrico è interno alla UTA, altrimenti la potenza meccanica fornita
dal motore). La parte residua di potenza è dissipata e diventa calore per l’aria:

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1 
1  1 

∗ ∗  ∗

I ventilatori avevano efficienze dell’ordine del 40%-50%. Le più recenti normative (regolamento
europeo 1253/2014) impongono efficienze minime fino al 63% per le unità di maggiore potenza
(potenza elettrica del ventilatore superiore a 30 kW)
Stimata portata e prevalenza e definita la potenza utile sappiamo che altrettanta potenza, rispetto a
quella utile, verrà dissipata e darà un aumento di temperatura all’aria il cui ordine di grandezza è 1 –
1,5 °C.

Inoltre, nel transito attraverso le Canalizzazioni di adduzione dell’aria in ambiente, l’aria scambia
calore con l’ambiente circostante, prima dell’immissione nell’ambiente servito.

Ricapitoliamo:
La minima temperatura di immissione Ti,min è data dalla temperatura di punto fisso teorico
aumentata:
- per la differenza tra Tpf effettiva e teorica;
- per eventuali trafilamenti (di acqua calda) nella batteria di post-riscaldamento, anche
quando non dovrebbe erogare calore
- per effetto del ventilatore;
- per lo scambio nella canalizzazione di adduzione dell’aria all’ambiente
Da questo calcolo abbiamo una ragionevole stima della minima temperatura a cui saremo in grado
di immettere l’aria in ambiente. QUESTA temperatura è la prima che possiamo mettere
nell’equazione per determinare Ga per il controllo della temperatura.

Ragioni che limitano la temperatura minima d’introduzione:


1. Limite minimo imposto dal capitolato
2. Impianti di climatizzazione a dislocamento o a microclima.
Negli impianti in cui l’aria è immessa in prossimità della zona occupata dalle persone, Ta indica la
temperatura media in ambiente, ma deve essere garantito che non vi siano zone in cui per effetto
dell’aria immessa si abbiano condizioni di discomfort locale.
Es: climatizzazione da schienale di poltrona o da piedi di poltrona.
Da notare che questo incremento della Ti,min deriva da una maggiore efficienza della ventilazione
per il controllo termico t. Quindi, l’incremento della portata minima richiesta derivante dalla
diminuzione del T è compensata.
Infatti, gli impianti a tutt’aria devono neutralizzare i carichi, ma solo quelli che interessano la zona
occupata dalle persone.
L’aria, prima di essere espulsa dall’ambiente, va a neutralizzare quegli altri carichi che non
interessano la zona occupata dalle persone. Questo non ha più nessun effetto dal punto di vista della
climatizzazione per il benessere.
Es: garantisco 25°C alle persone che stanno a terra; l’aria, salendo, prima di essere aspirata può
neutralizzare i carichi immessi dall’illuminazione. Infatti, si registra usualmente che l’aria, nella
parte alta dell’ambiente, si trova a una temperatura maggiore della Ta garantita.

Memo: l'equazione originaria di controllo termico aveva (Tu – Ti) anziché (Ta – Ti). Alla fine tra
temperatura in ingresso e in uscita il T effettivo è maggiore di quello che interessa le persone.

A questo punto si può determinare dall’equazione del controllo termico la minima portata d’aria da
introdurre in ambiente per il controllo termico:

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, 1


, 

Neutralizzazione dei Carichi – La portata d'aria


Dobbiamo neutralizzare sia un carico sensibile Qtot max che un carico latente gv max.
Questi danno le condizioni estreme di progettazione.
Noti inoltre la temperatura e l’umidità specifica accettabili, ovvero le condizioni interne, le due
equazioni di controllo di umidità e di controllo termico determinano due portate, chiamiamole per
distinguerle Gx e Gt.
 Gx, portata minima che mantiene xmax in caso di gvmax.
 Gt, portata minima che mantiene Ta in caso di Qtot,max.
Quella delle due che ci da la portata massima ci darà la portata che dobbiamo effettivamente
immettere.
Es: se la portata maggiore fosse Gt la portata imposta dal controllo termico sarebbe sovrabbondante
rispetto al controllo igrometrico. Viceversa, se Gx > Gt è la portata imposta dal controllo
igrometrico ad essere sovrabbondante per il controllo termico.

Procedura Operativa Normale:


- dal controllo igrometrico a punto fisso, si trova la temperatura d’introduzione minima imposta
dalla normativa e dalla tecnologia impiantistica…
- Inseriamo la temperatura minima d’introduzione nella equazione 1 → abbiamo la Gt portata
richiesta per il controllo termico.
- Verifichiamo che questa portata soddisfi anche il controllo igrometrico → portata in base a cui
dimensionare la nostra unità di trattamento aria (escludendo le equazioni di controllo della qualità
oggettiva e soggettiva dell’aria!). Avremmo una portata perfetta per il controllo termico ma
sovrabbondante per il controllo igrometrico.

Regolazione – La Batteria di Post-riscaldamento


Comunque, la portata trattata da una UTA nelle condizioni di massimi carichi, se poi questa
quantità viene immessa nel tempo sempre uguale, è sempre sovrabbondante in quanto ricavata in
base a Qtotmax e gvmax, mentre i carichi risulteranno per la maggior parte del tempo più bassi.
E’ dunque richiesto un Sistema di Controllo che adegui le capacità dell’aria di neutralizzare i
carichi termici e di vapore a seconda della loro entità.
Quando i carichi si riducono non possiamo mantenere costanti la temperatura e la portata
d’introduzione dell’aria, o la temperatura ambiente s’abbassa in condizioni che possono anche non
essere di accettabilità, se lo squilibrio tra il carico e l’aria introdotta è troppo forte.

Negli impianti a portata costante, il controllo della temperatura in ambiente agisce sulla Batteria di
post-riscaldamento: l’aria, portata alla temperatura (effettiva) di punto fisso sarà poi riscaldata dalla
batteria di post-riscaldamento.
→ E’ indispensabile mantenere anche in periodo estivo attiva e funzionante questa batteria.

1
∗ 

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Ti() non coincide con la temperatura a valle dell’impianto di post-riscaldamento: ci sono in mezzo
i carichi che l’aria si prende dal ventilatore e nel canale d’immissione in ambiente.

Se Gt > Gx si ha:
- Il gvmax neutralizzabile, è superiore di quello massimo di progetto, garantisce un controllo
sicuro e sovrabbondante del contenuto igrometrico dell’aria. Vantaggio: maggiore sicurezza
di poter affrontare carichi latenti elevati, elevate portate di vapore.
- Il x minimo assicurabile: con una portata maggiore rispetto a quella che soddisferebbe
l’uguaglianza potrei neutralizzare un gvmax maggiore, ma anche permettermi di mantenere
l’umidità specifica in un intervallo minore di quello massimo di accettabilità.
, ∗ 1

Come sfruttare questa cosa?
- Riduzione di xmax: maggior controllo dell’umidità specifica.
- Incremento di xmin: incremento della temperatura di punto fisso, quindi una riduzione della
variazione di entalpia dell’aria attraverso la batteria di raffreddamento e deumidificazione in
estate

Abbiamo dunque, sia in condizioni progettuali estreme che in condizioni normali d’esercizio, una
minor potenza frigorifera richiesta.

Attenzione!
innalzando la temperatura di punto fisso s’innalza analogamente la temperatura minima
d’introduzione.
→ quello che ho guadagnato in termini di riduzione di potenza frigorifera viene in parte annullato
perché sono costretto ad aumentare ulteriormente la portata.

Inoltre, se devo post-riscaldare l’aria in estate, risparmio sulla potenza termica da fornire con la
batteria di post-riscaldamento.

→ Conclusione: lo spostamento verso l’alto della temperatura di punto fisso è mitigato dall’imposto
ulteriore aumento di portata, tuttavia ci da un duplice vantaggio, dato che si risparmia sia in potenza
frigorifera che in potenza termica di post-riscaldamento.

Se invece Gx > Gt?


Causa: ambiente con forti carichi igrometrici rispetto a quelli termici.
Mi troverei una portata per il controllo termico eccessiva, che siamo costretti ad adottare.
→ Dovremo prevedere un post-riscaldamento dell’aria anche in condizioni estreme di progetto,
ovvero anche quando si verificassero i carichi massimi.

Ciò comporta un significativo dispendio di energia.

Se la massima portata richiesta è quella per il controllo della qualità dell’aria (soggettiva o
oggettiva)?
Si sovrappongono le considerazioni fatte per i due casi precedenti.
Dovremmo adottare sempre una portata sovrabbondante per il controllo termico → negativo.
La portata sarebbe sovrabbondante anche per il controllo igrometrico → vantaggi (maggior
controllo sull'umidità, risparmio energetico sia in raffreddamento che in post riscaldamento in
estate).

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Regime Estivo e Regime Invernale


La UTA funziona sia in regime estivo che invernale
Nel 99% dei casi il dimensionamento di un impianto in regime estivo soddisfa anche le richieste
delle condizioni invernali.
-> Non si RIDIMENSIONA l’impianto per le condizioni estreme invernali. Si VERIFICA che la
portata massima estiva basti anche per le condizioni estreme invernali.
1

, 
Dmax – massimo carico invernale (massimi disperimenti)
Ti,max – massima temperatura di immissione

Questa è la verifica che la portata trovata con le condizioni estive soddisfi anche le condizioni
invernali. Va fatta anche dal punto di vista igrometrico.
Si utilizza la portata derivante dal dimensionamento estivo.
Le soddisfa se la temperatura è accettabile a seconda del sistema distributivo.
1
, ∗ 
Infatti, anche in condizioni invernali una temperatura di immissione troppo alta da uno schienale o
piede di poltrona può determinare condizioni di fastidio.
In inverno il rischio di discomfort è inferiore in quanto la temperatura dell’aria superiore a quella
ambiente riduce la trasmissione del corpo per convezione, ma è parzialmente compensato
dall’incremento del coefficiente di convezione per effetto dell’incremento della velocità dell’aria in
prossimità delle bocchette d’immissione. Ciononostante, si deve osservare che ad una temperatura
superiore corrisponde un’umidità relativa inferiore a parità di umidità specifica.

Una temperatura massima d’introduzione quando il sistema di distribuzione ci garantisce che l’aria
non sia immessa direttamente nella zona occupata dalle persone bensì subisca prima un certo
rimescolamento, può essere considerata 40°C, in modo da rimanere in condizioni di sicurezza nel
caso in cui qualcuno ci si avvicini.

Spesso la portata in regime invernale può essere anche più bassa di quella del regime estivo.
È possibile ridurre la portata adeguando il funzionamento del ventilatore mediante un convertitore
statico di frequenza (inverter). In questo modo si può regolare la portata a livelli differenti per
l’estate e per l’inverno. In questo modo è semplice far lavorare il ventilatore della UTA al punto
desiderato di portata.

Va valutato caso per caso se conviene farlo:


Es 1: in estate 30.000 [m3/h] → in inverno 18.000 [m3/h] è opportuno differenziare la portata.
Es 2: in estate 30.000 [m3/h] → in inverno 27.000 [m3/h] NON è opportuno differenziare la portata,
ho più costi.
Inoltre, la variazione della portata non deve causare problemi nel sistema distributivo dell’aria.

In regime invernale dimezzando il numero di giri del ventilatore si dimezza la portata?


NO.

