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Chimica Fisica 09 22 marzo 2017

Riepilogo:
Nelle trasformazioni fisiche e osserviamo cosa succede quando si verifica
un cambiamento dello stato di aggregazione dei sistemi.
abbiamo parlato dei diagrammi di stato, in parte accennandoli e abbiamo
detto che per assegnare le zone, nel diagramma pressione-temperatura
dove le varie fasi sono presenti occorre stabilire il potenziale chimico, cioè la
fase più stabile è quella con potenziale chimico più basso, e quindi con
entropia maggiore.
Nel diagramma pressione temperatura nel diagramma di stato, occorre
considerare che variando pressione e temperatura cambiano le posizioni
nel diagramma e cambiano anche le vari situazioni (solido, liquido,
gassoso), occorre quindi considerare i gradi di libertà.
Gradi libertà: numero di variabili indipendenti che posso modificare a
mio piacimento senza modificare il numero delle fasi all’equilibrio
Quando le fasi sono in equilibrio?
Quando hanno lo stesso potenziale chimico.

Occorre considerare nell’espressione che definisce i cambiamenti di stato


che l’incidenza delle due variabili pressione e temperatura, sarà diversa sul
valore del potenziale chimico, perché noi diciamo che se cambiano
pressione e temperatura ho una diversa stabilità di una fase rispetto ad
un’altra, ciò significa che questa variazione impone un cambiamento nel
potenziale chimico, e quindi posso trovarmi ad un certo punto ad avere un
solido che ha un potenziale chimico più basso del liquido, o viceversa, a
seconda dell’incremento che ho analizzato;
abbiamo visto che modificando la temperatura a pressione costante, il
potenziale chimico, la derivata parziale, risulta essere uguale
all’entropia molare e otteniamo tre rette di pendenza
negativa, che riflettono i diversi livelli
energetici accessibili al sistema.
Chiaramente un solido ha un entropia più
bassa di un liquido e di un gas, quindi ottengo
tre pendenze diverse, l’incrocio tra le pendenze
mi da il punto in cui c’è la transizione di stato.
Anche la pressione può giocare un ruolo nella modifica dello stato di
aggregazione o nel verificarsi se ci siano stati di equilibrio tra le fasi, è chiaro
che se guardo gli effetti a livello atmosferico la pressione non incide molto,
però se devo fare degli esperimenti modificando pressione e temperatura
allora devo valutare l’influenza: a livello naturale la pressione a meno
incidenza.

Noi, infatti, usiamo l’energia libera di Gibbs perché la maggior parte dei
fenomeni avviene a pressione costante.
In queste condizioni noi dobbiamo anche osservare cosa succede,
mantenendo costante la temperatura, riguardo alla variazione di pressione.

L’equazione base è sempre la stessa: dG = Vdp - SdT, se io sto


a temperatura costante dT=0, quindi dG=Vdp;
In un diagramma di stato ho un solo componente, e se io ho un solo
componente ad esempio l’acqua, l’energia libera molare coincide con il
potenziale chimico.

Per cui io posso scrivere l’espressione: dG/p=V, ma se divido per n,


la variazione del potenziale chimico sulla pressione è uguale al
volume molare, è perfettamente equivalente.
é chiaro che devo capire come un eventuale l’alterazione della pressione
modifica il potenziale chimico e quindi facilita in qualche modo uno stato di
aggregazione rispetto ad un altro.

Ragionando sul sistema solido-liquido vediamo un anomalia tra tutte le


sostanze e l’acqua, da questo puntosi vista: nell’acqua incrementando la
pressione diminuisce la temperatura di fusione (pendenza negativa), nel
caso delle altre sostanze la pendenza è positiva quindi aumentando la
pressione aumenta la temperatura di fusione.

Giustifichiamo il fenomeno in ragione della modifica della pressione:


i volumi non sono gli stessi nei diversi stati di aggregazione, il volume del
solido è sicuramente inferiore a quello del liquido, e parlando del gas ancora
di più perciò se io considero quella relazione e considero la medesima
variazione di pressione che io apporto alla sostanza nella fase liquida e nella
fase solida, io ho delle differenti variazioni di potenziale chimico, perché nel
liquido il volume molare è superiore rispetto a quella del solido, ciò significa
che a parità di pressione varata l’incremento che io registro per il liquido sarà
superiore a quello che io registro per il solido, perché il suo volume molare è
superiore, e quindi la variazione di potenziale chimico è maggiore nel liquido
rispetto a quella del solido.
Ciò significa che io posso realizzare un diagramma potenziale chimico-
temperatura e osservo come si modifica il potenziale chimico modificando la
pressione.
Comparo il diagramma tra le sostanze normali e l’acqua:

[grafico a] Se io vado a considerare una sostanza qualsiasi (CO2) e


incrementassi la pressione, per un determinato incremento di pressione a
parità di incremento io noterò un effetto maggiore rispetto al liquido, perché il
volume molare è maggiore rispetto al solido, avrò un incremento maggiore
del potenziale chimico e avrò un incremento di questo tipo.
Se dico che la derivata parziale del potenziale chimico, rispetto alla pressione
è uguale ad un Volume molare, a temperatura costante, io devo considerare
che i volumi sono diversi a seconda dello stato di aggregazione, se io dessi la
medesima grandezza come variazione, come pressione io dovrei avere un
effetto che è diverso tra il solido e il liquido perché la risultante è il volume
molare e il volume molare del liquido è maggiore di quello del solido, per cui a
parità di pressione, che io modifico, la variazione di potenziale chimico sarà
maggiore nel liquido perché devo dare un volume molare maggiore rispetto a
quello del solido, e il potenziale chimico del solido non varierà in maniera così
grande perché deve essere più grande il volume molare rispetto a quello del
liquido.
In queste condizioni i punti di incontro tra le due rette che identificano la
temperatura di fusione, si sono spostati aumentando la pressione e si sono
spostati aumentando la temperatura di fusione come normalmente è.
Per una qualsiasi sostanza il diagramma di stato identifica una curva di
confine solido-liquido positiva.
[grafico b] L’acqua invece, riflette quest’anomalia, data alla presenza dei
legami idrogeno che determinano un incremento nel volume del solido,
rispetto a quello del liquido.
Quindi ha un comportamento opposto rispetto a quello registrato: per cui
avremo una maggiore variazione di potenziale chimico nel caso del solido
(acqua) e minore nel caso del liquido (acqua), e quindi il punto di incontro che
da la temperatura di fusione si è abbassato, cioè aumentando la pressione ho
un abbassamento della temperatura di fusione: pendenza negativa della
curva solido/liquido del diagramma di stato.

Riassumendo: io voglio osservare come l’incremento o meno di una


pressione in generale, modifica la stabilità di una fase e lo faccio attraverso
l’osservazione della modifica del potenziale chimico, perché questo è il
parametro che identifica la stabilità di una fase.
Il cambiamento dl potenziale chimico mi dice se una fase è più stabile rispetto
ad un’altra, quindi io osservo una derivata parziale del potenziale chimico
rispetto ad una pressione a temperatura costante, e io so che da dG=VdP, mi
ricavo questo valore che risulta essere uguale al volume molare.
Osservando il diagramma di stato, questo sarà diverso se io ho acqua o altre
sostanze, io ho che nel caso delle sostanze qualsiasi (CO2), l’incremento
della pressione provoca un incremento della temperatura di fusione del
solido, perché se osservo il diagramma io vedrò che nel caso della sostanza
CO2, l’incremento della pressione, che io registro nel liquido, produrrà una
variazione maggiore del potenziale chimico, perché il volume molare del
liquido è maggiore rispetto a quello del solido;
quindi, a parità di pressione che io vado a variare ottengo un valore della
variazione di potenziale chimico maggiore, perché dovrò avere una derivata
parziale che produce un volume molare più grande rispetto a quello del
solido; quindi l’incidenza della pressione sulla curva che descrive il potenziale
chimico in funzione della temperatura, sarà maggiore nel caso del liquido
rispetto a quella che si registra nel caso del solido e quindi il punto di incontro
tra le due rette che rappresenta il passaggio di stato solido-liquido mi
determina uno spostamento della temperatura di fusione verso valori
maggiori.
La cosa inversa si ha nell’acqua perché l’acqua ha un valore del solido
maggiore rispetto a quello del liquido, quindi l’incidenza della pressione
produrrà un cambiamento maggiore nel solido, rispetto al potenziale chimico
e mentre quello del liquido sarà più basso. Questo comporta uno
spostamento verso valori minori della temperatura di fusione, infatti l’acqua
produce, all’aumento della pressione, un abbassamento della temperatura di
fusione.
Quand’è che ho la vaporizzazione libera? Perché?
Se io non stessi alla temperatura di ebollizione, l’acqua, comunque,
evaporerebbe, perché le particelle all’interesse tendono a passare allo stato
vapore perché vogliono avere un entropia maggiore.
Ma devo pensare che il processo può essere anche inverso: io posso avere
delle particelle di vapore che condensano nella fase liquida; quando le due
cinetiche sono le stesse io raggiungo l’equilibrio.
All’equilibrio la tensione di vapore è sempre la stessa, relativamente alla
qualità di liquido e alla temperatura realizzata.
Quando ho qualcosa che preme su un liquido le particelle avranno più
difficoltà a passare allo stato vapore: ho una pressione che grava sul liquido e
quindi naturalmente impedisce il passaggio ulteriore di particelle di vapore, lo
fanno in maniera limitata.
Quando io scambio alla temperatura di ebollizione, io do un energia tale alle
particelle di liquido, quindi un energia cinetica, che determina la capacità di
queste di vincere il vincolo della pressione che grava e quindi a questo c’è la
vaporizzazione libera.
Quindi la vaporizzazione libera, alla temperatura di ebollizione avviene per
questo: io ho dato al liquido una tale energia che permette di vincere le forze
che tengono il liquido in quel punto.
Posso guardalo anche in un altro modo: supponiamo di avere il liquido e il
vapore in equilibrio con il liquido, io avrò sempre una certa tensione di vapore
che grava sul liquido; se io andassi a prendere una pressione aggiuntiva e la
esercitassi sul liquido sarebbe come se io ‘strizzassi’ il liquido delle molecole
in eccesso e queste passerebbero alla stato vapore, in altre parole la
pressione aggiuntiva determinerebbe un incremento della tensione di vapore
che grava sul liquido, che è legata alle molecole ulteriori che sono passate
allo stato vapore. E’ come se prendessi una spugna e la strizzassi, eliminerei
l’acqua in eccesso.
Quindi riduco il suo livello e le particelle che stanno all’interfase, passano più
facilmente allo stato vapore, andando a incrementare la tensione di vapore
che non è più all’equilibrio, è la tensione di vapore che io ho indotto perché
ho perturbato il sistema: non ho l’equilibrio.
se io volessi stabilire l’entità della modifica che io osservo in seguito a questo
fenomeno di perturbazione, prima dovrò vedere un po’ di simbologia:

p*= tensione di vapore del mio sistema all’equilibrio, quindi è ciò che grava
sul mio liquido all’equilibrio
∆p= pressione aggiuntiva che io applico per poter vedere la perturbazione
dell’equilibrio.

Io voglio vedere il valore della pressione ‘p’ che si osserva quando c’è questa
pressione ∆p e quindi questa pressione ‘p’ alla pressione di vapore è
modificata in seguito alla perturbazione.
Faccio un esperimento: sto all’equilibrio e perturbo l’equilibrio aggiungendo
una pressione aggiuntiva ∆p; all’equilibrio avevo p* come tensione di vapore,
adesso ho una tensione di vapore p.
Quello che io osservo è che l’espressione che identifica il cambiamento della
tensione di vapore, in seguito alla pressione aggiuntiva, dipenderà da un
fattore di correzione, che si andrà a moltiplicare per la tensione di vapore
all’equilibrio e che dipende da ∆p, ossia dalla variazione di pressione che io
ho esercitato:

Ora dimostriamo questo fenomeno.


Se io sto all’inizio prima della perturbazione, io ho l’equilibrio. Quindi il
potenziale chimico del liquido deve essere uguale a quello del gas.
Se io considerassi le variazioni infinitesime del potenziale chimico io potrei se
io calcolassi le variazioni infinitesime del potenziale chimico io potrei scrivere
anche questa uguaglianza:

C’è differenza nel descrivere la variazione di potenziale


chimico nel liquido rispetto a quello del vapore, come
espressione? Sì: il potenziale del liquido è uguale a
V(l)dP, perché dp=0, perciò se io considerassi un gas a
comportamento ideale il valore del potenziale chimico
sarebbe uguale a V(g)dp e cioè a RT/p,
quindi l’espressione che mi da sarà uguale RT dp/p.
La variazione infinitesima del potenziale chimico del
liquido è uguale al volume molare per dp, che è
l’espressione dell’energia libera.
Ma questo valore deve essere per forza uguale
all’equilibrio alla variazione di potenziale chimico del gas,
ma se assumessi che il gas abbia un comportamento
ideale, il valore di volume molare potrebbe essere
riscritto in termini di RT/p.
Quest’equazione po la posso facilmente sviluppare perché è un integrazione.
Quindi io posso scrivere che il volume molare del liquido in dp è uguale a
RTxdp/p.
∆P= è la variazione di pressione che io esercito sul liquido e determino
una variazione del vapore p che adesso non è più in equilibrio ma che
grava sul liquido.
∆p= è la pressione di vapore che viene ad essere modificata per mezzo
della
∆P.
Il valore andrà da p* a p.