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1.4

1.2

Prevalenza H/R0 1

0.8

0.6

0.4

0.2

0
0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4

Portata G/G0

- Si prende la curva portata-prevalenza del ventilatore, diversa a seconda della velocità di rotazione.
- La si interseca con la curva caratteristica del circuito aria di climatizzazione (determinabile con le
perdite di carico). Le perdite di carico sono una funzione quadratica della portata, quindi sul
diagramma abbiamo una parabola passante per l’origine.

- Si legge la portata. Dal disegno vediamo che non si dimezza, normalmente è superiore. A una
diminuzione di numero di giri corrisponde una diminuzione di portata meno che proporzionale.

*La prevalenza di un ventilatore si esprime in Pascal (Pa), quella di una pompa in chiloPascal (kPa).

Il punto d’inizio circuito e il punto di fine circuito per calcolare le perdite di carico (operazione che andrebbe a
rigore fatta per ogni portata di esercizio) sono rispettivamente…
- Quello di Aria Indisturbata in Prossimità della Presa d’Aria.
La presa d’aria è l’inizio della canalizzazione esterna, che preleva l’aria non sotto i 3m d’altezza dal suolo,
per ridurre le polveri e gli inquinanti. ndisturbata vuole dire con le due energie meccaniche cinetica e di
pressione pari a zero, quindi aria ferma, a velocità nulla e aria a pressione atmosferica.
- Quello di Aria Indisturbata in Prossimità degli Infissi.
In un impianto classico l’ambiente interno deve essere tenuto in sovrapressione rispetto all’ambiente esterno
(ODG: 3-4 mm di colonna d’acqua, ovvero 30-40 Pascal). Lo si fa per permettere che l’aria in parte fuoriesca
attraverso le fessure degli infissi e quindi non permetterà che aria esterna non trattata s’infiltri in ambiente
attraverso gli infissi.

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Regolazione della Portata alle Batterie – Batteria di Post-


riscaldamento e Batteria di R. e D.
Tutte le regolazioni che adattano la potenza scambiata che dev’essere fornita all’aria avvengono
facendo variare la portata d’acqua che arriva alla batteria.

Ciò si fa inserendo Valvole di Regolazione Modulanti sul circuito d’alimentazione dell’acqua.

Queste valvole possono essere di due tipi:


1. A Tre Vie

E’ una valvola Miscelatrice, infatti ha 2 ingressi e un’uscita. Ha un ingresso ortogonale all’altro.


*è anche chiamata “valvola con funzione di bypass dell’acqua rispetto alla batteria”.

C’è un Otturatore che può assumere una posizione compresa tra due estreme:
 Via d’ingresso diritta A completamente aperta e via d’ingresso a squadra B completamente
chiusa: a meno di trafilamenti l’acqua non passa attraverso B, esce solo la portata che entra
in A.
 Via d’ingesso diritta A completamente chiusa e via d’ingresso a squadra B completamente
aperta.
L’apertura della via A è complementare a quella di B.

Le valvole vicine ai tre rami sono Saracinesche a Sfera e sono organi di corredo della valvola, si
chiudono per isolare la valvola in caso di intervento di manutenzione.

Agli ingressi si prevedono Filtri, per evitare che del particolato possa modificare l’azione
dell’otturatore oppure sporcare la batteria. Ci può essere, in sostituzione ai due filtri d’ingresso
valvola, un filtro all’inizio di tutto.

N.C. vuol dire Normalmente Chiusa, è una Valvola di Bypass ed è dove fai passare l’acqua quando
stacchi la valvola a tre vie. Quando bisogna fare manutenzione o sostituire la valvola a tre vie si
apre il bypass, si chiudono le saracinesche e l’acqua continua a circolare attraverso la batteria,
anche se non modulata, durante l’intervento di manutenzione.

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Le valvole di regolazione sono attualmente, nelle applicazioni civili, quasi esclusivamente ad azione
elettrica (con un motore elettrico), dette anche Elettrovalvole. Negli impianti esistenti e in alcune
applicazioni si utilizzano anche valvole con azionamento pneumatico o, più raramente, idraulico.

Questo sistema è concepito come A Portata Costante: la valvola a tre vie lavora con una portata
d’acqua sostanzialmente costante in arrivo dai circuiti d’alimentazione esterni.
Questo perché l’acqua totale, somma di quella che va alla batteria e quella che viene bypassata, si
può ritenere costante.

2. Strozzatrice o a Due vie

Se noi mettiamo invece una valvola strozzatrice, avremo un sistema A Portata Variabile: questa
riduce la portata d’acqua alla batteria esattamente quanto la riduce al circuito d’alimentazione.
Tanta acqua arriva quanta se ne preleva dal circuito d’alimentazione del sistema valvola-batteria.
→ visto dal sistema di distribuzione, il sistema di regolazione con valvola strozzatrice a due vie
induce una distribuzione a portata variabile.
*Ciò modifica radicalmente i criteri di dimensionamento delle valvole stesse.

Per il resto il concetto dell’alimentazione non cambia. Tutta la differenza sta sul fatto che il circuito
primario d’alimentazione nel primo caso non risente della nostra regolazione, nel secondo sì.

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Posizionamento delle sonde per i sistemi di controllo


In quale punto della nostra UTA dobbiamo controllare lo stato dell’aria con questo sistema di
regolazione, dove cioè metteremo la sonda di controllo del punto fisso che poi manderà il segnale al
regolatore?

Per il controllo estivo, a valle della batteria di raffreddamento e deumidificazione, dove si prende la
temperatura di punto fisso estivo.
Per il controllo invernale, a valle dell’umidificatore, dove si prende la temperatura di punto fisso
invernale.
In entrambi i casi, a valle del separatore di gocce, altrimenti segnerebbe una temperatura più bassa
di quella che abbiamo realmente, sarebbe una temperatura di Bulbo Umido anziché di Bulbo Secco.
(vedi psicrometro).
Attenzione: deve essere protetta dall’irraggiamento della batteria di Post-Riscaldamento.
Generalmente i sistemi di controllo del punto fisso nel funzionamento invernale e nel
funzionamento estivo sono separati.

La sonda per il controllo della batteria di post-riscaldamento è posizionata in ambiente per impianti
a portata costante monozona.

Il segnale di controllo è calcolato a partire dalla differenza tra la temperatura misurata e il set-point con
regolazione PID = “Proporzionale Integrale Derivativo”:
Il segnale di controllo è calcolato sommando tre contributi:
Proporzionale alla differenza di temperatura.
Integrale della differenza di temperatura del periodo precedente (somma delle differenze di temperatura
misurate nel periodo precedente).
Derivata nel tempo della variazione di temperatura.
La sola azione proporzionale non garantisce il raggiungimento del set-point. L’azione integrale serve a
garantire di raggiungere il valore di set-point. L’azione integrale, se troppo intensa può determinare
un’oscillazione della temperatura e un ritardo nel raggiungimento del valore di set-point. L’azione derivativa
consente di raggiungere più rapidamente la condizione di set-point.

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Ricapitoliamo:
Batteria di Raffreddamento e Deumidificazione: la portata (valore di output) viene determinata in
base alla differenza tra temperatura di punto fisso effettiva che si deve raggiungere (valore di set-
point) e temperatura di punto fisso effettiva che si misura a valle del separatore di gocce (valore di
input) e viene modificata con la posizione dell'otturatore della valvola, strozzatrice o deviatrice che
sia.

Batteria di Post-Riscaldamento: la portata (valore di output) viene determinata in base alla


differenza tra temperatura ambiente che si deve raggiungere (valore di set-point) e temperatura che
si misura in ambiente (valore di input) e viene modificata sempre con la posizione dell'otturatore
della valvola, strozzatrice o deviatrice che sia.

Dimensionamento delle batterie


Potenzialità massima che deve fornire la batteria di preriscaldamento all'aria:

,
dove:
Teimin = temperatura esterna invernale minima.
Tmaxpre = temperatura di preriscaldamento massima, si determina intersecando la iso-x passante per
le condizioni estreme dell'aria esterna con l'isoentalpica passante per il punto fisso effettivo.

Potenza della batteria di raffreddamento e deumidificazione:

Jeemax = entalpia esterna estiva massima.


Jpfe = entalpia di punto fisso estivo.

Potenza di post-riscaldamento:

,
dove:
Tintr,max è la massima temperatura d'introduzione in ambiente...
L'aria deve essere introdotta a temperatura abbastanza maggiore rispetto a quella ambiente affinchè
i disperdimenti vengano neutralizzati.
1
, ∗ 
Tpfi è la temperatura di punto fisso invernale, ovvero il valore più basso dal quale può partire a
scaldare la batteria.
*L'intervento di questa batteria normalmente servirà anche in regime estivo, ma con minor potenza
di quella richiesta in periodo invernale.

→ Dimensionate le batterie.

Al costruttore deve essere indicata:


 Potenza
 Temperatura d'ingresso dell'aria
 Temperatura d'ingresso dell'acqua alla batteria
 Portata d'aria

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NON la portata d'acqua che deve passare attraverso la batteria per dare quella potenzialità, quella ce
la deve fornire il costruttore. Per definire la portata d'acqua che in condizioni estreme va alla
batteria, infatti, occorre conoscere le prestazioni delle batteria.

NON è corretto a rigore fornire la temperatura d'uscita dell'acqua che dipende invece dall'efficienza
della batteria e quindi dalle condizioni in cui lavora.

Assegnate portata d'aria e temperature d'ingresso, il costruttore si calcola la temperatura in uscita


dell'acqua sulla base dell'efficienza della batteria.

Quindi, nota la potenza scambiata Q, noto il calore specifico dell’acqua e il salto di temperatura tra
ingresso ed uscita dalla batteria, si ha la portata d’acqua:


cw = 4186 [J / kg K]

Regolazione della Portata alle Batterie - “Errori di progetto”?


Se il T che stimato è inferiore al T che ritroviamo nell'effettivo funzionamento della batteria, va
bene, perchè il dimensionamento è stato cautelativo: infatti vuol dire che la portata derivata dal T
che ho imposto è sovrabbondante per darmi il T necessario.

[Dis 2] ES: ho stimato la portata necessaria a soddisfare un T pari a 10°C e l'ho messa come
portata massima erogabile, perchè T di 10°C corrisponde alle condizioni estreme.
Dal collaudo viene fuori che quella portata mi da invece un T pari a 15.
→ per soddisfare il T paria a 10, ovvero le condizioni estreme, ci vorrà una portata in realtà 10/15
di quella che ho stimato, ovvero 2/3, 1/3 della portata verrebbe bypassata.
→ Ho fatto un dimensionamento cautelativo. Anche in condizioni estreme di funzionamento,
dunque, mi servirà una portata inferiore a quella per cui ho dimensionato l'impianto.

→ Conclusione: nei sistemi di regolazione con valvole a tre vie (NON in quelli con valvole
strozzatrici) meglio abbondare con la portata offerta alla batteria.

E' addirittura buona prassi: compensa lo squilibrio della rete di distribuzione dell'acqua e ci fa
evitare i problemi dell'utenza favorita e sfavorita.

Spieghiamo: rischiamo che utenze favorite bypassino la portata e utenze sfavorite non abbiano nemmeno la
portata minima necessaria.
Nei sistemi di regolazione a tre vie la portata viene bypassata, quindi se abbiamo un sovradimensionamento
la portata in più non va all'utenza sfavorita, semplicemente percorre il circuito di bypass invece della batteria
e poi torna normalmente al circuito di ritorno → ho prelevato comunque la stessa portata dal circuito.
In quelli con valvole strozzatrici, invece, realizziamo un'equilibratura dinamica dei circuiti: ognuno fa passare
verso l'utenza la portata che gli serve e il fatto che strozzi se non gli serve acqua gioca a favore dell'utenza
sfavorita.
Quella cosa è buona prassi perchè un'utenza sfavorita è dimensionata per poter prendere una portata più
alta della massima che gli serve → difficilmente chiederà il massimo al circuito, condizione in cui questo
potrebbe non essere disponibile se contemporaneamente sta prelevando il massimo l'utenza favorita.

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Regolazione della Portata alle Batterie - Sensori


In regime invernale.
Se l’aria in ingresso alla UTA fossa già sull’isoentalpica di punto fisso (effettivo)? La portata
d'acqua alla batteria verrebbe completamente bypassata.
E se l'aria in ingresso alla UTA avesse un’entalpia superiore? La portata d'acqua alla batteria
verrebbe completamente bypassata e l'umidificatore continua a lavorare → l’umidità specifica di
immissione è superiore a xmin → rischiamo che l'umidità in ambiente superi il massimo!
In un tutt'aria monozona si può prevedere una Sonda dell'Umidità Relativa in Ambiente che possa
intervenire disattivando l’umidificazione (spegnendo la pompa dell’umidificatore).
Interrompendo l’umidificazione l'U.R. diminuisce fino ad arrivare alle condizioni di regime. La
decrescita può essere più o meno rapida ma comunque è graduale.

In regime estivo.
Il controllo di punto fisso avverrà agendo non sulla batteria di preriscaldamento, ma su quella di
raffreddamento e deumidificazione.

TA = Termostato Antigelo:
è posto a valle della batteria di preriscaldamento, è tarato per T = 2-3 °C. Se sente una temperatura
inferiore invia un segnale di chiusura alla serranda motorizzata sulla presa di aria esterna e un
comando di STOP al ventilatore.
Ferma la UTA, per proteggere la UTA stessa, in particolare per evitare che l'acqua contenuta nella
batteria fredda possa congelare.
Perchè la sonda antigelo sta dopo la batteria di preriscaldamento?
Perché interviene solo in caso di avaria del pre-riscaldamento: se l'aria fuori è a temperatura
prossima o inferiore a 0°C la UTA deve funzionare. Se invece la sonda antigelo fosse posizionata
dove sente proprio la temperatura esterna, la UTA si spegnerebbe proprio quando c’è più necessità
di riscaldamento in ambiente!
La batteria di preriscaldamento porta l'aria ad una temperatura pari o superiore alla temperatura di
punto fisso. Mettiamo una sonda antigelo perchè se DOPO la batteria di preriscaldamento la
temperatura è prossima allo zero qualcosa non va, la batteria di preriscaldamento non funziona →
allora sì che chiudo l'impianto.

E' buona norma non tarare il TA a troppo poco, 4-5°C già va bene, perchè:
 Solo se c'è un guasto al sistema d'alimentazione della batteria di preriscaldamento arriviamo
a temperature così basse, dopo di essa.
 Ci proteggiamo dal rischio: se l'allarme parte a 4-5°C abbiamo più tempo per intervenire.

In caso di congelamento dell’acqua in una batteria, l'aumento di volume può provocare la rottura
del circuito idraulico.

Chi comanda la batteria di post, nell'impianto di condizionamento a tutt'aria monozona?


Essa è preposta a controllare la temperatura d'introduzione dell'aria in modo che sia sempre
soddisfatta la relazione
1
∗ 
la quale, a portata costante, modula la Ti in modo da soddisfare la neutralizzazione del carico,
positivo (estate) o negativo (inverno) che sia.
*Questa relazione vale sia in inverno che in estate, se consideriamo i segni anche per i carichi.

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Termostato Ambiente: confronta la Ta col Set-Point e consegna il valore alla batteria di post-
riscaldamento. Di fatto è lui che la controlla.
Se i carichi in ambiente fossero nulli, il regolatore posizionerebbe la valvola di regolazione in modo
che l’aria sia immessa alla temperatura ambiente stessa.
Ma la batteria di post lavorerebbe ugualmente, dato che sia in estate che in inverno l'aria arriva
alla temperatura di punto fisso!

N.B: a valle della batteria di post-riscaldamento la temperatura non sarebbe ESATTAMENTE quella
ambiente, dato che in mezzo c'è il riscaldamento dovuto alla dissipazione del ventilatore e il
riscaldamento/raffreddamento (a seconde se siamo in regime estivo/invernale) dell'aria nella condotta che
porta l'aria in ambiente.
Siccome la batteria di post inconsciamente tiene conto di queste variazioni, posiziona il regolatore in modo
tale che la temperatura ARRIVI in ambiente a temperatura ambiente, non che PARTA già a temperatura
ambiente.

Impianto a Tutt'Aria Con Ricircolo


Nell'impianto a tutt'aria esterna monozona la portata è imposta da controllo termico, igrometrico,
della qualità.
Quando la portata imposta dal controllo termico o igrometrico è superiore a quella imposta dal
controllo della qualità dell'aria.
10 1

Ge = portata d'aria esterna perchè la ventilazione richiede aria esterna.


Questa equazione impone l'Aria Esterna Minima da immettere in ambiente.

Se cioè Ga >> Ge, la differenza Ga – Ge può essere Aria di Ricircolo, proveniente dall’ambiente
stesso: una parte dell'aria introdotta in ambiente viene rimandata al condizionatore e abbiamo un
impianto a tutt'aria con ricircolo.

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Una parte dell'aria viene reimmessa nel plenum d'ingresso alla UTA, che stavolta ha due ingressi,
uno per l'aria esterna e uno per l'aria di ricircolo.
Gex = Portata d'Espulsione, quella non ricircolata.

N.B: mantenendo l'ambiente in pressione una parte dell'aria esce attraverso gli infissi
→ non tutta la portata immessa in ambiente viene ripresa.
*l'ambiente va assolutamente tenuto in sovrappressione, pena il fenomeno contrario: aria non
trattata entra attraverso gli infissi.

La differenza tra portata immessa in ambiente e portata ripresa è la Gs = Portata di Sovrappressione,


la quota-parte di aria che noi dobbiamo stimare fuoriesca attraverso gli infissi.

Ordine di granezza:
 L'80-90% dell'aria di solito viene ripresa. Tuttavia è una percentuale molto variabile a
seconda di come sono fatte porte e finestre.
 Normalmente si mantiene in ambiente una sovrappressione di 2-3 mm di colonna liquida,
ovvero 20-30 Pa.
 Se fosse per il controllo termico potrei usare tutta aria di ricircolo. Poiché la portata d’aria
serve anche controllo della qualità, ovvero per il ricambio dell'aria, è sempre necessaria una
portata d’aria esterna. Il volume d'aria di ricambio minimo prescritto va dagli 8 l/s fino a 11
l/s per persona (UNI 10339).
Chiaramente questi valori li devo garantire, quindi non posso adottarne di minori, ma non posso
neanche adottarne di troppo alti, perché in condizioni tipicamente invernali o estive il trattamento
dell'aria esterna richiede più energia che per l’aria ricircolarla.

N.B: non il ricircolo si adotto se la portata è significativa rispetto alla portata totale
Se deve essere realizzata un'intera rete di ripresa per il solo scopo di ricircolare il 10% della portata
d'aria non è conveniente economicamente. La differenza tra Gt e Ge deve essere adeguata affinché la
realizzazione sia conveniente.

Se è necessario comunque riportare l'aria in prossimità della UTA: ad esempio per il Recupero del
calore mediante uno scambiatore Aria-Aria, per il risparmio energetico, può essere vantaggioso il
ricircolo anche per piccole portate.

Come funziona lo scambiatore di recupero: l'aria esterna s'incrocia con l'aria di espulsione, così la
preriscalda.
*Sebbene non ci sia contatto tra le due arie, negli edifici ospedalieri non vengono accettati questo
tipo di scambiatori di recupero perchè non garantiscono l'impossibilità della contaminazione.
In questo tipo di edifici si usano scambiatori di recupero aria – acqua – aria in cui non può esserci
contaminazione dell’aria immessa in ambiente anche in caso di rottura dello scambiatore.

*L'efficienza di questo tipo di sistemi dipende fortemente dalla temperatura dell'aria esterna.
D'estate in particolare abbiamo piccoli deltaT tra aria d'espulsione e esterna e l'efficienza cala.
Un sistema di preumidificazione adiabatica dell'aria di espulsione può però aumentare (d'estate)
l'efficienza del recuperatore “a secco” del 300-400%.

L'aria esterna sarà pari all'aria di espulsione?


Rispondiamo con un Bilancio di Massa (nel sistema ambiente – canalizzazioni - UTA):
Ge = Gex + Gs.

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Quindi NO: non sono uguali, la portata d'espulsione è inferiore.

Impianto a Tutt'aria con Ricircolo – Trasformazioni Estive sul Diagramma Psicrometrico


Condizioni Estreme dell'Aria di Ripresa: per individuare le condizioni più estreme per l'aria di
ricircolo scegliamo l'aria a U.R. maggiore, poichè richiede la potenza maggiore per i trattamenti
dell'aria, dato che in estate deumidifichiamo.
Finezza: l'aria che si miscela nel plenum con l'aria di ricircolo NON arriva nel plenum alle stesse
condizioni in cui esce dall'ambiente.
Il ventilatore di estrazione dall'ambiente fa sì che l'aria subisca un riscaldamento;
Se inoltre le canalizzazioni di ripresa che riconducono l'aria alla UTA corrono in ambienti a
temperatura maggiore dell'aria di ripresa, l'aria di ripresa può subire un ulteriore incremento di
temperatura.
Dunque che punto dobbiamo prendere? L'aria esce dall'ambiente nelle condizioni “stato aria di
ripresa”, ma arriva nel plenum nelle condizioni “aria di ricircolo”, condizioni più realistiche, per le
quali sarà richiesta una potenza maggiore.

R: lo Stato dell'Aria di Ricircolo, si mescola con...


E: lo Stato dell'Aria Esterna.
M: lo Stato di Miscela, sarà un punto sul segmento che li unisce, a distanza dall'uno e dall'altro
punto inversamente proporzionale alle rispettive portate.
Da qui si va nelle condizioni di punto fisso e tutto ciò che abbiamo detto circa il controllo di punto
fisso vale come per il tipo d'impianto precedente..

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Se adottassi un impianto senza ricircolo il J sarebbe quello tra lo stato E il punto fisso, mentre così
abbiamo risparmiato potenza (certo a spese di una minore qualità dell'aria) riducendo il J a quello
da M al punto fisso.
Potenza da fornire con ricircolo = Ge (JE – Jpf) + Gr (JR – Jpf)
Potenza da fornire senza ricircolo = (Ge + Gr) (JE – Jpf)
∆ J M= ∆ J E – ∆ J R

Impianto a Tutt'aria con Ricircolo – Trasformazioni Invernali sul Diagramma Psicrometrico


Stavolta le condizioni estreme dell'aria di ripresa da scegliere saranno quelle di contenuto
igrometrico minimo, dato che in inverno l'aria la dobbiamo umidificare, non deumidificare.
→ Ci mettiamo, come aria di ripresa, nelle condizioni xmin, quelle di umidità specifica (e relativa)
più bassa.

*Qui tenere conto del riscaldamento del ventilatore non è cautelativo ma va fatto: riscalda
comunque, in estate e in inverno.
Però l'aria potrebbe passare per ambienti non climatizzati e raffreddarsi, arrivando al plenum 1-2°C
in meno di come l'abbiamo ripresa.