A questo punto prendo i limiti di integrazione, e vedo il percorso della mia


trasformazione, ancora non ho il cambiamento, il cambiamento c’è quando
integro (tra p* e p).
Quando non ho pressione aggiuntiva, la tensione di vapore del liquido
coincide con quella che grava. Quindi P (che identifica ciò che grava sul
mio liquid) coincide con la tensione di vapore e p* all’equilibrio, se però
esercitassi una pressione aggiuntiva io otterei un valore che è diverso:

L’effetto di pressione che


grava sul liquido sarà
aggiuntivo a quello che già
gravava all’equilibrio,
* quindi la pressione p che
grava sarà data da: ∆P+p*

Se non ho la pressione aggiuntiva quanto è la pressione che grava


sul liquido? ∆P+p*, è un’additività
Se io vado a vedere quello che succede metto i limiti di integrazione per
vedere quello che ho prodotto.
Io evidenzio come l’eventuale alterazione di un equilibrio produce nel caso
dell’osservazione di vapore un incremento della tensione di vapore che è
proporzionale alla pressione esercitata sul liquido.
Con questo riusciamo a capire sia il concetto di equilibrio che il fenomeno di
perturbazione; io ho un equilibrio dovuto al fatto che quando si instaura un
equilibrio fra una fase e un’altra, c’è una situazione, nel caso specifico del
liquido e del gas, per cui il numero di particelle che passano allo stato
vapore è lo stesso che condensa, ciò significa che il processo ha raggiunto
l’equilibrio, per cui la pressione che grava sarà sempre la stessa.
Ma se io perturbo il sistema, Le Chatelier diceva che se io perturbo il sistema
l’equilibrio risponde, ci vuole un certo tempo prima che il mio sistema
risponda, io dunque produco un cambiamento quando faccio la mia
perturbazione;
Quando perturbo il sistema , questo non è più all’equilibrio perché non ho più
quel numero di particelle di vapore all’equilibrio con quelle di liquido, ho un
numero superiore perché una parte di particelle del liquido sono passate allo
stato vapore e quindi ho una tensione di vapore che grava sul liquido
maggiore, che è pari a p (P è maggiore di p*).
∆P è la pressione aggiuntiva che ho fatto, ma la pressione reale che grava
sul liquido al momento della mia trasformazione sarà ∆P+p* e produrrà poi
un cambiamento p nel mio vapore. Quindi se io faccio un integrazione di
questa situazione ottengo ciò che realmente avviene: che integrando tra i
cambiamenti che osservo il valore della pressione di vapore risultante dalla
perturbazione è uguale alla tensione di vapore iniziale corretta per l’effetto di
perturbazione dovuto al ∆P aggiuntivo. Tanto maggiore è il ∆P aggiuntivo
tanto maggiore sarà la tensione di vapore p: è un esponenziale positivo.
E’ un fenomeno di perturbazione, ciò che avviene è a carico dei due
sistemi sistema (liquido) e ambiente (vapore), c’è un continuo interscambio
tra sistema e ambiente.
Quando io produco un’azione che perturba il sistema, io produco una
perturbazione non solo nel sistema ma anche nell’ambiente; io voglio vedere
l’entità di questa perturbazione attraverso una considerazione dovuta alla
tensione di vapore che si modifica, lo posso vedere anche dal punto di vista
entropico, perché l’entropia del liquido si modifica e quella del vapore allo
stesso modo. Sal punto di vista entropico se io strizzassi il liquido questo
diminuirebbe l’ entropia, però è un processo non spontaneo ( ∆S non è
maggiore di zero);
Quando io strizzo liquido promuovo un certo numero di particelle di vapore
che vanno nell’ambiente e promuovo un incremento di entropia nell’ambiente
e l’entropia prodotta in questo caso sarà maggiore di zero (comunque
superiore all’entropia del sistema), è come se ricevessi lavoro dal sistema.
L’ambiente incrementa l’entropia aumentando la sua tensione di vapore
aumento l’accessibilità dei livelli energetici proventi dll’ambiente (gas) rispetto
al sistema (liquido).
Quand’è che ho i confini di fase?
(ubicazione dei confini di fase)
Quando ho l’identità dei potenziali chimici alle due fasi all’equilibrio, quindi il
confine di fase è quella zona del diagramma di stato dove ho l’equilibrio tra le
fasi
Quand’è che ho l’equilibrio tra le tre fasi?
Al punto triplo; altrimenti ottengo l’equilibrio tra due fasi;
Il confine di fase lo faccio imponendo la condizione di equilibrio, significa che
se ho una fase fase 1 e e una fase 2, io dovrò avere lo stesso valore a
determinate condizioni di pressione e di temperatura:
E lo posso fare ancora meglio considerando grandezze infinitesime di queste
grandezze;
Io so che la variazione infinitesima del potenziale chimico è data Vdp-SdT
(V e S sono grandezze molari), quindi io dovrei scrivere relativamente alle
due fase questa relazione:

Se poi separassi i termini dei volumi molari e quelli delle entropie


molari si otterrebbe una relazione (***) che poi messa nel giusto modo mi da
l’equazione di Clapeyron.
L’equazione di Clapeyron permette di descrivere i confini di fase, lo si vede
anche dal fatto che io descrivo dp/dT, ovvero io vedo come varia la pressione in
funzione della temperatura e come questo produca qualcosa a livello del
sistema, cioè io vedo come varia l’entropia molare o il volume molare.

Osservando i volumi noi abbiamo che la variazione dei volumi del solido,
rispetto a quella del liquido, è positiva quando ho un sistema normale e
negativa quando ho un sistema acqua: dove il solido ha un volume maggiore
rispetto a quello del liquido, quindi quella differenza ‘liquido meno solido’ è
negativa, mentre nell’altro caso è positiva.
Quando è negativa dp/dT è minore di zero, quindi la pendenza è negativa.
Quando è positiva ho l’effetto normale che registro in tutte le altre sostanze:
cioè incremento della pressione con aumento della temperatura di fusione.
Adesso applichiamo quanto detto: uso Clapeyron per definire i vari confini di
fase.
Analizzo una fase solido-liquido:
Devo considerare che quando realizzo una trasformazione solido-liquido,
significa che una certa quantità di calore deve essere tolta al liquido per
permettere il passaggio allo stato solido o viceversa, si parla di ∆H di fusione,
quindi il calore in giro è questo; ma io nell’equazione di Clapeyron ho scritto
∆S, ma ∆S io lo posso riscrivere in termini di calore su temperatura; nel caso
specifico dell’espressione solido-liquido il calore in gioco è il ∆H di fusione, la
temperatura in gioco è la temperatura di fusione, quindi la Clapeyron la posso
riscrivere in questi termini:

Ho soltanto esplicitato l’espressione della variazione di entropia;


Adesso osservo ciò che succede
* (asteriscato) = identifica la fusione o il passaggio di stato.
Quindi io vado a integrare tra due valori di pressione che sono quelli della
temperatura T, che io conosco, e quello della temperatura t* a cui
corrisponde una pressione p* e che rappresenta la fusione ossia il passaggio
di stato solido-liquido.
Se vado a descrivere l’espressione:

io la posso descrivere in maniera banale, applicando una regola matematica;


Nella seconda espressione vedo che il logaritmo del rapporto delle due
temperature, moltiplicato per il primo termine mi da p, cioè la pressione che
determina il mio sistema.
Però posso giocare con le relazioni e scrivere quel termine in maniera diversa
(il termine tra parentesi), per esempio: se il termine T che osservo è molto
vicino alla temperatura di fusione, io posso realizzare un espressione
leggermente diversa a questa che si fa matematicamente:
Quell’espressione se la svolgo ottengo T/T*. Cioè io sottraggo e sommo la
medesima variabile, quindi ottengo lo stesso risultato: viene fuori T/T*.
C’è una regola matematica dei logaritmi che mi dice che quando il logaritmo
di 1+x è caratterizzato da un valore di x molto piccolo, io ho che il valore che
questo logaritmo ha, è circa coincidente con x.
Quindi posso scrivere allo steso modo che il logaritmo di uno più quella cosa
che sarebbe x, è uguale, circa, a (T-T*)/T*, che sarebbe x.
Per poter applicare questa regolata io devo avere 1+x, per avere 1+x nel
caso della temperatura, non ho dovuto far altro che sommare e sottrarre
la medesima variabile.
Se io dico che T è molto vicino a T* quell’x è molto piccolo e quindi il
logaritmo 1+x sarà circa x, ossia il rapporto.
L’espressione mi dice come la pressione a una determinata temperatura
ha quel valore se confrontata con la pressione e la temperatura di fusione.