R: Stato dell'Aria di Ripresa all'Ingresso del Plenum.


M: Punto di Miscela, stavolta invernale.
E: Stato dell'Aria Esterna invernale.
Da qui si scalda fino al punto fisso.

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Stavolta abbiamo risparmiato energia termica in pretrattamento dell'aria: sempre con la stessa
portata, quella imposta dal controllo termico, con un impianto a tutt'aria esterna dovrei riscaldare a
partire dal punto E, così devo riscaldare partendo dal punto M.

Ricircolo con by-pass


Negli impianti con ricircolo, nel funzionamento estivo, l’intera portata d’aria è raffreddata fino al
punto fisso per eseguire la deumidificazione. Qualora la portata necessaria per il controllo termico
Gt si superiore alla portata necessaria per il controllo dell’umidità Gx, ciò comporta un impegno di
energia frigorifera superiore a quella strettamente necessaria, con l’effetto di mantenere l’ambiente
ad un’umidità relativa inferiore alla massima accettabile. È possibile ridurre tale dispendio mediante
il by-pass del ricircolo.

La portata di ricircolo che non è necessaria per il controllo di umidità viene immessa nella UTA in
un apposito plenum posto tra il separatore di gocce e la batteria di post-riscaldamento. La restante
parte nel plenum di ingresso.
Infatti, è sufficiente che la portata in transito attraverso la batteria di raffreddamento e
deumidificazione sia maggiore di Gx. D’altra parte, la temperatura dell’aria dopo la miscelazione
con l’aria di by-pass deve essere pari o inferiore alla temperatura di immissione in ambiente
richiesta nel particolare stato di introduzione.
Si hanno quindi i seguenti limiti di esercizio:
- portata di ricircolo totale Gr  Ga – Ge
- portata di by-pass Gb,max  Ga – Gx
La portata di by-pass deve essere gestita dal regolatore della temperatura di mandata (che controllo
anche l’apertura della valvola della batteria di post-riscaldamento) con la seguente logica di
controllo:

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- se Gb  Gb,max , il regolatore di temperatura ambiente controlla la serranda di modulazione


della portata di by-pass e la valvola della batteria di post-riscaldamento è in chiusura
completa (completo by-pass dell’acqua per valvola a 3-vie);

E
M

- se Gb = Gb,max , il regolatore di temperatura ambiente controlla la valvola della batteria di


post-riscaldamento.

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E
M

A
I

Il by-pass della portata di ricircolo comporta un incremento della variazione di entalpia dell’aria
attraverso la batteria di raffreddamento e deumidificazione ma per una portata ridotta. Ciò comporta
sempre un risparmio energetico (in estate):
Potenza da fornire con ricircolo e by-pass = Ge (JE – Jpf) + (Gr – Gb ) (JR – Jpf)
Potenza da fornire con ricircolo = Ge (JE – Jpf) + Gr (JR – Jpf)
Potenza da fornire senza ricircolo = (Ge + Gr) (JE – Jpf)

In regime invernale, in generale non vi è alcun vantaggio energetico nel by-pass del ricircolo. Si ha
un vantaggio operativo in presenza di elevate portate di ricircolo o con aria esterna relativamente
umida. Infatti, nel ricircolo ordinario, è possibile che lo stato di miscela in ingresso alla batteria di
pre-riscaldamento abbia entalpia superiore alla isoentalpica di punto fisso, rendendo impossibile il
controllo igrometrico; il by-pass del ricircolo può consentire di mantenere l’aria in ingresso a tale
batteria sull’isoentalpica di punto fisso, immettendo la porzione residua di aria di ricircolo a valle
dell’umidificatore. Ciò richiede di attribuire la regolazione della serranda del by-pass al regolatore
di punto fisso (in inverno), aprendo il by-pass qualora la temperatura rilevata dal sensore di punto
fisso tenda ad essere superiore al set-point, anche quando la valvola della batteria di pre-
riscaldamento è completamente chiusa.

N.B. con il by-pass del ricircolo è sempre necessaria la motorizzazione delle serrande del ricircolo.

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Impianti tutt’aria multizona


Se un impianto tutt’aria deve controllare la temperatura in ambienti (o porzioni di un ambiente)
aventi carichi termici che possono variare in modo indipendente è necessario modulare in modo
indipendente l’azione dell’impianto. Ad esempio, per impianti a portata (d’aria) costante, per ogni
ambiente j-esimo deve essere:
1
,
∗ 
Le temperature dell’aria ambiente potrebbero anche essere lievemente differenti tra le diverse zone
termiche.
Le principali tipologie di impianti tutt’aria multizona realizzabili sono:
1- Impianto a feritoie coniugate (“multizona classico”)
2- Impianto con batterie di post-riscaldamento remote
3- Impianto a doppio condotto
4- Impianto monocondotto a portata variabile (VAV)
Le prime tre tipologie sono a portata costante ed hanno lo stesso assetto della UTA monozona fino
alle sonde di punto fisso. La quarta tipologia ha una UTA del tutto identica ad una UTA monozona,
ma differisce per i terminali in prossimità delle zone.

Impianto tutt’aria multizona a feritoie coniugate

Dopo il separatore di gocce e le sonde di punto fisso è presente il ventilatore a valle del quale ci
sono due plenum. In uno di questi è presente la batteria di post-riscaldamento – plenum caldo,
mentre nell’altro l’aria non subisce trattamenti termici, rimanendo a temperatura di punto fisso
(aumentata per il riscaldamento dovuto al ventilatore) – plenum freddo.
Ciascun canale di distribuzione aria alle singole zone è alimentato da una o più coppie di feritoie
con serrande coniugate, cioè aventi una motorizzazione tale che se una apre, l’altra chiude. Il
regolatore di temperatura ambiente agisce sulla motorizzazione delle serrande coniugate,
determinando quale portata sarà prelevata dal plenum caldo e quale dal plenum freddo.
In particolare, la entalpia di miscelazione alla quale l’aria sarà inviata in ambiente è:
, ,
,

Poiché in entrambi i plenum l’aria ha la medesima umidità specifica è immediato individuare la


temperatura di mandata in ciascun canale:

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, ,
,

PC
A

M,j

PF

Sul fronte della UTA sono quindi presenti alcune feritoie (tra 10 e 20 coppie) che devono essere
attribuite a ciascuna zona in modo proporzionale alla portata della zona. Ad esempio, se la UTA ha
è dotata di 9 coppie di feritoie e deve servire 3 ambienti con una portata complessiva di 16000 m3/h,
così ripartite:
- G1 = 2000 m3/h
- G2 = 5000 m3/h
- G3 = 8000 m3/h
Le feritoie potranno essere così attribuite:
- Zona 1 – 1 feritoia  2000 / 15000  1/9
- Zona 2 – 3 feritoie  5000 / 15000 = 3/9
- Zona 3 – 5 feritoie  8000 / 15000  5/9

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La portata complessiva della UTA è pari alla somma delle portate richieste dalle singole zone. Si
effettua il calcolo della portata complessiva richiesta da ciascuna zona (usando le 4 equazioni viste
per il monozona) e si sommano per avere la portata complessiva.

La batteria di post-riscaldamento si dimensiona con riferimento agli apporti richiesti da ciascuna


zona:

, ,

La sonda di regolazione del post-riscaldamento deve essere collocata all’interno del plenum caldo
(opportunamente schermata dall’irraggiamento). La temperatura del plenum caldo può essere scelta
arbitrariamente, purché superiore alla massima temperatura di introduzione richiesta dalle zone
servite. La temperatura del plenum caldo non ha effetto sul fabbisogno energetico. Infatti, ad un
incremento della temperatura del plenum caldo corrisponde una riduzione della portata prelevata
dallo stesso. È opportuno che la temperatura del plenum caldo sia scelta in modo che nessuna delle
serrande coniugate sia completamente chiusa. Ciò può richiedere una modulazione della
temperatura di set-point del regolatore della batteria di post-riscaldamento durante l’esercizio
dell’impianto, con un apposito sistema di controllo.

Le altre batterie si dimensionano come per il monozona.

N.B. la temperatura di punto fisso è la medesima per tutte le zone, quindi tutte le zone devono avere
una xmin comune. La massima umidità relativa in ciascuna zona dipende invece dalla portata
effettivamente erogata dalla UTA a quella specifica zona.

Dalla UTA si avrà 1 canale d’aria per ciascuna zona servita! Ciò limita abitualmente l’utilizzo di
questo tipo di impianti ad un numero di zone compreso tra 3 e 10.

Impianto tutt’aria multizona con batterie di post-


riscaldamento remote

Dopo il separatore di gocce e le sonde di punto fisso è presente il ventilatore a valle del quale si ha
direttamente la canalizzazione di distribuzione agli ambienti. In prossimità di ciascuna zona termica
è presente una batteria di post-riscaldamento dedicata alla specifica zona, all’interno di un plenum
dedicato.

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La portata complessiva della UTA è pari alla somma delle portate richieste dalle singole zone. Si
effettua il calcolo della portata complessiva richiesta da ciascuna zona (usando le 4 equazioni viste
per il monozona) e si sommano per avere la portata complessiva.

Ciascuna batteria di post-riscaldamento si dimensiona con riferimento alla zona servita:



, , ,
Le altre batterie si dimensionano come per il monozona, ovviamente con riferimento alla portata
totale della UTA.

N.B. la temperatura di punto fisso è la medesima per tutte le zone, quindi tutte le zone devono avere
una xmin comune. La massima umidità relativa in ciascuna zona dipende invece dalla portata
effettivamente erogata dalla UTA a quella specifica zona.

Dalla UTA si avrà un unico canale d’aria che si dirama verso le zone servite. Non ci sono quindi
limiti al numero di zone servite. Per contro, è necessario realizzare una rete di distribuzione
dell’acqua alle batterie di post-riscaldamento delle diverse zone. Ciò comporta una distribuzione
similare a quella degli impianti misti.

Impianto tutt’aria multizona a doppio condotto

Dopo il separatore di gocce e le sonde di punto fisso è presente il ventilatore a valle del quale ci
sono due plenum. In uno di questi è presente la batteria di post-riscaldamento – plenum caldo,
mentre nell’altro l’aria non subisce trattamenti termici, rimanendo a temperatura di punto fisso
(aumentata per il riscaldamento dovuto al ventilatore) – plenum freddo. Dai due plenum si

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distribuiscono due condotti verso tutte le zone servite: un canale caldo connesso alimentato dal
plenum caldo, un canale freddo connesso alimentato dal plenum freddo.

In prossimità di ciascuna zona servita è presente una cassetta di miscelazione alimentata da


entrambi i canali con una coppia di serrande coniugate per la modulazione delle portate prelevate.
Il regolatore di temperatura ambiente agisce sulla motorizzazione delle serrande, determinando
quale portata sarà prelevata dal plenum caldo e quale dal plenum freddo.
In particolare, l’entalpia di miscelazione alla quale l’aria sarà inviata in ambiente è:
, ,
,

Poiché in entrambi i canali di alimentazione l’aria ha la medesima umidità specifica è immediato


individuare la temperatura di mandata in ciascun canale:
, ,
,

PC
A

M,j

PF

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La portata complessiva della UTA è pari alla somma delle portate richieste dalle singole zone. Si
effettua il calcolo della portata complessiva richiesta da ciascuna zona (usando le 4 equazioni viste
per il monozona) e si sommano per avere la portata complessiva.

La batteria di post-riscaldamento si dimensiona con riferimento agli apporti richiesti da ciascuna


zona:

, ,

La sonda di regolazione del post-riscaldamento deve essere collocata all’interno del canale caldo
(opportunamente schermata dall’irraggiamento). La temperatura del plenum caldo può essere scelta
arbitrariamente, purché superiore alla massima temperatura di introduzione richiesta dalle zone
servite. La temperatura del plenum caldo non ha effetto diretto sul fabbisogno energetico. Infatti, ad
un incremento della temperatura del plenum caldo corrisponde una riduzione della portata prelevata
dallo stesso.
È opportuno che la temperatura del plenum caldo sia scelta in modo che il prelievo d’aria dai due
canali sia piuttosto bilanciato. Ciò richiede una modulazione della temperatura di set-point del
regolatore della batteria di post-riscaldamento durante l’esercizio dell’impianto, con un apposito
sistema di controllo.

Le altre batterie si dimensionano come per il monozona.

N.B. la temperatura di punto fisso è la medesima per tutte le zone, quindi tutte le zone devono avere
una xmin comune. La massima umidità relativa in ciascuna zona dipende invece dalla portata
effettivamente erogata dalla UTA a quella specifica zona.

Dalla UTA si avranno solo due canali d’aria che si dirama verso le zone servite. Non ci sono quindi
limiti al numero di zone servite. Per contro, poiché l’aria si ripartisce in modo variabile tra i due
condotti, in condizioni estreme l’intera portata potrebbe transitare solo in uno dei due condotti. Un
dimensionamento cautelativo richiederebbe il dimensionamento di ciascuno dei due canali per
l’intera portata. Tale condizione è però improbabile. Pertanto, generalmente nel dimensionamento
più cautelativo si dimensiona ciascuno dei canali per lo 80% della portata della UTA. Ciò implica
che l’ingombro dei due canali sarà pari al 160% circa di quello che si avrebbe se tutti gli ambienti
fossero un’unica zona termica.
La modulazione della temperatura del plenum caldo può consentire di mantenere la portata più
equilibrata tra i due condotti, consentendo di ridurre la portata adottata nel dimensionamento, fino a
circa il 60% della portata complessiva.
In alternativa, è possibile prevedere una batteria di post-riscaldamento in ciascuno dei due plenum,
in modo da poterli utilizzare in modo alternativo come plenum caldo e freddo, dimensionando
canali con portate diverse per le diverse stagioni: si potrà avere un canale dimensionato per 80%-
100% della portata da utilizzare come canale freddo in estate e come canale caldo in inverno e
l‘altro dimensionato per una portata pari al 40%-50% da utilizzare in modo complementare. Tale
soluzione richiede però l’inversione della logica di controllo del sistema di regolazione delle
cassette miscelatrici.

Si deve osservare che ciascun canale di distribuzione ha una portata variabile, nonostante la portata
complessiva della UTA sia costante. Ciò può comportare una variazione della portata complessiva
erogata alla singola zona. Al fine di evitare ciò, è possibile utilizzare cassette miscelatrici dotate di
serranda di equalizzazione della portata sulla bocca di mandata, con la funzione di mantenere
costante la pressione (quindi la portata) all’inizio del canale di distribuzione dell’aria alla zona
termica.

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Impianto tutt’aria multizona monocondotto a portata


variabile

La regolazione della temperatura dell’aria ambiente è realizzata mediante la modulazione della


portata immessa in ciascuna zona, mediante una serranda posta all’inizio della canalizzazione di
distribuzione alla zona stessa:
 1
 ∗ ,

La portata complessiva della UTA deve essere pari alla massima portata contemporanea delle
diverse zone, pari alla portata necessaria per il massimo carico contemporaneo delle diverse zone:

max ∑
 ,
, , max  ∗


La batteria di post-riscaldamento si dimensiona con riferimento alla massima portata invernale:

, , ,
Il sensore per la regolazione della batteria di post-riscaldamento è posto nel canale di mandata.

Le altre batterie si dimensionano come per il monozona, con riferimento alla massima portata totale
della UTA.

N.B. La temperatura di punto fisso è la medesima per tutte le zone, quindi tutte le zone devono
avere una xmin comune. La massima umidità relativa in ciascuna zona dipende invece dalla portata

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effettivamente erogata dalla UTA a quella specifica zona. Anche la temperatura di mandata alle
diverse zone è unica.

Al fine di garantire il controllo dell’umidità e della qualità dell’aria è necessario che la portata in
ciascun ambiente sia mantenuta superiore alla minima necessaria per il controllo igrometrico e della
qualità:

, , 1
,
,  ,
10 , 1
,

Ciò viene realizzato prevedendo una feritoia di minima portata (da tarare) nell’alloggiamento della
serranda di regolazione. In alternativa, può essere inserito un fine-corsa meccanico o elettronico
della serranda che determini un grado di chiusura minimo superiore a 0.
La minima portata limita la capacità di regolazione dell’impianto quando si riducono i carichi. Sono
possibili diversi approcci per gestire la minima portata:
 Si verifica che la temperatura di equilibrio dell’ambiente in tutte le condizioni di carico
ridotto con portata minima siano accettabili;
 Si modula la temperatura di mandata della UTA in modo da garantire che nessuna serranda
si in posizione di minima apertura;
 Si utilizzano batterie di post-riscaldamento remote in corrispondenza di ciascuna zona
termica.
L’ultima soluzione realizza, di fatto, un impianto con batterie di post-remote a portata variabile, con
le batterie di post-riscaldamento dimensionate con riferimento alla minima portata.

Dalla UTA si avrà un unico canale d’aria che si dirama verso le zone servite. Non ci sono quindi
limiti al numero di zone servite. Per questa tipologia di impianto, in generale, non è possibile
realizzare il ricircolo, salvo che con particolari accorgimenti.

Ricircolo dell’aria negli impianti multizona


Anche per gli impianti multizona si ha un vantaggio energetico con il ricircolo dell’aria prelevata
dall’ambiente. Però, il ricircolo distribuisce gli odori o gli inquinanti prodotti in una zona in tutte le
altre. Deve essere quindi evitato per gli ambienti in cui si abbia una particolare o significativa
presenza di generazione di odori o di inquinanti, nonché qualora la portata di ricircolo possibile non
sia tanto significativa da renderlo particolarmente vantaggioso energeticamente ed
economicamente.

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L’aria di ricircolo si distribuisce in modo uniforme in tutti gli ambienti. Pertanto, il calcolo della
portata d’aria di ricircolo richiede una procedura specifica.
Dalle equazioni per il dimensionamento della portata degli impianti a tutt’aria è possibile calcolare
per ciascun ambiente j-esimo la minima portata totale richiesta ∗, e la minima portata di aria
esterna richiesta ∗, . È quindi possibile definire la frazione di aria esterna richiesta da ciascun
ambiente:

,

,

Scelta la frazione di aria esterna dell’intero impianto multizona , la portata di aria che deve essere
erogata a ciascuna zona è:
- Se   j

,
- Se  < j

,

Definiti max la massima frazione di aria esterna richiesta dalle zone servite e min la minima frazione
di aria esterna richiesta dalle zone servite, si hanno le seguenti possibilità di esercizio:
   max

,

 ,
1 
   min

,


,

1
1

 min <  < max

1 ∗
, ,


 ,
1 
Pertanto, a meno che non sia adottata la massima frazione di aria esterna (o superiore) richiesta da
una delle zone, il ricircolo comporta un incremento della portata totale dell’impianto. La scelta del
valore della frazione di ricircolo deve essere effettuata in relazione alle caratteristiche delle zone
servite e delle condizioni climatiche di esercizio dell’impianto.

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Impianto misto aria-acqua


Gli impianti misti possono essere utilizzati in qualunque tipologia di edificio, ma sono quelli preferenziali 
negli edifici in cui il volume da condizionare è frazionato in molte zone ambienti con condizioni 
igrometriche ed esigenze di ventilazione uguali e condizioni termiche diverse. Ciò è tipico degli uffici. 
L’impianto si compone di due sotto‐impianti gestibili indipendentemente: 
Impianto di aria primaria, destinato al controllo igrometrico e della qualità 
Impianto ad acqua, destinato al controllo termico delle zone. 
L’acqua ha solo funzione di fluido termovettore ed alimenta i terminali contenenti gli scambiatori con l’aria 
ambiente. Questi sono comunemente mobiletti ventilconvettori (in inglese fancoil), ma possono essere 
anche di altro tipo. Fino a qualche decennio fa erano diffusi i mobiletti ad induzione (dai quali deriva il 
termine aria primaria), attualmente meno diffusi. 
L’ aria primaria è destinata al controllo della purezza dell’aria ambiente e al controllo dell’umidità. La 
circolazione di acqua in elementi terminali (mobiletti) consente il controllo localizzato della temperatura 
dell’aria ambiente, sia d’estate che d’inverno. 
Poiché l’umidità specifica dell’aria immessa in ambiente è comune a tutte le zone, per il controllo 
igrometrico è necessario che le temperature ambiente nelle diverse zone siano prossime tra loro. 
Il vantaggio principale di questa tipologia di impianto è il ridotto ingombro dei canali dell’aria, che sono 
dimensionati per la portata di ventilazione (o di controllo igrometrico), spesso largamente inferiore a quella 
per il controllo termico. 
L’aria primaria è trattata centralmente e distribuita con un sistema di canalizzazioni e bocchette agli 
ambienti; non si effettua il ricircolo.  
In base alle caratteristiche degli elementi terminali gli impianti si classifica no in: 
IMPIANTI A VENTILCONVETTORI 
IMPIANTI AD INDUZIONE più usati nel passato perché erano poco rumorosi, ora anche i Fancoil 
sono poco rumorosi e sono (attualmente) più economici! 
 
Gli impianti a ventilconvettori offrono i vantaggi : 
‐ Limitato ingombro 
‐ Opportunità di posizionare le unità in modo diverso nel locale. 
 
Vengono utilizzati anche senza aria primaria (impianto a sola acqua), rinunciando al controllo della qualità 
dell’aria e dell’umidità in ambiente 
 
Un Fancoil a semplice batteria (a 2‐tubi) può erogare caldo o freddo a seconda che la batteria sia 
alimentata ad acqua calda o fredda. È costituito da una struttura metallica o in plastica che contiene i vari 
elementi: 
1. Una (o due) batteria di scambio termico tra aria e acqua a pacco alettato a 3 ‐4 ranghi. 
2. Bacinella di raccolta e scarico della condensa posta sotto la batteria, in quanto durante il raffreddamento 
estivo può formarsi condensa. 
3. Elettroventilatore, aspira l’aria ambiente dal basso e la invia attraverso la batteria dove scambia calore 
con l’acqua ed esce dalla parte superiore. Generalmente prevede la possibilità di regolazione della velocità 
4. Filtro, perché la depressione creata dal ventilatore può richiamare all’interno anche polvere e 
sporcizia che possono rovinare la batteria. Il filtro deve essere periodicamente pulito. 
5. Griglie di aspirazione e di mandate (che devono essere mantenute libere). 
6. Regolatore (eventualmente con selettore di velocità). 
Possibili svantaggi sono rumorosità del ventilatore, necessità di eseguire la manutenzione nell’ambiente 
servito, deumidificazione incontrollata sulla batteria fredda che influenza il controllo igrometrico in 
ambiente. 
 