Lo stesso discorso lo posso fare anche per gli altri diagrammi, ci sono però
semplificazioni che posso fare nel caso del vapore, perché il vapore ha un
volume molto maggiore rispetto al liquido, quindi quando io vado a vedere i
∆V possiamo far coincidere quel valore con il volume del gas.
Posso fare una semplificazione se assumo che il gas sia ideale, posso
ancora più giocare con le relazioni termodinamiche e fare l’equazione di stato
dei gas:

Io ho la prima equazione, però il volume ∆V, non è altro


che il volume molare del gas, perché noi sappiamo che il
volume del gas è molto maggiore rispetto a quello del
liquido, ma io so che se il gas ideale il volume molare del
gas è RT/p, quindi io sosotituisco nella ∆V il valore RT/p,
quindi p dove va?
c’è un espressione delle derivate per cui se io vado a
svolgere la derivata, mi viene fuori la seconda
espressione; è la stessa cosa che abbiamo fatto con Van’t
Hoff.

Quell’espressione come la svolgo dal punto di vista matematico? se andassi


ad integrarla come abbiamo fatto prima, cosa verrebbe fuori?
L’integrale di d ln x sarebbe ∆ln x. Ciò significa che se io facessi tutte le mie
semplificazioni verrebbe fuori che p è uguale a p* (che è quello di
vaporizzazione) per e elevato alla meno ‘chi’:

La nostra Clapeyron, che noi abbiamo modificato, somiglia molto alla Van’t
Hoff.
Quindi abbiamo ricavato sia l’equilibrio solido-liquido sia liquido-vapore, la
sessa cosa si può fare anche con il vapore-solido, con la sublimazione.
Stesso discorso perché il volume del gas è molto maggiore rispetto a
quello del solido e quindi riutilizzo la stessa espressione, allo stesso modo.

A seconda delle variazioni di pressione e temperatura tramite la Clapeyron


io posso osservare e costruire i diagrammi di stato.
(non chiede queste equazioni di confine di stato).
Posso sfruttare i passaggi di stato per la separazione di sostanze.

Le proprietà delle miscele semplici


Fino a qui abbiamo visto miscele ad un componente (acqua, CO2, etc.)
abbiamo visto come attraverso le nostre considerazioni si possa arrivare a
descrivere equazioni su come si evolva un sistema in funzione delle
variazioni di temperatura e pressione (abbassamento potenziale chimico,
innalzamento dell’entropia); adesso vediamo di descrivere il comportamento
di una miscela.
Come faccio a descrivere il comportamento di una miscela?
Io devo avere a disposizione uno strumento che evidenzia l’incidenza dei vari
membri della mia miscela riguardo le grandezze termodinamiche che poi
definiscono la spontaneità o meno di un processo.
Quali sono le grandezze che permetto di discriminare tra un componente e
l’altro?
Le grandezze parziali molari, quindi si comincia ad osservare innanzitutto in
generale le proprietà delle grandezze potenziali molari, e poi in particolare il
potenziale chimico.
Questo unito alle leggi che definiscono il comportamento delle miscele che
sono Raoult, Henry e le proprietà colligative permettono di avere una visione
completa di quello che stiamo osservando.
Che cos’è una grandezza parziale molare?
E’ una grandezza intensiva, perché vediamo l’incidenza della proprietà in
rapporto alla variazione di composizione (divido per la quantità).
Tutte le grandezze parziali molari sono intensive.
Il ∆H di vaporizzazione è una grandezza estensiva, perché se ho 1 kg di
acqua o 1 mg di acqua cambia la quantità di calore che mi serve a portarlo
allo stato vapore.
Prendo una mola di acqua e la metto dentro a tantissima acqua, osservo
un cambiamento di volume pari a 18 cm^3 (18 è il peso molecolare
dell’acqua), ma se metto una mole di acqua in volume grande alcol
etilico?
Cambia l’intorno che circonda la mole, perché l’organizzazione strutturale
dell’acqua diversa da quella dell’etanolo, perciò quello che ottengo è un
valore inferiore che è di 14 anziché di 18, perché l’ambiente che circonda la
mole di acqua è diverso rispetto a quello che aveva nell’acqua stessa, e
quindi la possibilità che aveva la molecola di acqua di avere a disposizione
un volume maggiore risulta essere valida quando ha il suo intorno uguale e
molto ridotta quando ha un intorno diverso. Però attenzione perché questo
non è sempre così, ma dipende anche dalla quantità di moli che io aggiungo.
Aggiungendo più moli potrei avere un incremento del volume, dipende da
quando è l’aggregazione delle molecole di acqua in rapporto alle moli che lo
circondano.
Vedo, attraverso dei diagrammi volume-numero di moli come varia il volume
in rapporto alla quantità di sostanza, questo sono grandezze molari ma se ne
prendo di più diventano grandezze parziali molari.
In queste condizioni dovrei scrivere che il valore del volume parziale molare
sarà uguale alla derivata parziale del numero di moli del componente j che
sto osservando, mantenendo costanti tutti gli altri componenti e naturalmente
pressione e temperatura:

Questa condizione rappresenta geometricamente una retta tangente alla


curva chedescrive la variazione di V in funzione di n, perché quella è la
pendenza della retta.
Se osservo sperimentalmente come cambia il volume in rapporto alla
composizione ottengo degli andamenti particolari:
non c’è un andamento lineare questo dipende dalle caratteristiche del
solvente e dalle caratteristiche del soluto.
L’andamento è questo: posso avere a seconda delle quantità di A che
aggiungo un andamento che riflette una tendenza positiva o negativa, cioè
posso avere un incremento del volume o un decremento del volume.
Questo dipende dalle caratteristiche del solvente e dalle caratteristiche del
soluto. Non c’è un andamento lineare.

Quello che possiamo dire è che se io fossi in grado di osservare soltanto


l’effetto della variazione di volume sulle componenti otterrei una pressione di
volume data dalle somma delle mie particelle.
A quanto contribuisce al volume totale? contribuisce in funzione del numero
di moli di acqua aggiunto per il volume che rappresenta il volume parziale di
A in quel solvente e lo stesso B,C e così via.

E’ una gradenzza parziale molare quindi il discorso è questo, la grandezza


tra parentesi è il coefficiente di proporzionalità che mi permette di assegnare
un determinato volume occupato da quel numero di moli là nA.
Moltiplicando quel coefficiente per Na ottengo il volume occupato rispetto al
volume V che io ho della soluzione occupato da A, poi da B, C e così via.
La stessa cosa si può vedere con a legge di Dalton, le pressione parziale dei
gas si sommano e danno la pressione totale dei gas, così come i volumi. Però
la pressione parziale di un gas è data dal prodotto della pressione totale per la
frazione molare, cioè mi indica il peso percentuale del mio componente nella
miscela gassosa globale, questa è la stessa cosa: è lo stesso principio.
Quel ∆dv/dnA è la percentuale che moltiplicata per quanta roba ho messo mi
dice quanto volume occupo nella miscela.
Questo è valido sempre per sistemi reali e ideali, quindi il principio dell’
addittività dei volumi molari parziali è valida sempre.
Anche il potenziale chimico come il volume parziale molare, esprime
essenzialmente come derivata parziale una retta tangente ad una curva, se io
vado ad osservare come varia G in funzione del numero di moli del
componente A, ottengo rette di pendenza diversa a seconda dei punti del mio
diagramma.
La somma dei vari contribuiti (J, somma dei vari contributi) mi darà l’energia
libera totale della mia miscela a più componenti.
Mi determino le varie componenti della miscela in rapporto alla miscela
stessa;

ma precedentemente ci eravamo ricavati che dG a pressione e volume


costante era uguale a:

che era il lavoro utile, ossia il lavoro di natura non espansiva che il sistema
poteva scambiare con l’ambiente quando variava la composizione del
sistema (potenziale chimico per variazione del numero di moli);
termodicamente però la relazione giusta è questa:

Quando una cosa non ha senso (in fisica) la considero nulla (ponendola
uguale a zero), quindi il termine in eccesso, lo vado a considerare uguale a
zero.
Perché la relazione termodinamica ideale è quella di dG= potenziale chimico
per dn, quindi i termini che sono più li pongo nulli, altrimenti avrei un
paradosso termodinamico perché avrei due relazioni diverse che danno lo
stesso valore e non è possibile.