La distribuzione dell’acqua ai fancoil può essere realizzata: 
A 2 TUBI: 2 soli tubi di mandata e ritorno alimentano ciascun fancoil, che può quindi erogare caldo o 

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freddo. La commutazione avviene in modo centralizzato, ma è necessario effettuare la commutazione di 
ciascun regolatore locale. 
A 4 TUBI: ciascun fancoil è alimentato da 4 tubi, 2 per mandata e ritorno dell’acqua calda e 2 per 
mandata e ritorno dell’acqua fredda. Generalmente hanno 2 batterie, una calda e una fredda collegate ai 
rispettivi circuiti idraulici. In ciascun fancoil è attiva una sola batteria per volta. Ciascun fan‐coil può 
commutare dall’erogazione di caldo al freddo e viceversa in modo locale, autonomamente dalle altre zone 
(Es. un ambiente esposto a Sud che in inverno richiede raffrescamento per effetto dell’irraggiamento 
solare, nonostante le altre zone richiedano riscaldamento). 
Esistono impianti a 3 tubi che altro non sono che impianti a 4 tubi con tubazione di ritorno dalle due 
batterie in comune. Tale soluzione consentiva di risparmiare gli oneri di realizzazione di una delle tubazioni, 
ma comporta il mescolamento del ritorno caldo e freddo da unità che operano in modo contrapposto, con 
un dispendio energetico attualmente ritenuto inaccettabile. 
 
Per modulare la potenza dei fancoil a 2 tubi si possono utilizzare 3 metodi: 
1 REGOLAZIONE ON‐OFF DEL VENTILATORE 
Fa diminuire il rendimento dell’1‐2% . Più semplice ed economica, è effettuata tramite una sonda di 
temperatura ambiente posta in ambiente. In funzionamento estivo, se la temperatura ambiente supera una 
certa soglia, pari alla temperatura di set‐point aumentata di uno scarto differenziale (abitualmente 0.5°C), il 
ventilatore si attiva; se la temperatura ambiente scende al di sotto di una certa soglia, pari alla temperatura 
di set‐point diminuita di uno scarto differenziale (abitualmente 0.5°C), il ventilatore si ferma. Nel 
funzionamento invernale si inverte.  
A ventilatore fermo lo scambio termico della batteria è quasi nullo. 
Realizza una regolazione entro la banda differenziale con una continua oscillazione della temperatura tra il 
minimo ed il massimo. 
 
2 REGOLAZIONE VELOCITÁ VENTILATORE 
Come la regolazione on‐off, ma ogni superamento in alto o in basso della soglia differenziale provoca una 
riduzione o un incremento della velocità del ventilatore tra lo stato 0, ventilatore spento, e la massima 
velocità. 
Al fine di limitare la rumorosità il fancoil può essere dimensionato per una velocità inferiore alla massima, 
in tal modo la massima velocità si raggiunge solo nel periodo di avviamento dell’impianto (quando la 
potenza da erogare è superiore a quella di regime). 
 
3 REGOLAZIONE PORTATA D’ACQUA CHE ALIMENTA IL FANCOIL 
La regolazione è del tutto equivalente a quella delle batterie delle UTA. Per realizzare impianti a portata 
(d’acqua) costante si utilizzano valvole a 3‐vie. Per realizzare impianti a portata (d’acqua) variabile si 
utilizzano valvole a 2‐vie. 
 
REGOLAZIONE PER IMPIANTO A 4 TUBI (A DOPPIA BATTERIA) 
La batteria calda è generalmente a 1 (massimo 2) ranghi e viene alimentata sempre con acqua calda (non 
temperata). 
La batteria fredda è più grande in quanto la differenza di temperatura disponibile tra l’aria e l’acqua in 
ingresso è minore. 
La regolazione può essere realizzata con una valvola a 8‐vie, che altro non è che due valvole a 3‐vie con gli 
otturatori accoppiati. In tal modo, è escluso che possano essere alimentate contemporaneamente le due 
batterie. Inoltre, generalmente si ha una posizione intermedia della corsa dell’otturatore nella quale 
entrambe le batterie sono disattive. Ciò garantisce un intervallo di regolazione nella transizione dal 
funzionamento in caldo al funzionamento in freddo nel quale si esaurisce l’inerzia termica della batteria 
(seppure modesta), evitando che possano manifestarsi oscillazioni tra il funzionamento in caldo e in freddo. 

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In alternativa, è possibile utilizzare una coppia di valvole a 3‐vie (o a 2‐vie) con un unico controllore che 
realizzi un accoppiamento elettronico con la stessa funzione dell’accoppiamento meccanico illustrato 
sopra. 
 
L’acqua calda e l’acqua fredda sono preparate rispettivamente nella centrale termica e nella centrale 
frigorifera.  
La temperatura di mandata dalla centrale termica dipende dalla tecnologia utilizzata. Nelle caldaie 
tradizionali, al fine di evitare la condensazione dei fumi, è generalmente necessario che la temperatura di 
mandata non sia inferiore a 70°C.  
La temperatura di mandata dalla centrale frigorifera deve essere adeguata per la deumidificazione nelle 
UTA, pertanto generalmente non superiore a 7°C. 
Qualora i fancoil fossero alimentati alla temperatura della centrale frigorifera, poiché è inferiore alla 
temperatura di rugiada in ambiente, si avrebbe formazione di condensa nel fancoil. Ciò comporterebbe una 
deumidificazione incontrollata dell’ambiente. 
Per evitare ciò, la rete dei fancoil è alimentata ad acqua temperata rispetto alla temperatura a cui si trova 
l’acqua nel circuito primario (che alimenta le UTA). La temperatura dell’acqua che va in batteria deve 
essere maggiore della temperatura di rugiada in ambiente. 
Per garantire che non si formi condensa nelle condizioni di esercizio ordinarie, la temperatura di mandata 
dovrebbe essere superiore alla temperatura di rugiada alla massima umidità relativa possibile in ambiente. 
Per garantire il controllo igrometrico è in effetti sufficiente che non si formi condensa in condizioni di 
minima umidità relativa accettabile in ambiente. Pertanto, è sufficiente alimentare i fancoil con acqua 
temperata fredda ad una temperatura superiore alla temperatura di rugiada in condizioni di minima 
umidità relativa accettabile (pari alla temperatura di punto fisso teorico). 
La seconda soluzione è spesso adottata, anche se può comportare un incremento della potenza frigorifera 
erogata dei fancoil (per via della possibile formazione di condensa quando l’umidità relativa in ambiente è 
superiore al minimo), in quanto consente di adottare fancoil di minore ingombro per effetto 
dell’incremento della differenza di temperatura disponibile rispetto alla soluzione più conservativa 
(massima temperatura di rugiada possibile). 
Negli impianti a sola acqua, senza aria primaria, i fancoil devono provvedere anche alla deumidificazione 
dell’ambiente, pertanto devono essere alimentati con acqua fredda, di centrale. 
 
Nei fancoil a 2 tubi, la rete di distribuzione acqua ai fancoil, nonché le batterie di scambio e le valvole di 
regolazione, sono dimensionate per il funzionamento estivo, con ridotta differenza di temperatura tra aria 
e acqua. Se il fancoil fosse alimentato alla temperatura di centrale, la portata d’acqua effettivamente 
necessaria per erogare la potenza termica richiesta sarebbe estremamente ridotta, anche in condizioni di 
massimo carico. Ciò comporta difficoltà di regolazione con eventuale pendolamento della valvola.  
Per evitare ciò si alimentano con acqua temperata calda che riduca la differenza di temperatura disponibile 
tra acqua e aria. 
 
L’acqua temperata calda o fredda può essere preparata con 3 diverse modalità: 
1‐ Con centrali dedicate – massima efficienza energetica possibile, ma richiede la duplicazione delle 
centrali con incrementi significativi dei costi d’impianto. 
2‐ Mediante scambiatori di calore – comporta una completa separazione idraulica tra il circuito 
primario (delle centrali e delle UTA) e secondario (dei fancoil), quindi la duplicazione degli organi di 
espansione e di sicurezza; può consentire l’esercizio a pressioni differenti in presenza di edifici di 
elevato sviluppo verticale, nonché mantiene la separazione idraulica tra primario caldo e primario 
freddo negli impianti a 2‐tubi. 
3‐ Mediante miscelazione (gruppo di spillamento) – comporta la continuità idraulica tra i diversi 
circuiti ma minori costi di installazione. 
 

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Gruppo di spillamento per la preparazione dell'acqua


temperata
Il circuito secondario è alimentato termicamente mediante lo spillamento di acqua dal circuito primario. La 
quantità di acqua prelevata (spillata) dal primario è regolata da una valvola a 3‐vie miscelatrice denominata 
“valvola di spillamento”. 

Centrale
 
Questo sistema ha il compito di mantenere la T di mandata dell’acqua temperata ai fancoil costante. Per 
semplicità di ragionamento si farà riferimento ad un secondario a portata costante (fan‐coil con valvole a 3‐
vie o con regolazione sul ventilatore). 
Il circuito idraulico è chiuso e adiabatico salvo che: i fancoil che scambiano con gli ambienti serviti ed il 
prelievo di acqua dalla centrale. 
Per mantenere costante la T di mandata si modula la portata spillata dal circuito primario, per mescolarla 
con quello di ritorno. La temperatura di mandata è la media pesata con le rispettive portate delle 
temperature dell’acqua di ritorno dal circuito secondario e dell’acqua spillata dal circuito primario. 
Il regolatore rileva la temperatura mediante un sensore posto sulla tubazione (o sul collettore) di mandata 
e modula la valvola di spillamento. Negli impianti a 2 tubi, nella transizione da caldo a freddo e viceversa 
deve essere invertita la logica di regolazione. 
 
La portata trattata dalle pompe del circuito secondario è pari a: 
 
Dove: 
Gs è la portata del secondario 
Gp è la portata spillata dal primario 
Gr è la portata ricircolata 
La potenza scambiata (complessivamente) dai fancoil è: 
, ∆  

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La potenza prelavata dal primario è: 
, ∆  
Trascurando le perdite termiche di distribuzione si ha: 
 
Quindi: 

 

In funzionamento estivo: 
∆ 3°  
12°    ∆ 12 3 15°  
6°   ∆ 15 6 9°  
∆ 9

∆ 3
3  
In funzionamento invernale (2 tubi): 
∆ 2°  
45°    ∆ 42 2 40°  
80°   ∆ 80 40 40°  
∆ 40
20 
∆ 2
20  
 
Negli impianti a 2 tubi, il gruppo di spillamento preleva alternativamente dal primario caldo o freddo, a 
seconda della stagione. Si hanno quindi  valvole a 3 vie a commutazione stagionale: una via è collegata alla 
centrale termica, una alla centrale frigorifera, la terza, sempre aperta, al circuito secondario.  

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La commutazione non è rapida: devo aspettare che l’acqua nei fancoil si alla temperatura ambiente 
prima di commutare.  
 

Aria primaria
L’impianto effettua il controllo igrometrico e della qualità dell’aria. La UTA è del tutto equivalente
a quella degli impianti tutt’aria monozona.

La portata complessiva della UTA è pari alla somma delle portate richieste dalle singole zone. Si
effettua il calcolo della portata complessiva richiesta da ciascuna zona (usando le 3 equazioni

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viste per il monozona, esclusa quella per il controllo di temperatura) e si sommano per avere la
portata complessiva. Non è possibile effettuare ricircolo.

La batteria di post-riscaldamento si dimensiona con riferimento alla temperatura di mandata di


progetto:

,
Le altre batterie si dimensionano come per il monozona, ovviamente con riferimento alla portata
totale della UTA.

N.B. la temperatura di punto fisso è la medesima per tutte le zone, quindi tutte le zone devono avere
una xmin comune. La massima umidità relativa in ciascuna zona dipende invece dalla portata
effettivamente erogata dalla UTA a quella specifica zona.

Introdurre aria primaria a bassa temperatura di immissione sia d’estate che d’inverno spesso non è 
accettabile, quindi prevedo la batteria di post‐riscaldamento e la regolazione della temperatura di mandata 
sul canale di mandata. 
In inverno, con impianto a 2 tubi, immettere l’aria ad una temperatura inferiore a quella ambiente 
aumenta il carico dei fan‐coil (che generalmente è inferiore alla potenzialità disponibile) e ampia quindi 
l’intervallo delle condizioni di carico in cui il fancoil è in grado di realizzare il controllo termico in ambiente. 
, , , ∗ , ,  
In estate, immettere l’aria ad una temperatura inferiore a quella ambiente riduce il carico che deve essere 
compensato dai fan‐coil. 
, , , ∗ , ,  
Omettere di valutare il contributo dell’aria primaria nel dimensionamento dei fancoil è cautelativo, ma può 
comportare la necessità di mobiletti di maggiore dimensione. 
 
 

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Valvole di regolazione
La capacità di regolazione delle valvole è descritta dal parametro denominato Kvs: 
portata in m3/h che transita attraverso la valvola completamente aperta in presenza di una perdita di 
carico pari a 1 bar (100 kPa) tra monte e valle della valvola. 
La caratteristica della valvola indica la relazione tra porta e apertura della valvola in presenza di una perdita 
di carico costante attraverso la valvola. Indicando con H l’apertura della valvola (compresa tra 0 e 1) e con 
Kv la portata in m3/h che transita attraverso la valvola con un certo grado di apertura in presenza di una 
perdita di carico pari a 1 bar (100 kPa) tra monte e valle della valvola, si ha: 
 Caratteristica lineare 
 
 Caratteristica quadratica (o equipercentile) 
 

Lineare

0.5

Quadratica

0
0 0.5 1
 
Dato che le perdite di carico per una valvola sono (generalmente) proporzionali al quadrato della portata, si 
può scrivere: 
^2 
Dove k è il coefficiente di proporzionalità caratteristico della valvola con un certo grado di apertura. 
Esprimendo la perdita di carico R in kPa si ha quindi: 

100  
Per valvola lineare con apertura   è quindi: 
100
 
Per valvola quadratica con apertura   è quindi: 
100
 
Affinché una valvola sia effettivamente in grado di modulare la portata che la attraversa è necessario che 
introduca una perdita di carico significativa rispetto a quella della porzione di circuito in cui deve far variare 
la portata (NB valvola a 3‐vie la batteria servita, valvola a 2‐vie tutto il circuito!). 
 
Si sceglie la valvola in modo che a valvola completamente aperta e attraversata dalla portata nominale , 
la sua perdita di carico (Rv) sia commisurata alla perdita di carico nominale del tratto di circuito in cui la 
valvola deve modulare la portata (Rc). 

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Questo perché la valvola deve modificare la portata nella porzione di circuito su cui agisce, dando luogo ad 
un tratto di circuito a portata variabile, anche se è diverso da valvola a 3 vie o a 2 vie: 
Con valvola a 3 vie, la portata d’acqua alla batteria è variabile, ma vista dal circuito (batteria + valvola) è 
un sistema a portata costante. 
Con valvola a 2 vie il circuito “vede” una variazione della portata nel tempo pari alla variazione della 
portata che arriva alla batteria, è un sistema a portata variabile. 
Nel caso di una valvola a 3 vie, il tratto di circuito a portata variabile, in cui la valvola modifica la portata è 
solo quello tra batteria e by‐pass, visto che la valvola è posta vicino alla batteria il tratto a portata variabile 
è piccolo. Nel caso di valvola a 2 vie tutto il circuito è a portata variabile, per questo le perdite di carico di 
una valvola a 2 vie devono essere maggiori. 
 
Quindi un criterio accettabile è dire che le perdite di carico indotte dalla valvola completamente aperta, 
attraversata da portata nominale, siano dello stesso ordine di grandezza di quelle nominali del tratto di 
circuito che risente della valvola stessa: 
1,  
 
Considerato il tratto di circuito interessato dalla valvola, assumendo una prevalenza costante (quindi una 
perdita di carico costante) è possibile valutare la variazione di portata in relazione al grado di apertura della 
valvola per diversi valori del rapporto  / : 

A=0.1
A=0.5

0.5 A=1
A=2
A=10

0
0 0.5 1
 
La perdita di carico attraverso la valvola non è costante: se si riduce la portata, diminuisce la perdita di 
carico attraverso il circuito, quindi aumenta la perdita di carico attraverso la valvola. Ciò comporta un 
incremento della portata attraverso la valvola a parità di grado di apertura, tanto maggiore quanto 
maggiori erano le perdite nel circuito a valvola completamente aperta. 
Si definisce quindi AUTORITÀ DELLA VALVOLA il rapporto: 
/  
(talune volte, l’autorità è definita come  / , il ragionamento è identico ma cambiano i valori 
numerici). 
Se A è alta, la valvola inserita nel circuito ripropone la caratteristica lineare, è un caso limite perché la 
valvola introduce una perdita di carico molto maggiore di quella del circuito. Condizione ideale per la 
regolazione, massima perdita di carico del circuito. 
Se A è piccola, è una valvola grande con notevoli sezioni di passaggio in cui circola una portata moderata, la 
chiusura della valvola non modifica la portata finché non l’apertura non si è ridotta molto. Condizioni 
pessime per la regolazione, in cui la corsa utile della valvola si riduce ad una frazione di quella disponibile, 
minime perdite di carico del circuito. 

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Per questo si dimensionano le valvole con A elevata, ma non troppo maggiore perché le pompe devono 
avere come prevalenza: 
1  
Dimensionamento delle valvole 
 noto G0 dal dimensionamento dell’impianto
 noto Rc0 dal dimensionamento del circuito idraulico
 Scelgo un valore di A accettabile (generalmente A=1 per valvole a 3-vie, A=0.3-0.5 per valvole a 2-
vie)
 Calcolo Kvs:
100

 Da catalogo si individua la valvola con valore di Kvs più prossimo.
N.B. se Kvs è maggiore di quello calcolato l’autorità sarà minore e viceversa.

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Organi di sicurezza
Ogni impianto idraulico deve essere dotato degli organi necessari affinché le variazioni di volume del 
liquido dovute alle variazioni di temperatura possano trovare sfogo, senza che vi siano condizioni di 
pericolo per l’impianto e per ciò che lo circonda. 
Gli organi di sicurezza sono: i vasi di espansione, le valvole di sicurezza, le tubazioni di sicurezza, ecc. 
Vanno installati e dimensionati secondo normativa: servono a garantire che gli impianti di distribuzione del 
caldo e del freddo non arrivino a pressioni maggiori di quelle accettabili per i componenti dell’impianto. In 
un circuito di distribuzione d’acqua calda, riscaldando l’acqua, la sua dilatazione impedita dalla rigidezza del 
contenitore (i tubi) porta ad aumenti di pressione che spaccherebbero gli organi più deboli. 
Valori di riferimento – pressioni sopportabili dai vari organi di un circuito idraulico: 
Caldaia: 5 bar 
Valvole: 10‐16 bar 
Tubazioni: 40‐50 bar 
 

Tubazione di sicurezza
Se si adotta il vaso di espansione aperto, per i generatori di calore, è necessaria l’installazione di una 
tubazione di sicurezza. Essa collega la caldaia all’atmosfera senza intercettazioni. Tale tubazione deve avere 
uno sviluppo più verticale possibile e per un’altezza che la porti sopra il vaso di espansione. Di solito questo 
tubo finisce sopra il vaso d’espansione e poi si rigira ad U sul pelo libero del vaso aperto, in modo che 
qualsiasi travaso finisca lì. 
A cosa serve? 
In caso di avaria degli organi di regolazione, se la temperatura supera quella di ebollizione in caldaia, si avrà 
formazione di vapore che deve essere smaltito all’esterno per evitare la crisi termica nel generatore di 
calore (il vapore ha coefficienti di convezione molto inferiori a quelli dell’acqua, se si riempisse il generatore 
di vapore, la superficie di separazione della camera di combustione aumenterebbe bruscamente di 
temperatura, fino alla crisi termica con rottura ed eventuale esplosione). 
Le norme indiano il diametro di questa tubazione a seconda della potenzialità dell’impianto e dello sviluppo 
verticale della tubazione di sicurezza. 
 

Valvola di sicurezza
Negli impianti a vaso chiuso è necessaria una valvola di sicurezza che sia il primo organo ad avere un 
cedimento controllato in caso di aumento della pressione oltre il limite accettabile (in caso di avaria). 
In presenza di vaso chiuso, un aumento di temperatura dovuto ad un anomalo funzionamento 
dell’impianto comporta un innalzamento di pressione anomalo. Per questo ci vuole una valvola di sicurezza 
che, quando la pressione supera quella di taratura, vince l’azione di una molla antagonista e scarica.in 
atmosfera  
 

Vaso di espansione
Dispositivi atti a compensare l’aumento di volume dell’acqua, a seguito di un aumento della temperatura 
della stessa negli impianti di riscaldamento e di produzione di acqua calda sanitaria. 
Sono organi di sicurezza che devono garantire che negli impianti non si superino i livelli di pressione 
accettabili. 
 
I liquidi se liberi di espandersi, variano il loro volume con la temperatura.  

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Il coefficiente di dilatazione per l’acqua non è lineare e, con buona approssimazione nel campo di interesse, 
è pari a: 
70.76 6.79 10  [1/K] 
Essendo la temperatura espressa in °C.

VASI APERTI
L’espansione del fluido avviene dentro vasche in comunicazione con l’atmosfera (anche se si definiscono 
“aperti” hanno generalmente un coperchio). Le vasche sono collegate alla caldaia (di solito sono proprio in 
corrispondenza di queste ultime) tramite un tubo di carico e uno di sicurezza dimensionato in relazione alla 
potenza dell’impianto e arrivano fino al punto più alto dell’impianto dove si trova il vaso di espansione. 
L’acqua è a diretto contatto con l’esterno e può espandersi liberamente . Trovandoci in un circuito in cui 
la temperatura non supera i 100°C, l’acqua sarà sempre liquida. 
Il vaso aperto va installato almeno 1.5 metri al di sopra del punto più alto dell’impianto. Ciò garantisce 
che nel punto più alto dell’impianto, a circuito fermo, la pressione (assoluta) sia pari a 1.15 atm. 
∆  
Il volume utile Vu è quello compreso tra il volume minimo, a cui è regolato il galleggiante del tubo di carico, 
e lo sfioro di troppo pieno, che garantisce lo scarico controllato dell’acqua in caso di espansione superiore 
al previsto o di guasto della valvola di carico. 
C è il contenuto d’acqua dell’impianto. 
Il caricamento con valvola a galleggiante garantisce il livello minimo che si deve mantenere nell’impianto 
freddo. Quando diminuisce e diminuisce si svuota il vaso e il galleggiante serve ad assicurare il livello 
minimo (ci assicura cioè che il pelo libero del vaso si trovi sempre a sopra il punto più alto del circuito. 
Il dimensionamento è semplice perché l’impianto lavora a pressione pressoché costante. 
N.B. L’impianto va riempito fino ad un livello minimo che garantisce la prepressurizzazzione di 1.15 atm nel 
punto più alto, ma si lascia un volume libero che accolga l’aumento di volume del liquido che avviene 
quando l’impianto aumenta la temperatura, non riempio tutto il vaso a impianto freddo altrimenti quando 
l’acqua dilata non trova spazio. Se quando si raffredda l’impianto, scende al di sotto del livello minimo, il 
galleggiante apre la valvola e reintegra l’acqua, se il vaso è sottodimensionato, dal punto di vista della 
sicurezza non succede niente, si avrà uno spreco di acqua e di energia perché all’avviamento si riempie 
troppo e l’acqua travasa dal troppo pieno e scarica in fogna l’acqua calda, allo spegnimento scendo sotto il 
livello minimo e devo reintegrare l’acqua. 