Mi ricavo quindi l’equazione di Gibbs-Duhem:


La relazione di Gibbes-Duhem è molto importante, cosa dice come
significato? Io ho una variazione del potenziale chimico, supponiamo di avere
due componenti A e B, quella relazione mi dice che la somma del prodotto di
quelle variazioni deve essere uguale a zero; ciò significa che il potenziale
chimico di un componete non può variare indipendentemente dal potenziale
chimico dell’altro, se io a seguito di un aggiunta nA moli di A ottengo una
variazione di potenziale chimico pari a +4, l’altra variazione indotta su B deve
avere un valore di potenziale chimico uguale a -4 perché il valore deve
essere uguale a zero. Questo rappresenta una cooperatività tra i potenziali
chimici, cioè io non posso variare a piacimento i potenziali chimici di una
miscela; i potenziali chimici sono collegati tra loro e si adeguano in funzione
dei valori che assumono in una miscela.
Un altro aspetto che bisogna considerare è quello di stabilire dal punto di
vista termodinamico se avviene il mescolamento, devo calcolare la variazione
di energia chimica di mescolamento, vedendo come cambia il valore di
questa.
Quando dico che il sistema è completamente miscibile?
Quando in tutto quel campo di concentrazione il ∆G di mescolamento<0; Il
processo è spontaneo e l’entropia è sempre maggiore di zero.
Devo trovare un’equazione che descrive la variazione di energia nelle
componenti gassose o liquide (ideali e poi reali), poi in base a misure
sperimentali mi vedo se ho più o meno una miscibilità.
Se avessi due gas separati in due recipienti A e B, l’espressione del
potenziale chimico iniziale dei due gas separati come e quanto sarà?
L’energia libera globale sarà data dalla somma dell’energia libera del
componente A più quella del componente B, perché sono separati e non
miscelati.
Ogni componente ha il suo valore di energia libera che noi calcoliamo al
solito come la somma del potenziale chimico per il numero di moli.
Che succede quando li mescolo, collegandoli con un rubinetto?
Una volta collegati i due gas si mescolano, ora ho una miscela e le
componenti di A e di B sono descritti dalla pressione parziale di A e di B
nella miscela e dalla pressione totale che è la somma delle componenti pA e
pB che danno la pressione totale.
L’energia libera totale sarà data da:
p0 è sempre 1bar;
questa cosa la posso scrivere meglio perché so, che se vado a afre la
differenza tra Gf e G ottengo il ∆G di mescolamento, perché il mescolamento
identifica una situazione iniziale dove le due sostanze non sono mescolate e
una situazione finale dove le due sostanze sono mescolate: quindi ho la
variazione di energia libera derivante dal mescolamento, quello che viene
fuori è:

questa identifica pA come pressione parziale di A e pB come pressione


parziale di B, p come passione totale della mia miscela. Ma io so che il
rapporto tra la pressione parziale e la pressione totale mi darà la frazione
molare. Allora se è vero posso fare un ulteriore semplificazione dove
posso scrivere al posto di quel rapporto il termine xA e xB (che sono le
frazioni molari):

La frazione molare è uguale al numero di moli di A diviso quella totale, quindi


il numero di moli di A potrebbe essere visto come il numero di moli totali per
xA, e il numero di moli di b potrebbe essere visto come il numero di moli totali
per xB. Ho ridotto tutto a come si distribuiscono le componenti in gioco
all’interno della miscela, perché le frazioni molari di A e di B mi dicono quanto
ho all’interno della mia miscela. Se io avessi una miscela ideale dovrei avere
un valore di energia libera ∆G di mescolamento minore di zero, sempre,
perché se un sistema è ideale non ci sono interazioni e le particelle sono
completamente miscibile sempre. Se io volessi fare un diagramma energia
libera-composizione (Raoult) io dovrei avere un valore di ∆G sempre minore
di zero.

E’ un sistema ideale e presenta una completa


miscibilità, perché un sistema ideale è
completamente miscibile perché presenta un ∆G
sempre minore di zero.
Il rapporto di concentrazione è caratterizzato da un
∆G minore di zero! Il sistema è ideale.
Se guardassi ribaltando la cosa con l’entropia come
mi ricavo l’entropia di mescolamento e quindi il ∆S
di mescolamento?
la variazione di ∆G a cosa è uguale?
∆G= ∆H-T ∆S

L’entalpia essendo il calore in gioco nelle trasformazioni è un valore che


identifica anche le interazioni particelle, nei sistemi ideali non c’è interazione
quindi il ∆H di mescolamento è uguale a zero.
Quindi il ∆G di mescolamento è uguale a -T ∆S.
Non devo far altro che prendere il ∆G dividerlo per T e ho il - ∆S.
Lo faccio per miscele ideali perché non considero il ∆H di mescolamento non
considerando le interazioni; è più difficile attribuire la relazione che descrive
tutte le grandezze termodinamiche.

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