VASI CHIUSI
Sono costituiti da contenitori al cui interno c’è un fluido comprimibile: aria o azoto, che può lasciare spazio 
per la dilatazione dell’acqua. 
Non consentono all’acqua di espandersi liberamente, ma tengono sotto controllo la pressione. I più 
utilizzati sono i vasi a membrana (diaframma). 
I vasi chiusi possono essere di 3 tipi: principali: 
‐ A MEMBRANA : acqua e gas sono separati da una membrana, il gas è pre‐pressurizzato; 
‐ AUTOPRESSURIZZATI : l’acqua salendo nel vaso comprime l’aria fino alla pressione del battente idrostatico 
durante il caricamento dell’impianto. 
‐ PRESSURIZZATI : il cuscinetto di fluido comprimibile si mantiene ad una pressione predeterminata 
immettendo nel vaso aria o azoto tramite bombole o compressori. 
 
La pressione in punti a quota diversa di un impianto durante il caricamento è data dalla legge di Stevino: 
 
Dimensionamento Vasi chiusi 
Il dimensionamento, secondo le norme INAIL (ex‐ISPES) (per il controllo dei recipienti in pressione) , deve 
essere fatto tenendo conto di: 
Pmax = massima pressione d’esercizio del vaso: tale che la valvola di sicurezza intervenga prima che i l 
vaso la raggiunga quindi: 

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∆  
P è la sovrappressione necessaria perché la valvola di sicurezza si apra completamente.  
Vaso chiuso deve consentire la completa dilatazione dell’acqua senza 
E’ valutata in base alla capacità complessiva dell’impianto, ciò perché il volume di un vaso chiuso deve 
essere dimensionato in relazione al volume d’espansione di tutta l’ acqua contenuta nell’impianto. 
 
Vasi Autopressurizzati 
Il vaso chiuso (vuoto) è collegato all’impianto, la pressione prima del riempimento è uguale a quella 
atmosferica e dentro ho solo aria. Si inizia il caricamento dell’impianto mantenendo un apertura del vaso 
verso l’atmosfera. Quando il livello nell’impianto raggiunge il vaso, si chiude la comunicazione con 
l’atmosfera. L’ulteriore incremento del livello dell’acqua nell’impianto provocherà quindi la compressione 
dell’aria nel vaso per effetto dell’ingresso di acqua. Si carica l’impianto e si comprime con l’acqua l’aria 
presente nel vaso fino a garantire che nel punto più alto dell’impianto ci siano 1.15 atm. 
Hanno volumi più grandi degli altri vasi chiusi in quanto devono contenere anche l’acqua necessaria per 
comprimere l’aria. Maggiore è la pressione iniziale dell’impianto (al vaso) maggiore sarà il volume, ceteris 
paribus. 
Definito con V il volume del vaso, con Pi la pressione iniziale al vaso a impianto freddo, Pf la pressione al 
vaso a impianto caldo, Ti temperatura a impianto freddo, Tf massima temperatura dell’impianto. 
Applichiamo l’equazione dei gas perfetti all’aria si ha: 
Condizione all’inizio del caricamento: 
 
Condizione a fine caricamento, impianto freddo: 
 
 
Condizione ad impianto caldo: 
 
 
 
 

 

La pressione iniziale Pi dipende dalla quota di installazione del vaso rispetto al punto più alto dell’impianto 
e alla sovrapressione h da mantenere in tale punto (abitualmente 0.15 bar): 
 
La pressione finale Pf dipende dalla pressione di taratura della valvola di sicurezza: 
 
La pressione di taratura della valvola di sicurezza dipende dalla massima pressione accettabile nell’organo 
più debole (generalmente la caldaia): 
∆  
 
Vasi Prepressurizzati 
Si usano quando il vaso non può essere messo nel punto più alto dell’impianto . Sono vasi chiusi, 
prepressurizzati con azoto e hanno maggiore dei vasi aperti (ma minore degli autopressurizzati).Vengono 
caricati alla pressione di precarica che garantisce che nel p unto alto del circuito ci sia, con la precarica 
l’acqua non entra nel vaso finchè nel punto più alto (lontano) non ci sono 1.15 atm. La pressione di 
precarica è legata al posizionamento del vaso: 
 

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Più in alto metto il vaso più questa pressione idrostatica diminuisce. 
Nei vasi autopressurizzati la pressione prima del riempimento è quella atmosferica, nei vasi prepressurizzati 
la pressione prima del riempimento è maggiore di quella atmosferica e lavorano a pressione variabile 
durante il funzionamento. 
 
VASO PREPRESSURIZZATO CON DIAFRAMMA A PRESSIONE VARIABILE 
Condizione a fine caricamento, impianto freddo: 
 
Condizione ad impianto caldo: 
 
 
 
 

 
1
 
VASI PREPRESSURIZZATI SENZA DIAFRAMMA A PRESSIONE VARIABILE 
Al termine del caricamento contengono un po’ d’acqua che occupa il volume Va. Per il reso si comportano 
come i vasi con diaframma: 

 
1
 
VASI PREPRESSURIZZATI A PRESSIONE COSTANTE E A LIVELLO VARIABILE 
Il volume del vaso deve essere calcolato come per vasi aperti; comunque deve essere sufficiente a 
contenere le escursioni necessarie per l’intervento dei dispositivi di scarico e di reintegro dell’acqua. 
Durante la fase di dilatazione (riscaldamento) si scarica una parte del gas. 
Durante la fase di contrazione (raffreddamento ) si carica gas. 

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Sommario 
Psicrometria ......................................................................................................................................... 2 
Umidità Relativa .............................................................................................................................. 7 
Il Diagramma Ausiliario del Volume Specifico ............................................................................ 11 
I Segmenti Ausiliari ....................................................................................................................... 13 
Richiami di Fisica Tecnica e Proprietà termoigrometriche delle pareti............................................. 20 
Conduzione attraverso una lastra piana indefinita ......................................................................... 20 
Trasmittanza ................................................................................................................................... 21 
Radiazione solare ........................................................................................................................... 22 
Regime Non Stazionario – Periodico Stabilizzato ......................................................................... 26 
Limiti all’applicabilità del coefficiente di adduzione .................................................................... 27 
Scambio termico con pareti irraggiate dal sole - regime non stazionario ...................................... 27 
Le Superfici Vetrate - Comportamento nei confronti dell’energia raggiante solare.......................... 29 
Potenza trasmessa attraverso le Superfici Vetrate ......................................................................... 29 
I Vetri Speciali ............................................................................................................................... 30 
Effetto Serra ................................................................................................................................... 33 
Influenza delle Proprietà dei Vetri sulla Trasmittanza................................................................... 34 
Benessere termoigrometrico e qualità dell'aria .................................................................................. 36 
Il bilancio energetico del corpo umano .......................................................................................... 36 
Definizione di alcune grandezze di base ........................................................................................ 37 
La condizione di omeotermia ......................................................................................................... 40 
L'equazione del benessere di Fanger.............................................................................................. 40 
La valutazione del microclima ....................................................................................................... 41 
Aspetti normativi............................................................................................................................ 42 
La qualità dell’aria ............................................................................................................................. 43 
Le caratteristiche dell'aria atmosferica........................................................................................... 43 
La filtrazione dell'aria .................................................................................................................... 43 
Le portate di ventilazione............................................................................................................... 44 
Aspetti normativi............................................................................................................................ 45 
Proprietà termoigrometriche delle pareti ....................................................................................... 46 
Criteri di progettazione degli impianti di climatizzazione ................................................................. 55 
Valutazione del fabbisogno di energia per la climatizzazione invernale ........................................... 56 
Calcolo dei Carichi Termici Invernali ............................................................................................... 59 
Calcolo dei Carichi Termici Invernali - Impianto con Radiatore .................................................. 61 
Calcolo dei Carichi Termici Invernali - Impianto di Termoventilazione ...................................... 62 
Calcolo dei Carichi Termici Estivi..................................................................................................... 63 
Carico termico estivo attraverso una Superficie Vetrata ............................................................... 64 

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Carico termico estivo attraverso una Struttura Opaca Ultraleggera .............................................. 66 
Carico termico estivo attraverso una Struttura Opaca Pesante ...................................................... 67 
Riassumiamo tutto il Calcolo dei Carichi Termici Estivi .............................................................. 68 
Carichi interni. ............................................................................................................................... 69 
Controllo di temperatura e umidità .................................................................................................... 71 
Impianto a Tutt’Aria Esterna Monozona ........................................................................................... 76 
UTA – Schema Generale ................................................................................................................... 78 
Il controllo igrometrico nella UTA .................................................................................................... 84 
Controllo puntuale dell’umidità ..................................................................................................... 87 
Controllo a punto fisso ................................................................................................................... 88 
Il controllo termico nella UTA – Portata d'aria ............................................................................. 92 
Neutralizzazione dei Carichi – La portata d'aria ............................................................................ 94 
Regolazione – La Batteria di Post-riscaldamento .......................................................................... 94 
Regime Estivo e Regime Invernale ................................................................................................ 96 
Regolazione della Portata alle Batterie – Batteria di Post-riscaldamento e Batteria di R. e D. ..... 98 
Posizionamento delle sonde per i sistemi di controllo ................................................................. 100 
Dimensionamento delle batterie....................................................................................................... 101 
Regolazione della Portata alle Batterie - “Errori di progetto”? ................................................... 102 
Regolazione della Portata alle Batterie - Sensori ......................................................................... 103 
Impianto a Tutt'Aria Con Ricircolo ................................................................................................. 104 
Ricircolo con by-pass ................................................................................................................... 108 
Impianti tutt’aria multizona ............................................................................................................. 111 
Impianto tutt’aria multizona a feritoie coniugate ......................................................................... 111 
Impianto tutt’aria multizona con batterie di post-riscaldamento remote ..................................... 113 
Impianto tutt’aria multizona a doppio condotto........................................................................... 114 
Impianto tutt’aria multizona monocondotto a portata variabile................................................... 117 
Ricircolo dell’aria negli impianti multizona ................................................................................ 118 
Impianto misto aria-acqua ................................................................................................................ 120 
Gruppo di spillamento per la preparazione dell'acqua temperata ................................................ 123 
Aria primaria ................................................................................................................................ 125 
Valvole di regolazione ..................................................................................................................... 127 
Organi di sicurezza........................................................................................................................... 130 
Tubazione di sicurezza ................................................................................................................. 130 
Valvola di sicurezza ..................................................................................................................... 130 
Vaso di espansione ....................................................................................................................... 130 

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